lunedì 1 novembre 2021

L'AMORE DEI SANTI PER LA DIVINA VERGINE MARIA MADRE DI DIO E MADRE NOSTRA

Maria negli scritti di Sant’Ildefonso di Toledo

virgenmariaportada

Di P. Félix López, S.H.M.

Ildefonso nacque a Toledo, Spagna, nell’anno 607, da una famiglia della nobiltà visigota. Era nipote di Sant’Eugenio, vescovo della stessa città, che si fece carico inizialmente della sua formazione. Fu ordinato diacono da Sant’Eladio e, più tardi, fu eletto abate del vicino monastero di Agali.

Sant’Ildefonso, impiegando i suoi beni, fondò il convento cosiddetto “Deibiense” per religiose. Partecipò ai Concili di Toledo degli anni 653 e 655. Nel 657 fu designato arcivescovo di Toledo, sede che governò con rettitudine, sapienza e santo timore di Dio fino alla sua morte, il 23 gennaio 667.

Considerato una delle più grandi glorie della Chiesa cattolica spagnola, è onorato come Dottore della Chiesa. Alcuni autori ritengono che abbia scritto la sua opera “De virginitate perpetua Sanctae Mariae adversus tres Infideles” , prima di essere vescovo. In essa si impegnò a combattere le eresie che attentavano alla perpetua Verginità di Maria, diventando così difensore del dogma.

Il libro consta di tre parti: difesa della verginità di Maria durante il parto, contro Gioviniano; difesa della verginità di Maria durante il parto e dopo il parto, contro Elvidio; proclamazione di tutte le grandezze di Maria, insieme alla Sua perfetta verginità, contro un ebreo. Questi sono i tre infedeli contro i quali indirizza il suo trattato. Quest’opera è considerata il monumento mariano più importante della letteratura patristica ibérica .

Sanildefonsoescritos

Nel Concilio Romano del 649, Papa Martino I aveva lanciato un anatema contro quanti negassero che Maria concepì verginalmente il Verbo, lo diede alla luce verginalmente e rimase vergine dopo il parto. Probabilmente in Spagna erano rimasti resti dell’aria-nesimo, dal momento che re Recaredo solo nel 589 aveva abiurato dall’arianesimo e fatto la professione della fede cattolica nella Trinità. Ario negava la divinità di Cristo e, pertanto, ne rimaneva leso il titolo mariano di Madre di Dio. Sant’Ildefonso proclama tutti i privilegi mariani, difendendo specialmente la Sua Verginità perpetua come segno della divinità di Cristo: solo Dio poteva essere concepito verginalmente e nascere verginalmente. Bisogna sottolineare che Ildefonso non si riferì mai alla Signora chiamandoLa Maria, ma la denominò sempre la Vergine, e, ancor più spesso, la nostra Vergine.

Vediamo alcune delle invettive che il santo vescovo di Toledo indirizza a Gioviniano: «Non ti permetto di addurre che la purezza della nostra Vergine fu macchiata durante il parto, di separare l’integrità dalla maternità; non consento che tu rompa il sigillo della verginità nell’orto da cui nasce, non tollero che privi la Vergine dell’ufficio di Madre o che sottragga alla Madre la pienezza della gloria verginale». Allo stesso modo, afferma: «Vergine prima dell’arrivo del Figlio, vergine dopo aver generato il Figlio, vergine dopo la nascita del Figlio».

A Elvidio disse: «Non sopporto che tu miri ad offendere la proprietà di Dio, che danneggi con opinioni dispregiative la dimora della divinità, né che affermi che una persona qualsiasi possa accostarsi alla porta della Casa di Dio, che fu chiusa alla Sua uscita... Si uniscono l’onore della Madre e della Vergine, il pudore della Vergine e della Madre, la verginità nella Madre che genera e il potere di generare alla Vergine, tutto questo in una stessa persona».

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La notte del 18 dicembre 665 il suo amore per la Vergine fu, senz’ombra di dubbio, corrisposto: ebbe una visione della Madonna nella cappella in cui alcuni chierici Le stavano innalzando degli inni. Nostra Madre si presentò seduta sulla cattedra vescovile e circondata da altre vergini. Dopo avergli fatto un cenno affinché si avvicinasse, rivolse su di lui il Suo sguardo e gli disse: «Tu sei il mio cappellano e notaio fedele. Ricevi questa casula che Mio Figlio ti manda dalla Sua tesoreria». In seguito, la Santissima Vergine lo investì della casula dandogli istruzioni di usarla solamente nei giorni festivi in Suo onore.

Quest’apparizione e la preziosa casula con cui la Vergine lo ossequiò furono prove sufficienti affinché il Concilio di Toledo fissasse una festa speciale per onorarne la memoria. Nonostante sia andata persa la casula originale, nella Cattedrale di Toledo, nella cappella della Discesa, si può ancora venerare la pietra sulla quale la Santissima Vergine posò i piedi quando apparve al nostro celebre vescovo.

