martedì 31 luglio 2012

"IL PICCOLO NULLA" 1.



Vita della Beata Maria di Gesù Crocifisso (1846-1878)

PATRIARCHATUS LATINUS - JERUSALEM
È per Noi una vera gioia presentare al pubblico la traduzione in italiano, cu­rata dalla Dott. Tina Rizzone, della "vita di Suor Maria di Gesù Crocifisso", composta da P. Estrate, s.c.j.: la biografia più completa che possediamo della nostra beata.
L'attualità del messaggio di Suor Maria è sempre più grande. Questa picco­la galilea, morta giovanissima nel Carmelo di Bethlemme, è venerata non sol­tanto in Terra Santa e nel Medio Oriente, ma in tutta la Chiesa.
Quale è il segreto della sua santità? Suor Maria ha vissuto profondamente il Vangelo e specialmente le Beatitudini del Cristo. È stata come un fiore evange­lico che è germogliato in questa terra del Vangelo. Il Papa Giovanni Paolo II ha così riassunto il messaggio di Suor Maria: "Le Beatitudini trovano in lei il lo­ro compimento. Nel vederla sembra che Gesù ci dica: beati i poveri, beati gli umili, beati coloro che cercano di servire, beati i miti, beati quelli che costrui­scono la pace. Tutta la sua vita esprime una familiarità inaudita con Dio, l'a­more fraterno degli altri e la gioia, che sono i segni evangelici per eccellenza" (Discorso ai pellegrini di Terra Santa, 14 novembre 1989).
Questo messaggio è sempre attuale. La nostra società ha bisogno di ascol­tare le Beatitudini del Signore. "Lei, dice ancora Giovanni Paolo II, che è sta­ta spesso malmenata dagli avvenimenti e dalla gente, non ha smesso di semi­nare la pace, di riavvicinare i cuori. Voleva essere la piccola sorella di tutti".
Il suo esempio è prezioso nella nostra società dilaniata e divisa che cade fa­cilmente nell'ingiustizia e nell'odio.
Lo Spirito delle Beatitudini ha dilatato il cuore della nostra piccola Suor Mariani e l'ha riempito di fiducia e di amore. Potessimo anche noi seguire le sue tracce!
+ Michel Sabbah, Patriarca
Gerusalemme, 25.12.1999
CASA GENERALIZIA CARMELITANI SCALZI CORSO D'ITALIA, 38 - 00198 ROMA
PRESENTAZIONE
Nel presentare questa biografia della beata Maria di Gesù Crocifisso (Mi­riam Baouardy) mi torna spontaneo alla memoria un aneddoto letto tempo fa, che ci permette di avvicinarci ai santi e di comprendere la loro missione nella Chiesa e nel mondo.
Si racconta che una volta una mamma, portando suo figlio piccolo a visita­re diverse chiese della città, gli disse che tutte le persone raffigurate nelle ve­trate erano santi. Questo impressionò il bambino. In seguito, quando un amico di famiglia gli chiese che cosa era un santo, il bambino rispose con semplicità: «Un santo è una cosa che trasmette luce».
Esaminando la vita dei santi ci rendiamo conto della verità di questa immagi­ne infantile: i santi brillano e abbelliscono, come la luce, il panorama del mondo. La beata Maria di Gesù Crocifisso adempie da un angolo della Terra Santa, Betlemme, luogo della nascita di Gesù, la missione di far risplendere, nella tra­sparenza della sua vita, come una vetrata multicolore, la luce di Dio. In effetti, una delle caratteristiche del suo cammino di santità fu sperimentare e testimo­niare che Dio si dà gratuitamente, come la luce del sole; lo si deve solamente lasciar penetrare nel cristallo della nostra vita affinché lo attraversi e lo illu­mini anche per gli altri. Ella giunse alla santità non per mezzo di una vita lun­ga e densa di meriti. Seppe unicamente aprirsi alla luce di Dio nella sua vita e accettare la sua volontà in un'esperienza profonda di fede, speranza e amore.
Gli insegnamenti della beata Maria di Gesù Crocifisso diventano più vivi quando ci avviciniamo alla sua vita concreta. Scopriamo che lei, come noi, nel­la sua esistenza terrena, assieme agli aspetti positivi sperimentò limitazioni e dovette districarsi, guidata dalla fede e dall'amore di Dio, in tutto ciò che co­stituisce la trama di ogni giorno.
È caratteristica nella sua vita l'esperienza della gratuità di Dio che si comu­nica ai poveri e ai semplici e rivela loro i segreti del Regno (cfr Mt 11, 25). Molte cose straordinarie appaiono nella vita della "piccola Araba", ma tutte si orientano allo stesso fine: a un'esperienza di Dio che si comunica ai piccoli e agli umili e manifesta loro i suoi segreti, dà loro la sapienza del Vangelo e li aiuta a crescere nell'amore e nel servizio del prossimo.
Ornata di grazie mistiche fin dall'infanzia, la beata Maria di Gesù Crocifis­so visse come suora conversa in continua intimità con Gesù Cristo in mezzo al­le umili occupazioni della vita quotidiana. Sperimentò, anche nelle prove più difficili, la bontà e la fedeltà di Dio che le comunicava pace e gioia in mezzo al­la sofferenza. In tal modo poté testimoniare nella sua vita ciò che aveva detto Gesù: «Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me che sono mite e umi­le di cuore e troverete riposo per le vostre anime. Infatti il mio giogo è soave e il mio carico leggero» (Mt 11, 29-30).
All'inizio del terzo millennio la vita della "piccola Araba" può aiutarci a tornare all'essenza del Vangelo: amare il Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze e il prossimo come noi stessi (cfr Mt 22, 36-40). Il suo messaggio è un messaggio di pace e di fraternità in un mondo di divisione e di odio; un messaggio di fiducia nel Signore in mezzo alle angustie e alle in­sicurezze dell'esistenza umana.
Questa nuova edizione della biografia della beata Maria di Gesù Crocifisso, scritta dal suo confessore padre Pierre Estrate, è arricchita da una documen­tazione finora inedita e da una serie di fotografie che ci situano nell'ambiente in cui ella visse. Ci aiutano inoltre a rivivere le reazioni dei cristiani di oggi in Terra Santa al momento della beatificazione della piccola Miriam, figlia di una regione che cerca vie di libertà e di pace.
Mi congratulo con i promotori e con i responsabili del Messaggero di Gesù Bambino di Praga di Arenzano per questa magnifica iniziativa che si aggiunge ad altre edizioni relative ai santi del Carmelo ottimamente preparate e illustra­te.
La "piccola Araba" benedica questo lavoro, la cui lettura aiuti quanti si av­vicinano a lei attraverso il libro a vivere lo spirito delle beatitudini, l'unico che può aiutare a trovare vie di giustizia, di pace e di riconciliazione nel mondo di oggi.
P Camilo Maccise o.c.d. Preposito Generale Roma, 1 ottobre 2000
CRONOLOGIA
Beata Maria di Gesù Crocifisso (Maria Baouardy, 1846-1878)
1846 5 gennaio. Nascita ad Ibillin, nell'alta Galilea. 15 gennaio. Battesimo e Cresima.
1849 Rimane orfana di entrambi i genitori.
1854 Si trasferisce ad Alessandria d'Egitto con lo zio paterno. Confessione e Prima Comunione.
1959 Rifiuta decisamente convenienti nozze.
È colpita gravemente al collo da un turco, perché si professa cattolica.
1859-62 Peripezie varie: a servizio presso diverse famiglie ad Alessandria, a Gerusalemme, a Beirut.
1863 A Marsiglia come serva presso la famiglia Nadjar.
1865 Entra fra le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, a Marsiglia.
1867 giugno. Entra nel carmelo di Pau (diocesi di Bayonne).
27 luglio. Vestizione come corista, ma poi come conversa.
1868 24 maggio. Episodio della trasverberazione del cuore.
26 luglio - 4 settembre. Possessione diabolica.
5-8 settembre. Presenza di uno «Spirito celeste».
1870 21 agosto. Partenza per l'India.
Fine novembre. Arrivo a Mangalore (nel Malabar).
1871 giugno. Possessione diabolica.
21 novembre. Professione religiosa (la prima di una carmelitana in India!).
1872 3 agosto. Violazione (materiale) della clausura.
settembre. Rinviata a Pau.
1875 20 agosto. Partenza per la Palestina.
24 settembre. In clausura provvisoria a Betlemme.
1876 24 marzo. Posa della prima pietra del nuovo carmelo di Betlemme. Matrimonio spirituale.
21 novembre. Inaugurazione del nuovo carmelo sulla collina di David.
1878 aprile. Viaggio a Emmaus, monte Carmelo, Ibillin, Nazareth, Tabor, Betlemme.
21 agosto. Caduta nell'orto del monastero di Betlemme, con frattura del braccio e successiva, inarrestabile, cancrena.
26 agosto. Muore all'alba. Estrazione del cuore. 27 agosto. Sepoltura.
novembre. Trasporto del cuore a Pau. 1983 19 luglio. Esumazione.
13 novembre. Beatificazione.
CAPITOLO I
Nascita e primi anni di suor Maria di Gesù Crocifisso (1846-1858)
La bambina meravigliosa di cui noi incominciamo a raccontare la storia nacque il 5 gennaio 1846, ad Ibillin, piccolo villaggio situato ad una ventina di chilometri a nord-ovest di Nazareth. La sua famiglia, originaria di Damasco e del monte Liba­no, professava un attaccamento inviolabile alla fede cattolica. Molte volte i genito­ri di questa bambina furono spogliati dei loro beni da parte dei persecutori della lo­ro religione, gettati in prigione ed esiliati. E Dio li provava ancora ma per un altro verso. Giorgio Baouardy e Maria Chahyn (sono i nomi di questi due giusti) aveva­no visto morire in tenera età dodici figli, frutto del loro santo matrimonio, e il loro cuore per dodici volte era stato spezzato. Durante uno dei loro esili ad Ibillin, la ma­dre ebbe l'ispirazione di chiedere a Dio una figlia, e suo marito, approvando questo pensiero, disse: Andiamo a piedi a Betlemme, per sollecitare questa grazia alla san­tissima Vergine; promettiamole, se ci esaudirà, che la chiameremo Maria e che of­friremo a Dio una quantità di cera uguale al peso che avrà all'età di tre anni. I due sposi intrapresero insieme questo pellegrinaggio, arrivarono a Betlemme e scesero nella grotta per pregare. La santa Vergine udì la loro supplica e diede loro una figlia, la quale fu battezzata nella chiesa di Ibillin, secondo il rito greco-cattolico. Rice­vette il nome di Maria. Questa bambina, ottenuta grazie all'intercessione della Ma­dre di Dio, la vedremo, chiamata da Gesù, venire a Betlemme per morirvi in qua­lità di figlia di santa Teresa. Alcuni anni dopo la sua nascita, Dio accordava ancora ai suoi genitori la grazia di un figlio che fu chiamato Paolo.
La piccola Maria non aveva compiuto tre anni, che già il Signore la colmava di grazie singolari. Tutta presa dal pensiero di Dio, la si vedeva allontanarsi dalle di­strazioni delle creature e cercare la solitudine; sospirava come un'anima presa dal­la nostalgia del Cielo. Il Signore non tardò a sottomettere questa bambina così pic­cola a prove molto dolorose delle quali non perse mai il ricordo. Suo padre cadde gravemente ammalato. Per ricompensarlo, Dio volle chiamare a sé questo fedele servitore che chiese e ricevette con la più viva fede gli ultimi sacramenti. Piena­mente rassegnato alla volontà divina, consacrò a Gesù la propria vita, quella della sua donna e dei suoi due figli. Quando comprese che l'ultimo momento era prossi­mo, chiamò Maria, la prese per il braccio, e, morente girò il suo sguardo verso un'immagine di san Giuseppe dicendo: Grande Santo, eccoti la mia bambina, la santa Vergine è sua Madre, degnati di vegliare su di lei anche tu; sii suo Padre. «Queste parole, ci raccontava con gli occhi pieni di lacrime Maria, divenuta reli­giosa, le sento ancora, e sebbene fossi molto giovane, si sono impresse nel mio cuo­re». Dopo averle pronunciate, il padre spirò: era un sabato, giorno consacrato alla santa Vergine. La sua sposa non sopravvisse a lungo a questa perdita dolorosa: morì anche lei, un sabato. Maria poteva dire oramai con il Salmista: «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha preso sotto la sua protezione». Uno zio paterno l'accolse a casa sua, ad Ibillin e suo fratello fu affidato ad una zia materna la quale abitava nei pressi di quello stesso villaggio.
In questa nuova famiglia, dove non le mancava niente, Maria soffriva tuttavia di sapersi orfana e invidiava la sorte dei suoi cugini che potevano, in tutta verità, chia­mare i loro genitori con i dolci nomi di papà e mamma. Per consolarla, le si ricor­dava frequentemente che la santa Vergine era la madre per eccellenza degli orfani. Così, la pregava sovente, dicendole con incantevole semplicità che ella era due vol­te sua Madre, poiché non ne aveva più una in terra. Ogni sabato, dall'età di cinque anni digiunava in suo onore non prendendo alcun nutrimento fino al pasto della se­ra; e ancora rifiutava tutti i piatti raffinati che le venivano presentati, dicendo che le facevano male (male all'anima, pensava), e i suoi parenti non la forzavano, perché la credevano malata.
La Madre di Dio provò con un prodigio quanto apprezzasse quest'atto di morti­ficazione. Maria amava deporre davanti alla Sua immagine i fiori più belli e più profumati; aveva cura di rinnovarli spesso, in modo che fossero sempre freschi. Un giorno, si accorse che quei fiori avevano messo radici, che erano persino cresciuti e che espandevano un profumo molto soave. Presa dalla gioia e dalla riconoscenza, non immaginando per niente che il prodigio era dovuto alla sua mortificazione e al­la sua innocenza, corse verso suo zio per dirglielo. Profondamente commosso da questo segno di predilezione della Vergine per sua nipote, questi si premurò di riu­nire le persone della sua casa, e anche alcuni vicini: tutti insieme, con una candela in mano, ringraziarono Gesù e la sua divina Madre. Il parroco della parrocchia era stato convocato prima di tutti. Temendo che il demone della vanità venisse ad im­possessarsi dell'anima della piccola Maria, quest'uomo di Dio le rivolse rimprove­ri severissimi dichiarandole che solo i suoi peccati avevano potuto far accadere un avvenimento così singolare. Si vide subito quest'angelo, più notevole per la sua umiltà che per la sua innocenza, cadere in ginocchio incrociando le mani e chiede­re perdono, con la grande ammirazione di tutti i presenti.
Le creature, che sono spesso per tanti altri un diaframma, che nasconde loro Dio, quando non divengono una pietra d'inciampo, non erano, per Maria, che un chiaro specchio che le mostrava il suo Creatore, e una scala i cui gradini la avvici­navano al Cielo. Si sarebbe detto che non fosse stata toccata dal peccato originale.
Essendosi accorta, nel suo amore per la pulizia, che degli uccelli, che le erano stati regalati per distrarla, non si lavavano mai, volle render loro questo servizio.
Essi morirono tutti. Desolata, andò a seppellirli in fondo al giardino. Mentre stava facendo questo lavoro, sentì una voce dirle: È così che tutto passa! se vuoi darmi il tuo cuore, io vi resterò sempre. Queste parole si impressero nella sua anima e fu­rono in seguito quelle che amava ripetere di più.
Non ci si stupisce se da quel giorno Maria non provò che disgusto per tutte le vanità del mondo. Occuparsi della sua toeletta per lei era come un supplizio. Dice­va fra sé con tristezza, considerando i suoi ricchi vestiti: «Perché coprire così un corpo che deve diventare il cibo dei vermi?» Il pensiero della morte non la lascia­va mai. Il suo gioco preferito consisteva nello scavare con le mani una fossa, dove poi si stendeva, col rischio di sporcare il suo vestito bianco, ciò che le attirava i rim­proveri della sua governante negra.
Il desiderio di sofferenza si svegliò in lei all'età di sei anni. Nuova Teresa, avreb­be voluto morire martire per andare più presto in Cielo. Obbligata più tardi, per ob­bedienza, a dire tutto quello che la riguardasse, confessava ingenuamente che ave­va pensato di gettarsi dalla finestra, allo scopo di arrivare più velocemente nell'eternità: «Non sapevo, aggiunse, che il buon Dio lo proibisce».
Aveva creduto di comprendere che Nostro Signore esaudisce, la notte di Natale, tutto ciò che gli si chiede. Pertanto, in quella notte si nascose nel giardino, chie­dendo incessantemente molte grazie: in special modo quella di morire per la fede.
Una virtù così rara doveva necessariamente distinguerla dai bambini della sua età, come l'episodio seguente sembra provare. Un eremita, sconosciuto e che non si rivide mai dopo, aveva ricevuto ospitalità presso la sua famiglia. Prima che par­tisse, gli furono presentati i bambini perché li benedicesse; alla vista della piccola Maria fu colto da una emozione indefinibile, le prese le mani, le strinse fra le sue, e dopo un momento di silenzio, disse a suo zio: Vi scongiuro, prendetevi una cura tutta particolare di questa bambina, e senza altre spiegazioni, uscì.
Dio stesso mostrava con prodigi quanto quella creatura fosse gradita al suo cuo­re. Rimasta, un giorno, sola nella sua camera, dove la cameriera negra le aveva ap­pena servito un piatto di crema, Maria, come al solito, mentre consumava il suo pa­sto aveva il pensiero rivolto a Dio. Diceva tra se e se piangendo: «Ah! se fossi morta come i miei piccoli fratelli, sarei in Cielo, invece andrò forse all'inferno». Mentre era immersa in questi pensieri, un enorme serpente, attirato dall'odore del latte, salì sul tavolo: «Ero molto piccola, raccontava, ma nello stesso tempo così assorta nel­le mie riflessioni, che non provai il minimo spavento. Considerando quella bestia una creatura del buon Dio, presi la sua testa con le mani e l'affondai nel mio piat­to di crema senza che la bestia mi facesse alcun male». La vista del serpente fece emettere un grido di spavento alla cameriera, ritornata nel frattempo. Tutti accor­sero, mentre il serpente fuggì. Solo la bambina, tranquilla, non poté spiegarsi lo sgomento dei suoi. Dio permise così che il serpente, simbolo della nostra rovina, diventasse innocuo davanti alla sua innocenza.
Un altro fatto ci proverà come il Signore, grazie a questa bambina, salvò la vita a tutta la sua famiglia. Lasciamo che parli lei stessa. «Durante il sonno, raccontava, mi sembrò di vedere entrare in casa di mio zio un uomo che gli aveva venduto un pesce; mi fu detto che quel pesce era avvelenato e che tutti quelli che ne aves­sero mangiato, sarebbero morti avvelenati. Immaginate il mio stupore, quando, 1' indomani mattina, scorgo quello stesso uomo che portava un pesce assolutamen­te somigliante a quello del sogno. Raccontai tutto a mio zio, che non tenne alcun conto di questa fantasia di bambina, e comprò il pesce dando ordine di prepararlo. Raddoppiai le suppliche, chiedendo con le lacrime agli occhi di essere la prima ad assaggiarlo e sperando così di salvare i miei parenti. Mio zio finì per cedere. Fece esaminare il pesce con cura, e ne fu chiaramente constatato l'avvelenamento. In fondo al mio cuore, benedico Dio per avere rivelato ad un piccolo nulla come me, il modo di preservare la mia famiglia da morte sicura».
Maria aveva otto anni. Da più di un anno, si confessava tutte le settimane ma la sua felicità non era completa: Desiderava l'Eucarestia e non cessava di attendere l'ora benedetta in cui avrebbe ricevuto il suo Gesù. Provando una santa invidia per le anime che andavano a ricevere il buon Dio, le seguiva con gli occhi e con il cuo­re e diceva con tristezza: «Quando ti incontrerò, o mio Gesù? Quando potrò intro­durti nel mio cuore? Ah! non ho che otto anni e non ci si comunica per la prima volta che a dodici anni. Quattro anni di attesa! sono troppi! Affretta, affretta que­st'ora, Gesù! Scendi presto nella mia anima».
Ogni sabato, dopo la confessione, domandava al sacerdote la grazia della co­munione, e ogni volta questi le rispondeva invariabilmente: Lo permetto, mia pic­cola bambina, ma un po' più tardi. Questa risposta non la soddisfaceva molto, ma le lasciava una speranza. Egli ha detto che sarà un po' più tardi, si ripeteva, forse sarà sabato prossimo. Durante una settimana in cui aveva più speranza di essere esaudita, si preparò a questo grande atto con doppio fervore. Separata il più possi­bile dai suoi cugini, si dedicò alla preghiera e al digiuno; tutta la notte del venerdì la consacrò all'orazione. Meglio vestita del solito, si recò in chiesa, l'indomani mattina, per confessarsi; come sempre, rifece la sua richiesta per la comunione, mentre il cuore le batteva molto forte, il sacerdote le disse: Lo permetto e dimen­ticò di aggiungere: ma un po' più tardi. Venuto il momento dalla gioia corse alla sa­cra Mensa, e, senza essere vista dalla sua domestica negra, prostrata, ricevette il suo Gesù sotto forma di un bambino. Solo gli angeli potrebbero spiegarci il primo ab­braccio del Salvatore e di quest'anima. Maria era molto felice, ma occorreva che quella felicità potesse continuare. Il sabato seguente, domandò al suo confessore di potersi ancora comunicare. Il sacerdote, stupito, le disse in tono severo: L'hai già fatto? «Sì, Padre mio», rispose la candida bambina. E chi te lo ha permesso? «Lo ha fatto lei stesso, Padre mio, sabato scorso. Le ho chiesto questa grazia, co­me al solito, e lei mi ha risposto: Lo permetto, mia bambina, senza aggiungere co­me le altre volte: Ma un po' più tardi. Io, dunque, ho creduto che me lo permettes­se. Per favore, Padre mio, ora che ho ricevuto e gustato Gesù, non me ne privi più, mi lasci comunicare». Commosso da un simile linguaggio da parte di una bambina così favorita da Dio, il sacerdote le concesse la comunione ogni sabato, raccomandandole tuttavia di non rivelarlo a nessuno, neanche ai suoi parenti, che avrebbero potuto scandalizzarsi. Lei custodi fedelmente il suo segreto. Quando il tempo ordi­nario della prima comunione arrivò, Maria si lasciò festeggiare come gli altri bam­bini della sua età.
Suo zio, a quell'epoca, stava per stabilirsi definitivamente ad Alessandria con tutta la sua famiglia.
CAPITOLO II
Maria rifiuta di sposarsi - Persecuzioni - Martirio
Guarigione miracolosa - Visita ai Luoghi Santi - Lavoro come domestica
Quando Maria compì tredici anni, suo zio la fidanzò a un suo parente, ma la fan­ciulla aveva già da tempo promesso a Dio la sua verginità, e quando le si disse che il matrimonio stava per rapire quel suo fiore angelico, dichiarò con tutte le sue for­ze che voleva rimanere vergine. Prostrata a terra per tutta la notte, versando un tor­rente di lacrime, scongiurava la sua Mamma del Cielo di soccorrerla. Tutto ad un tratto, udì una voce che le disse: Maria, io sono sempre con te: segui l'ispirazione che ti dò, io ti aiuterò. Allora Maria si alzò piena di coraggio e tagliò i suoi lunghi capelli. Il velo, che soleva portare, nascose questo gesto ai suoi parenti. Una gran­de cena fu organizzata in occasione delle nozze che dovevano celebrarsi prossima­mente; era d'uso in questa circostanza che la fidanzata, ornata dei suoi gioielli, of­frisse il caffè agli invitati. Al posto del caffè Maria offrì allo zio, in un grande vassoio, i suoi capelli ornati di gioielli. Lo zio furioso la schiaffeggiò; tutti gli in­vitati non vedendo in questo gesto che un fervore passeggero, l'esortarono a mo­strarsi docile alla volontà dei suoi parenti: ella rimase inflessibile.
Invano lo zio la confinò fra gli ultimi domestici della casa, e ordinò di maltrat­tarla; invano la tenne lontana dalla chiesa e dai sacramenti: l'eroica fanciulla resi­sté a tutto, e soffrì con gioia per il suo Gesù. «Trattata, ci raccontava, come l'ulti­ma delle domestiche, sia nel vestire, che nel nutrimento; totalmente separata dai miei, occupata in lavori ai quali non ero mai stata abituata, privata della Messa e dei sacramenti, biasimata perfino dal mio confessore, che considerava la mia deci­sione solo testardaggine; abbandonata da tutti, condannata da tutti, la mia anima so­vrabbondava di gioia; il mio coraggio cresceva in misura delle dure prove, perché mi dicevo che le mie sofferenze non erano minimamente paragonabili a quelle di Gesù. Mi sembrava che un uccellino cantasse sempre nel mio cuore».
Dopo tre mesi di questa umiliante vita, il desiderio di rivedere suo fratello la spinse a scrivergli, affinché venisse a trovarla. Fece scrivere la lettera e la portò ad un Turco, antico domestico dello zio, il quale abitava poco lontano dalla casa e do­veva recarsi nel paese di Paolo. Conoscendo bene la madre e la moglie di que­st'uomo, Maria non temette di andare a trovarlo da sola. Dopo avere consegnato la sua lettera, la fanciulla avrebbe voluto andarsene; ma quelle persone la invitarono subito a condividere la loro cena, ed ella accettò solo per fare loro piacere. Era qua­si notte. Naturalmente, si parlò della situazione ingiusta e crudele che Maria subi­va a causa dello zio. Il Turco biasimò questa condotta con forza e con un fervore indomabile passò presto a biasimare anche la religione cristiana. Maria, le disse con calore, perché restare fedele ad una religione che ispira simili sentimenti? Ab­braccia la nostra. «Mai, gridò Maria con un'energia sovrumana; io sono figlia del­la Chiesa cattolica, apostolica e romana, e spero, con la grazia di Dio, di perseve­rare fino alla morte nella mia religione che è la sola vera». Il Turco ferito nel suo fanatismo e divorato dalla rabbia, con un calcio rovesciò Maria a terra, e impu­gnando la sua scimitarra, le tagliò la gola. Aiutato dalla madre e dalla moglie, il bar­baro avvolse la ragazza nel suo grande velo, e portatala fuori, la gettò, favorito dal­le tenebre, in un luogo abbandonato. Era il 7 settembre 1858.
Mentre questo crimine si consumava sul corpo di Maria, la sua anima fu rapita: «Mi sembrava, raccontava, di essere in Cielo: vedevo la santa Vergine, gli angeli e i santi che mi accoglievano con una grande bontà; vedevo anche i miei genitori in mezzo a loro. Contemplavo il trono fulgido della Santa Trinità, e Gesù Cristo no­stro Signore nella sua umanità. Non vi erano né sole, né lampade, eppure tutto bril­lava di un chiarore indescrivibile. Gioivo di tutto quello che vedevo, quando, ad un tratto, qualcuno venne da me per dirmi: Tu sei vergine, è vero, ma il tuo libro non è ancora finito. Aveva appena finito di parlare, che la visione scomparve, e io rin­venni. Mi trovai, trasportata senza sapere né come né grazie a chi, in una piccola grotta solitaria. Coricata su un povero letto, vidi accanto a me una religiosa, che aveva avuto la carità di cucirmi la ferita del collo. Non l'ho mai vista né mangiare né dormire. Sempre accanto al mio capezzale, in silenzio mi curava con il più gran­de affetto. Era vestita di un bell'abito ceruleo, trasparente e come cangiante; il ve­lo era dello stesso colore. Ho visto da allora molti vestiti religiosi diversi, ma nes­suno che assomigliasse al suo. Quanto tempo trascorsi in quel luogo? non saprei dirlo con precisione; credo di esservi rimasta circa un mese. Non mangiai nulla du­rante quel periodo, a rari intervalli, la religiosa si limitava a inumidirmi le labbra con una spugna candida come la neve. Mi faceva dormire quasi continuamente.
L'ultimo giorno, questa religiosa mi servì una zuppa così buona, come non ne ho mai più mangiato. Terminata la porzione, gliene chiesi una seconda. Allora la religiosa, rompendo il silenzio, mi disse: Maria, è abbastanza per il momento; più tardi te la darò di nuovo. Ricordati di non essere come quelle persone che credono ' Maria non poteva rifiutare l'invito, essendo un rifiuto di tal genere contrario alle usanze della civiltà orientale.
Facciamo osservare a questo punto che Maria ha sempre chiamato l'estasi un sonno.
di non avere mai abbastanza. Dici sempre: è abbastanza, e il buon Dio, che vede tutto, veglierà su tutti i tuoi bisogni. Sii sempre contenta, malgrado tutto ciò che do­vrai soffrire, e Dio, che è così buono, ti farà avere il necessario. Non ascoltare mai il demonio, diffida sempre di lui, poiché è troppo furbo. Quando chiederai qualche cosa a Dio, non te la darà sempre subito, allo scopo di metterti alla prova e di ve­dere se lo ami ugualmente; e poi, un po' più tardi, te l'accorderà, basta che tu sia sempre contenta e che lo ami. Maria, Maria, non dimenticare mai le grazie che il Signore ti ha fatto. Allorquando ti capiterà qualcosa di spiacevole, pensa che è Dio che lo vuole. Sii sempre piena di carità verso il prossimo; dovrai amarlo più di te stessa.
Non rivedrai mai più la tua famiglia; andrai in Francia, dove ti farai religiosa; sarai figlia di san Giuseppe prima di diventare figlia di santa Teresa. Prenderai l'a­bito del Carmelo in una casa, farai la professione in una seconda, e morirai in urta terza, a Betlemme.
1 tuoi parenti ti cercheranno; tu stessa sarai tentata di farti riconoscere. Guar­datene bene, perché altrimenti non avrai più la tua zuppa.
Soffrirai molto durante la tua vita, sarai un segno di contraddizione.
Sì, ci diceva Maria sul battello che la trasportava a Betlemme con le sue com­pagne, la religiosa che mi aveva curato dopo il mio martirio e che, adesso so esse­re la santissima Vergine, mi aveva predetto tutto quello che mi è accaduto fino ad oggi. Un solo punto non si è realizzato; mi aveva assicurato che sarei morta tre an­ni dopo la mia professione. I tre anni sono trascorsi, ed eccomi ancora, ahimè! in questo esilio».
Il lettore immagina senza dubbio che la vita di questa suora è stata misericor­diosamente prolungata, come vedremo in seguito.
Maria era guarita, ma la traccia della profonda ferita rimase sempre visibile sul collo, così come testimoni degni di fede poterono osservare alla sua morte, soprag­giunta venti anni dopo. La cicatrice misurava circa dieci centimetri di lunghezza e un centimetro di larghezza. La pelle era completamente bianca e più delicata che nelle parti circostanti.
La religiosa condusse allora Maria in una chiesa di Alessandria per farla con­fessare: «Attendimi, le disse la bambina; per carità, non mi abbandonare». Ella sor­rise senza rispondere. «La mia confessione durò poco, ci raccontava Maria. Non avevo niente che mi pesasse sulla coscienza. Come avrei mai potuto commettere peccati in compagnia di una religiosa così santa? Dopo la confessione, corsi nel po­sto dove l'avevo lasciata, ma non la trovai. Uscì per cercarla, tuttavia i miei occhi non la videro da nessuna parte; ma il suo viso e le sue parole sono sempre rimaste impresse nella mia anima. Ero sola sulla terra, sola, come una goccia d'acqua. Il mio cuore non resisté più e scoppiai in singhiozzi. Il confessore venne per chieder­mi la causa delle mie lacrime. Presa dal mio grande dolore, non potei che rispondergli: Se n'è andata, e mi ha lasciata. Chi ti ha lasciata? La religiosa che mi ha ac­compagnato qui. Ma da dove vieni? Chi sei? Mi ha proibito di dirlo. Ahimè, bam­bina mia, mi disse il sacerdote sospirando, non sei la sola infelice. Conosco in que­sta città una famiglia immersa nella più grande desolazione. Questa famiglia aveva accolto una nipote, chiamata Maria, e l'aveva trattata come una figlia. Era stata offerta a questa fanciulla una proposta di matrimonio onorevole; il giorno delle nozze era fissato, fra la grande gioia di tutti, quando la fidanzata scomparve. Era uscita sul far della notte e non è più tornata. Tutte le ricerche per rintracciarla si sono rivelate infruttuose. Si teme una seduzione d'amore. La famiglia ha appena lasciato Alessandria, per nascondere tale vergogna».
Più il sacerdote parlava, più mi rendevo conto che la fanciulla di cui parlava, ero io. Mi accontentai di rispondere, dopo avere implorato l'aiuto della santa Vergine per non tradire il mio segreto: «La persona di cui parla non mi è del tutto scono­sciuta; ma ho promesso di non rivelare mai il luogo dove si rifugia. Debbo ciò no­nostante dirle che Maria non è stata sedotta: è consacrata a Dio». Bambina mia, gridò il sacerdote, dimmi dov'è Maria. Ti dico che non sei per niente tenuta a cu­stodire questo segreto. Tu mi sembri molto povera, sii sicura che, se acconsentirai a parlare, sarai largamente ricompensata. «Sono povera, è vero, e per di più, or­fana, ma il buon Dio non mi ha lasciato mai mancare il necessario. Non desidero le ricchezze terrene; i beni del Cielo mi bastano. Quanto a rivelare il segreto, non lo farò mai; Dio e la santa Vergine mi punirebbero». Il sacerdote parlò di Maria a un vescovo arabo di passaggio ad Alessandria. Maria raccontò a questo vescovo tutta la storia sotto il sigillo del segreto confessionale. Questi l'ascoltò con il più vivo in­teresse, la vesti in maniera conveniente, fece fare il suo ritratto e la portò in pelle­grinaggio a Gerusalemme. Terminato il pellegrinaggio, il vescovo propose a Maria di condurla a Roma, promettendole di farla entrare in qualche casa religiosa. Il de­siderio di rivedere suo fratello fu la causa per la quale rifiutò una proposta che tanto le sorrideva, e s'imbarcò per San Giovanni d'Acri. Ma avendo una tempesta furio­sa impedito al battello d'arrivare a destinazione, la giovane fu costretta a ritornare ad Alessandria.
Per non essere riconosciuta, Maria prese allora un altro vestito e si fece dome­stica. Cambiava spesso casa, appena i suoi padroni le mostravano più stima. Le ca­se dove aveva sofferto di più erano quelle in cui rimaneva più a lungo. Le accadde di entrare al servizio di un parente che non la conosceva. Ella se ne accorse dai pri­mi giorni; i suoi padroni non ebbero mai il minimo sospetto a riguardo. Come avrebbero potuto riconoscere la loro cugina in quella povera ragazza vestita alla maniera turca? La si incaricò della cucina e della cura dei bambini. Questi le si af­fezionarono ben presto, in maniera tale che l'impegno della cucina le fu tolto per­ché potesse dedicare loro tutto il suo tempo. Il cuore di Maria ne era a volte con­solato a volte addolorato; consolato dal fatto di poter curare i suoi cuginetti, addolorato per il fatto che non poteva rivelare loro il suo vero nome. Ogni giorno, udiva raccontare la storia della sua scomparsa. 1 suoi parenti, che si credevano disonorati a causa sua, non cessavano di lanciare su di lei ogni specie di maledizione. «Mai, ci diceva Maria, ho tanto sofferto. Provavo il più vivo affetto per quella fami­glia, e non potevo rivelare il mio nome. I discorsi che udivo ferivano il mio animo ma dovevo tacere, per paura di dare l'allarme. Quanto mi è costato quel silenzio! Lo confesso per mia confusione, ero spinta alla confessione, mille volte fui tentata di farmi riconoscere. Pregavo la santa Vergine di sostenermi. Un giorno, durante il pa­sto, vedendo che la desolazione dei miei parenti era diventata più grande, scoppiai in lacrime. Stupiti di vedermi piangere (era la prima volta che mi capitava davanti a loro), mi chiesero la causa del mio dispiacere, poiché mi volevano molto bene. Ero sul punto di soccombere e di gridare, gettandomi nelle loro braccia: Sono Maria. La santa Vergine m'assistette in maniera visibile. Mi accontentai di rispondere: Piango al vedervi piangere. E siccome era stata letta a tavola una lettera che annunziava il prossimo arrivo di una mia zia che di certo mi avrebbe riconosciuto, li avvertii che dovevo lasciarli il giorno stesso. Malgrado le loro suppliche e le loro lacrime, rac­colsi in fretta ciò che mi apparteneva, ed uscii coperta dal mio grande velo. Incro­ciai davanti alla porta questa zia, e la sentii che diceva a mio cugino: Chi è questa ragazza? Una spada ha trapassato la mia anima passando vicino a lei. Avrei volu­to parlarle. Affrettai il passo e corsi a nascondermi da una mendicante. Dio permi­se che non sapessero trovarmi. Questo martirio durò tre mesi».
