domenica 4 dicembre 2022

Benedetto xvi in Brasile

... INCONTRO CON I SACERDOTI,
I RELIGIOSI, LE RELIGIOSE, I SEMINARISTI E I DIACONI
DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica del Santuario dell’Aparecida
Sabato, 12 maggio 20
07


Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
Amati religiosi e voi tutti che, stimolati dalla voce di Gesù Cristo, lo avete
seguito per amore,
Carissimi seminaristi, che vi state preparando per il ministero sacerdotale,
Cari rappresentanti dei Movimenti ecclesiali e tutti voi laici che portate la forza
del Vangelo nel mondo del lavoro e della cultura, in seno alle famiglie,
così come nelle vostre parrocc
hie!


1. Come gli Apostoli, insieme a Maria, «salirono alla stanza superiore»
e lì, «uniti dallo stesso sentimento, si dedicavano assiduamente alla
preghiera» (cfr At 1,13-14), così anche noi quest’oggi ci siamo
radunati qui nel Santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che in questa
ora è per noi «la stanza superiore» dove Maria, Madre del Signore,
si trova in mezzo a noi. Oggi è Lei che guida la nostra meditazione; è
Lei che ci insegna a pregare. È Lei che ci addita il modo di aprire le nostre
menti ed i nostri cuori alla potenza dello Spirito Santo, che viene per essere trasmesso
al mondo intero.

Abbiamo appena recitato il Rosario. Attraverso i suoi cicli meditativi, il divino
Consolatore vuole introdurci nella conoscenza del Cristo che sgorga dalla fonte limpida
del testo evangelico. Dal canto suo, la Chiesa del terzo millennio si propone di
offrire ai cristiani la capacità di «conoscere ó secondo le parole di
San Paolo ó il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti
i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,2-3). Maria Santissima,
la Vergine pura e senza macchia, è per noi scuola di fede destinata a guidarci
e a darci forza sul sentiero che porta incontro al Creatore del Cielo e della Terra.
Il Papa è venuto ad Aparecida con viva gioia per dirvi innanzitutto: «Rimanete
alla scuola di Maria». Ispiratevi ai suoi insegnamenti, cercate di accogliere
e di conservare nel cuore le luci che Lei, per mandato divino, vi invia dall’alto.

Com’è bello stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità,
nella gioia, nella pace e «nella preghiera con Maria, la Madre di
Gesù» (At 1,14). Come è bello, carissimi Presbiteri, Diaconi,
Consacrati e Consacrate, Seminaristi e Famiglie cristiane, essere qui nel Santuario
Nazionale di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è Dimora di Dio,
Casa di Maria e Casa dei Fratelli, e che in questi giorni si trasforma anche in Sede
della V Conferenza Episcopale Latinoamericana e dei Caraibi. Come è bello
essere qui in questa Basilica Mariana verso la quale, in questo tempo, convergono
gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina
e dei Caraibi!

2. Sono felice di essere qui con voi, in mezzo a voi! Il Papa vi ama! Il Papa vi
saluta affettuosamente! Prega per voi! E implora dal Signore le più preziose
benedizioni sui Movimenti, sulle Associazioni e sulle nuove realtà ecclesiali,
espressione viva della perenne giovinezza della Chiesa! Siate veramente benedetti!
Da qui rivolgo il mio saluto veramente affettuoso a voi, Famiglie, qui radunate in
rappresentanza di tutte le carissime Famiglie cristiane presenti nel mondo intero.
Mi rallegro in modo specialissimo con voi e vi do il mio abbraccio di pace.

Ringrazio per l’accoglienza e per l’ospitalità del Popolo brasiliano. Da quanto
sono arrivato sono stato ricevuto con molto affetto! Le varie manifestazioni di apprezzamento
ed i saluti dimostrano quanto voi vogliate bene, stimiate e rispettiate il Successore
dell’apostolo Pietro. Il mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha menzionato
diverse volte la vostra simpatia e lo spirito di accoglienza fraterna. Egli aveva
pienamente ragione!


3. Saluto i cari sacerdoti qui presenti, mentre penso e prego per tutti i sacerdoti
sparsi in tutto il mondo, in modo particolare in America Latina e nei Caraibi, tra
questi anchesacerdoti Fidei donum. Quante sfide, quante situazioni difficili
affrontate, quanta generosità, quanta abnegazione, sacrifici e rinunce! La
fedeltà nell’esercizio del ministero e nella vita di preghiera, la ricerca
della santità, la donazione totale a Dio nel servizio ai fratelli e alle sorelle,
spendendo le vostre vite ed energie, promovendo la giustizia, la fraternità,
la solidarietà e la condivisione ó tutto ciò parla fortemente al mio
cuore di Pastore. La testimonianza di un sacerdozio vissuto bene nobilita la Chiesa,
suscita ammirazione nei fedeli, è fonte di benedizioni per la Comunità,
è la migliore promozione vocazionale, il più autentico invito perché
anche altri giovani rispondano positivamente agli appelli del Signore. È la
vera collaborazione in vista della costruzione del Regno di Dio!

Vi ringrazio sinceramente e vi esorto a continuare a vivere in maniera degna la vocazione
che avete ricevuto. Che il fervore missionario, la passione per un’evangelizzazione
sempre più aggiornata, lo spirito apostolico autentico e lo zelo per le anime
siano sempre presenti nelle vostre vite! Il mio affetto, le mie preghiere e i miei
ringraziamenti vanno anche ai sacerdoti anziani ed infermi. La vostra conformazione
al Cristo Sofferente e Risorto costituisce l’apostolato più fecondo! Molte
grazie!