Sant’Ildefonso è stato anche il precursore della schiavitù mariana: alcuni dei suoi testi, di grande bellezza e profondità spirituale, esprimono il desiderio del santo di vivere come schiavo di Maria: «Con quanta sollecitudine desidero farmi schiavo di questa Signora, quanto fedelmente mi diletto con il giogo di questa schiavitù, quanto pienamente anelo obbedire ai Suoi ordini, quanto ardentemente desidero non vedermi libero dal Suo dominio, quanto avidamente anelo non vedermi mai lontano dal servirLa». Alcuni secoli dopo, San Luigi Maria Grignion de Montfort e San Massimiliano Maria Kolbe avrebbero fatto conoscere, in modo più esteso, la pratica della schiavitù mariana, nata dal cuore innamorato del santo vescovo toledano. Concludiamo con una meravigliosa preghiera di Sant’Ildefonso: «Ti prego, ti prego, o Vergine santa, che io abbia Gesù da quello Spirito dal quale Tu stessa hai generato Gesù. Riceva l’anima mia Gesù per opera di quello Spirito per il quale la Tua carne ha concepito lo stesso Gesù. Che io ami Gesù in quello stesso Spirito nel quale Tu lo adori come Signore e Lo contempli come Figlio» .

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Sant'Ildefonso da Toledo

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Sant'Ildefonso di Toledo
Presbitero
Santo

El Greco 032.jpg

El GrecoSant'Ildefonso da Toledo (1609), olio su tela; MadridMonastero dell'Escorial
Età alla morte60 anni
NascitaToledo
607
MorteToledo
4 aprile 667
Ordinazione presbiteraleToledo657
Ruoli ricopertiVescovo di Toledo
Venerato daChiesa cattolica e Chiesa ortodossa
Ricorrenza23 gennaio
Patrono dicittà e provincia di Toledo
Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano23 gennaion. 5:
«Toledo in Spagna, sant'Ildefonso, vescovo, che, monaco e priore di un cenobio, fu eletto all'episcopato, scrisse numerosi libri con stile assai raffinato, compose celebri preghiere liturgiche e venerò con mirabile zelo e devozione la beata e sempre Vergine Maria Madre di Dio. »

Sant'Ildefonso di Toledo (Toledo607; † Toledo4 aprile 667) è stato un vescovo e scrittore spagnolo. Fu arcivescovo di Toledo dal 657 sino alla morte; i suoi scritti sono stati pubblicati all'interno della Patrologia Latina. È venerato come santo anche dalla Chiesa ortodossa.

Vita

Nacque nel 607, sotto il regno visigoto di Viterico a Toledo, allora capitale del regno, la sua famiglia era già potente durante l'impero romano, nipote del vescovo Sant'Eugenio III di Toledo[1] che fu suo maestro. Per lo stile dei suoi scritti e per i giudizi emessi nel suo De viris illustribus sui personaggi che menziona, si deduce che ricevette una brillante formazione letteraria.

Dai suoi scritti apprendiamo che fu ordinato diacono (circa 632-633) dal vescovo Eladio[2]. Dall'Elogium, apprendiamo che ancora giovinetto entrò nel monastero agaliense dei santi Cosma e Damiano presso Toledo, contro la volontà dei genitori.

Ildefonso fu molto attaccato a questo monastero, come egli stesso ricorda parlando di Eladio e come si deduce dal De vir. ill. con cui intende esaltare la sede toledana e forse mostrare il ruolo privilegiato che attribuiva al monastero agaliense.

Già monaco fondò un convento di religiose dotandolo con i beni che ereditò e in data sconosciuta, probabilmente attorno al 650, fu eletto abate. Partecipò a tre concili toledani, quello del 646, 653 e 655, dove si firma come abate ma non figura tra i partecipanti in quello tenutosi nel 656.

Morto il vescovo Eugenio III, su forti pressioni da parte della corte visigota, fu eletto vescovo di Toledo nell'anno 657. Nella sua opera si trovano pagine angosciate, redatte nel periodo del suo episcopato, dove parla degli scandali a opera di certi cristiani influenti e falsi, sui conflitti duri con il re, che pure lo stima; e su tanti ecclesiastici troppo indaffarati in affari di Stato. Vi si legge anche il rammarico perché la sua nuova attività gli lascia poco tempo per la usuale attività letteraria e di maestro. Morì il 23 gennaio 667 e fu sepolto nella chiesa dedicata a santa Leocadia di Toledo. Durante l'invasione araba il corpo venne traslato a Zamora, in Castiglia.

Opere

La sua opera letteraria è descritta nel Beati Ildephonsi Elogium di San Giuliano di Toledo, suo contemporaneo e secondo successore sulla cattedra toledana, scritta come appendice[3] al De viris illustribus.

