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"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
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VI Coro Principati |
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§ 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.
Se dunque Maria è nostra madre, possiamo considerare quanto ella ci ama.
L'amore a' figli è un amor necessario; e questa è la ragione per cui, come riflette S. Tommaso (nell'Opusc. LX, c. 4),1
dalla divina legge è già imposto a' figli il precetto di amare i genitori, ma all'incontro non vi è precetto espresso ai genitori d'amare i figli, perché l'amore verso i propri parti è un amore con tanta forza insito dalla stessa natura, che le stesse fiere più selvagge, come dice S. Ambrogio, non possono lasciar di amare i loro figli: Natura hoc bestiis infundit, ut catulos parvulos ament (L. VI, Exa., c. 4).2 Onde portano gl'istorici che anche le tigri, sentendo la voce de' figli presi da' cacciatori, si pongono a nuotare per mare sino a raggiungere le navi dove quelli sono.3 Se dunque, dice la nostra amantissima madre Maria, neppure le tigri si sanno dimenticare de' figli, come io posso dimenticarmi di amare voi, figli miei? Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15). E se mai, ella soggiunge, si desse per impossibile il caso che una madre si dimenticasse d'un figlio, non è possibile ch'io lasci d'amare un'anima figlia mia.
Maria è nostra madre, non già di carne, come dicemmo, ma d'amore. Ego mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV, 24).4 Onde il solo amor che ci porta la fa diventar nostra madre, e perciò ella si gloria, dice un autore (Paciucch.), d'esser madre d'amore; poiché, avendoci presi per figli, e tutta amore verso di noi: Se dilectionis esse matrem gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.5
E chi mai potrebbe spiegare l'amore che Maria porta a noi miserabili! Dice Arnoldo Carnotense ch'ella nella morte di Gesù Cristo desiderava con immenso ardore di morire insieme col Figlio per nostro amore: Flagrabat Virgo, aestuante caritate incensa, ut pro humani generis salute simul cum prole profunderet vitam (Tract. de Verb. Dom.).6 Sicché, soggiunge S. Ambrogio, conforme il Figlio pendeva moribondo dalla croce, così Maria si offeriva a' carnefici a dar la vita per noi: Pendebat in cruce Filius, Mater persecutoribus se offerebat (De Inst. Virg., c. 7).7
Ma consideriamo le ragioni di questo amore, perché così meglio intenderemo quanto ci ami questa buona Madre.
La prima ragione del grande amore che Maria porta agli uomini, è il grande amore ch'ella porta a Dio. L'amore verso Dio e verso il prossimo, come scrisse S. Giovanni, va sotto lo stesso precetto: Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligat et fratrem suum (I Io. IV, 21). In modo che quanto cresce l'uno, tanto s'avanza l'altro. Perciò sappiamo che i santi, perché assai amavano Dio, che non han fatto per amore del prossimo? Son eglino arrivati sino ad esporre e perdere la libertà ed anche la vita per la di lui salute. Leggasi quel che fece S. Francesco Saverio nelle Indie, dov'egli per aiutare l'anime di quei barbari si andava rampicando per le montagne, arrischiandosi fra mille pericoli, affin di ritrovare quei miserabili dentro le caverne, dove abitavano a modo di fiere, e portarli a Dio.8 Un S. Francesco di Sales,
che, per convertire gli eretici della provincia del Chamblae, si arrischiò per un anno di passare il fiume ogni giorno carponi per sopra d'una trave gelata, affine di andare all'altra riva a predicare a quegli ostinati.9 Un S. Paolino, che diede se stesso per ischiavo, affine di ottenere la libertà al figlio di una povera vedova.10 Un S. Fedele, che per tirare a Dio gli eretici d'un luogo, si contentò predicando di lasciarvi la vita.11 Dunque i santi, perché assai amavano Dio, son giunti a far tanto per amor de' prossimi.
Ma chi più di Maria ha già amato Dio? Ella ha amato più Dio nel primo momento del suo vivere, che non l'hanno amato tutti i santi e tutti gli angeli in tutto il corso della loro vita, come a lungo considereremo poi, parlando delle virtù di Maria. Rivelò la stessa Vergine a Suor Maria Crocifissa (Vita, lib. II, c. 5), ch'era tanto il fuoco dell'amore di cui ella ardea verso Dio, che posto in quello tutto il cielo e la terra, in un momento si sarebber consumati; onde disse che al suo confronto erano come fresche aure tutti gli ardori de' Serafini.12 Che pertanto, siccome non vi è tra tutti gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, così noi non abbiamo né possiamo avere chi
dopo Dio ci ami più di questa nostra amorosissima Madre. E se si unisse l'amore che tutte le madri portano a' figli, tutti gli sposi alle loro spose, e tutti i santi ed angeli a' loro divoti, non giunge all'amore che Maria porta ad un'anima sola. Dice il padre Nierembergh che l'amore che tutte le madri hanno portato a' loro figli è un'ombra a paragone dell'amore che ad un solo di noi porta Maria: ben ci ama più ella sola, soggiunge, che non ci amano insieme tutti gli angeli e i santi.13
In oltre14 la nostra Madre ci ama assai, perché noi le siamo stati raccomandati per figli dal suo amato Gesù, allorch'egli prima di spirare le disse: Mulier, ecce filius tuus:15 dinotandole in persona di Giovanni tutti noi uomini, come abbiamo sopra considerato. Queste furono le ultime parole, che 'l Figlio le disse. Gli ultimi ricordi che si lasciano dalle persone amate nel punto della loro morte troppo si stimano, e non se ne può perdere mai la memoria.
