venerdì 22 giugno 2012

BEATO PIO IX, IL PAPA DELL'IMMACOLATA, "il Papa scomodo"



Beato Pio IX, "Il papa scomodo", di F. Cannone prefato da de Mattei

FABRIZIO CANNONE, Il Papa scomodo. Storia e retroscena della beatificazione di Pio IX, Ed. Ares 2012




Prefazione di Roberto de Mattei


L’8 febbraio 1878, don Giovanni Bosco scriveva: “Oggi alle 3.30 si estingueva il sommo e incomparabile astro della Chiesa, Pio IX. Roma è tutta in costernazione e credo lo stesso in tutto il mondo. Entro brevissimo tempo sarà certamente sugli altari” . (1). 


Queste parole del santo piemontese riassumono i sentimenti del mondo cattolico alla notizia della morte di Giovanni Maria Mastai Ferretti, che con il nome di Pio IX aveva governato la Chiesa dal 1846 al 1878. Don Bosco era dotato di spirito profetico, ma la sua previsione sulla rapida canonizzazione di Pio IX si rivelò questa volta fallace. Fin dal 24 maggio 1878, giorno della festa, di Maria Auxilium Christianorum, i vescovi del Veneto indirizzarono al nuovo Pontefice Leone XIII, un’istanza canonica per avviare il processo di canonizzazione del defunto pontefice; molte furono le richieste che seguirono nel corso degli anni e dei decenni, ma fu solo nel 2000 che Papa Mastai, beatificato da Giovanni Paolo II, avrebbe iniziato la sua ascesa agli altari. Dopo la sua beatificazione si apre ora l’ultima fase, quella della canonizzazione, che gli darà ufficialmente il titolo di Santo.

La storia del processo di canonizzazione di Pio IX e della sua fama di santità è l’oggetto dell’approfondito studio di Fabrizio Cannone, frutto del suo dottorato di ricerca; uno studio che ci permette di dare all’iter processuale uno sguardo di insieme e ci offre nuovi elementi per una riflessione storiografica.
Segno di contraddizione durante tutto il suo lungo pontificato (1846-1878), Pio IX continuò ad esserlo anche dopo la morte. La traslazione delle sue spoglie da San Pietro presso la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura, nella notte del 13 luglio 1881, suscitò reazioni furibonde. La processione notturna, a cui presero parte, oltre a numerosi prelati, uomini e donne del popolo, fu attaccata da facinorosi che tentarono di assaltare il carro funebre, per gettare al Tevere la salma di Pio IX. La notizia dell’oltraggio suscitò indignazione in tutto il mondo, non solo da parte dei cattolici, ed ebbe come conseguenza di accrescere la venerazione per il Pontefice. Il conte Giovanni Acquaderni, già in prima linea nella promozione del culto del Papa, prese l’iniziativa di erigergli un maestoso sepolcro nella basilica di San Lorenzo iniziando una raccolta di fondi su scala internazionale. È in questa sontuosa cappella che ancora oggi riposano le spoglie di Papa Mastai.


Papa Leone XIII non lesinò gli elogi pubblici al suo predecessore, ma malgrado l’aumento della devozione popolare e le numerose richieste, si mostrò reticente ad aprire la causa di canonizzazione, anche per non inasprire lo scontro con il nuovo Stato italiano. Non parve invece esitante san Pio X il quale, nel 1904, cinquantenario del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, promosse le inchieste preliminari sulla fama di santità (virtù in grado eroico e miracoli) del proprio predecessore e il 7 dicembre 1907 ne introdusse il processo di beatificazione.
Papa Sarto aveva abolito il “non expedit” piano, a cui si era attenuto anche Leone XIII, ma la sua linea di governo, per la chiara impostazione “religiosa”, ben diversa da quella “diplomatica” del predecessore, esprimeva una forte continuità con il pontificato di Papa Mastai. Mons. Antonio Cani, primo postulatore, registra l’universale fama di santità che da trent’anni circondava il Pontefice, “il che conferma anche meglio che la venerazione goduta dal Servo di Dio in vita era diretta alla santità, più che alla dignità che lo rivestiva” (art. 387) (2); e, come rileva Cannone, sembra esprimere una velata critica a Leone XII, affermando che “era riserbata al sovrano Pontefice regnante, erede del nome e delle virtù del gran Pio, la gloria di gettare la prima pietra per la piramide da innalzarsi a la santità di lui” (art. 395) (3) .


Il processo romano, detto ordinario, iniziato nel 1907 durerà sino al 1922, mentre accanto ad esso furono istruiti i processi regionali, detti rogatoriali, nei luoghi dove Pio IX visse e operò: a Senigallia dal 1908 al 1915, a Spoleto nel 1916, a Imola dal 1908 al 1916, a Napoli dal 1907 al 1913. Nel complesso si trattò di 243 testimonianze “de visu vel de auditu a videntibus”, tutte cioè di persone che avevano avuto rapporti col Servo di Dio o conservavano il ricordo di testimoni diretti, rilasciate da ecclesiastici e da non pochi laici. L’enorme materiale raccolto confluì quindi nei dodici poderosi volumi della Positio.


L’impulso dato da Pio X alla Causa di Papa Mastai si attenuò però sotto i suoi successori Benedetto XV e Pio XI. Non era in discussione la santità di Pio IX, ma l’opportunità politica di un gesto pubblico e solenne quale era e rimane la beatificazione di un Servo di Dio che abbia svolto un ruolo pubblico. Pio IX, pur italianissimo, era il Papa dell’“antirisorgimento”, mentre il Fascismo si presentava come una “Rivoluzione nazionale” che proprio nel Risorgimento gettava le sue radici. La beatificazione di Pio IX sarebbe apparsa un atto pubblico che avrebbe nuociuto al nuovo clima di collaborazione tra la Santa Sede e il Regime fascista.


Nel 1927, don Luigi Orione fu chiamato ad affiancare mons. Antonio Cani come Vice-Postulatore della causa di Pio IX. Alla morte di mons. Cani, però, il sacerdote di Tortona non fu nominato Postulatore, come molti si aspettavano, proprio perché, in concomitanza con la avvenuta Conciliazione, l’11 febbraio 1929, la causa fu nuovamente sospesa per volontà di Pio XI.


Don Orione continuò a promuovere la devozione verso Pio IX: ne parlò, ne scrisse, ne raccolse e diffuse le reliquie. Parlando ai novizi di Villa Moffa, il 4 dicembre 1937, spiegava le difficoltà che aveva incontrato, e stava incontrando la Causa di Pio IX con l’intervento del demonio: La Causa di Beatificazione di Pio IX ha avuto un arresto. Il demonio tenta di impedire che la Causa di Beatificazione continui, perché non vuole la glorificazione del Papa dell’Immacolata”.


Fu sotto Papa Pio XII, dopo la guerra, che la causa riprese slancio, con la pubblicazione delle Positiones e del Decreto di Introduzione della Causa, emanato il 7 dicembre del 1954, a firma del cardinale Amleto Cicognani (AAS, XXII (1955) (4)). Questa fu celebrata dal 1955 al 1956 con 1’escussione d’altri 19 testi sulle virtù e sui “miracoli” di Papa Mastai. Il nuovo postulatore mons. Alberto Canestri, pubblicò un ragguaglio di ben 133 “miracoli” attribuiti all’intercessione del Servo di Dio Papa Pio IX. Ancora sotto Pio XII apparvero il Decreto sul non-culto (18 febbraio 1955) e il Decreto sulla validità del processo apostolico (15 maggio 1957). I1 25 ottobre 1956 ci fu un altro dei previsti adempimenti: l’esumazione e il riconoscimento della salma. Il corpo fu trovato intatto ed il fatto fu rilevato anche dai rappresentanti della stampa presenti.


Quando nel 1962 uscì la Nova Positio super Virtutibus, a cura del cardinale Ferdinando Antonelli, Pio XII era morto e gli era succeduto Giovanni XXIII, che sembrò manifestare interesse per la prosecuzione del processo di canonizzazione, autorizzando la presentazione della Causa davanti alla Congregazione preparatoria, il cui “Decretum ad ulteriora” fu emesso il 4 luglio del 1963, un mese dopo la morte del Papa, a cui era intanto succeduto Paolo VI. Sotto Papa Montini, il processo di canonizzazione di Pio IX conobbe però un nuovo rallentamento e sembrò arenarsi. Al cardinale Gaetano Aloisi Masella successe come Ponente, o Relatore Generale il cardinale Francesco Carpino e al cardinale Antonelli, come Promotore della Fede, il padre Raffaele Perez Fernandez. Dopo che quattro cardinali (Pietro Parente, Sergio Guerri, Umberto Mozzoni e Pietro Palazzini) il 6 novembre 1973 inoltrarono una supplica al Papa Paolo VI perché disponesse la ripresa della causa, il padre Perez, sollecitato ancora dai card. Palazzini e Parente, fece conoscere le 13 obiezioni emerse durante le sedute antepreparatoria e preparatoria. Nella sua relazione del 19 aprile 1974, padre Perez afferma tra l’altro che “si rimane perplessi dinanzi alle incalcolabili conseguenze negative che derivarono per la vita della Chiesa in Italia dalla politica di irriducibile intransigenza alle aspirazioni italiane di unificazione e indipendenza nazionale e del non aver riconosciuto l’irreversibilità del fatto storico: una ‘miopia collettiva’ da cui non andò immune il Pontefice” (5). La relazione si conclude con queste significative parole: “Si teme, da parte di alcuni Padri, che i tempi non siano ancora maturi, e che una eventuale glorificazione del Servo di Dio, pur tanto insigne e benemerito per la Chiesa, possa scatenare una nuova campagna da parte di liberali e altri anticlericali; potrebbe anche (a giudizio di alcuni) suonare biasimo alla giusta linea successivamente instaurata e promossa, non sempre corrispondente alla linea di pensiero e di azione segnata da Pio X” (6).