Di quelle recensite dall'Elogium si conservano:

  • De virginitate S. Mariae contra tres infideles ("Sopra la verginità perpetua di Santa Maria contro tre infedeli"). È l'opera più famosa, di stile molto sorvegliato e piena di entusiasmo e devozione mariana. I tre eretici a cui si riferisce sono Gioviniano ed Elvidio, confutati già da san Girolamo e un ebreo anonimo. Questo fa pensare che voglia confutare qualcuno del suo tempo, che, per influenza ebraica, ripeteva gli stessi errori. Consta di un'orazione iniziale e di 12 capitoli. Nel primo, difende contro Gioviniano la verginità di Maria nel concepimento e nel parto; nel secondo, sostiene contro Elvidio che Maria fu sempre vergine; a partire dal terzo, mostra che Gesù Cristo è Dio e l'integrità perpetua di Maria. La sua teologia deriva strettamente da sant'Agostino e sant'Isidoro e costituisce il punto di arrivo della teologia mariana in Spagna. Fu tradotto dall'arciprete di Talavera.
  • Commentario sopra la conoscenza del battesimo (come recensice san Giuliano) o Annotazioni sopra la conoscenza del battesimo (Liber de cognitione baptismi unus), scoperto da E. Baluze e pubblicato nel libro VI della sua Miscelánea (Parigi 1738). È di sommo interesse per la storia del battesimo in Spagna. Scritto con finalità pastorale, espone al popolo semplice la dottrina della Tradizione circa questo sacramento. Diviso in 142 capitoli, nei primi 13 tratta della creazione dell'uomo e del peccato originale; nei capitoli 14-16, del battesimo di Giovanni e del battesimo di Cristo, affermando che solo il secondo perdona i peccati; nei capitoli 17-35, espone come si deve ricevere il battesimo e spiega le cerimonie; nei capitoli 36-95, spiega il Credo, che si deve imparare a memoria (è un prezioso documento per lo studio della storia del Simbolo in Spagna); nei capitoli 96-131, torna sui riti battesimali; nei capitoli 131-137, spiega il Padre nostro; nei capitoli 138-140 tratta dell'Eucaristia e nei capitoli 141-142 spiega la liturgia del lunedì e del martedì di Pasqua come coronazione dei riti dell'iniziazione cristiana. Le fonti principali sono: le Enarrationes in psalmos di sant'Agostino, i Moralia di san Gregorio Magno e le Etimologie di sant'Isidoro.
  • Sopra il progresso del deserto spirituale (De progressu spiritualis deserti), prolungamento dell'opera precedente. Dopo il battesimo, simboleggiato dal passaggio del mar Rosso, l'anima cammina per il Vangelo, come gli israeliti per il deserto. Utilizza eccessivamente l'allegoria.
  • Sopra gli uomini illustri (De viris illustribus), continuazione dell'omonima opera di sant'Isidoro. A differenza di quegli, enumera non solo scrittori, ma anche ecclesiastici illustri per la loro santità o doti di governo. Dei 13 personaggi che sono ritratti, 7 sono toledani. Tuttavia, autori dell'importanza di Braulio di Saragozza o Isidoro di Siviglia, sono appena tratteggiati. Nello stile e nelle notizie dipende da san Girolamo, da Gennadio e da sant'Isidoro. Sebbene quest'opera non sia recensita nell'Elogium, ma è ritenuta autentica.
  • Infine, si conservano due Lettere indirizzate a Quirico di Barcellona. Non si conservano le opere seguenti: Liber prosopopeiae imbecillitatis propriaeOpusculum de proprietate personarum Patris et Filii et Spiritus SanctiOpusculum adnotationum actionis propriaeOpusculum adnotationum in sacris. L'Elogium parla di Messe composte da Ildefonso, inni e sermoni; la tradizione manoscritta gliene attribuisce alcuni, che la maggior parte dei critici ritiene apocrifi.

Per la sua devozione mariana, Ildefonso fu chiamato il "Cappellano della Vergine" nella commedia che, con questo stesso titolo, scrisse Lope de Vega.


AVE MARIA PURISSIMA!

Rafforziamo la nostra FEDE

 





AMDG et DVM

LE 7 SANTE MESSE GREGORIANE: Domine, ne longe, / Nos autem gloriari / In nomine Domini, / Nos autem gloriari, / Requiem aeternam. / Resurrexi, / Gaudeamos,

 


IL GRANDE SALTERIO E 

LE SETTE MESSE GREGORIANE

Tratto da: (Le rivelazione di Santa Geltrude, Libro V, Capitoli 18 e 19)

CAPITOLO XVIII. 

DELL'EFFETTO DEL GRANDE SALTERIO

Mentre la Comunità recitava il salterio, che è soccorso potente alle anime purganti, Geltrude che pregava fervorosamente perchè doveva comunicarsi; chiese al Salvatore per quale motivo il salterio era così vantaggioso alle anime dei purgatorio e gradito a Dio. Le sembrava che tutti quei versetti e orazioni annesse, dovessero generare noia più che divozione.