Maria fece per la seconda volta il pellegrinaggio in Terra Santa. Il Signore le in­viò, durante questo viaggio, un essere soprannaturale sotto sembianza umana per accompagnarla e proteggerla. Questi, che ella non vide mai mangiare, le predisse come la religiosa tutto quello che le sarebbe successo fino alla morte, e le assicurò che sarebbe ritornata per morire a Betlemme. Un sacerdote che la conosceva, la si­stemò in una eccellente famiglia di Gerusalemme. Durante il tempo che vi era a ser­vizio, un bambino di diciotto mesi cadde dall'alto di una terrazza, sotto gli occhi della madre e di Maria. Lo si credette morto. Maria corse a rialzarlo, implorando su di lui la potente protezione della Vergine. Quando lo rimise nelle braccia della madre, questa si accorse che aveva solo una leggera contusione, e attribuì questa preservazione miracolosa alla santità della domestica. Ce n'era abbastanza per fa­re fuggire l'umile Maria. Riprese dunque il cammino per Giaffa, senza ascoltare le suppliche della sua padrona.
Appena uscita da Gerusalemme, vide due uomini che la seguivano. La fermaro­no: era accusata d'aver rubato alla sua padrona un diamante di grande valore. Tra­scinata con ignominia attraverso le vie della città santa, gettata in una prigione in­fetta in mezzo a molte donne di malaffare, ringraziò Gesù di umiliarla così come lui era stato umiliato nella sua Passione. Ma il Signore non tardò a prendere le sue difese. Due giorni dopo, la cameriera negra autrice del furto, che aveva accusato Maria, divenne folle, e nel suo delirio, confessò la sua colpa. Fu così che Maria venne provvidenzialmente riconosciuta innocente e rimessa in libertà.
Si imbarcò di nuovo per San Giovanni d'Acri, allo scopo di rivedere il fratello. Ancora una volta, una spaventosa tempesta costrinse il battello a spingersi a Beirut. Maria sembrava avere dimenticato le parole della religiosa che le aveva pre­detto che non avrebbe mai più rivisto il fratello; ma Dio si serviva di questi tenta­tivi per compiere i suoi progetti. A Beirut, Maria entrò al servizio della famiglia At­tala. Dopo sei mesi, divenne completamente cieca. La cecità durava da quaranta giorni, quando fece ricorso alla santa Vergine: «Vedi, Madre mia, disse Maria, quanta pena si prendono per me. Mi si cura come se fossi una figlia di casa, ma in conclusione, sono solo un carico per questa famiglia. Ah! se piacesse a te e al tuo divin Figlio di restituirmi la vista!». Quando concluse la preghiera, sentì qualcosa caderle dagli occhi e recuperò subito la vista, con grande stupore dei medici, i qua­li, tutti, avevano dichiarato il suo male incurabile. Cadendo, poco tempo dopo, dal­l'alto di una terrazza, tutto il suo corpo fu orribilmente martoriato. La signora At­tala, la quale aveva constatato con ammirazione che un profumo delizioso emanava da tutta la sua persona, la curava da un mese come se fosse stata sua figlia, ma sen­za constatare miglioramenti del suo stato. La santissima Vergine apparve a Maria durante la notte: «Madre mia, gridò subito la fanciulla, per carità, prendimi con te». Maria, rispose la Vergine, non posso prenderti con me, perché il tuo libro non è an­cora finito. Ti raccomando nel frattempo tre cose: un'ubbidienza cieca, una carità perfetta e un'immensa fiducia in Dio, senza alcuna preoccupazione per il domani o per tutto quello che può capitarti. La presenza della Madre di Dio aveva riempi­to la casa di una luce così abbagliante e di un profumo così soave che tutti accor­sero al capezzale della malata e la trovarono guarita. Chiese di mangiare, lei che non aveva assunto alcuna sostanza dopo l'incidente. Tuttavia rimase ancora molto debole, ma questa debolezza, che la santissima Vergine le aveva lasciato come ri­cordo del suo stato disperato, scomparve presto. La notizia di questo miracolo si diffuse in tutto il paese, e se ne parlò a lungo con ammirazione.
Prima di proseguire il nostro racconto e di narrare come Maria arrivò in Fran­cia, raccogliamo ancora alcuni fatti meravigliosi che riguardano quel periodo della sua vita.
Un giorno, nostro Signore la inviò da una signora per dirle di disfarsi di un ve­stito da ballo che le costava mille franchi. Avendo la signora messo in ridicolo que­sta comunicazione, Maria, spinta da una forte ispirazione, le disse: «Eh! sì, Signo­ra, vi annuncio che la prossima volta che indosserete quest'abito morirete voi e il vostro bambino, bruciati».
Accadde proprio come Maria aveva predetto: il fuoco si attaccò al vestito della donna, poi all'appartamento dove abitava, infine fu bruciata lei ed anche il suo bambino che dormiva nella culla.
Un'altra volta, ad Alessandria, mentre Maria era sistemata presso una ricca si­gnora, sentì raccontare della squallida, estrema miseria di una famiglia i cui membri erano malati e che nessuno aiutava. Subito, la generosa fanciulla chiese di po­tersi congedare. La donna, molto urtata, la seguì fino alle scale e la colpì di basto­nate con una tale violenza, che Maria ne soffrì a lungo. Senza provare risentimen­to per questa violenza, Maria corse a stabilirsi nella sudicia camera occupata dalla povera famiglia. Il padre, la madre e i bambini giacevano nei letti infetti, che do­vette rinnovare. Notte e giorno, curò quegli infermi sfortunati con grande carità. Ar­rivò persino a mendicare per nutrirli e per vestirli. Infine, dopo quaranta giorni di questa eroica dedizione, ebbe la consolazione di vedere tutti i membri della fami­glia completamente ristabiliti.
Durante uno dei suoi viaggi, Maria incontrò una fanciulla, chiamata Rosalia, che aveva furtivamente lasciato la sua ricca famiglia per rimanere vergine e vivere povera per Gesù Cristo. Benché non si fossero mai viste prima d'allora, Maria e Rosalia si chiamarono per nome, e trascorsero una notte deliziosa a parlare di Ge­sù, il loro unico amore. Si raccontarono tutta la loro vita, promettendosi mutua­mente di custodire il segreto, per non essere scoperte e poter conservare il tesoro della verginità.
Fu nello stesso periodo che nostro Signore chiese a Maria di digiunare per un anno intero a pane ed acqua. La giovane non poteva decidersi a ciò finché non aves­se ottenuto il permesso del suo confessore, perché molto debole e obbligata a lavo­rare per guadagnarsi da vivere. Alcuni giorni passarono in queste esitazioni. Allo scopo di vincere la sua resistenza, Dio permise che il suo stomaco non ritenesse al­cun nutrimento; fece allora un tentativo di digiuno forzato, e siccome non trovò al­cun ostacolo nel farlo, si decise a sottomettere il caso a un venerabile sacerdote, che l'autorizzò a proseguire la sua penitenza. Così fece, durante tutto il corso dell'an­no, e la sua salute si mantenne florida.
Ascoltiamo ancora la serva di Dio riferire ciò che segue:
«Per mostrarvi la mia ignoranza vi racconto di orribili pensieri che mi assaliro­no, durante uno dei miei viaggi per mare. Mi credevo colpevole di tutti questi pen­sieri, considerandoli veri crimini. Così quando sbarcai, il mio primo pensiero fu di correre presso un confessore. Mi accusai, come se davvero avessi commesso tutti i peccati il cui pensiero si era presentato mio malgrado nel mio spirito. Il sacerdote mi fece una lunga e pressante esortazione per incitarmi al pentimento. Prima di as­solvermi, mi chiese di promettere a Dio di correggermi. Gli risposi: Padre mio, mi è impossibile prometterglielo; volevo dire che non dipendeva da me il non avere più di questi pensieri. Convinto a causa della mia risposta, non solo dei miei crimini, ma anche della mia ostinazione, il ministro di Dio mi rimandò senza assolvermi, dopo avermi fatto le più terribili minacce. Io non sapevo più cosa fare; ero quasi di­sperata. Come sempre, implorai allora la mia buona Madre del Cielo. Sentii una vo­ce dirmi: Va in tale via, entra in tale casa, sarai illuminata e consolata. Mi alzai, e arrivai nel luogo indicatomi. Bussai, e una voce dolce come se venisse dal Cielo, mi rispose: Entra. lo entrai, e mi trovai davanti una donna che mi disse: avvicina­ti, Maria. Sei inconsolabile, ma ti sbagli, poiché tu non sei colpevole. Maria, avere i più orribili pensieri non è peccato; il peccato non esiste fino a quando l'anima non vi acconsente. Tu ti sei dunque espressa male. Và di nuovo da quel confessore, e digli le cose nel modo che ti dirò adesso. Passai la notte con quella persona che mi conosceva molto bene e parlammo tutto il tempo di Gesù e del Cielo. L'indo­mani, di buon mattino, ero già ai piedi dello stesso sacerdote. Gli spiegai le cose così come la persona sconosciuta mi aveva insegnato a fare, e il confessore, invece di rimproverarmi, mi incoraggiò. Ascoltate ancora cosa mi è successo quand'ero in mare e ammirate la potenza della fede, persino in una peccatrice. Una tempesta fu­riosa si era levata; dopo inutili sforzi per resistere ai venti e ai flutti, il capitano ave­va dichiarato che tutte le speranze erano perdute. I passeggeri si gettarono nelle barche di salvataggio, in mezzo ad una confusione indescrivibile. Il capitano li contò, mancava all'appello una persona. Scese subito nelle cabine, e arrivò alla mia. Ero coricata e dormivo profondamente. Mi svegliò gridando: Alzati, vestiti, e sali su di una barca, siamo perduti. Mi vestii alla meglio e salii sul ponte. Mi sen­tii ispirata a pregare, dopo avere rimproverato a tutti la loro mancanza di fede. In ginocchio con gli occhi rivolti al cielo, dissi, stendendo le braccia: Signore Gesù, tu che sei potente, calma il mare. O potenza della fede! Lo credereste? La tempe­sta cessò, le onde si calmarono, e noi fummo salvi. Ecco ciò che Dio ha fatto at­traverso una peccatrice come me, con un solo grido di fede. Ah! se noi avessimo la fede, una grande fede, otterremmo tutto da Dio».
Chissà quanti altri simili episodi la sua umiltà ha dovuto farle tacere. Quelli che noi abbiamo citato basteranno a convincere il lettore dell'ammirevole virtù di Maria.
CAPITOLO III
Maria arriva in Francia. Entra nell'Istituto delle Suore di San Giuseppe dell'Apparizione. È rimandata al momento della vestizione religiosa (1863-1867)
Nel periodo in cui Maria si trovava a Beirut, fece scrivere al fratello di venire a cercarla. Questa lettera riempì di gioia i suoi parenti. Suo zio partì con il primo bat­tello per andare a prenderla. Ma il Signore, il quale voleva che la profezia di sua Madre si avverasse, aveva fatto in modo che una famiglia di Beirut proponesse a Maria, nell'intervallo, di entrare al servizio di una delle sue figlie, sposata a Marsi­glia. Maria aveva accettato, ripensando alle parole della religiosa che l'aveva cura­ta dopo il suo martirio, la quale le aveva predetto l'andata in Francia. Si era appe­na imbarcata con il padre della futura padrona, la Signora Naggiar, quando suo zio arrivò a Beirut. Non trovandola più, credette, malgrado tutte le spiegazioni contra­rie, che lo avesse preso in giro, e rientrò nel suo paese maledicendola.
Arrivata a Marsiglia nel mese di maggio del 1863, la sua nuova padrona la in­caricò di occuparsi della cucina. La signora Naggiar si ritenne obbligata, a causa della sua giovinezza, di sorvegliarla molto da vicino. Maria non poteva assistere più alla messa tutti i giorni, e non le era neanche possibile confessarsi e comunicarsi spesso come in passato. Questa privazione la gettò in una profonda tristezza. Riu­scì a trovare un altro posto dove il suo desiderio per la vita di pietà avrebbe soffer­to meno ostacoli. Ma i suoi padroni, che avevano avuto già modo di apprezzare le sue rare qualità, la scongiurarono di rimanere, promettendole che avrebbe potuto soddisfare la sua devozione. Maria acconsentì.
Libera ormai di seguire la sua attrattiva; quante volte, alzandosi a mezzanotte, attese in ginocchio, alla porta della chiesa che la casa di Dio fosse aperta! Pregava, e le ore scorrevano senza che se ne accorgesse. Spesso saliva sulla montagna che dominava Marsiglia, per venerare Nostra Signora della Guardia e ne scendeva pri­ma che fosse giorno, dopo avere ascoltato la messa e fatto la santa Comunione. Re­candosi in chiesa prima dell'alba ogni mattina, aveva notato di essere seguita da un personaggio misterioso, il quale teneva un bambino per mano. Sorpresa da tale as­siduità a quell'ora insolita, Maria finì per chiedergli, con la franchezza che la ca­ratterizzava: «Signore, se, seguendomi in questo modo, ha l'intenzione di farmi qualche proposta di matrimonio, perde il suo tempo e la sua fatica: sono consacrata a Dio». Maria, le rispose lo sconosciuto, che non le rivelò mai il suo nome, so che sei consacrata a Dio, io ti seguirò sempre, fino a quando non diventerai reli­giosa. Ci allontaneremmo molto dalla verità, se affermassimo che quel personag­gio misterioso doveva essere un messaggero celeste, incaricato di vegliare in ma­niera speciale su quell'anima? Comunque sia, Maria continuò le sue devozioni. II suo lavoro tuttavia non ne soffriva più; poiché non solo assolveva il suo compito, ma qualche volta faceva anche il lavoro degli altri servi.
Qui si colloca un episodio toccante che ella stessa ci ha raccontato: «I miei pa­droni, ci diceva, erano molto buoni con me e mi dimostravano completa fiducia. In una circostanza, mi avevano incaricato di pagare i fornitori della casa. Ecco ciò che mi capitò. Avevo appena saldato tutti i conti e quando scesi in cucina mi accorsi che vicino a me c'era una donna il cui aspetto denotava la più profonda miseria: vederla mi sorprese, poiché avevo chiuso la porta e non avevo sentito nessuno aprirla di nuovo. Il mio stupore non fece che aumentare, quando la sconosciuta mi chiamò per nome: Maria, mi disse, con una voce molto dolce, fammi la carità, te ne scon­giuro, ho molti bambini che muoiono di fame. Signora, le risposi con viva emozio­ne, non posso darle niente di ciò che appartiene ai miei padroni. Ho cinquanta fran­chi, sono i miei guadagni; li prenda, per vestire e per nutrire i suoi bambini. E tu, Maria, che avrai dopo? non ti resterà nulla! Non si preoccupi, signora, non ho mai conservato del denaro, e Dio non mi ha mai lasciato mancare niente: accetti tutto dunque. Ella prese l'intera somma, ringraziandomi con slancio. Un istante dopo, mi girai e la donna era scomparsa, senza che la porta fosse stata aperta, e ritrovai sul tavolo i cinquanta franchi. Temendo d'avere trattenuto questo denaro sul conto di qualche fornitore, corsi per accertarmene: tutti i conti erano stati pagati. Certa al­lora che quella somma era la mia, la donai al primo povero che incontrai. Seppi più tardi che la sconosciuta era la santissima Vergine, che si era degnata di provare co­sì la generosità della sua piccola serva».
Le grazie straordinarie si moltiplicavano e crescevano a misura della sua fedeltà. Ebbe una prima estasi, che durò due ore; non vi si attribuì una grande importanza. Quattro mesi dopo, ne ebbe una seconda, nella chiesa dei Greci-Melchiti, che fece più clamore. Essendosi presentata in estasi alla sacra Mensa, esclamò, al momento della comunione: «Padre mio, tu mi doni un bambino», e cadde come morta. Fu im­possibile farla rinvenire da quello stato; la si trasportò a casa dei suoi padroni. Fu­rono chiamati molti medici che le praticarono inutilmente i più forti rimedi per far­la svegliare da quel sonno, sul quale dichiararono di non comprendere niente. Restò così per quattro giorni; il suo viso, pieno di vita, mostrava che non era morta. Co­sa avvenne durante tutto quel tempo? Maria, obbligata, a confessarlo per obbe­dienza, più tardi, ce lo racconterà lei stessa.
«Fui trasportata in cielo; vidi la santissima Vergine circondata da angeli; al suo fianco, c'erano anche innumerevoli vergini. Io mi vedevo piccolissima, ridotta ad un niente; e tuttavia, sentivo che tutte quelle anime mi accoglievano con grande gioia nelle loro braccia.
Mi gettai ai piedi della santa Vergine, dicendole: Madre buona, mi tratterrai qui per sempre? Ancora ti mancano, mi rispose, molte cose. Non saprei esprimere la gloria che la circondava. Una vergine le disse: Madre buona, non sono le grandi cose che si compiono sulla terra che fanno guadagnare il cielo, ma la fèdeltà più totale. Io vi scenderei ancora, per compiere ogni atto con più perfezione.
Questa vergine mi fece sapere che Dio l'aveva incaricata di mostrarmi la gloria del Cielo, come pure quello che avveniva sulla terra, nel Purgatorio e nell'Inferno. Mi fece vedere Gesù Cristo, il nostro divin Salvatore, ardente d'amore, e molto vi­cino a lui, il collegio degli Apostoli. Mi mostrò l'esercito dei martiri, e le anime che hanno sofferto, sulla terra, le più grandi tribolazioni. Queste non hanno versato il loro sangue come i martiri, ciò nonostante sono collocate nel loro stesso rango, per­ché anch'esse hanno portato la croce. Ognuno ha la propria croce, mi disse la ver­gine, e allorquando Dio vede un'anima accettare generosamente quella che lui le invia, lui stesso aiuta quest'anima a portare la croce.
Mi mostrò i buoni, i santi sacerdoti, splendenti come le vergini, e posti vicinis­simi a Nostro Signore e agli Apostoli. Diceva: Oh! quanto Dio ama i sacerdoti buo­ni! Quando li vede zelanti per la sua gloria, per la salvezza delle anime, come è contento! quanto li ama! Un piccolissimo numero sale qui direttamente senza pas­sare per le fiamme del purgatorio.
Vidi gli uomini che avevano vissuto cristianamente: usciva dalla loro bocca e dalle loro mani una luce, ricompensa delle loro elemosine e del loro attento lavoro. Le donne fedeli ai doveri della vita cristiana erano inferiori alle vergini; portavano sul petto come dei vasi di fori magnifici, e la luce usciva da quei vasi.
La Vergine mi disse, mostrandomi la Vergine Maria: Tu ami molto questa buo­na e tenera Madre, non è vero? Sei testimone della gloria che la circonda, per quanto non la vedi come la vedresti se tu fossi qui sempre. Dimmi, vale la pena che si facciano degli sforzi per meritarle la gloria del cielo? E, te lo ripeto, non sono le grandi cose che fanno meritare il cielo. L'anima non deve dire: vorrei soffrire; desidererei tale croce, tale privazione, tale umiliazione, perché la propria volontà rovina tutto. È meglio avere meno privazioni, meno sofferenze, meno umiliazioni per la volontà di Dio, che un grandissimo numero per la propria volontà. L'essen­ziale è accettare, con amore e con un'intera conformità alla sua volontà, tutto ciò che piacerà al Signore di inviarci. Vi sono, nell'inferno, anime che avevano chiesto a Dio croci e umiliazioni. Dio le ha esaudite, ma non hanno saputo approfittare di tali grazie: l'orgoglio le ha perdute. Senza domandare nulla, accetta con ricono­scenza tutto ciò che il buon Dio ti invierà.
Quante illusioni vi sono ancora, quando Dio invia la malattia! Invece di appro­fittarne, si dice: Ah! se fossi in salute, farei tale cosa, tali opere per Dio, per la mia anima! Se si domanda la guarigione, lo si faccia sempre ponendo questa condizio­ne: Mio Dio, se è la Tua volontà; se l'interesse della Tua gloria lo esige; se il be­ne della mia anima lo richiede!
Desidererei, aggiunse la vergine, scendere con te sulla terra per soffrire, per essere più conforme in tutto alla volontà di Dio, per procurarGli una gloria più gran­de, per rendermi degna di avvicinarmi più da vicino a questa sovrana bellezza. Che l'anima ami molto Dio, questo Padre celeste, tenero e compassionevole; che ami il prossimo più di se stessa; che ami i poveri. Se possiede solo un pezzo di pane, lo divida con essi, e la misericordiosa bontà di Dio provvederà per l'indo­mani, e non le lascerà mai mancare il necessario. Che Dio solo sia tutto in ogni co­sa; che quest'anima non abbia altra ambizione che di piacergli e di compiere la Sua santa volontà. Oh! quanto una simile anima sarebbe gradita alla sua divina Maestà! Quest'anima potrebbe da sola convertire milioni di altre anime. Che l'a­nima ami così Dio e il suo prossimo, abbia in ogni circostanza, una grande e in­crollabile fiducia. Siccome tutti gli uomini che vivono sulla terra sono deboli, Dio permetterà che quest'anima commetta degli errori per mantenerla nella sua umiltà: non si scoraggi, si penta, confessi le sue colpe al sacerdote, e Dio gliele perdonerà. Oh sì! Che abbia fiducia, qualunque siano i suoi peccati: li confessi tut­ti, e tutti le saranno rimessi.
Ci sono santi sulla terra che, a causa della fragilità umana, cadono in qualche errore, a volte anche grave. Il demonio allora opera per intimidire l'anima colpe­vole, alfine di impedirle di confessare il suo peccato. Le dice: Il sacerdote ti crede buona, santa, come oseresti confessargli questa colpa? confesserai questo peccato ad un uomo? No, tu non lo farai. L'anima, ingannata, nasconde il suo peccato; con­tinua a ricevere i sacramenti; un peccato ne attira un altro; il demonio finisce per accecarla ed essa cade nell'inferno. La vergine ha molto insistito su questa verità che, nella confessione, non ci si rivolge ad un uomo, ma a Dio stesso.
Ricordati bene queste parole che Nostro Signore dice, e che i suoi discepoli non dimenticano mai: Venite a me, venite a me, voi tutti che siete dimenticati sulla ter­ra a causa del vostro Dio: io non vi ho dimenticati; venite, entrate per sempre nel­la gioia del vostro Maestro.
lo vidi in seguito come una processione formata da sacerdoti, da vergini, da buo­ne religiose. Tutti insieme, camminavano brillando di gloria a fianco del divino Sal­vatore; da ogni lato, stava una moltitudine di angeli. Una folla di bambini innocen­ti, simili agli angeli, di giovani vergini, tutte le anime pure seguivano la processione cantando. Nello stesso istante, vidi gli altri eletti immersi nel rapimento, nell'ado­razione. A questo punto, le parole mi mancano per potere esprimere ciò che ho vi­sto. Su un trono elevato, che la mia debolezza non ha potuto che intravedere a cau­sa dello splendore della luce che m'abbagliava, ho visto molte altre cose che non posso né comprendere né esprimere.
Maria, mi disse la vergine che mi accompagnava, questa festa è sempre nuova, e durerà in eterno. Tu vi parteciperai un giorno, ma non ancora: il tuo libro non è finito. Approfitta bene della vita, essa non è che un istante, invece questa durerà in eterno. Soprattutto, nelle prove e nelle sofferenze, non perdere mai la fiducia; get­tati ciecamente nelle braccia di Dio, per essere più vicina a Lui in cielo.
La vergine mi mostrò in seguito la terra come in un sotterraneo; mi appariva....
direi, come una moneta di cinque franchi o come una mela? Non so esprimerlo. Ciò che so, è che l'universo tutto intero era chiuso in questo piccolo cerchio. Oh! come gli uomini si perdono! Se pensassero che non sono che viaggiatori su questa terra, e che, in qualsiasi istante, potrebbero essere citati al tribunale di Dio!
Occorre, mi disse la vergine, che adesso tu veda il Purgatorio. Noi vi entriamo. È un luogo tutto coperto di verde, molto spazioso, più lungo che largo. Le anime che vi si trovano sono accostate le une alle altre. Le loro pene differiscono molto. Alcune soffrono più che se sopportassero i più crudeli supplizi; le sofferenze di al­tre anime rassomigliano a quelle di una malattia terrena. Non si vede fuoco all'e­sterno; ogni anima porta il suo fuoco in se stessa. Non ci sono demoni, né alcun­ché all'esterno che metta in allarme.
La vergine mi disse che la Madre di Dio scendeva tutti i sabati nel Purgatorio, con una scorta di angeli, per far liberare molte anime tra questi spiriti beati, e che queste anime liberate seguivano gioiosamente la dolce Regina, come agnellini.
Ho visto nel Purgatorio un gran numero di sacerdoti, di vescovi, di religiose. Questa, mi diceva la vergine, è in Purgatorio, e vi rimarrà per lungo tempo, per­ché prendeva senza permesso frutta in giardino, e accettava sempre senza permes­so piccoli doni dai suoi allievi. Ve n'erano altre che erano trattenute per non avere abbastanza approfittato delle immense grazie che offre lo stato religioso; e altre, per difetto di fiducia in Dio.
Vieni a vedere adesso l'Inferno, senza entrarvi, mi disse la vergine. Vedendolo, il Purgatorio mi parve essere un paradiso. Le anime del Purgatorio sono sottomes­se alla volontà divina; sono felici di purificarsi con il fuoco, per essere degne della visione beatifica. Nell'Inferno, al contrario, non si odono che grida spaventose, im­precazioni, bestemmie. I demòni sembravano costernati alla vista della vergine che mi guidava, poiché Satana è costretto a tenersi immobile come un vile schiavo, in presenza di un'anima tutta di Dio. Ed è lo stesso quando vede un'anima salire in Cielo; egli scoppia dalla rabbia: E che? dice a se stesso, tu eri un angelo e una crea­tura umana s'eleva al di sopra di te!
Compresi che il demonio è simile al vento. Quando il vento soffia, tutto si chiu­de; si tappano i buchi, le fessure, per difendersi. L'anima dovrebbe prendere le stes­se precauzioni contro Satana; dovrebbe chiudere tutto in lei, per non lasciare alcun accesso a questo spirito maligno.
Ciò che mi colpì subito nell'Inferno, fu la vista delle anime che si erano perdute a causa dei vizi impuri. Erano avviluppate di fiamme che prendevano la forma del­l'idolo che avevano amato con sregolatezza sulla terra. Gli avari erano anche avvol­ti dalle fiamme che assumevano la forma dell'oro e dell'argento. In ogni dannato la fiamma che lo circondava si mostrava sotto la figura dell'oggetto, causa della sua dannazione. Ho visto nell'Inferno anime appartenenti a tutte le classi, a tutti i ranghi. Non ho fatto che balbettare, lo sento, dicendo quel che ho detto».
Maria aveva ragione; per parlare di realtà sovrannaturali, occorrerebbe la lingua del Cielo.
Nostro Signore, durante questa lunga estasi durata quattro giorni, chiese a Maria di digiunare, con pane e acqua, per un anno intero, al fine d'espiare, per altri, i peccati di gola, e di vestirsi il più poveramente possibile, al fine di riparare i peccati di vanità.
Il suo confessore, che serviva la chiesa dei Greci-Melchiti, le propose di ab­bracciare la vita religiosa: temeva di lasciare per molto tempo esposta al soffio ap­pestato del mondo un fiore così raro. La giovane serva, la quale non seppe fare al­tro che ubbidire al rappresentante di Dio, vi acconsenti malgrado le sue ripugnanze naturali. Questo sacerdote la presentò senza successo a molte comunità; solo le Suore di San Giuseppe dell'Apparizione acconsentirono ad accoglierla, come le aveva predetto la religiosa che le aveva ricucito il collo, annunziandole che sareb­be diventata figlia di san Giuseppe prima di diventare figlia di santa Teresa.
Entrata in postulantato nel 1865, fu assegnata alla cucina come aiutante. Non comprendendo ancora molto bene la lingua, faceva spesso il contrario di ciò che le si diceva; Dio lo permetteva per provare così la sua pazienza. Conservò un silenzio di tomba su tutti i rimproveri e i cattivi trattamenti che subì da parte della sua com­pagna. Ma Dio la vendicò permettendo l'espulsione dalla comunità della disgra­ziata che era arrivata al punto di picchiarla.
Le grazie straordinarie qui si manifestarono in maniera più completa. E, in aggiun­ta a questi doni sovrannaturali, mostrava un'umiltà a tutta prova, un amore per gli in­carichi più umili, una carità, una devozione e un'amabilità che incantavano. Ricordia­mo alcuni fatti meravigliosi, che ci vengono proprio dalle religiose di San Giuseppe.
Un giorno avverti un fortissimo dolore al fianco sinistro, che la faceva respirare con molta difficoltà. Questa sofferenza durò tre giorni, senza il minimo sollievo. Il terzo giorno, disse alla maestra delle novizie: «Questa sera sarò guarita, alle tre: venga e lo vedrà. E chi ti guarirà? le domandò la maestra. Il buon Dio, rispose. La suora non mancò di ritornare all'ora indicata, e la trovò perfettamente guarita. Il Si­gnore, le disse Maria, è passato un momento fa nella mia camera come una grande luce, e mi ha guarita».
Un'altra volta, era ancora molto sofferente in seguito ad una caduta. La madre sua maestra andò a visitarla: «Oggi, le disse Maria, guarirò a mezzogiorno, anche se sembrerò mortalmente ammalata». Alcuni istanti prima di mezzogiorno, la so­rella si recò nell'infermeria. Maria stava prostrata e immobile sul letto. La chiamò a più riprese: non ebbe risposta. Si sedette allora accanto al letto, dopo aver chiuso la porta, perché nessuno vedesse l'estasi. Fu dopo molto tempo, che la postulante rinvenne: Ebbene! le chiese la maestra, sei guarita? «Sì, le rispose subito con gioia, la mia Mamma del Cielo è venuta, e mi ha guarita». E nel dire queste parole, si alzò, si vestì, rifece il letto e scese per riprendere il suo lavoro.
Un altro giorno, si trovò Maria in estasi, in ginocchio, alla porta della cappella. La sua maestra la interrogò qualche tempo dopo sull'accaduto, Maria le confessò ingenuamente che era molto afflitta per il fatto che non avesse più tempo da dedi­care alla preghiera e di non poter digiunare come in passato: «La santa Vergine è venuta a consolarmi, aggiunse; e mi ha raccomandato d'obbedire, di amare gli al­tri più di me stessa e di non affliggermi di nulla; da allora sto in pace».
Ecco un fatto più stupefacente ancora. Nel mese di gennaio 1866, chiese alla maestra, durante la lettura del noviziato,' il permesso d'entrare nel dormitorio per prendere il fazzoletto che aveva dimenticato. Prima di uscire, si mise in ginocchio per recitare un Pater, e cadde in estasi. Non vedendola ritornare, la maestra entrò per vedere che cosa era successo. La trovò rapita, la mano destra appoggiata sul petto, e la sinistra, nella quale teneva il rosario, rivolta verso terra: la mano sinistra e il rosario erano macchiati di sangue. Cercò invano di farla rinvenire da quel son­no misterioso; l'estasi durò due ore e mezza. Alla fine del rapimento, la postulante tracciò su di sé un grande segno di croce. Scorgendo vicino a sé la sua maestra, le chiese se la lettura del noviziato fosse terminata. Cosa dici? le rispose quest'ulti­ma; è più di due ore che sei qua, la Comunità ha anche cenato. «Che fortuna che è stata lei l'unica testimone del mio sonno!» riprese l'umile Maria. Eh! cosa hai vi­sto durante questo sonno? La postulante, la quale non aveva mai parlato di questi favori divini, rispose con la massima ripugnanza solo per obbedienza, dopo un momento di silenzio: «Parecchie volte avevo già visto un'anima del Purgatorio che mi pregava di chiedere a uno dei suoi nipoti, sacerdote, tre messe e tre ore d'ora­zione assicurandomi che così sarebbe entrata in Cielo. Ho chiesto un segno visibi­le, che fosse constatato nello stesso tempo da un'altra persona; questo segno, ec­colo», e le mostrò la sua mano e il suo rosario macchiati di sangue.
Maria vide soprannaturalmente la morte di una religiosa di San Giuseppe che si trovava in Palestina, e una lettera, arrivata parecchi giorni dopo, confermò la veri­dicità di questa rivelazione. Predisse anche altri avvenimenti, che si compirono nel modo che aveva indicato.
I superiori tennero segreti, finché poterono, queste grazie speciali; ma Dio per­mise che la Comunità ne fosse molte volte testimone e, da allora, tutti ne parlaro­no. Come succede sempre in simili circostanze, si formarono due gruppi: il gruppo degli entusiasti e quello degli increduli. Le cose arrivarono a tal punto che bisogno proibire ogni conversazione su questo argomento. Si fece di più: si proibì alla po­stulante di avere delle estasi in presenza delle suore; e Dio, che è sempre a favore dell'obbedienza, non accordò più questi favori a Maria che durante la notte.
Qualche tempo dopo, la sua maestra le donò un'immagine di nostro Signore e la mandò a pregare nella cappella. Gesù le apparve nel tabernacolo con le sue cin­que piaghe e la corona di spine, da dove fuoriuscivano dei flussi di sangue. D'un tratto, vide come dei carboni ardenti che dalle mani di Gesù cadevano sulla testa dei peccatori. La santissima Vergine, in ginocchio davanti al suo divino Figlio, lo scongiurava di risparmiare i colpevoli. Gesù, pieno di tristezza, diceva a sua Ma­dre: Oh.! Quanto il Padre mio è offeso! quanto il Padre mio è offeso! La postulante si slanciò verso Gesù, mise la mano sulla piaga del suo Sacro Cuore gridandogli: «Mio Dio, dammi, se vuoi, tutte queste sofferenze, ma usa misericordia ai pecca­tori». Dopo l'estasi, si trovò la mano coperta di sangue. La sua maestra, testimone del prodigio, lavò quella mano, che non mostrava la minima ferita. Da quel giorno, Maria soffri al fianco sinistro: tutti i venerdi, il fianco le sanguinava. Non disse niente a nessuno, ed ebbe cura di fare scomparire ogni traccia di sangue.
Il divino Maestro volle completare le sue grazie accordandole per intero le stim­mate. Il mercoledi sera della terza settimana di Quaresima del 1867, Maria ebbe una nuova estasi. «Mi sembrava, diceva, nel renderne conto per obbedienza, di co­gliere rose per ornare l'altare della Madonna: quelle rose sembravano avere delle spine dai due lati, e le spine s'affondavano nelle mie mani e nei miei piedi. Quan­do rinvenni, la mia bocca era molto amara, i miei piedi e le mie mani erano gonfi; al centro delle mie mani e dei miei piedi, c'erano delle pustole nere». Il giovedì, le sue sofferenze aumentarono fino all'indomani, venerdì, festa delle Cinque Piaghe. Quel giorno, verso le dieci del mattino, le pustole nere si aprirono da sole e la co­rona di spine si disegnò perfettamente intorno alla sua testa; il sangue colava dalla testa, dalle mani e dai piedi. Questo prodigio si rinnovò parecchie volte, durante la santa Quaresima, sotto gli occhi della sua maestra e d'un certo numero di suore.