4. Carissimi Diaconi e Seminaristi, anche a voi che occupate un luogo speciale nel
cuore del Papa, un saluto molto fraterno e cordiale. La giovialità, l’entusiasmo,
l’idealismo, l’incoraggiamento per affrontare con audacia le nuove sfide rinnovano
la disponibilità del Popolo di Dio, rendono i fedeli più dinamici e
portano la Comunità a crescere, a progredire, ad essere più fiduciosa,
gioiosa ed ottimista. Ringrazio per la testimonianza che offrite, collaborando con
i vostri Vescovi nelle attività pastorali delle diocesi. Abbiate sempre di
fronte agli occhi la figura di Gesù, il Buon Pastore, che «non è
venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di
molti» (Mt 20,28). Siate come i primi diaconi della Chiesa: uomini di buona
reputazione, colmi dello Spirito Santo, di saggezza e di fede (cfr At 6,3-5).
E voi, Seminaristi, rendete grazie a Dio per la chiamata che Lui vi rivolge. Ricordatevi
che il Seminario è la «culla della vostra vocazione e la palestra della
prima esperienza di comunione» (Direttorio per il Ministero e la Vita dei
Presbiteri, n. 32). Prego perché siate, con l’aiuto di Dio, sacerdoti
santi, fedeli e felici di servire la Chiesa!


5. Rivolgo ora il mio sguardo e la mia attenzione a voi, amatissimi Consacrati e
Consacrate, qui riuniti nel Santuario della Madre, Regina e Patrona del Popolo Brasiliano,
ed anche sparsi in tutte le parti del mondo.

Voi, religiosi e religiose, siete un’offerta, un regalo, un dono divino che la Chiesa
ha ricevuto dal suo Signore. Rendo grazie a Dio per la vostra vita e per la testimonianza
che date al mondo di un amore fedele a Dio ed ai fratelli. Questo amore senza riserve,
totale, definitivo, incondizionato ed appassionato si manifesta nel silenzio, nella
contemplazione, nella preghiera e nelle attività più diversificate
che svolgete, nelle vostre famiglie religiose, a favore dell’umanità e principalmente
dei più poveri ed abbandonati. Tutto questo suscita nel cuore dei giovani
il desiderio di seguire più da vicino e radicalmente Cristo Signore ed offrire
la vita per rendere testimonianza agli uomini e donne del nostro tempo del fatto
che Dio è Amore e che vale la pena lasciarsi conquistare e affascinare per
dedicarsi esclusivamente a Lui (cfr Esort. ap. Vita consecrata, 15).

La vita religiosa in Brasile è stata sempre significativa ed ha avuto un ruolo
importante nell’opera dell’evangelizzazione, sin dagli inizi della colonizzazione.
Soltanto ieri, ho avuto il grande piacere di presiedere la Concelebrazione Eucaristica
nella quale è stato canonizzato Sant’Antonio di Sant’Anna Galvão, presbitero
e religioso francescano, primo Santo nato in Brasile. Accanto a lui, un’altra ammirevole
testimonianza di persona consacrata è Santa Paulina, fondatrice delle Piccole
Suore dell’Immacolata Concezione. Avrei molti altri esempi da citare. Che essi, tutti
insieme, vi servano di stimolo per vivere una consacrazione totale. Dio vi benedica!


6. Oggi, alla vigilia dell’apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano
e dei Caraibi, che avrò il piacere di presiedere, sento il desiderio di dire
a tutti voi com’è importante il senso della nostra appartenenza alla Chiesa,
che porta i cristiani a crescere ed a maturare come fratelli, figli dello stesso
Dio e Padre. Carissimi uomini e donne dell’America Latina, so che avete una grande
sete di Dio. So che seguite quel Gesù, che disse: «Nessuno viene al
Padre, se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Il Papa vuole perciò
dire a tutti voi: La Chiesa è la nostra Casa! Questa è la nostra
Casa! Nella Chiesa cattolica troviamo tutto ciò che è buono, tutto
ciò che è motivo di sicurezza e di sollievo! Colui che accetta Cristo,
«Cammino, Verità e Vita» nella sua totalità, si assicura
la pace e la felicità, in questa vita e nell’altra! Per questo, il Papa è
venuto qui per pregare e confessare con voi tutti: Vale la pena essere fedeli,
vale la pena perseverare nell
a propria fede! La coerenza nella fede richiede,
però, anche una solida formazione dottrinale e spirituale, contribuendo così
alla costruzione di una società più giusta, più umana e cristiana.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, anche nella sua versione più ridotta,
pubblicata sotto il titolo di Compendio, sarà di aiuto per avere chiare nozioni
circa la nostra fede. Chiediamo fin d’ora che la venuta dello Spirito Santo sia per
tutti quanti come una nuova Pentecoste, affinché illumini con la luce che
scende dall’Alto i nostri cuori e la nostra fede.


7. È con grande speranza che mi rivolgo a voi tutti che vi trovate all’interno
di questa maestosa Basilica, o che hanno partecipato al Santo Rosario stando all’esterno,
per invitarvi a diventare profondamente missionari e a portare la Buona Novella del
Vangelo a tutti i punti cardinali dell’America Latina e del mondo.

Chiediamo alla Madre di Dio, Nostra Signora della Concezione Aparecida, che protegga
la vita di tutti i cristiani. Lei, che è la Stella dell’Evangelizzazione,
guidi i nostri passi sul cammino verso il Regno celeste:

«Madre nostra, proteggi la famiglia brasiliana e latinoamericana!

Custodisci sotto il tuo mantello protettore i figli di questa amata Patria che ci
accoglie,

Tu che sei l’Avvocata presso il tuo Figlio Gesù, da’ al Popolo Brasiliano
pace costante e
 prosperità completa,

Infondi nei nostri fratelli di tutta la geografia latinoamericana un vero ardore
missionario, propagatore 
di fede e di speranza,

Fa’ che il tuo grido risuonato a Fatima per la conversione dei peccatori diventi
realtà e trasformi la vit
a della nostra società,

e Tu che, dal Santuario di Guadalupe, intercedi per il popolo del Continente della
Speranza, benedici le sue t
erre ed i suoi focolari,

Amen».