Rispose Gesù: « L'ardente amore che ho per la salvezza delle anime, fa sì che io dia tanta efficacia a questa preghiera. Sono come un re che tiene chiusi in prigione alcuni suoi amici, ai quali darebbe volentieri la libertà, se la giustizia lo permettesse; avendo in cuore tale eccelsa brama, si capisce come accetterebbe volentieri il riscatto offertogli dall'ultimo dei suoi soldati. Così io gradisco assai quanto mi è offerto per la liberazione di anime che ho riscattate col mio sangue, per saldare i loro debiti e condurli alle gioie a loro preparate da tutta l'eternità. Geltrude insistette: « Ti torna dunque gradito l'impegno che s'impongono coloro che recitano il salterio? ». Egli rispose: « Certamente. Ogni volta che un'anima è liberata da tale preghiera, si acquista un merito come se avessero liberato Me dalla prigione. A tempo debito, ricompenserò i miei liberatori, secondo l'abbondanza delle mie ricchezze ». La Santa chiese ancora: « Vorresti dirmi, caro Signore, quante anime accordi a ciascuna persona che recita l'ufficio? » e Gesù: « Tante quante ne merita il loro amore » Poi continuò: «La mia infinita bontà mi porta a liberare un numero grande di anime; per ciascun versetto di questi salmi libererò tre anime ». Allora Geltrude che, per la sua estrema debolezza non aveva potuto recitare il salterio, eccitata dall'effusione della divina bontà, si sentì in dovere di recitarlo col più grande fervore. Quand'ebbe terminato un versetto, domandò, al Signore quante anime la sua infinita misericordia avrebbe liberato. Egli rispose: « Sono così soggiogato dalle preghiere di un'anima amante, che sono pronto a liberare ad ogni movimento della sua lingua, durante il salterio, una moltitudine sterminata di anime ».

Lode eterna ne sia a Te, dolcissimo Gesù!

 

CAPITOLO XIX. 

SI NARRA DI UN'ANIMA SOCCORSA PER LA RECITA DEL SALTERIO

Un'altra volta che Geltrude pregava per i defunti, scorse l'anìma di un cavaliere, morto circa quattordici anni prima, sotto la forma di una bestia mostruosa, dal cui corpo si rizzavano tante corna quanti peli hanno ordinariamente gli animali. Quella bestia sembrava sospesa sulla gola dell'inferno, sostenuta solo dalla parte sinistra da un pezzo di legno. L'inferno le vomitava contro vortici di fumo, cioè ogni sorta di sofferenze e di pene che le cagionavano tormenti indicibili; essa non riceveva alcun sollievo dai suffragi della Santa Chiesa.

Geltrude, stupita per la strana forma di quella bestia, comprese alla luce di Dio, che, durante la vita, quell'uomo si era mostrato ambizioso e pieno di orgoglio. Perciò i suoi peccati avevano prodotto delle corna talmente dure che gli impedivano di ricevere alcun refrigerio, finchè fosse rimasto sotto quella pelle di bestia.

Il piolo che lo sosteneva, impedendogli di cadere nell'inferno, designava qualche raro atto di buona volontà, che aveva avuto durante la vita; era la sola cosa che, con l'aiuto della divina misericordia, gli aveva impedito di piombare nel baratro infernale.

Geltrude, per divina bontà, sentì una grande compassione di quell'anima, e offerse a Dio in suo suffragio, la recita del Salterio. Subito la pelle di bestia scomparve e l'anima apparve sotto la forma di bambinello, ma tutto coperto di macchie. Geltrude insistette nella supplica, e quell'anima venne trasportata in una casa ove molte altre anime erano già riunite. Là ella mostrò tanta gioia come se, sfuggita al fuoco dell'inferno, fosse stata ammessa in paradiso. Allora aveva capito che i suffragi di S. Chiesa potevano beneficarla, privilegio di cui era stata priva dal momento della morte fino quando Geltrude l'aveva liberata da quella pelle di bestia, conducendola in quel luogo.

Le anime che ivi si trovavano la ricevettero con bontà e le fecero posto fra loro.

Geltrude, con uno slancio del cuore, chiese a Gesù di ricompensare l'amabilità di quelle anime verso l'infelice cavaliere. Il Signore, commosso, la esaudì e le trasferì tutte in un luogo di refrigerio e di delizie.

Geltrude interrogò nuovamente lo Sposo divino: « Quale frutto, o amato Gesù, ritrarrà il nostro Monastero dalla recita del Salterio? ». Egli, rispose: « Il frutto di cui la S. Scrittura dice: « Oratia tua in sinum tuum convertetur La tua preghiera ritornerà nel tuo seno » (Sal. XXXIV, 13). Di più la mia divina tenerezza, per ricompensare la carità che vi spinge a soccorrere i miei fedeli per farmi piacere, aggiungerà questo vantaggio: in tutti i luoghi del mondo, ove si reciterà d'ora in avanti il Salterio, ciascuna di voi riceverà tante grazie, come se fosse recitato solo per lei ».

