sabato 7 gennaio 2023

Siamo i figli della Speranza

 NOI SIAMO LO STUPORE DI DIO

A Charles Péguy


Caro Péguy,

il tuo spirito entusiastico, la passione di suscitatore e condottiero

d’anime, mi sono sempre piaciuti; meno certe tue ridondanze

letterarie ora amare, ora ironiche, ora eccessivamente

appassionate nella battaglia condotta contro gli uomini erranti

del tuo tempo.

Nelle tue pagine religiose c’è qualche tratto poeticamente

(non dico teologicamente) felice: là, dove introduci Dio a parlare

della speranza, per esempio.

«La fede degli uomini non mi stupisce – dice Dio –, non

è cosa sorprendente: io risplendo talmente nella mia creazione,

che per non vedermi, questa povera gente dovrebb’esser cieca. La

carità degli uomini non mi stupisce – dice Dio –, non è cosa sorprendente:

queste povere creature sono così infelici, che, se non

hanno un cuore di sasso, non possono che aver amore le une per

le altre. La speranza, ecco quello che mi stupisce!».

D’accordo con te, caro Péguy, che la speranza stupisce. D’accordo

con Dante ch’essa è uno attender certo. D’accordo su ciò

che la Bibbia racconta di coloro che sperano.

Abramo non sapeva proprio perché Dio gli avesse ordinato

di uccidere l’unico figlio; non vedeva da dove, morto Isacco,

potesse venire la posterità numerosa che gli era stata promessa,

eppure attendeva con certezza.

Davide, avanzando contro Golia, sapeva benissimo che cinque

sassi erano troppo poco di fronte a un gigante bardato di

ferro. Eppure attendeva con certezza e intimava al colosso blindato:

«Vengo da parte di Dio. Tra poco ti spiccherò la testa dal

busto!».

Pregando con i salmi, anch’io, caro Péguy, mi sento trasformato

in uomo che attende con certezza: Dio è la mia luce e la

mia salvezza, di chi temerò?... Anche se si accampa contro di me

un esercito, non temerà il mio cuore. Anche se si leva contro di

me la battaglia, anche allora io sono fiducioso!

* * *

Come sbagliano, Péguy, quelli che non sperano! Giuda ha

fatto un grosso sproposito il giorno in cui vendette Cristo per

trenta denari, ma ne ha fatto uno molto più grosso quando pensò

che il suo peccato fosse troppo grande per essere perdonato.

Nessun peccato è troppo grande: una miseria finita, per quanto

enorme, potrà sempre essere coperta da una misericordia infinita.

E non è mai troppo tardi: Dio non solo si chiama Padre,

ma Padre del figlio prodigo, che ci scorge quando siamo ancora

lontano, che si intenerisce e, correndo, viene a gettarsi al nostro

collo e a baciarci teneramente.

E non deve spaventare un eventuale passato burrascoso. Le

burrasche, che furono male nel passato, diventano bene nel presente

se spingono a rimediare, a cambiare; diventano gioiello, se

donate a Dio per procurargli la consolazione di perdonarle.

Il Vangelo ricorda tra gli antenati di Gesù quattro donne, di

cui tre non del tutto commendabili: Rahab aveva fatto la cortigiana;

Thamar aveva avuto il figlio Phares da suo suocero Giuda

e Betsabea era stata adultera con Davide. Mistero di umiltà che

queste parenti siano state accettate da Cristo, che siano incluse

nella sua genealogia, ma anche – opino – in mano di Dio, mezzo

per poterci assicurare: voi potete diventare dei santi, qualunque

sia la storia della vostra famiglia, il temperamento e il sangue

ereditato, la vostra situazione passata!

Caro Péguy, sarebbe però sbagliato attendere, rimandare di

continuo. Chi si mette sulla strada del poi sbocca nella strada del

mai. Conosco qualcuno, che sembra fare della vita una perpetua

«sala d’aspetto». Vengono e partono i treni e lui: «Partirò un’altra

volta! Mi confesserò in fin di vita!».

Del «prode Anselmo» diceva il Visconti-Venosta:

«Passa un giorno, passa l’altro,

mai non torna il prode Anselmo».

Qui abbiamo il rovescio: un Anselmo che mai non parte.