Malgrado tutta la cura che si metteva nel nasconderli, questi prodigi trapelaro­no nella comunità, i contrasti ricominciarono con un nuovo ardore. Per tagliare cor­to a tutto, la maestra delle novizie ordinò a Maria di chiedere a Dio che nulla ap­parisse all'esterno. Obbedi, e disse alla maestra, da parte della santissima Vergine, che tutto sarebbe rimasto celato fino alla prossima Quaresima. Le piaghe dei piedi e delle mani si chiusero in effetti cicatrizzandosi, con grande gioia di Maria, che ha sempre considerato questi favori come una delle più dure prove della sua vita, con­vinta che il Signore le lasciasse questa malattia (è il nome che le dava) per espiare i suoi peccati, in ragione della confusione che ne provava.
Il postulantato di Maria stava quasi per finire. Il consiglio si riuni in assenza della Superiora Generale, per esaminare se dovesse essere ammessa ad indossare l'abito. La maggioranza decise di non ammettere la postulante a causa dei suoi doni straor­dinari, giudicando che questo soggetto non era adatto per un Istituto di vita attiva co­me quello di San Giuseppe. Ma, pur rimandandola, si rese alla sua virtù la più splen­dida testimonianza: Voi potete ringraziare Dio, ci diceva otto anni più tardi la reverenda Madre Generale, d'avere permesso che io fossi assente in quel momento. Mai, se fossi stata presente, avrei acconsentito che fosse mandata via. Il Signore ha voluto realizzare così i suoi disegni su questa creatura meravigliosa: e se non fosse questo io sarei tentata di lamentarmi per questo furto fatto a san Giuseppe da parte di santa Teresa.
CAPITOLO IV
Maria entra al Carmelo di Pau. Le si dà il nome di suor Maria di Gesù Crocifisso. Il postulantato - La vestizione - Avvenimenti prodigiosi Le prove (1867-1868)
L'ultima maestra di noviziato di Maria, a San Giuseppe, aspirando ad una vita più perfetta, aveva ottenuto di poter entrare al Carmelo e il monastero di Pau ave­va già acconsentito a riceverla. Durante le ultime settimane trascorse sotto la sua direzione, Maria aveva conquistato la stima di questa suora. Questa la presentò dunque alla reverenda Madre Elia, Priora del Carmelo di Pau, ma senza parlare dei suoi stati straordinari. Avendo la Madre Elia acconsentito a ricevere anche questa povera orfana, Maria lasciò Marsiglia con la sua antica maestra e arrivò al Carme­lo di Pau la vigilia della SS. Trinità nel 1867. Dobbiamo menzionare qui una vi­sione che ella ebbe, ancora molto giovane, e che lei stessa ci ha raccontato: «Mi sembrava di vedere, ci disse, Gesù e la sua santa Madre e, ai loro piedi, san Giu­seppe e una donna che non conoscevo. Andai a nascondermi sotto il mantello di san Giuseppe, come se avessi avuto paura di quella sconosciuta, che tuttavia sembrava molto buona. Gesù e Maria guardavano e sorridevano. Ma ecco che la sconosciuta prese la parola: Gran Santo, disse rivolgendosi a san Giuseppe, tu non mi hai mai rifiutato niente sulla terra, potresti rifiutarmi qualche cosa in Cielo? Dammi que­sta figlia. San Giuseppe alzò gli occhi verso Gesù e Maria e mi condusse poi da questa sconosciuta, che capii essere santa Teresa. Tutto il mio timore scomparve, e amai Teresa come mia Madre». La visione adesso si era realizzata: Maria, dopo es­sere stata figlia di san Giuseppe, adesso diventava figlia di santa Teresa, sotto il no­me di suor Maria di Gesù Crocifisso. La profezia della religiosa, riferita prima, si era ugualmente compiuta.
Maria aveva ventuno anni, non gliene si sarebbero dati più di dodici, tanto il suo fisico rifletteva la semplicità, il candore e l'innocenza: tutti i suoi modi erano in­fantili. La sua gioia, entrando al Carmelo, fu indicibile. Comprese che ella era in­fine dove Dio la chiamava. Non potendo ancora esprimersi bene in francese, mostrava la sua riconoscenza con lo sguardo, con il sorriso, con le lacrime e con i baci che deponeva sulle mani delle suore, secondo il costume orientale.
«Oh! quanto sono felice, esclamava, ho trovato una famiglia. Le superiore sono
le mie mamme, e le religiose sono le mie sorelle». Tutto le piaceva del Carmelo: la clausura, il silenzio, la mortificazione, la povertà, le pratiche di umiltà in uso in quel santo Ordine, e al di sopra di tutto, l'obbedienza. La Madre Priora per lei era il buon Dio, e le apriva la sua anima. Anche il confessore riceveva tutti i suoi se­greti, poiché per il ministro di Dio, quest'anima era veramente trasparente. Una saggezza celeste traspariva da ogni sua parola. La sua felicità consisteva nel soffri­re, nel nascondersi, nell'obbedire; in una parola, era impossibile trovare un'anima contemporaneamente così semplice e prudente, così seria e così candida, così straordinaria e così amica delle vie ordinarie, direi, cosi umana e così divina.
La Priora comprese molto presto il valore del tesoro che Dio le affidava. Solo per un momento esitò a custodirlo, dato l'accumularsi di tutti i doni soprannatura­li che sembravano non attendere che il chiostro per manifestarsi in tutta libertà; ma l'umiltà, l'obbedienza, la carità, l'amore per il nascondimento, il timore di essere vista durante le sue estasi, tutti segni della mano di Dio, erano così evidenti in quel­l'anima, che dissiparono i dubbi, e una riconoscenza, mista a venerazione, prese il posto del timore.
Il giorno stesso della sua entrata, suor Maria vedendo una postulante, dichiarò che non era per il Carmelo, e l'uscita di questa suora non tardò a confermare la ve­rità di questa profezia.
La Comunità fu profondamente edificata, durante l'ottava del Corpus Domini, che seguì subito il suo arrivo, di vederla ai piedi di Gesù. Talvolta ella giungeva le mani, talvolta inclinava la testa, ora portava la mano destra sul suo cuore come per prenderlo e donarlo al suo Dio. L'Eucarestia era sempre stata per Maria l'amore più forte. Quante volte chiese di lasciare il coro, per non cadere in estasi in presenza delle suore!
Sebbene la santissima Vergine le avesse promesso, a Marsiglia, che le sue stim­mate non avrebbero più sanguinato fino alla Quaresima, tuttavia il suo fianco sini­stro continuò, ogni venerdi, a mandare sangue e acqua, dalle dieci del mattino fino alle ore tre della sera. I panni che vi si applicavano erano impregnati di sangue a forma di croce. Durante queste lunghe ore, la postulante sopportava intollerabili e indicibili sofferenze: la sua sete era bruciante; l'acqua che le si presentava per spe­gnerla le sembrava fiele. Isuoi piedi e le sue mani si gonfiavano, il posto dove c'e­rano le stimmate diventava rosso; la sua guancia portava il segno dello schiaffo im­presso sulla faccia di Gesù. Se si tentava qualcosa per sollevarla, diceva subito: «Niente addolcimenti». Ella si sentiva come colpita da tutti, come abbandonata da tutti, e diceva: «Grazie, mio Dio, sono pronta a soffrire ancora di più per i pecca­tori, per il santo Padre, per la Chiesa». Quando, sotto la morsa del dolore, temeva di cedere, la si sentiva esclamare: «Mio Dio, abbi pietà di me, sono debole. Non so­no altro che peccato e mi lamenterei di soffrire? No, no, mio Dio. O Gesù, quanto hai sofferto! Sono contenta di soffrire per Te».
Nostro Signore le appariva spesso, tenendo nelle mani o sul petto corone di ro­se; il sangue colava da queste rose. In una circostanza, ella vide una croce con cin­que di questi fiori, il più bello dei quali sormontava la croce. Avendole Gesù dato la croce e le rose, ella corse gioiosa verso Maria, dicendole con affascinante inge­nuità: «Mia cara Madre, ho cinque rose: tre per Gesù e due per Te. Non essere ge­losa, te ne prego, di possedere meno rose di Gesù. Se avessi sei rose al posto di cin­que, te ne darei certamente tre, buona Madre». La santissima Vergine le rispose che gradiva quella divisione. «Poiché le cose stanno così, disse l'ingenua fanciulla, of­fro la più bella rosa per la Chiesa; è di un rosso sgargiante e profuma il mondo. Of­fro la seconda per il nostro Ordine, la terza per i peccatori, la quarta per la Comu­nità, la quinta per quelle che mi cureranno durante la mia malattia». Intendeva parlare delle sue stimmate, che dovevano riapparire durante la prossima Quaresi­ma, secondo la profezia della santa Vergine.
Questa divina Madre le annunziò anche che, dopo il mese di agosto, il suo fian­co non avrebbe più sanguinato, e che i suoi piedi e le sue mani avrebbero ripreso il loro primitivo stato, il che accadde.
Ciò nonostante, lungi dal toglierle il calice della sofferenza, il Salvatore si com­piaceva di crocifiggerla in un altro modo. Maria aveva una predilezione particola­re per la Via Crucis; quando la faceva, Gesù le appariva spesso come era quando saliva sul Calvario, allo scopo di immolarsi per gli uomini. Questa visione trapas­sava il cuore della generosa innamorata; piangeva, singhiozzava davanti ad ogni stazione; le accadde persino, a più riprese, di versare lacrime di sangue. A volte, le era impossibile terminare questo pio esercizio: bisognava riportarla nella sua cella, immersa in un'estasi d'amore e di sofferenza.
Il 20 luglio, festa di sant'Elia nell'Ordine Carmelitano, si mise nel refettorio la statua del Profeta su un tavolo ornato di fiori, in onore della Priora che portava il suo nome. Suor Maria di Gesù Crocifisso, alla vista della statua, battendo le mani esclamò: «Padre Elia, Padre Elia!». Testimone del suo trasporto, una sorella sug­gerì alla Madre Priora di fare servire la cena al Profeta dalla postulante. La dispo­sizione in questo senso fu immediatamente data. Durante tutto il tempo che suor Maria adempì con tanto rispetto e amore questo dolce compito, sant'Elia le appar­ve: portava l'abito del Carmelo, il suo viso era maestoso, la carnagione scura, i suoi capelli bianchi; una calotta bruna gli copriva la testa e egli teneva in mano un lun­go bastone la cui parte superiore aveva la forma di una spada. Questa visione la fe­ce cadere in estasi. La Madre Priora la fece uscire dal refettorio, solo la parola ub­bidienza bastò a farla ritornare in sé. Ma l'estasi subito la riprese: «L'ho visto, il mio Padre Elia! Oh! quanto è bello! Ha benedetto il refettorio; ha benedetto la co­munità, ha steso il suo bastone su ogni suora per benedirla. Mi ha dato la speranza che presto mi si darà il santo Abito!...».
Sant'Elia non l'aveva ingannata. Sebbene il suo postulantato fosse iniziato solo da poco più di un mese, il Capitolo decise all'unanimità che si potesse passare so­pra le regole ordinarie a favore di una tale anima. Avendo approvato l'autorità ec­clesiastica questa decisione, suor Maria cominciò il suo ritiro spirituale di prepara­zione sotto la guida della stessa santissima Vergine, che le dava gli spunti di meditazione, controllati dalla Madre Priora. Il tema fornito dalla Vergine era unico: s'imperniava interamente sulla felicità dell'anima religiosa fedele ai suoi voti. Il mio divin Figlio, diceva la Madre di Dio alla postulante, presenterà quest'anima al Padre suo dicendo: ecco una sposa che ha camminato fedelmente sulle mie orme, che ha lasciato tutto per seguirmi, che ha rinunciato a tutti i piaceri dei sensi e per­fino alla sua volontà. È stata pura, povera, obbediente. Chi può dire con quale amore il Padre celeste riceve e corona quest'anima? Il 27 luglio, ottava della festa di sant'Elia, il Rev. Saint-Guily, arciprete della chiesa di San Martino di Pau e Superiore del convento, le diede l'abito religioso a porte chiuse, poiché si era giudicato prudente di non fare una cerimonia pubblica a causa delle sue estasi frequenti. La postulante chiese come padrino e come madri­na sant'Elia e santa Teresa, e fu tra le statue dei due santi, portate nel coro, che ri­cevette l'abito del Carmelo. Fu messa tra le suore del coro. Tutta la comunità era lieta nel saperla destinata a cantare le lodi di Dio. La novizia aveva cominciato già ad imparare a leggere e aveva scongiurato Sant'Elia di ottenerle la grazia di potere dire il santo ufficio ma i disegni del Signore su quest'anima erano più mirabili. Egli voleva che Lo glorificasse nello svolgimento dei lavori più umili. Così non permi­se che facesse dei progressi nella lettura e nella conoscenza del breviario; più tar­di, le ispirerà perfino di fare professione come suora conversa.
Dopo avere indossato l'abito, le sue estasi diventarono ancora più frequenti. Era presa dallo Spirito di Dio, persino in mezzo al coro, in presenza di tutte le suore. Niente la crocifiggeva maggiormente: questo sonno misterioso la rendeva inconso­labile. Si rivolgeva alle anime che considerava più perfette per fare una santa vio­lenza al cielo, perché le ottenessero la cessazione di quel sonno che tanto la umi­liava.
Ciò che Maria chiamava la sua impotenza nel pregare aumentava la sua pena: «Senza dubbio, non ho distrazioni, diceva, ma non posso terminare la mia breve preghiera. Comincio il Padre Nostro e mi arresto a queste due parole senza potere continuare. Penso, o mio Dio, tu così grande, così potente, sei nostro Padre. Tu, in cielo! e noi, piccoli vermi, cenere, polvere sulla terra! Oggi in questo mondo, e do­mani forse morti! E durante questo rapido momento della nostra esistenza, noi osia­mo offenderti, o mio Dio! abbi pietà di noi! e mi perdo, e mi addormento».
Anche se voglio recitare l'Ave Maria, mi fermo alle prime parole: Vi saluto, Ma­ria, e dico alla santa Vergine: «Tu così buona, così buona, o Madre mia! Tu, Madre di Dio, Madre degli uomini! e noi poveri peccatori! e mi perdo, e mi addormento, impossibile continuare. Come bisogna che mi confessi di non poter pregare».
Aggiungeva: «Ero molto addolorata da qualche tempo riguardo alla contrizione: temevo di non avere un dolore sufficiente per le mie colpe. La mia buona Madre Maria mi ha insegnato a fare tre stazioni prima di confessarmi: la prima, alla porta del Cielo, la seconda, a quella dell'Inferno, la terza nel giardino degli Ulivi. Faccio come mi ha insegnato, e da allora, sono tranquilla».
La novizia amava stare sola con Dio nella sua cella, bastava tuttavia un segno da parte dei superiori perché desistesse. Considerava l'obbedienza in tutte le cose co­me la prima delle virtù religiose. Fu privata un giorno della santa Comunione dal­la Priora, che voleva provarla: Tu hai dovuto fare oggi, le disse la sua maestra a que­sto proposito, un grande sacrificio? «Non parli di sacrificio, le rispose suor Maria; l'obbedienza vale molto di più della comunione; vale più di tutto». E se nostra Ma­dre ti dicesse: dammi il tuo braccio, voglio tagliarlo, che faresti? «Glielo presen­terei dicendole: ecco il mio braccio, lo tagli». E se ella ti dicesse: taglialo tu stes­sa? «Lo taglierei immediatamente con gioia».
L'8 agosto, non avendo potuto suor Maria assistere alla Messa a causa del suo stato di sofferenza, la sua maestra andò a visitarla. Voleva chiederle notizie della sua salute, quando la novizia la pregò di non parlarle. Era profondamente raccolta in preghiera. La sua maestra la guardava con religiosa curiosità; tutto ad un tratto, vide che ella si comunicava: «Oh! quanta grazia la Santa Vergine mi ha ottenuto, le disse suor Maria, mi sono comunicata». Ella ripetè la stessa cosa alla Priora: «Sant'Elia, aggiunse, mi ha fatto un sermone: mi permetta, Madre mia, di farmelo scrivere, per non dimenticarlo. Anche santa Teresa è venuta: portava l'abito della Riforma, il suo mantello bianco era luminoso. Mi ha detto: Figlia mia, bisogna amare molto la Madonna, è vostra Madre, e la vostra Regina. Tutto ci viene da Ma­ria, e noi riceviamo tutto tramite Lei».
La santa Vergine la visitava anche per incoraggiarla a soffrire. Sola nella sua cel­la con la sua maestra, recitava un giorno l'Ave Maria. D'un tratto, s'interruppe e si coprì il viso con le mani, abbagliata da una grande luce soprannaturale. «Ascolta,` disse alla sua maestra, Maria parla», e prestò l'orecchio. Un istante dopo riprese, sempre rivolgendosi alla sua maestra: «Ha capito ciò che Ella ha detto?». Non ri­cevendo risposta, aggiunse: «Esce dalla cella». E colpendosi il petto, esclamò con aria commossa: «Ella è mia Madre!». U indomani, la sua maestra le chiese ciò che le aveva detto la santa Vergine. Convinta nella sua incantevole ignoranza che la maestra avesse visto e udito tutto come lei, suor Maria le rispose con sorpresa: «Non lo sa? Ha detto: Benedetta, tre volte benedetta l'anima che soffre. Il tempo è breve, molto breve. Dopo avere sofferto un istante sulla terra, quest'anima sarà sempre con il mio divin Figlio presso il Padre celeste». Ma non ha detto niente di particolare per te? le disse la Maestra. «Oh! sì, ella mi ripete sempre: umiltà, umiltà. Quale è dunque quest'umiltà?».
Ai dolori delle stimmate erano succeduti, il venerdì, sofferenze più vive che du­rante il suo postulantato. Qualche giorno prima della festa dell'Assunzione, ella so­spirava la morte. E tu vorresti morire prima della professione? le dicevano le suo­re. «Oh! sì». Ma la santa Vergine ha promesso di non venire a cercarti che fra tre anni. «Ella può cambiare questo», si accontentò di rispondere.
Cominciò la recita del rosario nella sua cella; la Madre di Dio le apparve: «Mia Madre è là, esclamò; oh! quanto è bella con la sua corona di angeli! Madre amata, prendimi». E quando la visione scomparve, aggiunse: «Maria vi ha benedette tutte; mi ha detto che sarei guarita e che sarei andata a Mattutino». Tutte le sue sofferen­ze, in effetti, erano scomparse come per incanto e poté assistere all'ufficio divino.
La santa Vergine le aveva chiesto di recitare cinque corone del rosario ogni gior­no, e siccome aveva trascurato questa preghiera, la Madre di Dio glielo rimproverò. Per riparare al suo errore, cominciò, con l'aiuto della sua maestra, il primo rosario. Ma fu impossibile andare avanti; si fermò ad ogni parola: «Cara Madre, esclamò con aria rapita, se vuoi le cinque corone del rosario, occorre che mi aiuti. In caso contrario, offro a Dio e a Te, al posto di questa recita, tutte le sofferenze che vorrai inviarmi». Nel concludere queste parole, entrò in una vera agonia: «Soffoco, disse, presto il Padre mio per confessarmi. Non ho niente che mi rattristi, ma desidero una assoluzione prima di morire». 1 dolori si erano calmati: «Questa settimana ancora, io devo soffrire molto, disse; solamente sabato prossimo, sarò guarita e potrò reci­tare le cinque corone del rosario». Tutto accadde come aveva annunciato.
Fino a quel momento, il demonio non aveva potuto provarla che per la malattia; ottenne adesso di poterla attaccare di persona. Cominciò dalla lettura. Tutte le vol­te che la novizia voleva prendere la sua lezione, il demonio le impediva di vedere le lettere. Ella ricorreva all'acqua benedetta per cacciare il demonio. Rinnovandosi
spesso la tentazione, la Priora volle che ella chiedesse a Dio se doveva continuare a prendere lezioni o doveva interromperle. Nostro Signore, per tutta risposta, le ap­parve coperto di sangue, durante il sonno, e le disse: Figlia mia, diventeresti trop­po orgogliosa, se apprendessi subito a leggere, questa scienza non ti è necessaria. Tre cose ti bastano: guardami e pensa a me, sii in tutto l'ultima di tutte, obbedisci ciecamente.
Satana cercò di gettarla nello scoraggiamento. Ascoltiamo questo dialogo tra la novizia e il demonio, il giorno dell'anniversario del suo martirio. Il demonio le dis­se: Tutte le suore pregano. Tu, non lo fai « È vero, rispose, ma amo il mio Dio». Ti si metterà fuori prima della professione, perché sei sempre malata; non si avrà sempre per te la stessa carità. «Tanto meglio, amerò sempre Gesù, e Gesù avrà cu­ra di me». Ma se la Priora, la Sottopriora, se le altre suore ti accuseranno, ti mal­tratteranno, tu che farai? «Amerò sempre Gesù». E se Dio ti gettasse nell'inferno? «Ebbene! anche nell'inferno, ancora e sempre amerò il mio Dio». Il Maestro e sua Madre non ti amano, altrimenti non ti avrebbero fatto scendere dal cielo, dopo che ti fu tagliato il collo. «Quand'anche, per assurdo non mi amassero, io li amerei sempre, sì, sempre di più». Tu non sei degna di comunicarti sacramentalmente, ac­contentati della comunione spirituale; dovrai rendere conto di tutte queste grazie. «È vero che non sono degna della comunione; ma credo, spero, amo: andrò a co­municarmi».
Il demonio, vinto, ritornò alla carica. Suor Maria aveva ottenuto di fare, per qua­ranta giorni, un digiuno a pane ed acqua, secondo l'intenzione del Sommo Ponte­fice. Satana si adoperò per farglielo abbandonare. La sbatté, un giorno, con violen­za, contro una porta, il cui lucchetto di ferro le procurò alla testa una ferita profonda ma ella chiese di continuare il suo digiuno malgrado la viva sofferenza che prova­va. Un altro giorno, la gettò dall'alto della scala. Nessuno si trovava lì al momento della caduta, e Maria non disse niente tutto il giorno. Si accorsero soltanto che cam­minava con molta fatica. Ben presto la sua gamba si gonfiò. Il medico che era sta­to chiamato, constatò una frattura del piede, e ordinò un riposo assoluto di venti giorni. La beata Maria degli Angeli, di cui si celebrava la festa il giorno dopo, la guarì subito, e fino alla fine dei quaranta giorni, la novizia poté restare fedele al suo digiuno.
Quante volte al refettorio scoprì nel suo piatto un formicaio di vermi! Spesso sentiva, in quello che le servivano, un odore di cadavere. Tuttavia mangiava tutto, felice che Satana le fornisse queste occasioni per mortificarsi. Talvolta questo spi­rito infernale le toglieva il suo pezzo di pane, di cui non aveva preso che due boc­coni; tal' altra lanciava la sua scodella in mezzo al refettorio: la novizia, senza scon­certarsi, chiedeva il permesso di raccogliere con la lingua la zuppa rovesciata a terra per mano del demonio, e quest'atto d'umiltà non faceva che aumentare la rabbia del tentatore.
A suor Maria piaceva molto la frutta, in particolare le mele. Il diavolo riuscì un giorno, grazie alla sua suggestione, a fargliene prendere una senza permesso. Appena l'ebbe in mano, capì la tentazione; gettandola subito a terra, la schiacciò con il piede, promettendo a Gesù di non mangiarne più, se non quando i superiori lo avessero consentito. Satana cercò di turbarla durante il sonno: per due volte, gettò le sue coperte a terra. La novizia lo scacciò con l'acqua benedetta ed esso si ritirò sibilando. Ancora una volta, egli escogitò un altro stratagemma. Un giorno che Ma­ria era trattenuta in infermeria, lo spirito maligno prese la forma di una suora di­spensiera e le portò una magnifica mela, dicendole che era da parte della Priora. La piccola novizia si permise di fare qualche obiezione; il suo imbarazzo era estremo, non sapendo come fare ad obbedire e nello stesso tempo a rimanere fedele al suo digiuno di quaranta giorni. Invocò la santissima Vergine: non le occorse molto per smascherare l'illusione del maligno. La pretesa suora dispensiera si incollerì e uscì sbattendo la porta con grande rumore. Ci si volle assicurare dell'accaduto e si in­terrogò la suora che la novizia aveva nominato, ma questa fu molto sorpresa e di­chiarò che non si era mai avvicinata all'infermeria. Si accertò effettivamente che, mentre il fatto accadeva, questa suora era occupata a sorvegliare degli operai che lavoravano nella casa.
Un giorno che Maria era nella sua cella, vide entrare la Madre Priora, la quale con collera le proibì di fare la santa Comunione quel giorno. La novizia non replicò e si recò alla Messa durante la quale non si comunicò. Alcune suore, essendosene accorte, avvertirono la Priora, che ne domandò la causa alla giovane sorella. Que­sta rispose ingenuamente: «Ma, Madre mia, era per obbedirle, me lo aveva proibi­to questa mattina», e le raccontò ciò che le era successo. La Madre Priora fu mol­to stupita in quanto non si era mai avvicinata alla cella della novizia e non le aveva fatto alcuna proibizione di questo genere in quel giorno.
Per fare in modo che fosse cacciata dal convento, il demonio fece ricorso ad un altro artificio: prese le sembianze di suor Maria e andò, così travestito, a trovare le sorelle; parlò contro la carità, e soprattutto contro l'umiltà. Le religiose, credendo di avere a che fare con la novizia, non sapevano più cosa pensare; nella loro gran­de carità, mettevano tutto sul conto delle prove eccezionali di quest'anima, ma ca­si simili si moltiplicavano. Esse ne parlarono tra di loro per illuminarsi scambie­volmente sulla condotta da tenere, constatarono con molta gioia l'artificio di Satana, e invece di rimandare suor Maria, l'apprezzarono maggiormente e la cir­condarono di una venerazione più grande.
Non restava al demonio che un'ultima risorsa, quella che utilizza quando tutti gli altri mezzi falliscono: trasformarsi in angelo di luce per farsi l'apostolo di una santità illusoria. Lo fece. Hai ricevuto, le disse, delle grazie straordinarie; il tuo sonno non è che un'estasi; tutte le tue compagne ne sono rapite testimoni, ti con­siderano a ragione come una santa. Ma non temi i fumi dell'orgoglio? Perché re­stare così esposta a una tentazione perpetua di vanagloria? Non finirai per soc­combere e per perderti? I doni che Dio ti ha fatti sono talmente particolari, che bisogna andare a nasconderli in un deserto. Se tu non hai abbastanza coraggio per vivere sola sotto lo sguardo solo di Dio, fatti mendicante: va per il mondo a chiedere l'elemosina di porta in porta; raccoglierai disprezzo, e questo disprezzo sarà il felice contrappeso per tutti i favori celesti di cui Dio ti ha colmata. La novizia era così incline a nascondersi, a vivere in solitudine e a cercare il disprezzo, che sa­rebbe stata esposta ad esser presa in queste reti, se non avesse avuto per regola di sottomettere tutto ai superiori. Grazie alla sua perfetta apertura e alla sua cieca ob­bedienza, trionfò di nuovo su questo assalto del demonio.
Più la Quaresima del 1868, che avrebbe visto la riapparizione delle stimmate, si avvicinava, e più il demonio raddoppiava i suoi attacchi contro la suora. Assumeva le sembianze più orribili per spaventarla; le suggeriva pensieri orribili, persino il pensiero del suicidio. Ma il Cielo non abbandonava mai quest'anima. Gli angeli e i santi la incoraggiavano, Maria la visitava, l'istruiva e la consolava; il Salvatore stesso si degnava di manifestarsi a lei, con le sue apparizioni e la preparava a nuo­vi combattimenti, seguiti sempre da nuove vittorie.
Nel momento di queste visite soprannaturali, la novizia diceva cose sublimi: «la santa Vergine, esclamava un giorno, mi ha insegnato che l'obbedienza ci preserva sempre da ogni male e da ogni trappola di Satana. Per guadagnarsi il regno dei cie­li, in religione sono necessarie tre cose: la prima, è l'obbedienza, attraverso essa, noi rimaniamo sempre nella retta via. La seconda, è l'umiltà. Con un atto di obbe­dienza, noi acquistiamo l'umiltà per un mese; attraverso un atto di disobbedienza, noi perdiamo l'umiltà per un anno. Senza l'umiltà, noi siamo ciechi, nelle tenebre; invece, con l'umiltà, l'anima marcia nella notte come di giorno: l'umiltà è la nostra luce. La terza, è la carità». Una sorella le domandò: E la penitenza? Rispose: «È il demonio che talvolta la ispira, allo scopo di fare in seguito mancare alla Regola. Quando chiediamo un permesso, la prima parola della Priora è da Dio. Se noi fac­ciamo un'osservazione, la seconda parola è del nostro io, e se noi insistiamo, la ter­za parola, è del demonio».
Il Signore le mostrò, un giorno, come la sua collera stava per scoppiare. La gio­vane suora gridò: «Signore, risparmia gli uomini. Mettimi nel fuoco, ma lascia cade­re il fulmine dalle tue mani. Gli uomini non comprendono il male che fanno, sono ciechi». E aggiungeva: «La parola di Dio fa tremare il cielo e la terra. Gesù diceva: non sono io che scelgo l'inferno per voi; voi stessi fate questa scelta. Non un'anima si perde senza che io le abbia parlato mille volte nel cuore. Io sono venuto sulla ter­ra, mi sono rivestito della vostra natura, mi sono fatto fanciullo, obbediente, povero, umiliato. Ho tutto sofferto per voi. Non sono io che vi ho perduti, siete voi stessi che vi siete perduti». Ed ella ripeteva: «Signore, salva il mondo, non amare me sola, get­tami nel fuoco per salvare gli uomini», e piangeva e singhiozzava.
La beata Margherita Maria le apparve qualche ora dopo: «Margherita, le disse la novizia in estasi, sulla terra io non sono che una povera cieca; qui vedo, sì, io ve­do il serpente. Egli non può colpirmi e io rido di lui. Margherita, dì alla Madre no­stra di farmi una piccola visita». Ella fu esaudita. Santa Teresa le apparve. Suor Ma­ria la salutò con trasporto; e si inchinò dicendole: «Madre mia, benedicimi», e riprendendosi subito: «Madre mia, non benedire solo me, benedici tutte; benedici le altre prima di me; amale tutte come ami me». Prima che santa Teresa scompa­risse, la suora le domandò: «Madre mia, sai se la santa Vergine verrà a visitarmi? Di grazia, Madre mia, dille di venire, dille di venire».
Maria venne. Era con nostro Signore e con san Giuseppe. La novizia si volse pri­ma a questi: «Padre Giuseppe! e tu non mi dici nulla? Parla, parla, ti ascolto». San Giuseppe le parlò della Chiesa, del Santo Padre, dei peccatori. Dopo un istante di attenzione, ella emise delle esclamazioni dolorose. E volgendosi a Maria: «Madre mia, le disse con aria supplichevole, prega. Il mondo è cieco, non capisce il male che fa. Madre mia, trattieni le mani del Tuo divin Figlio; impediscigli di lanciare il fulmine». Gesù non si lasciava intenerire; enumerava i crimini che provocavano il suo giusto sdegno: «tutto ciò è vero, diceva la novizia, con il viso inondato di la­crime; ma perdona, Signore, perdona».
L' indomani il sabato, scongiurò la beata Margherita Maria di concederle di ac­compagnare la santissima Vergine in Purgatorio.
Il permesso fu accordato; solamente, prima di unirsi alla processione che segui­va la Madre di Dio, disse alla Priora: «La santa Vergine le chiede per me il permes­so di accompagnarla in Purgatorio». La Priora, si capisce, si guardò bene dal rifiu­tarlo. La novizia entrò subito in un profondo silenzio; lo interruppe ogni cinque minuti per dire: «Gloria a Maria! Gloria a Gesù! Gloria al Padre celeste!». Altre vol­te, esclamava: «Signore, benedicici; benedici la Chiesa della terra e la Chiesa del cielo!». E alla fine: «Ecco la mia Mamma del cielo che viene ad incoronarmi». Nel dire queste parole, si piegò e sgorgò del sangue intorno alla testa a forma di corona.
«Margherita, disse in seguito alla beata, ti racconto la mia visita in Purgatorio. Ero l'ultima della processione, ma tutti coloro che la componevano mi amavano molto. Allorquando Maria è entrata in Purgatorio, tutte le anime erano gioiose, tut­te parevano sperare la loro liberazione. L'una diceva alla santa Vergine: Madre, non Ti ho conosciuta abbastanza. Un'altra: Madre, io non Ti ho pregato abbastanza. Tutte le anime parlavano a Maria, e Maria rispondeva a tutte le anime. Impossibile ripetere le parole di Maria. Quanto è buona mia Madre!».
La novizia aveva annunciato che una processione celeste avrebbe sfilato davanti a lei quel giorno. Verso le due del pomeriggio, la processione apparve. La suora salutò ciascuna delle anime beate che la componevano. La sua gioia era traboccante. Quan­do scoprì san Francesco d'Assisi, gridò: «Anche tu, Francesco, hai cinque rose», in­dicando le sue stimmate. Molti consigli le furono dati; ella li ripeteva alla beata Mar­gherita, con la quale durante le sue estasi ininterrotte ella si credeva sempre sola.
I
«Margherita, le diceva, san Tommaso mi ha dato tre pratiche sulla fede:
1. Guardate Gesù che scende sull'altare durante la messa, discende tramite la pa­rola del sacerdote. Credete che viene per nutrirvi e che, con lui, niente può man­carvi. Egli è là come un bambinello; ed è tutto per voi: andate a lui.
2. La fede, quanto è bella, potente! Un'anima che possiede la fede può fare tutto, Dio le accorda tutto. Guardate le bestie: quando nascondono le loro provviste, hanno cura di non essere viste, ammucchiano d'estate in vista dell'inverno. Come la bestia attende la sua soppravvivenza da ciò che ha nascosto sotto terra, credete che Gesù vi nutrirà, se andrete al santo Tabernacolo dove è nascosto per voi e dove vi attende.
3. Considerate l'agnello: vedete la fede che egli ha nel suo pastore; cammina vi­cino a lui con fiducia; si abbandona alle sue cure, va dove lo conduce; si ferma quando il pastore si ferma; conserva la sua lana o la dà come il pastore vuole; lo se­gue di giorno, lo segue di notte. È così che dovete lasciarvi condurre dal vostro Pa­store Gesù; è così che dovete seguirlo sempre con fede, di notte come di giorno; è così che dovete essere veri agnelli.
Se dicessimo con fede: Montagna, cambia di posto, la montagna ci ubbidirebbe; terra, trema, la terra tremerebbe».
II
«Margherita, santa Veronica mi ha dato sette pratiche sull'umiltà:
1. L'orgoglioso è come il grano di frumento gettato nell'acqua: gonfia, ingros­sa. Esponete questo grano al sole, al fuoco: secca, è bruciato. L'umile è come il gra­no di frumento gettato sulla terra: scende, si nasconde, scompare; muore, ma per ri­fiorire in cielo.
2. Quando si raccolgono le olive, lo si fa con la più grande cura, si raccolgono tutte quelle che cadono a terra allo scopo di estrarne l'olio. Cercate dappertutto con eguale cura occasioni per praticare l'umiltà. L'olio dà la luce; l'umiltà ha la luce di Dio; fa vedere Dio.
3. Considerate le api; volteggiano di fiore in fiore ed entrano in seguito nell'al­veare per fare il miele. Imitatele, cogliete dappertutto il succo dell'umiltà. Il miele è dolce; l'umiltà ha il gusto di Dio; fa gustare Dio.