Di più noi siamo figli troppo cari a Maria, perché troppo di dolore le costiamo. Dalle madri ben si amano più quei figli, a cui il conservare la vita ha costato loro più stento e dolore. Noi siamo quei figli, a' quali Maria affin di ottenere la vita della grazia, ha dovuto soffrire la pena di offerire ella stessa alla morte la cara vita del suo Gesù, contentandosi per noi di vederselo morire avanti gli occhi suoi a forza di tormenti. Da questa grande offerta di Maria noi nascemmo allora alla vita della divina grazia. Sicché noi siamo figli perciò troppo cari, perché troppo le costiamo di affanno. Onde, conforme sta scritto dell'amore che l'Eterno Padre ha portato agli uomini nel dare alla morte per noi il suo medesimo Figlio: Sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III, 16), così ancora,
dice S. Bonaventura, può dirsi di Maria: Sic Maria dilexit nos, ut Filium suum unigenitum daret.16
E quando ella ce lo diede? Ce lo diede, dice il P. Nierembergh, quando per prima gli concedé la licenza per andar alla morte. Ce lo diede, quando mancando gli altri, o per odio o per timore, ben poteva ella sola bastantemente difendere appresso i giudici la vita del Figlio; e ben si può credere che le parole d'una madre così savia e così tenera del figlio avrebbero potuto fare una gran forza, almeno appresso Pilato, acciocché si fosse arrestato di condannare alla morte un uomo ch'egli stesso conobbe e dichiarò innocente. Ma no, che Maria non volle dire neppure una parola a favore del Figlio, per non impedire la sua morte, da cui pendeva la nostra salute. Ce lo diè finalmente mille e mille volte a piè della croce in quelle tre ore, in cui assisté alla morte del Figlio;17 poiché allora in ogn'istante altro non facea che con sommo dolore e sommo amore verso di noi sagrificare per noi la vita del Figlio, con tanta costanza, che dicono S. Anselmo e S. Antonino che se mai allora fossero mancati i carnefici, ella stessa l'avrebbe crocifisso per ubbidire alla volontà del Padre, che lo volea morto per la nostra salute. E se un simile atto di fortezza di voler sagrificare il figlio colle proprie mani lo fece Abramo, dobbiamo credere che con maggior costanza certamente l'avrebbe eseguito Maria, più santa e più ubbidiente di Abramo.18
Ma ritornando al nostro punto, quanto noi dobbiamo vivere grati a Maria di un atto di tanto amore? Del sacrificio, dico, ch'ella fece della vita del Figlio con tanto suo dolore, affin di ottenere a tutti noi la salute? Ben rimunerò il Signore ad Abramo il sagrificio ch'egli si accinse a fargli del suo Isacco; ma noi che possiamo rendere a Maria per la vita ch'ella ci ha data del suo Gesù, figlio assai più nobile ed amato che 'l figlio di Abramo? Questo amor di Maria, dice S. Bonaventura, ci ha troppo obbligati ad amarla, vedendo ch'ella ci ha amato più d'ognun altro, poiché ci ha dato il suo unico Figlio, che amava più di se stessa: Nulla post eam creatura ita per amorem nostrum exardescet, quae Filium suum unicum, quem multo plus se amavit nobis dedit, et pro nobis obtulit (S. Bon.).19
E da ciò nasce l'altro motivo, per cui noi siamo tanto amati da Maria, perché vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù Cristo. Se una madre vedesse un servo ricomprato da un suo figlio diletto coi patimenti di venti anni di carceri e di stenti, per questo solo riguardo quanto ella stimerebbe questo servo? Ben sa Maria che 'l Figlio non per altro è venuto in terra, che per salvare noi miserabili, com'egli stesso protestò: Veni salvum facere quod perierat (Luc. XIX, 10).20 E per salvarci si è contentato di spenderci anche la vita: Factus obediens usque ad mortem (Philip. II, 8). Se Maria dunque poco ci amasse, poco dimostrerebbe di stimare il sangue del Figlio, ch'è il prezzo della nostra salute. - Fu rivelato a S. Elisabetta monaca che Maria, sin da che stava nel tempio, non faceva altro che pregare per noi, pregando che Dio mandasse
presto il Figlio a salvare il mondo.21 Or quanto più dobbiamo pensare ch'ella ci ami, dopoché ci ha veduti così stimati dal Figlio, che non ha sdegnato di comprarci a tanto suo costo?
E perché tutti gli uomini sono stati redenti da Gesù, perciò Maria tutti ama e favorisce. Fu ella veduta da S. Giovanni vestita di sole: Et signum magnum apparuit in caelo, mulier amicta sole (Apoc. XII, 1). Dicesi vestita di sole, per ragione che come non vi è nella terra chi possa mai nascondersi dal calore del sole: Non est qui se abscondat a calore eius (Ps. XVIII, [7]), così non vi è vivente che sia privo in terra dell'amor di Maria. A calore eius, applica l'Idiota, idest a dilectione Mariae.22
E chi mai, dice S. Antonino, può comprendere la cura che questa Madre amorosa ha di tutti noi? Oh quanta cura est Virgini matri de nobis! Perciò ella a tutti offerisce e dispensa la sua misericordia: Omnibus aperit sinum misericordiae suae.23 Poiché la nostra Madre ha desiderato la salute di tutti, ed alla salute di tutti ha cooperato. Constat, afferma S. Bernardo (Ho. 2, in Mis.), pro universo genere humano fuisse sollicitam.24 Ond'è che riesce utilissima la pratica di alcuni divoti di Maria, i quali, come riferisce Cornelio a Lapide, sogliono pregare il Signore a conceder loro quelle grazie, che per essi cerca la B. Vergine, con dire: Domine, da mihi, quod pro me postulat SS. Virgo Maria. E con ragione, dice il nominato a Lapide, mentre la nostra Madre desidera ella a noi maggiori beni di quelli che noi stessi possiamo desiderare:
Ipsa enim maiora optat, quam nos optare possumus.25 E 'l divoto Bernardino da Busto dice che più Maria ama di far bene e dispensare a noi le grazie, che noi desideriamo di riceverle: Plus ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar. I, serm. 5).26 Onde il B. Alberto Magno applica a Maria le parole della Sapienza: Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat (Sap. VI, 14): Previene Maria coloro che a lei ricorrono, per farsi da loro trovare prima che la cerchino.27 È tanto l'amore, dice Riccardo, che ci porta questa buona Madre, che quando scorge i nostri bisogni, ella viene a soccorrerci, prima che noi le domandiamo il soccorso: Prius occurrit quam invocetur (Rich., in Cant. IV, 5).28