Un'altra, volta ella disse al Signore: « O Padre delle misericordie, se alcuno, mosso dal tuo amore, volesse glorificarti, recitando il Salterio in suffragio dei defunti, ma, non potesse poi ottenere il numero voluto di elemosine e di Messe, cosa potrebbe offrirti per farti piacere? ». Rispose Gesù: « Per supplire al numero delle Messe dovrà ricevere altrettante volte il Sacramento del mio Corpo, e al posto di ogni elemosina dica un Pater con la Colletta: «Deus, cui proprium est etc., per la conversione dei peccatori, aggiungendo ogni volta un atto di carità». Geltrude aggiunse ancora, in tutta confidenza: « Vorrei pur sapere, o dolce mio Signore, se tu accorderai il sollievo e la liberazione alle anime purganti anche quando invece del Salterio, si recitasse qualche breve preghiera ». Egli rispose: « Gradirò queste preghiere come ii Salterio, però con alcune condizioni. A ciascun versetto del Salterio si dica questa preghiera: « Io ti saluto, Gesù Cristo, splendore del Padre»; domandando prima perdono dei peccati con la preghiera « In unione di quella lode supreme ecc. ». In unione poi all'amore che per la salvezza del mondo mi ha fatto prendere umana carne, si diranno le parole della suddetta, preghiera, che parla della mia vita mortale. In seguito bisogna porsi in ginocchio, unendosi all'amore che mi ha condotto a lasciarmi giudicare e condannare a morte, Io, che sono il Creatore dell'universo, per la salvezza di tutti, e si reciterà la parte che riguarda la mia Passione; In piedi si diranno le parole che salutano la mia Risurrezione e Ascensione, lodandomi in unione alla confidenza che mi ha fatto vincere la morte, risuscitare a salire al cielo, per porre la natura umana a destra del Padre. Poi, supplicando ancora il perdono, si reciterà l'antifona Salvator mundi, in unione alla gratitudine dei Santi i quali confessano che la mia Incarnazione, Passione, Risurrezione sono le cause della loro beatitudine. Come ti dissi bisognerà comunicarsi tante volte quante sono le Messe che il Salterio esige. Per supplire alle elemosine si dirà un Pater con la preghiera Deus cui proprium est, aggiungendo un'opera di carità. Ti ripeto che tali preghiere valgono, al mio sguardo l'intero Salterio».

SPIEGAZIONE DEL GRANDE SALTERIO E 

DELLE SETTE MESSE GREGORIANE

Il lettore sentendo nominarsi il Salterio potrebbe domandare, cos'è e come si recita. Ecco il modo di recitarlo secondo le direttive di S. Geltrude.

Iniziando, dopo d'aver chiesto perdono dei peccati, dite: « In unione a quella lode suprema con la quale la gloriosissima Trinità loda se stessa, lode che scorre poi sulla tua benedetta Umanità, dolcissimo Salvatore, e di là sulla tua gloriosissima Madre, sugli Angeli, sui Santi, per ritornare poi nell'oceano della tua Divinità, ti offro questo Salterio per tuo onore e gloria. Ti adoro, ti saluto, ti ringrazio in nome dell'universo intero per l'amore con cui ti sei degnato farti uomo, nascere e soffrire per noi durante trentatrè anni, patendo fame, sete, fatiche, strazi, oltraggi e restare poi infine, per sempre, nel SS. Sacramento. Ti supplico di unire, ai meriti della tua santissima vita la recita di questo ufficio che ti offro per... (nominare le persone vive o morte per le quali intendiamo pregare). Ti domando il supplire coi tuoi divini tesori a quanto esse hanno trascurato nella lode, nel ringraziamento e nell'amore che ti sono dovuti, cosa pure nella preghiera e nella pratica della carità, o di altre virtù, infine alle imperfezioni e alle omissioni delle loro opere».

Secondariamente dopo d'avere rinnovato la contrizione dei peccati, bisogna porsi in ginocchio e dire: « Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Gesù, per quell'amore col quale ti sei degnato di essere preso, legato, trascinato, calpestato, colpito, sputacchiato, flagellato, coronato chi spine, immolato col supplizio più atroce e trafitto da una lancia. In unione di tale amore ti offro le mie indegne preghiere, scongiurandoti, per i meriti della tua santa Passione e morte, di cancellare completamente le colpe commesse in pensieri, parole e azioni dalle anime per le quali ti prego. Ti domando anche di offrire a Dio Padre tutte le pene e dolori del tuo Corpo affranto, e dell'anima tua abbeverata di amarezza, tutti i meriti che tu hai acquistato sia per l'uno come per l'altra, e tutto presentare al sommo Iddio per la remissione della pena che la tua giustizia deve fare subire a quelle anime».

Terzo, stando in piedi direte direttamente: «Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Signore Gesù Cristo, per l'amore e la confidenza con cui, avendo vinto la morte, hai glorificato il tuo Corpo con la Risurrezione, ponendolo alla destra del Padre. Ti scongiuro di rendere partecipe della tua vittoria e della tua gloria le anime per le quali prego».

Quarto, implora perdono dicendo: « Salvatore del mondo, salvaci tutti, Santa Madre di Dio, Maria sempre Vergine, prega per noi. Noi ti supplichiamo affinchè le preghiere dei santi Apostoli, Martiri, Confessori e delle Sante Vergini ci liberino dal male, e ci accordino di gustare tutti i beni, ora e per sempre. Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Gesù, per tutti i benefici che hai accordati alla tua gloriosa Madre e a tutti gli eletti, in unione di quella riconoscenza con la quale i Santi si rallegrano di avere raggiunto la beatitudine eterna per mezzo della tua Incarnazione, Passione, Redenzione. Ti scongiuro di supplire a quanto manca a queste anime coi meriti della beata Vergine e dei Santi ».