4. Lavorate ogni giorno per acquistare l'umiltà. Quando si dimentica di innaf­fiare gli alberi appena piantati, questi muoiono; se dimenticate di praticare ogni giorno l'umiltà, l'albero della vostra anima si seccherà.
5. Vedete come un piccolo uovo nel mare diventa in poco tempo un grosso pesce. Abbiate cura di essere sempre piccoli con l'umiltà; diventerete grandi davanti a Dio. 6. Considerate la bestia: non cerca che il suo bene e quello dei suoi piccoli. Sia­mo i figli di Dio il quale non cerca che il nostro bene. Ecco perché ci fornisce le occasioni per praticare l'umiltà: sappiamo approfittarne.
7. L'umiltà ci conserva; una bella e buona cosa, abbandonata, si perde: anche l'anima, senza gli atti di umiltà, si perde».
III
«Margherita, santa Teresa mi ha dato quattro pratiche sulla pazienza:
l. Quando soffrite, pensate alla vostra debolezza, alle vostre miserie, pensate che un piccolo nulla come voi non merita che di soffrire. Guardate Gesù nella sua Passione: soffrirete tutto con amore, voi lo ringrazierete.
2. Al fine di conservare la pazienza nella prova, considerate Gesù sulla Croce. Tutti lo ingiuriavano, tutti si burlavano di lui e dei suoi dolori; egli sopportava tutto in silenzio. Una figlia di Teresa deve soffrire con pazienza, in silenzio. Tutto pasa.
3. Nelle vostre sofferenze, pensate che glorificate Dio. Sulla terra, il Signore fa tutto per voi: voi soffrite tutto per Lui. Pensate alla sua gloria; pensate anche che la santa Vergine sarà vostra Madre.
4. Pensate che dopo le sofferenze, le umiliazioni, sarete in cielo. Oh! allora, qua­le non sarà la vostra gloria, la vostra gioia!».
IV
«Margherita, san Luca mi ha dato due pratiche sulla verginità:
1. Conservate con cura il profumo della verginità. Quando un liquore profumato è messo in un vaso, si chiude il vaso al fine di non fare evaporare il profumo. Fate così per la verginità; custoditela ben chiusa, e riprenderà il suo profumo in cielo.
2. Custodite la verginità come gli alberi conservano la loro linfa. Occorre mol­to tempo agli alberi prima che portino frutto. Dio sarà il frutto della verginità in cie­lo e sulla terra.
La verginità è come una luce vicino a Dio nel cielo».
V
«Margherita, san Giuseppe mi ha dato cinque pratiche sulla carità fraterna:
1. Pensate alla colomba: ella si toglie il cibo dalla bocca per darlo ai suoi pic­coli. È così che dovete essere caritatevoli per tutte le vostre sorelle: dimenticatevi, privatevi per gli altri.
Se agirete in questa maniera, Dio lo considererà come fatto a se stesso.
2. Guardate i pesci nel mare: vanno insieme in gruppi numerosissimi; marciate così insieme con la carità.
3. Considerate le bestie prive di ragione. Quando una tra loro corre un pericolo, le altre l'avvertono. Soccorretevi così le une con le altre.
4. Guardate le stelle: considerate come brillano e come fondono la loro luce, al fine di produrre tutte insieme una grande luce; producete così insieme, perfetta­mente unite, una grande luce di edificazione.
5. Guardate i bambini appena nati: li si nutre con il latte; crescono a poco a po­co grazie alla carità che si esercita nei loro riguardi; in seguito, mangiano per cre­scere maggiormente, per potere camminare. Per mezzo della carità, dovete nutrirvi le une con le altre, confortarvi e fortificarvi a vicenda».
VI
«Margherita, Gesù mi ha dato cinque pratiche sul silenzio:
l. Il giorno passa, la notte trascorre senza rumore, trascorrono in silenzio. Con­servate, anche voi, il silenzio; passate sulla terra in silenzio per trovare la gioia in cielo.
2. Quando l'acqua sgorga dalla sua sorgente, sgorga senza rumore, senza intor­bidirsi; scorre poi in silenzio: praticate così il silenzio.
3. Quando si piantano le erbe, le piante, i roseti, si lasciano radicare in silenzio, crescono in silenzio; spandono il loro profumo in silenzio; cadono, muoiono in si­lenzio; fanno tutto in silenzio: fate lo stesso.
4. L'uva si lascia cogliere in silenzio; si lascia gettare nel torchio e pigiare in si­lenzio; è allora che il vino è dolce. Il buon frutto diventa dolce grazie al silenzio: praticate il silenzio.
5. Imitate il legno; si lascia tagliare in silenzio; si lascia dipingere del colore che si vuole in silenzio; si lascia bruciare in silenzio. Lasciatevi umiliare in silenzio; la­vorate, soffrite, fate tutto in silenzio. Il silenzio preserva per il cielo».
Questi insegnamenti della novizia estatica facevano infuriare Satana. Egli otten­ne il permesso di tentarla anche durante l'estasi. La suora lo raccontò alla Beata: «Margherita, il demonio mi ha detto: Hai parlato troppo, non sei sola. Io ho ri­sposto: ma sì, qui sono sola insieme a Margherita; non ho parlato troppo, parlerei ancora; Gesù lo vuole, è Lui che mi ha detto di continuare. Lascia l'abito; da reli­giosa sarai sempre malata; ti si dovrà sempre curare. Ebbene, se mi si cura, lo si farà per l'amore di Gesù e Lui sarà glorificato. Vattene nel mondo, e avrai un por­tamento da gran signora. Per tutta risposta mi sono burlata di lui. Va nel mondo, farai del bene ai poveri, invece qui, ti si fa l'elemosina: restare religiosa è umi­liante. Vattene, Satana, non otterrai niente. Come l'uva dà il vino quando è rin­chiusa nel torchio dove la si pressa, io voglio rimanere rinchiusa per dare a Dio il vino della purezza. Spogliati; nel mondo, potrai fare molte penitenze, potrai segui­re la tua volontà. Vattene, Satana, io obbedirò; Gesù è stato obbediente fino alla morte».
«Margherita, voglio raccontarti ciò che Satana mi ha detto ancora: il mio marti­rio all'età di tredici anni, è stato il più grande colpo che io gli abbia inferto. Sata­na, non ama il martirio. Mi ha dunque detto: Se avessi potuto sapere ciò che tu sa­resti diventata, avrei strangolato te, tua madre e tutti i tuoi familiari. Egli mi ha parlato così, Margherita, ma io, io sono niente; sono solo miseria, debolezza, nul­la, è Gesù che ha operato in me. Satana mi ha anche rimproverata di essere fuggi­ta e di essere, con ciò, la causa della desolazione dei miei parenti. Avrebbe voluto farmi credere che avevo commesso una grande colpa, gli ho risposto di aver agito sotto ispirazione divina e che Gesù e Maria avevano fatto tutto. È vero, Margheri­ta, che io, senza Gesù, mi sarei persa da molto tempo. È Gesù che mi ha chiamata, ritirata dal mondo. È Maria che ha vegliato su di me. Mi ama tanto, Maria! Mi la­mentavo un giorno con questa Madre di non essere morta all'epoca del mio marti­rio. Mi consolò dicendomi che sarei diventata martire d'amore». «Margherita, voglio recitarti la mia preghiera a Maria: Tu eri vergine nel mon­do, oh! Maria. Chi avrebbe mai pensato che saresti diventata Madre di Dio? Sei la Madre di Dio, per la Tua umiltà. L'angelo del Signore è apparso a Maria per annunciarle la sua maternità divina. La Vergine, illuminata dalla luce potente di Dio, si umiliò pensando che Colui il quale ha creato il cielo e la terra stava per diventa­re suo Figlio. L'angelo parlava spesso alla Vergine Maria, e ogni volta che l'ange­lo parlava, Ella si umiliava. Oh Maria! quanto sei umile e amabile nella Tua umiltà!
Maria era anche un modello di fede. Oh! quanto la fede di Maria era gradita al Padre celeste! Grazie alla sua fede faceva crescere Gesù in Lei tutti i giorni. Se noi avessimo questa stessa fede, Gesù crescerebbe anche nel nostro cuore. A motivo della sua fede e della sua umiltà, Maria non si sentiva degna di diventare la Madre di Dio.
Sulla terra, i bambini non possono nascere senza una madre: e vengono alla lu­ce per mezzo di una donna. È anche per mezzo di una donna che noi entriamo in cielo, e questa donna, è Maria. Dio apre il cielo grazie al Frutto di Maria. Dopo il peccato, gli uomini aspettavano il Frutto di Maria, di questa Vergine dolce, umile e santa. Sii benedetta, Maria, sii benedetta!».
Passando in seguito a consigli di altro ordine, ma tutti nutriti della linfa evange­lica, suor Maria di Gesù Crocifisso, sempre in estasi, aggiunse: «Un'anima, chia­mata da Dio alla vita religiosa, dice: Voglio farmi religiosa per seguire Gesù, per praticare l'umiltà, per morire a tutte le cose e a me stessa. Il demonio viene; spin­ge quest'anima a curarsi per potere osservare la Regola. Se l'anima ascolta questa prima tentazione, Satana continua i suoi attacchi nello stesso senso. I desideri ter­reni penetrano impercettibilmente nello spirito di questa religiosa: trova che non è abbastanza vestita, abbastanza nutrita; crede che le altre sono curate meglio di lei. Cacciate questi pensieri, non pensate a voi, lasciate che i superiori pensino per voi. Sì, io dirò tutto. Vai via, Satana, non c'è nessuno qui, non c'è che Margherita. Vai via, non voglio niente da te, non ti conosco. Per essere una buona religiosa, biso­gna annientarsi; bisogna assolutamente assomigliare a un essere senza vita, a un ba­stone. La buona religiosa si accontenta di poco; non si lamenta mai; crede sempre che si faccia troppo per lei.
Il demonio cerca, dopo la professione, di ispirare idee ambiziose. Si desidera es­sere consigliera, poi sottopriora, poi priora. Una volta ottenuto il primo posto, si vuole essere amata; non si è soddisfatta fino a quando non ci si sente dire: Mai ab­biamo avuto una simile madre! Quante vittime di questa vana gloria vi sono all'in­ferno! Non credetevi capaci di occupare un posto qualunque, ancora meno il pri­mo. Se Gesù permette che tu venga elevata, non ti rattristare, resta in pace. È sufficiente avere una grande fede, perché tutto vada bene nella comunità. Gesù fa tutto per una superiora che vive di fede, senza preoccuparsi di cose inutili. Annien­tati, sparisci interiormente; sii dolce, buona per le figlie che Dio ti ha dato. Imita in tutto Gesù, per fare imitare Gesù. Non desiderare i complimenti; le lodi passano. Tutto passa. Fin quando sei superiora, credi sempre di essere nulla. Sii buona, con semplicità e fiducia in Dio. Accostati a Dio sempre con umiltà. Un'anima che vive di fede e di semplicità, si conserva come la luce nella notte. Man mano che lasce­rete tutto sulla terra, troverete tutto nel cielo».
Tali sono gli insegnamenti semplici, graziosi, sublimi e pratici che la novizia dettò, senza alcun dubbio, durante la sua estasi ininterrotta di un giorno e mezzo. Ritornata in sé, non ricordava nulla di ciò che era successo. Il suo primo grido fu: «Madre mia, da dove vengo? Dove sono? Mi dica ciò che ho fatto».
A questa raggiante estasi seguì una tristezza mortale; l'espressione del suo viso cambiava in ogni istante, a volte diventava tutta nera. In preda a una vera ossessio­ne, si dibatteva tra le mani delle consorelle. La reliquia della santa Croce e la sola parola obbedienza bastarono a calmarla in quel momento. Ma gli attacchi si molti­plicavano e diventavano sempre più forti, bisognò ricorrere alla potenza del sacer­dote. Il Superiore della comunità fu chiamato e la sua presenza trionfò su Satana ma un'ora dopo la sua partenza, mentre si cercò di far prendere un po' di cibo a que­sta vittima, il demonio tornò alla carica gettando degli spilli nella porzione servita­le, allo scopo di soffocarla. L'infermiera, che li vide, li tolse: essi erano neri e ri­curvi come uncini. Il demonio ne gettò altri e la novizia ne ingoiò uno che restò infilzato nella gola: impossibile strapparlo. La suora soffriva un vero martirio. La Madre Priora allora le disse: per i meriti della santa Croce, getta lo spillo, e lo spil­lo cadde subito a terra. Alle tre, le condizioni della novizia migliorarono immedia­tamente, così come lei aveva predetto, e il suo viso divenne raggiante; tutta la co­munità ringraziò Dio per la sua liberazione. Quanto all'umile fanciulla, ringraziava
. soprattutto Gesù per essere stata vista così da tutta la comunità: «Dio mio, grazie, diceva, d'aver fatto conoscere la mia miseria; se non mi avessi custodita, avrei ce­duto a tutte le tentazioni che i miei peccati hanno attirato su di me»; poiché, nella sua profonda umiltà, attribuiva tutto ciò che le andava accadendo alle sue colpe, al­la sua natura corrotta, e si stupiva della carità delle suore nei suoi confronti.
La Chiesa celebrava le Quarant'Ore; entravamo in Quaresima, durante la quale il prodigio delle stimmate doveva rinnovarsi, secondo la promessa della santissima Vergine.
CAPITOLO V
Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla Quaresima del 1868 fino all'epoca della possessione
Riportiamo a questo punto l'apprezzamento di Madre Elia sulla sua novizia, espresso nelle note prese su questo argomento per ordine del vescovo di Bayonne e del superiore del Carmelo, dal momento del suo ingresso al Carmelo di Pau. Ed è proprio da questi appunti che abbiamo preso i fatti relativi a questo periodo del­la vita di suor Maria di Gesù Crocifisso.
«Per quanto mi è possibile, assumo il linguaggio della nostra suorina, per ren­dere con più esattezza lo stato di quest'anima. Confesso tuttavia che il mio compi­to è difficile e che questa relazione è spoglia del fascino legato alle parole e alle azioni della novizia e che dà tanto interesse ed espressione a tutto ciò che lei dice.
Sento di non fare il suo ritratto che a metà. Occorrerebbe un'altra penna più esercitata per fare conoscere questa bella anima: la sua ingenuità, la sua semplicità, la sua umiltà, la sua generosità, la sua carità, il suo amore per Dio e per il prossi­mo, la sua costanza nel lottare contro il suo avversario che la perseguita senza po­sa, il suo amore per la vita nascosta, comune, ordinaria. Bisogna vederla e seguir­la per farsi un'idea giusta di questa figlia. Tutto ciò che accade in lei di straordinario, sia nel passato che nel presente, viene da Dio? Non tocca a noi giu­dicarne; ma tutto ciò che possiamo dire è che, se lo spirito di Dio non ne fosse l'au­tore, la nostra novizia ci sembrerebbe più degna di ammirazione nel potere, sotto l'azione del demonio, restare fedele al suo Dio, piena di speranza in Lui, umile e piccola con se stessa, non cercando mai la stima delle creature, non volendo, in ogni cosa altro che la volontà di Dio e la sua più grande gloria. Ho ben sondato i suoi sentimenti e mai lei ha deviato dal suo cammino, il quale è quello di un'ani­ma piena di rettitudine che cerca solo Dio». Ma continuiamo il nostro racconto.
Il Mercoledì delle Ceneri, suor Maria di Gesù Crocifisso chiese ed ottenne di po­ter praticare la Regola, sapendo che non avrebbe più potuto durante la Quaresima. Infatti, l'indomani, soffriva talmente ai piedi e alle mani, che le era impossibile muoversi.
Ecco la sua preghiera del mattino: «La mia preghiera, diceva, era con Gesù nel deserto. Entrandovi, ho visto la terra spoglia, gli alberi secchi. Nel momento in cui Gesù è apparso, la terra si è rivestita di verde; gli alberi si sono coperti di foglie, di fiori e di frutti. Gli animali hanno riconosciuto il loro Dio, gli uccelli hanno canta­to perché percepivano la tristezza di Gesù. Tutta la creazione cercava di rallegrarlo e desiderava custodire Gesù. Ogni creatura studiava il modo per fargli piacere, so­lo le pietre erano insensibili. Né la luce, né il calore, né la rugiada, né la pioggia potevano fare loro del bene. Gesù diceva guardando le pietre. Peccatori, ecco la vo­stra immagine. Io vi mando l'acqua della mia grazia, e voi non ne approfittate più delle pietre. . Le anime fedeli dicevano a Gesù: Signore, donaci lo spirito di pre­ghiera, alfine di potere guadagnare anime che ti serviranno come la terra ti serve nel deserto. Signore, siamo nude, rivestici del tuo amore; conservaci sempre nella tua presenza, alfine di potere sempre cantare le tue lodi per far gioire il tuo cuo­re: facci produrre fiori e frutti per la Chiesa.
Gesù stette quaranta giorni nel deserto senza bere ne mangiare: digiunava per noi. Gesù aveva fame e sete di anime; piangeva, e mentre le lacrime scorrevano sul suo viso, diceva: Poveri peccatori, non entrerete in cielo, se non vi convertirete. Ge­sù mi ha mostrato nel deserto alberelli carichi di frutti e mi ha detto: Guarda que­sti piccoli alberi e osserva come l'odore dei loro frutti profuma questo deserto: so­no l'immagine dell'anima umile e piccola ai suoi occhi. Guarda, invece, quegli alberi alti, non hanno che frutti cattivi e anche l'odore dei loro frutti è cattivo: raf­figurano l'anima orgogliosa.
Gesù mi ha detto ancora: Guarda queste due persone: una è stimata da tutti; possiede tutti i doni della natura; è bella, ricca. Si compiace di se stessa; ricerca i piaceri terreni, ma agli occhi di Dio la sua anima è brutta. L'altra è povera, ma­lata, disprezzata; ma il suo cuore è sempre con me, cerca solo di compiacermi, di fare la mia volontà. Oh! quanto è bella e ricca quest'anima ai miei occhi! quale gloria l'attende in cielo!
Sentivo Gesù dire ancora: Peccatori, non vi chiedo perché avete peccato, ma perché non vi convertite affatto. Non guardo più il vostro passato, solo che venia­te a me. Mio Padre ha creato per voi il cielo e la terra; venite, vi salverò.
Gesù nel deserto pregava, pensava a noi, alle nostre debolezze. Vedendo Gesù piangere, tutti gli animali si fermavano vicino a Lui per piangere con Lui. Questa compassione degli animali aumentava la tristezza di Gesù, perché vedeva le bestie più sensibili degli uomini».
Le sofferenze della novizia crescevano continuamente. La trasportarono in infer­meria. Nel passare là vicino, le suore respiravano un profumo soavissimo che il suo corpo emanava; il suo velo e il suo mantello spandevano lo stesso profumo. Duran­te la notte i dolori furono atroci. L'indomani, primo venerdi di Quaresima, verso le sei del mattino, il sangue cominciò a stillare dalle mani e dai piedi; la corona di spi­ne perfettamente disegnata attorno alla testa, stillò anch'essa sangue in abbondanza in due riprese, così come la piaga del costato. A mezzogiorno, il sangue si fermò ma le piaghe rimasero aperte. Diventavano più profonde ogni settimana fino a Pasqua.
Indichiamo qui una volta per tutte il modo in cui si formavano le stimmate. Il mercoledì sera o il giovedì mattina di ogni settimana di Quaresima, le sofferenze
della suora raddoppiavano di intensità; si vedeva in seguito una vescica grossa quanto la testa di un chiodo, apparire sulle mani e sui piedi; la vescica scompariva all'apertura delle stimmate per riformarsi otto giorni dopo. Dal sabato fino al mer­coledì seguente, le piaghe non facevano che stillare sangue.
li sabato della prima settimana di Quaresima, malgrado le sue vive sofferenze, suor Maria chiese ed ottenne di essere trasportata nel coro, al fine di potersi comuni­care. Vide due angeli che assistevano il sacerdote sull'altare. Nostro Signore le ap­parve sopra il calice, sotto le sembianze di un incantevole bambino. Con le sue pic­cole mani, benediceva le suore. Tutto ad un tratto, lo vide crescere fino a prendere la statura di un uomo: si offriva al Padre per le anime. Questa visione la rese felice; avrebbe voluto tuttavia capire come Gesù fosse allo stesso tempo in cielo e dovunque vi fossero ostie consacrate: Che questo mistero non ti stupisca, le disse il Signore, la luce naturale non è dappertutto contemporaneamente? E perché l'Autore della luce non potrebbe essere, con il suo Sacramento, contemporaneamente in diversi luoghi?
Le estasi, durante tutta la Quaresima, furono quotidiane. Santa Teresa, san Gio­vanni della Croce e molti altri santi, la santa Vergine e nostro Signore stesso la vi­sitarono. Allorquando la Madre di Dio le appariva, la sua gioia era più grande: «O Madre mia, diceva, quanto sei bella, quanto sei bella! Non sono degna di essere tua figlia, sono la tua serva, la tua umile serva».
Santa Teresa le fece capire che, se in ogni monastero ci fossero tre religiose ri­colme del vero spirito della vocazione, Dio, grazie ai loro meriti, avrebbe usato mi­sericordia alle consorelle e risparmiato persino le città in cui si fossero trovati si­mili tesori.
Le stimmate aperte riempivano suor Maria di confusione. Un giorno che sup­plicava Nostro Signore di farle scomparire, Gesù le rispose: Guarda i frutti che si producono sotto terra: crescono e nessuno gioisce alla loro vista. Guarda, invece, un roseto esposto agli occhi di tutti: produce boccioli che diventeranno belle rose il cui profumo investe tutti coloro i quali vi si avvicinano; questo profumo non è per il roseto, bensì per gli altri, il roseto non ha per sé che sterpi e spine. Allo stesso modo, scelgo certe anime per essere glorificato in loro; i doni esteriori che accor­do loro non sono per se stesse, ma per gli altri; queste anime non conservano che la sofferenza, la quale è come la spina della rosa, ma dopo che avranno molto sof­ferto, faranno come la rosa che si schiude, spanderanno il mio soave profumo e an­dranno a fiorire nel cielo.
Guarda, le disse ancora Gesù, il frumento: si semina il grano nella terra, mar­cisce, muore e poi spunta, la spiga si forma all'estremità del gambo grazie alla mia potenza e coloro i quali la vedono ammirano la provvidenza di Dio e la sua bontà. Né la spiga né la rosa crescono grazie a loro stesse, hanno bisogno della terra per nutrirsi, del calore del sole e della rugiada per crescere; allo stesso modo un'ani­ma non può, per sé stessa, fare niente per Dio. È Dio che lavora in lei, che si glo­rifica in lei, che cresce in lei nella misura in cui l'anima si eclissa, scompare e si annienta.
Questo linguaggio le fece comprendere che il Salvatore non voleva esaudirla. Senza scoraggiarsi, si rivolse allora alla santissima Vergine ma anche Maria, sempre conforme alla volontà del suo Gesù, rifiutò. La novizia ricorse a santa Teresa: «Ma­dre mia, le disse, perché introdurmi nel tuo Ordine, se non mi ottieni di praticare la Regola? Da quando ho preso l'abito, sono sempre malata; se non mi guarisci, mi si dovrà mandare via e tu sarai la causa del mio rientro nel mondo». Dicendo queste parole, sembrava facesse il broncio alla Santa. La lotta tra la madre e la figlia fu lun­ga e santa Teresa finì per cedere. «Sarò guarita a Pasqua, sarò guarita a Pasqua, esclamò la suora tutta gioiosa: la mia madre Teresa me lo promette da parte di Dio. Dopo una breve convalescenza, spero di poter fare seriamente il mio noviziato».
I due primi venerdi di Quaresima, suor Maria era nel suo stato solito, quando le stimmate si aprirono: impossibile esprimere la sua pena e la sua confusione nel­l'essere vista dall'infermiera. Scongiurò la Priora di lasciarla sola durante gli altri venerdì. Quella, che non voleva che la novizia supponesse l'aspetto soprannaturale del suo stato, le rispose: Sei un'orgogliosa! Desideri essere sola il venerdì, perché costa al tuo amor proprio di essere vista così. Ebbene! voglio, per tua umiliazione, che tutte le suore siano presenti quando questa malattia si mostrerà di nuovo. II ter­zo venerdì della Quaresima, la sua maestra la sorvegliava durante la Messa. Al mo­mento della Elevazione, la novizia ebbe un rapimento. Subito il sangue colò in ab­bondanza dalla sua testa, dalle sue mani e dai suoi piedi. Dopo il ringraziamento, la comunità si recò in infermeria per essere testimone del prodigio. Era la prima vol­ta che tutte le suore riunite contemplavano le sue stimmate. Si credettero trasporta­te su un nuovo Calvario: guardavano in silenzio, con il cuore pieno di una emozio­ne indefinibile, con gli occhi pieni di lacrime. Si fece entrare il Superiore della comunità per constatare il prodigio. Egli posò un dito su una delle sue piaghe: a questo semplice contatto, tutto il corpo della novizia tremò. La benedisse e subito la suora esclamò sempre rapita: «La parola di Dio è scesa su di me». Durante que­sta lunga estasi, ella parlava del nulla della vita, dell'accecamento dei peccatori, del­la perdita delle anime, dei malanni della Chiesa: «Signore, diceva singhiozzando, abbi pietà di noi! Santa Vergine, allontana le disgrazie che ci minacciano. Prega per la Chiesa. Verrà ben presto la guerra; come pregherò per la Chiesa!».
Il 16 marzo, così raccontava la sua estasi, che era durata tutta la giornata: «Ve­devo, diceva, Gesù su una strada; egli lasciava, dietro di sé, camminando, una gran­de luce che illuminava le anime fedeli. Seguendo Gesù e la sua luce, si evitavano le spine, l'acqua, il fuoco e i serpenti. II Salvatore camminava sempre e svelto. Mol­te persone si erano messe al suo seguito ma ben presto la maggior parte si fermò. Ce n'era tuttavia un numero abbastanza grande che continuava a camminare dietro di Lui: esse godevano della luce, mentre quelle che si erano fermate non vedevano più che tenebre. Vedendomi a metà cammino, mi fermai un istante per riprendere fiato; Gesù sembrava aspettarmi vedevo la sua luce. Ma, quale non fu la mia con­fusione, quando scorsi un gran numero di anime che venivano a raccomandarsi al­le mie preghiere! Non sapendo che fare, entrai in una chiesa, aprii il tabernacolo con un'ardire che mi fece meraviglia; depositai nel ciborio tutte le preghiere che mi erano state richieste e aspettai. Gesù comparve, prese il ciborio pieno di queste pre­ghiere e lo vuotò nelle sue mani; gli Angeli attinsero dalle sue mani adorabili le gra­zie ottenute con queste preghiere e andarono a portarle a tutte quelle anime».
In un'altra estasi, santa Teresa le disse che non era contenta, perché si era trop­po occupata di sé; aggiunse che le sue figlie devono dimenticare se stesse per pen­sare ai peccatori; rassomigliare ai bambini che lasciano ai loro genitori la cura di tutto ciò che li riguarda. Se un'anima, disse, pratica il disprezzo di se stessa e se cammina dietro alle altre, sarà grande ed innalzata nel cielo.
Un altro giorno, ella disse, sempre in estasi: «Ho preso il santo abito qui, ma non vi farò la professione: pronuncerò i miei voti nelle Indie. Resterò a lungo novizia. Padre Elia, tu lo sai, che andrò a piantare laggiù la rosa di Teresa».
Passando in seguito a consigli più pratici, aggiunse, sempre nel rapimento: «La mia Madre Teresa era fedele nelle piccole cose. Le anime sbagliano spesso cercan­do di fare delle grandi penitenze. Tutto ciò non è niente se non si è fedeli alla Re­gola. La Regola di Madre Teresa è così saggia! è tutta contro natura. La Regola è la nostra madre. Ci sembra qualche volta che se non facciamo più della Regola, ag­giungendovi qualche cosa di straordinario, non ci salveremo: è un errore. Ecco ciò che mi ha detto la santissima Vergine: Se una suora assolve tutti i punti della Re­gola senza aggiungervi niente, va diritta in cielo. Se un'altra suora, facendo più della Regola, non ha il vero spirito della Regola, non andrà diritta in cielo. Prati­chiamo la Regola, tutta la Regola, con il vero spirito della Regola e otterremo tut­to da Dio. Lo Spirito della Regola è tutto lo spirito della Croce.
È bene essere disprezzata, non essere che niente; è bene stare nella tristezza sul­la terra per essere glorificata nel cielo. Ogni anima che cerca il disprezzo sulla ter­ra, avrà la gioia nel cielo. Tu, o anima, non sarai sempre disprezzata, non sarai sem­pre sofferente, sempre povera; la prova non è fatta per durare sempre. Cerca dunque le occasioni di umiliarti. Se ti si rimprovera di fare ogni sorta di male, ringrazia. Tutto passa sulla terra, non vi resterai sempre. Raccogli meriti ogni giorno. Ogni volta che sarai disprezzata, che ti si mortificherà, che si frantumerà la tua volontà, rallegrati: tutto ciò vale per il cielo.
Quando nostro Signore è venuto sulla terra, ha posto san Giuseppe sopra di sé, per poter obbedire; voleva così farci capire il merito dell'ubbidienza. Padre Giu­seppe! Madre Teresa, scoprirete che non avete sofferto abbastanza. Mille anni di sofferenze non sono niente, poiché noi saremo in seguito per sempre in cielo. Feli­ce l'anima che soffre!».
La vigilia delle Palme, ella diceva in estasi: «Tutto passa. Mio Dio, copri con la tua misericordia i poveri peccatori. Se comprendessero la tua parola, se conosces­sero la tua presenza nel tabernacolo, se si ricordassero che tutto passa, si converti­rebbero. Poveri peccatori! Chi fa tutto per voi? È Dio; sì, è Dio che vi fa crescere, che vi dà la salute, le ricchezze. Perché offendere colui che vi dà tutto? Peccatori, andate a Dio, ascoltate la sua parola».
Alcuni istanti dopo, aggiungeva, rivolgendosi alla Chiesa: «Chiesa Madre mia, rosa mistica, io ti amo. Spirito Santo, scendi sulla Chiesa, sui sacerdoti, illumina i figli della Chiesa».
Scorgendo Gesù esclamava: «Ti saluto, ti saluto, o mio Gesù, ti adoro, ti amo, ti do tutto ciò che ho, mi dono a te per il tempo e per l'eternità».
Entriamo nella grande settimana giustamente chiamata dalla Chiesa la Settima­na Santa. La domenica delle Palme, il divin Maestro non le fece più sentire la sua presenza; ella fu in preda all'angoscia, circondata da tenebre e come abbattuta sot­to il peso dell'iniquità del mondo. Si comprendeva, guardandola, che condivideva i tormenti interiori dell'agonia di Gesù. Il suo sbigottimento era estremo, le sue pa­role smorzate. Diceva: «La mia anima dorme; i serpenti sono pronti per divorarmi. Tutte le bestie, tutti i nemici mi attendono per farmi del male, per uccidermi. Si­gnore, risvegliati col tuo amore. Sono in un sentiero stretto e pieno di buchi: Si­gnore, tienimi, sto per cadere nel fuoco, nell'acqua. Ho paura di cadere: Signore, sostienimi. Tutti i mali mi circondano: Signore tienimi; traimi dalla neve; soffro, sono ghiacciata: riscaldami col tuo amore. Sono nella notte; rischiarami con la tua luce. Signore, tu sei la mia speranza, la mia gioia, la mia felicità. Spero in te, spe­ro in te».
Le apparve santa Marta. Suor Maria le disse: «Marta, guarda il tuo Maestro pre­gare, offrire tutto a suo Padre, fare con gioia il sacrificio della sua vita per salvare le anime. Marta, Gesù cammina; vede le anime dormire, vede i peccatori perdersi. Marta, sto per dirti ciò che Gesù mi ha mostrato: mi ha mostrato cinque sentieri. Nel primo, vedo le anime che dormono di un sonno profondo e pesante. I serpenti circondano queste anime. Gesù grida loro: Svegliatevi, altrimenti le bestie vi divo­reranno. Nel secondo sentiero, vedo le anime come sprofondate in un abisso; per uscire da questo abisso, Gesù presenta loro un'unica scala: la scala della sofferen­za, ma queste anime non hanno il coraggio di salire per questa scala. Nel terzo sen­tiero, vedo le anime cadere nelle fosse; un po' di vento e perfino un po' di fumo ba­sta per gettarvele: è il vento, è il fumo della vanagloria. Nel quarto sentiero, vedo una montagna di neve e delle anime tuffate in questa neve; esse hanno perduto la carità. Nel quinto sentiero, vedo le anime tutte occupate di fiori, di piaceri, e dietro ad esse, vedo il fuoco che le segue, che sta per raggiungerle».
Il Giovedì Santo, alle due del pomeriggio, sudò sangue. Un profumo delicato, emanava da questo sangue e i lini di cui ci si serviva per asciugarlo, conservavano questo stesso profumo. Un po' più tardi, pati il supplizio della flagellazione. La Prio­ra e due suore, che erano presenti, sentivano in maniera distinta i colpi di frusta che si abbattevano su questa vittima. Tutte le circostanze della Passione passarono sot­to il suo sguardo durante la notte: il suo corpo e la sua anima parteciparono a tutti i dolori, a tutte le angosce del suo adorabile Maestro. L' indomani, anniversario del­la morte di Gesù, le suore ebbero nella sua persona una rappresentazione al vivo del sacrificio della croce: il sangue scorreva da tutte le sue stimmate. Una volta lavate, si constatò che la carne era talmente trasparente nel posto dei piedi e delle mani, che da esse si scorgeva la luce.
Il Sabato Santo, ella si rallegrò e pregò a lungo con santa Maria Maddalena; cantò l'Alleluia con questa santa e con una folla di altri santi che vennero a visitar­la. Tanto amabile con le sue sorelle quanto lo era con gli abitanti del cielo, ella ri­cevette, con la più viva allegrezza l'Alleluia che le suore le portarono, alla fine del­la sua estasi. Le era impossibile stare in piedi. Ma non appena la Priora le ebbe ordinato di alzarsi e di recarsi nel coro, si alzò subito e andò a cantare l'ufficio.
Le sue forze ritornavano lentamente; ella poté tuttavia lasciare abbastanza pre­sto l'infermeria. Il suo desiderio sarebbe stato di poter praticare la Regola ma No­stro Signore le fece ancora capire che ella non lo avrebbe potuto realizzare a lun­go, per essere mantenuta nell'umiltà. Non essendo esaudita su questo punto, scongiurò Gesù di toglierle almeno quel sonno che la tormentava tanto. Il divin Maestro non l'ascoltò nemmeno in questo: i suoi rapimenti continuavano ad essere frequenti, soprattutto nel coro. Quasi tutte le sue notti trascorrevano nell'estasi. Ella non teneva in alcun conto questi favori, considerandoli come una infermità che il Signore le dava in espiazione dei suoi er­rori. Giammai ne avrebbe parlato se non gliene fosse stato fatto un ordine.
Le sue colpe, ecco ciò che lei amava confessare: quelle le avrebbe urlate dai tetti. Nel mese di maggio, il Carmelo ricevette la visita di Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, il quale fece una esortazione alle suore nella sala del capitolo. Poi il pio Prelato parlò della sublimità del santo sacrificio della messa. Le suore che erano ac­canto alla novizia si accorsero, dopo alcuni istanti, che ella lottava per non andare in estasi, ma fu invano: fu rapita e restò in questo stato fino a quando sua Eccel­lenza ebbe finito di parlare; una sola parola della Priora la fece ritornare in sé. La sua confusione fu estrema: «Avrei preferito morire, disse alla Priora, piuttosto che essere vista durante il mio sonno». Le confessò che, mentre Monsignore parlava, Nostro Signore si era presentato a lei tutto straziato e coperto di piaghe e che era stata questa vista che l'aveva fatta uscire di sé.