La cosa non è senza rischio. Supponi, caro Péguy, che i barbari

stiano invadendo l’Italia e avanzino distruggendo e ammazzando.

Tutti scappano: gli aerei, le auto, i treni sono presi d’assalto:

«Vieni! – grido io all’Anselmo – c’è ancora un posto sul treno,

sali subito!». E lui: «Ma è proprio certo che i barbari mi faranno

fuori, se resto qui?».

«Certo no, potrebbero risparmiarti, potrebbe anche darsi

che, prima del loro arrivo, passasse un altro treno. Ma sono possibilità

lontane e si tratta della vita. Aspettare ancora è imperdonabile

imprudenza!».

«Non mi potrò convertire anche più tardi?». «Certo, ma sarà

forse più difficile di adesso: i peccati ripetuti diventano abitudini

e catene, ch’è più difficile rompere. Adesso, subito, per favore!».

* * *

Tu lo sai, Péguy. L’attendere si basa sulla bontà di Dio, che

traluce specialmente nel comportamento di Cristo, chiamato nel

Vangelo «amico dei peccatori». Quale sia la dimensione di questa

amicizia è noto: perduta una pecora, il Signore va in cerca fin che

la trova: trovatala, se la pone tutto lieto sulle spalle, la riporta a

casa e dice a tutti: «Vi sarà più grande gioia in cielo per un solo

peccatore che si pente che per novantanove giusti che non hanno

bisogno di penitenza».

La samaritana, l’adultera, Zaccheo, il ladrone crocifisso a destra,

il paralitico e noi stessi siamo stati cercati, ritrovati, trattati

così. E questo è un altro stupore!

* * *

Ma ce n’è un altro ancora: l’attender certo della gloria futura,

come dice ancora Dante. Fa stupore quella certezza messa accanto

alla futurità, cioè alla lontananza sfumata. Eppure questa è,

Péguy, la situazione di noi speranti.

Ci troviamo sulla linea di Abramo, che, avuta da Dio la promessa

di un paese fertilissimo, obbedì, e «partì – dice la Bibbia

– senza sapere dove andasse», ma sicuro lo stesso e abbandonato

a Dio. Ci troviamo nello stato descritto da Giovanni evangelista:

«Già da adesso noi siamo figli di Dio, ma ciò che noi saremo

non è stato ancora manifestato». Ci troviamo, come il Napoleone

manzoniano, «avviati pei floridi sentier de la speranza», anche

se non conosciamo bene la regione in cui i sentieri sboccano.

La conosciamo almeno vagamente? O farneticava Dante,

quando tentò di descriverla come luce, amore e letizia? «Luce intellettuale», perché la nostra mente vedrà lassù chiarissimamente

quello che quaggiù aveva intravisto appena: Dio. «Amor di vero

bene», perché i beni che amiamo qui sono un bene, goccioline,

briciole, frammenti di bene, mentre Dio è il bene. «Letizia che

trascende ogni dolore», perché non c’è paragone tra quella e le

dolcezze di questo mondo.

Concorda Agostino, che chiama Dio «bellezza sempre antica

e sempre nuova». Concorda Manzoni: lassù... «è silenzio e

tenebra la gloria che passò». Concorda Isaia nel famoso dialogo:

«Grida! – Che cosa griderò? – Grida così: ogni uomo è come

erba e tutta la sua gloria è come fiore del campo. Si secca l’erba e

appassisce il fiore!».

Con questi grandi concordiamo anche noi, caro Péguy.

Qualcuno ci chiamerà «alienati» poetizzanti e non pratici? Noi

risponderemo: «Siamo i figli della speranza, lo stupore di Dio!».

Agosto 1971

AMDG et DVM

venerdì 6 gennaio 2023

LA CORONA ANGELICA e IL VALORE DELLE SUE PROMESSE

 

LA CORONA ANGELICA DI DIO E MARIA, ROSA MISTICA

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

O Dio vieni a salvarmi con i tuoi angeli, Signore vieni presto in mio aiuto.

Per la Croce:

Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, Suo Figlio unigenito, Signore nostro; il quale fu concepito di Spirito Santo, nato dalla vergine Maria; soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò dai morti; ascese al cielo; siede alla destra di Dio Padre onnipotente; da dove verrà per giudicare i vivi ed i morti. Io credo nello Spirito Santo; la santa Chiesa cattolica; la comunione dei santi; la remissione dei peccati; la risurrezione della carne; la vita eterna. Amen.