La posizione dubbiosa di padre Perez sembra riflettere quella di Paolo VI, che nel primo centenario della morte di Papa Mastai, commemorò il suo predecessore con una Messa solenne celebrata in San Petro il 5 marzo 1978. In questa occasione Paolo VI affermò però che la complessità dei fatti che si verificarono e i problemi che si posero nel corso del pontificato di Pio IX rendevano necessario “un ulteriore periodo di decantazione, perché la prospettiva si allarghi, perché si faccia maggior luce, perché si comprendano meglio gli avvenimenti e le loro motivazioni più profonde e più vere, in modo che, fugato ogni residuo di passionale animosità e di pregiudizio, la personalità di questo Pontefice possa emergere nella sua dimensione di autenticità umana, di irradiante bontà e di esemplare virtù” (7).
Altrettanto riduttiva fu la posizione dell’Avvocato della Causa, lo svizzero Carlo Snider, nominato nel novembre del 1976, secondo cui, per portare avanti con successo il Processo di Pio IX era necessario ammettere gli “errori” del Pontefice, anche se questi errori non avrebbero invalidato né il suo magistero né la sua ricerca di santità. “Pio X si è comportato con assoluta rettitudine di animo e propositi, e (…) questa rettitudine non è venuta meno neppure quando, per motivi indipendenti dalla sua volontà, il Papa ha seguito un indirizzo pratico rivelatosi poi poco opportuno” (8). Si trattava della nuova linea “post-conciliare”, che cercava di evitare ogni occasione di “scontro” tra Chiesa e mondo. Per gli stessi motivi, come mi confermò in un colloquio privato il Cardinale Palazzini, allora Prefetto della Compagnia per la Causa dei Santi, venivano bloccate le cause di beatificazione dei martiri della Rivoluzione Francese e della Guerra di Spagna e veniva rinviata quella del servo di Dio Carlo di Asburgo.


La difesa di Pio IX, in quegli anni in cui era difficile difendere l’ortodossia della fede, si deve soprattutto al postulatore mons. Alberto Canestri (1882-1970) e poi a mons. Antonio Piolanti (1911-2001), che ne raccolse l’eredità. Mons. Canestri pubblicò dal 1954 fino alla morte il bollettino “La Voce di Pio IX”, in cui, contro le interpretazioni “minimaliste” che si facevano strada, non esitava a rivendicare la dimensione, anche pubblica, della figura di Pio IX. Nell’ultimo numero della sua pubblicazione, in un articolo, opportunamente ricordato da Cannone, dal titolo “Non spostiamo i periodi della storia" mons. Canestri indirizzava una “Lettera aperta ai cattolici che in una festa del 1970 si piegassero ad uno dei troppo opportunissimi adattamenti e ad un ecumenismo non religioso ma politico e mi volessero presentare un Pio IX in semplice mitra senza il vecchio triregno di sovrano temporale e padre dei popoli e principe dei suoi giorni (…) Questo è il Pio IX che non poteva essere assolutamente diverso il 20 settembre 1870! Non me lo cambiate in minigonna, in calzoni nel 1970! Nessun me lo camuffi da vessillifero che, cambiata la sua bandiera bianca e gialla, si era preso il tricolore. Questo sarebbe più sacrilego della invasione del 20 settembre: dipingere calunniosamente un Pio IX non Pio IX. Facciamone il santo coerente a sé stesso. Progressisti fate almeno un esame di coscienza, non dico sulla vostra fede, della quale ormai mi fate tanto dubitare, ma sulla virtù naturale della sincerità” (9).
Nel primo numero dell’ultimo anno di vita del bollettino, parlando della commemorazione di Pio IX celebrata dall’allora mons. Pietro Palazzini, si dice che “il venerando mons. Alberto Canestri (…) era rappresentato da mons. Antonio Piolanti, segretario della Pontificia Accademia Teologica Romana” (10). Fu proprio mons. Antonio Piolanti, già Rettore della Pontificia Università Lateranense, ad essere nominato postulatore della causa il 31 maggio 1971 e a prendere il testimone di mons. Canestri portando avanti, come ricorda Cannone, “con analoghi intenti e simile sensibilità teologica, ma con ben altra competenza, coinvolgimenti e dimensione culturale, la difesa dell’eredità di Papa Mastai, fino al definitivo successo, ottenuto con la beatificazione nell’anno del Grande Giubileo, a cui il Piolanti (che morì l’anno seguente), pur nella sua avanzata vecchiezza, poté essere testimone”.


Fu a mons. Piolanti che si deve la creazione, nel 1972, della rivista quadrimestrale “Pio IX. Studi e ricerche sulla vita della Chiesa dal Settecento ad oggi”, che si affermò come una pubblicazione di alto livello culturale, arricchita dalla collaborazione di noti storici italiani e stranieri. Poco dopo, nel 1975, fece la sua comparsa il primo volume della collana Studi piani, fondata anch’essa e diretta dall’infaticabile Postulatore.


Con la morte di Paolo VI, nel 1978, cambiò il clima culturale e la causa di beatificazione riprese il suo corso. Poté aver luogo allora la terza congregazione, quella generale, che 1’11 dicembre 1984 si pronunciò affermativamente sulla eroicità delle virtù. Giovanni Paolo II ordinò che il decreto che attribuiva a Pio IX il titolo di venerabile, fosse reso di pubblica ragione il 6 luglio 1985. Il 15 gennaio 1986 la Consulta medica della Congregazione per le cause dei Santi attestò l’inspiegabilità naturale e scientifica della guarigione di Sr. Marie-Thérèse de St-Paul, carmelitana di Nantes, miracolosamente guarita da grave malattia ossea. Quando tutto pareva ormai pronto, nel 1987, un ultimo scrupolo portò alla costituzione d’una nuova speciale commissione di 7 membri, presieduta dal cardinale Alfonso Maria Stickler, che avrebbero dovuto pronunziarsi sull’opportunità della beatificazione. Al termine della quarta seduta, la commissione passò alla votazione: 5 membri di essa furono per il si, uno per il si con riserva, con un solo voto nettamente negativo, quello del gesuita Giacomo Martina, considerato peraltro il più autorevole storico di Pio IX: bastò questo per bloccare di nuovo, se pur momentaneamente, la felice conclusione d’un iter quasi centenario.


Il 21 dicembre 1999 Giovanni Paolo II promulgò il decreto sul miracolo e finalmente, il 3 settembre 2000, iscrisse solennemente nell’albo dei beati Pio IX, assieme a Giovanni XXIII, all’arcivescovo Tommaso Reggio, al prete Guillaume-Joseph Chaminade e al monaco Colomba Marmion. Di Pio IX, Papa Wojtyla disse in quell’occasione: “In mezzo agli eventi turbinosi del suo tempo, egli fu esempio di incondizionata adesione al deposito immutabile delle verità rivelate. Fedele in ogni circostanza agli impegni del suo ministero, seppe sempre dare il primato assoluto a Dio e ai valori spirituali. Il suo lunghissimo pontificato non fu davvero facile ed egli dovette soffrire non poco nell’adempimento della sua missione al servizio del Vangelo. Fu molto amato, ma anche molto odiato e calunniato” (11). Il 4 aprile del 2000 nella Cripta della Basilica di S. Lorenzo, venne effettuato il rito che precede ogni beatificazione e canonizzazione: la ricognizione dei resti mortali del ven. Pio IX. La salma apparve composta e perfettamente conservata, come era stata riscontrata nella precedente ricognizione del 1956.


La beatificazione di Pio IX suscitò numerose polemiche (12). Per alcuni settori del cattolicesimo progressista la beatificazione di Pio IX si poneva in discontinuità con il Concilio Vaticano II, da essi considerato come “evento fondatore” di una nuova ecclesiologia. Eppure, per giustificare le “novità” del Concilio e vincere le resistenze conservatrici questi stessi settori, negli anni precedenti, avevano invocato la tesi della “continuità” del Concilio con la tradizione precedente. Ora, una volta, acquisite le riforme, il Concilio veniva presentato come come un “punto di non ritorno”. “Globalmente – affermava Giuseppe Alberigo – il Vaticano II a proposito del rapporto chiesa-storia ha segnato una macroscopica inversione di tendenza rispetto all’orientamento prevalente nel cattolicesimo da almeno quattro secoli” . Nella misura in cui è stato “un evento di transizione epocale”, il Vaticano II, infatti, “da un lato (…) è punto di arrivo e di conclusione del periodo posttridentino e controversista, e – forse – dei lunghi secoli ‘costantiniani’; da un altro è anticipazione e punto di partenza di un nuovo ciclo storico” (14).


In questa prospettiva la beatificazione di Pio IX, il Papa del Sillabo e della infallibilità pontificia appariva come un inaccettabile “ritorno” a quella tradizione che si pretendeva definitivamente abbandonata. Significativo è quanto annotava sul suo diario, il 14 ottobre 1962, il padre Yves Congar. Dopo aver appreso “che la beatificazione di Pio IX è veramente stata presa in seria considerazione: il Papa la vorrebbe per stabilire un collegamento tra Vaticano II e Vaticano I”, Congar aggiungeva: “Più ci penso, più trovo che Pio IX sia stato un uomo meschino e rovinoso. È il primo responsabile dell’orientamento negativo che ha pesato per 60 anni sul cattolicesimo francese. Quando gli eventi lo invitavano ad abbandonare l’orribile menzogna della ‘Donazione di Costantino’ e ad assumere un atteggiamento evangelico non ha avvertito questa chiamata e ha sprofondato la Chiesa nella rivendicazione del potere temporale. Fu un atteggiamento che fa ancora sentire tutto il suo peso sulla Chiesa di oggi: un apparato pesante e costoso, grandioso e infatuato di sé stesso, prigioniero del proprio mito di grandezza temporale; tutto questo, che rappresenta la parte non cristiana della Chiesa romana e che condiziona, anzi impedisce l’apertura a un compito pienamente evangelico e profetico, tutto questo viene dalla menzogna della Donazione di Costantino. In questi giorni lo posso vedere in modo evidente. Nulla avverrà di decisivo finché la Chiesa romana non avrà COMPLETAMENTE abbattuto le sue pretese feudali e temporali. È necessario che tutto questo sia DISTRUTTO E LO SARA’” (15) . Queste sorprendenti parole del futuro cardinale ci fanno comprendere il clima arroventato di quegli anni e le cause delle polemiche che seguirono la beatificazione di Pio IX.
Avendo Giovanni Paolo II deciso la beatificazione, si trattava di ridurre la portata del pontificato di Pio IX, seperando in lui la dimensione privata da quella “pubblica”, presentandolo come santo sul piano personale ma politicamente sprovveduto sul piano pubblico.


