sabato 11 gennaio 2025

Una coppia che ha formato una famiglia

 



La Verginità di Maria e Giuseppe è stato il centro della loro unione. Nessuna coppia di persone sposate si è mai amata tanto.

maria e giuseppe gesu di nazareth zeffirellijpgRiportiamo un intervento dell’arcivescovo statunitense Fulton Sheen (1895-1979) sul matrimonio cristiano vissuto sull’esempio della Sacra Famiglia di Nazareth. È splendido!

“Vorrei parlarvi di una coppia che ha formato una famiglia: quella costituita dalla Vergine Maria e da San Giuseppe.

Per spiegare la singolarità delle loro nozze, bisogna tener presente una verità: può esserci stato matrimonio anche senza unione fisica. Questo caso può verificarsi per tre motivi: perché i sensi, già soddisfatti, sono diventati insensibili; perché gli sposi, dopo essersi uniti, hanno fatto voto a Dio di rinunciare al piacere per dedicarsi alle più sublimi estasi dello spirito, e infine perché gli sposi, nonostante il matrimonio, hanno fatto voto di verginità, rinunciando ai propri diritti reciproci.

E la verginità è risultata essere il centro di attrazione di questa unione.

Una cosa è rinunciare ai piaceri della vita coniugale perché ormai stanchi, e un’altra molto diversa è rinunciarvi prima di averli provati per formare solo un’unione di cuori, com’è avvenuto nel matrimonio tra Maria e Giuseppe.

Si sono uniti come due stelle che non si toccano mai mentre i loro raggi luminosi si incrociano nello spazio.

È stato un matrimonio simile a quello che accade in primavera tra i fiori che uniscono i loro profumi o a due strumenti che uniscono le proprie melodie all’unisono formandone una sola.

Gli sposi, rinunciando ai loro diritti reciproci per un motivo più elevato, non distruggono l’essenza del matrimonio, perché come dice Sant’Agostino “la base di un matrimonio d’amore è l’unione dei cuori”.

Questo ci porta a una domanda: perché è stato necessario il matrimonio visto che la Vergine e San Giuseppe avevano fatto voto di verginità?

Il matrimonio era necessario nonostante il voto di verginità per preservare la Vergine da qualsiasi sospetto finché non fosse arrivato il momento di svelare il mistero della nascita di Gesù.

È stato infatti considerato che Nostro Signore fosse figlio di San Giuseppe. In questo modo, la nascita di Cristo non è stata esposta al pubblico ludibrio e non è stata motivo di scandalo per i deboli nella fede. In questo modo, inoltre, la purezza di Maria ha potuto avere un testimone in Giuseppe.

Ogni privilegio della grazia deve però avere il suo corrispettivo, e Maria e Giuseppe hanno dovuto pagarlo con il loro dolore più grande.

L’Angelo non aveva detto alla Vergine di rivelare l’opera dello Spirito Santo che si era compiuta in lei, e per questo Maria ha taciuto. San Giuseppe, non riuscendo a spiegarsi il fenomeno, ha pensato di ripudiarla.

Una volta, la Vergine ha fatto questa rivelazione a un santo: “Non ho mai sperimentato un’angoscia tanto intensa, ad eccezione di quella del Golgota, come quella che ho provato dovendo dare involontariamente un dispiacere a Giuseppe, che era un uomo giusto”.

San Giuseppe soffriva non riuscendo a comprendere l’accaduto: sapeva che Maria, come lui, aveva fatto voto di verginità, e per questo la considerava al di sopra di ogni sospetto e non si azzardava neanche a pensare che potesse avere qualche colpa. Come avrebbe dovuto spiegarselo, allora?

La sorpresa del casto Giuseppe era paragonabile a quella della Vergine Maria quando al momento dell’Annunciazione ha chiesto: “Come può accadere se non conosco uomo?” Maria voleva sapere come avrebbe potuto essere vergine e madre allo stesso tempo, e San Giuseppe non sapeva come poter essere vergine e padre.

L’Angelo del Signore ha spiegato a entrambi che solo Dio aveva il potere di fare una cosa simile, non la scienza umana. Possono penetrare questi misteri solo coloro che comprendono la voce degli angeli.