Primo grano a forma di rosa:

Padre Nostro

Per i primi tre grani bianchi:

Ave Maria – per ottenere più fede

Ave Maria – per ottenere più speranza

Ave Maria – per ottenere più carità

Primo grano, Maria prima rosa mistica:

O Santo Arcangelo MICHELE, “Chi è come Dio?”, guidaci nell’umiltà per combattere il demone della superbia, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù eucaristico, umile e mite di cuore, per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):

O Maria, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.

Secondo grano a forma di rosa:

O Santo Arcangelo GABRIELE, “Potenza di Dio”, insegnaci a dare con generosità per combattere il demone dell’avidità, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, donatore di vita eterna, per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):

O Maria, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.

Terzo grano a forma di rosa:

O Santo Arcangelo RAFFAELE, “Medicina di Dio”, guariscici da tutte le malattie e da tutti i peccati di impurità per combattere il demone della lussuria, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, santo e puro di cuore, per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):

O Maria, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.

Quarto grano a forma di rosa:

O Santo Arcangelo URIELE, “Fuoco di Dio”, insegnaci ad essere pazienti per combattere il demone dell’ira, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, agnello paziente, per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):

O Maria, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.

Quinto grano a forma di rosa:

O Santo Arcangelo GEUDIELE, “Lode a Dio”, guidaci nell’accettare i decreti divini per combattere il demone dell’invidia, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, esecutore perfetto dei decreti del Padre, per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):


O Maria, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.

Sesto grano a forma di rosa:

O Santo Arcangelo SEALTIELE, “Preghiera a Dio”, insegnaci ad essere temperanti per combattere il demone della gola, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, perfetto in ogni azione, per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):

O Maria, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.

Settimo grano a forma di rosa:

O Santo Arcangelo BARACHIELE, “Benedizione di Dio”, guidaci nello zelo per il Signore, per combattere il demone dell’accidia, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, impegnato nel fare la volontà del Padre, per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):

O Maria, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.

PREGHIAMO:

O Signore Onnipotente, che ti manifesti umilmente nella Santa Eucaristia, per intercessione di Maria Santissima, Rosa Mistica e dei tuoi sette Arcangeli che giorno e notte ti lodano presso il Tuo Trono Santo, ti preghiamo concedici le tue sette sante virtù cristiane per essere fortificati nell’anima con l’unzione regale, di modo che possiamo sconfiggere tutte le cause dei nostri mali e garantirci sempre la tua divina provvidenza ora e sempre. Amen.

APRILE 18, 2015


https://paolotescione.wordpress.com/2015/04/21/maria-rosa-la-veggente-della-rosa-mistica-e-della-prossima-apocalisse-spiega-il-valore-delle-promesse-della-corona/

“Epifania” – l’apparizione, la comparsa del Divino. Omelia


 

BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Domenica, 6 gennaio 2013

Cari fratelli e sorelle!

Per la Chiesa credente ed orante, i Magi d’Oriente che, sotto la guida della stella, hanno trovato la via verso il presepe di Betlemme sono solo l’inizio di una grande processione che pervade la storia.

Per questo, la liturgia legge il Vangelo che parla del cammino dei Magi insieme con le splendide visioni profetiche di Isaia 60 e del Salmo 72, che illustrano con immagini audaci il pellegrinaggio dei popoli verso Gerusalemme. Come i pastori che, quali primi ospiti presso il Bimbo neonato giacente nella mangiatoia, personificano i poveri d’Israele e, in genere, le anime umili che interiormente vivono molto vicino a Gesù, così gli uomini provenienti dall’Oriente personificano il mondo dei popoli, la Chiesa dei gentili – gli uomini che attraverso tutti i secoli si incamminano verso il Bambino di Betlemme, onorano in Lui il Figlio di Dio e si prostrano davanti a Lui.

La Chiesa chiama questa festa “Epifania” – l’apparizione, la comparsa del Divino. Se guardiamo il fatto che, fin da quell’inizio, uomini di ogni provenienza, di tutti i Continenti, di tutte le diverse culture e tutti i diversi modi di pensiero e di vita sono stati e sono in cammino verso Cristo, possiamo dire veramente che questo pellegrinaggio e questo incontro con Dio nella figura del Bambino è un’Epifania della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini (cfr Tt 3,4).