Il Breviario: nobilissima funzione!

 

Esame sull’obbligo dell’Ufficio Divino

25 Marzo 2012Spiritualita

qui a lato: Beato Mariano de la Mata Aparicio (1905-1983)

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

* * *

Esame sull'obbligo dell'Ufficio Divino

 

* * *

 

Vi adoro, Gesù, quale supremo religioso del Padre e cantore della sua gloria. In seno all'adorabile Trinità, o Verbo eterno, siete il meraviglioso cantico che forma l'estasi delle divine Persone: splendor gloriae.

Durante i giorni della vostra vita mortale, o Verbo incarnato, avete modulato con tutta la vostra esistenza l'inno d'adorazione e d'amore, interrotto dalla caduta del primo uomo.

Il vostro canto allietava i cieli: Filius meus dilectus in quo mihi bene complacui (Mat. 3, 17). E avete voluto che gli accenti di quell'inno, eco pur esso del vostro cantico eterno, avessero risonanze perenni attraverso il tempo e lo spazio, attutendo l'aspro grido della rivolta e dell'odio del peccato, avvolgendo la creazione tutta in un mormorio armonioso e soave all'orecchio del suo divino Autore.

Ecco l'Ufficio, ecco il mio breviario che mi sono impegnato sub gravi a recitare quotidianamente, fin dal giorno puro e radioso del mio suddiaconato.

Quale stima nutro per tale dovere e come lo adempio?

 

1. – STIMA DEL DOVERE

Rifletto che recitando il breviario compio una funzione nobilissima?
E' la Chiesa che prega con le mie labbra, e Voi, Gesù, tributate i vostri omaggi al Padre con il mio cuore: Domine, in unione illius divinae intentionis qua Ipse in terris laudes Deo persolvisti, has Ubi horas persolvo.

Questi pensieri creando in me una convinzione profonda, mi faranno evitare il pericolo di considerare l'Ufficio come un'occupazione gravosa che si subisce e si tratta con leggerezza, o con impazienza o con disprezzo.

Com'è infelice l'espressione che si coglie sulle labbra di qualche sacerdote; «Sbarazzarsi del breviario»!

Penso che la meditazione e la recita del breviario sono il sole dei miei esercizi di pietà, mentre assicurano all'anima mia la necessaria respirazione e l'aiuto a disporsi continuamente alla devota celebrazione della S. Messa e al conveniente ringraziamento? Hymno dicto exierunt (Mat, 26, 30).

Riconosco di possedere nel breviario un mezzo eccellente per santificare ogni mia giornata?
La sua divisione, septies in die laudem dixi tibi corrisponde esattamente alle antiche sette divisioni diurne e notturne del tempo, implorando su ognuna di esse grazie e ausilii di celestiali influssi.

— So trovarvi un ammirabile e corroborante nutrimento per la mente e per il cuore, gustando i sentimenti ispirati dei salmi, penetrandomi degli splendidi insegnamenti contenuti nelle pagine tolte dalla sacra Scrittura, edificandomi colla narrazione delle vite dei Santi, attingendo direzione morale dagli anni e dagli oremus? I loro autori erano anime eminenti in santità, in dottrina, perfettamente idonee a informare altri ex animo. Il breviario recitato a dovere fornisce soggetti di meditazione, letture della Sacra Scrittura, letture spirituali, lezioni di teologia, e anche di sacra eloquenza nelle omelie dei Padri.

— Il breviario infine porgerà un sostegno alla disciplina interna e anche esterna della mia vita, se nella recita saprò attenermi ad una saggia distribuzione delle sue parti. —

Non merito in proposito il vostro rimprovero un po' amaro: Si scires donum Dei? (Ioan 4. 10).

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https://web.archive.org/web/20090106040048/http://www.csa.osa.org.br/santo/paroquia/pe_mariano_beatificado.html

AMDG et DVM



L'importanza della prima ordinazione diaconale

 

Mons. Agostino Gonon

Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

* * *

RITIRO DEL MESE DI DICEMBRE

IL SACERDOTE E IL DIACONATO

***

Considerate ergo, Fratres, viros vobis boni testimonii septem, plenos Spiritu Sancto et sapientia.

(Act. 6, 3). Ecco le parole che iniziano la prima ordinazione dei Diaconi, narrata dagli Atti degli Apostoli. Esse rivelano la importanza del passo che stava per compiere la Chiesa nascente; richiamano l’attenzione sul valore del nuovo Ordine che si voleva istituire, per il fatto che ammettevano soltanto uomini meravigliosamente favoriti di buona testimonianza, di pienezza di Spirito Santo, di abbondante Sapienza. Solo un dono regale può giustificare simili esigenze e il Diaconato è davvero tale: Diaconus quasi propinquus ordini sacerdotali aliquid participat de ejus officio 65). Quest’affermazione di S. Tommaso ci mostra nel Diacono qualche cosa del sacerdote, ci si avvicina alla vetta luminosa. Non ancora il sacerdozio, ma una parte notevole del suo ministero viene conferita agli eletti.

Quasi eco di quel preludio antico, la cerimonia del nostro Diaconato incominciò con un rito fino allora inusitato per noi, e che dovette incuterci sacro timore, se l’animo nostro era compreso, come avrebbe dovuto esserlo, del sentimento del nostro nulla, della cognizione della nostra miseria. Ricordiamo!

L’Arcidiacono, nel presentarci al Pontefice consacrante lo pregò di ordinarci.

Gli fu risposto: — Scis illos dignos esse?

Egli riprese: — Quantum humana fragilitas nosse sinit, et scio, et testificor, ipsos dignos esse ad hujus onus offici.

E non paventammo, benché il Vescovo, continuando l’inchiesta, lanciasse agli astanti l’intimazione: Si quis habet aliquid contra illos… exeat et dicat.