Or se Maria è così buona con tutti, anche cogl'ingrati e negligenti, che poco l'amano e poco a lei ricorrono, quanto sarà più ella amorosa con coloro che l'amano e spesso l'invocano? Facile invenitur ab his qui diligunt illam (Sap. VI, 13).29 Oh quanto facil cosa, soggiunge lo stesso B. Alberto, è
trovar Maria a coloro che l'amano, e 'l trovarla tutta piena di pietà e di amore!30 Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, [17]). Ella si protesta che non può non amare chi l'ama. E benché l'amantissima Signora ami tutti gli uomini come suoi figli, ben non però, dice S. Bernardo, ella agnoscit et diligit, sa conoscere ed amar con distinzione coloro che più teneramente l'amano.31 Questi felici amanti di Maria, asserisce l'Idiota, non solo da lei sono amati, ma anche serviti: Inventa Maria Virgine, invenitur omne bonum: ipsa namque diligit diligentes se, immo sibi servientibus servit (De Contempl. Virg., in prol.).32
Stava morendo, come si narra nelle Croniche dell'Ordine, Leonardo domenicano, il quale ducento volte il giorno si raccomandava a questa Madre di misericordia. Un dì ecco videsi accanto una bellissima regina, che li disse: Leonardo, volete morire, e venire al mio Figlio ed a me? Rispose il religioso: E voi chi siete? Io sono, ripigliò la Vergine, la madre delle misericordie: voi mi avete tante volte invocata, eccomi ora son venuta a prendervi; andiamocene al paradiso. E nello stesso giorno morendo Leonardo, speriamo che la seguì al regno beato.33
Ah Maria dolcissima, beato chi v'ama! Diceva il Ven. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Se io amo Maria, son sicuro della perseveranza, e impetrerò da Dio quanto voglio. E perciò il divoto giovine non si saziava mai di rinnovare il proposito, e di replicare spesso fra sé: Io voglio amare Maria, io voglio amare Maria.34
Oh quanto ella la buona Madre avanza in amore tutti i suoi figli! L'amino questi quanto possono, semper Maria cum amantibus est amantior, dice S. Ignazio martire (Ep. ad Io., ap. Aur.).35 L'amino pure quanto un S. Stanislao Kostka, che amava sì teneramente questa sua cara madre, che al parlarne invogliava ad amarla ognun che l'udiva. Egli s'avea formati nuovi vocaboli e nuovi titoli con cui ne onorava il nome. Non cominciava azione, che prima rivolto a qualche sua immagine non le chiedesse la benedizione. Quando le recitava l'Officio, il rosario od altre orazioni, le diceva con tale affetto ed espressione, come parlasse da faccia a faccia con Maria. Quando sentiva cantare la Salve Regina, tutto s'infiammava nell'anima, ed anche nel volto. Dimandato una volta da un padre della Compagnia, mentre andavano insieme a visitare un'immagine della B. Vergine, quanto egli l'amasse, «Padre, rispose, che posso dirgli più? Ella è la
Madre mia». Ma disse poi quel padre che il santo giovine proferì queste parole con tale tenerezza di voce e di sembiante e di cuore, che parve non già un giovine, ma un angelo che parlasse dell'amore di Maria.36 - L'amino pure quanto un B. Ermanno, che la chiamava la sua sposa d'amore, mentre del nome di sposo egli fu onorato anche da Maria.37 - Quanto un S. Filippo Neri, che tanto si consolava pensando solamente a Maria, e perciò la nominava la sua delizia.38 - Quanto un S. Bonaventura, che la chiamava non solo sua signora e madre, ma per dimostrar la tenerezza dell'affetto che le portava, giungeva a chiamarla il suo cuore, l'anima sua: Ave, domina mea, mater mea; imo cor meum, anima mea.39 - L'amino ancor quanto quel grande amante di Maria, S. Bernardo, che tanto amava questa dolce madre, che la chiamava la ladra de' cuori: Raptrix cordium. onde il santo, per esprimerle l'amore
ardente che le portava, le diceva: Nonne rapuisti cor meum?40 - La chiamino pure la loro innamorata, come la nominava un S. Bernardino da Siena, che ogni giorno l'andava a visitare in una divota immagine, per dichiararle il suo amore con teneri colloqui che tenea colla sua regina; e perciò a chi gli domandava dove andasse ogni giorno, diceva che andava a trovare la sua innamorata.41 - L'amino pure quanto un S. Luigi Gonzaga, che tanto bruciava continuamente d'amore verso Maria, che appena in sentir risonar il dolcissimo nome della sua cara Madre, subito se gli accendeva il cuore, e la fiamma gli compariva rubiconda nel volto a farsi da tutti vedere.42 - L'amino quanto un S. Francesco Solanes, che impazzito quasi - ma con santa pazzia - per amor di Maria, si metteva alle volte con istromento di suono a cantar d'amore avanti una sua immagine, dicendo che siccome fanno gli amanti del mondo, egli faceva la sua serenata alla sua diletta regina.43
L'amino pure quanto l'hanno amata tanti suoi servi, che non sapeano più che fare per dimostrarle il loro amore. Il P. Girolamo da Trexo della Compagnia di Gesù giubilava in chiamarsi schiavo di Maria, ed in segno della sua schiavitù andava spesso a visitarla in una sua chiesa; ed ivi che faceva? in arrivare alla chiesa prima la bagnava di lagrime per la tenerezza dell'amore che si sentiva verso Maria; poi la scopava colla lingua e colla faccia, baciando mille volte quel pavimento, pensando che quella era casa della sua amata signora.44 - Il P. Diego Martinez della stessa Compagnia di Gesù, che per la sua divozione alla Madonna nelle feste di Maria era portato dagli angeli in cielo a vedere con quanto onore si celebravano, questi dicea: Vorrei avere tutti i cuori degli angeli e de' santi per amare Maria com'essi l'amano: vorrei le vite di tutti gli uomini per ispenderle tutte per amor di Maria.45 - Giungano pure altri ad amarla quanto l'amava Carlo figlio di S. Brigida, che diceva di non sapere cosa che più lo consolasse nel mondo, quanto il sapere che Maria era così amata da Dio. Ed aggiungeva che volentieri avrebbe accettato ogni pena per fare che Maria non avesse perduto, se mai l'avesse potuto perdere, un punto della sua grandezza; e che se la grandezza di Maria fosse stata sua, egli ce l'avrebbe rinunziata, per esserne ella assai di lui più degna.46 - Desiderino pure di dar la vita in protesta del loro amore a Maria, come desiderava Alfonso Rodriguez.47 - Arrivino finalmente a scolpirsi con ferri acuti sul petto l'amabil nome di Maria, come fecero un Francesco Binanzio religioso,48 ed una Radagunde