Seguendo una tradizione iniziata dal Beato Papa Giovanni Paolo II, celebriamo la festa dell’Epifania anche quale giorno dell’Ordinazione episcopale per quattro sacerdoti che d’ora in poi, in funzioni diverse, collaboreranno al Ministero del Papa per l’unità dell’unica Chiesa di Gesù Cristo nella pluralità delle Chiese particolari. Il nesso tra questa Ordinazione episcopale e il tema del pellegrinaggio dei popoli verso Gesù Cristo è evidente.

Il Vescovo ha il compito non solo di camminare in questo pellegrinaggio insieme con gli altri, ma di precedere e di indicare la strada. Vorrei, però, in questa liturgia, riflettere con voi ancora su una domanda più concreta. In base alla storia raccontata da Matteo possiamo sicuramente farci una certa idea di quale tipo di uomini debbano essere stati coloro che, in seguito al segno della stella, si sono incamminati per trovare quel Re che, non soltanto per Israele, ma per l’umanità intera avrebbe fondato una nuova specie di regalità. Che tipo di uomini, dunque, erano costoro? E domandiamoci anche se, malgrado la differenza dei tempi e dei compiti, a partire da loro si possa intravedere qualcosa su che cosa sia il Vescovo e su come egli debba adempiere il suo compito.

Gli uomini che allora partirono verso l’ignoto erano, in ogni caso, uomini dal cuore inquieto. Uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo. Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande. Erano forse uomini dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano anche di una formazione filosofica.

Ma non volevano soltanto sapere tante cose. Volevano sapere soprattutto la cosa essenziale. Volevano sapere come si possa riuscire ad essere persona umana. E per questo volevano sapere se Dio esista, dove e come Egli sia. Se Egli si curi di noi e come noi possiamo incontrarlo. Volevano non soltanto sapere. Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui. Erano ricercatori di Dio.

Ma con ciò giungiamo alla domanda: come dev’essere un uomo a cui si impongono le mani per l’Ordinazione episcopale nella Chiesa di Gesù Cristo? Possiamo dire: egli deve soprattutto essere un uomo il cui interesse è rivolto verso Dio, perché solo allora egli si interessa veramente anche degli uomini.

Potremmo dirlo anche inversamente: un Vescovo dev’essere un uomo a cui gli uomini stanno a cuore, che è toccato dalle vicende degli uomini. Dev’essere un uomo per gli altri. Ma può esserlo veramente soltanto se è un uomo conquistato da Dio. Se per lui l’inquietudine verso Dio è diventata un’inquietudine per la sua creatura, l’uomo.

Come i Magi d’Oriente, anche un Vescovo non dev’essere uno che esercita solamente il suo mestiere e non vuole altro. No, egli dev’essere preso dall’inquietudine di Dio per gli uomini. Deve, per così dire, pensare e sentire insieme con Dio. Non è solo l’uomo ad avere in sé l’inquietudine costitutiva verso Dio, ma questa inquietudine è una partecipazione all’inquietudine di Dio per noi. Poiché Dio è inquieto nei nostri confronti, Egli ci segue fin nella mangiatoia, fino alla Croce. “Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai redento con il supplizio della Croce: che tanto sforzo non sia vano!”, prega la Chiesa nel Dies irae.

L’inquietudine dell’uomo verso Dio e, a partire da essa, l’inquietudine di Dio verso l’uomo devono non dar pace al Vescovo. È questo che intendiamo quando diciamo che il Vescovo dev’essere soprattutto un uomo di fede. Perché la fede non è altro che l’essere interiormente toccati da Dio, una condizione che ci conduce sulla via della vita. La fede ci tira dentro uno stato in cui siamo presi dall’inquietudine di Dio e fa di noi dei pellegrini che interiormente sono in cammino verso il vero Re del mondo e verso la sua promessa di giustizia, di verità e di amore. In questo pellegrinaggio, il Vescovo deve precedere, dev’essere colui che indica agli uomini la strada verso la fede, la speranza e l’amore.