Nessuno si mosse, neppure la nostra coscienza, dominata com’era dalla fede nell’Amore che ci aveva chiamati: Non vos me elegistis, sed ego elegi vos! (Ioan. 15. 16). Ma allora dovette avvivarsi in noi il bisogno di essere grandi, di nobili sensi, per ricevere degnamente la grazia preziosissima che stava per esserci conferita; si dovette raffermare in noi la volontà d’adottare un metodo di vita che favorisse tutta la possibile fecondità.

Siccome non v’è dubbio riguardo alla natura sacramentale del Diaconato 66) perché fu l’inizio del Sacramento dell’Ordine sacro, così è certo che esso ha infuso nelle nostre anime una grazia abbondante, concessa per tutta la vita in una volta sola, con possibilità d’essere accresciuta in seguito con gli atti che ne dovevano promanare; una grazia permanente, che ci comunicava il diritto assoluto a grazie attuali, le quali dovevano aiutarci a compiere con frutto le funzioni proprie del Diacono.

Facciamo rivivere tanta grazia riconoscendone ancor meglio l’alto valore alla luce della fede. Meditiamo quindi la dignità e gli uffici del Diacono.

1. – DIGNITÀ

Nell’istruzione e nel prefazio con cui incomincia il rito solenne del conferimento del Diaconato, quest’Ordine è assimilato al Levitico e additato come un privilegio singolare; Adeo ut grandi quodam privilegio haereditatis, et tribus Domini esse mereretur et dici. I Leviti erano separati dal popolo di Dio, resi superiori ai loro fratelli con prerogative immense.

I misteriosi disegni della Provvidenza distinguono in tal modo quanti essa destina a una più larga partecipazione all’opera della santificazione delle anime, ai benefici che irradiano dai due grandi misteri dell’Incarnazione e della Redenzione, ossia all’opera di Cristo.

Bisognava anzitutto venisse il Cristo adorabile, Verbum caro factum est et habitavit in nobis, (Ioan. 1, 14,) e poi si perpetuasse nel tempo e nello spazio fino alla fine dei secoli. Nell’uno e nell’altro mistero il concorso della SS. Vergine fu intimo e profondo. Ella compì la sua mirabile funzione di Mater Christi a Bethlehem, e nel Cenacolo il giorno della Pentecoste, assistendo agli inizi della Chiesa docente, benedicendo lo zelo degli Apostoli, acceso dal soffio rinnovatore dello Spirito Santo. Essa cominciò la sua missione di Madre delle anime: Ecce Mater tua (Ioan. 19, 26).

A questi due ministeri che le conferivano una dignità eccelsa, Ella fu preparata da tutta l’eternità; ma in modo manifesto e più immediato nel tempo con il suo ritiro di preghiera e di meditazione nel Tempio, e con il mistero complesso che in lei si compì il giorno dell’Annunciazione.

Il decreto della sua Concezione Immacolata costituì la preparazione eterna; la preparazione nel Tempio si ebbe con lo studio delle sacre Lettere in cui Ella apprese anticipatamente la storia di Colui che doveva poi essere suo Figlio! Con S. Paolo, ma con più ragione, avrebbe potuto esclamare: Non enim indicavi me scire aliquid inter vos, nisi Jesum Christum (1 Cor. 2, 2). Ma in che consistette la preparazione nel giorno dell’Annunciazione? L’Angelo ce lo rivela come qualche cosa di meraviglioso: Et respondens angelus dixit ei: Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus Altissimi obumbrabit Ubi. Ideoque et quod nascetur ex te sanctum vocabitur Filius Dei (Luc. 1, 35-36).

Maria per poter divenire Madre del Figlio di Dio, Gesù, e dei figli di Dio, i cristiani, ricevette nuova effusione dello Spirito Santo, benché già lo possedesse in tutta pienezza nell’anima sua idealmente pura. Il celeste Messaggero infatti non le dice: veniet, ma superveniet insinuando così un accrescimento di grazia incommensurabile.

Quindi fu investita di una forza sovrumana, della virtù stessa dell’Altissimo. Non doveva Ella concorrere ad un’opera infinitamente superiore alla creazione del mondo? Essere collaboratrice di Dio per la generazione del Verbo nella natura umana, è, senza confronto, dignità più grande che non esserlo, come Adamo, per la generazione dell’umanità intera.

Oh, inaccessibile sublimità di misteri che ci presentano Maria in un nembo di luce, più alta che le creature dotate di ragione e delle stesse creature angeliche: Regina angelorum!

Generationem ejus quis enarrabit?… (Isai. 53, 8). Ma queste linee rapidamente abbozzate descrivono la storia della Vergine Santa o la nostra?

Oh, sì, come Lei avemmo la nostra preparazione eterna nel decreto misericordioso che ci contrassegnò del luminoso segno della vocazione: In caritate perpetua dilexi te, ideo attraxi te… (Jerem. 31, 3). Electus ex minibus! (Cant. 5, 10).

Come Lei avemmo la preparazione al Tempio nella nostra vita raccolta fra le mura del Seminario, dove imparammo a conoscere meglio Gesù iniziandoci alle scienze sacre.

Come Lei infine ci deliziammo di quel Natale che fu il giorno del nostro sacerdozio; ma prima, come Lei ancora, esultammo della nostra Annunciazione nel giorno del Diaconato.

Nel giorno del mistico nostro Natale ricevemmo il potere di generare il Figlio dì Dio e i figli di Dio. Dopo d’allora, ogni mattino, proni all’altare su cui lo facciamo discendere con le parole della consacrazione, alle quali Egli obbedisce irresistibilmente, non possiamo ripetere a Gesù: Filius meus es tu, ego hodie genui te? (Ps. 2, 7). Ogni giorno, prodigandoci generosi in un apostolato fatto più intenso per nostro volere: Ego autem libentissime impendan: et superimpendar ipse pro animabus vestris (2 Cor. 12, 5), non moltiplichiamo forse il numero di coloro cui possiamo dire con intima gioia e un’immensa gratitudine verso Dio: Per Evangelium ego vos genui? (1 Cor 4, 5).