sposa del re Clotario.49 - Arrivino pure con ferri roventi ad imprimere sulla carne l'amato nome, per farlo restare più espresso e più durevole, come fecero, spinti dall'amore, i suoi divoti Battista Archinto ed Agostino d'Espinosa, ambi della Compagnia di Gesù.50
Facciano dunque o pensino di fare quanto è possibile a farsi da un amante che pretende, quanto può, far conoscere il suo affetto alla persona amata; che non mai arriveranno gli amanti di Maria ad amarla tanto quanto ella l'ama. Scio, Domina, diceva S. Pier Damiano, quia amantissima es, et amas nos amore invincibili (Serm. I, de Nat. B. M. V.).51 So, Signora
mia, diceva, che fra coloro che vi amano siete la più amante, ed amate noi con amore, che non si fa vincere da ogni altro amore. - Stava una volta a' piedi d'un'immagine di Maria il Ven. Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù, ed ivi sentendosi ardere d'amore verso la santa Vergine, proruppe, e disse: «Madre mia amabilissima, io so che voi mi amate; ma non mi amate tanto quanto v'amo io.» Allora Maria, come offesa in punto d'amore, da quell'immagine gli rispose: «Che dici, Alfonso, che dici? Oh quanto è più grande l'amore ch'io porto a te, dell'amore che tu porti a me! Sappi, gli disse, che non vi è tanta distanza dal cielo alla terra, quanta ve n'è dall'amor mio al tuo.»52
Ha ragione dunque S. Bonaventura di esclamare: Beati quelli che han la sorte di essere fedeli servi ed amanti di quest'amantissima Madre! Beati quorum corda diligunt Mariam! beati qui ei famulantur!53 Sì, perché la gratissima regina non si fa mai vincere d'amore da' suoi divoti: Numquam in hoc certamine a nobis ipsa vincetur. Amorem redhibet, et praeterita beneficia semper novis adauget (Paciucch., de B. Virg.).54 Maria imitando in ciò il nostro amorosissimo Redentor Gesù Cristo, co' suoi benefizi e favori rende a chi l'ama duplicato il suo amore. Vestri continuo amore, esclamerò dunque anch'io coll'innamorato S. Anselmo, langueat cor meum, liquefiat anima mea (In Depr. ad V.): Arda per voi sempre il mio cuore, e tutta si consumi d'amore l'anima mia, o amato mio
Salvatore Gesù, o cara mia madre Maria. Date itaque supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quantum digni estis amorem vestrum: Concedete pertanto, o Gesù e Maria, giacché senza la vostra grazia io non posso amarvi, concedete all'anima mia per li meriti vostri, non miei, ch'io vi ami quanto voi meritate. O amator hominum, tu potuisti reos tuos usque ad mortem amare, et poteris roganti amorem tui et matris tuae negare?55 O Dio innamorato degli uomini, voi avete potuto morire per li vostri nemici, e potrete a chi ve la domanda, negare la grazia di amar voi e la madre vostra?
Esempio.
Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb., tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto. Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire ed onorare la sua amata Signora.
Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.
Cadde ella inferma e si ridusse vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade, stracchi dal viaggio,
si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io, rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio: Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli, pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso.56
Preghiera.
O Domina, quae rapis corda,57 vi dirò con S. Bonaventura: O Signora, che coll'amore e i favori che dimostrate a' vostri servi, rapite loro i cuori, rapitevi ancora il mio cuore miserabile, che desidera d'amarvi assai. Voi, madre mia, colla vostra bellezza avete innamorato un Dio, e l'avete tirato dal cielo nel vostro seno; ed io viverò senza amarvi? No, vi dico con quell'altro vostro amante figlio Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Numquam quiescam, donec habuero tenerum amorem erga matrem meam Mariam:58 Io non mai voglio quietarmi, sintanto che non sarò certo di aver ottenuto l'amore, ma un amore costante e tenero, verso di voi, madre mia, che con tanta tenerezza mi avete amato, ancora quando io v'era così ingrato. E che sarebbe ora di me, se voi, o Maria, non mi aveste amato ed impetrate tante misericordie? Se dunque voi mi avete tanto amato, quando io non vi amava, quanto più debbo sperare dalla vostra bontà, ora che v'amo?
Io v'amo, o madre mia, e vorrei un cuore che vi amasse per tutti quegli infelici che non vi amano. Vorrei una lingua che valesse a lodarvi per mille lingue, affin di far conoscere a tutti la vostra grandezza, la vostra santità, la vostra misericordia, e l'amore con cui amate coloro che v'amano. Se avessi ricchezze, vorrei tutte impiegarle a vostro onore. Se avessi sudditi, vorrei renderli tutti vostri amanti. Vorrei in fine per voi e per la gloria vostra spender anche la vita, se bisognasse.
V'amo dunque, o madre mia, ma nello stesso tempo temo che non v'amo: poiché sento dire che l'amore fa simili gli amanti alle persone amate: Amor aut similes invenit, aut facit (Aristot.).59 Dunque se io mi vedo così a voi dissomigliante è segno che non v'amo. Voi così pura, io così sozzo! Voi così umile, io così superbo! Voi così santa, io così iniquo! Ma questo è quello che avete da far voi, o Maria: giacché mi amate, rendetemi simile a voi. Voi già avete tutta la potenza di mutare i cuori; prendetevi dunque il mio, e mutatelo. Fate vedere al mondo quel che potete a favor di coloro che voi amate. Fatemi santo, fatemi degno vostro figlio. Così spero, così sia.