Il pellegrinaggio interiore della fede verso Dio si svolge soprattutto nella preghiera. Sant’Agostino ha detto una volta che la preghiera, in ultima analisi, non sarebbe altro che l’attualizzazione e la radicalizzazione del nostro desiderio di Dio. Al posto della parola “desiderio” potremmo mettere anche la parola “inquietudine” e dire che la preghiera vuole strapparci alla nostra falsa comodità, al nostro essere chiusi nelle realtà materiali, visibili e trasmetterci l’inquietudine verso Dio, rendendoci proprio così anche aperti e inquieti gli uni per gli altri.

Il Vescovo, come pellegrino di Dio, dev’essere soprattutto un uomo che prega. Deve essere in un permanente contatto interiore con Dio; la sua anima dev’essere largamente aperta verso Dio. Le sue difficoltà e quelle degli altri, come anche le sue gioie e quelle degli altri le deve portare a Dio, e così, a modo suo, stabilire il contatto tra Dio e il mondo nella comunione con Cristo, affinché la luce di Cristo splenda nel mondo.

Torniamo ai Magi d’Oriente. Questi erano anche e soprattutto uomini che avevano coraggio, il coraggio e l’umiltà della fede. Ci voleva del coraggio per accogliere il segno della stella come un ordine di partire, per uscire – verso l’ignoto, l’incerto, su vie sulle quali c’erano molteplici pericoli in agguato. Possiamo immaginare che la decisione di questi uomini abbia suscitato derisione: la beffa dei realisti che potevano soltanto deridere le fantasticherie di questi uomini. Chi partiva su promesse così incerte, rischiando tutto, poteva apparire soltanto ridicolo. Ma per questi uomini toccati interiormente da Dio, la via secondo le indicazioni divine era più importante dell’opinione della gente. La ricerca della verità era per loro più importante della derisione del mondo, apparentemente intelligente.

Come non pensare, in una tale situazione, al compito di un Vescovo nel nostro tempo? L’umiltà della fede, del credere insieme con la fede della Chiesa di tutti i tempi, si troverà ripetutamente in conflitto con l’intelligenza dominante di coloro che si attengono a ciò  che  apparentemente è sicuro. Chi vive e annuncia la fede della Chiesa, in molti punti non è conforme alle opinioni dominanti proprio anche nel nostro tempo. L’agnosticismo  oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e mette in questione i suoi criteri. Perciò, il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti.

Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi. “Chi teme il Signore non ha paura di nulla”, dice il Siracide (34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini. Rende liberi!

 

In questo contesto  mi viene in mente un episodio degli inizi del cristianesimo che san Luca narra negli Atti degli Apostoli. Dopo il discorso di Gamaliele, che sconsigliava la violenza verso la comunità nascente dei credenti in Gesù, il sinedrio chiamò gli Apostoli e li fece flagellare. Poi proibì loro di predicare nel nome di Gesù e li rimise in libertà. San Luca continua: “Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno … non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo” (At 5,40ss). Anche i successori degli Apostoli devono attendersi di essere ripetutamente percossi, in maniera moderna, se non cessano di annunciare in modo udibile e comprensibile il Vangelo di Gesù Cristo.

E allora possono essere lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per Lui. Naturalmente vogliamo, come gli Apostoli, convincere la gente e, in questo senso, ottenerne l’approvazione. Naturalmente non provochiamo, ma tutt’al contrario invitiamo tutti ad entrare nella gioia della verità che indica la strada. L’approvazione delle opinioni dominanti, però, non è il criterio a cui ci sottomettiamo. Il criterio è Lui stesso: il Signore. Se difendiamo la sua causa, conquisteremo, grazie a Dio, sempre di nuovo persone per la via del Vangelo. Ma inevitabilmente saremo anche percossi da coloro che, con la loro vita, sono in contrasto col Vangelo, e allora possiamo essere grati di essere giudicati degni di partecipare alla Passione di Cristo.

I Magi hanno seguito la stella, e così sono giunti fino a Gesù, alla grande Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr Gv 1,9). Come pellegrini della fede, i Magi sono diventati essi stessi stelle che brillano nel cielo della storia e ci indicano la strada. I santi sono le vere costellazioni di Dio, che illuminano le notti di questo mondo e ci guidano. San Paolo, nella Lettera ai Filippesi, ha detto ai suoi fedeli che devono risplendere come astri nel mondo (cfr 2,15).