Visto che San Giuseppe voleva ripudiare in segreto Maria, l’Angelo è intervenuto: non appena questo pensiero si è affacciato alla mente del santo, un angelo gli è apparso in sogno e gli ha detto: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Matteo 1, 20-21).

In questo modo, conoscendo le ragioni della nascita di Gesù, San Giuseppe ha potuto ritrovare la pace. La sua anima si è riempita di felicità per la notizia che sarebbe stato il padre putativo del Salvatore del mondo e guardiano protettore della Madre di Colui che i cieli non riescono a contenere.

Passiamo ora alla seconda domanda: San Giuseppe era giovane o anziano?

La maggior parte delle sculture e dei quadri ci presenta un San Giuseppe anziano, con una lunga barba bianca, ma non esistono dati storici che indichino la sua età.

Se cerchiamo i motivi per i quali l’arte lo rappresenta anziano, scopriamo che la ragione risiede nel fatto che questa caratteristica si addice di più al suo ruolo di custode della verginità di Maria.

Notiamo tuttavia che l’arte ha fatto di San Giuseppe uno sposo puro e casto più per età che per virtù.

Questo assomiglia al fatto di credere che il modo migliore di rappresentare un uomo onesto, incapace di rubare, sia dipingerlo senza mani.

In primo luogo si dimentica che negli anziani possono ardere gli stessi desideri negativi che ardono nei giovani. Abbiamo un esempio nel caso di Susanna, perché coloro che la tentarono nel giardino erano anziani.

Rappresentando San Giuseppe tanto anziano, si dà un merito all’età di un uomo e non alla sua virtù.

Giudicare San Giuseppe puro perché anziano è come voler lodare un torrente di montagna che manca di acqua.

Sembra anche logico pensare che Nostro Signore preferisse scegliere come padre putativo un uomo che sapeva e voleva sacrificarsi e non uno che si vedeva costretto a farlo.

È poi presumibile che Dio volesse dare un anziano come compagno a una ragazza giovane? Se il Signore ha affidato dalla Croce sua madre a un giovane come San Giovanni, perché doveva legarla a un anziano fin dagli albori della vita?

L’amore della donna determina quello dell’uomo.

La donna è educatrice silenziosa della virilità del suo sposo. Essendo Maria il simbolo della verginità e la sublime ispiratrice della purezza per tutti, perché non avrebbe dovuto impiegare questa sua caratteristica con il suo Giuseppe, il giusto?

La Vergine conquistò il cuore del suo giovane sposo non con la diminuzione dell’amore, ma sublimandolo.

A mio avviso, quindi, quando si è sposato con la Vergine Giuseppe era un uomo giovane, forte, virile, atletico e casto; un prototipo dell’uomo che si può vedere oggi mentre pasce un gregge in un prato o mentre pilota un aereo, o nel laboratorio di un falegname. Non un impotente, ma al contrario traboccante di virilità maschile; non un frutto secco, ma un fiore pieno di promesse; non al tramonto della vita, ma all’alba, effondendo energia, forza e passione.

Come si ingigantiscono le figure della Madonna e di San Giuseppe quando, soffermandosi a esaminare la loro vita, scopriamo in essa il Primo Poema d’Amore!

Il cuore umano non si commuove davanti all’amore di un anziano per una ragazza giovane, ma come non ammirare profondamente l’amore di due giovani uniti da un vincolo divino?

Maria e Giuseppe erano entrambi giovani, belli e pieni di promesse.

Dio predilige le cataratte impetuose e le cascate turbolente, ma sono certo che le preferisce quando con l’energia che sprigionano si illuminano le città e con le loro acque si placa la sete di un bambino a quando con il loro impeto travolgono i fiori sbocciati sulla riva.

In Maria e Giuseppe non troviamo una cascata di acque pure e incanalate né un lago secco, ma due giovani che prima di conoscere la bellezza di una e la potente forza dell’altro rinunciano a goderne per donarsi interamente alla “passione senza passione” e all’“impetuosa calma” di Gesù.

Maria e Giuseppe portarono nel loro matrimonio non solo il voto di verginità, ma anche due cuori pieni di un grande amore, più grande di qualsiasi altro amore che un cuore umano abbia mai potuto contenere.