25 MARZO
ANNUNCIAZIONE DELLA
VERGINE SANTISSIMA
Gloria di questo giorno.
È grande questo giorno negli annali dell'umanità ed anche davanti a Dio, essendo l'anniversario del più solenne avvenimento di tutti i tempi. Il Verbo divino, per il quale il Padre creò il mondo, s'è fatto carne nel seno d'una Vergine ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14). Adoriamo le grandezze del Figlio di Dio che si umilia, rendiamo grazie al Padre che ha amato il mondo sino a dargli il suo Figlio Unigenito (ivi 3,16), ed allo Spirito Santo che con la sua onnipotente virtù opera un sì profondo mistero. Ecco che sin da questo tempo di penitenza noi preludiamo alle gioie del Natale; ancora nove mesi, e l'Emmanuele oggi concepito nascerà in Betlemme, ed i cori angelici c'inviteranno a salutare questo nuovo mistero.
La promessa del Redentore.
Nella settimana di Settuagesima meditammo la caduta dei nostri progenitori e udimmo la voce di Dio tuonare la triplice sentenza, contro il serpente, la donna e l'uomo. Però, una speranza fece luce nella nostra anima e, nel mezzo degli anatemi, una divina promessa brillò come un faro di salvezza: il Signore sdegnato disse all'infernal serpente che un giorno la sua superba testa sarebbe schiacciata, e che sarebbe stato il piede d'una donna a colpirlo terribilmente.
Il suo adempimento.
Ed ecco giunto il momento in cui il Signore realizzerà l'antica promessa. Per millenni il mondo aveva atteso; e nonostante le fitte tenebre e le iniquità, tale speranza non svanì. Col succedersi dei secoli, la misericordia divina moltiplicò i miracoli, le profezie, le figure, per rinnovare il patto che si degnò stringere con l'umanità. Si vide scorrere il sangue del Messia da Adamo a Noè, da Sem ad Abramo, Isacco e Giacobbe, da David e Salomone a Gioacchino; ed ora, nelle vene della figlia di Gioacchino, Maria.
Maria è la donna per la quale sarà tolta la maledizione che pesava sulla nostra stirpe. Il Signore, facendola immacolata, decretò un'inconciliabile inimicizia fra lei e il serpente; ed è proprio oggi, che questa figlia di Eva riparerà la caduta della madre sua, rialzerà il suo sesso dall'abbassamento in cui era piombato, e coopererà direttamente ed efficacemente alla vittoria che il Figlio di Dio in persona riporterà sul nemico della sua gloria e del genere umano.
L'Annunciazione.
La tradizione ha segnalato alla santa Chiesa la data del 25 Marzo, come il giorno che vide il compimento di questo mistero (sant'Agostino, La Trinità, l. 4, c. 5).
Maria se ne stava sola nel raccoglimento della preghiera, quando vide apparirle l'Arcangelo disceso dal cielo per chiederne il consenso nel nome della SS. Trinità. Ascoltiamo il dialogo fra l'Angelo e la Vergine, e nello stesso tempo riportiamoci col pensiero ai primordi del mondo. Un Vescovo martire del II secolo, sant'Ireneo, eco fedele dell'insegnamento degli Apostoli, ci fa paragonare questa grande scena a quella che avvenne nel paradiso terrestre (Contro le eresie, l. 5, c. 19).
Nel Paradiso terrestre.
Nel giardino di delizie si trova una vergine alla presenza d'un angelo, col quale ella discorre. Pure a Nazaret una vergine è interpellata da un angelo, col quale pure ritesse un dialogo; ma l'angelo del paradiso terrestre è uno spirito tenebroso, mentre quello di Nazaret è uno spirito di luce. Nei due incontri è sempre l'angelo a iniziare il discorso. "Perché, dice lo spirito maledetto alla prima donna, perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del paradiso?" Vedi come già si nota, nell'impazienza di questa domanda, la provocazione al male, il disprezzo, l'odio verso la debole creatura nella quale Satana perseguita l'immagine di Dio!
A Nazaret.
Guardate invece l'angelo di luce, con quale dolcezza e con quale pace s'avvicina alla novella Eva! con quale rispetto riverisce questa umana creatura! "Ave, o piena di grazia ! Il Signore è con te, tu sei benedetta fra tutte le donne". Chi non sente nell'accento celeste di tali parole respirare pace e dignità! Ma continuiamo a seguire l'accostamento.
Eva.
La donna dell'Eden, imprudente, ascolta la voce del seduttore ed è sollecita nel rispondergli. La curiosità la spinge a prolungare la conversazione con lui, che l'istiga a scrutare i segreti di Dio, senza affatto diffidare del serpente che le parla; fra poco, però, si vergognerà al cospetto di Dio.
Maria.
Maria ascolta le parole di Gabriele; ma questa Vergine, prudentissima, come l'elogia la Chiesa, rimane silenziosa, chiedendo a se stessa donde possano provenire le lodi di cui è fatta oggetto. La più pura, la più umile delle vergini teme le lusinghe; e il celeste messaggero non sentirà da lei una parola, che non riguardi la sua missione durante il colloquio. "Non temere, o Maria, egli risponde alla novella Eva, perché hai trovato grazia presso Dio; ecco, concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine".
Quali magnifiche promesse venute dal cielo da parte di Dio! quale oggetto più degno d'una nobile ambizione d'una figlia di Giuda, che sa di quale gloria sarà circondata la madre del Messia! Però Maria non è per niente tentata da sì grande onore. Ella ha per sempre consacrata la sua verginità al Signore, per essere più strettamente unita a lui nell'amore; la più gloriosa mèta ch'ella potrebbe raggiungere violando questo sacro voto, non riesce a smuovere la sua anima: "Come avverrà questo, ella risponde all'Angelo, se io non conosco uomo?".
Eva.
La prima Eva non mostra uguale calma e disinteressamento. Non appena l'angelo perverso la rassicura che può benissimo violare, senza timore di morire, il precetto del divino benefattore, e che il premio della disobbedienza consisterà nell'entrare a far parte, con la scienza, alla stessa divinità, ecco che ne rimane soggiogata. L'amore di se stessa le ha fatto in un istante dimenticare il dovere e la riconoscenza; e sarà felice di liberarsi al più presto dal duplice vincolo che le pesa.