Questo sdoppiamento di personalità della cultura liberale è privo di fondamento. Ogni gesto pubblico di Pio IX, anche politico e sociale, scaturì dalla sua profonda vita interiore e può essere compreso solo all’interno di una intima e corrente armonia fra vita interiore e vita pubblica. “Non esiste, infatti – ha ricordato mons. Gherardini, ultimo postulatore – un Pio IX politico diverso dal Pio IX Papa, ma il Papa Pio IX che trattò sempre la politica da Papa” (16). Il mito del “Papa liberale”, fu una indebita scomposizione dell’unità di personalità di Pio IX, del suo essere Papa e del suo agire da Papa.
Lo sforzo di Papa Mastai di conformare alla volontà di Dio ogni sua azione, pubblica e privata, è stato riconosciuto come eroico dalla Chiesa e confermato soprannaturalmente dal miracolo richiesto per la beatificazione. D’altra parte non possiamo dimenticare che Giovanni Maria Mastai Ferretti, come Vicario di Cristo e Capo della Chiesa universale, ha occupato la più alta carica visibile sulla terra all’interno del Corpo Mistico di Cristo. Il suo pontificato di 32 anni, non è stato una passeggera esperienza, ma il momento centrale e culminante della sua vita, ed è in tutte le sue espressioni che dobbiamo cercare le ragioni della sua santità.
La santità di Pio IX è legata dunque proprio all’esercizio del suo pontificato, al ruolo pubblico che egli svolse nella Chiesa universale tra il 1846 e il 1878. Egli è stato beatificato innanzitutto per la virtù eroica dimostrata nello svolgere le funzioni caratteristiche del Papa, che sono quelle di pascere, reggere e governare la Chiesa universale.
La beatificazione di Pio IX, il 3 settembre, non riguarda solo uno spicchio della personalità del Pontefice, ma tutto l’uomo, nella vita, negli scritti, nelle opere, passate al vaglio di una minuziosa e severa inchiesta canonica, culminata nel decreto con cui, il 6 luglio del 1985, Giovanni Paolo II decretava l’eroicità delle virtù di Giovanni Maria Mastai Ferretti, riconoscendogli il titolo di Venerabile.
La beatificazione del 3 settembre 2000 ha illuminato di nuova luce non solo gli atti culminanti del suo pontificato, come la proclamazione del dogma dell’Immacolata e l’indizione del Concilio Vaticano I, ma tutti i suoi gesti privati e pubblici: le riforme politiche, sociali e amministrative e il Sillabo, lo straordinario impulso missionario che impresse alla Chiesa e la rinascita culturale e morale del cattolicesimo nell’ottocento.
La beatificazione di Pio IX, avviata da san Pio X e realizzata da Giovanni Paolo II, assume perciò lo stesso valore della canonizzazione di san Pio X, realizzata da Pio XII: si tratta di un atto che, come ogni beatificazione e canonizzazione, implica una “politica religiosa”. Lo studio dell’iter processuale delle cause di beatificazione aiuta a comprendere non solo le figure dei beati e dei santi elevati agli Altari, ma anche la visione della Chiesa e della società dei Pontefici che li elevano.
Roberto de Mattei



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1. Giovanni Bosco, Epistolario, Torino 1955-59, vol. III, p. 294.
2. Processo romano per la causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Papa Pio IX, Torre del Greco 1903.
3. Ivi
4. Ivi
5. Novissima Positio super virtutibus, Roma 1984, p. 13.
6. Novissima Positio super virtutibus, Roma 1984, p. 15.
7. Omelia in vol. XVI (1979=), pp. 179-187, riportata in OR, 7 settembre 2000).
8. Novissima Positio super virtutibus, p. 200.
9. “La Voce di Pio IX”, LXXXXIV (1970), pp. 1-2.
10. Ibidem , XCII (1970), p. 1.
11. Giovanni Paolo II, Omelia del 3 settembre 2000 in Insegnamenti, vol. XXIII/2 (2002), p. 309.
12. Cfr. l’articolo di mons. Brunero Gherardini, Pio IX. Una parola chiara, in “Divinitas” XLIV (2001), pp. 91-108, ora in Il beato Pio IX, cit.
13. Cfr. Giuseppe Alberigo, Transizione epocale?, nell’opera da lui diretta, Storia del Concilio Vaticano II, Il Mulino, Bologna, vol. 5, p. 614 (616-636).
14. Ivi, p. 631,
15. Yves Congar, Diario del Concilio, vol. I, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, pp. 152-153.
16. Brunero Gherardini, Il beato Pio IX. Studi e ricerche, Ed. Pro Verbo, Prato 2001, p. 239.





O MARIA
MADRE DI PUREZZA
GIGLIO DI PUREZZA SENZA MACCHIA
INTERCEDI PER NOI

San Giovanni Fisher, Vescovo e Martire: «Non c'è uomo più colto né vescovo più santo».



 San Giovanni Fisher, Vescovo e Martire
Martirologio RomanoSanti Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso Moro, martiri, che, essendosi opposti al re Enrico VIII nella controversia sul suo divorzio e sul primato del Romano Pontefice, furono rinchiusi nella Torre di Londra in Inghilterra. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, uomo insigne per cultura e dignità di vita, in questo giorno fu decapitato per ordine del re stesso davanti al carcere; Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima e gran cancelliere, per la sua fedeltà alla Chiesa cattolica il 6 luglio si unì nel martirio al venerabile presule.

Giovanni Fisher nacque a Beverly nel 1469. Umanista e teologo apprezzato, fu cancelliere dell'università di Cambridge e vescovo di Rochester.
Di lui diceva Erasmo: «Non c'è uomo più colto né vescovo più santo».
Subì numerose pressioni perché riconoscesse il matrimonio di Enrico VIII con Anna Bolena e l'Atto di Supremazia nel quale il re veniva dichiarato «Capo supremo dopo Cristo della Chiesa d'Inghilterra».
Al suo rifiuto, venne giustiziato il 22 giugno del 1535.

...
 Giovanni Fisher e Tommaso Moro, decapitato il 6 luglio 1535, vennero proclamati Santi nel 1935, esattamente 400 anni dopo la loro morte. 
Il Beato Giovanni Paolo II proclamò Tommaso Moro patrono dei politici e dei governanti.

 Lo svegliano in cella: "Sono le 5. Alle 10 sarai decapitato". Risponde: "Bene, posso dormire ancora un paio d’ore".
 Questo è Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, nella Torre di Londra, estate del 1535. 
Un maestro di coraggio elegante (come il suo amico Tommaso Moro, già Gran cancelliere del regno, anche lui nella Torre aspettando la scure).
Figlio di un orefice, Giovanni è stato a Cambridge come studente e poi come promotore del suo sviluppo, aiutato da Margherita di Beaufort, nonna di Enrico VIII. 
Sacerdote nel 1491, nel 1514 lascia Cambridge perché nominato vescovo di Rochester, e si dedica solo alla diocesi. 
Ma la rivoluzione luterana, con i suoi riflessi inglesi, lo porta in prima fila tra i difensori della Chiesa di Roma, con i sermoni dottrinali e con i libri, tra cui il De veritate corporis et sanguinis Christi in Eucharistia, del 1522, ammirato in tutta Europa per la splendida forma latina.
E fin qui egli si trova accanto a re Enrico, amante della cultura e “difensore della fede”. 

 Il conflitto scoppia con il divorzio del re da Caterina d’Aragona per sposare Anna Bolena. 
E si fa irreparabile con l’Atto di Supremazia del 1534, che impone sottomissione completa del clero alla corona. 
Giovanni Fisher dice no al divorzio e no alla sottomissione, dopo aver visto fallire una sua proposta conciliante: giurare fedeltà al re "fin dove lo consenta la legge di Cristo". 
Poi un’altra legge, l’Atto dei Tradimenti, è approvata da un Parlamento intimidito, che ha tentato invano di attenuarla: così, chi rifiuta i riconoscimenti e le sottomissioni, è traditore del re, e va messo a morte. 

Nella primavera 1534 viene portato alla Torre di Londra Tommaso Moro, e poco dopo lo segue Giovanni Fisher.
Sanno che cosa li aspetta. 
E il papa Paolo III immediatamente nomina Fisher cardinale, sperando così di salvarlo: e invece peggiora tutto. 
 Enrico VIII infatti dice: "Io farò in modo che non abbia più la testa per metterci sopra quel cappello".

Come previsto, i processi per entrambi, distinti, finiscono con la condanna a morte. 
Ma loro due, da cella a cella e senza potersi vedere, vivono sereni l’antica amicizia e si scambiano lettere e doni: un mezzo dolce, dell’insalata verde, del vino francese, un piatto di gelatina... 
Sono regali di un loro amico italiano, Antonio Bonvini, commerciante in Londra e umanista. 