Suor Maria era stata incaricata dalla Priora di adornare l'eremitaggio dedicato a Nostra Signora del Monte Carmelo. Niente poteva esserle più gradito. Tutto ciò che c'era di più bello e di più fresco nella natura era per la sua Madre del cielo. Ogni giorno approfittava del primo momento libero per passarlo ai piedi della santissima Vergine. Il 24 maggio di quell'anno 1868, molte suore si erano recate in questo ere­mitaggio per recitare il rosario, trovandovi la piccola novizia che pregava col suo solito fervore. Il suo cuore si infiammava e sembrava traboccare d'amore; era rapi­ta e prorompeva in trasporti: «O amore, o amore», esclamava. Si intrattenne prima con san Paolo, in seguito con una religiosa: «Di quale ordine sei?» le disse la no­vizia con un fare del tutto disinvolto. Sono dell'Ordine di Santa Maria, rispose questa. Dimmi il tuo nome, riprese suor Maria. La sconosciuta rifiutò. La novizia insi­stette e, per farla decidere a dirlo: «lo ti dirò, per prima, il mio nome, affinché tu mi dica il tuo: sulla terra, io mi chiamo la peccatrice, in cielo sono la figlia di Ma­ria dell'Amato Bene». Il loro colloquio durò alcuni istanti senza che la sconosciu­ta desse risposta su questo punto, poi vennero altri santi e sante, ma colui che la no­vizia cercava non era là ed era Gesù che le occorreva, era lui che ella chiamava: «Mio Amato Bene, dove sei? Chi ha visto il mio Amato Bene? Io l'ho cercato e non l'ho trovato. Mio Amato Bene, io cammino, io corro, io piango, non ho trovato il mio Amato Bene. O Gesù, mio Amore, non posso vivere senza di te! Dove sei, Amato Bene? Chi ha visto il mio Gesù? Chi ha trovato il mio Amatissimo? Tu lo sai, Amore mio, tutta la terra è niente senza di te, tutta l'acqua del mare non baste­rebbe a ristorare il mio cuore». Attirato da simili accenti, Gesù si mostrò, trafisse il suo cuore e lo inebriò di gioia e di sofferenza. In ginocchio, gli occhi fissi sull'u­nico oggetto della sua tenerezza, ella sollevò il santo abito nel posto del cuore, gri­dando: «Basta, basta, o Gesù, non ne posso più; morirò di dolore e di rapimento». Un istante dopo, aggiunse con un sorriso celestiale: «Chi ha consolato il mio cuo­re? Tu, Amato mio Bene. Chi l'ha ristorato? Tu, Amor mio». Pregò in seguito per il Santo Padre, per i cardinali, per i vescovi, per tutto il clero, per i re, per i magi­strati, per il popolo, per gli Ordini religiosi, in particolare per la comunità. Scor­gendo santa Teresa, le gridò: «Madre Teresa, Gesù ha trapassato il mio cuore!». Mai, nel suo stato ordinario, parlò di questa grazia; per lungo tempo lavò in se­greto la biancheria che le serviva per asciugare la piaga sanguinante del suo costa­to. Sorpresa un giorno durante questa operazione, dovette confessare tutto alla Prio­ra. Sembrando le sue sofferenze più vive che nel passato, vi si applicarono delle bende e ci si accorse che il sangue vi aveva impresso una croce molto chiara leg­germente inclinata sulla sinistra, ai piedi della quale si vedevano due segni, nei qua­li sembrava abbastanza chiaro di leggere una O e una J, forse: O Jesus!
Satana domandò a Dio il permesso di provare la novizia come un altro Giobbe e ottenne di possedere il suo corpo per quaranta giorni. Questa possessione fu an­nunciata a suor Maria non molto tempo prima. Durante l'ottava di Nostra Signora del Monte Carmelo, le sembrò che Nostro Signore la mettesse in una prigione mol­to oscura: Io ti vedo, ciò basta, le diceva il Salvatore, resta là senza dire niente. La santa Vergine, a sua volta, venne a immergerla come in un lago circondato da ser­penti e le disse: Io sono tua madre, sono io che ti metto in quest'acqua; non ti muo­vere. Tu non mi vedrai, ma io veglierò su di te.
La novizia parlò a santa Teresa della sua futura prova, annunciata da Gesù e da Maria: «La mia buona Madre mi ha detto che non la vedrò affatto per quaranta gior­ni. Mi ha detto ancora che devo entrare in un sentiero tenebroso, pieno di fosse e di serpenti e che, entrandovi, sarei tutta insanguinata. Ha aggiunto che un piccolissi­mo numero di anime passa per questo sentiero. Gesù mi ha assicurato che tu stes­sa, o Madre mia, non vi sei mai passata. In mezzo alle tue tentazioni, a tutte le tue aridità, a tutte le tue prove, tu hai potuto sempre pronunciare il nome di Gesù nel profondo del cuore ed esprimerlo con le labbra, mentre io, una volta che sarò in questo sentiero, non potrò dire e fare niente di simile. Gesù sta per dare a Satana il potere di tormentare il mio corpo per quaranta giorni: soffrirò molto. Il demonio non avrà potere che sul mio corpo; la mia anima sarà nascosta. Gesù mi ha pro­messo di chiuderla in uno scrigno, dove Satana non saprebbe raggiungerla. Il de­monio mi farà commettere molti errori all'esterno, senza che io pecchi; la mia vo­lontà non sarà per niente consenziente. Somiglierò ai bambini nei quali la ragione dorme e che sono perciò incapaci di qualsiasi peccato».
«Satana vorrebbe essere il mio padrone; ha chiesto il permesso di provarmi. Ge­sù e Maria mi custodiranno, e così, cercando di farmi cadere, il demonio mi farà crescere davanti a Dio. Sì, sì, Satana, io diventerò più grande agli occhi di Dio, gra­zie alla tua malizia. La Madre mia ti ha schiacciato la testa, anche io ti vincerò, con Maria e con Gesù. Santa Vergine, accordami di poter pronunciare il nome di Gesù, come la mia madre Teresa, durante questi quaranta giorni». Maria rifiutò: «Ebbe­ne, riprese la novizia, la volontà di Dio!». Un istante dopo riprendeva: «Che possa almeno dire: Signore, abbi pietà di me!». Maria rifiutò ancora: «Accetto dunque tutto, esclamò questa mirabile vittima; mi offro a tutto ciò che il buon Dio vorrà. Comprendo che se potessi dire queste parole, non soffrirei abbastanza. Gesù vuole che io soffra senza consolazione. Berrò il calice come Gesù, e ancora non ne berrò che una goccia, mentre Gesù l'ha bevuto tutto intero!». L'orazione si svolse così, poi ella ritornò in se stessa. L'indomani, rivide la sua buona Madre in una nuova estasi, ed anche santa Teresa. Suor Maria parlò ancora con la santa Vergine del sen­tiero nero, della piccola porta che vi dava accesso e dove si leggevano solo parole che esprimevano l'intensità delle pene che doveva sopportarvi. Poi la Regina delle Vergini le disse: Quella che ti tiene la mano avrà l'autorità per farti obbedire. Ma­dre Elia` la teneva effettivamente, ma la suora non vedendola, rispose alla Santa Vergine: «Mia buona Madre, io sono sola con te, nessuno mi tiene la mano...».
Si avvicinava mezzogiorno; la novizia sembrava comprendere che il momento della separazione arrivava. Le sue espressioni erano brucianti d'amore verso Maria ma la sua pena di non vederla più durante i quaranta giorni era molto viva... «Do­menica, diceva (era l'indomani), sarò nel mare della prova. O mio Dio, offro tutto per la Chiesa, per il Santo Padre, per la comunità, per tutto l'Ordine, per i sacerdo­ti, per i parenti delle suore, per le anime del Purgatorio. Quando sarò nell'acqua, non potrò né dire, né fare alcunché. O mio Dio, io offro oggi con amore tutto per te, in unione con Gesù».
A mezzogiorno, ritornò in sé ed impiegò la fine della giornata ad assolvere i suoi piccoli doveri di novizia. La sera, durante l'orazione, nostro Signore le si presentò, le mise sulla spalla una enorme croce e si ritirò. Il peso di questa croce le fece pro­vare vivi dolori. Il collo e la spalla gonfiarono; non poteva più fare alcun movi­mento. Lo disse alla sua maestra, così come la promessa che Nostro Signore le aveva fatto di chiamarla a sé prima della fine della prova, se non avesse potuto sop­portarla fino alla fine: «lo credo, Madre mia, aggiunse, che non potrò arrivare al quarantesimo giorno, perché non sono che debolezza. In questo caso, mi farà fare la professione, prima di morire?» Madre Elia le rispose: Spero che la Madre Prio­ra, e le suore del capitolo ti accordino questa grazia, perché tu muoia sposa di Gesù.
Suor Maria vedeva avanzare verso di lei come un involucro nero nel quale do­veva entrare. La domenica mattina rivide la grande croce che Nostro Signore le ave­va dato la vigilia avanzare verso di lei e posarsi sulla sua spalla. Alle dieci, vide co­me uno scrigno nel quale doveva essere rinchiusa. Ancora due ore e questa possessione straordinaria comincerà: «lo devo combattere, aveva detto in estasi, no­ve re e nove nazioni, prima di arrivare alla cima della montagna dove si trova Ge­sù», indicando, con queste parole, la sua possessione da parte di nove successive legioni di demoni.
CAPITOLO VI
La possessione 26 luglio - 3 settembre 18684
L'ora era arrivata: la lancetta segnava mezzogiorno sul quadrante. Il viso di suor Maria di Gesù Crocifisso si fece scuro, un leggero tremito agitò le sue membra: il demonio era già entrato. Che cosa balbetta? esclamò attraverso la bocca della pos­seduta, sentendo recitare l'Angelus. Oh! come siete nere! Getta per terra la corona del rosario dicendo: Che cosa sono tutte queste sciocchezze? Imbecille, aggiunse ri­volgendosi a una suora che baciava il suo crocifisso, tu baci un pezzo di legno. È Gesù, rispose la suora, è il buon Dio. Non c'è Dio, urlò Satana. Dove è la piccola Araba? Andate a cercarla.
La posseduta battè con forza sul suo corpo: domandò un coltello per tagliare i brutti segni (le stimmate). A un certo momento, si girò verso una religiosa che ave­va assecondato la sua natura in una cosa di minima importanza: «Tu, le disse, tu non sei nera come le altre, perché hai mancato ad un atto di comunità. Ciò è bene per me. Non seguite la comunità; domandate sempre delle cose particolari». Si alzò un istante dopo e si diresse verso la porta del chiostro: «Andiamo, andiamo, esclamò, seguitemi tutte, andate nel mondo, uscite da questa brutta casa, venite a godere dei piaceri della terra». Alla vista della Priora esclamò: «Chi è questa vec­chia donna? Io non la conosco». Il gran silenzio suonò; ella parlò più che mai, e spinse le altre ad imitarla. Tentò di allontanare le suore incaricate di assisterla, men­tre si sforzò di trattenere quelle che il dovere chiamava altrove. E raccomandò so­prattutto di non fare niente di ciò che diceva la vecchia donna (la Priora).
Questa prima legione di demoni diceva: Noi non siamo cattivi, noi; non siamo che dei piccoli sudicioni; quelli che verranno dopo di noi lo saranno molto di più. Per otto giorni, il Maestro (Dio) ci ha obbligato ad obbedire alle due vecchie (la Priora e la Maestra delle novizie). La settimana prossima, occorrerà un sacerdote per fare obbedire quelli che verranno, e la terza settimana, solo le maniche violet­te (il vescovo) potranno sottometterci.
Non si lasciò la novizia un solo istante, perché i demoni non cercavano che di ucciderla. La si trascinava, malgrado resistesse, alle istruzioni del rito, predi­cato dal Rev. abate Manaudas, Superiore del Gran Seminario di Bayonne. La pa­rola di Dio irritava il demonio al di là di ogni espressione; spesso, egli inter­rompeva il predicatore, soprattutto quando costui l'interpellava. No, no, esclamava, tutto ciò non è vero; questo vecchio mente; io lo schiaccerò; ed ac­compagnava queste minacce con i gesti più espressivi. Il sacerdote non era af­fatto spaventato da queste grida. Alla fine dell'istruzione, egli faceva avvicina­re, in nome dell'obbedienza, la posseduta alla grata; comandava al demonio di uscire da quel corpo e il demonio era obbligato ad obbedire dopo molte resi­stenze. La suora, liberata un istante, diceva tutta in lacrime: «Padre mio, dove sono? Padre mio, il buon Dio mi ha abbandonato. Io non amo più né Dio né la santa Vergine. Tutti mi hanno abbandonata, perfino le suore». L'abate Manaudas le rivolgeva parole consolanti e l'incoraggiava: «Padre mio, lei riprendeva, io voglio sempre soffrire, io non voglio offendere Dio. Se io potessi un poco amar­lo, sarei contenta». Tu l'ami, sorella mia, le diceva il sacerdote; fa' un atto d'a­more con me; ed ella ripeteva, come un bambino, ogni parola pronunciata dal­l'abate Manaudas. Ma aggiungeva subito: "Io mento, Padre mio, io mento", e il demonio entrava di nuovo nel suo corpo. Ella si alzava allora con fierezza, tene­va testa al sacerdote, batteva col piede la terra, e quando costui chiamava suor Maria di Gesù Crocifisso, il demonio gridava: Non c'è; non verrà. Se il demo­nio era forzato ad uscire ancora nel nome di Gesù, era per rientrare quasi im­mediatamente.
Durante questa prima settimana, la legione dei demoni annunciò anzitutto ciò che doveva accadere fino alla fine della lotta. Essi confessarono che non poteva­no pronunciare la parola giovedì, a causa dell'istituzione dell'Eucarestia, e che era loro proibito di riunirsi dal giovedì al venerdì sera a causa del mistero della Redenzione: Ogni sera, dicevano, noi rendiamo conto al nostro capo delle vitto­rie: colui che ne ha riportate un più grande numero comanda su tutti l'indoma­ni. Satana avrebbe voluto turbare il sonno della comunità. Una notte esso mandò grida spaventose; la sua intenzione era di fare mancare al silenzio ma non poté riuscirvi, e il sacerdote gli ordinò di tacere da allora in poi durante la notte.
Questo sentimento di odio investiva soprattutto la vita della posseduta. Ella sfuggì, un giorno, alla sorveglianza delle suore e si gettò, da molti metri di altez­za, in una riserva piena d'acqua. La caduta avrebbe dovuto, se non ucciderla, al­meno provocarle gravi ferite. E non si fece tuttavia alcun male, per una protezio­ne speciale della santa Vergine, cosa che Satana stesso fu forzato a confessare.
Durante la ricreazione, si conduceva questa povera vittima in giardino. Il de­monio temeva, al di sopra di tutto, il romitaggio del Monte Carmelo, ove Gesù le aveva accordato tante grazie. La posseduta non voleva avvicinarvisi, e ancor meno entravi: occorreva l'ordine intimato dai superiori per trionfare delle sue re­sistenze. Non appena toccava la soglia di questo romitaggio, il demonio la lasciava. La si vedeva, inondata di lacrime, lamentarsi con Maria di averla abban­donata. Ma Satana ritornava presto, e subito esclamava: Usciamo di qui, uscia­mo di qui!
La lotta durava da otto giorni. Secondo la sua predizione, la suora fu liberata la domenica e poté confessarsi e comunicarsi: «Ero in un mare nero, diceva; ora posso un po' sollevare la testa; vedo tuttavia sempre lo stesso mare davanti a me, e avanza, e avanza. E non ho alcun buon sentimento, sebbene mi sia comunica­ta». L'abate Manaudas domandò di parlarle; ella discese nel parlatorio per rice­vere i suoi incoraggiamenti e i suoi consigli ma la parola di Dio non penetrava nella sua anima; la stessa tristezza continuava a regnarvi. Si recò nel coro per re­citare le Ore minori. Alle otto, mentre finiva l'antifona della santissima Vergine, mandò un forte grido: la legione era appena rientrata nel suo corpo. L'attacco fu terribile e soltanto alle undici e tre quarti questa prima legione la lasciò.
Questa vittima di Gesù non ebbe che un quarto d'ora di respiro: a mezzogior­no entrò la seconda legione. Ci si accorse subito che questi nuovi venuti erano più potenti e più cattivi dei primi. L'abate Manaudas poté tuttavia liberarla per alcu­ni istanti, nel nome di Gesù, e farle fare numerosi atti di rassegnazione e d'amo­re. La giornata fu cattiva; solo lo scapolare di Madre Elia aveva il potere di cal­marla. Dopo tre ore, ritornò tranquilla e ne approfittò per fare degli atti d'amore verso Dio e di carità verso le consorelle: «Mio Dio, diceva, io voglio sempre sof­frire, visto che Tu sei contento», e con una amabilità incantevole, aggiungeva, ri­volgendosi alle sue compagne: «Sono tanto miserabile, non merito che si faccia qualche cosa per me! Siete troppo buone! Sento che pregate, che tutti pregano per me».
Se Gesù aveva abbandonato il corpo di suor Maria a Satana, gli aveva nello stesso tempo proibito di dire o fare qualcosa contro la purezza. Durante l'attacco più forte, le sue gambe si scoprirono un poco e il demonio gridò subito: Coprite la piccola Araba; il Maestro ci ha proibito di fare alcunché contro la modestia, perché lei non ha mai peccato su questo punto. Noi non abbiamo che il potere di cercare di ucciderla. Questa cattiva Araba, io la annienterei, diceva Satana; avrei voluto soffocarla nel seno di sua madre. Più avanza in età, più la mia rabbia au­menta, soprattutto a causa dei suoi segni (le stimmate). Datemi uno dei suoi oc­chi, uno delle sue dita, ed io riempirò d'oro una delle vostre celle.
Satana avrebbe voluto impedirle di mangiare, per farla morire, ma Madre Elia trionfava su questo punto sullo spirito infernale. Esso usava tuttavia largamente del permesso di tormentare il suo corpo: si sarebbe detto che delle unghie di fer­ro fossero passate sulle membra della vittima. Il suo corpo era agitato come un'acqua che il vento solleva. Le sue grida erano spaventose, le sue sofferenze or­ribili. Le sue forze si decuplicavano, impossibile tenerla. La parola del sacerdote aveva in quel momento una grande potenza sulla posseduta. Ella baciò con amo­re una stola che era stata posata su di lei a diverse riprese durante la crisi: «Que­sto, ella disse, è un indumento della mia santa madre Chiesa». Per ordine del sacerdote, come abbiamo precedentemente detto, il demonio conservava il silenzio durante la notte; però si ripromise di vendicarsi della vio­lenza che gli era imposta. Si rallegrava della prossima partenza dell'abate Ma­naudas. Avendolo le suore avvertito, costui proibì al demonio, in nome di Gesù, di fare alcunché durante la sua assenza. Esso fu costretto ad obbedire.
Satana rendeva suor Maria ora sorda, ora muta; i superiori non avevano che da dirle: Per obbedienza, parla; per obbedienza, senti e la novizia parlava e sentiva. Dov'è l'Araba? diceva di tanto in tanto il demonio furioso. Se potessi rag­giungerla, che gioia! lascerei in pace tutta la comunità.
Si voleva costringere il demonio a parlare in latino: No, no, disse, io non vi ac­consentirò mai; questa maledetta lingua mi fa molto soffrire, è contro di me. In­sultava le suore, insultava la Priora, insultava soprattutto Madre Elia, a causa del­la potenza che ella aveva ricevuto dall'alto per combatterlo. Cercava di soffocare la sua vittima, facendole inghiottire spilli e frammenti di vetro. La vigilanza del­le suore preveniva tali incidenti; e se non si poteva impedirli, la sola parola ob­bedienza bastava per farle rigettare questi oggetti diabolici.
Nei rari e brevi istanti di respiro che Satana le lasciava per ordine di Dio, la novizia emetteva delle grida sublimi: «Soffrire, diceva, fino alla fine del mondo, o mio Dio, se è la tua volontà! Soffrire sempre ciò che tu vorrai! Io non desidero che piacerti! Gesù, fammi compiere la tua Volontà!». Un coraggio cosi eroico au­mentava la rabbia del diavolo. Gridava, urlava, si torceva, malediva; la vista del sacerdote lo metteva fuori di sé: Datemi un capello della piccola Araba, diceva all'abate Manaudas, e me ne vado. Io non sono che niente, rispondeva costui, il Salvatore è il suo unico maestro; non un capello cadrà dalla sua testa senza il permesso di Dio. Quest'atto di umiltà fece tacere il demonio.
Il venerdì della seconda settimana della possessione, Satana rifiutava di obbe­dire: Io non mi sottometterò, gridava, né in nome dell'obbedienza, né in nome di Gesù Cristo. Nessuno ha il diritto di comandarmi. Io sono il padrone; io annien­terò la piccola Araba. È vero, disse l'abate Manaudas, noi non siamo che niente, che peccato; ma io sono sacerdote di Gesù Cristo: in nome di Gesù Cristo, ti or­dino di obbedire; e si prostrò insieme a tutte le suore. Satana fu vinto; egli con­fessò la sua disfatta: Mille come voi non mi avrebbero sottomesso; quest'atto di umiltà abbatte tutta la mia potenza.
Il Signore obbligò il demonio a scoprire, attraverso la bocca della posseduta, le astuzie che esso impiega per perdere le anime religiose: Io ho fatto cadere, dis­se, una religiosa in Inghilterra; e appartiene a noi dall'altro ieri. Secondo la no­stra tattica abituale, quando noi facciamo l'assedio di un'anima consacrata a Dio, cominciamo a tentarla su piccole cose. Siamo riusciti a farle credere che non era amata dalla sua superiora allo stesso grado delle altre. La gelosia che essa provava l'ha spinta a scrivere di nascosto delle lettere nel mondo. Ha finito per desiderare di uscire alfine di potersi sposare. Quante anime, in religione, noi prendiamo nelle nostre reti, suggerendo loro il pensiero che le si giudica buone a niente, che non le si ama! Ne conquistiamo altre con la curiosità, col desiderio di tutto vedere, tutto conoscere. Se quelle che hanno pronunciato le tre cattive pa­role (i tre voti), andassero a trovare la vecchia donna (la Priora), e facessero ciò che ella dice, noi perderemmo tutto. Allorquando non si guarda in lei che la crea­tura, e le si obbedisce solo perché la si ama, noi non perdiamo niente. Trionfare di un'anima che ha pronunciato le tre cattive parole, per noi, è più che essere pa­droni di una città intera.
Fin qui Satana aveva tentato inutilmente con la violenza di spaventare l'abate Manaudas e le suore; egli ricorse allora alla lusinga: Quanto siete gentili! disse alle suore, quanto siete sante! Quale moltitudine di anime salvate con le vostre penitenze! Tutta la comunità si prostrò, e il demonio dichiarò che perdeva tutto con quest'atto di umiltà.
La domenica, 2 agosto, a mezzogiorno, la posseduta aprì diverse volte la boc­ca, come per far passare qualche cosa; ritornò in sé per alcuni minuti: «Dove so­no, disse, mi sembra di aver fatto un sogno. Ero immersa nell'acqua: tutti i pesci, tutte le bestie mi divoravano; i miei peccati ne sono la causa. O Gesù, sempre sof­frire per te! Io non sono degna di soffrire! Vedo l'acqua nera che ritorna. Madre mia, esclamò rivolgendosi a Maria, aiutami, l'acqua è là». Una nuova legione sta­va per prendere possesso del suo corpo.
1 demoni tormentavano con tutti i mezzi il corpo di questa vittima. Il Salvato­re aveva promesso a Satana di consegnargliela, se egli riusciva a farle dire una so­la volta nel suo stato ordinario: «Signore, basta con le sofferenze!». Quello spiri­to infernale si riteneva sicuro della vittoria. Quaranta volte tentò di farle pronunciare queste parole, spiegando contro di lei tutta la sua rabbia; quaranta volte l'eroica vittima esclamò, tornata in sé: «Sempre più soffrire per te, o Ge­sù!» Satana domandò al Maestro di tentare, ancora a tre riprese, di farle dire al­meno queste parole: «Io soffro». Il Maestro gli promise di rinnovare la prova set­te volte. Satana fu vinto di nuovo. Malgrado tutto ciò che sopportava, la suora esclamò a sette riprese: «Io piango, o Gesù, di non soffrire abbastanza per te». Questo seguito ininterrotto di vittorie, riportate dalla novizia, indeboliva sempre più le forze di Satana e lo copriva anche di confusione. Le anime del Purgatorio, liberate per i meriti di suor Maria, durante questo lungo e spaventoso martirio, di­venivano sempre più numerose. Il demonio scongiurò il Maestro di lasciarlo par­tire, confessando a sua vergogna, di non avere più il coraggio di prolungare la lot­ta. Tu mi hai domandato, gli rispose il Salvatore, di possedere il suo corpo per quaranta giorni e non uscirai che dopo quaranta giorni. Davanti a questo rifiu­to, Satana domandò di provare, quattordici volte ancora, di farle dire queste pa­role: Gesù, liberami da Satana. Il Signore glielo accordò, ma il demonio fu vin­to come sempre. Alla fine di ciascuno dei quattordici assalti la suora esclamava invariabilmente: «Nient'altro che soffrire per Gesù». Il curato di San Martino di Pau, accorso per soccorrerla in questo combattimento, fu insultato dal demonio, che non riuscì a fargli lasciare il convento prima della fine della lotta.
Il 17 agosto, l'abate Manaudas che era stato a Bayonne per riferire tutto al ve­scovo della diocesi, Mons. Lacroix, ritornò al Carmelo di Pau, latore di una let­tera di Sua Eccellenza e munito di tutti i suoi poteri.
Ecco come Mons. Lacroix parlava a questa vittima di Gesù.
16 agosto 1868
Figlia mia, ti chiami Maria di Gesù Crocifisso, e questo nome è una grandissima grazia e un favore enorme: è la santissima Vergine che ha voluto che porti il suo nome, ed è Gesù crocifisso che si è degnato di darvi il suo e associarvi alle sue sofferenze. Quale attenzione, quale amo­re a vostro riguardo! Ma Maria, la madre di Gesù, è stata la madre dei dolori. Ha condiviso tutti quelli della sua vita, tutti quelli della sua Passione e della sua morte. Ha assistito a tut­to, tutto ha provato, tutto ha subito, tutto sofferto per Gesù, perché gli era intimamente e per­fettamente unita, volendo essere come lui e identificandosi completamente con lui.
Maria vuole anche averti con lei, vicino al suo divin Figlio e farti parte del suo calice, rendervi conforme a lui, perché questa conformità è il segno degli eletti e della predestina­zione. Gesù, che vi ha fatto per lui solo, vuole anche farvi vivere della sua vita di pene, di tentazioni, di lotte e di combattimenti contro il demonio e il peccato; ma egli vuole anche farvi vincere con la sua forza divina, come lui stesso ha vinto.
Dopo aver permesso le tentazioni del demonio contro di lui, egli le ha permesse lo stes­so contro di te, ma egli le vincerà in voi, come le ha vinte in lui. Egli li scaccerà, questi de­moni, come li scacciava nel corso dei suoi viaggi evangelici, ovunque essi si manifestavano. Egli li atterrerà, li ridurrà all'impotenza dopo averli umiliati e confusi. Gesù ha vinto l'in­ferno con la Croce; e i chiodi, che lo hanno attaccato a questa croce, hanno incatenato i de­moni, e la sua corona di spine è diventata una corona di gloria.
Oh, figlia mia, sii dunque sempre Maria di Gesù Crocifisso, io non voglio darvi altro no­me e non voglio che ve ne si dia altro. Che tutti vi chiamino col solo nome di Maria di Ge­sù Crocifisso.
Trovandomi occupato con doveri di obbedienza verso Gesù, non posso venire subito da voi e presso le vostre care suore di Pau, così come avrei vivamente desiderato; ma vi man­do un altro me stesso, il venerabile Superiore del mio Seminario, al quale io delego tutti i miei poteri, cioè tutti quelli che il divin Salvatore ha dato ai suoi Apostoli e ai loro succes­sori, quando ha detto loro: "Cacciate il demonio". Ed essi saranno molto obbligati ad obbe­dire al Maestro supremo. Fiducia dunque, figlia mia, intera fiducia. La vittoria è assicurata.
lo continuerò a pregare sulla montagna e con tutte le mie forze. Ogni giorno, tu sarai ac­canto a Gesù sull'altare, ogni giorno, io farò sprizzare su di voi il sangue di Gesù crocifis­so, e questo sangue adorabile vivificherà la vostra anima e la riempirà di grazie celesti.
+ Francesco, peccatore indegno, ma servitore di Gesù e tutto per lui.
Suor Maria di Gesù Crocifisso, liberata un istante, interruppe la lettura di que­sta stupenda lettera; e, con una emozione piena di umiltà: «Io non sono degna, dis­se, di ricevere una simile lettera; io non sono che peccato; c'è troppa carità per me». Ma il demonio la riprese, mentre l'abate Manaudas continuava questa lettu­ra e si mostrò molto irritato di ciò che il vescovo diceva contro di lui.
Di tanto in tanto, Satana annunciava, come nei giorni precedenti, che usciva dal
corpo della novizia per andare a tentare le anime. Quando era di ritorno, raccon­tava le sue prodezze: Questa mattina, diceva, ho spinto un Turco ad annegarsi; ho tentato di spingere allo stesso delitto una signora che suo marito rendeva infeli­ce: dopo alcune ore, vi sono riuscito.
Un religioso ci faceva molto male. Noi gli abbiamo insinuato di imporsi, al di fuori dell'obbedienza, delle penitenze corporali; egli ha ascoltato le nostre sug­gestioni, credendo di sentire la voce di Dio: ancora alcuni giorni ed egli è nostro.
Ho tentato la portinaia di un convento. Alfine di insinuarle disgusto per il suo lavoro, le ho detto: E che? tu sei venuta qui per pregare, per custodire il silenzio, per godere della solitudine, ed eccoti obbligata a parlare sempre! Domanda alla Superiora di toglierti da quest'ufficio. Ha prestato orecchio alla tentazione e ha pianto, ed io ho raccolto le sue lacrime.
Malgrado tutte le sue disfatte precedenti, Satana domandò a Gesù di poter ten­tare, cinque volte, di far dire a suor Maria: «Io non posso più parlare». Il Signore gli accordò questo permesso. All'ora indicata, iniziò la lotta. Si posò sulla vittima un pezzo della tunica di Pio IX. Togliete questa cosa, esclamò il demonio; è del cattivo bianco, e non riuscì a farle emettere il più piccolo lamento. Dopo ogni at­tacco del nemico, le parole della novizia erano sempre più belle: «Soffriamo, di­ceva, per la Rosa, la santa Chiesa, rompiamo questo corpo per Gesù. Fino alla fi­ne del mondo, soffrire ed essere disprezzata! Io desidero solo Gesù e la sua santa volontà. Non potrò dire di fare questa volontà che quando il mio corpo sarà spez­zato, cambiato, per così dire, in farina sotto la mola della sofferenza. Gesù ci ha dato questo corpo: frantumiamolo per lui».
Il demonio, vinto, fu obbligato ad umiliarsi davanti a tutta la comunità. La pos­seduta si mise in ginocchio, sul suo letto; il suo corpo era come piegato in tre par­ti; la sua testa sprofondava nelle sue spalle; i suoi denti battevano, le sue smorfie erano spaventose; i suoi pugni si alzavano fino al mento; le dita dei piedi erano strette e ricurve come delle grinfie. L'abate Manaudas subissò Satana con parole crudeli: Eccoti dunque, disse, spirito superbo! tu sei vinto da una bambina! Tu, il primo e il più bello degli angeli, come sei caduto in basso! umiliati, miserabile! A questa intimazione, Satana si curvò di più per nascondere la sua vergogna: Trema, disgraziato, aggiunse il sacerdote, Gesù è il tuo vincitore; e tutto il corpo della posseduta tremava come la foglia agitata dal vento: ella si prostrò completamente sul letto come per scomparire.
Tuttavia lo spirito maligno non si scoraggiava. Sollecitò dal Maestro la facoltà di provare, a venti riprese, di far dire alla suora: «Io soffro, io soffoco!» Ti per­metto, gli rispose Gesù, di aumentare fino a trenta. Cento demoni la tormentava­no insieme in modo veramente spaventoso: tutto il suo corpo era dilaniato. Co­raggio, dicevano fra loro i demoni, noi l'avrem; riusciremo a farle dire: Io soffro. Battiamo su questo corpo; laceriamolo. Dopo l'assalto, la suora disse: «Io do il mio corpo a Colui che me lo ha dato»; e, alzando la voce, aggiunse: «Mio Dio, sii benedetto!». L'infermiera le portò da bere: «Nessun sollievo», ella disse. Cominciò il secondo attacco: le ferite furono più profonde; la vittima gettò fiotti di san­gue dalla bocca; la legione infernale strappò urla e bestemmie. Dopo l'attacco, suor Maria disse: «Ora benedirò Dio»; e, con una voce più alta: «Sii benedetto, mio Dio!».
Il terzo assalto fu più forte del primo, il demonio ruggì più che mai e tormentò la vittima sempre di più. Fino alla fine del trentesimo attacco, i dolori e le be­stemmie andarono sempre aumentando. Ma, nello stesso tempo, niente di più toc­cante, di più pio, di più bello delle parole pronunciate, dopo ogni nuova lotta, dal­la novizia, che si univa a nostro Signore nelle circostanze della sua Passione. Citiamone alcune:
«Io unisco la mia voce a quella di Gesù nel giardino degli Ulivi. Sii benedetto, mio Dio!».
«Mi unisco a Gesù quando portava la sua croce nelle strade di Gerusalemme. Sii benedetto, mio Dio!».
«Unisco le mie sofferenze a quelle di Gesù tradito da Giuda. Sii benedetto, mio Dio!».
«Mi unisco a Gesù che cadde sotto il peso della sua croce. Sii benedetto, mio Dio!». Trenta assalti furono così successivamente consentiti, ma sempre la vittoria re­stava dalla parte di suor Maria, e Dio ricompensava questa vittoria trenta volte ripe­tuta: trenta anime di peccatori, morti in quel giorno dopo essersi riconciliati con Dio, grazie alle torture di questa eroica vittima, vennero a salutarla ed a ringraziarla.
I santi, la santa Vergine e Gesù stesso la incoraggiavano e la dilettavano con la loro dolce presenza.
Ritornata in sé, la novizia non sapeva che umiliarsi, annientarsi: «Io non sono niente, nient'altro che peccato... Tutto serve a qualche cosa sulla terra; le pietre stesse hanno la loro utilità; io, non sono buona a niente. Ma la vista del mio nien­te mi distacca da tutto, principalmente dal mio corpo; io vorrei che questo corpo fosse spezzato per Gesù. Non desidero che amare Gesù in silen o, osservare la Regola in silenzio. Mi sembra di uscire da un mare. Mio Dio, se tutto il mondo ve­desse i miei peccati come li vedo io! Io non posso comprendere come mi si cu­stodisca qui. Quale carità!».
Solo lo spirito di Dio può dettare un tale linguaggio.
Diceva a Madre Elia «...Desidererei soffrire fino al giudizio universale, tutta l'eternità, se fosse possibile. lo non potrò dire: Gesù, io ti amo, che quando il mio corpo sarà ridotto in putredine, in polvere, perché allora io non potrò più pecca­re... O Gesù, taglia, stronca, brucia tutto ciò che vorrai. Mio Dio, chi mi separerà da me stessa? Quando sarò tua, Gesù, per sempre? Oh! Madre mia, tutto è tristez­za sulla terra, tutto è tristezza!».
Scorgendo la Priora che venne a visitarla dopo il combattimento descritto pri­ma, le testimoniò la sua riconoscenza, e sorrise alle suore che non aveva viste, dis­se, da molto tempo. La sua gioia di ritrovarle fu grande; non poté tuttavia dissipare interamente il fondo di tristezza che restava nella sua anima. La novizia sentiva che la lotta non era terminata, vedeva l'acqua nera avvicinarsi di nuovo: «Guarda, Madre mia, guarda, l'acqua nera arriva», esclamò. La possessione ricominciava.