Maria.
Così si mostra la donna che ci mandò alla rovina. Ma quanto differente ci appare l'altra che ci doveva salvare! La prima, crudele verso la posterità, si preoccupa unicamente di se stessa; la seconda, dimentica se stessa, riflettendo ai diritti che Dio ha su di lei. Rapito l'Angelo da tale fedeltà, finisce di svelare il disegno divino: "Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà, per questo il Santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei ch'era detta sterile; ché niente è impossibile presso Dio". A questo punto l'Angelo ha terminato il suo discorso ed attende in silenzio la decisione della Vergine di Nazaret.
La disobbedienza di Eva.
Portiamo ora lo sguardo sulla vergine dell'Eden. Appena lo spirito infernale ha finito di parlare, essa guarda con concupiscenza il frutto proibito, perché aspira all'indipendenza cui la metterà in possesso quel frutto sì piacevole. Con mano disobbediente s'avvicina a coglierlo; lo prende e lo porta avidamente alla bocca; e nel medesimo istante la morte s'impossessa di lei: morte dell'anima, per il peccato che estingue il lume della vita; morte del corpo che, separato dal principio dell'immortalità, diventa così oggetto di vergogna e di confusione, sino a che si dissolverà in polvere.
L'obbedienza di Maria.
Ma distogliamo lo sguardo dal triste spettacolo, e ritorniamo a Nazaret. Maria, nelle ultime parole dell'Angelo, vede manifesto il volere divino. Infatti la rassicura che, mentre le è riservata la gioia di essere la Madre di un Dio, serberà la sua verginità. Allora Maria s'inchina in una perfetta obbedienza, ed al celeste inviato risponde: "Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola".
Così, l'obbedienza della seconda donna ripara la disobbedienza della prima, avendo la Vergine di Nazaret detto nient'altro che questo: avvenga dunque, FIAT che il Figlio eterno di Dio, che secondo il decreto divino aspettava la mia parola, si faccia presente, per opera dello Spirito Santo, nel mio seno, e cominci la sua vita umana. Una Vergine diventa Madre, e Madre d'un Dio; ed è l'abbandono di questa Vergine alla somma volontà che la rende feconda, per la virtù dello Spirito Santo. Mistero sublime che stabilisce relazioni di figlio e di madre tra il Verbo eterno ed una creatura, e mette in possesso dell'Onnipotente uno strumento degno di assicurargli il trionfo contro lo spirito maligno, che con la sua audacia e perfidia sembrava aver prevalso fino allora contro il piano divino!
La sconfitta di Satana.
Non vi fu mai sconfitta più umiliante e completa di quella di Satana in questo giorno. Il piede della donna, che gli offrì una sì facile vittoria, grava con tutto il suo peso sulla superba testa che gli schiaccia. Ed Eva in questa figlia si risolleva a schiacciare il serpente. Dio non ha preferito l'uomo per tale vendetta, perché in tal caso l'umiliazione di Satana non sarebbe stata così profonda; contro un tal nemico il Signore dirige la prima preda dell'inferno, la vittima più debole e più indifesa.
In premio di sì glorioso trionfo, una donna d'ora innanzi regnerà, non solo sugli angeli ribelli, ma su tutto il genere umano, anzi su tutti i cori degli Spiriti celesti. Dall'eccelso suo trono, Maria Madre di Dio domina sopra l'intera creazione; negli abissi infernali, invano Satana ruggirà nella sua eterna disperazione, pensando al danno che si fece nell'attaccare per primo un essere fragile e credulo, che Dio ha bellamente vendicato; e nelle altissime sfere, i Cherubini e i Serafini alzeranno lo sguardo a Maria, in attesa d'un sorriso e per gloriarsi d'eseguire i minimi desideri della Madre di Dio e degli uomini.
La salvezza dell' umanità.
Pertanto, strappati al morso del maledetto serpente per l'obbedienza di Maria, noi figli di questa umanità salutiamo oggi l'aurora della nostra liberazione; e, usando le stesse parole del cantico di Debora, tipo di Maria vincitrice, che canta il proprio trionfo sui nemici del popolo santo, diciamo: "Vennero meno i forti d'Israele e stettero inermi, finché non sorse Debora, finché non sorse una madre in Israele. Il Signore ha inaugurato nuove guerre ed ha rovesciato le porte dei nemici" (Gdt 5,7-8). Prestiamo l'orecchio ad ascoltare nei passati secoli, la voce d'un'altra vittoriosa donna, Giuditta, che canta a sua volta: "Lodate il Signore Dio nostro, il quale non ha abbandonato coloro che hanno sperato in lui, e per mezzo di me sua serva ha compiuta la sua misericordia, da lui promessa alla casa di Israele, e in questa notte con la mia mano ha ucciso il nemico del suo popolo. È il Signore onnipotente che l'ha colpito dandolo in mano d'una donna che l'ha trafitto" (Gdt 13,17-18; 16,7).
MESSA
I canti del Sacrificio sono presi in gran parte dalla Chiesa dal Salmo 44, che celebra l'unione dello Sposo e della Sposa.
EPISTOLA (Is 7,10-15). - In quei giorni: il Signore parlò ad Acaz, e disse: Domanda un segno al Signore Dio tuo, nel profondo dell'inferno o nell'altezza dei cieli. Ma Acaz disse: Non chiederò e non tenterò il Signore. Allora (Isaia) disse: Udite adunque, o casa di David: È forse poco per voi essere molesti agli uomini, voi che siete molesti anche al mio Dio? Per questo il Signore stesso vi darà il segno: ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele. Egli si ciberà di burro e di miele, affinché sappia rigettare il male e scegliere il bene.
La pienezza dei tempi è arrivata, e l'antica tradizione radicata in tutti i popoli, che una vergine sarebbe divenuta madre, oggi, con questo mistero, ha il suo compimento. Riveriamo la potenza del Signore e la fedeltà alle sue promesse. L'autore della natura sospende e sue leggi ed agisce con suo diretto intervento:, in questa stessa creatura si uniscono la verginità e la maternità. Ma se una Vergine partorisce, non può partorire che un Dio: ed il figlio di Maria si chiamerà l'Emmanuele, cioè Dio con noi.