No, non v’è opera che uguagli la nostra; essa è superiore allo stesso Fiat lux che produsse soltanto cose temporali, mentre noi produciamo cose eterne… et fructus vester maneat! (Ioan. 15, 16).

Prima d’essere investiti del potere di consacrare e di santificare, come Maria ricevemmo una sovrabbondanza dello Spirito Santo e della forza che ne è la manifestazione: Accipe Spiritum Sanctum ad robur, ci fu detto dal Vescovo consacrante nel momento in cui imprimeva in noi il carattere sacro del Diaconato. E continuava: Emitte in eos, quaesumus, Domine, Spiritum Sanctum, quo in opus minuterii tui fideliter exsequendi, septiformis gratiae tuae munere roborentur. Abundet in eis totius forma virtutis. E’ commovente e stupenda l’armonia coll’annunzio angelico: Spiritus sanctus superveniet… Virtus Altissimi obumbrabit… (Luc. 1, 35). L’Annunciazione prepara il Natale, il Diaconato prepara il Presbiterato: le due aurore preparano meriggi di meravigliosa luminosità.

Oh, la grandezza nostra! Quando lasciammo il Tempio, rivestiti delle nostre bianche dalmatiche, gli angeli potevano leggere sulla nostra fronte: Amictus lumine sicut vestimento (Ps. 103, 2); con un accento suggestivo dovette ripercuotersi l’eco della parola del Maestro: Ut filii lucis sitis (Ioan. 12, 36).

Lo siamo stati finora? Lo spirito del Diaconato trasporta in alto: Video coelos apertos et Filium hominis stantem a dextris Dei (Act. 7, 55). Viviamo a simili altezze? Noi apparteniamo all’Ordine dei Leviti, alla porzione eletta delle anime, alla famiglia di Stefano presentato dagli Atti plenum fide et Spiritu Sancto, alla stirpe di quel Lorenzo di cui è scritto: Bonum opus operatus est. Non dimentichiamo che tanta nobiltà ci impone obblighi immensi. Se abbiamo a rimpiangere qualche deviazione dalla via che ci deve far salire sempre più alto, o una diminuzione di luce; per risalire sulle vette e avvivare il focolare di luci inestinguibili, attingiamo vigore nuovo dalla grazia già ricevuta, la quale permane in noi come un capitale inesausto, fino all’eternità.

2. – UFFICI

Diaconum oportet ministrare ad altare, baptizare et praedicare 67).
Ecco la parte di ministero sacerdotale che ci fu allora commessa. Benchè limitata in parte nel suo esercizio, ci imponeva nondimeno e subito, virtù eminenti, sulle quali il Vescovo consacrante insisteva. Rileggiamo queste linee così suggestive del Pontificale: Levi quippe interpretatur additus, sive assumptus. Et vos, filii dilectissimi… estote assumpti a carnalibus desideriis, a terrenis concupiscentiis, quae militant adversus animam; estote nitidi, mundi, puri, casti, sicut decet ministros Christi et dispensatores mysteriorum Dei. Leggiamo ancora: Quia comministri et cooperatores estis corporis et sanguinis Domini, estote ab omni illecebra carnis alieni.

Tutto si compendia nella purezza, che nel diacono deve essere illibatissima. Sappiamo poi che questa virtù è progressiva, poichè essa parte bensì dall’esenzione del vizio proibito dal sesto comandamento ed esenzione tale e così delicata, che, in più della castità ordinaria, anche perfetta, esige angelica verginità; ma va ben oltre. La purezza infatti non è soltanto una virtù negativa che esclude il male, ma anche una virtù positiva che produce il bene.

Dio è purezza infinita. Il puro si riveste di Lui progressivamente: Qui sanctus est sanctificetur adhuc (Apoc. 22, 71). Questo deciso progresso verso il bene è richiesto al ministro dell’altare che, secondo l’Apostolo, non solo dev’essere segregatus a peccatoribus, ma inoltre, excelsior coelis factus (Hebr. 7, 26).

Ecco il magnifico stadio su cui noi diaconi abbiamo fatto qualche passo, invitati a non mai retrocedere, bensì a percorrerlo senza mai fermarci.

a) Mundamini qui fertis vasa Domini (Isai, 52, 11); ci era consentito di elevare al cielo il calice dell’oblazione dopo aver mescolato al vino le gocce d’acqua, santificata dalla benedizione del sacerdote.

Questa particolarità ci permette di scorgere un’armonia nuova fra il Diacono e la Vergine Santissima.

Il suo sangue verginale fornì gli elementi necessari alla formazione del Sangue di Gesù; una parte di Lei è diventata Gesù. Perciò quanto fu santa Maria!

Il vino del calice offerto dal Diacono, fornisce gli elementi del Sangue di Gesù chiamato dalle parole della Consacrazione: le gocce d’acqua depostevi simboleggiano l’unione della Chiesa con Cristo, ossia le anime ch’Egli unisce a Sé mediante il suo amore redentore e che integrano il suo essere morale, come parte di Lui stesso: Qui autem adhaeret Domino, unus spiritus est (1 Cor. 6, 17). Ora, il ministro rappresenta il popolo; il Diacono rappresenta quindi coloro che devono divenire una cosa sola con Gesù. Come bisogna essere santi per divenire idonei a tanto ministero!

b) Dopo il ministero dell’imitare, il ministero del Battesimo.