Le stesse scene si rinnovarono con raddoppiate sofferenze. Satana, attraverso la bocca della posseduta, raccontava le sue vittorie e le sue sconfitte:
Abbiamo appena trionfato, disse, di una religiosa, tramite la disubbidienza e la pigrizia.
Noi non amiamo l'unione nelle comunità; tutti i nostri sforzi tendono ad intro­durvi la discordia.
Le tre cose più potenti contro di noi sono: la carità, l'umiltà e l'obbedienza. C'è una religiosa, da qualche parte, che ci irrita molto; noi non possiamo vin­cerla su alcun punto. La battiamo, le facciamo avere la febbre, nevralgie atroci, è spesso nella impossibilità di camminare, e resta sempre fedele. È impossibile ave­re un minimo sopravvento su di lei. Ascolta la sua superiora, obbedisce al suo confessore. Siamo riusciti a mettere contro di lei tutta la sua comunità: invece di irritarsi e di scoraggiarsi, si è umiliata. La sua superiora stessa è stata contro di lei; ha ringraziato Dio, ed è stata ancora più felice.
Il demonio parlò in seguito di molte persone, sia nel mondo, sia nella vita reli­giosa, alcune delle quali lo ascoltavano, altre, invece, respingevano i suoi attacchi e sfuggivano alla sua rabbia.
Egli domandò al divin Maestro: Chi combatterà contro di noi? Non saranno, gli rispose il Signore, né i re, né i potenti; io vi batterò tramite un piccolo nulla. Ma chi è questo piccolo nulla? diceva Satana, sarebbe la piccola Araba questo piccolo nulla?
Nel giardino, il diavolo scuoteva, con forza, un albero carico di frutti. Glielo si volle impedire: Lasciatemi fare, disse Satana, non faccio alcun male. Il frutto cat­tivo, quello che comincia a guastarsi, cadrà, ma il buon frutto resterà sull'albero! Così noi scuotiamo il mondo: i cattivi cadono; i buoni restano.
Dopo aver tentato senza successo di farle pronunziare una parola di scoraggia­mento o di stanchezza, tentò di farla cedere a un sentimento di soddisfazione na­turale mettendole nella bocca, durante l'attacco, due pastiglie. Ritornata in sé, suor Maria le gettò dicendo: «Io non cerco le dolcezze, non voglio che il fiele con Ge­sù. È bene prendere il calice col Salvatore. Io amo Gesù con tutto il cuore e il pros­simo più di me stessa per Gesù».
Fra le confessioni di Satana, questa merita di essere menzionata: Da sei anni, di­ceva il demonio, noi tentiamo una carmelitana in Spagna. I due primi anni, abbia­mo fatto tutto per ispirarle antipatia per una delle sue compagne; l'abbiamo spin­ta a non parlarle, e nemmeno a guardarla, ma ha fatto il contrario. Il Signore ci ha permesso che fossero tutt'e due messe dai superiori nello stesso ufficio; proprio allora abbiamo soprattutto provato a farla spazientire: lei non ha mostrato che la più grande sopportazione, la carità più perfetta. L'abbiamo tentato contro la pu­rezza, contro la mortificazione, contro l'umiltà, e sempre senza successo. Le abbiamo insinuato di vedere più spesso la superiora, soprattutto il confessore e vi è andata più raramente. Abbiamo esaltato la sua virtù solida, che poteva fare a me­no di direzione frequente, ha fatto ricorso più spesso alla priora e al sacerdote. Quando noi le ispiriamo di domandare delle penitenze straordinarie, si contenta di quelle della Regola. Tentiamo di convincerla della sua santità? Confessa il suo or­goglio in presenza di tutte le suore. Questa miserabile ci schiaccia sempre.
Si avvicinava la fine della prova. Da parte sua, il vescovo di Bayonne non di­menticava questa vittima di Gesù. Tenuto al corrente delle diverse fasi di questa pos­sessione eccezionale, scrisse una seconda lettera a suor Maria di Gesù Crocifisso.
Il Vescovo di Bayonne alla serva di Gesù Crocifisso: Figlia mia, quando il Figlio unico di Dio è venuto, nella sua estrema carità, a salvare gli uomini e a distruggere l'impero del demonio che li aveva vinti e soggiogati, Egli si è presentato a questo terribile nemico, non nello splendore e nell'apparenza della sua potenza e della sua maestà infinita, ma nello stato più umile e più abietto, come l'ultimo degli uomini, l'uo­mo dei dolori e delle infermità, con un corpo straziato dalle frustate e solcato di sangue, con una corona di spine sulla testa, sospeso a una croce reputata infame, con i piedi e le mani inchiodati alla croce; ed è in questo stato che egli ha voluto misurarsi con il forte, armato di tutta la sua rabbia e sostenuto da tutte le potenze del mondo e dell'inferno; e ciò, dice san Paolo, e dopo di lui, san Leone, al fine di mostrare che ciò che vi è di più debo­le in lui in apparenza, è più forte di tutto, anche al fine di confondere per sempre il prin­cipe delle tenebre atterrandolo e spogliandolo, strappandogli tutte le sue conquiste e ridu­cendolo all'impotenza con i mezzi più semplici: con l'umiltà, con la sofferenza e lo spogliamento più completo.
Così l'Uomo-Dio ha voluto combattere e vincere il grande nemico del genere umano; allo stesso modo egli ha voluto combattere e vincere il paganesimo e tutti i persecutori della sua Chiesa; i tormenti e il sangue dei martiri sono stati lo strumento della sua vitto­ria; sì, l'umiltà, la pazienza, la conformità a Gesù crocifisso hanno salvato e fatto trionfa­re la Chiesa: sarà lo stesso sempre e sino alla fine. Le armi di Gesù devono essere le no­stre; ed è con queste stesse armi che noi vinceremo e che la Chiesa trionferà.
Dio sceglie dunque ciò che c'è di più debole nel mondo, ciò che vi è di più disprezza­to, per confondere ciò che c'è in questo mondo di più forte in apparenza, di più grande e di più elevato. È per la stessa ragione, figlia mia, che il divin Salvatore ha scelto proprio te, creatura ignorata, abietta, povera e abbandonata, per opporti al demonio e alle sue le­gioni infernali armate di rabbia contro la Chiesa: tu non sei che un nulla, e questo nulla basta per vincere tutti i demoni e renderli impotenti.
Tu vincerai di nuovo, fragile creatura, povero nulla, vincerai con la forza potentissima della croce di Nostro Signore Gesù Cristo, poggiata sul tuo petto; vincerai per Gesù cro­cifisso, tu, serva della sua croce; e questo Dio di gloria sarà di nuovo glorificato per mez­zo della tua debolezza e della tua ignoranza, divenute strumento del suo trionfo.
Coraggio dunque, o figlia mia, coraggio, o serva fedele di Gesù crocifisso, resta ferma e piena di fiducia fino alla fine. Gesù crocifisso è tutto potenza, tutto protezione e tutto gloria; occorre che tutto cada ai suoi piedi, che ogni ginocchio si pieghi davanti a lui in cielo, sulla terra e negli inferi.
O Gesù, mio Salvatore, combatti con la tua serva e per lei! O Gesù, salva la tua Chie­sa, proteggi il suo augusto Capo e tutto il gregge riscattato dal tuo sangue adorabile! Preserva la tua serva da ogni oltraggio e da tutto ciò che non sarebbe conforme alla tua vo­lontà e al tuo amore. Che esca dal combattimento con tutte le gioie e tutte le consolazio­ni della tua vittoria; che Maria sia con lei nella lotta; che tutto il Paradiso partecipi con lei; perché è per te e per te solo che combatte.
Trionfa, o Gesù, nella tua povera serva; noi ti benediremo per sempre.
Il tuo indegno ministro, ma, o Gesù, tuo servitore teneramente amato, tuo figlio, il fi­glio della tua misericordia.
+ Francesco, Vescovo di Bayonne.
Serva di Gesù Crocifisso, io ti benedico con tutte le benedizioni di Gesù crocifisso. Man mano che l'abate Manaudas avanzava nella lettura di questa lettera mirabile, il demonio manifestava una rabbia più grande. Che dice, questo miserabile? esclama­va; dice che la piccola Araba è il piccolo nulla? Ah! se io lo sapessi, la distruggerei. Era il 2 settembre 1868.
CAPITOLO VII
Ultimi giorni della possessione 3 e 4 settembre 1868
L' indomani, s'ingaggiò l'ultimo combattimento. Prima di lasciare il corpo della suora, Satana aveva ottenuto dal divin Maestro di farle subire cento nuovi attacchi, perché mandasse almeno un lamento. La prima lotta cominciò, e fu terribile. La vit­tima versò del sangue dalla bocca. Dopo l'assalto, disse: «Offro le mie sofferenze a Gesù e sono pronta a tutto ciò che lui vorrà, con piacere, con amore. Mio Dio, sii benedetto!».
Seguì immediatamente il secondo attacco. L'abate Manaudas accostò la croce alle labbra della suora, perché la baciasse. Il demonio vi sputò sopra bestemmian­do. Ritornata in sé, la suora disse: «Offro le mie sofferenze in unione con Gesù e con i martiri per il trionfo della Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Satana ricominciò: Preparate la bara, esclamò, preparate la bara; e sputò sul­la croce facendo delle contorsioni orribili. Noi siamo cento, siamo cento, urlava e abbaiava, e i suoi movimenti facevano tremare il letto. Dopo questo terzo assalto, suor Maria di Gesù Crocifisso disse: «Desidero soffrire, essere immolata, annien­tata, bruciata, fino alla fine del mondo, per il trionfo della Chiesa. Mio Dio, sii be­nedetto!».
Il demonio continuava a sputare sulla croce che il sacerdote gli presentava; la vittima sopportò un martirio indicibile, poi disse: «Mi unisco a Gesù sul Calva­rio, immolandomi con lui per la conversione dei peccatori. Mio Dio, sii bene­detto! ».
Il diavolo faceva i versacci all'abate Manaudas: Signor curato, gli disse sogghi­gnando, il tuo viaggio da Bayonne a Pau non sarà perso: domani, seppellirai l'A­raba. Io farò il mio dovere, rispose il sacerdote, se muore, la seppellirò. Ma no, non morrà, sei tu che sarai confuso da lei. Le grida della vittima erano spaventose, ma ben presto disse: «Offro le mie sofferenze con quelle di Gesù nella sua vita nasco­sta; le offro per i ciechi che non conoscono la Chiesa, perché essi giungano a que­sta conoscenza. Mio Dio, sii benedetto!».
Il demonio irrideva l'abate Manaudas e l'ufficio divino che egli recitava; tor­mentò in modo incredibile il corpo della vittima: Prima, disse, desideravo solo un capello dell'Araba, ora, mi occorre tutto il suo corpo. Sapete perché faccio tanto soffrire questa miserabile? Ah! perché, più tardi, sarà conosciuta da tutti, ed io non lo vorrei. Suor Maria continuò i suoi atti ammirabili: «Mi unisco a Gesù e Maria, offro le mie sofferenze per tutti quelli che sono contro la Chiesa, affinché siano per Gesù. Mio Dio, sii benedetto!».
Vedi, diceva Satana al ministro di Dio, lei non ne può più; non può parlare, e noi stiamo appena per cominciare la lotta; morirà prima della fine dei cento attacchi. «Io mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando andò a svegliare gli Apostoli addor­mentati; offro le mie sofferenze per i peccatori perché ritornino alla loro madre Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Aspetta, aspetta, esclamò il demonio, bisogna che io la soffochi, e simulando la vo­ce della novizia: Madre mia, ho male alle viscere; Madre mia, non ne posso più; so­no sfinita, Satana mi ha crivellato, e sghignazzava. Mi dia da bere, aggiungeva, e ri­gettava sulle suore l'acqua che gli si dava. Voglio, proseguì, strappare un occhio all'Araba. «Mio Dio, diceva suor Maria, unisco le mie sofferenze a quelle di Gesù nel giardino degli Ulivi, quando sudava sangue e diceva: Mio Dio, se è possibile, allonta­na da me questo calice! Tuttavia, sia fatta la Tua volontà e non la mia! Offro le mie sofferenze con quelle di Gesù per i peccatori e per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Ho fatto di tutto, esclamò Satana, per impedirle di parlare, ed ha parlato più forte. Si mise una croce sulla vittima; il demonio urlò a questo contatto, minacciò di mordere, di dilaniare; aggiunse beffardo: Signor curato, le religiose mancano al­la Regola restando qui, fatele uscire perché vadano ai loro compiti; anche tu, vat­tene. Bestemmiava contro le reliquie dei santi. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando Giuda venne a baciarlo per consegnarlo ai malvagi; mi unisco a Gesù per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Il demonio tormentava la sua vittima, soprattutto al petto; domandò di nuovo da be­re, gettò sulle suore l'acqua che gli era stata presentata, e si mise a ridere ed a soffiare. In seguito, spinse la posseduta a mordersi. E siccome la Madre Elia glielo im­pedì, il demonio disse ridendo: Vedete, vedete, questa vecchia ha un affetto parti­colare per la piccola Araba; e non ama voi altre, che avete fatto la professione tra le sue mani.
Satana tentò di colpire Madre Elia alla testa; urlava come le bestie e fischiava come una locomotiva. Bisogna, disse, che io rompa il corpo dell'Araba. Le soffe­renze della suora strappavano lagrime a tutti gli astanti. Dopo questa lotta la quale non è ancora che la dodicesima, la novizia disse: «Mi unisco a Gesù, quando i per­secutori lo beffeggiavano, l'insultavano, gli sputavano sul viso. Offro le mie soffe­renze per il trionfo della Chiesa e per tutti quelli che le vogliono del male. Mio Dio, sii benedetto!».
Sono il tentatore, esclamava il demonio, sono il tentatore. Poi, quando il Supe­riore della comunità, il Rev. P Saint-Guily, arrivò: Vattene, gli gridò Satana, con - questo vecchio (indicava l'abate Manaudas) e con il suo breviario. Io sono il tentatore, ripeté, semino dappertutto la divisione, faccio ciò che voglio.
Alla sedicesima lotta, il corpo della vittima tremava come una foglia; bastò un segno di croce del Rev. P Saint-Guily per fare cessare questo tremito: Noi trionferemo, esclamò Satana, e del vecchio (l'abate Manaudas), e del cattivo nascosto (l'a­bate Saint-Guily), e della manica violetta (Mons. Vescovo), e del cattivo bianco (il Papa). Danzeremo su di loro. Tolse il velo a una suora, dicendo: Strappo questo ve­lo, perché non amo la modestia, mi irrita. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando cadde la prima volta sotto il peso della sua croce; offro le mie sofferenze per i peccatori che cadono, affinché si rialzino con Gesù. Mio Dio, sii benedetto!».
Sono il padrone; andatevene tutti e due, esclama Satana rivolto ai due preti; e, con una ironia diabolica: Signor curato, informate di tutto la veste bianca (il San­to Padre), affinché la piccola Araba sia un, giorno canonizzata, e faceva le smorfie. Voltandosi dalla parte di M. Manaudas: Parti, aggiunse, ti si attende per comincia­re un ritiro; parti almeno domani mattina. Io non partirò, rispose costui Oh! il mi­serabile, esclamò Satana furioso, egli sarà presente domani, quando il Capo verrà! Dopo l'assalto, la suora disse: «Padre mio, mi unisco a Gesù che cade la seconda volta e a Maria che cera Gesù quando le sue ginocchia vengono straziate dalla ca­duta; offro le mie sofferenze per i sacerdoti, per i missionari che cercano le anime, io le offro, anche per i peccatori. Mio Dio, sii benedetto!».
Rispose in seguito al demonio, che le rimproverava le sue colpe: «Sì, non sono che peccato, ma spero nella misericordia di Dio; vattene, Satana!».
Un piccolo nulla, diceva il diavolo furioso, trionferà su noi tutti! È impossibile. Noi faremo tanto, che lei finirà per mandare un lamento; e tormentarono il corpo della vittima in maniera spaventosa. Dopo questa lotta, la diciottesima, la suora di­ceva: «Mi unisco a Gesù che cade per la terza volta; offro le mie sofferenze per i sacerdoti che combattono gli increduli, e per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Sempre vinto, il demonio domandò al Maestro di non continuare più la lotta. Gesù lo obbligò a continuare. Emise allora delle grida di disperazione.
Dopo l'attacco, la suora disse: «Hai un bel da fare, Satana; mi torturi, mi an­nienti, ma non fai che ciò che il Signore permette». Ben presto, esclamò il demo­nio, verrà Lucifero; brucerà il corpo dell'Araba. «Offro le mie sofferenze, disse la suora, per i nemici di Gesù, affinché essi lo amino come san Giovanni. Mio Dio, sii benedetto!».
E rivolgendosi al demonio: «Parla, Satana, io appartengo a Colui che mi ha crea­to. Non ti temo. Amo Gesù al di sopra di tutte le cose. Quand'anche tu mi schiacciassi la testa, che cosa importa questo? Altri la schiacceranno a te. È Gesù che ti permette di farmi soffrire; io sono contenta. Tu vorresti che io mi rivoltassi contro Dio? Il mio Maestro è il mio Signore, gli renderò gloria. Mi dici che egli mi ha abbandonato. Ac­cetto tutto ciò che egli vorrà; voglio solo soffrire ed essere disprezzata».
Satana interpellò l'abate Manaudas: Hai sentito, gli disse, la piccola Araba? Sì, ho sentito, rispose costui, suor Maria di Gesù Crocifisso. No, no, riprese il diavolo, non la chiamare con questo nome: chiamala la piccola Araba. Se solo fosse come voi! Ma non sa né leggere, né scrivere. Io tento inutilmente di farle emettere un lamento. La novizia, ritornata in sé, disse: «Mi unisco a Gesù quando gli si asciugò il viso adora­bile; offro le mie sofferenze per i peccati del mondo. Mio Dio, sii benedetto!
Satana, tu mi chiami miserabile; sì, io sono miserabile a causa dei miei peccati, e non perché Gesù ti ha consegnato il mio corpo. Gesù è il Bene stesso, fa il bene; tu sei il male, tu fai il male. Se il Maestro volesse che tu mi tentassi due anni, e per­fino diecimila anni, e perfino di più, io accetterei. lo non desidero affatto le estasi. Sai che cosa desidero? Soffrire ed essere disprezzata».
Il diavolo fu costretto a dire: Sapete perché la piccola Araba parla così? perché essa è forte? Perché cammina al seguito del Maestro. La suora diceva: «Con Gesù, io mi unisco a tutte le anime che soffrono sulla terra; io offro tutto per i peccatori. Mio Dio, sii benedetto!
Tu credi, Satana, che io ho bisogno di vedere Gesù? Tu credi che, senza di ciò, io non abbia forza? Senza che io veda Gesù, la sua forza sarà in me. Tu, Satana, sei debole; guai a quelli che ti seguono! Dici che sei grande: mostra la tua grandezza. Sei venuto per ingannarmi, per farmi cadere! Grazie alla preghiera ed a Gesù, i tuoi attacchi non servono che a farmi salire più in alto. So di non essere che debolezza, ma spero nella misericordia di Dio».
Perdo tutto, perdo tutto, esclamò il demonio con disperazione, vado a domanda­re al Maestro di non tentarla più. La posseduta cadde come morta. Ma Satana fu presto di ritorno. Il Maestro mi ha detto, aggiunse il diavolo, di tentarla finché vorrò.
Dopo questo attacco, la suora disse: «Satana, tu mi tenti contro la Chiesa? Io amo la Chiesa, è mia madre! Essa ti schiaccerà la testa. Tutti i tuoi attacchi contro di lei sono necessari per dimostrare la tua malizia e la tua debolezza. Le tue tenta­zioni ci danno la luce. Tu dici che il Santo Padre morirà martire? Sarà martire del­l'amore, perché egli riterrà di non aver fatto niente per Gesù. Tu sarai sotto di lui, la tua testa sarà sotto i suoi piedi. La mia madre Chiesa non cadrà; sarai tu, Satana, a cadere. Sei caduto una volta dal cielo; da allora, cadi sempre. Se gli uomini ti ve­dessero, giammai ti seguirebbero. Tu cerchi di causarmi fastidio? Io sono contenta. Tu tenti di scoraggiarmi? Io ho fiducia in Dio. Da sola, io non sono che un picco­lo niente; con Gesù, io sarò al di sopra di te. Tu vedi come io mi burlo di te. Gesù sarà la mia luce. Gesù sceglie i deboli. Giacché sono debole, egli mi ha scelta».
Il demonio esclamò: Tutto ciò che la piccola Araba ha detto, è menzogna. Non ha forse affermato che, se mi si vedesse, nessuno mi seguirebbe? Ebbene, tutti mi vedono, e tutti mi seguono. E il Maestro, venuto sulla terra per dare l'esempio, per tracciare la via, tutti l'hanno visto e nessuno lo segue. Dopo questo ventiquattresi­mo attacco, la novizia fece più volte su di sé il segno della croce e disse: «Mio Dio, sii benedetto!
Tu credi, Satana, che io dia importanza al mio corpo? Portami tutto il tuo fuo­co, gettalo nel mio cuore; strappa questo cuore, è di Gesù Cristo. Tutto ciò che fai soffrire non è gran cosa; noi non restiamo sempre sulla ,terra; oggi, siamo sulla ter­ra; domani, non ci siamo più. Desidero essere crocifissa alla croce, come il mio Be­ne Amato. Tutte le mie sofferenze, paragonate a quelle di Gesù, non sono niente. Distruggi questo corpo. Sono pronta a risponderti: non sono io che ti rispondo, è Gesù.
Restare cento anni con Gesù, senza mangiare niente, mi nutre più che mangiare mille anni con te. Sì, con Gesù, sono ben più nutrita che con tutto ciò che tu offri. Tutto ciò che io soffro è niente. Satana, io ti vincerò con Gesù. Credi che, a moti­vo del mio corpo, abbandonerò il mio Amatissimo? Ho lasciato tutti i piaceri della terra. Non dire che la tua grandezza è la causa delle mie prove. È il Maestro che, con mia grande gioia, ti ha permesso di farmi soffrire. Io non sono che polvere. Ma tu, se sei qualche cosa, parla. Vuoi sapere chi mi ha insegnato tutto quello che di­co? Sei tu, con le tue tentazioni. lo sono pronta a ricevere tutto per Gesù. Rideva.
Satana, sei caduto in piena luce; noi, cadiamo per debolezza. Chi segue la luce? Il cuore retto. Se tu fossi giusto, non saresti caduto. Non hai vergogna di ripetere sempre che sei giusto? Mi faccio beffe di te. Non piango, rido. Tu vuoi insegnarmi a piangere, e io voglio insegnarti a ridere.
Se il Maestro ti dà il permesso di distruggermi, ti aiuterò in questo lavoro e ne gioirò. Tieni, io ti do le mie braccia: tagliale, se Dio lo vuole; ti do la mia testa. Tu cerchi di ingannare le anime; Gesù cerca di riscattarle. Mentre la mia bocca ti par­la, il mio cuore è con Gesù!
Tutto per Gesù, niente per te, Satana; perfino mangiare, perfino bere, per Gesù. Mio Dio, io ti amo, aumenta il mio amore; spero in te, aumenta la mia speranza: non sarò confusa; credo in te, aumenta la mia fede».
E al demonio: «Che dici, Satana? Parli della tua grandezza? La tua grandezza, è l'abisso; la tua grandezza, è il fuoco.
Gloria a Maria! gloria a Gesù! gloria a Dio Padre che ci dà Gesù! gloria a Ma­ria che ha schiacciato la testa del serpente!».
Il demonio disse allora: Me ne vado a cercare la sofferenza; suor Maria cadde subito come morta. Un momento dopo, il demonio ritornò per tormentarla. Dopo la lotta, la suora disse: «Padre mio, mi unisco a Gesù ed a tutti i peccatori convertiti. Mio Dio, sii benedetto!
Sai, Satana, la nostra risorsa per vincerti? La prima, è l'acqua benedetta; presa con fede, essa ti fa fuggire; la seconda è l'umiltà; la terza è la povertà.
Da seimila anni, tu tenti le anime, ciò è ineluttabile. Vattene, Satana; vergogna a Satana!
Mi tenti contro la fede? Io ho Dio con me; non temo niente. Mi dici che non c'è Dio? Vado in giardino a contemplare la creazione; vedo gli alberi piccoli diventare grandi: questa vista fa crescere la mia fede. Mi tenti contro la Chiesa? Io vado ancora in giardino; trovo un frutto e l'apro; guardo questo frutto aperto, e vedo il seme nel frutto. Entro in una chiesa, apro il tabernacolo e trovo l'Eucarestia.
Mi tenti contro la carità? Io scendo; considero le bestie, vedo gli agnelli, i pulcini, li vedo tutti insieme, uniti fra di loro. Vedo sopra un solo albero molti frutti. lo sono in religione; mi vedo come un frutto, con molti altri frutti sullo stesso ramo, sullo stesso albero. Oh! quanto amo la carità! Mi tenti contro il con­fessore? Quando mi confesso, io non guardo l'uomo; io mi confesso a Gesù.
Mi dici che le mie consorelle sono meglio vestite e più curate di me? Mi vuoi fare diventare gelosa. Per trionfare, ti guardo, guardo te, che sei caduto dal cielo per gelosia, e dico: Perché dovrei essere gelosa, io che non sono niente? Signo­re, non sono degna di essere ciò che sono.
Considero le mie consorelle come altrettante amatissime discepole, e non mi meraviglia che le si ami più di me, che sono la più povera, che non sono che pec­cato».
Me ne vado, me ne vado, disse Satana, non posso più restare, e parti emetten­do grida spaventose. Dopo questo assalto, la suora disse: «Mio Dio, offro tutte le mie sofferenze passate per le anime cieche, affinché esse vedano. Le offro con Gesù, con le anime che hanno sofferto con amore, senza averne coscienza, per­ché esse erano nella notte della prova. Mio Dio, sii benedetto!».
Dopo ogni assalto, la novizia continuava a confondere il suo nemico lodando Dio e rinnovando i suoi atti di fede, di speranza e di amore:
«Mio Dio, diceva, mio Dio, sii benedetto! Che tutti i santi della terra e del cie­lo benedicano Dio! Mio Dio, che la tua volontà sia fatta! Mio Dio, spero in te; tu sei la mia forza: senza di te io non sono niente; sei tutta la mia speranza.
O mio Dio, ti ringrazio. O mio Dio, ti domando la grazia, la grande carità di essere disprezzata. Mia buona Madre del cielo, mio buon angelo, intercedi per me. La vita passa presto! Se non sono che peccato, imploro sempre la tua mise­ricordia. Ringrazierò, se mi si disprezza. Mio Dio, io ti ringrazio di tutti i tuoi be­nefici».
Signor Curato, signor Superiore, diceva il demonio ai due sacerdoti che assistevano questa vittima, voi perdete il vostro tempo; tutto questo non è che menzogna, tutto questo è un fenomeno naturale. Non ci sarà niente domani di soprannatura­le, il Maestro non verrà. Tutto ciò non è che di natura fisica, non è da Dio.
«Ho sete, ho sete di Gesù solo! diceva la novizia. Felici le anime che soffrono in segreto, conosciute da Dio solo! Quanto mi piace un'anima che soffre con pa­zienza, nascosta con Dio solo!
Ringrazio Dio di avermi ricevuta qui; io ho molto peccato. Grazie tuttavia al­le preghiere delle suore, spero che egli mi userà misericordia, che mi perdonerà tutte le mie infedeltà.
Dio mio, io ti ringrazio. Santa Vergine, quanto sei pura! rendi i tuoi figli puri come te, affinché non cadano nelle reti di Satana. Santi del cielo e della terra, in­tercedete per coloro che non conoscono la malizia di Satana. Mio Dio, uniscimi
a te... lo non ho paura, Satana. Se sapessi che il mio occhio dovesse offendere Gesù, lo strapperei; se fossero le mani e i piedi, li taglierei. lo ho sete, ho sete di Ge­sù, e per niente di te, Satana».
Miserabili, gridò il diavolo alle suore, che annotavano, voi scrivete! Tutto ciò è cattivo come voi, tutto ciò non è buono che per essere gettato nella spazzatura. Non c'è niente di soprannaturale: tutto è naturale.
«Santa Vergine, mia buona Madre, disse la suora, io mi unisco a te che sei venuta sulla terra per dare il buon esempio; mi unisco alla tua pazienza, alla tua ras­segnazione nella sofferenza, quando tuo Figlio era abbandonato, e senza conso­lazione. Mio Dio, sii benedetto!».
E al demonio: «Ebbene, Satana? Che cosa dici? Credi che tutti seguano l'orgo­glio come te? No, no, vi sono sulla terra un gran numero di santi nascosti. Misera­bile, non ti si vede che alla morte. Se solamente si vedesse il tuo viso, tutti ti fug­girebbero. Tu sei brutto! Non c'è niente quaggiù di altrettanto brutto. Se sapessi dipingere! Spirito Santo, Spirito Santo, ispirami sempre; mostra a tutti gli uomini la malizia di Satana.
Che dici ancora, Satana? Tu dici che io ti amo? No, certo, io voglio solo Dio.
Tu dici che perdi le anime? Oh! se ti conoscessero, si guarderebbero bene di ve­nire a te; perfino le bestie ti fuggirebbero. Se tu tocchi gli alberi, diventano neri; se tu tocchi la terra, essa inaridisce. Tutto ciò che Gesù tocca, tutto ciò che guarda, fio­risce.
Dici che sei Dio? Se tu lo sei, vieni, crea un albero, fallo uscire dalla terra per­ché lo si veda. Infelici quelli che ti seguono! Chi ti ha permesso, Satana, di pren­dere l'aspetto delle suore per tentarmi?».
Noi abbiamo assistito fino ad ora alla metà del combattimento. Cinquanta nuo­ve lotte devono seguire le cinquanta prime. Solamente dopo i cento attacchi, Gesù . verrà a passare nel corpo di questa eroica vittima per guarirlo.
Satana si rivolse a tutte le suore presenti: Ascoltate, miserabili! disse loro; la piccola Araba l'ignora, ma io, io lo so.
«Mio Dio, diceva la novizia, uniscimi a te per amore del prossimo, affinché lo ami più di me stessa».
E a Satana: «Se mi dici che tutti mi onorano, che tutti mi amano, io soffro; ma se mi dici che tutti mi disprezzano, sono contenta. Il disprezzo è la mia felicità. Tu dici che, a San Giuseppe di Marsiglia, hai spesso preso la mia sembianza per fare molti errori, per dare una cattiva opinione di me alle suore. Tu hai fatto que­sto? Oh! quanto sono felice di saperlo! Sarei quasi tentata di dirti grazie. Ma no, non ti ringrazierò ringrazierò Gesù. Desidero soffrire per amore di Gesù, e non al fine di essere conosciuta. Desidererei che tutte le creature mi giudicassero male co­me te. Mio Dio, non cerco che di amare Gesù, di servirlo con semplicità. Non de­sidero che il mondo mi conosca, io non desidero niente. Mio Dio, grazie di render­mi povera. Non voglio che il tuo amore.
Dici, Satana, che sei tu che ispiri ripugnanza per i superiori? Sono ben con­tenta di saperlo, per poterlo ripetere. Tu lavori a suscitare la divisione? Non vi riuscirai.
Non c'è nessuno qui (la suora, durante le sue estasi, si credeva sempre sola), non vedo nessuno. Se tu vedi qualcuno, Satana, tanto peggio per te. Non c'è nes­suno, qui con me; tuttavia non ho affatto paura. Io ti vedo, Satana, ma vedo an­che il mio buon angelo. O mio buon angelo ti onoro, ti amo, ti benedirò eterna­mente. (L'angelo custode, accanto alla suora stessa, le dettava queste parole). E al demonio: Satana, questo nome che ti do è ancora troppo bello per te: ti chia­merò letame. Se il mondo ti conoscesse, ti disprezzerebbe. Sì, tu non sei che le­tame.
Disprezzo per Satana! amore per Gesù! Mi offro per i peccatori».
Che dice, quest'Araba? esclamò Satana. t possibile questo? No, no, gloria a me! Dopo l'attacco, la suora disse: «Io offro le mie sofferenze per tutte le mie con­sorelle, per tutto l'Ordine del Carmelo, per tutte le anime consacrate a Dio!». E a Satana: «Se ti annoi, vattene. Io non sono venuta a cercarti. Sei venuto tu. Mio Dio, per la tua santa croce, liberami dalla malizia di Satana!».
Miserabili, esclamò il diavolo, non siete neanche annoiate? E’ da tempo che io lo sono, io. Non posso più restare. Vado a vomitarvi. No, mai più entrerò in una casa simile. La novizia diceva dopo questa lotta: «Mi unisco a tutte le anime che sono in agonia, affinché Gesù le liberi dalla malizia di Satana. Mio Dio, sii benedetto!».
E al demonio: «Su, Satana, parla. Tu mi rimproveri di aver domandato da be­re? Non sono io che ho fatto questa domanda, io non ho sete che di Gesù; non mi nutro d'acqua; perché, dopo aver bevuto, si ha ancora sete. Io mi nutro della pa­rola di Dio. La parola di Dio non passa, né sulla terra, né in cielo.
Quando lo spirito di Dio discende in un'anima, reca la calma, la pace, la gioia: ` quando sei tu, Satana, tu non rechi che noia, pena, turbamento.
Disprezzo per Satana, gloria a Dio!».
E’ mezzanotte, venite, venite, venite. Tutti insieme, annientiamo l'Araba, disse Satana ai suoi compagni; e rivolgendosi alle suore la cui presenza lo irritava, disse: Nessuna di voi vuole andare a dormire? Vedete quella, aggiunse indicando una suo­ra ammalata, tutte le sere è andata a letto di buon'ora; e questa notte, ha due oc­chi di gatto. Queste parole provocarono l'ilarità delle suore. Voi inoltre ridete del mio linguaggio, miserabili! esclamò il diavolo furioso. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando giudica le anime; soffro per i peccatori, affinché essi abbiano la luce per seguire Gesù e per allontanarsi da Satana. Mio Dio, sii benedetto!». E al demonio: «Vieni, vieni, mostrati come sei. Dici che vuoi prendere la forma di un gatto, di una gallina o di un'altra bestia? No, no, conosciamo i gatti, gli uccelli, le bestie. Vieni, scendi, mostrati come sei. Ti assicuro che, in questa casa, nessuno an­drebbe da te. Si correrebbe verso Gesù, se si capisse la tua malizia.
Gloria a Gesù, a Maria, a Giuseppe, gloria a tutti i santi!». E, alcuni istanti do­po, con una vocina infantile, aggiunse guardando tra il pollice e l'indice: «Vedo una piccola luce; vedo una porticina che conduce a Gesù; non è molto lontana. Sento che l'acqua nera sta per andarsene. Sono contenta. È Gesù, Satana, che ti ha permesso di farmi soffrire. Non sono degna di soffrire. Dopo la porticina, ve­do una stradina diritta, facilissima per andare a Gesù. Vedo Gesù, vedo Maria. Quanto sei miserabile, Satana! Non ho visto la luce fino a questo momento. Gra­zie a questa luce, vedo, Satana, la tua nefandezza. Vedo Gesù, egli stende le sue braccia; mi attende per purificarmi e per rinfrescarmi, e sorrideva.
Gloria, amore a Gesù, a Maria! Vergogna a Satana!».
Il diavolo avrebbe voluto uscire dal corpo della posseduta prima della fine dei cento attacchi. E siccome le suore ridevano nel sentirgli confessare la sua debolez­za e la sua impotenza, diventava furioso e le insultava. Malediva il giorno in cui aveva incominciato questa lotta contro la suora.
Dopo il cinquantanovesimo assalto, la suora disse: «In unione con l'allegrez­za di Maria, quando l'Angelo le annunciava la venuta di Gesù, offro per la co­munità e per il nostro Ordine tutto ciò che è avvenuto e tutto quello che Gesù vorrà ancora. Sì, sì, ripeteva quasi cantando, affermo che mi unisco all'allegrez­za della santissima Vergine, perché comincio a vedere la luce, comincio ad offri­re a Dio la gioia».