Alle 10 del 22 giugno 1535, Giovanni Fisher va al patibolo.
Per tre volte gli promettono la salvezza se accetta l’Atto di Supremazia. 
Lui risponde con tre affabili no, e muore sotto la scure. La sua testa viene esposta in pubblico all’ingresso del Ponte sul Tamigi. 
Quindici giorni dopo uno dei carnefici la butterà nel fiume, per fare posto alla testa di Tommaso Moro. 
Nel 1935, in Roma, papa Pio XI li proclamerà santi insieme. 
 E sempre insieme li ricorda la Chiesa. 

Lo storico inglese Hugh Ross Williamson , anglicano convertito al Cattolicesimo, nell’opera The Great Prayer: concerning the Canon of the Massdichiarò che “…la Riforma anglicana si era affermata in seguito all’apostasia di tutti i Vescovi inglesi, eccetto il solo San Giovanni Fisher”. (N.d.R.)

giovedì 21 giugno 2012

...innocéntem non secúti, pæniténtem imitémur.


21 GIUGNO
SAN LUIGI GONZAGA, RELIGIOSO

(+ 1568-1591)
Memoria

LETTURE: Fil 3, 8-14; Sal 15; Mt 13,44-46

Luigi, primogenito del marchese di Mantova, nacque a Castiglione delle Stiviere. Era un ragazzo vivace, impaziente, senza complessi, amava il gioco e si divertiva. La madre, Marta Tana di Chieri, gli insegnò da piccolo a orientare decisamente la sua vita a Dio. E con la sua tenacia vi riuscì. Ricevuta la prima volta l’Eucaristia da san Carlo Borromeo, coltivò una forte unione con Gesù. La grazia fece di lui un santo di grande dominio di sé, interamente votato alla carità. Il suo segreto di eroismo è la preghiera; già a 12 anni aveva deciso di dedicare 5 ore al giorno alla meditazione. Per gradi si sentì attratto alla vita religiosa. Col coraggio delle sue convinzioni, vinse l’opposizione del padre, rinunciò alla primogenitura, e a 16 anni entrò nella Compagnia di Gesù, avendo a maestro spirituale san Roberto Bellarmino. Lui, che riusciva bene negli affari, si dà assai più allo studio, alla preghiera, alla carità: mira alle missioni e al martirio. Gliene venne l’occasione, ma diversa da quelle sognate: scoppiò la peste e Luigi si prodigò talmente che la contrasse e ne morì. Catechista coi ragazzi, premuroso con i poveri e i malati, fatto tutto a tutti: modello e protettore dei giovani che vogliono vivere la propria fede in Cristo.
Luigi fu soprattutto un giovane «generoso»: è questa generosità che il Concilio chiede oggi nel suo «Messaggio ai giovani».

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Canterò senza fine le grazie del Signore
Dalla «Lettera alla madre» di san Luigi Gonzaga (Acta SS., giugno, 5, 878)

Io invoco su di te, mia signora, il dono dello Spirito santo e consolazioni senza fine. Quando mi hanno portato la tua lettera, mi trovano ancora in questa regione di morti. Ma facciamoci animo e puntiamo le nostre aspirazioni verso il cielo, dove loderemo Dio eterno nella terra dei viventi. Per parte mia avrei desiderato di trovarmici da tempo e, sinceramente, speravo di partire per esso già prima d'ora.

La carità consiste, come dice san Paolo, nel «rallegrarsi con quelli che sono nella gioia e nel piangere con quelli che sono nel pianto». Perciò, madre illustrissima, devi gioire grandemente perché, per merito tuo, Dio mi indica la vera felicità e mi libera dal timore di perderlo. Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando la bontà divina, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce. Non riesco a capacitarmi come il Signore guardi alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto.

O illustrissima signora, guardati dall'offendere l'infinita bontà divina, piangendo come morto chi vive al cospetto di Dio e che con la sua intercessione può venire incontro alle tue necessità molto più che in questa vita.

La separazione non sarà lunga. Ci rivedremo in cielo e insieme uniti all'autore della nostra salvezza godremo gioie immortali, lodandolo con tutta la capacità dell'anima e cantando senza fine le sue grazie. Egli ci toglie quello che prima ci aveva dato solo per riporlo in un luogo più sicuro e inviolabile e per ornarci di quei beni che noi stessi sceglieremmo.

Ho detto queste cose solo per obbedire al mio ardente desiderio che tu, o illustrissima signora, e tutta la famiglia, consideriate la mia partenza come un evento gioioso.
E tu continua ad assistermi con la tua materna benedizione, mentre sono in mare verso il porto di tutte le mie speranze. Ho preferito scriverti perché niente mi è rimasto con cui manifestarti in modo più chiaro l'amore ed il rispetto che, come figlio, devo alla mia madre.

OREMUS

O Dio, principio e fonte di ogni bene, che in san Luigi Gonzaga hai unito in modo mirabile l'austerità e la purezza, fa' che per i suoi meriti e le sue preghiere, se non lo abbiamo imitato nell'innocenza, lo seguiamo sulla via della penitenza evangelica. Per il nostro Signore...
Deus, cæléstium auctor donórum, qui in beáto Aloísio miram vitæ innocéntiam cum pæniténtia sociásti, eius méritis et intercessióne concéde, ut, innocéntem non secúti, pæniténtem imitémur. Per Dóminum.

*****A proposito del fatto che molti si dannano c’è un fatto che si verificò durante la predicazione del beato A. Baldinucci gesuita(Firenze, 1665 – Pofi, 7 novembre 1717). Si era in agosto, tempo nel quale non sogliono cadere foglie dagli alberi . Il beato Baldinucci stava facendo davanti ad un folto gruppo di persone una predica durante una missione . Ad un tratto, evidentemente illuminato da Dio, il gesuita disse : “Volete sapere quante sono le persone che vanno all’inferno ? Ebbene sono quante le foglie che cadono da questo albero.” Dette quelle parole, per un prodigio misterioso praticamente tutte o quasi le foglie dell’albero caddero a terra …. Udite quelle parole e visto quanto accadeva, la gente rimase grandemente impressionata e vari si convertirono ….



Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa
L'odierno post tratta un tema veramente impegnativo. Lo ripubblico per favorirne la diffusione.  Vuole appunto essere un aiuto per i predicatori affinché tornino a parlare con competenza dell’inferno …..e vuole essere anche un aiuto per tutti gli uomini perché , come dice il Vangelo, si sforzino di andare per la via stretta che conduce alla vita del Cielo e abbandonino la via larga, che molti percorrono, e che conduce alla dannazione eterna.
 Spero serva a vincere la immoralità dilagante. Occorre molta ma molta preghiera. Il santo ROSARIO! E la santa Penitenza.

Grazie a don Tullio Rotondo per il prezioso servizio offerto alla comunità del Web.



L'inferno esiste 
e molti si dannano

Scritti biblici , del Magistero , dei santi e di altri importanti autori sull’inferno e sui molti che vi cadono
di don Tullio Rotondo