Nessuna coppia di persone sposate si è mai amata tanto.

Posso chiedere alle persone sposate: “A cosa aspirate dopo esservi amati?” All’Infinito, a un’estasi eterna, senza fine. Ma non si può provare nella sua pienezza, perché l’Infinito a cui aspira la loro anima è imprigionato dal corpo.

Questo ostacola il progresso verso Dio al quale si tende.

In cielo, però, non sarà necessaria l’unione dei corpi, perché l’amore sarà infinito.

Ecco perché Dio ha detto che in cielo non esisteranno matrimoni. Non saranno necessarie le apparenze, perché avremo la sostanza.

Ci affanneremmo per un raggio di sole riflesso in uno specchio potendo goderne direttamente? Maria e Giuseppe hanno già provato la gioia senza pari che è

il possesso dell’amore eterno del cielo, senza ansie, a cui tende il vostro matrimonio in Cristo.

Voi sposati avete ora bisogno dell’unione materiale perché non possedete la realtà di Dio. Visto che la Madonna e San Giuseppe avevano Gesù, non desideravano nient’altro.

Si ha bisogno della comunione fisica per comprendere l’unione di Cristo con la sua Chiesa.

Loro non avevano questa necessità perché possedevano la Divinità.

Come ha detto mirabilmente Leone XIII, “il loro matrimonio è stato consumato con Gesù”. Voi vi unite con i corpi, Maria e Giuseppe si sono uniti con Gesù.

Perché avrebbero voluto affannarsi dietro alle gioie effimere della carne quando nel loro amore c’era la Luce del Mondo?

In realtà, Gesù è la voluttuosità dei cuori, per cui se Lui è presente tutto il resto è superfluo.

Come marito e moglie dimenticano se stessi contemplando il figlio appena nato nella sua culla, così anche Maria e Giuseppe non pensavano ad altro che a Gesù.

Non c’è mai stato né ci sarà mai amore più profondo su questa terra.

La Madonna e San Giuseppe non sono arrivati a Dio attraverso il loro amore reciproco, ma hanno goduto dell’amore grande e puro dell’una per l’altro dopo essersi rivolti prima a Gesù.

Giuseppe ha rinunciato alla paternità di sangue, ma l’ha trovata nello spirito, perché è stato padre putativo di Gesù. La Madonna ha rinunciato alla maternità e l’ha trovata nella propria verginità.

La Vergine Maria è stata come il giardino chiuso nel quale è penetrata solo la Luce del Mondo, che per entrare non ha rotto nulla, come la luce del sole attraversa i vetri ed entra in una stanza.

Dedico questo contributo a chi è sposato cristianamente e a tutti coloro che un giorno saranno ammessi al grande mistero dell’amore.

L’esempio di Maria e Giuseppe vi serva per comprendere che il più grande errore di una coppia sposata è credere che per il matrimonio siano necessarie solo due persone: lui e lei.

No! Ne servono tre: lui, lei e Dio.

Permettete, marito, moglie e figli, che vi chieda di recitare insieme in famiglia, come omaggio all’amore perfetto della Sacra Famiglia, un Rosario tutte le sere?

Tutte le coppie che ho unito in matrimonio potranno testimoniare che la mia raccomandazione è sempre stata questa: pregare insieme.

La preghiera di una famiglia riunita è più gradita a Dio di quella fatta separatamente, perché la famiglia rappresenta l’unità della società.

Il cristianesimo è l’unica religione con un carattere familiare, perché ha origine in una Madre e in un Figlio.

Se reciterete tutte le sere il santo Rosario in famiglia, la Vergine vi rivelerà il segreto dell’Amore, e forse sussurrerete l’uno all’altro: “Ti amo, ma non secondo la mia volontà, secondo quella di Dio”.

Se nel vostro affetto cercate solo l’amore terreno non troverete nulla, ma se attraverso di questo cercate Dio allora avrete tutto, perché lo ripeto, perché ci sia vero amore servono tre persone: lui, lei e Dio.

Per amore di Gesù!”