Dio con noi.
Adoriamo nel carcere della volontaria infermità l'invisibile Creatore del mondo fatto visibile, il quale vuole che d'ora innanzi ogni creatura confessi non solo la sua infinita grandezza, ma anche la vera natura umana che si degna assumere per salvarci. Cominciando da questo momento, egli ben si può dire il Figlio dell'Uomo. Per nove mesi abiterà nel seno materno, alla stregua degli altri bambini; come loro, dopo la nascita, succhierà il latte ed il miele, santificando così tutte le età dell'uomo. Egli è l'uomo nuovo venuto dal cielo per redimere l'antico. Senza nulla perdere della propria divinità, subisce tutte le condizioni del nostro essere infermo e limitato, per farci poi partecipi della sua natura divina (2Pt 1,4).
VANGELO (Lc 1,26-38). - In quel tempo: L'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazaret, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l'Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne! Ed essa turbata a queste parole pensava che specie di saluto fosse quello. E l'Angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio: ecco, tu concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, sarà chiamato figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine. Allora Maria disse all'Angelo: Come avverrà questo, se io non conosco uomo? E l'Angelo rispose: Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà: per questo il santo che da te nascerà sarà chiamato figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei ch'era detta sterile; perché nulla è impossibile davanti a Dio. E Maria disse: Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola.
Azione di grazie.
Con queste ultime parole, o Maria, fu decretata la nostra sorte. Voi accondiscendete al desiderio del Cielo: ed ecco che il vostro assenso garantisce la nostra salvezza. O Vergine! O Madre! O benedetta fra le donne, accogliete, insieme agli omaggi degli Angeli, le azioni di grazie, di tutto il genere umano. Per mezzo vostro siamo salvi dalla rovina, in voi è redenta la nostra natura, perché siete il trofeo della vittoria dell'uomo sul suo nemico.
Rallegrati, o Adamo, nostro padre, ma sopra tutto trionfa tu, o Eva, madre nostra! voi che, genitori di tutti noi, foste anche per tutti noi autori di morte, omicidi della vostra progenie prima di diventarne padri.
Ora consolatevi di questa nobile figlia che vi è stata data; tu specialmente, o Eva! Cessa i tuoi lamenti: da te, all'inizio, uscì il male, e da te, d'allora sino ad oggi, fu contagiato tutto il tuo sesso; ma ecco giunto il momento che l'obbrobrio scomparirà e l'uomo non avrà più ragione di piangere a causa della donna.
Un giorno, cercando di giustificare la propria colpa, l'uomo prontamente fece cadere su di lei un'accusa crudele: La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. O Eva, va' dunque a Maria; rifugiati nella tua figlia, o madre. La figlia risponderà per la madre, è lei che ne cancellerà la vergogna, lei che per la madre offrirà soddisfazione al padre; poiché, se per la donna l'uomo cadde, solo per la donna potrà rialzarsi.
Che dicevi allora, o Adamo? La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. Malvage parole, che accrescono il tuo peccato e non lo cancellano. Ma la Sapienza divina ha vinto la tua malizia, attingendo nel tesoro della sua inesauribile bontà il mezzo per procurarti il perdono che aveva cercato di meritarti nel darti l'occasione di rispondere convenientemente alla domanda che ti faceva.
Tu avrai una donna in cambio d'una donna: una donna prudente per una donna stolta, una donna umile per una donna superba, una donna che invece di un frutto di morte ti darà l'alimento di vita, che invece di un cibo avvelenato produrrà per te il frutto dell'eterne delizie. Cambia dunque in parole riconoscenti la tua ingiusta accusa, dicendo ora: Signore, la donna che m'hai data per compagna mi ha dato il frutto dell'albero della vita, ed io ne ho mangiato; e un frutto soave alla mia bocca, perché con esso m'avete ridata la vita (san Bernardo, 2a Omelia sul Missus est).
L'Angelus.
Non chiuderemo questa giornata senza ricordare e raccomandare la pia e salutare istituzione che la cristianità solennizza giornalmente in ogni paese cattolico, in onore del mistero dell'Incarnazione e della divina maternità di Maria. Tre volte al giorno, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, si ode la campana e i fedeli, all'invito di quel suono si uniscono all'Angelo Gabriele per salutare la Vergine Maria e glorificare il momento in cui lo stesso Figlio di Dio si compiacque assumere umana carne in lei.
Dall'Incarnazione del Verbo il nome suo è echeggiato nel mondo intero. Dall'Oriente all'Occidente è grande il nome del Signore; ma è pur grande il nome di Maria sua Madre. Da qui il bisogno del ringraziamento quotidiano per il mistero dell'Annunciazione, in cui agli uomini fu dato il Figlio di Dio. Troviamo traccia di questa pratica nel XIV secolo, quando Giovanni XXII apre il tesoro delle indulgenze a favore dei fedeli che reciteranno l'Ave Maria, la sera, al suono della campana che ricorda loro la Madre di Dio.
Nel XV secolo sant'Antonino c'informa nella sua Somma che il suono delle campane si faceva, allora, mattina e sera nella Toscana. Solo nel XVI secolo troviamo in un documento francese citato da Mabillon il suono delle campane a mezzogiorno, che si aggiunge a quello dell'aurora e del tramonto. Fu così che Leone X approvò tale devozione, nel 1513, per l'abbazia di Saint-Germain des Près, a Parigi.
D'allora in poi l'intera cristianità la tenne in onore con tutte le sue modifiche; i Papi moltiplicarono le indulgenze; dopo quelle di Giovanni XXII e di Leone X, nel XVIII secolo furono emanate quelle di Benedetto XIII; ed ebbe tale importanza la pratica, che a Roma, durante l'anno giubilare, in cui tutte le indulgenze eccetto quelle del pellegrinaggio a Roma, rimangono sospese, stabilì che le tre salutazioni che si suonano in onore di Maria, avrebbero dovuto continuare ad invitare i fedeli a glorificare insieme il Verbo fatto carne.