Cari amici, ciò riguarda anche noi. Ciò riguarda soprattutto voi che, in quest’ora, sarete ordinati Vescovi della Chiesa di Gesù Cristo. Se vivrete con Cristo, a Lui nuovamente legati nel Sacramento, allora anche voi diventerete sapienti. Allora diventerete astri che precedono gli uomini e indicano loro la via giusta della vita.

In quest’ora noi tutti qui preghiamo per voi, affinché il Signore vi ricolmi con la luce della fede e dell’amore. Affinché quell’inquietudine di Dio per l’uomo vi tocchi, perché tutti sperimentino la sua vicinanza e ricevano il dono della sua gioia. Preghiamo per voi, affinché il Signore vi doni sempre il coraggio e l’umiltà della fede. Preghiamo Maria che ha mostrato ai Magi il nuovo Re del mondo ( Mt 2,11), affinché ella, quale Madre amorevole, mostri Gesù Cristo anche a voi e vi aiuti ad essere indicatori della strada che porta a Lui. Amen.

AMDG et DVM

giovedì 5 gennaio 2023

COSI' è scritto nell'Opera scritta dalla Divina Sapienza...

 


Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

 

20.04.05

 

 

Eletti, amici cari, esulti in Me il vostro piccolo, cuore perché una pioggia di Grazie salvifiche scende sulla terra come mai è accaduto nel passato. Ecco, il Mio Cuore Che immensamente ama, vuole salvare ogni uomo della terra; il flusso di Grazie continua: tutti Le colgano per rinnovarsi nello spirito, per divenire uomini nuovi volti a Me con la mente, col cuore, con l’anelito dell’anima. 

Amici cari, vi chiedo di rinnovarvi sempre di più in Me, per aiutare il mondo a cambiare. Se Io posso operare con Potenza in voi, potete fare, con Me, cose grandi sulla terra, per poi godere la ricca ricompensa alla fine della vostra fatica. Amici cari, rinnovate la terra col vostro esempio, chi vi vede, chi vi sente, rimanga edificato e dica tra sé: “Questo è un vero discepolo di Gesù Cristo.” Amati, Io sono in voi e voi siete Miei, nulla temete; anche se tremasse la terra nulla accadrebbe a voi, perché Mi appartenete.

 

 

Sposa amata, non pensare che la tua missione, quella che Io, Io, Gesù, ti ho assegnato sia verso la fine, la fase più importante è appena incominciata, opero in te con Potenza e voglio che il mondo si rinnovi alle Mie Parole e risponda al Mio Amore. Piccola Mia, sei disposta a fare bene quello che Io voglio da te in questo momento grandioso della storia?


 Ogni Mio strumento è una parte di un grande mosaico, l’insieme soltanto Io lo conosco; quando il tempo sarà completato, mostrerò al mondo le Mie più grandi Meraviglie. Esulteranno i Miei eletti in Me e benediranno la loro fatica fatta, i sacrifici offerti, le preghiere volte a Me giorno e notte, notte e giorno. Ecco, i loro occhi Mi vedranno in terra prima ancora di vederMi in Cielo, esultanza si unirà ad esultanza, gioia vera a gioia vera. Amati, se ora vi chiedo di più, senza titubanze, donateMi di più, avrete un premio unico, tanto sospirato da tutti i Miei amici, ma goduto da pochi perché il tempo non era maturo.


Mi dice la Mia sposa: “Gesù adorato, voglio fare tutto per Te, non c’è sacrificio troppo grande o fatica troppo pesante, è sempre cosa deliziosa servirTi; Tu, Adorato, mi chiedi sempre così poco per darmi le cose più belle. In questi giorni benedetti, hai inondato il mondo di Grazie, tutta la terra è stata bagnata dalla Tua Soave Rugiada; ora, Amore Infinito, ci hai donato un nuovo Papa, il suo nome è già tutto un programma, si chiama Benedetto come il santo soavissimo che ha riempito la terra della sua fragranza e l’ha unita nel Tuo Amore. Signore adorato, volgi il Tuo Benevolo Spirito verso questo nuovo Papa; opera in lui, guidalo, sostienilo come hai fatto col precedente, la Madre Tua Santissima, lo tenga ben stretto per mano; vedo intorno a lui pericoli nuovi, infondi nel suo cuore il Tuo Vigore, nella mente un Raggio della Tua Sapienza, trasmetti alla sua anima il Tuo Anelito. Ecco, Gesù, il mio cuore esulta in Te; come sei grande nell’Amore, sai solo dare Amore, sei Tutto Amore, possa ogni cuore capirlo e vivere per benedirTi, lodarTi, ringraziarTi e adorarTi”.