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

Fonte: http://it.aleteia.org/2016/01/27/perche-non-ce-stato-sesso-tra-maria-e-giuseppe/


AMDG et D.V.MARIAE

mercoledì 8 gennaio 2025

BEATI QUI AUDIUNT VERBUM DEI * BEATI COLORO CHE ASCOLTANO LA PAROLA DI DIO!

 Sermone di san Leone Papa

Sermone 2 sull'Epifania
Gioite nel Signore, o dilettissimi, di nuovo dico, gioite: perché dopo breve intervallo di tempo dalla solennità della Nascita di Cristo, risplende la festa della sua manifestazione: e colui che in quel giorno la Vergine diede alla luce, il mondo l'ha riconosciuto quest'oggi. Infatti il Verbo fatto uomo dispose il suo ingresso nel mondo in tal maniera, che il bambino Gesù fu manifestato ai credenti e occultato ai suoi persecutori. Fin d'all'ora dunque «i cieli proclamarono la gloria di Dio, e il suono della verità si sparse per tutta la terra» Ps. 18,1, quando una schiera d'Angeli apparve ai pastori per annunziare loro la nascita del Salvatore, e una stella fu di guida ai Magi per venire ad adorarlo; affinché dall'oriente fino all'occidente risplendesse la venuta del vero Re, perché così i regni d'Oriente appresero dai Magi gli elementi della fede, ed essi non rimasero nascosti all'impero Romano.

Poiché anche la crudeltà d'Erode, che voleva soffocare in sul nascere il Re che gli era sospetto, serviva, a sua insaputa, a questa diffusione della fede; ché, mentre intento a un atroce delitto perseguitava, con un massacro generale di bambini, l'ignoto bambino, ovunque più solennemente si spargeva la fama della nascita annunziata dal dominatore del cielo, rendendola più pronta e più atta alla divulgazione, e la novità d'un segno nuovo nel cielo e l'empietà del crudelissimo persecutore. Allora pertanto il Salvatore fu portato anche in Egitto, affinché questo popolo, in preda a vecchi errori, fosse preparato, con una grazia secreta, a ricevere la sua prossima salute; e affinché, prima ancora d'aver bandito dall'animo la superstizione, ricevesse già ospite la stessa verità.


Riconosciamo dunque, o dilettissimi, nei Magi adoratori di Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede; e con animo esultante celebriamo i princìpi di questa beata speranza. Poiché fin d'allora cominciammo ad entrare nell'eterna eredità: fin d'allora ci si scoprirono i passi misteriosi della Scrittura intorno a Cristo; e la verità, che la cecità dei Giudei non accolse, sparse la sua luce in tutte le nazioni. Onoriamo dunque questo santissimo giorno in cui l'Autore della nostra salute s'è fatto conoscere: e quello che i Magi adorarono bambino nella culla, noi adoriamolo onnipotente nei cieli. E come quelli coi loro tesori offrirono al Signore dei mistici doni, così ancor noi sappiamo cavare dai nostri cuori dei doni degni di Dio.


℣. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
℟. Grazie a Dio.

lunedì 6 gennaio 2025

giovedì 2 gennaio 2025

CONVERSIONE di Alfonso M. Ratisbonne

Alphonse Marie Ratisbonne 

(Strasburgo, 1º maggio 1814 – Ain Karem, 6 maggio 1884)
 

La conversione di Alfonso M. Ratisbonne

L'apparizione della Madonna del Miracolo nella Chiesa di Sant'Andrea delle Fratte a Roma (20 gennaio 1842)