E al demonio: «Ti dico, Satana, che non sento se sono con il mio corpo; sen­to che sono con Gesù. Quando Dio vuole una cosa, tu non puoi cambiarvi nien­te; sei obbligato ad obbedire a Gesù tremando. Santa Vergine, ottienimi l'umiltà, la gioia, l'unione con Dio; ti domando queste stesse grazie anche per il nostro santo Ordine.
Satana, tu cerchi di prendermi, e sei tu ad essere l'intrappolato».
Guardate l'Araba, esclamò il demonio; tutto il suo corpo è fiaccato e non con­fessa neppure che è malata. Questa miserabile mi augura il disonore. Attendi, at­tendi; e la tormentava orribilmente. La suora disse: «Io mi unisco...» Satana volle impedirle di continuare: ella riprese con forza: «Non mi impedire di parlare», e siccome esso riprovava, disse: «Ebbene, griderò Amore a Gesù! gloria a Maria! vergogna e disprezzo a Satana! Sì, per la vita, e per la morte, amore a Gesù!».
E rivolgendosi al demonio: «Che dici, Satana? Quanto a me, non sono che de­bolezza: è Dio che fa tutto in me. Sì, Gesù verrà a schiacciare la tua testa. Sento la gioia, la pace. Non sono sulla terra per seguire i miei gusti, vi sono per cercare il fiele, il disprezzo, con la grazia di Dio.
Santa Vergine, libera le anime che seguono Satana». Tre volte ripeté questa pre­ghiera, e aggiunse con un filo di voce: «Vedo uno spiraglio, vedo un po' la porta, vedo Gesù arrivare; la luce si avvicina dolcemente, in silenzio. Egli non fa come te, Satana, tu vieni con rumore. Gloria a Gesù, gloria a Maria! Vergogna e di­sprezzo a Satana! Satana, queste parole ti annientano. Ebbene, le dirò sempre, le dirò nel cuore, se non potrò dirle con la bocca.
Io mi unisco a Gesù, a Maria, a Giuseppe, quando aprirono la porta della ca­setta d'Egitto, affinché i peccatori abbiano un piccolo posto nel loro cuore per amare Gesù, perché anche essi posseggano un posto nel cuore di Gesù. Vorrei una casetta molto pulita nel mio cuore per ricevere Gesù, una casa dove non ci fosse­ro più peccati, perché Gesù potesse compiacersi. Se io so ricevere Gesù, ho tutto. È dolce soffrire con Gesù. Tutto ciò che viene da Gesù è dolce. Tutto ciò che vie­ne da te, Satana, è cattivo. Più le lotte si moltiplicano, più io vedo chiaro. Amore a Gesù, a Maria!».
Dopo il settantaseiesimo attacco, Satana esclamò: Questa miserabile Araba! non abbiamo il potere di cambiare il suo aspetto. Neppure Lucifero lo potrà, perché essa è stata martire, e perché si è conservata sempre pura, sempre vergine. «Dio sia benedetto! diceva sempre la suora; il resto, lo dirò nel mio cuore. Satana è geloso di quelli che seguono Gesù. Io seguirò Gesù fino alla morte, sulla terra, in cielo, e perfino nell'inferno. Se Dio lo vuole, ebbene, sì andrò, se egli lo vuole, nel­l'inferno con Gesù. L'inferno con Gesù è meglio che te, Satana. Il diavolo mi dice che, se mi prenderà, mi metterà più in basso di Giuda».
Dopo la novantunesima lotta, Satana disse: Lo confesso con tutti i miei simili, noi non amiamo la carità, l'umiltà, l'obbedienza.
Dopo la novantatreesima, suor Maria disse: «Gloria a Gesù, gloria a Maria! Co­mincio a vedere la luce; la porta si apre; comincio a vedere la santa Vergine. Mio Dio, sii benedetto.
Mio Dio, io ti amo con tutto il mio cuore e al di sopra di tutte le cose».
La fine del terribile combattimento si avvicinava. Era la novantanovesima lotta. Aspettate, aspettate, disse il demonio; forse, alla venuta di Lucifero, emetterà un lamento. Ma la suora disse ancora: «Gloria a Gesù, gloria a Maria! gloria a Giu­seppe! gloria a Dio solo!».
Il diavolo ritornò un'ultima volta; parlò dell'arrivo di Lucifero: Il nostro capo, disse, non esce quasi mai dall'inferno. Passando nel corpo dell'Araba, la brucerà talmente, che voi non potrete neppure toccare la punta del suo dito, fino a che il Si­gnore non sia, a sua volta, passato in questo stesso corpo per guarirlo.
Il letto di ferro sul quale l'eroica vittima si trovava dall'inizio del combattimen­to era così danneggiato che bisognò sistemarla su un altro.
Alle undici e tre quarti, il diavolo esclamò: Indietreggiate, viene Lucifero: se voi restate vicino all'Araba, sarete bruciati.
Il Rev. abate Manaudas e le suore indietreggiarono. Alcuni istanti dopo, si vide­ro il viso e le mani di suor Maria divenire rossi come il fuoco, e in seguito com­pletamente nere. Il fumo venne fuori da tutto il suo corpo; si senti un forte odore di zolfo. La suora respirò appena. Ma ben presto delle grida più forti del fischio del­la locomotiva si fecero sentire; se ne contarono fino a diciannove. Era la fine della lotta. Una visione celeste venne a rallegrare l'eroica vittima. Disparve ben presto. La novizia risentì allora tutti i suoi dolori; non poté più pronunciare una sola paro­la, né fare il più piccolo movimento. La sua bocca si aprì ad intervalli come quella di un moribondo. L'abate Manaudas si avvicinò come per raccogliere il suo ultimo respiro. Era mezzogiorno, l'ora nella quale, si ricorda, la possessione era iniziata, quaranta giorni prima.
CAPITOLO VIII
La liberazione - Possessione dell'angelo per quattro giorni
La scena cambiò. Improvvisamente, suor Maria di Gesù Crocifisso si alzò sul letto. Il suo viso era radioso, i suoi occhi brillavano come due diamanti; un sorriso celestiale sfiorava le sue labbra. Tutti i presenti erano in ginocchio; da tutte le boc­che usciva nello stesso tempo lo stesso grido: Gesù! La gioia del cielo era in tutti i cuori, e si traduceva in dolci lacrime. Si senti che Gesù era passato nel corpo della suora per guarirlo.
Uno spirito soprannaturale era succeduto al Salvatore nel corpo della suora li­berata e vittoriosa. La santa Vergine, disse questo spirito, attraverso la bocca della novizia, vi domanda l'umiltà, la semplicità e la pratica di tutta la Regola. «Gesù, esclamò la novizia, rapita, è il mio dolce refrigerio!». Quando l'estasi finì per qual­che istante, suor Maria conservò la gioia nella sua anima e perfino nei lineamenti del suo viso. Baciava con riconoscenza le mani del Rev. abate Manaudas; ringra­ziava con effusione le suore delle loro cure affettuose; le abbracciava e diceva tra­salendo: «Sento la gioia fin nelle mie ossa». Verso l'una, arrivò il Rev. abate Saint­Guily. Non appena lo scorse, la novizia esclamò: «Padre mio, padre mio, è tanto tempo che non la vedevo. Padre mio, non so da dove vengo. Non so quello che è, ma sento la gioia in tutto il mio essere». E dove sei stata? le domandò il curato di San Martino. «Padre mio, a causa dei miei peccati, ero in un mare nero; ora, ho la gioia nella mia anima, e perfino nelle mie ossa». Ripeteva, senza dubitarne, le pa­role del Salmista: «Le ossa umiliate trasaliranno».
L'estasi la riprese. Si intratteneva con Maria e con santa Teresa. Si comprese che la santa Vergine le diceva di chiedere qualche favore per la comunità: «No, Madre mia, no, rispondeva, tu sei la Madre di tutte; che bisogno c'è di chiederti qualche cosa?».
In seguito rivolgendosi a santa Teresa le diceva: «Te ne prego, madre mia, proteggi la comunità, proteggi tutto l'Ordine; non guardare agli errori delle tue f figlie. Se tu mi abbandonassi, io sarei meno obbediente, più infedele di tutte le altre».
«La santa Vergine dice: Agnellini, fate sempre ciò che il Pastore vi dirà; abbia­te fiducia in Gesù. Disprezzate soprattutto il piccolo nulla (se stessa); fatele com­prendere sempre il suo nulla; che non sappia mai niente di ciò che è avvenuto.
Se ogni agnellino si considera l'ultimo, la santa Vergine sarà con lui. Seguite la parola di Gesù. Non vi scoraggiate mai. Satana, furioso, verrà à tentarvi: non l'a­scoltate mai, ascoltate sempre il Pastore. Non ascoltate mai Satana; è geloso. Quan­do viene, umiliatevi. Se Gesù permette che vi tenti, è per farvi crescere.
Quando voi siete tentate contro un agnello, andate a trovarlo col permesso del­la Priora, abbracciatelo, ditegli: il demonio mi tenta contro di te, ma io ti amo. Sa­tana se ne andrà. Che gli agnellini amino gli altri più di se stessi. Bisogna sempre andare contro tutto ciò che suggerisce Satana».
E rivolgendosi alla Priora: «Pastore, le disse, la Vergine santa ti raccomanda di amare gli agnelli con uguale affetto. Amandoli, tu ami Gesù. Stai attenta, non ne di­sprezzare nessuno; sono, tutti, agnelli di Gesù. La santa Vergine ti dice ancora: Fat­ti piccolissima; abbi fiducia; ama gli agnelli più di te stessa.
Che gli agnelli obbediscano sempre al Pastore, che si amino sempre gli uni gli altri, che pratichino sempre l'umiltà, la carità. Satana è geloso di voi, ma voi non scoraggiatevi mai; seguite il Pastore. Agnelli non ascoltate mai Satana; non ascol­tatelo mai; disprezzatelo; annientatelo. Satana non ama la carità. Tenterà di metter­vi gli uni contro gli altri. Abbracciatevi, andrà via».
Apostrofava il demonio e gli diceva: «Satana, sarai confuso, sarai schiacciato». Ritornando alla Priora aggiunse: «Madre mia, la santa Vergine dice ad ognuna di andare a fare il proprio dovere. La presenza di Gesù vi avrebbe fatto morire, se non vi avesse sostenuto. Madre mia, la santa Vergine ti dice di fare assistere il pic­colo nulla a tutti gli atti della vita comunitaria; non se ne accorgerà, ma vi sarà».
Le suore si rassegnavano con fatica alla privazione di vederla e di sentirla. Di­ceva loro: «Agnelli, la santa Vergine vede il vostro desiderio di restare con il pic­colo nulla ma vuole che accudiate ai vostri doveri; sarà con voi. Durante la ricrea­zione, potete ritornare, la Regola lo permette. La santa Vergine dice che quando gli agnelli saranno di nuovo riuniti qui, ritornerà con parecchi santi del cielo. I due pa­stori (la Madre Priora e la Madre Elia, maestra delle novizie) non devono restare più qui tutte e due insieme ma avvicendarsi, per potere accudire ai loro doveri».
Avendo la Priora domandato se una suora poteva restare per scrivere, rispose: «La santa Vergine lo permette, lasciandoti libera nella scelta di questa suora».
Le religiose ritornarono durante la ricreazione; disposte attorno all'estatica, con­tinuarono a raccogliere i suoi insegnamenti celesti. «Agnelli, dice loro la novizia sempre rapita, Gesù dice che voi sarete insieme nel cielo accanto a Lui, formerete come una corona attorno al suo cuore. Agnelli, dite sempre a voi stesse: Se Gesù mi abbandonasse, io sarei peggio di Giuda; ma se Gesù mi custodisce, io sarò Gio­vanni il discepolo prediletto.
Salute, padre Elia; salve, padre Elia! Padre Elia tu dici: Come siete tutte unite sulla terra, sarete tutte insieme in cielo. Santa Teresa vi ripete la stessa cosa. La san­ta Vergine benedice tutti i parenti delle suore. Padre Giuseppe; padre Giuseppe! San Giuseppe vi benedice e vi dice: Siate umili, siate piccole, osservate bene la Rego­la, ancora un po' di tempo e sarete tutte insieme in cielo, accanto a Gesù. Salute,
Padre Giovanni, Maria degli Angeli! Salute, Margherita, mia Amatissima!... Salu­te, salute, Simone Stock! San Simone dice: Amatevi gli uni gli altri; pensate sem­pre se non siamo nulla sulla terra, saremo qualche cosa in cielo.
Salve, salve, martiri di Gesù l'Amatissimo! Osservare la Regola e l'umiltà è un nuovo martirio. I martiri vi dicono: In poco tempo, voi sarete con noi in cielo. An­date sempre contro natura; è questa una buona mortificazione d'amore per Gesù il Prediletto.
Salve, salve, Maddalena, Germana, Marta, Enrichetta! San Domenico e san Francesco vi dicono come hanno fatto per diventare grandi santi. Essi conserva­vano sempre nella loro anima il sentimento del loro niente; amavano il prossimo più di se stessi; andavano sempre da Gesù per saziare il loro cuore.
E quale è la strada per andare da Gesù? È l'umiltà, l'obbedienza, la fiducia, l'osservanza della Regola. Grazie alla pratica di queste virtù, Gesù ci riceve nel suo cuore. Salve, salve, Veronica, Apollonia, Nicola, Amata! Come fare per arida­re da Gesù? Voi dite Guardate sempre a Gesù. Come fare per guardare sempre a Gesù? Essi dicono: Tutto ciò che Satana fa, disprezzatelo e guardate sempre Ge­sù. Con quale mezzo guardare sempre a Gesù? Lavorando, obbedendo, digiunan­do, mangiando, riposandovi: qualunque cosa facciate, guardate sempre a Gesù. Se ve ne dimenticate, non turbatevi, niente vi turbi. Prostratevi e dite io ti domando perdono, Signore, mi sono dimenticato un istante. Non permettere che io ti di­mentichi di nuovo; soprattutto non mi dimenticare come ti ho dimenticato io. Sì, nel lavoro, nella tristezza, nella pena, nella noia come nella gioia, bisogna sempre guardare a Gesù.
Salve, salve, Maria degli Angeli! Ella ascolta; un istante dopo, sorride. La Bea­ta le nominava molti santi presenti, e la novizia contava sulle sue dita, sempre sor­ridendo. Esclamava: San Giovanni della Croce, dice: Maria degli Angeli, sulla ter­ra ha amato le sue suore, ha desiderato soffrire ed essere disprezzata per Gesù. Dice ancora che le sue figlie devono praticare l'obbedienza interiore e non soltan­to quella esteriore. Se non si possiede questa virtù, si ha un grande merito quando si lavora per acquistarla. Gesù dice: tutte quelle che faranno morire la propria vo­lontà, il Signore le benedirà. Con tenacia, riuscirete a praticare la virtù come se fosse nata con voi».
«La santa Vergine dice che bisogna andare in giardino per purificare l'operato di Satana. Satana vi andava tutti i giorni a questa stessa ora durante la possessione: an­diamoci, anche noi, per purificare tutte le sue attività. Tutti gli agnelli possono ve­nire». Con un passo leggero e rapido, la novizia scese, scortata da tutte le suore. Be­nedisse la cucina e tutti i posti della casa dove Satana era andato; arrivò al granaio, non si accontentò di fare un segno di croce come in ogni altro luogo, domandò del­l'acqua benedetta: «La santa Vergine sta per benedire tutto». Camminava con la te­sta diritta, le mani sollevate, gli occhi al cielo, sorridendo e trasalendo in modo ineffabile. «La santa Vergine dice che è il Pastore che deve benedire», e rimise l'a­spersorio alla Priora. Le indicava i luoghi da purificare facendole ripetere ogni volta queste parole: «Per la Tua santa croce, Signore, liberaci dalla malizia di Satana». Nel giardino, non dimenticò un solo albero toccato da Satana, né un solo grappolo dove quello aveva preso dei chicchi, tutto fu purificato.
Esclamò: «Piccola vite, alberelli, producete sempre buoni frutti per nutrire gli agnelli di Gesù». E, stendendo la mano come per indicare la presenza di qualcuno: «Vedete, vedete, aggiunge, Satana monta in bestia; non voleva venire, ma la santa Ver­gine l'ha obbligato ad assistere alla sua disfatta. Corre, corre», e lei batteva le mani.
Giunta vicino ad una statua di Nostra Signora de la Salette, si prostrò in ripara­zione del fatto che Satana, durante la possessione, le aveva impedito di mettersi in ginocchio davanti a Maria.
Nel parlatorio, diceva alle suore esterne: «Sulla terra voi siete fuori; nel cielo, sarete con gli agnelli che sono nel chiostro. Se sarete fedeli, voi potete perfino sa­lire più in alto di loro. La santa Vergine vi dice che voi siete le sue figlie e le figlie amatissime di Gesù; Ella vi benedice».
Questa processione era durata due ore.
Dopo vespri, gli insegnamenti continuarono: «Agnellini, siate fedeli: seguite la Regola e l'obbedienza; non mancate mai senza permesso agli atti di comunità. Co­lui che segue la Regola e la Comunità, ha la benedizione di Gesù. Colui che esce per necessità dalle azioni di comunità, ha la benedizione di Gesù; quella che, per dovere, è obbligata a mancarvi, non perde la benedizione di Gesù.
Non fate mai niente senza permesso; domandatelo per ogni cosa, e non in for­ma generica.
Amate il silenzio, agnellini; vi è permesso di dire qualche parola per le cose ne­cessarie; soltanto abbiate cura di parlare molto piano, e nei posti dove non si può essere sentiti.
Agnelli, la santa Vergine dice che dovete impiegare bene il tempo durante la set­timana, lavorare bene per Gesù, sotto gli occhi di Gesù, in silenzio, con pazienza, con grande interiorità. La domenica, tutta la giornata per Gesù. La domenica biso­gna soltanto pregare e leggere dei libri che parlano di Gesù.
Agnellini cari, io ve lo ripeto, praticate molto lo spirito della Regola, l'umiltà, la carità, l'obbedienza. Siate interamente di Gesù. Dategli tutto. Se non facciamo degli sforzi per praticare la virtù, per osservare perfettamente la Regola, resteremo a lungo, molto a lungo, nel Purgatorio.
Satana vi tenterà; siate più forti di Satana. La tentazione è un bene per voi; e l'acqua che lava e rende puliti per Gesù. Riflettete bene a questo: oggi sulla terra, domani sotto terra.
La Madre Teresa vi dice: Figlie mie amatissime, il tempo corre. Ricordatevi sempre di amare il vostro prossimo. Preferite sempre una suora che vi faccia eser­citare, che vi provi, perché con lei potete sempre acquistare dei meriti: la sofferen­za è l'amore; la Regola è l'amore.
Quando sarete fedeli e farete qualche cosa per Dio, Satana verrà a farvi credere che valete molto, che fate bene tutte le cose, che siete sante. Sarete tentate di abbandonare tutto per paura di cadere nell'orgoglio. Satana vorrebbe con ciò impe­dirvi di fare il bene, di dedicarvi alla perfezione, di compiere qualche gesto gene­roso per Dio: non l'ascoltate, disprezzatelo; lavorate, il tempo è breve.
Agnellini, Madre Teresa dice che, per piacergli, dovete, durante la ricreazione, parlare molto del buon Dio. Non fate una sola domanda sul mondo; dovete essere morte. Se parliamo delle cose del mondo, ci riempiremo di mondo e non morire­mo: la Regola, è la morte.
Gesù vi ha scelte: siategli riconoscenti. Osservate bene la Regola. Una novizia, che non osserva la Regola, facesse pure dei miracoli, rimandatela.
Agnelli, la santa Vergine vi ripete di non far mai conoscere al piccolo nulla (cioè a se stessa) ciò che è accaduto. Non fatele alcuna domanda. Non bisogna fare at­tenzione a lei, né guardarla, né nominarla; niente, nient'altro che il disprezzo. Bi­sogna trattarla come tutte le altre, e perfino come l'ultima delle novizie, lasciarla fare come se non ci fosse.
Il piccolo nulla non resterà qui che poco tempo; farà in seguito l'opera di Dio. Agnellini miei, siate fedeli. La santa Vergine dice che i tempi stanno per cambiare; vedrete delle cose che non avete ancora viste; religiose lasceranno il loro convento; sa­cerdoti apostateranno. Maria vi raccomanda di provare bene le novizie prima di acco­glierle con la professione. Se voi non le provate, vi proveranno loro. Che osservino la Regola tutta intera; non si deve accordare loro alcuna dispensa. Non temete di man­care di carità mandandole via; la carità, dovete averla per il vostro Ordine e non per una novizia che non avesse la vocazione. Vi costerà qualche volta, perché la novizia che dovete rimandare è povera o orfana. Non pensate a ciò, non preoccupatevene.
Non guardate né alla povertà né alla ricchezza. Quanto sareste disgraziate, se non osaste mandare via una novizia perché può fare del bene al convento. Lasciate tutto ciò da parte, non considerate che una sola cosa: se essa segue la Regola. La Regola è il prezzo; la Regola è il miracolo; la Regola è il martirio; la Regola è tut­to. Una novizia che non osservasse la Regola, che non avesse lo spirito della Re­gola, mandatela via.
Satana è geloso; tenta in tutti i modi di far perdere la fede, per fare cadere le ani­me: non temete. Persino quando non si sente la fede, bisognerebbe vivere di umiltà e di fiducia. Quando noi non sentiamo la fede e camminiamo sempre in avanti mal­grado i nostri gemiti e le nostre lacrime, sopportiamo un martirio molto meritorio, sempre che restiamo continuamente rivolti verso Gesù.
Dio non permette la tentazione che per farci crescere: tanto più siamo provate tanto più corriamo verso Dio. La tentazione è l'acqua che ci lava; la tentazione più forte è come l'acqua calda che ci pulisce meglio.
Agnellini, Madre Teresa vi raccomanda la pratica costante della carità. Questa virtù è così bella e così dolce! Non guardate mai né gli errori, né i difetti delle suo­re. Tenete per voi il più difficile, il più penoso, per sollevarle. Pensate sempre alle altre: scusatele. Se vedete una suora rovesciare dell'olio, pensate che è immersa in Dio; prendete, dopo, uno straccio per pulire la macchia.
Agnellini miei, amate la Regola, osservatela sempre. Quanto la santa Vergine ama la Regola e gli agnelli che la praticano! Quanto Gesù è contento! L'osservanza della Regola vale più di tutti gli stati straordinari, vale più di avere le stimmate, vale più del fare miracoli. Tutte quelle che rispettano la Regola, sono le mie figlie predilette, dice Maria, e dopo di lei, santa Teresa.
Praticate soprattutto l'obbedienza. Ogni volta che mancate all'obbedienza della Regola, mancate alla integrità della Regola. L'obbedienza è come il binario che con­duce a Gesù. Quando vi preparate a fare la comunione, bisogna considerare chi è Co­lui che viene. È Gesù che viene, Gesù così buono, così amabile, così dolce, e nello stesso tempo così grande, così potente, così bello! Verso chi viene? Viene verso di voi che non siete che polvere, che niente. Viene per darsi a voi, per fare un tutt'uno con voi. Quando lo possedete nel vostro cuore, pensate che siete come la santa Vergine che porta Gesù nel suo seno. Durante il giorno, tenete sempre i vostri sguardi fissi su questo Gesù che avete ricevuto la mattina».
La Priora permise ad ogni suora in particolare di parlare con la novizia rapita, per un quarto d'ora: tutte le religiose riportarono da questa conversazione come un balsamo per la loro anima. Compresero che ella doveva essere illuminata dal- ! lo spirito di Dio per leggere così nel loro intimo e per metterle nell'umiltà e nel­la pace.
La novizia, sempre in estasi, annunciò a Madre Elia che il Signore prolungava i suoi giorni,` al di là dei tre anni dopo la professione, affinché i suoi meriti fossero più grandi e le sue conquiste su Satana più numerose.
«Agnellini, aggiunse, san Giuseppe dice che Satana vi tenterà in differenti manie­re. A una suora, dirà che gli agnelli non l'amano: Che deve fare questa suora? Oc­corre che si abbandoni alla tristezza? alle lacrime? No, no. Per vincere la tentazione, questa suora si prostri durante la ricreazione e dica alle sue compagne: "vi domando proprio perdono, Satana mi tenta contro di voi; vorrebbe farmi credere che non mi amate; ve ne scongiuro, pregate per me", e il demonio sarà sconfitto. Se sentite tri­stezza, noia, dite la colpa in piena ricreazione e quest'umile confessione metterà in fuga il demonio e vi darà la pace.
Altre volte, Satana vi tenterà contro i superiori. Vi sembrerà che la Priora non è abbastanza capace, o che non si prende abbastanza cura di voi, che non fa affatto at­tenzione a voi, sia per l'anima che per il corpo. Umiliatevi, confessate la vostra ten­tazione alla Priora e Satana sarà vinto.
Nel refettorio, Satana vi tenterà contro la suora addetta alla cucina; vi farà credere che la porzione non è preparata bene, che è nociva alla vostra salute. Mangiate come se niente fosse e se ne avete il coraggio, dite la vostra colpa ap­pena arrivate in ricreazione: madre mia e sorelle mie, pregate per me, perché ho fatto la delicata, non ho mangiato la porzione perché non mi sembrava abbastanza buona. Per punire la mia sensualità, servitemi domani un piccolo resto di ogni suora. Lo si farà; voi trionferete così del vostro piacere e Satana sarà vinto. Non meravigliatevi di niente. Non scoraggiatevi mai, perché non siete degli an­geli, siete deboli.
Qualche volta, durante l'orazione, si fanno buoni propositi: si desidera essere umiliata, disprezzata, abbandonata; un po' più tardi, non vi si pensa più. Ebbene, agnellini, sappiate almeno umiliarvi di questo e cercate di approfittare delle oc­casioni. Satana, diceva la suora alla Priora e a Madre Elia, è geloso della vostra unione; farà di tutto per mettervi l'una contro l'altra e per questo si servirà per­fino delle suore, senza cattiva intenzione da parte loro. Una andrà dalla Priora, l'altra da Madre Elia per riferire cose false. Se Satana non può riuscire con que­sto mezzo, prenderà la forma delle suore per ingannarvi. Maledetto Satana, tro­va che non è già abbastanza umiliato qui, e vuole esserlo di più. Agnelli, se voi siete fedeli, Satana sarà in poco tempo completamente sottomesso. Ecco ciò che vi dice san Giuseppe: Agnellini, colui che si fa piccolo piccolo, piace a Gesù e lo trova».
Rivolgendosi al Superiore della comunità che era presente, la novizia disse: «Pa­dre mio, per giudicare della spiritualità che guida un prete, si deve provare la sua umiltà, la sua ubbidienza. Se non è sottomesso, è in préda a Satana. Si deve agire lo stesso nei riguardi di una religiosa quando si dubita della sua via. Anche se fos­se negli stati più straordinari, se le si dice che è nell'illusione ed ella non si sotto­mette subito al giudizio espresso, c'è l'orgoglio e c'è Satana».
La suora parlò a lungo al Superiore in questo senso e terminò con queste note­voli parole: «Ecco ciò che dice la santissima Vergine; ma se non si approva questa dottrina, dirà lo stesso».
Si era al 7 settembre, anniversario del suo martirio. Ti è accaduto qualcosa, in tale giorno? le domandò il Rev. curato di Saint-Martin. «A me no, ma al piccolo nulla era stato tagliato il collo». Questa risposta confermò la comunità nel pensie­ro che uno spirito celeste possedesse il corpo della novizia e che dettasse tutti que­sti preziosi insegnamenti. Gli si domandò a più riprese il suo nome: Io sono, disse egli, di quelli che salgono e scendono; e una volta: Sono lo spirito di Maria; e più spesso: Sono Maria, figlia di Maria del Prediletto. Sei Giovanni il discepolo pre­diletto? No, rispose con un sorriso ineffabile. Sei un angelo? un secondo sorriso fu la sua unica risposta. Le domande si moltiplicavano: si sarebbe voluto sapere il no­me di questo spirito misterioso. Notando questa insistenza da parte delle sue com­pagne, una suora gli disse: Se sei un angelo, ti manchiamo proprio di rispetto. Ge­sù, quello rispose, ama i piccoli, ama i fanciulli. Agnellini, occorre che l'umiltà sia la vostra luce, l'ubbidienza il vostro cammino, la carità il vostro riparo. E, alla Priora: Pastore, quando gli agnelli non si trovano a loro agio con il confessore e tutte dicono la stessa cosa, ciò significa che questo confessore non è l'eletto di Dio per voi. Se non vi sono che due o tre agnelli scontenti, non bisogna tenerne conto, ma trattenere lo stesso confessore».
«Agnellini miei, non pensate che ad amare e servire l'Amato Bene, a morire a tutto, per vivere distaccate da tutte le cose della terra: per questo avete lasciato il mondo. Madre Teresa vi dice che non ha istituito il suo Ordine per godere, ma per soffrire. Madre Teresa vuole gli agnelli distaccati come pietre».
Ecco i mirabili avvertimenti che la novizia, sempre in estasi, diede alle due suo­re esterne, davanti alla grata del parlatorio:
«La santa Vergine vi benedice; vi raccomanda di essere sempre molto modeste, molto raccolte: bisogna essere sempre come in ritiro. Madre Teresa vi dice di essere molto pazienti, sì, soprattutto molto pazienti. Sopportate tutte le contrarietà con dol­cezza; siate caritatevoli tra voi e con tutti. Siate sempre obbedienti: bisogna essere co­me un cadavere, come un bastone; fate tutto senza dire niente, non una riflessione.
Se siete fedeli, andrete direttamente da Gesù. Profittate del tempo: tutto passa, tutto passa sulla terra; il tempo è breve. Praticate la perfezione, producete dei frut­ti per Gesù. Siete come i rami di un unico albero: siete due rami che passano oltre. Gesù ama tutti i rami; guarda con più amore quelli che portano più frutti. Se siete fedeli, sarete nel cielo più in alto degli agnelli del chiostro, perché avete più occa­sioni. Le suore dell'interno pregano e fanno penitenza senza essere disturbate, men­tre voi, quante volte siete impedite di pregare, quando lo vorreste! Quando si viene a suonare, lasciate tutto, perfino la preghiera; andate immediatamente ove siete chiamate, andatevi con spirito interiore, con spirito di carità: quest'atto di rinuncia piacerà a Gesù più di tutto il resto. Bisogna soprattutto evitare che le persone di fuori si accorgano che voi siete contrariate, dovete edificare, dare il buon esempio, perché si giudicherà l'interno del convento attraverso gli agnelli dell'esterno. Se siete buone, raccolte, perfette, il vostro esempio farà del bene a tutti. Siate soprat­tutto umili, non vi scoraggiate mai.
Vi sono delle suore esterne che hanno sempre bisogno di confessarsi. Ciò non è bene; bisogna che vi sia una regola per tutto. È sufficiente che voi vi confessiate ogni otto giorni. Se vi accade nell'intervallo di commettere qualche leggera colpa e per questo fate uno sforzo a comunicarvi, fate un atto di contrizione: Gesù vi per­donerà. Padre Elia vi raccomanda il silenzio e la carità, bisogna amarvi in Gesù e per Gesù, in Maria e per Maria.
Dovete lavorare per gli agnelli del chiostro e quelle del chiostro devono lavorare per voi: non siete che un'unità. Avendo cura degli agnelli dell'interno, voi siete come Giovanni il discepolo prediletto. Quando Gesù era nella prigione presso Caifa duran­te la notte, Giovanni avrebbe desiderato potervi entrare per curare il suo Maestro: non lo poteva. Obbligato a restare fuori, si teneva il più possibile vicino alla prigione; fa­ceva tutto ciò che poteva per Gesù. Fate così con gli agnelli che sono dentro».
La santa Vergine era ben lungi dal dimenticare i superiori. «Siate molto unite, dice alle due madri attraverso la suora in estasi. Siate tutt'uno come questo, diceva la novizia alzando un dito, allora tutto andrà bene. Satana, geloso, farà allora di tutto per disunirvi. Voi, Pastore, regolate bene il vostro tempo e ne avrete per tutto. Di­rigete gli agnelli che lo domanderanno. Dio ve li ha dati perché ne abbiate cura. Sia­te come una buona madre». Avendole la Priora detto che non aveva lumi per diri­gere le anime straordinarie, ebbe questa saggia risposta: «Non temere. Quando una suora viene a dirti per esempio: Madre mia, durante l'orazione, ho visto la santa Vergine, ho visto Gesù, essi mi hanno detto la tale e la tale cosa, rispondi a questa suora: Figlia mia, profitta di ciò che hai visto e sentito, questa grazia deve portare dei frutti; attraverso i frutti, distinguerai se è una realtà o un'illusione. Quando la suora dopo che le avete parlato così resta contenta, di a te stessa: È Gesù certa­mente; ma se si ritrae triste, di: È Satana».
La Priora pose questa domanda: Se una suora anziana mi domanda di parlare della sua anima ad una suora più giovane o perfino ad una suora conversa, posso permetterglielo? «No, le rispose, è una cosa molto pericolosa. Se questo fa del be­ne all'una, fa del male all'altra. Tutto ciò non è per niente necessario; tutto ciò non è che fantasia, e disordine: la Regola e i Superiori bastano per guidare. Che ognu­na resti al suo posto. Quando si agisce diversamente, lo si fa anzitutto per carità, ma Satana non tarda a servirsene per insuperbire questa religiosa, così consultata. Guai a lei! Vegliate perché le suore non siano affatto curiose, perché non si leghino con amicizie particolari».
La Priora aggiunse: Devo accordare spesso delle mortificazioni straordinarie? «Pastore, le rispose la novizia in estasi, fa attenzione su questo punto: gli agnelli sono spesso ingannati a questo proposito; Satana li spinge a rivolgerti questa do­manda per farli in seguito cadere, se non osservano la Regola. Quando un agnello insiste per avere questo permesso, guardati dall'accordarglielo; mortifica piuttosto il desiderio di mortificazione: questo è bene per gli agnelli; è meglio di tutto. Che le suore osservino la Regola, che vivano nella semplicità e nell'uniformità».
E quando una suora domanda di non comunicarsi, che devo fare? «Pastore, do­manda la ragione; se non può dirtela, attendi il confessore. Ma se ti risponde: È per timore, perché sono indegna, dille: Figlia mia, comunicati. Se insiste per non co­municarsi, lasciala senza comunione, perché la sua obbedienza non è perfetta.
Pastore, abbi cura di far recitare bene il santo ufficio. Se vedeste gli angeli che cantano con voi! Desiderate cantare come loro? Pensate che vi aiutano a lodare Dio; questo pensiero vi incoraggerà. Che tutte le pecorelle stiano al loro posto, che tutte prestino la loro voce».
Parlando di se stessa, diceva a Madre Elia: «Pastorella ricordati di umiliare il piccolo nulla, di non farci caso. Fatti il cuore duro, fatti il cuore duro». Ed a tutte le suore: «Agnellini, abbiate sempre l'aria di non tenerne conto; trattatela come l'ultima; non la guardate neppure. Non la disprezzate troppo tuttavia, perché Sata­na potrebbe approfittarne per persuaderla che non ha la vocazione: amatela nel vo­stro cuore, senza testimoniarle esteriormente né stima né disprezzo».