Amata Mia sposa è bello l’auspicio che fai, poni il tuo capo sul Mio Cuore, Roveto Ardentissimo d’Amore, ed ascolta serena le Mie Parole: hai parlato di una pioggia di Grazie che scendono in questi giorni, così è, infatti, sto donando molto perché ognuno faccia buona scorta, nel mondo ci saranno giorni forti come mai ci sono stati nel passato anche nel tempo del diluvio né in quelli della Pentapoli, occorre che ognuno sia pronto ad affrontarli. Chi è ricco delle Mie Grazie è come un castello ben custodito; chi può assalirlo ed espugnarlo? Chi, invece, è povero delle Mie Grazie è come una fortezza aperta al nemico, chiunque può entrare e fare preda a piacere. Ecco il significato di questa pioggia fitta di Grazie: la preparazione ad affrontare un tempo duro, il più difficile della storia umana. 


Occorre essere pronti, forti della Mia Forza, ben illuminati dalla Mia Luce; ecco chi sarà il vittorioso: colui che ha fatto buona scorta delle Mie Grazie, chi Le ha colte e Ne ha fatto tesoro. Vi ho fatto Dono di un nuovo Papa, su di lui effonderò le Mie Grazie speciali e le Mie Benedizioni, lo guiderò nel suo cammino e la terra si arricchirà per la sua opera indefessa. 


Ancora una voce forte ci sarà per il mondo, tutti la sentiranno, ma, ti dico, che pochi la seguiranno, un gran numero resterà affondato nel suo errore e non avrà scampo. Sposa amata, non ti rattristino le Mie Parole; sai, perché l’ho spiegato più volte, che l’uomo è libero, può accogliere i Miei grandi Doni, può anche rifiutarLi. Chi Li coglie e cambia la sua vita, vedrà compiersi in lui, intorno a lui, nel mondo intero, le Meraviglie del Mio Amore; chi, invece, continua a rifiutare sarà come un soldato disarmato che va al fronte ebro, quale sarà la sua fine? 


Amata sposa, molto offro in questo grande momento storico, molto offro perché poi chiederò di più, molto di più di quanto abbia mai chiesto. Amata sposa, nessuno lasci passare invano questo momento di Grazia, ma lo colga istante dopo istante. Nel momento della prima benedizione di Benedetto, il nuovo Papa, sul mondo è caduta una pioggia di Grazie fitta fitta, la terra ne è stata inondata, beato l’uomo saggio che ne ha fatta buona scorta.

Mi dici: “Adorato Signore, so che con quella benedizione è stata lucrata l’indulgenza plenaria urbi et orbi, Ti ringrazio per il grande Dono del Tuo Amore”.


Amata sposa, la benedizione della quale parli è stata speciale, chi degnamente l’ha colta si è arricchito di Grazie uniche che utilizzerà nel momento grande della sua vita. Il mondo, ricco nello spirito, si è arricchito ancora di più, ora il suo scrigno è colmo di ricchezza unica. Non a caso ho suggerito, a questo nuovo Papa, il nome di Benedetto, egli* è stato una Luce fulgida in tanto buio, così farò brillare la Mia Luce speciale attraverso questo Benedetto, così come feci col suo predecessore. Una grande Luce brillerà, squarcerà il buio fitto dei cuori, ma i ciechi volontari non La vedranno né i sordi udranno le Parole di Vita Che Io, Io, Gesù, pronuncerò attraverso di Lui. Non rattristarti per questo, amata sposa, vieni nel Mio Cuore, godi, anche in questo giorno, le Delizie del Mio Amore. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                                Gesù

 

*egli = S.Benedetto

 

Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

 

20.04.05

 


 

La Mamma parla agli eletti

 

 

Figli cari e tanto amati, benedite Dio con tutto il cuore per questi grandi giorni che vi dona nel Suo Amore Immenso. Le Grazie scendono copiose nel mondo, ognuno Ne faccia tesoro. Nel momento della prima benedizione del nuovo santo Padre, il Cuore Meraviglioso e Santissimo di Dio si è aperto ed ha lasciato cadere immensi tesori nel cuore di coloro che erano aperti al Suo Amore ed in Grazia Sua. Sono Doni di fortezza, di perseveranza, di solidità nella fede; ecco, una pioggia meravigliosa ha inondato i cuori e li ha preparati ad affrontare il futuro incisivo e forte.