Giovanni il Precursore lo compiva nel deserto, ma nello scorgere Gesù esclama: Quia vidi Spiritum descendentem quasi columbam de coelo, et mansit super eum… hic est qui baptizat in Spiritu Sancto (Ioan. 1, 32). S. Agostino commentando questo passo così si esprime: «Quegli solo battezza sul quale è discesa la colomba e di cui fu detto: E’ colui che battezza nello Spirito Santo. Lui battezza se Pietro battezza; Lui battezza quando Paolo battezza; Lui battezza se Giuda battezza. E tutti coloro che sono battezzati ricevono una grazia che è simile ed eguale in tutto, perché Egli solo battezza» 68).

Anche con questa seconda funzione il Diacono è identificato a Cristo, ed ha un argomento nuovo e profondo dell’obbligo che lo astringe ad essere santo. Altrimenti come obbedirebbe alla raccomandazione di S. Pietro, che enuncia una legge, la quale non ammette eccezioni? Si quis ministrai, tanquam ex tirtute, quam administrat Deus, ut in omnibus honorificetur Deus per Jesum Christum (1 Petr. 4, 11).

c) Infine il ministero della predicazione.

Primo araldo della parola di Dio fu Maria: mundo effudit Jesum! Col suo consenso a divenir Madre del Verbo Incarnato, Ella apporta la «Parola» gradita al Padre, perciò onnipotente sopra di Lui e. deliziosa per le anime, e vincitrice della loro ignoranza, come delle loro viltà: Verbo, mea spiritus et vita sunt (Ioan. 6, 64). La Vergine benedetta non avrebbe potuto essere canale di questa «Parola» se prima non le si fosse sottomessa docile, se non fosse stata santa. Solo quand’ebbe detto: Fiat mihi secundum verbum tuum (Luc. 1, 38), (l’Angelo non era che il tramite del Verbo di Dio), Verbum caro factum est!… (Ioan. 1, 14). Il Diacono, messaggero del Verbo, sull’esempio di Maria deve essere santo. Invero, bisogna ricordare che la predicazione fa vivere Cristo in noi. Ascoltiamo S. Ambrogio: «V’è una sola parola fra quanti insegnano; uno s’esprime con accenti che sembrano tolti al linguaggio degli Angeli; altri predicano la giustizia o la castità, o la prudenza o la pietà o altra virtù. Ma in questa moltitudine di parole risuona una sola parola: il Verbo di Dio, della pienezza del quale tutti riceviamo, il Verbo, nostro Maestro, nostro solo Maestro, alla scuola del quale tutti siamo condiscepoli; e nel quale tutti siamo ricondotti all’unità. Esteriormente un suono di parole colpisce l’orecchio; nell’interno l’unico Maestro è Cristo» 69).

Tosi perché diaconi, eravamo obbligati a una virtù trascendente a motivo delle funzioni che

tuttavia non potevamo esercitare in pieno. Che nella virtù cui siamo obbligati restiamo, ora che i poteri, limitati nel Diacono, liberi nel sacerdote!

In realtà, ah, quale divario fra ciò che dovremmo essere e ciò che siamo!

Nonostante le deficienze dolorose che si possono constatare, ricordiamo che, dal giorno del nostro Diaconato, siamo dello Spirito Santo. Sappiamo per fede ch’Egli è sanctus… et munificans; corroboriamo la nostra fede con la fiducia, e rinnoviamo a Dio la preghiera che il Vescovo gli porgeva per noi nell’atto di consacrarci:

Domine sancte, Pater fidei, spei et gratiae, et profectuum remunerator qui in coelestibus et terrenis angelorum ministeriis ubique disvositis per omnia elementa voluntatis tuae diffundis

effectum, hos quoque famulos tuos spirituali dignare illustrare affectu; ut tuis obsequiis expediti, sanctis altaribus tuis ministri puri accrescant. — II Signore ci ascolti ed esaudisca!

Spiritum sanctum ad robur…

Siamo forti, e progrediamo continuamente in virtù e santità.

https://www.haerentanimo.org/il-sacerdote-e-il-diaconato/#more-227


AMDG et DVM

martedì 29 novembre 2022

Per tutti i giorni della Novena dell'Immacolata

 Per tutti i giorni della Novena …



Preghiera iniziale

Vergine purissima, concepita senza peccato, tutta bella e senza macchia dal primo istante, Ti venero oggi sotto il titolo di Immacolata Concezione. Il Tuo Divino Figlio mi ha insegnato, attraverso la Sua stima, rispetto e sottomissione a Te, quali onori e omaggi io Ti dovrei prestare. Tu sei il rifugio sicuro dei peccatori pentiti e per questo ricorro a Te, attraverso questa novena. Sei la Madre di Misericordia cui presento le mie miserie e ti chiedo di aiutarmi, poiché, dopo Gesù, sei tutta la mia speranza. Con la Tua intercessione materna, Madonna piena di bontà e potere presso il Signore, Ti supplico di farmi ottenere … (esporre la grazia richiesta). Se ciò che Ti chiedo non è per la gloria di Dio ed il bene della mia anima, fammi avere quello che sia più conforme a entrambi. Amen! 

Orazione del giorno 
O Immacolata Concezione, questo dolce nome m’invita ad avere fiducia in Te, mi porta conforto e fortifica la mia Fede. Maria, Madre mia, ho totale fiducia nella Tua potente intercessione presso il Signore e Ti chiedo di aiutarmi a conservare sempre accesa in mezzo al mondo la fiamma della Fede, che ho ricevuto nel Battesimo. Sii il mio soccorso, Immacolata Concezione e ottienimi dal Nostro Padre Celeste, per i meriti di Tuo Figlio, la grazia di … (esporre la richiesta). Amen! 

Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre

Preghiera finale
O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te! O Dio, che con l’Immacolata Concezione della Vergine, hai preparato al tuo Figlio una degna dimora e, in previsione della morte di Lui, l’hai preservata da ogni macchia, concedi anche a noi, per Sua intercessione, di giungere fino a Te, in purezza di spirito. Noi Te lo chiediamo per il Nostro Signore Gesù Cristo.