Quinto, recita divotamente e con ordine i centocinquanta salmi, aggiungendo dopo ciascun versetto del salterio questa preghierina: « Io ti saluto, Gesù Cristo, splendore del Padre, principe della pace, porta del cielo; pane vivente, figlio della Vergine, tabernacolo della Divinità ». Alla fine di ciascun salmo dite in ginocchio Requiem aeternam etc. Poi ascolterete piamente o farete celebrare centocinquanta, o cinquanta, o almeno trenta S. Messe. Se non potete farle celebrare vi comunicherete lo stesso numero di volte. Poi farete centocinquanta elemosine oppure vi supplirete con lo stesso numero di Pater seguiti dalla preghiera: « Deus cui proprium est etc. Dio di cui è proprio etc. (preghiera che segue le Litanie dei Santi), per la conversione dei peccatori, e compirete centocinquanta atti di carità. Per atti di carità s'intende il bene fatto al prossimo per amore di Dio: elemosine, buoni consigli, delicati servigi, ferventi preghiere. Questo è il grande Salterio la cui efficacia venne esposta più sopra (cap. XVIII e XIX).

 

Ci pare che non sia fuor di proposito parlare qui delle sette Messe 

che, secondo un'antica tradizione, vennero rivelate al Papa S. Gregorio. Esse hanno una grande efficacia per liberare le anime purganti, perchè si appoggiano ai meriti di Gesù Cristo, che saldano i loro debiti.

In ogni S. Messa bisogna accendere, se possibile, sette candele in onore della Passione e, durante sette giorni, recitare quindici Pater od Ave Maria, fare sette elemosine e recitare un Notturno dell'Ufficio dei defunti. 

La prima Messa è: Domine, ne longe, con la recita della Passione, come nella domenica delle Palme. Bisogna pregare il Signore perché si degni, Lui che si è volontariamente abbandonato nelle mani dei peccatori, liberare l'anima dalla prigionia ch'ella subisce per le sue colpe, 

La Seconda Messa è: Nos autem gloriari con la recita della Passione, come nella terza feria dopo le Palme. Si prega Gesù affinchè, per l'ingiusta condanna a morte, liberi l'anima dalla giusta condanna meritata per le sue colpe. 

La terza Messa: In nomine Domini, col canto della Passione, come nella quarta feria dopo le Palme. Bisogna chiedere al Signore, per la sua Crocifissione e dolorosa sospensione allo strumento del suo supplizio, di liberare l'anima dalle pene a cui si è ella stessa condannata. 

La quarta Messa è: Non autem gloriari, con la Passione Egressus Jesus, come al Venerdì Santo. Si domanda al Signore, per la sua amarissima morte e per la trafittura del suo Costato, di guarire l'anima dalle ferite del peccato, e delle pene che ne sono la conseguenza. 

La quinta Messa è: Requiem aeternam. Si domanda al Signore che, per la sepoltura che ha voluto subire, Lui, il Creatore del cielo e della terra, ritragga l'anima dall'abisso dove l'hanno fatta cadere i suoi peccati. 

La sesta Messa è: Resurrexi, affinchè il Signore per la gloria della sua gioiosa risurrezione, degni purificare l'anima da ogni macchia di peccato e renderla partecipe della sua gloria. 

La settima Messa infine è: Gaudeamos, come nel giorno dell'Assunzione. Si prega il Signore e si domanda alla Madre delle misericordie, per i suoi meriti e le sue preghiere, in nome delle gioie che ricevette nel giorno del suo trionfo, che l'anima, sciolta da ogni legame, voli allo Sposo celeste. Se compirete queste opere per altre persone in occasione della loro morte, la vostra preghiera vi sarà ridonata con doppio merito. Se poi la praticate per voi, mentre siete in vita, sarà molto meglio che attenderle da altri, dopo morte. Il Signore, che è fedele e cerca l'occasione di farci del bene, custodirà Lui stesso quelle preghiere e ve le restituirà a tempo debito « per le viscere della misericordia del nostro Dio, con le quali è venuto a visitarci dall'alto questo sole levante» (Luc. I, 78).

 

CAPITOLO XX . 

COME SI ACCRESCE IL MERITO OFFERTO

Geltrude un giorno offerse a Dio, per l'anima di un defunto, tutto il bene che la bontà del Signore aveva compiuto in lei e per lei. Vide allora questo bene presentato davanti al trono della divina Maestà, sotto la forma di un magnifico dono che sembrava rallegrare Dio ed i suoi Santi.

Il Signore ricevette volontieri quel dono e parve felice di distribuirlo a coloro che erano nel bisogno, e che nulla avevano da loro stessi meritato. Geltrude vide poi che il Signore aggiungeva, nella sua infinita liberalità, qualche cosa alle sue opere buone, affine di restituirgliele poi aumentate, per il decoro della sua eterna ricompensa. Comprese allora che, lungi dal perdere qualche cosa, l'uomo guadagna assai a soccorrere gli altri, con senso di generosa carità.


AMDG et DVM

domenica 31 ottobre 2021

BELLO AFFIDARCI A MARIA, MADRE E REGINA DIVINA


 

  CON L'INVOCAZIONE CHE USAVA SAN BERNARDO:


<< Memorare, o piissima Virgo Maria,

non esse auditum a sæculo,

quemquam ad tua currentem præsidia,

tua implorantem auxilia,

tua petentem suffragia, esse derelictum.

Ego tali animatus confidentia,

ad te, Virgo Virginum, Mater, curro,

ad te venio, coram te gemens peccator assisto.