Testi relativi al gran numero delle anime che si dannano
Carissimi iniziamo un tema veramente impegnativo ma importante soprattutto per vincere l'immoralità dilagante.
Diciamo anzitutto che nell'Eucaristia Cristo ci dona sé stesso, dunque veramente abbiamo sovrabbondante luce e forza in Lui per salvarci , santificarci e aiutare gli altri a santificarsi ..... perciò coloro che si dannano si dannano per colpa propria. Il
 Catechismo della Chiesa Cattolica afferma .
"Dio non predestina nessuno all'inferno questa è conseguenza di un'avversione volontaria a Dio (peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole che "alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi"(2Pt 3,9).
Noi dobbiamo credere che Dio vuole salvarci e ci dona tutto a questo fine ma dobbiamo insieme impegnarci a raccogliere quanto Egli ci dona perché è attraverso questo che Egli ci salva: cioè Lui opera la parte superprincipale, ma noi anche dobbiamo collaborare con impegno: con tutto noi stessi: amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore ....
Ripeto: chi si danna lo fa per propria colpa e non per mancanza imputabile a Dio.
Carissimi il motivo per cui batto sul tema del "numero" mi pare che sia ottimamente indicato da quel grande oratore p. Bordaloue s.J.. Egli affermava (vedi Migne Orat. Sacrees "Penses sur la salut .Petit nombre des elus" ) che ci si può domandare se è cosa utile spiegare al popolo questa verità del piccolo numero essa infatti può creare problemi alle anime e scoraggiarle. E rispondeva: cosa c'è di più sottolineato nel Vangelo di questo piccolo numero degli eletti? Cosa è che il Signore ha ripetuto a noi più frequentemente? "Molti sono chiamati, ma pochi eletti" "Il cammino che conduce alla perdizione è largo ..." C'è qualcosa di più preciso che queste parole?
Ecco l'insegnamento pubblico di Cristo! Sappiamo noi meglio di Lui ciò che conviene? Predichiamo il Vangelo ma predichiamolo senza nulla tagliare o addolcire.
Si dice che questa verità fa tremare ... ma l'Apostolo non dice che dobbiamo cercare la nostra salvezza con timore e tremore?
E' bene mettere problemi alle coscienze, a volte .. per svegliarle e non farle dormire ... perché non si sveglino all'inferno.
Bene intesa e spiegata questa verità ha una potenza insuperata che ci spinge a sforzarci ad entrare veramente nella strada e nella porta santa di Cristo.
Si può parlare di questa verità senza rovinare la speranza e infatti Bourdaloue dice che i principi che occorre rilevare in questo discorso sono i seguenti
1) Tutti dobbiamo sperare che saremo nel numero degli eletti
2) Abbiamo il dovere di sperare che saremo in tale numero
3) Ogni peccatore, anche il peggiore deve sperare in questo (e convertirsi)
Se si intendono queste cose il rischio di disperazione può riguardare coloro che vogliono conciliare la santità con il piacere e le mollezze, quelli che non vogliono veramente salvarsi.
Il frutto eccellente di questa affermazione del piccolo numero è questo:
1) raddoppiare la vigilanza
2) non rimanere un solo giorno in peccato mortale ma correre incessantemente al rimedio
3) separarsi dalla moltitudine e dal mondo (peccaminoso)almeno in spirito, nel cuore
4) seguire il piccolo numero dei cristiani veramente cristiani, regolati nella condotta e fedeli ai loro doveri
5) prendere risolutamente la via stretta vincendo gli ostacoli
6) pregare incessantemente, come vuole il Signore per avere la grazia proprio per entrare e perseverare in questa via stretta
Beati i predicatori che portano i loro uditori a disposizioni così sante!
Il loro lavoro è ben impiegato. Ogni soggetto che fa nascere dei sentimenti e delle disposizioni simili non può essere che solidissimo e utilissimo.
E a proposito di Bourdaloue, che non sia un teologo qualunque te lo mostra questo testo che è di Papa Benedetto XIV nota bene
Nella costituzione “Apostolica” dice
E per non mostrarci eccessivamente fautori di chi afferma che i nostri ragionamenti e quelli che si faranno d’ordine Nostro sono troppo rigoristi, pensiamo di uniformarci a quanto scrisse all’inizio del Giubileo il celebre Padre Bourdaloue della Compagnia di Gesù (Sermoni, tomo 2, p. 517 e ss., seconda ed. di Parigi del 1709).”
….. ossia un celebre gesuita a detta di un Papa ossia un teologo provato, serio e per di più conosciuto e approvato.
Affermazioni di s. Gregorio Magno Papa e Dottore della Chiesa su questo tema
XL Homiliarum in Evangelia libri duo , lib. : 1, hom. : 19, cap. : 5
“Sed post haec terribile est ualde quod sequitur: multi enim sunt uocati, pauci uero electi, quia et ad fidem plures ueniunt, et ad caeleste regnum pauci perducuntur.
Ecce enim ad hodiernam festiuitatem quam multi conuenimus, ecclesiae parietes implemus, sed tamen quis sciat quam pauci sunt qui in illo electorum dei grege numerentur?
Ecce enim uox omnium christum clamat, sed uita omnium non clamat. ….
Vocante enim domino, super numerum multiplicantur fideles, quia nonnunquam etiam hi ad fidem ueniunt, qui ad electorum numerum non pertingunt.
Hic enim fidelibus per confessionem admisti sunt, sed propter uitam reprobam illic numerari in sorte fidelium non merentur.
Hoc ouile sanctae ecclesiae haedos cum agnis recipit; sed, attestante euangelio, cum iudex uenerit, bonos a malis separat, sicut pastor segregat oues ab haedis.”
Traduco la frase più decisiva : “alla fede i più giungono ma al regno celeste pochi sono condotti”
Moralia in Iob
Cl. 1708 , SL 143, lib. : 5, par. : 28, linea : 26 [*]
“Et quoniam ualde in humano genere pauci sunt qui a desideriorum temporalium sorde purgati, ad perceptionem sancti spiritus ipsa hac purgatione dilatentur, uerbum hoc absconditum dicitur, quia illud a quibusdam procul dubio in corde concipitur quod a maxima hominum parte nescitur.
Sed haec quae allegorica indagatione transcurrimus, oportet ut per omnia etiam iuxta historiam teneamus.
Quae tamen nunc idcirco praetereo, quia haec aperta esse legentibus non ignoro.
Diebus autem persecutionis ultimae, quia multi sunt qui pereunt, et pauci sunt qui saluantur; idcirco uir sanctus passionis suae tempore et pauca de bonis, et multa de peruersis loquitur.
Ad laeuam quoque dilatatur, dum ad se quosdam etiam in iniquitate permansuros admittit.
Propter hanc multitudinem, quae extra electorum numerum iacet, in euangelio dominus dicit: multi sunt uocati, pauci uero electi.
Sed quia hoc quod electis aliis alii conteruntur, de merito patientis est, non de iniquitate punientis: non enim iniquus deus, qui infert iram. Apte subiungitur: nouit enim opera eorum et idcirco inducit noctem et conterentur. Sciendum summopere est quod iniquus quisque duobus modis in nocte conteritur, uel cum exterioris iudicii tribulatione percutitur, uel cum occulta sententia interius caecatur. »
Traduciamo alcune affermazioni più decisive « …nel genere umano pochi sono coloro che , purgati dai desideri temporali sono aperti alla percezione dello Spirito Santo … A causa di questa moltitudine che giace fuori del numero degli eletti , nel Vangelo dice il Signore “Molti sono chiamati e pochi sono scelti”
Lo stesso ma in modo più preciso afferma il
Papa Innocenzo III ( Sermo X “Domenica in septuagesima” P.L. CCXVII col. 357)
“Non atterrisca al di sopra di quanto è giusto che “molti sono chiamati ma pochi eletti” perché in questa pochezza vi è una grande moltitudine ; poiché tanti uomini devono essere salvati quanti furono gli angeli . Secondo quello che si legge “costituisti i confini delle genti secondo il numero degli angeli di Dio” . Ma sono detti pochi rispetto ai cattivi perché “il numero degli stolti è infinito” e i perversi difficilmente sono corretti. …Molti sono vocati ma pochi eletti …Dunque per eletti ….non possono essere intesi se non i beati che sono universalmente eletti ….”In ogni terra si è diffuso l’annuncio della predicazione evangelica ma non tutti credono al Vangelo di Cristo. Chi non crede è già giudicato. ; per cui essendo di più gli increduli che i fedeli , senza dubbio “molti sono chiamati ma pochi eletti” dannandosi anche molti dei fedeli quelli cioè che rinnegano la fede con le opere (loro n.d.t.) ..”
S. Leone Magno Papa e Dottore della Chiesa (Sermo XLIX ( XI De Quadragesima) )

“Si compie così in tutto la sentenza della Verità per cui impariamo che è angusta e ardua la via che conduce alla vita (Matteo 7,14) e mentre la larghezza della strada che conduce alla morte è frequentata da molte folle (di persone n.d.t.), dei pochi che entrano nelle vie della salvezza sono rare le orme . Perché la via sinistra è più popolata della destra se non perché la moltitudine è proclive ai piaceri mondani e corporali? …Così sebbene siano innumerevoli quelli che desiderino le cose visibili, a stento si trovano quelli che pongono le cose eterne alle temporali.”
S. Agostino
In modo più forte di tutti, per quanto mi consta, afferma che gli eletti, cioè coloro che effettivamente si salvano, sono pochi in comparazione a quanti si dannano.
Dice in “Il discorso del Signore sulla montagna”l.2 23. 77.
“ Dice il Signore : Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione e sono molti quelli che entrano per essa; quanto stretta è invece la porta e quanto angusta la via che conduce alla vita e sono pochi quelli che la trovano 211. Non dice questo perché il giogo del Signore è aspro e il carico pesante, ma perché pochi vogliono terminare i lavori giacché non credono a lui che chiama : Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me perché sono mite e umile di cuore; infatti il mio giogo è soave e il mio carico leggero 212. Però molti respingono, pochi accettano il giogo dolce e il carico leggero e ne consegue che angusta è la via che conduce alla vita e stretta la porta per cui vi si entra.”
Discorso 117
(Sermo 90)
“Molti sono chiamati pochi eletti” dunque pochi non vengono cacciati. ….Lasciate i pochi cacciate i molti. Molti sono infatti i buoni, ma in confronto dei cattivi i buoni sono pochi. È nato molto frumento, ma in confronto della paglia il grano è poco. I medesimi buoni, molti per se stessi, in confronto dei cattivi sono pochi. …Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente 16. Sono dunque nel medesimo tempo molti quelli che sono pochi; molti presi a sé, pochi a paragone dei cattivi”
Discorso 123
(Sermo 95)

“Senza dubbio gli eletti non sono scacciati: ed essi erano i pochi che rimasero coricati (al convito n.d.t.) molti dunque erano raffigurati in quell'unico (uomo n.d.t.), poiché quest'unico sprovvisto dell'abito di nozze significa un unico corpo di cattivi”.
Discorso 142
(Sermo 111)