Mi dice la Mia piccola: “Madre Santissima, sia benedetto Gesù che non perde occasione per inondare il mondo di Grazie meravigliose, possa ogni uomo coglierLe per la propria salvezza e per quella altrui. Porta all’Amore Infinito, al Figlio Tuo Benedetto, il nostro canto di lode e di ringraziamento; porta, anche, Dolce Madre, l’implorazione di Grazie speciali per il nuovo santo Padre, una grande responsabilità grava su di lui. Nella sua prima omelia, ha chiesto con umiltà le nostre preghiere. Madre Santissima, ogni giorno le avrà, ogni giorno saliranno da ogni parte della terra preghiere intense e profonde per lui, già a noi tanto caro. Ti chiedo, Madre Soavissima, di portare a Tuo Figlio ogni nostra preghiera, abbia il Papa nuovo sostegno ed aiuto da noi, in ogni istante di vita. La Tua Mano Soave tocchi la sua fronte per ispirargli i pensieri più santi; il Tuo Cuore lo avvolga col Tuo Amore Meraviglioso; la Tua Anima sublimissima trasmetta a lui i Suoi aneliti”.


Figli amati, come Mi è gradita questa vostra preghiera che scaturisce da cuori ardenti d’amore per Gesù, per Me, per l’intera Umanità. Ebbene, come prima cosa porterò le vostre orazioni a Mio Figlio Santissimo, poi, come chiedete, piccoli tanto cari, poserò la Mia Mano sul capo di Benedetto XVI, gli ispirerò pensieri santi che lo aiuteranno nel suo difficile compito. 


Metterò nel suo cuore una Scintilla del Mio Amore, perché con Questa egli possa incendiare il mondo; unirò il suo anelito al Mio di Madre Universale, non sarà mai solo nel reggere la Chiesa santa, sempre sarò con lui nel suo pontificato. Ora, il suo cuore è un po’ turbato per il compito grande e meraviglioso affidatoGli da Gesù, ma, fra poco, ogni turbamento diverrà grande gioia per la chiamata forte alla santità. Gesù, in questo momento, parla dolcemente al suo cuore e gli infonde nuovo Vigore e grande Pace, gli dice: 


“Non avere paura, servo fedele ed amato: ti ho scelto, ti ho chiamato; ora, tu sei in Me, Io sono in te, vedrai quante Meraviglie compirò in te e tramite te nel mondo”. Questo gli dice mentre riempie di grande Dolcezza il suo cuore un po’ turbato. Figli amati, oggi Gesù chiede, ai Suoi servi fedeli, più del passato, perché, come potete capire, guardandovi intorno, i bisogni del mondo sono aumentati: molte sono le anime assopite da svegliare, molti i cuori freddi da scaldare. Ecco, anche per voi c’è stata una grande Chiamata, date il meglio di voi stessi ogni giorno per la Sua causa. 


I tempi sono speciali, sapete, perché molte volte ne ho parlato; sapete che grandi fatti devono accadere, unici, forti come mai nel passato. Siate pronti figli amati, pronti a qualunque situazione, siete i nuovi discepoli di Gesù. La battaglia non sarà facile, ma con Gesù, l’Eterno Vittorioso, certo sarete anche voi vincitori. 

Impegnatevi senza paura, senza alcuna titubanza; impegnatevi ed avrete una ricompensa grande e meravigliosa quale neppure potete immaginare. Gesù, figli, è grande nell’Amore, il Suo Cuore è Generoso, vuole donare le cose più belle, perché ama, è un Oceano d’Amore.

Insieme leviamo il Nostro canto di lode, di ringraziamento, di adorazione. Vi amo tutti. 

                                                                                    Ti amo, angelo Mio.

                                                                                               

                                                                                                Maria Santissima




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