Alfonso Ratisbonne appartiene a una delle più ricche e influenti famiglie della numerosa comunità ebraica di Strasburgo. Il figlio maggiore, Théodore, convertitosi al Cristianesimo, era stato ordinato sacerdote nel 1830, l'anno stesso delle apparizioni a Santa Caterina Labourè. Don Thèodore diventerà uno dei principali collaboratori del parroco di Nostra Signora delle Vittorie e, come tale, propagandista entusiasta e instancabile della devozione all'Immacolata della "Medaglia miracolosa", cui raccomanderà ogni giorno il fratello Alphonse. In effetti, il giovane Alphonse, fedele all'Ebraismo più come riti e tradizioni che come pratica, sente doveroso battersi per l'assistenza e il riscatto dei fratelli nella fede d'Israele. La sua ostilità verso il Cristianesimo in generale, e il Cattolicesimo in particolare, non solo non è nascosta, ma è pubblicamente manifestata. Innamorato di una cugina, Flore, ha fissato con lei la data di un matrimonio vantaggioso anche sul piano sociale, ma voluto dai due soprattutto per amore. Prima di sposarsi, decide di fare un viaggio che lo porti sino a Gerusalemme, per vedere la terra dei suoi padri. Con una imprevista variazione, però, al suo programma, sceglie di visitare anche Roma. Arrivato nel giorno dell'Epifania del 1842, una delle sue prime visite è al Ghetto, dove vivono gli oltre quattromila ebrei romani. "Ho capito", scriverà ai familiari a Strasburgo, "quanto sia meglio far parte dei perseguitati piuttosto che dei persecutori".

A Roma, il Ratisbonne seppure di malavoglia viene in contatto con il gruppo dei ferventi cattolici francesi (molti dei quali convertiti) dei quali fa parte il barone Thèodore de Bussières, venuto dal Protestantesimo e amico del fratello sacerdote. Il de Bussières non solo impegna gli amici perché preghino per quel giovane ebreo, ma quasi come per una sfida lo convince a portare su di sé la "Medaglia miracolosa". Di più: ottiene da lui la promessa (poi mantenuta) di ricopiare il testo della famosa preghiera di san Bernardo che inizia con il Memorare, quel "Ricordati, Vergine Maria, che non si è mai sentito al mondo che qualcuno abbia invocato il tuo soccorso e sia stato abbandonato…". Malgrado abbia già prenotato la partenza in diligenza per Napoli (per proseguire poi da qui, in bastimento, verso Instambul e da lì in Palestina) Alphonse, spinto da una forza misteriosa, decide di restare ancora qualche giorno a Roma. Nella tarda mattinata del 1842 accompagna il barone de Bussières nella chiesa di Sant'Andrea delle Fratte, dicendo che resterà sulla carrozza mentre quel suo conoscente (più che amico) deve intendersi con i frati per l'organizzazione di un funerale. Malgrado l'intenzione di trattenersi su quel veicolo nobiliare, restato solo con il cocchiere, la curiosità di vedere l'interno della chiesa lo spinge ad entrare. E qui del tutto inaspettato, giungerà il "colpo di fulmine" che sconvolgerà radicalmente la sua vita, cambiandola per sempre. Diamo a lui la parola, traducendo il testo che Renè Laurentin (dedicatosi per anni anche alla ricostruzione critica di questo caso) ha ricostruito sulle fonti più sicure. "All'improvviso, mi sentii preso da uno strano turbamento e vidi come scendere un velo davanti a me. La chiesa mi sembrò tutta oscura, eccettuata una cappella, come se la luce si fosse concentrata tutta là. Non posso rendermi conto di come mi sia trovato in ginocchio davanti alla balaustra di quella cappella: in effetti, ero dall'altra parte della chiesa e tra me e la cappella c'erano, a sbarrare il passo, gli arredi che erano stati montati per un funerale. Levai comunque gli occhi verso la luce che tanto risplendeva e vidi, in piedi sull'altare, viva, grande, maestosa, bellissima e dall'aria misericordiosa, la santa vergine Maria, simile nell'atto e nella struttura all'immagine della Medaglia che mi era stata donata perché la portassi. Cercai più volte di alzare gli occhi verso di lei, ma il suo splendore e il rispetto me li fecero abbassare, senza impedirmi però di sentire l'evidenza dell'apparizione. Fissai lo sguardo, allora, sulle sue mani e vidi in esse l'espressione del perdono e della misericordia. Con quelle stesse mani, mi fece segno di restare inginocchiato. Ma una forza irresistibile mi spingeva verso di lei. Alla sua presenza, benché ella non abbia detto alcuna parola, compresi di colpo l'orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica: in una parola, compresi tutto, di colpo".