“3. Sono certamente pochi quelli che si salvano. Ricordate la questione del Vangelo ora letta per noi? Al Signore viene detto “Sono pochi quelli che si salvano?” Cosa (risponde n.d.t.) a ciò il Signore ? Non dice : non sono pochi ma molti quelli che si salvano. Ma cosa disse appena udì “Sono pochi quelli che si salvano” “Sforzatevi di entrare per la porta stretta” Quando udì “Sono pochi quelli che si salvano” il Signore confermò ciò che aveva udito. Per la via stretta entrano pochi…Pochi sono dunque coloro che si salvano in comparazione dei molti che si perdono. Ma i pochi formeranno una gran massa. Non è contrario chi disse “Pochi sono quelli che entrano per la porta stretta , molti periscono per la strada larga” Contrario a sé sarebbe colui che disse una volta: “Molti vengono dall’Oriente e dall’Occidente?” Vengono molti certamente pochi . E pochi e molti …gli stessi pochi sono molti , pochi in comparazione con i dannati, molti nella società degli angeli” angeli.”
S. Tommaso d’Aquino 
CATENA AUREA IN MATTHAEUM CP22 LC-1
Et quia in convivio nuptiali non initium, sed finis quaeritur, subditur multi enim sunt vocati, pauci vero electi. Hilarius in Matth.. In invitante enim sine exceptione, publicae bonitatis humanitas est; in invitatis vero, vel vocatis, de iudicio meritorum probitatis electio Est. Gregorius. Nonnulli enim bona nec incipiunt, nonnulli vero in bonis quae inceperunt, minime persistunt.
085 REM SUPER EVANGELIUM MATTHAEI CP17LC1
45 quia nisi elevemur ad deum super omnes
46 creaturas, quas dominus his sex diebus creavit,
47 non possumus pervenire ad regnum dei.
48 item assumpsit petrum, iacobum
49 et ioannem. quare non omnes? ad
50 designandum, quod non omnes, qui vocati
51 sunt, pervenient; unde infra xx, 16: multi
52 sunt vocati, pauci vero electi. et quare tres
53 tantum? ad designandum, quod nulli pervenient
54 nisi in fide trinitatis. marc. xvi, 16:
55 qui crediderit, et baptizatus fuerit, hic salvus
56 erit. sed quare plus istos quam alios? ratio
57 est, quia petrus magis fervidus erat. ioannes,
58 quia specialiter dilectus erat. item iacobus,
59 quia praecipuus debellator erat adversariorum
Traduco il passo decisisivo “Perché non tutti? Per indicare che non tutti quelli che sono chiamati pervengono ; per cui ..”Molti sono chiamati ma pochi gli eletti”
085 REM SUPER EVANGELIUM MATTHAEI CP20LC1
468 novissimi, erunt primi; deut. xxviii, 44: advena
469 erit super te, et erit in caput, tu in
470 caudam. vel aliqui qui erant primi, propter
471 negligentiam fient novissimi: et hoc praecedenti
472 respondet, quia inceperunt a novissimis.
473 sed posset aliquis dicere: nonne
474 omnes primi salvabuntur?
475 dicit: multi sunt vocati, pauci vero electi,
476 quia qui fide credunt, omnes vocati sunt;
477 sed illi electi, qui bona opera faciunt, et isti
478 sunt pauci, ut supra vii, 14: arcta est via,
479 quae ducit ad vitam, et pauci sunt qui inveniunt
480 eam.
Traduco l’affermazione più decisiva“Dice “Molti sono chiamati ,pochi però sono scelti” perché coloro che credono per la fede, tutti sono chiamti; ma sono scelti quelli che realizzano opere buone e questi sono pochi, come sopra (Mt.7,14) “La via che conduce alla vita è difficile e sono pochi quelli che la trovano”
085 REM SUPER EVANGELIUM MATTHAEI CP22LC1
384 ascendit semper, ps. lxxiii, 23. vel potest
385 dici in resurrectione, quia non solum in anima,
386 sed etiam in corpore punientur; vel quia
387 calorem et frigora patientur; iob xxiv, 19:
388 transibunt ab aquis nivium ad calorem
389 nimium.
390 deinde concludit multi sunt vocati,
391 pauci vero electi, quia quidam nolunt
392 venire, quidam non habent vestem nuptialem.
393 unde supra vii, 14: arcta est via quae ducit
394 ad vitam, et pauci sunt qui inveniunt eam.
Traduco la parte più importante “Quindi conclude « Molti sono chiamati ma pochi scelti » perché alcuni non vogliono venire, alcuni non hanno la veste nuziale per cui sopra (Mt.7,14) “Difficile è la strada che conduce alla vita e pochi sono quelli che la trovano””
 R1T SUPER AD THESS. I CP- LC-
1 multiplicatae sunt aquae, etc.. gen. vii, 17.
2 haec verba competunt materiae huius
3 epistolae. ecclesia enim figuratur per arcam,
4 sicut dicitur i petr. iii, 20, quia sicut
5 in arca, caeteris pereuntibus, paucae animae
6 salvatae sunt, ita in ecclesia pauci, id est,
7 soli electi salvabuntur.
8 per aquas autem significantur tribulationes.
9 primo quia aquae impellunt irruendo, sicut
10 tribulationes. matth. vii, 25: venerunt flumina,
11 et flaverunt venti, et irruerunt in domum
12 illam. sed impulsu fluminum ecclesia
13 non movetur. unde subdit et non cecidit.
14 secundo aqua extinguit ignem. eccli. xxx:
Traduco la parte più decisiva per noi “ “La Chiesa è figurata attraverso l’arca come dice 1 Pt.3,20 perché come nell’arca, morendo gli altri, poche anime sono state salvate, così nella Chiesa pochi , cioè solo gli eletti saranno salvati.”
SUMMAE THEOLOGIAE PRIMA PARS QU-2++3 AR-7AG-2
Ad tertium dicendum quod bonum proportionatum communi statui naturae, accidit ut in pluribus; et defectus ab hoc bono, ut in paucioribus. Sed bonum quod excedit communem statum naturae, invenitur ut in paucioribus; et defectus ab hoc bono, ut in pluribus. Sicut patet quod plures homines sunt qui habent sufficientem scientiam ad regimen vitae suae, pauciores autem qui hac scientia carent, qui moriones vel stulti dicuntur: sed paucissimi sunt, respectu aliorum, qui attingunt ad habendam profundam scientiam intelligibilium rerum. Cum igitur beatitudo aeterna, in visione Dei consistens, excedat communem statum naturae, et praecipue secundum quod est gratia destituta per corruptionem originalis peccati, pauciores sunt qui salvantur. Et in hoc etiam maxime misericordia Dei apparet, quod aliquos in illam salutem erigit, a qua plurimi deficiunt secundum communem cursum et inclinationem naturae.
Traduco le affermazioni più decisive “ ….il bene che supera il comune stato di natura si ritrova in meno individui ; e la mancanza di questo in più individui …Poiché la beatitudine eterna …eccede lo stato comune di natura ….quelli che si salvano sono in numero più piccolo (rispetto a quelli che si dannano) . E anche in questo appare massimamente la misericordia divina che erige alcuni a quella salvezza dalla quale la maggior parte (degli uomini) vengono meno secondo il comune corso e l’inclinazione della natura. “
  •  TERTIA PARS QU-5++2 AR-7RA-2
1 ad secundum dicendum quod, cum apostolus dicit,
2 gratia dei in plures abundavit,
3 ly plures non est accipiendum comparative, quasi plures numero
4 sint salvati per gratiam christi quam damnati per peccatum adae,
5 sed absolute, ac si diceret quod gratia unius christi abundavit
6 in multos, sicut et peccatum unius adae pervenit ad multos. sed
7 sicut peccatum adae ad eos tantum pervenit qui per seminalem
8 rationem carnaliter ab eo descenderunt, ita gratia christi ad
9 illos tantum pervenit qui spirituali regeneratione eius membra
10 sunt facti. quod non competit pueris
11 decedentibus cum originali peccato.
“Al secondo si deve dire che quando l’apostolo dice che la grazia di Dio abbondò nei più quel più non va preso in senso comparativo come se i più per numero siano salvati per la grazia di Cristo rispetto ai dannati per il peccato di Adamo, ma in modo assoluto, come se dicesse che la grazia di Cristo abbondò in molti come il peccato di un solo Adamo pervenne a molti”
A Fatima la Madonna ha detto questo: 
- Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all'inferno, perché non c'è chi si sacrifica e prega per loro.
E i veggenti di Fatima hanno confermato che molti si dannano infatti
dalla “Storia di Fatima scritta da Lucia” si afferma
In pochi minuti i nostri rifornimenti erano distribuiti al gregge. E così passammo la giornata a digiuno, proprio come i più austeri certosini. Gia­cinta stava ancora seduta sulla roccia, con l'aria pensierosa e domandò
- Quella Signora ha detto anche che molte anime andavano all'inferno! Che cos'è l'inferno?
- una buca piena di animali e con un fuoco grande grande (così me lo spiegava mia madre) e ci va chi fa i peccati e non si confessa; e il fuoco brucia sempre sempre.
- E non si esce mai di là?
- No.
- E dopo tanti, ma tanti anni?
- No, l'inferno non finisce mai.
- E il cielo nemmeno?
- Chi va in cielo non esce più di lassù.
- E neanche quelli che vanno all'inferno?!
- Non capisci che sono eterni, che non finiscono mai!
Facemmo allora per la prima volta la meditazione sull'inferno e sull'eter­nità. La cosa che più impressionò Giacinta fu l'eternità. Anche durante i giochi, ogni tanto domandava: “Ma senti! Allora, dopo tanti, tanti anni, l'in­ferno non sarà ancora finito?”. E altre volte: 'Quella gente che c'è li a bruciare, non muore? E non diventano cenere? E se noi preghiamo molto per i peccatori, nostro Signore li libererà di li? E anche con i sacrifici? Poverini! Dobbiamo pregare e fare molti sacrifici per loro!'. Dopo aggiungeva: “Come era buona quella Signora? Subito ci ha promesso di portarci in cielo”
(Giacinta )Ogni tanto chiamava me o il fratello, come se si svegliasse dal sonno: «Francesco! Francesco! Non state a pregare con me? Bisogna pregare molto per liberare le anime dall'inferno. Tante vanno laggiù, tante!».
Un ulteriore testo su questo tema lo traggo dall'Osservatore Romano del 7-2-1954(edizione settimanale ).
P. Riccardo Lombardi parla di una intervista a lui concessa da suor Lucia .... 
"Le domandai "Mi dica se "Mondo migliore" è la risposta della Chiesa alle parole della Vergine da lei udite" Mi rispose "Padre certamente c'è bisogno di questo grande rinnovamento. Se non si fa , constatando lo svolgimento attuale dell'umanità, solo una limitata parte del genere umano si salverà" .......
Riprese
p. Lombardi "Lei crede veramente che molti vadano all'inferno?
Io spero che Dio ne salvi molti” (non per nulla un mio libro ha per titolo "La salvezza di chi non ha fede").
Rispose suor Lucia
"Padre , si dannano molti"
Riprese p. Lombardi " Si, il mondo è una sentina di vizi . Ma c'è sempre una speranza di salvezza." Rispose suor Lucia " No , Padre, molti , molti si perderanno". Disse il p. Lombardi "Quelle parole mi scossero ."
S. Alfonso Dottore della Chiesa sul tema del numero degli eletti
Dall’”Apparecchio alla morte” c. 17
In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre. Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de' cristiani (parlando degli adulti) si danna: «Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam» (Matth. 7. 13).Chi offende Dio colla speranza del perdono, «irrisor est non poenitens», dice S. Agostino
Il testo completo è il seguente
PUNTO I
Si ha nella parabola della zizania1 in S. Matteo (cap. 13) che essendo cresciuta in un campo la zizania2 insieme col grano, volevano i servi andare ad estirparla: «Vis, imus, et colligimus ea?»3 Ma il padrone rispose: No, lasciatela crescere, e poi si raccoglierà e si manderà al fuoco: «In tempore messis dicam messoribus, colligite primum zizania, et alligate ea in fasciculos ad comburendum».4 Da questa parabola si ricava per una parte la pazienza che il Signore usa co' peccatori; e per l'altra il rigore che usa cogli ostinati. Dice S. Agostino5 che in due modi il demonio inganna gli uomini: «Desperando, et sperando». Dopo che il peccatore ha peccato, lo tenta a disperarsi6 col terrore della divina giustizia; ma prima di peccare, l'anima al7 peccato colla speranza della divina misericordia. Perciò il santo avverte ad ognuno:8 «Post peccatum spera misericordiam; ante peccatum pertimesce iustitiam». Sì, perché non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. La misericordia si usa con chi teme Dio, non con chi si avvale di quella per non temerlo. Chi offende la giustizia, dice l'Abulense,9 può ricorrere alla misericordia, ma chi offende la stessa misericordia, a chi ricorrerà?Difficilmente si trova peccatore sì disperato, che voglia proprio dannarsi. I peccatori voglion peccare, senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano e dicono: Dio è di misericordia; farò questo peccato, e poi me lo confesserò. «Bonus est Deus, faciam quod mihi placet», ecco come parlano i peccatori, scrive S. Agostino10 (Tract. 33. in Io.). Ma oh Dio così ancora dicevano tanti, che ora sono già dannati.Non dire, dice il Signore: Son grandi le misericordie che usa Dio; per quanti peccati farò, con un atto di dolore sarò perdonato. «Et ne dicas: miseratio Domini magna est, multitudinis peccatorum meorum miserebitur» (Eccli. 5. 6). Nol dire, dice Dio; e perché? «Misericordia enim, et ira ab illo cito proximant, et in peccatores respicit ira illius» (Ibid.). La misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di questa misericordia (che son le miserazioni) son finiti. Dio è misericordioso ma è ancora giusto. «Ego sum iustus, et misericors», disse il Signore un giorno a S. Brigida;11 «peccatores tantum misericordem me existimant». I peccatori, scrive S. Basilio,12 voglion considerare Dio solo per metà: «Bonus est Dominus, sed etiam iustus; nolite Deum ex dimidia parte cogitare». Il sopportare chi si serve della misericordia di Dio per più offenderlo, diceva il P.M. Avila (san  Juan de Avila) 13 che non sarebbe misericordia, ma mancamento di giustizia. La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa.14 «Et misericordia eius timentibus eum»,15 come cantò la divina Madre. Agli ostinati sta minacciata la giustizia; e siccome (dice S. Agostino)16 Dio non mentisce nelle promesse; così non mentisce ancora nelle minacce: «Qui verus est in promittendo, verus est in minando».Guardati, dice S. Gio. Grisostomo,17 quando il demonio (ma non Dio) ti promette la divina misericordia, affinché pecchi; «Cave ne unquam canem illum suscipias, qui misericordiam Dei pollicetur» (Hom. 50. ad Pop. Antioch.). Guai, soggiunge S. Agostino,18 a chi spera per peccare: «Sperat, ut peccet; vae a perversa spe» (In Ps. 144). Oh quanti ne ha ingannati e fatti perdere, dice il santo,19 questa vana speranza. «Dinumerari non possunt, quantos haec inanis spei umbra deceperit». Povero chi s'abusa della pietà di Dio, per più oltraggiarlo! Dice S. Bernardo20 che Lucifero perciò fu così presto castigato da Dio, perché si ribellò sperando di non riceverne castigo. Il re Manasse fu peccatore, poi si convertì, e Dio lo perdonò; Ammone suo figlio, vedendo il padre così facilmente perdonato, si diede alla mala vita colla speranza del perdono; ma per Ammone non vi fu misericordia. Perciò ancora dice S. Gio. Grisostomo21 che Giuda si perdé, perché peccò fidato alla benignità di Gesu-Cristo: «Fidit in lenitate magistri». In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre. Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de' cristiani (parlando degli adulti) si danna: «Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam» (Matth. 7. 13).Chi offende Dio colla speranza del perdono, «irrisor est non poenitens», dice S. Agostino.22 Ma all'incontro dice S. Paolo che Dio non si fa burlare: «Deus non irridetur» (Galat. 6. 7).23 Sarebbe un burlare Dio seguire ad offenderlo, sempre che si vuole, e poi andare al paradiso. «Quae enim seminaverit homo, haec et metet» (Ibid. 8). Chi semina peccati, non ha ragione di sperare altro che castigo ed inferno. La rete con cui il demonio strascina all'inferno quasi tutti quei cristiani che si dannano, è quest'inganno, col quale loro dice: Peccate liberamente, perché con tutt'i peccati vi salverete. Ma Dio maledice chi pecca colla speranza del perdono. 24 «Maledictus homo qui peccat in spe». La speranza del peccatore dopo il peccato, quando vi è pentimento, è cara a Dio, ma la speranza degli ostinati è l'abbominio di Dio: «Et spes illorum abominatio» (Iob. 11. 20). Una tale speranza irrita Dio a castigare, siccome irriterebbe il padrone quel servo che l'offendesse, perché il padrone è buono.
Dalla “ Storia e Refutazione delle eresie “ conf. 13
21. Sono bensì nelle sacre scritture grandi argomenti di sperare la vita eterna, la confidenza e la preghiera, mentre Dio ci fa sapere: Nullus speravit in Domino, et confusus est2. E Gesù Cristo ci fa quella gran promessa: Amen, amen dico vobis: Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis3. Ma se fosse vero che la certezza della nostra speranza è nel riguardarci, secondo dice l'autore, come contenuti nel numero degli eletti, dimando qual fondamento certo di salute avremmo noi nelle scritture di essere contenuti nel numero degli eletti? Quando ivi più presto troviamo argomenti in contrario, trovando che gli eletti son molto pochi a rispetto de' reprobi: Multi sunt vocati, pauci vero electi1. Nolite timere pusillus grex etc.2. Ma per concludere il punto, ripetiamo le parole del concilio di Trento. Il concilio dice: In Dei auxilio firmissimam spem collocare omnes debent etc. Posto che Dio comanda a tutti di collocare nel suo aiuto una speranza certa di salvarci, ha dovuto darci un fondamento certo di avere una tale speranza. La promessa fatta agli eletti è fondamento certo per gli eletti, ma non per noi in particolare che non sappiamo di essere stati eletti. Dunque il fondamento certo a ciascuno di noi di sperar la salute non è la promessa particolare fatta a' soli eletti, ma la promessa generale del suo aiuto fatta a tutti i fedeli di salvarli, purché non manchino alla grazia. Più in breve: se tutti i fedeli sono obbligati a sperar certamente la salute nell'aiuto divino, dunque un tale aiuto non a' soli eletti, ma è promesso a tutti, ed in questo aiuto ciascun fedele dee fondare la sua speranza.
Dal SERMONE III. - PER LA DOMENICA III. DELL'AVVENTO
MEZZO III. Della resistenza alle tentazioni.
È troppo vero che nelle occasioni pericolose, quando con confidenza ricorriamo a Dio egli ci soccorre; ma talvolta in certe occasioni più istiganti vorrà il Signore che ci mettiamo anche la parte nostra con farci violenza a resistere. Non basterà allora che una o due volte ricorriamo a Dio, ma bisognerà che replichiamo le preghiere, con andare più volte a gemere davanti la beata Vergine ed a' piedi del crocifisso, esclamando con lagrime: Madre mia, Maria, aiutatemi: Gesù mio Salvatore, salvatemi; per pietà non mi abbandonate, non permettete ch'io vi abbia da perdere.
Ricordiamoci del vangelo che dice: Quam angusta porta, et arcta via est, quae ducit ad vitam! et pauci sunt, qui inveniunt eam1. La via del paradiso è stretta; come suol dirsi, non vi passa la carrozza; chi vuole andarvi in carrozza, non vi potrà entrare; e perciò pochi giungono al paradiso, perché pochi voglion farsi forza a resistere alle tentazioni: Regnum coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud2. Il regno de' cieli vim patitur, spiega un autore, vi quaeritur, invaditur, occupatur; bisogna cercarlo, ed acquistarlo con farsi violenza; chi vuole acquistarlo senza incomodo, con menare una vita sciolta e molle, non l'acquisterà e ne resterà escluso.
I santi per salvarsi sono andati chi a vivere in un chiostro, chi ad intanarsi in una grotta, chi ad abbracciare i tormenti e la morte, come hanno fatto i santi martiri: Violenti rapiunt illud. Alcuni si lamentano che non hanno confidenza in Dio; ma non si avvedono che la loro poca confidenza nasce dalla loro poca risoluzione di servire a Dio. Dicea s. Teresa: Di anime irresolute non ha paura il demonio. E scrisse il Savio: Desideria occidunt pigrum3. Alcuni vorrebbero salvarsi, vorrebbero farsi santi, ma non mai si risolvono a pigliarne i mezzi, la meditazione, la frequenza dei sacramenti, il distacco dalle creature; oppure pigliano e lasciano. Si pascono in somma di desiderj inefficaci, e frattanto seguono a vivere in disgrazia di Dio, oppure nella loro tepidezza, che finalmente li porta a perdere Dio, e così si avvera che desideria occidunt pigrum.
Se dunque vogliamo salvarci e farci santi, bisogna che facciamo una forte risoluzione, non solo in generale di darci a Dio, ma anche in particolare di prendere i mezzi opportuni; e dopo averli presi di non tralasciarli; e perciò bisogna che non lasciamo mai di pregare Gesù Cristo e la sua ss. madre, affinché ci ottengano la s. perseveranza.”
Dalla “Istruzione al popolo “PARTE I. CAP. VI. Del sesto precetto.
Non fornicare.
“9. E ciò in quanto al castigo di questa vita; ma che ne sarà de' disonesti nell'altra? Tu dici che questo peccato Dio lo compatisce; ma s. Remigio dice che de' cristiani adulti pochi si salvano, e tutti gli altri si dannano per lo vizio disonesto: Ex adultis propter carnis vitium pauci salvantur15.( A causa del vizio di lussuria pochi si salvano degli adulti) E 'l p. Segneri dice che di coloro che si dannano tre parti si dannano per questo peccato.”