Quanto a Maria, lo Spirito Santo aveva già preannunciati i tre termini della pia pratica, esortandoci a celebrarla soave "come l'aurora" al suo sorgere, splendente "come il sole" nel suo meriggio e bella "come la luna" nel suo riflesso argenteo.
Preghiera all'Emmanuele.
O Emmanuele, Dio con noi, "voi voleste redimere l'uomo, e per questo veniste dal cielo ad incarnarvi nel seno d'una Vergine"; ebbene, oggi il genere umano saluta il vostro avvento. Verbo eterno del Padre, dunque a voi non bastò trarre l'uomo dal nulla con la vostra potenza; nella vostra inesauribile bontà voi volete anche raggiungerlo nell'abisso di degradazione in cui è piombato. A causa del peccato l'uomo era caduto al di sotto di se stesso; e voi, per farlo risalire ai divini destini per i quali l'avevate creato, veniste in persona a rivestire la sua sostanza per elevarlo fino a voi.
Nella vostra persona, oggi ed in eterno, Dio si fece uomo, e l'uomo divenne Dio. Per adempiere le promesse della Cantica, voi vi uniste all'umana natura, e celebraste le vostre nozze nel seno verginale della figlia di David. O annichilamento incomprensibile! o gloria inenarrabile! Il Figlio di Dio s'è annientato, e il figlio dell'uomo glorificato. A tal punto ci avete amato, o Verbo divino, ed il vostro amore ha trionfato della nostra miseria.
Lasciaste gli angeli ribelli nell'abisso scavato dalla loro superbia, e nella vostra pietà vi fermaste in mezzo a noi. E non con un solo sguardo misericordioso voi ci salvaste, ma venendo su questa terra di peccato a prendere la forma di schiavo (Fil 2,7), e cominciando una vita di umiliazioni e di dolori. O Verbo incarnato, che venite per salvarci e non per giudicarci (Gv 12,47), noi vi adoriamo, vi ingraziamo, vi amiamo: fateci degni di tutto ciò che il vostro amore vi mosse a fare per noi.
A Maria.
Vi salutiamo, o Maria, piena di grazia, in questo giorno in cui vi allietate dell'onore che vi fu attribuito. L'incomparabile vostra purezza, attirò gli sguardi del sommo Creatore di tutte le cose, e la vostra umiltà lo fece venire nel vostro seno; la sua presenza accresce la santità della vostra anima e la purità del vostro corpo. Con quali delizie sentite il Figlio di Dio vivere della vostra vita e prendere dalla vostra sostanza il nuovo essere cui si unisce per nostro amore! Ecco, è già stretto fra voi e lui il legame noto soltanto a voi: è il vostro Creatore, e voi ne siete la madre; è il vostro Figlio, e voi siete una sua creatura.
Davanti a lui si piega ogni ginocchio, o Maria! perché è Dio del cielo e della terra; ma pure ogni creatura s'inchina davanti a voi, perché lo portaste nel vostro seno e lo allattaste; sola fra tutti gli esseri, voi potete chiamarlo, come il Padre celeste: "Mio figlio!". O donna incomparabile, voi siete lo sforzo supremo della potenza divina: accogliete dunque l'umile sottomissione del genere umano, che si gloria di voi più che gli stessi Angeli, perché avete il suo stesso sangue e la medesima natura.
O novella Eva, figlia dell'antica, senza peccato! per la vostra obbedienza ai divini decreti salvaste la vostra madre e tutta la sua figliolanza, [ridando l'innocenza perduta al padre vostro] ed all'intera sua famiglia. Il Signore che portate ci assicura tutti questi beni, ed è per voi che noi lo possiamo avere; senza di lui noi rimarremmo nella morte, e senza di voi egli non potrebbe riscattarci, perché in voi attinge il sangue prezioso che ne sarà il pegno. La sua potenza protesse la vostra purezza nell'istante dell'Immacolata concezione, nella quale si formò il sangue di un Dio per la perfetta unione fra la natura divina con quella umana.
Oggi, o Maria, si compie la divina profezia dopo l'errore: "Porrò inimicizia fra la donna e il serpente". Finora gli uomini temevano il demonio e, nel loro traviamento, erigevano ovunque altari in suo onore. Ma oggi il vostro terribile braccio abbatte il suo nemico. Voi l'avete battuto per sempre con l'umiltà, la castità e l'obbedienza; e non potrà più sedurre le nazioni. Per voi, o nostra liberatrice, siamo stati strappati al suo potere, in preda al quale potremmo ancora essere gettati solo dalla nostra perversità e ingratitudine. Non lo permettete, o Maria! aiutateci! E se, in questi giorni di emendazione, proni ai vostri piedi, riconosciamo che purtroppo abusammo della grazia celeste, di cui voi diveniste il canale nella festa della vostra Annunciazione, fateci rivivere, o Madre dei viventi, per la vostra potente intercessione al trono di colui che oggi diventa vostro figlio in eterno.
O Figlia degli uomini, o nostra cara sorella, per la salutazione dell'Arcangelo, per il vostro verginale turbamento, per la fedeltà al Signore, per la prudente umiltà, per il vostro consenso liberatore, vi supplichiamo, convertite i nostri cuori, fateci sinceramente penitenti preparateci ai grandi misteri che stiamo per celebrare. Oh, quanto saranno dolorosi per voi, o Maria! come sarà breve il passaggio dalle gioie dell'Annunciazione alle tristezze della Passione! Ma voi volete far rallegrare l'anima nostra pensando alla felicità del vostro cuore, quando, lo Spirito divino vi coprì con le sue ali ed il Figlio di Dio fu anche vostro figlio. Perciò, restiamo tutto il giorno vicino a voi, nell'umile casa di Nazaret. Fra nove mesi Betlemme ci vedrà prostrati, coi pastori ed i Magi, ai piedi di Gesù Bambino che nascerà per gioia vostra e per la nostra salvezza; allora, noi ripeteremo insieme agli Angeli: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini di buona volontà!".
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 876-887
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