Così sia!

PS : preparate nella vostra casa un piccolo spazio con una immagine della Santissima Vergine Maria, per poterLa pregare in famiglia tutti insieme , un momento di raccoglimento in questo mese di riflessione… di preparazione all’Avvento…

Buon Cammino di Avvento a tutti con la nostra amatissima Vergine Immacolata Concezione …

L’essenza del ministero sacerdotale interpretando i paramenti liturgici

 


SANTA MESSA DEL CRISMA
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Giovedì Santo, 5 aprile 2007


Cari fratelli e sorelle,

lo scrittore russo Leone Tolstoi narra in un piccolo racconto di un sovrano severo che chiese ai suoi sacerdoti e sapienti di mostrargli Dio affinché egli potesse vederlo. I sapienti non furono in grado di appagare questo suo desiderio. Allora un pastore, che stava giusto tornando dai campi, si offrì di assumere il compito dei sacerdoti e dei sapienti. Il re apprese da lui che i suoi occhi non erano sufficienti per vedere Dio. Allora, però, egli volle almeno sapere che cosa Dio faceva. "Per poter rispondere a questa tua domanda ó disse il pastore al sovrano ó dobbiamo scambiare i vestiti". Con esitazione, spinto tuttavia dalla curiosità per l'informazione attesa, il sovrano acconsentì; consegnò i suoi vestiti regali al pastore e si fece rivestire del semplice abito dell'uomo povero. Ed ecco allora arrivare la risposta: "Questo è ciò che Dio fa". Di fatto, il Figlio di Dio - Dio vero da Dio vero - ha lasciato il suo splendore divino: "...spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso ... fino alla morte di croce" (cfr Fil 2,6ss). Dio ha - come dicono i Padri - compiuto il sacrum commercium, il sacro scambio: ha assunto ciò che era nostro, affinché noi potessimo ricevere ciò che era suo, divenire simili a Dio.


San Paolo, per quanto accade nel Battesimo, usa esplicitamente l'immagine del vestito: "Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo" (Gal 3,27). Ecco ciò che si compie nel Battesimo: noi ci rivestiamo di Cristo, Egli ci dona i suoi vestiti e questi non sono una cosa esterna. Significa che entriamo in una comunione esistenziale con Lui, che il suo e il nostro essere confluiscono, si compenetrano a vicenda. "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" ó così Paolo stesso nella Lettera ai Galati (2,2) descrive l'avvenimento del suo battesimo. Cristo ha indossato i nostri vestiti: il dolore e la gioia dell'essere uomo, la fame, la sete, la stanchezza, le speranze e le delusioni, la paura della morte, tutte le nostre angustie fino alla morte. E ha dato a noi i suoi "vestiti". Ciò che nella Lettera ai Galati espone come semplice "fatto" del battesimo ó il dono del nuovo essere ó Paolo ce lo presenta nella Lettera agli Efesini come un compito permanente: "Dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima! ... [Dovete] rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membri gli uni degli altri. Nell'ira, non peccate..." (Ef 4,22-26).


Questa teologia del Battesimo ritorna in modo nuovo e con una nuova insistenza nell'Ordinazione sacerdotale. Come nel Battesimo viene donato uno "scambio dei vestiti", uno scambio del destino, una nuova comunione esistenziale con Cristo, così anche nel sacerdozio si ha uno scambio: nell'amministrazione dei Sacramenti, il sacerdote agisce e parla ora "in persona Christi". Nei sacri misteri egli non rappresenta se stesso e non parla esprimendo se stesso, ma parla per l'Altro ó per Cristo. Così nei Sacramenti si rende visibile in modo drammatico ciò che l'essere sacerdote significa in generale; ciò che abbiamo espresso con il nostro "Adsum ó sono pronto" durante la consacrazione sacerdotale: io sono qui perché tu possa disporre di me. Ci mettiamo a disposizione di Colui "che è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi" (2Cor 5,15). Metterci a disposizione di Cristo significa che ci lasciamo attirare dentro il suo "per tutti": essendo con Lui possiamo esserci davvero "per tutti".


In persona Christi - nel momento dell'Ordinazione sacerdotale, la Chiesa ci ha reso visibile ed afferrabile questa realtà dei "vestiti nuovi" anche esternamente mediante l'essere stati rivestiti con i paramenti liturgici. In questo gesto esterno essa vuole renderci evidente l'evento interiore e il compito che da esso ci viene: rivestire Cristo; donarsi a Lui come Egli si è donato a noi. Questo evento, il "rivestirsi di Cristo", viene rappresentato sempre di nuovo in ogni Santa Messa mediante il rivestirci dei paramenti liturgici. Indossarli deve essere per noi più di un fatto esterno: è l'entrare sempre di nuovo nel "sì" del nostro incarico ó in quel "non più io" del battesimo che l'Ordinazione sacerdotale ci dona in modo nuovo e al contempo ci chiede. Il fatto che stiamo all'altare, vestiti con i paramenti liturgici, deve rendere chiaramente visibile ai presenti e a noi stessi che stiamo lì "in persona di un Altro". Gli indumenti sacerdotali, così come nel corso del tempo si sono sviluppati, sono una profonda espressione simbolica di ciò che il sacerdozio significa. Vorrei pertanto, cari confratelli, spiegare in questo Giovedì Santo l'essenza del ministero sacerdotale interpretando i paramenti liturgici che, appunto, da parte loro vogliono illustrare che cosa significhi "rivestirsi di Cristo", parlare ed agire in persona Christi.