Dalla “Selva di materie predicabili”
CAP. VI. Del peccato d'incontinenza.
“L'incontinenza è chiamata da s. Basilio peste viva, da s. Bernardino da Siena vizio il più nocivo di tutti: Vermis quo nullus nocentior; perché, secondo dice s. Bonaventura, l'impudicizia distrugge i germogli di tutte le virtù: Luxuria omnium virtutum eradicat germina. Perciò ella è da s. Ambrogio chiamata il seminario e la madre di tutti i vizj: Luxuria seminarium est, et origo omnium vitiorum; mentre questo vizio tira seco anche gli altri, odj, furti, sacrilegj e simili. E quindi giustamente disse s. Remigio che, exceptis parvulis, maior pars hominum ob hoc vitium damnatur. E il p. Segneri disse che siccome l'inferno per la superbia è pieno d'angeli, così per la disonestà è pieno d'uomini. Negli altri vizj il demonio pesca coll'amo, in questo pesca colla rete; sicché fa più guadagno per l'inferno con questo vizio che con tutti gli altri. E Dio all'incontro per l'incontinenza ha mandati i maggiori castighi nel mondo, punendola dal cielo con diluvj d'acque e di fuoco.”
Non si dica che quanto sto presentando è assurdo o giansenista perché appunto s. Alfonso anti-giansenista per eccellenza lo ha detto e con lui parecchi altri santi ….
S. Giovanni Cassiano 
Nel suo libro “Sugli istituti dei cenobi” nel l.IV al cap. 38 afferma
“Stretta è la porta e difficile è la via che conduce alla vita e sono pochi quelli che la trovano. Considerati fatto dei pochi eletti e non ti raffreddare per l’esempio e la tiepidezza della moltitudine; ma vivi come pochi per poter meritare di essere trovato nel regno di Dio. Molti infatti sono chiamati, pochi scelti e piccolo è il gregge , al quale è piaciuto al Padre dare l’eredità”
S. Nilo Abate
Nella lettera 159 afferma
“Stretta è la porta e difficile è la via che porta alla vita e pochi la trovano. Se dunque coloro che la trovano sono pochi la molto meno (pauciores) saranno quelli che avranno la forza di entrare; in verità non entrano per propria negligenza ”
S. Ignazio di Loyola praticamente lo afferma nei suoi “Esercizi
“S. Ignazio negli esercizi al n. 52 dice
[52] 1 Il terzo. Ugualmente fare altrettanto sul terzo: il peccato particolare di uno che per un peccato mortale sia andato all'inferno , e molti altri innumerevoli che vi sono andati per meno peccati di quanti ne ho fatto ioa. 
2 Dico fare altrettanto sul terzo peccato particolare: richiamare alla memoria la gravità e malizia del peccatob contro il proprio Creatore e Signore;
 