Noli, Mater Verbi, verba mea despicere;

sed audi propitia et exaudi. >>

AMDG et DVM

TESTO ITALIANO DI UN DOCUMENTO CHE FA LUCE SULLA LETTERA APOSTOLICA Summorum Pontificum di S.S.Benedetto PP.XVI

 PONTIFICIA COMMISSIONE ECCLESIA DEI

ISTRUZIONE
sull’applicazione della Lettera Apostolica
Motu Proprio data
 Summorum Pontificum di
S.S. BENEDETTO PP. XVI

 

I.
Introduzione

1. La Lettera Apostolica, Summorum Pontificum Motu Proprio data, del Sommo Pontefice Benedetto XVI del 7 luglio 2007, entrata in vigore il 14 settembre 2007, ha reso più accessibile alla Chiesa universale la ricchezza della Liturgia Romana.

2. Con tale Motu Proprio il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha promulgato una legge universale per la Chiesa con l’intento di dare una nuova normativa all’uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962.

3. Il Santo Padre, dopo aver richiamato la sollecitudine dei Sommi Pontefici nella cura per la Sacra Liturgia e nella ricognizione dei libri liturgici, riafferma il principio tradizionale, riconosciuto da tempo immemorabile e necessario da mantenere per l’avvenire, secondo il quale "ogni Chiesa particolare deve concordare con la Chiesa universale, non solo quanto alla dottrina della fede e ai segni sacramentali, ma anche quanto agli usi universalmente accettati dalla ininterrotta tradizione apostolica, che devono essere osservati non solo per evitare errori, ma anche per trasmettere l’integrità della fede, perché la legge della preghiera della Chiesa corrisponde alla sua legge di fede" [1].

4. Il Sommo Pontefice ricorda inoltre i Pontefici Romani che, in modo particolare, si sono impegnati in questo compito, specificamente San Gregorio Magno e San Pio V. Il Papa sottolinea altresì che, tra i sacri libri liturgici, particolare risalto nella storia ha avuto il Missale Romanum, che ha ricevuto nuovi aggiornamenti lungo il corso dei tempi fino al Beato Papa Giovanni XXIII. Successivamente, in seguito alla riforma liturgica posteriore al Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI nel 1970 approvò per la Chiesa di rito latino un nuovo Messale, poi tradotto in diverse lingue. Papa Giovanni Paolo II nell’anno 2000 ne promulgò una terza edizione.

5. Diversi fedeli, formati allo spirito delle forme liturgiche precedenti al Concilio Vaticano II, hanno espresso il vivo desiderio di conservare la tradizione antica. Per questo motivo, Papa Giovanni Paolo II con lo speciale Indulto Quattuor abhinc annos, emanato nel 1984 dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino, concesse a determinate condizioni la facoltà di riprendere l’uso del Messale Romano promulgato dal Beato Papa Giovanni XXIII. Inoltre, Papa Giovanni Paolo II, con il Motu Proprio Ecclesia Dei del 1988, esortò i Vescovi perché fossero generosi nel concedere tale facoltà in favore di tutti i fedeli che lo richiedevano. Nella medesima linea si pone Papa Benedetto XVI con il Motu Proprio Summorum Pontificum, nel quale vengono indicati alcuni criteri essenziali per l’Usus Antiquior del Rito Romano, che qui è opportuno ricordare.

6. I testi del Messale Romano di Papa Paolo VI e di quello risalente all’ultima edizione di Papa Giovanni XXIII, sono due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente ordinaria e extraordinaria: si tratta di due usi dell’unico Rito Romano, che si pongono l’uno accanto all’altro. L’una e l’altra forma sono espressione della stessa lex orandi della Chiesa. Per il suo uso venerabile e antico, la forma extraordinaria deve essere conservata con il debito onore.

7. Il Motu Proprio Summorum Pontificum è accompagnato da una Lettera del Santo Padre ai Vescovi, con la stessa data del Motu Proprio (7 luglio 2007). Con essa vengono offerte ulteriori delucidazioni sull’opportunità e sulla necessità del Motu Proprio stesso; si trattava, cioè, di colmare una lacuna, dando una nuova normativa all’uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962. Tale normativa si imponeva particolarmente per il fatto che, al momento dell’introduzione del nuovo Messale, non era sembrato necessario emanare disposizioni che regolassero l’uso della Liturgia vigente nel 1962. In ragione dell’aumento di quanti richiedono di poter usare la forma extraordinaria, si è reso necessario dare alcune norme in materia.

Tra l’altro Papa Benedetto XVI afferma: "Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Messale Romano. Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso" [2].

8. Il Motu Proprio Summorum Pontificum costituisce una rilevante espressione del Magistero del Romano Pontefice e del munus a Lui proprio di regolare e ordinare la Sacra Liturgia della Chiesa [3] e manifesta la Sua sollecitudine di Vicario di Cristo e Pastore della Chiesa Universale [4].

Esso si propone l’obiettivo di:

a) offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell’Usus Antiquior, considerata tesoro prezioso da conservare;

b) garantire e assicurare realmente a quanti lo domandano, l’uso della forma extraordinaria, nel presupposto che l’uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962 sia una facoltà elargita per il bene dei fedeli e pertanto vada interpretata in un senso favorevole ai fedeli che ne sono i principali destinatari;

c) favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa.