L'indossare le vesti sacerdotali era una volta accompagnato da preghiere che ci aiutano a capire meglio i singoli elementi del ministero sacerdotale. Cominciamo con l'amitto. In passato ó e negli ordini monastici ancora oggi ó esso veniva posto prima sulla testa, come una specie di cappuccio, diventando così un simbolo della disciplina dei sensi e del pensiero necessaria per una giusta celebrazione della Santa Messa. I pensieri non devono vagare qua e là dietro le preoccupazioni e le attese del mio quotidiano; i sensi non devono essere attirati da ciò che lì, all'interno della chiesa, casualmente vorrebbe sequestrare gli occhi e gli orecchi. Il mio cuore deve docilmente aprirsi alla parola di Dio ed essere raccolto nella preghiera della Chiesa, affinché il mio pensiero riceva il suo orientamento dalle parole dell'annuncio e della preghiera. E lo sguardo del mio cuore deve essere rivolto verso il Signore che è in mezzo a noi: ecco cosa significa ars celebrandi ó il giusto modo del celebrare. Se io sono col Signore, allora con il mio ascoltare, parlare ed agire attiro anche la gente dentro la comunione con Lui.


I testi della preghiera che interpretano il camice e la stola vanno ambedue nella stessa direzione. Evocano il vestito festivo che il padre donò al figlio prodigo tornato a casa cencioso e sporco. Quando ci accostiamo alla liturgia per agire nella persona di Cristo ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da Lui; quanta sporcizia esiste nella nostra vita. Egli solo può donarci il vestito festivo, renderci degni di presiedere alla sua mensa, di stare al suo servizio. Così le preghiere ricordano anche la parola dell'Apocalisse secondo cui i vestiti dei 144.000 eletti non per merito loro erano degni di Dio. L'Apocalisse commenta che essi avevano lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello e che in questo modo esse erano diventate candide come la luce (cfr Ap 7,14). Già da piccolo mi sono chiesto: Ma quando si lava una cosa nel sangue, non diventa certo bianca! La risposta è: il "sangue dell'Agnello" è l'amore del Cristo crocifisso. È questo amore che rende candide le nostre vesti sporche; che rende verace ed illuminato il nostro spirito oscurato; che, nonostante tutte le nostre tenebre, trasforma noi stessi in "luce nel Signore". Indossando il camice dovremmo ricordarci: Egli ha sofferto anche per me. E soltanto perché il suo amore è più grande di tutti i miei peccati, posso rappresentarlo ed essere testimone della sua luce.


Ma con il vestito di luce che il Signore ci ha donato nel Battesimo e, in modo nuovo, nell'Ordinazione sacerdotale, possiamo pensare anche al vestito nuziale, di cui Egli ci parla nella parabola del banchetto di Dio. Nelle omelie di san Gregorio Magno ho trovato a questo riguardo una riflessione degna di nota. Gregorio distingue tra la versione di Luca della parabola e quella di Matteo. Egli è convinto che la parabola lucana parli del banchetto nuziale escatologico, mentre ó secondo lui ó la versione tramandata da Matteo tratterebbe dall'anticipazione di questo banchetto nuziale nella liturgia e nella vita della Chiesa. In Matteo ó e solo in Matteo ó infatti il re viene nella sala affollata per vedere i suoi ospiti. Ed ecco che in questa moltitudine trova anche un ospite senza abito nuziale, che viene poi buttato fuori nelle tenebre. Allora Gregorio si domanda: "Ma che specie di abito è quello che gli mancava? Tutti coloro che sono riuniti nella Chiesa hanno ricevuto l'abito nuovo del battesimo e della fede; altrimenti non sarebbero nella Chiesa.

 Che cosa, dunque, manca ancora? Quale abito nuziale deve ancora essere aggiunto?" Il Papa risponde: "Il vestito dell'amore". E purtroppo, tra i suoi ospiti ai quali aveva donato l'abito nuovo, la veste candida della rinascita, il re trova alcuni che non portano il vestito color porpora del duplice amore verso Dio e verso il prossimo. "In quale condizione vogliamo accostarci alla festa del cielo, se non indossiamo l'abito nuziale ó cioè l'amore, che solo può renderci belli?", domanda il Papa. Una persona senza l'amore è buia dentro. Le tenebre esterne, di cui parla il Vangelo, sono solo il riflesso della cecità interna del cuore (cfr Hom. 38, 8-13).
Ora che ci apprestiamo alla celebrazione della Santa Messa, dovremmo domandarci se portiamo questo abito dell'amore. Chiediamo al Signore di allontanare ogni ostilità dal nostro intimo, di toglierci ogni senso di autosufficienza e di rivestirci veramente con la veste dell'amore, affinché siamo persone luminose e non appartenenti alle tenebre.


Infine ancora una breve parola riguardo alla casula. La preghiera tradizionale quando si riveste la casula vede rappresentato in essa il giogo del Signore che a noi come sacerdoti è stato imposto. E ricorda la parola di Gesù che ci invita a portare il suo giogo e a imparare da Lui, che è "mite e umile di cuore" (Mt 11,29). Portare il giogo del Signore significa innanzitutto: imparare da Lui. Essere sempre disposti ad andare a scuola da Lui. Da Lui dobbiamo imparare la mitezza e l'umiltà ó l'umiltà di Dio che si mostra nel suo essere uomo. San Gregorio Nazianzeno una volta si è chiesto perché Dio abbia voluto farsi uomo. La parte più importante e per me più toccante della sua risposta è: "Dio voleva rendersi conto di che cosa significa per noi l'obbedienza e voleva misurare il tutto in base alla propria sofferenza, questa invenzione del suo amore per noi. In questo modo, Egli può conoscere direttamente su se stesso ciò che noi sperimentiamo ó quanto è richiesto da noi, quanta indulgenza meritiamo ó calcolando in base alla sua sofferenza la nostra debolezza" (Discorso 30; Disc. teol. IV,6). A volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto ó che su di sé ha provato l'obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo apparentemente pesante.
Preghiamolo di aiutarci a diventare insieme con Lui persone che amano, per sperimentare così sempre di più quanto è bello portare il suo giogo. Amen.

http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/d2t.htm


AMDG et DVM