3 discorrere con l'intelligenza come giustamente è stato condannato per sempre chi ha peccato e agito contro la bontà infinita; concludere con la volontà, come sta detto.
e poi, ancora
[102] 1 Il primo preludio è richiamare la storia del mistero che devo contemplarea: come le tre divine Persone osservano tutta la superficie o rotondità di tutto il mondo piena di uominib; 
2 come, vedendo che tutti scendevano all'infernoc, decidono nella loro eternità che la seconda Persona si faccia uomo, per salvare il genere umano;
 
3 e così, giunta la pienezza dei tempi , inviano l'angelo san Gabriele a nostra Signorad.
e ulteriormente
[106] 1 Il primo punto è vedere le persone, le une e le altre. 
Primo, quelle della faccia della terra, in tanta diversità tanto nei vestiti quanto nei gesti:
 
2 alcuni bianchi e altri neri, alcuni in pace e altri in guerra, alcuni che piangono e altri che ridono, alcuni sani e altri infermi, alcuni che nascono e altri che muoiono, ecc.;
 
3 secondo, vedere e considerare come le tre Persone divine, sedute sul loro soglio regale o trono di sua divina maestà, guardanoa tutta la superficie ricurva della terra, e tutte le genti in tanta cecità, e come queste muoiono e scendono nell'inferno;
 
4 terzo, vedere nostra Signora e l'angelo che la saluta e riflettere per ricavare frutto da tale vistab.
Un eccellente gesuita grande conoscitore degli esercizi come san Roberto Bellarmino Dottore della Chiesa, afferma che molti si dannano e pochi si salvano
Dice infatti “del tutto minore (rispetto a quello di reprobi) è il numero degli eletti”(De Gemitu columbae p.3 m.54) e aggiunge dopo poco “Isaia …descrivendo il piccolo numero di quelli che si troveranno salvi alla fine dei tempi usa il paragone della vigna dopo la vendemmia … paragone che incute un massimo orrore” “Così il numero dei reprobi è paragonato alla vendemmia nella quale si riempiono molti vasi dai grappoli d’uva che sono raccolti da molti agricoltori ; il piccolo numero degli eletti è paragonato ai pochi grappoli che sono ritrovati accidentalmente nella vigna” E ancora “ Il numero dei dannati è più ampio del numero di quelli che devono essere salvati” (De arte moriendi l.2 c.3)
S. Antonio M. Claret
« 205. Igualmente me obliga a predicar sin parar el ver la multitud de almas que caen [en] los infiernos, pues que es de fe que todos los que mueren en pecado mortal se condenan. ¡Ay! Cada día se mueren ochenta mil personas (según cálculo aproximado), ¡y cuántas se morirán en pecado y cuántas se condenarán! Pues que talis vita, finis ita. Tal es la muerte según ha sido la vida.
206. Y como veo la manera con que viven las gentes, muchísimas de asiento y habitualmente en pecado mortal, no pasa día que no aumenten el número de sus delitos. Cometen la iniquidad con la facilidad con que beben un vaso de agua, como por juguete y por risa obran la iniquidad. Estos desgraciados, por sus propios pies, marchan a los infiernos como ciegos, según el Profeta Sofonías: Ambulaverunt ut caeci quía Domino peccaverunt.” (autobiografia)
Traduco "Mi obbliga a predicare la moltitudine di anime che cadono all’inferno giacché è di fede che chi muore in peccato mortale va all’inferno …..Come è la vita così è il termine (della vita). Così è la morte come è stata la vita. E .. vedo il modo in cui vive la gente moltissima …abitualmente in peccato mortale e non passa giorno che non aumentino i loro delitti "
Si noti a riguardo: ai tempi in cui viveva s. Antonio Maria Claret non c’era ancora la moda della minigonna ….non c’erano le spiagge affollate di gente seminuda ….non c’erano i film pornografici, non c’erano i siti pornografici che oggi ci sono …..non c’era la valanga di aborti …che oggi ci sono …..ossia oggi pare di dover affermare che la situazione è immensamente peggiore che allora . Oggi addirittura in Spagna ….si riconoscono i matrimoni omosessuali cioè tra uomini e uomini e donne e donne ….e addirittura si permette ad essi di adottare bambini ….ossia si è giunti a riconoscere una tutela giuridica oltre che all’aborto, anche a certe pratiche di vita che la Scrittura Sacra bolla come peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio ….per non dire della valanga di pedofilia che dilaga attraverso le sette sataniche.
S. Leonardo da Porto Maurizio in un celebre sermone sul numero dei salvati cita i Dottori e i grandi teologi che affermano che la maggior parte non solo degli uomini ma dei cattolici si dannano e afferma che tale sentenza teologica pare sia stata rivelata dal Signore a s. Simeone Stilita che perciò si diede ad una vita di somma penitenza.

ALBERO CON FOGLIE

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ALBERO CON POCHISSIME FOGLIE


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A proposito del fatto che molti si dannano c’è un fatto che si verificò durante la predicazione del beato A. Baldinucci gesuita (Firenze, 1665Pofi, 7 novembre 1717). Si era in agosto, tempo nel quale non sogliono cadere foglie dagli alberi . Il beato Baldinucci stava facendo davanti ad un folto gruppo di persone una predica durante una missione . Ad un tratto, evidentemente illuminato da Dio, il gesuita disse : “Volete sapere quante sono le persone che vanno all’inferno ? Ebbene sono quante le foglie che cadono da questo albero.” Dette quelle parole, per un prodigio misterioso praticamente tutte o quasi le foglie dell’albero caddero a terra …. Udite quelle parole e visto quanto accadeva, la gente rimase grandemente impressionata e vari si convertirono ….
Ecco il frutto che deve produrre in noi quanto ho detto finora: la conversione ….la liberazione dal lassismo e da qualsiasi deviazione nel campo della teologia e in particolare della teologia morale, l’impegno forte ad entrare tra gli eletti. Dio vuole salvi tutti e dunque se noi viviamo secondo i suoi comandamenti, se frequentiamo i sacramenti, Dio vuole salvarci e ci salva…

Catecismo para niños

AVE MARIA PURISSIMA!