La sconvolgente testimonianza di Ratisbonne termina con una frase che, per tutta la vita, amò ripetere: "Elle ne m'a rien dit, mais j'ai tout compris" ("Lei non mi ha detto nulla, ma ho capito tutto"). Come divorato nel desiderio di ricevere il battesimo (la cui importanza era stata rivelata), undici giorni dopo è ammesso al sacramento, assumendo il semplice nome di "Maria", che non abbandonerà neppure entrando nell'Ordine dei Gesuiti. Ordinato sacerdote nel 1848, resterà nella Compagnia con soddisfazione sua e dei superiori per alcuni anni: l'abbandonerà, in pieno accordo anche con il Papa, per unirsi al fratello Thèdore (prete già dal 1830, come sappiamo) che aveva fondato una congregazione quella di Notre Dame de Sion, ancora esistente per la conversione degli ebrei al Vangelo. Morirà in Terra Santa, ad Ain Karin, il luogo tradizionale della Visitazione di Maria a Elisabetta. Curiosa l'annotazione che ho trovato nel Diario di Paul Claudel, alla data del 14 marzo 1950: "La Provvidenza riservava a un giudeo convertito, padre Alphonse Ratisbonne, l'onore di ritrovare, sotto l'ammasso di rifiuti da lui acquistati a Gerusalemme, il lastricato autentico del Litostroto, il luogo dell'Ecce Homo". In effetti, è proprio così: il luogo comprato a Gerusalemme dai due fratelli Ratisbonne, nel 1856, si rivelerà uno dei più illustri della storia evangelica, addirittura il posto dove Pilato aveva stabilito il suo tribunale la fatale mattina di quel venerdì che precedeva la Pasqua. In Terra Santa, comunque, il lavoro dei due fratelli convertiti sarà massacrante e sarà posto soprattutto a favore degli orfani e, in genere, dei giovani (musulmani, ebrei, cristiani) privi di mezzi di sussistenza. Sulla conversione di Alphonse più ancora che su quella di Thèodore si accanirà l'opposizione violenta da parte dei membri della sua numerosa famiglia e dei correligionari sparsi in mezza Europa. Questa conversione, seguita all'esperienza del 20 gennaio 1842 a Sant'Andrea delle Fratte, fu sottoposta a processo davanti al tribunale canonico del Vicario di Roma. Sfilarono molti testi giurati, e dopo mesi di lavoro, il cardinale Costantino Patrizi firmava un decreto (porta la data del 3 giugno 1842) che così si conclude: "Consta pienamente la verità dell'insigne miracolo operato da Dio onnipotente per intercessione della Beata Vergine Maria, cioè la istantanea e perfetta conversione di Alfonso Ratisbonne dall'Ebraismo".

Alle diffamazioni che accompagnarono la vita di "padre Maria", come volle sempre essere chiamato, si sono poi unite le divagazioni psicologiche o psicanalitiche, per ridurre a fenomeno patologico la visione che determinò la conversione. Non è qui il caso di entrare in discussioni di questo tipo. Basti però ricordare quale sia stata la forza dell'evento di quel 20 gennaio 1842: per 42 anni, sino alla morte (sopravvenuta nel mese "mariano" di maggio, del 1884), Alphonse Ratisbonne mai mise in dubbio la verità di quanto gli era successo e fu fedele alla sua assistenza di sacrificio, come religioso impegnato al contempo nella preghiera e nell'azione. Poco prima della morte uscì in espressioni come questa: "Perché mi tormentate con le vostre cure? La Santissima Vergine mi chiama e io ho bisogno di lei. Desidero solo Maria! Per me è tutto". All'avvicinarsi della fine, pur ribadendo di sentirsi peccatore, confidò ai suoi che lo assistevano di non temere la morte ma di desiderarla, per vedere finalmente faccia a faccia la Signora che gli era apparsa splendente di luce, per pochissimi minuti, in quel lontano inverno romano. Una "illusione" una "manifestazione patologica"; i cui effetti vanno così in profondità e durano tanto? Tutti quei decenni di fedeltà al lampo nella cappella di Sant'Andrea sono la migliore smentita.

Vittorio Messori
Tratto da "Jesus", XXI (1999), n. 1

AMDG et B.V.MARIAE