«Agnellini miei, disse lo spirito misterioso che possedeva la novizia, vi la­scerò ben presto; domani sera, a questa stessa ora, me ne andrò; vi vedrò tuttavia
sempre senza che voi mi vediate; sarò accanto a voi. Vedrò, vedrò il ramo che porterà più frutti per Gesù. Non potrò sempre avvertirvi come ora: siate fedeli». Angioletto, gli domandarono le suore, quando ci accadrà di dimenticarcene, ci avvertirai con qualche buona ispirazione? «Sì, sì, rispose, voi la sentirete nel cuo­re». Caro angelo, resta ancora con noi, ti amiamo tanto! ci istruisci così bene, re­sta almeno un giorno in più! «Vi attacchereste troppo a me, rispose sorridendo; mi amereste troppo: il cuore deve essere interamente per Gesù». No, no, angioletto, non ti amiamo troppo; ci fai amare Gesù. Resta un giorno in più. «II tempo è sta­bilito: un giorno per ogni dieci». Intendeva parlare dei quaranta giorni della pos­sessione del demonio e dei quattro giorni della sua possessione. Dicci il tuo nome. «Domani, io ve lo dirò prima di andare via. Agnellini, fate attenzione: conservate sempre la semplicità, l'umiltà. Ve lo dico: Satana è geloso; lavora più intensamen­te che mai, soprattutto le anime religiose. Ora, l'orgoglio è molto sottile; s'insinua dappertutto, sì, dappertutto, perforo in religione. Ve ne sono molti che cadono nel­la illusione, che si credono o vogliono essere qualche cosa. Delle religiose si af­frettano a domandare un direttore, non appena provano un po' di gusto o qualche consolazione nell'orazione; affermano che non possono farne a meno, tormentano la Madre fino a che non siano riuscite. Una volta ottenuto il direttore, non si fini­sce; non si parla che di sé; non si pensa che a ciò che gli si deve dire: tutto ciò non è che ricerca; tutto ciò non è la semplicità. Ci si compiace a sentirsi dire: Figlia mia, il tuo stato è molto straordinario; tu sei chiamata a grandi cose: hai bisogno di qual­cuno che comprenda la tua anima. Guai al direttore che tiene un simile linguaggio, perché fa crescere l'amor proprio! la povera religiosa che l'ascolta con ciò si perde 3 facilmente. Numerosi sono i sacerdoti che, senza saperlo e senza volerlo, contri­buiscono alla perdita delle anime, invece di essere per loro un soccorso, perché cre­dono a tutto ciò che esse dicono loro, non avendo la minima idea che tutto ciò non è che illusione, immaginazione. Un direttore che fa vedere di dare importanza a co­se straordinarie, non è condotto dallo spirito di Dio, ma da quello di Satana; egli as­solve presso le anime l'ufficio del demonio, perché le aiuta a cadere.
Agnellini, Satana si trasformerà in Angelo di luce: con un po' di attenzione, voi lo riconoscerete sempre, perché cercherà, con le sue lodi, di ispirarvi orgoglio. Umi­liatevi, dite: lo non sono che niente, non merito alcuna grazia, ed egli se ne andrà.
Agnellini, vengo ancora a ripetervi come voi dovete agire con il piccolo nulla. Non abbiate l'aria di farne caso, non testimoniategli alcuna stima; non domandate­gli di pregare per voi. Controllate la vostra lingua, per non fargli mai supporre ciò che è accaduto in lei; non fategli mai domande per sapere ciò che ha provato, sia durante la possessione dei quaranta giorni, sia durante questi quattro giorni. Appe­na sarà rinvenuta dall'estasi, non si ricorderà di niente. Per non dimenticare la gra­zia di Dio, potete intrattenervi, nel tempo permesso (le licenze) e perfino durante
la ricreazione, di tutto ciò che ha avuto luogo; solamente, bisognerà parlarne come di cose che sono accadute in un altra comunità. Che il piccolo nulla non possa mai credere che si tratta di lei.
Non appena l'estasi sarà finita, dopo un istante di gioia, la tristezza comincerà per la novizia; il demonio, per tre anni, assillerà la sua immaginazione. Soffrirà al di là di tutto ciò che si possa concepire; un'altra persona, che avesse le stesse pro­ve, diventerebbe pazza. Satana farà di tutto per buttarla nella disperazione; non ve­drà in sé che peccati, si riterrà colpevole di tutti i delitti del mondo. Il demonio ten­terà di farla uscire; non si giudicherà degna di restare con voi. In quei momenti di prova, incoraggiatela, sempre tenendola nell'umiltà. Bisogna aiutarla a discendere sempre più profondamente nel suo nulla.
Prima della sua professione, essa osserverà tutta la Regola per un anno ma vi av­verto che non potrà farlo per lungo tempo. Sarà spesso malata; siate caritatevoli con lei, come con le altre.
Durante questi tre anni di prova, sarà spesso triste, piangerà. Fate finta di non accorgervene, questo non vi riguarda; non siete incaricate di consolarla: lo devono fare le Madri e ciò basta. Soltanto, che esse non la lusinghino, assolvendo questo compito caritatevole; santi più di lei sono caduti.
Commetterà degli errori; Dio lo permetterà, perché è il tempo della prova ed an­che affinché, più tardi, Satana non abbia presa su di lei con l'orgoglio. Più tardi, ef­fettivamente, farà grandi cose; sarà quasi sempre in estasi; si solleverà perfino nel­l'aria. Ma, ritornata in sé, avrà sempre il ricordo delle sue imperfezioni per tenerla nell'umiltà. Durante i suoi rapimenti, godrà; dopo l'estasi, soffrirà per la vista dei peccati del mondo, per la visione della perdita delle anime. Il piccolo nulla è una vittima; come vittima, deve sempre soffrire.
Agnellini miei, siate fedeli, siate fedeli; avete visto cose che la stessa santa Ma­dre non ha visto. Se voi non siete fedeli, Satana danzerà; sarà così contento di una vostra colpa leggera quanto di un peccato grave di un'altra anima.
Agnellini miei, fra un istante, andrò via. Quando sarò sul punto di andarmene, vi farò segno di uscire; voi spingerete il letto contro il muro; la sua maestra e l'in­fermiera resteranno sole con la novizia; crederà, ritornando in sé, che è stata a lun­go ammalata».
Le suore profittarono di quest' ultimi istanti per porre all'angelo diverse doman­de su diversi punti dell'osservanza: egli rispose a tutto con tanta saggezza, quanta amabilità. Non dimenticarono di ricordargli la sua promessa di dire il suo nome, prima di andar via. Rispose, con un ineffabile sorriso: Sono lo spirito di Maria; so­no l'angelo di Maria. Una leggera commozione pervase il corpo di suor Maria di Gesù Crocifisso: l'angelo se ne era andato. Tutta la comunità uscì dall'infermeria, ad eccezione di -Madre Elia e dell'infermiera.
CAPITOLO IX
Dopo la partenza dell'angelo - Serie continua di prove e di grazie Gesù e la "Piccola"
La novizia esclamò uscendo dal rapimento: «Vengo da una grande gioia. Dove ero?». Ben presto la tristezza si impadronì della sua anima; trascorse tutta la not­te in spaventosi dolori; provava una sete bruciante che non si poteva appagare, vo­mitava continuamente. Vedendo che il suo stomaco non poteva trattenere niente, fece benedire la bevanda dalla Priora. Questa benedizione fermò il vomito, le fe­ce gridare: « O fede quanto sei grande!». A diverse riprese, domandò di confessar­si, sia durante la notte, sia l'indomani: «Vede, diceva alla sua Maestra, quanto è grande la mia miseria. Tutta la notte, non avevo altro pensiero che quello di vole­re tre brocche d'acqua per poter spegnere la mia sete. Invece di pensare a Gesù, pensavo sempre al mio corpo! Ecco la mia debolezza! Mio Dio, potrò dire che ti amo, quando vedrò il mio corpo in cenere. Madre mia, mi sembra che sia un an­no che non la vedo. Ho passato tutto questo tempo nel mondo, dove non ho fatto che peccare. O mio Dio, ho commesso tutti i delitti». Satana, con un permesso di­vino, la persuadeva, secondo la profezia dell'angelo, che era colpevole di tutti i peccati della terra. L'indomani, 9 settembre, ricevette una visita celeste; lo spirito prese la forma della Madre Elia, come costei poté convincersi ascoltando il rac­conto della suora. «Vede, Madre mia, quale è la mia debolezza, le disse la novizia, è venuta a vedermi durante la ricreazione, mi ha detto: domanda tre uova sode con del sale e mangiale senza pane. Io non ho ubbidito subito, perché le uova sode non mi piacciono. Ma siccome l'ubbidienza porta grazia, ho trovato queste uova ec­cellenti! Madre mia, quando è venuta a trovarmi, non era come ora; sembrava mol­to più graziosa, mi piaceva di più allora. Era così buona, così dolce! Il vederla fa­ceva amare Gesù, i suoi occhi piangevano, ma il suo viso conservava sempre la sua dolcezza».
Madre Elia, che non aveva lasciato di fare la ricreazione, le domandò se si ricor­dava di ciò che le aveva detto: «Oh! Sì, Madre mia, le rispose la candida fanciulla, pienamente convinta che fosse stata Madre Elia ad averla visitata, mi ha detto: Se starai male per altri quindici giorni, sii contenta, accetta tutto; perché che tu stia male un giorno o quindici, è la stessa cosa. Accogli bene le prove che Dio ti man­derà. Avrai delle tentazioni, spera in Dio, non temere niente; Gesù ti ama, abbi coraggio. Mi ha abbracciata e le lacrime scorrevano dai suoi occhi. Oh! Come le sue parole lasciavano la pace, la gioia, l'amore di Gesù nel cuore! Era così amabile! L'a­mavo tanto! Lei adesso non è la stessa».
Quello stesso giorno, poté confessarsi. Scorgendo il sacerdote, esclamò: «Padre mio, è un anno che non la vedo. Quanto ho peccato! Ho molto bisogno di confes­sarmi!». Domandò che la si aiutasse a fare la penitenza, incapace come era di reci­tare solo la più piccola preghiera. Ripeteva le parole, gli atti d'amore che le si sug­gerivano, come una bambina.
La sola vista del cibo la disgustava. «Considerate la mia delicatezza, diceva umilmente, devo fare penitenza, e sono così difficile! Vorrei...»; si fermò, rifiutan­do persino di esprimere un desiderio su questo punto. La sua maestra pregò l'in­fermiera di offrirle un poco di pane bagnato nell'acqua e nel vino. «Era proprio ciò che sentivo di poter prendere, disse la novizia accettando con riconoscenza; ho pen­sato solamente che, se Gesù lo avesse voluto, avrebbe ispirato ai superiori di pre­sentarmelo, senza che io lo domandassi».
Allorquando la si lasciava sola un istante, il demonio le appariva sotto la forma di una suora della comunità, scortata da due demoni neri che minacciavano di stran­golarla. Questa vista la spaventava ma profittava lo stesso di ciò per umiliarsi. «Non so perché ho tanta paura, diceva, questa suora è così santa! Io sono così colpevole! Il pensiero della sua virtù mi fa senza dubbio tremare. Come sarei felice se potessi amare Dio come lo ama lei!».
L' 11 settembre, dopo la Messa, disse alla sua maestra: «Durante il santo Sacri­ficio, mi è sembrato di vedere la santa Vergine splendente di gloria, circondata da angeli più luminosi del sole. La santa Vergine mi ha benedetto dicendomi Figlia mia, esci prima della fine, io te lo permetto; lascia questo monastero, tu non hai la vocazione. Nello stesso tempo, provai turbamento, noia, un grande desiderio di uscire; per orgoglio, non ho osato domandare il permesso, consideri la mia debo­lezza. Ho visto tutto ciò nella mia immaginazione, senza credere che fosse real­mente la santa Vergine, perché non ho sentito alcuna grazia nella mia anima; non provavo che la voglia di uscire e la disperazione alla vista dei miei peccati».
Durante la ricreazione della sera, si parlò degli angeli custodi. Le suore le do­mandarono se amasse il suo: «Io non vedo niente, non so niente, rispose, desidero Gesù e Maria!». Alla fine della ricreazione, disse alla sua Maestra, quando furono sole: «Io non ho capito niente di tutto ciò che si è detto; sono tutta immersa nei miei peccati; non riesco a vedere altre cose». Satana, lo si vede, era sempre là per ten­tarla e scoraggiarla; ma la preghiera insegnata dall'angelo lo scacciava, come pure l'osservare l'obbedienza.
Il 12 settembre, supplicò di lasciarle praticare la Regola. Mostrando col dito il pavimento della sua cella, diceva: «Vorrei coricare la mia natura lì; vorrei annien-
tare questo corpo, più l'ascolto, più sono malata. Trattatemi come le altre, trovo molto buono ciò che si serve per tutte; quello che è particolare, lo trovo cattivo, mi fa male. È una grazia poter fare come le altre».
Rispose a Madre Elia, che l'interrogava sulle sue disposizioni: «Sono agitata nel corpo e nell'anima, sono come una bambina che cerca suo padre e sua madre sen­za poterli trovare» e piangeva; «voglio Gesù, aggiungeva, non voglio che Gesù, ma è troppo lontano da me, non posso raggiungerlo, ho troppo peccato..Vorrei essere abbandonata tra le mani degli uomini per soddisfare con la mia morte alla giustizia divina, per ottenere misericordia. Ho offeso Dio, questo Dio così buono che mi ha creata e posta sulla terra per amarlo e servirlo. Nessuna speranza per me! Voglio tuttavia sperare, malgrado tutto.
Vedo sempre la mia tomba aperta, tutto passa! Il cielo o l'inferno durano per sempre! Ho tanto peccato, niente ho fatto per Dio! Non ho bisogno che di lui, ed è lontano! I miei peccati lo hanno costretto ad allontanarsi. Gesù non abbandona mai per primo. Sono triste ed annoiata senza Gesù; tutto mi secca lontano da lui. Vorrei esser sola in silenzio, parlare di me, perfino in direzione, mi infastidisce; ma non voglio seguire la mia natura. La volontà di Dio in tutto! Non ho bisogno che di Dio».
Trovandosi lo stesso giorno nel coro, si mise in spirito ai piedi della croce. Le sembrava di respirare il profumo del sangue di Gesù uscente dalle sue piaghe aper­te. Il Salvatore soffermò il suo sguardo su di lei e disse: Spera!. L'indomani, rife­rendo alla sua Maestra questa visione, le diceva con un viso raggiante rivolto ver­so il cielo: «Bel cielo, spero di vedere mio padre, mia madre, i miei amatissimi fratelli! I miei nemici andranno in fondo agli abissi. Gesù tuttavia non mi ha detto Ti perdono!, mi ha detto Spera! Non ho alcuna consolazione, ma il mio cuore spe­ra. lo spero, io spero, io spero».
Dal 10 al 15 settembre, Satana, a più riprese, assunse la forma dei santi per ten­tarla e renderla disperata, per dirle che era destinata all'inferno, che doveva lascia­re il convento; ma lei scoprì sempre le sue astuzie e lo cacciò col segno di croce. Satana la tentò insinuandole di sposarsi; ella formulò questa sublime risposta «Tut­te le mie gioie, tutte le mie speranze, tutti i miei figli sono le umiliazioni, il di­sprezzo e le sofferenze».
Durante questi giorni di prova, domandò, convinta della sua indegnità, di non comunicarsi; ma poi obbedi, malgrado le sue ripugnanze. Un giorno in cui la ten­tazione era più forte, scongiurò la sua Maestra di non obbligarla a fare la comu­nione. Madre Elia, per tutta risposta, posò la sua mano sulla testa della novizia, di­cendole: se hai fede, obbedisci. «Si, Madre mia», riprese subito lei. Dopo il ringraziamento, disse alla sua Maestra «Madre mia, Gesù mi ha dato un poco di speranza per ricompensare la mia obbedienza. Dietro di me, ho visto come un gran­de mare nero, pieno di grosse bestie nere, di serpenti. Davanti a me, ho visto un lun­go sentiero; alla fine di esso, Gesù come nascosto; tutta la strada era coperta di grosse pietre che rendevano il cammino molto difficile. Occorre molto coraggio e buona volontà per camminarvi. Andando avanti si trovano meno pietre. Il grande mare e le bestie si trovano sempre dietro, vicino alle persone che procedono sem­pre più fino alla fine della strada. Ho visto molte persone che camminavano con ar­dore. Quando si arriva vicino a Gesù, la strada diviene dolce; il grande mare nero si cambia in un mare di luce, e, al posto delle bestie, si vedono gli angeli.
A sinistra del grande mare ho visto un piccolo lago la cui acqua non era neris­sima: c'erano anche delle bestie, ma piccole; accanto, si trovano i piaceri. Le per­sone che restano lì, sprofondano nel lago, che diventa tutto nero; le bestie cresco­no, divorano l'anima e la fanno cadere nell'inferno. Vedi,, figlia mia, mi ha detto Gesù, con l'obbedienza camminerai nella strada che conduce a me; il grande ma­re, sono i peccati gravi; coloro che vengono a me, perdono questi peccati e io re­galo loro il cielo, mentre altri meno colpevoli, se restano nel lago, figura del mon­do e della natura, finiscono per cadere nell'inferno».
Un altro giorno, diceva alla sua maestra: «Vedo con l'immaginazione una pic­cola come me, anzi ancora più piccola. La santa Vergine la tiene per mano e la dà a Gesù. Gesù l'offre a suo Padre, che la prende nelle sue braccia e le fa mille ca­rezze. Vedendo questa piccola così amata dal buon Dio, dissi: Se non avessi tanto peccato, sarei, come lei, la fidanzata di Gesù. Oh! quanto sono triste! Non che io mi dispiaccia per le consolazioni gustate da quella piccola; ma Dio mi ha creata per amarlo e servirlo, ed io, ingrata, ho offeso questo Dio così buono!».
Almeno, le domandò Madre Elia, conservi il ricordo delle grazie di Dio?'9«Sì, certo, rispose lei, come dimenticare la grazia del battesimo e quella di essere stata nutrita e protetta da Dio, io, povera orfana, per fare di me una figlia del Carmelo? E ancora il buon Dio permette che mi si custodisca qui, me, povera, ignorante e sempre malata. Oh! quante grazie Dio mi ha fatto! ed io come ho potuto offender­lo tanto? Tuttavia la vista di questa bambina, che mi rassomiglia, che Maria offre a Gesù, e Gesù a suo Padre, mi dà speranza». Tutto a un tratto, la sua figura si animò; elevò le mani e gli occhi al cielo, e dalla sua bocca venne fuori questa preghiera, che così spesso ripeterà in seguito: «Mio buon angelo, offrimi a mia Madre! Madre mia, offrimi a Gesù! Abbia pietà di questa peccatrice! Dammi a Gesù! Gesù, offri­mi a mio Padre! Padre giusto, io mi getto ai Tuoi piedi; ho molto peccato, ma tu sei buono! Hai tutto creato in cielo e sulla terra, con amore, per noi! E io, ingrata, ti ho tanto offeso, o Padre mio! Padre santo, ho fame, tu sei il mio nutrimento! Ho sete, tu sei il mio refrigerio. Sei la mia vita, la mia forza, la mia luce! Sei infinitamente buono, infinitamente grande e noi non ti pensiamo! Davanti ai grandi della terra, noi tremiamo. E te, mio Dio, non ti conosciamo abbastanza; osiamo dimenticarti, offenderti! Mio Dio, abbi pietà di me, di me, così orgogliosa, di me, letame gonfiato, abbi pietà di me! Chi è simile a te? Spero che mi userai misericordia! Mio Dio, mille volte morire, piuttosto che offenderti! Non sono degna di essere con te in cielo; sarò contenta di restare alla porta; almeno, da lì, potrò vederti, te, mia vi­ta, mia speranza, mio tutto! Se tu mi vuoi all'inferno, io andrò per compiere la tua volontà; lascia che ti veda almeno una volta, e dappertutto e sempre ti benedirò, in inferno o in Paradiso».
Ecco la visione che ebbe, il 18 settembre, durante l'orazione: «Ho visto, diceva, un roseto in un luogo oscuro, privo di luce e di calore. Sul roseto, ho visto un'ani­ma. Il roseto era coperto di boccioli di rose appassite, si era in una notte profonda. Di frammezzo al roseto, l'anima alzò la voce verso il cielo, diceva: O sole di giu­stizia, vieni a rischiararmi! Fa' scendere su di me il tuo calore! Vieni a sciogliere questo gelo che mi penetra! Vieni, Gesù, sole di giustizia! Vieni a far fiorire queste rose per tua gloria! Dopo che l'anima ebbe così pregato, ho visto la luce e il calo­re scendere su questo roseto: i boccioli si sono aperti, le rose sbocciate, e il loro profumo ha reso lieto il mondo. Ho pensato allora di ripetere questa preghiera, non per essere come questo roseto (io non sono che letame), ma per attirare il Sole di giustizia sulla mia anima appassita e gelida per il peccato: questa preghiera mi ha dato la speranza». Ed aggiungeva, con incantevole candore: «Posso farlo? Non vo­glio dare importanza ai miei pensieri, io conservo solo ciò che mi immerge nell'a­more di Gesù e nel disprezzo di me stessa».
Il 20 settembre, fu tentata di non comunicarsi, perché si vedeva coperta di pec­cati; ma, sempre obbediente lo fece malgrado le sue ripugnanze. Dopo la comu­nione, vide davanti a sé come una cavità coperta di fiori; al disotto c'era un abisso e lei aveva un piede sull'orlo di questa cavità. Nello stesso tempo, sentì una voce che le disse, dandole un filo: Questo filo è l'obbedienza; la tua volontà è attratta verso questa cavità coperta di rose; questi fiori sono l'immagine dei piaceri, delle fantasie, esse sono marce nella parte inferiore. Se tu avanzi il piede, cadi; segui il filo dell'obbedienza ed entrerai nel cammino che conduce a Gesù. « O Madre mia, diceva lei raccontando questa visione, come è buono Gesù! Quanto voglio amare sempre l'obbedienza! Oh! Obbedienza, ti amo, ti voglio seguire; non ho più voglia di andarmene. Ne avevo un così grande desiderio durante la Messa, per non dover più obbedire, soprattutto per non dovermi comunicare con delle disposizioni così cattive! Con una simile comunione mi sembrava essere l'inferno. Quanto sono cie­ca! Grazie, mio Dio, di avermi illuminata». Durante la notte, Satana tentò di farla uscire, parlandole sotto la forma di santa Teresa; la suora invocò Maria e il demo­nio fu vinto.
L'indomani una celeste apparizione venne a visitarla sotto la forma di Madre Elia. Ecco come lo si seppe.
Vedendo entrare la suora infermiera nella sua cella, la novizia disse tutta con­tenta «Madre Elia è uscita or ora»; e, mostrandole un lavoro ad ago, aggiunse «Ma­dre Elia ha fatto questo cucito per insegnarmi a lavorare bene». L'infermiera si af­frettò ad informare Madre Elia di ciò che aveva appreso; questa si recò dalla novizia per conoscere la verità sul fatto, visto che lei non aveva visitato suor Maria quel giorno. La pregò, senza altro preambolo, di ripeterle ciò che aveva detto. La mala­ta, sorpresa, credette che la sua maestra l'interrogasse così per provarla; le rispose ingenuamente che non se ne ricordava più. Ebbene, riprese Madre Elia, facciamo una preghiera al tuo angelo custode, affinché ti ottenga di ricordartelo. Finita la preghiera, la novizia le disse: «Quando è venuta questa mattina, le ho comunicato le mie impressioni sulla comunione. Ma perché ridirle adesso?» Per farti praticare l'obbedienza, rispose Madre Elia. «Ebbene, riprese subito suor Maria, avevo visto, dopo la comunione, una bambina come me, vestita come me e che mi rassomiglia­va perfettamente; era solo molto più piccola di me. Gesù la teneva nelle sue brac­cia, sembrava la amasse molto. Ero gelosa di questa bambina e ho detto a Gesù: questa piccola è felice, tu l'ami tanto! Sì, io l'amo, mi ha risposto Gesù, vedi come la tengo nelle mie braccia, ma lei non lo sa. Ed io ho detto a Gesù: ma ella è nelle tue braccia! Ah! se fossi al suo posto, ti assicuro che lo sentirei e quanto sarei feli­ce. O piccola, prega per me che non sono che peccato. Tu sei pura, ed io non sono che letame. Questa piccola non mi vedeva. Non guardava che Gesù, e anche Gesù la guardava sempre. La sua vista mi diede tuttavia un po' di speranza. Osai dire a Gesù: o Gesù, tu sei venuto per i peccatori. Io non sarò mai come questa piccola ma infine voglio sperare. Le ho detto tutto ciò questa mattina, Madre mia, e lei ha pianto perché mi ama; anch'io sentivo che lei mi ama; era più amabile di adesso. Usciva da "lei" un profumo che arrecava la grazia nella mia anima. Perché non pos­so sentire, in questo momento, questa stessa grazia? Mi ha detto piangendo: abbi fiducia, bambina mia; la Vergine santa ti ama, è con te; ti guarda, ma tu non la ve­di; sii molto obbediente. Mi ha dato speranza, conto sulla misericordia di Dio così buono, così amabile! Chi è come Dio?».
La notte, diceva con una voce commovente: «Santa Vergine, Madre mia, mi get­to ai tuoi piedi; ho molto peccato, ma ti cerco, Madre amata. Cerco anche Gesù; ma tu ti nascondi, come pure Gesù. O Madre mia, abbi pietà di questo piccolo nulla! O Gesù, perdonami; non voglio più offenderti, abbi pietà di questa povera orfana! Tu non sei venuto per niente sulla terra, non sei venuto per i giusti; sei venuto per salvare i peccatori! lo non ho più Gesù; sono un piccolo nulla abbandonato. Dio mio, Dio mio, misericordia! Tu sei infinitamente buono, spero in te!».
Le tenebre interiori diventavano sempre più fitte, nella sua anima; non si crede­va degna che dell'inferno; fu per pura obbedienza che si comunicò l'indomani. Ri­vide nelle braccia di Gesù la stessa bambina, la quale non sembrava avere che tre anni, sebbene le rassomigliasse in tutto. Amo questa bambina, le diceva il Signore, perché è piccola; i grandi non saranno con me. Queste parole del Salvatore contri­starono la novizia: «Come fare, diceva a Madre Elia. Il buon Dio non ama che i pic­coli, ed eccomi grande; non posso tagliarmi per farmi piccola». La sua Maestra le fece comprendere che Gesù aveva voluto parlare dell'infanzia spirituale, la quale non è altro che l'umiltà; questa spiegazione consolò il suo cuore dissipando la sua pena.
Il 23 settembre, Satana si presentò di persona per venirla a tentare. Se un re po­tente e un esercito nemico venissero a piombare su di te, le disse, che cosa faresti? «Offrirei di tutto cuore queste prove a Gesù». E se si volesse distruggere la tua ver­ginità? «Io mi getterei dalla finestra. O felicità di sacrificare la propria vita per Ge­sù! Vorrei morire martire». Esci da qui, dove si deve sempre obbedire, dove non si può mai seguire la propria volontà; ritirati in un deserto, potrai meglio servire il tuo Dio, contemplerai la creazione. «Mi piace contemplare la creazione nel nostro giardino. Obbedire è per me volontà di Dio». Verrà nell'Ordine, una grande santa, conoscerà tutti i tuoi peccati e ti farà mandare via. «Se è santa, avrà una grande ca­rità; spero che avrà pietà di me».
Satana andò via furioso; la novizia ringraziò il Signore dicendo «La grazia di Dio mi ha fatto vincere il demonio, da sola, non posso niente».
Satana ritornò presto alla carica e le disse Tu non amerai mai Gesù. «È vero, ri­spose lei, che non amo Gesù come dovrei e come merita, ma voglio amarlo. Vatte­ne, Satana, io almeno non ho il desiderio di amare te, per te nient'altro che di­sprezzo!». Tu sarai causa dell'uscita di tale suora. «Amo questa suora, prego per lei, se esce non ne risponderò; quanto a me, non voglio uscire». Ma tu sei sempre malata. «Non amo il mio corpo, vorrei vederlo ridotto in cenere». Tu sarai con me. «Con te, Satana? Tanto meglio, ti odierò un po' di più, cercherò Gesù un poco di più: vorrei vederti sempre come ora, perché non dimenticherei mai Gesù». Il de­monio se ne andò.
Le si domandò un giorno se fosse tentata di orgoglio; questa domanda parve sor­prenderla. «Eh che! lei rispose, un letamaio come me potrebbe avere orgoglio? Oh no!». Ne hai più di quanto non credi, replicò la sua Maestra; più se ne ha, meno si pensa di averne. «Lo credo, visto che me lo dice lei, riprese umilmente, ma ho tan­to peccato! Non sono che peccato! Che cosa potrebbe fare inorgoglire, me, povera ignorante, sempre malata e senza virtù, che non sa né leggere, né parlare? Che 'po­sto c'è in tutto ciò per l'orgoglio?».
L'indomani, per mantenerla nell'umiltà, Dio le mostrò gli angeli custodi delle suore sotto le vesti di graziosi bambini, mentre, accanto a lei, vide un grande de­monio nero, con un bastone in mano. Questo contrasto dapprima la spaventò, ma colse subito la lezione che il Signore voleva darle. «Questo demonio, disse, è la mia immagine; esso è grande: ecco il mio orgoglio; esso è nero: ecco i miei peccati. Mio Dio, abbiate pietà di me!». Domandò il permesso di raccontare davanti a tutte le suore ciò che aveva visto, e le scongiurò di pregare per lei, per ottenerle un po' di umiltà.
Una nuova lotta si ingaggiò tra il demonio e la novizia: Ti sei riposata, le disse Satana, invece di lavorare. «Sì, mi sono coricata, rispose lei, per obbedienza; pre­ferisco più di tutto obbedire». Tu ti sei pettinata. «Sì, mi sono pettinata per decoro. Gesù ama il decoro, io l'ho fatto per Gesù e non per te: tu sei sporco, vattene! Io offro tutto a Gesù. Se non avessi offerto tutto a Gesù, il resto sarebbe per te, ma io ho offerto tutto. Oh! quanto l'obbedienza è buona: è mio fratello; l'umiltà, è mia madre; la semplicità, è mio padre. L'obbedienza è Gesù; l'umiltà è Maria; la sem­plicità è Giuseppe, ecco i miei modelli. Satana, angelo decaduto, ti disprezzo!». Ec­co la mia grandezza, le mie ricchezze; io le do a quelli che mi seguono, sono re. «Tu, re! Gesù solo è il mio re; preferisco essere povera con Gesù. Tieniti il tuo re­gno, le tue belle campagne, i tuoi polli, il tuo grande arrosto, preferisco il pane sec­co con Gesù. Ti disprezzo come una carta straccia. Dici che mi dai delle noci? Vuoi conoscere le mie noci? Le mie noci è sospirare dietro Gesù. E ti sto per dire quale è il mio pane: è Gesù; è la sofferenza di ogni istante, è l'amore: ecco il mio pane, ecco la mia bevanda. Io disprezzo la tua bevanda, la tua acqua zuccherata, la tua ac­qua odorosa. Ho sete di anime, del calice della sofferenza: questa è la mia bevan­da. Tieni per te i tuoi piaceri, le tue ricchezze, i tuoi regni, preferisco la povertà. Tu dici che io diverrò cieca? Tanto meglio: la cecità mi farà andare da Gesù. Gesù sarà la mia luce; l'obbedienza sarà la mia luce. Felici gli occhi sempre chiusi! Gesù sarà la loro luce. Tutto passa sulla terra. Se quaggiù io fossi sempre nelle tenebre e nel­la sofferenza, nel cielo gioirò sempre con mio Padre».
È così che la novizia trionfava sempre sugli assalti di Satana.
Durante la recita dell'ufficio dei morti, sembrò un giorno molto felice. Raccon­tava che le sembrava di vedere, le povere anime del Purgatorio come tante piante inaridite; la preghiera delle suore cadeva su di loro, come la rugiada dal cielo, ren­deva loro la freschezza e la vita.
Nei rapporti di suor Maria di Gesù Crocifisso con Dio, quello che dominava era lo spirito di infanzia. Esprimeva un giorno in modo incantevole questo stato della sua anima. «Io sono, con il buon Dio, diceva, come un bambino con suo padre. Se il padre è ricco, il bambino reclama sempre nuovi alimenti, abiti nuovi sempre più belli; egli ama cambiare tutti i giorni. lo sono così con il Padre mio del cielo, così ricco. Non conservo niente di ciò che mi dà ogni giorno, gli restituisco tutto. Gli di­co: Padre amato, tua figlia è povera, non ha niente; ma tutto ciò che è tuo mi ap­partiene. Dammi qualche cosa per oggi, dammi la tua parola: quanto è dolce! Dam­mi il tuo amore, perdona i miei peccati».
Ascoltiamo gli eccellenti consigli che ella dava un altro giorno in estasi: «All'i­nizio della vostra orazione, riconoscete la vostra debolezza, la vostra povertà. An­date da Gesù, domandate di illuminarvi, di attirarvi, in ogni cosa diffidate di voi stessi; temete prima di tutto le vostre azioni. Pensate a Gesù, unitevi a Lui. Prima della preghiera, prima del lavoro, unitevi al suo spirito quando era sulla terra. Pen­sate all'amore del Padre che vi ha dato Suo figlio per prendere la vostra forma; non è venuto come un angelo, né come un Dio, ma è venuto nella vostra forma per es­sere vostro modello in tutto.
Praticate l'umiltà: avrete la luce. Praticate l'obbedienza: possederete la via. Pra­ticate la carità, diventerete puri. Praticate la pazienza, la dolcezza, avrete qualche cosa da offrire a Gesù. Prima di ogni azione, invocate la luce, la grazia dello Spi­rito Santo. Dite: Mio Dio, abbi pietà di me; vieni in mio aiuto! Gesù non è rima­sto che trentatré anni sulla terra per insegnarci a profittare del tempo, a lavorare per l'eternità. La terra deve essere resa alla terra, le vostre opere sussisteranno. Se voi avete lavorato per Gesù, andrete in Cielo con Dio a godere tutta un'eternità. Vede­te se potete misurare l'eternità, pensateci. Siate umili, piccolissime quaggiù. Felice l'anima che cerca sempre di essere niente, di essere l'ultima dappertutto! In cielo sarà la prima.
Se fate qualche volta degli errori, non scoraggiatevi; umiliatevi, confessate la vostra debolezza, la vostra miseria; ricorrete sempre a Dio. Guardatelo sempre, amatelo, pensate a Lui».
Il Vescovo di Bayonne, su richiesta della Priora, aveva autorizzato Padre Save­rio,` carmelitano, ad entrare nella clausura per esaminare più da vicino lo stato straordinario di quest'anima. La novizia era rapita in quel momento e versava la­crime. «Piango per i miei peccati, diceva con una voce commovente; piango per i peccati del mondo. O peccatori, se conosceste la grandezza di Dio, non pecchere­ste mai. Aggiunse rivolgendosi al demonio: Satana, tu rubi le anime a Dio, tu le ac­cechi; tu non puoi donare niente, tu prendi; tu inganni le anime, tu le perdi; esse ab­bandonano Dio per seguirti. Tu prendi ciò che Dio ha creato, tu non hai niente di tuo. Mostra la tua grandezza. Bestia villana! Tu dici che io non vedrò mai Dio! Eb­bene, io non ho bisogno di vedere Dio sulla terra; la fede mi basta. Mio Dio! Io non desidero che tre cose, tre virtù: l'obbedienza, l'umiltà, la semplicità. L'obbedienza, è Gesù; l'umiltà, è Maria; la semplicità, è Giuseppe». Un linguaggio così pieno del­lo Spirito di Dio, non poteva venire che da Dio.
Il giorno della festa di santa Teresa, suor Maria di Gesù Crocifisso poté seguire tutti gli esercizi della comunità. Domandò di confessarsi prima della Messa, perché aveva bisogno del permesso del confessore su un punto. «II sacerdote, disse a que­sto proposito alla sua Maestra, rappresenta Dio, è Lui che io ascolterò: parola del sacerdote, parola di Dio per me. Se il sacerdote mi dice che posso raccontarglielo, lo farò. Nel sacerdote, io non vedo che Dio; non cerco la scienza del sacerdote, ma la virtù di Dio in lui».