II.
Compiti della Pontificia Commissione Ecclesia Dei

9. Il Sommo Pontefice ha conferito alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei potestà ordinaria vicaria per la materia di sua competenza, in modo particolare vigilando sull’osservanza e sull’applicazione delle disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 12).

10. § 1. La Pontificia Commissione esercita tale potestà, oltre che attraverso le facoltà precedentemente concesse dal Papa Giovanni Paolo II e confermate da Papa Benedetto XVI (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, artt. 11-12), anche attraverso il potere di decidere dei ricorsi ad essa legittimamente inoltrati, quale Superiore gerarchico, avverso un eventuale provvedimento amministrativo singolare dell’Ordinario che sembri contrario al Motu Proprio.

§ 2. I decreti con i quali la Pontificia Commissione decide i ricorsi, potranno essere impugnati ad normam iuris presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

11. Spetta alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, previa approvazione da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il compito di curare l’eventuale edizione dei testi liturgici relativi alla forma extraordinaria del Rito Romano.

III.
Norme specifiche

12. Questa Pontificia Commissione, in forza dell’autorità che le è stata attribuita e delle facoltà di cui gode, a seguito dell’indagine compiuta presso i Vescovi di tutto il mondo, con l’animo di garantire la corretta interpretazione e la retta applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, emana la seguente Istruzione, a norma del can. 34 del Codice di Diritto Canonico.

La competenza dei Vescovi diocesani

13. I Vescovi diocesani, secondo il Codice di Diritto Canonico, devono vigilare in materia liturgica per garantire il bene comune e perché tutto si svolga degnamente, in pace e serenità nella loro Diocesi [5], sempre in accordo con la mens del Romano Pontefice chiaramente espressa dal Motu Proprio Summorum Pontificum [6]. In caso di controversia o di dubbio fondato circa la celebrazione nella forma extraordinaria, giudicherà la Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

14. È compito del Vescovo diocesano adottare le misure necessarie per garantire il rispetto della forma extraordinaria del Rito Romano, a norma del Motu Proprio Summorum Pontificum.

Il coetus fidelium (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 5 § 1)

15. Un coetus fidelium potrà dirsi stabiliter exsistens ai sensi dell’art. 5 § 1 del Motu Proprio Summorum Pontificum, quando è costituito da alcune persone di una determinata parrocchia che, anche dopo la pubblicazione del Motu Proprio, si siano unite in ragione della loro venerazione per la Liturgia nell’Usus Antiquior, le quali chiedono che questa sia celebrata nella chiesa parrocchiale o in un oratorio o cappella; tale coetus può essere anche costituito da persone che provengano da diverse parrocchie o Diocesi e che a tal fine si riuniscano in una determinata chiesa parrocchiale o in un oratorio o cappella.

16. Nel caso di un sacerdote che si presenti occasionalmente in una chiesa parrocchiale o in un oratorio con alcune persone ed intenda celebrare nella forma extraordinaria, come previsto dagli artt. 2 e 4 del Motu Proprio Summorum Pontificum, il parroco o il rettore di chiesa o il sacerdote responsabile di una chiesa, ammettano tale celebrazione, seppur nel rispetto delle esigenze di programmazione degli orari delle celebrazioni liturgiche della chiesa stessa.

17. § 1. Per decidere in singoli casi, il parroco o il rettore, o il sacerdote responsabile di una chiesa, si regolerà secondo la sua prudenza, lasciandosi guidare da zelo pastorale e da uno spirito di generosa accoglienza.

§ 2. Nei casi di gruppi numericamente meno consistenti, ci si rivolgerà all’Ordinario del luogo per individuare una chiesa in cui questi fedeli possano riunirsi per ivi assistere a tali celebrazioni, in modo tale da assicurare una più facile partecipazione e una più degna celebrazione della Santa Messa.

18. Anche nei santuari e luoghi di pellegrinaggio si offra la possibilità di celebrare nella forma extraordinaria ai gruppi di pellegrini che lo richiedano (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 5 § 3), se c’è un sacerdote idoneo.

19. I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale.

Il sacerdos idoneus (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 5 § 4)

20. In merito alla questione di quali siano i requisiti necessari, affinché un sacerdote sia ritenuto "idoneo" a celebrare nella forma extraordinaria, si enuncia quanto segue:

a) Ogni sacerdote che non sia impedito a norma del Diritto Canonico è da ritenersi idoneo alla celebrazione della Santa Messa nella forma extraordinaria [7].

b) Per quanto riguarda l’uso della lingua latina, è necessaria una sua conoscenza basilare, che permetta di pronunciare le parole in modo corretto e di capirne il significato.

c) Per quanto riguarda la conoscenza dello svolgimento del Rito, si presumono idonei i sacerdoti che si presentano spontaneamente a celebrare nella forma extraordinaria, e l’hanno usato precedentemente.

21. Si chiede agli Ordinari di offrire al clero la possibilità di acquisire una preparazione adeguata alle celebrazioni nella forma extraordinaria. Ciò vale anche per i Seminari, dove si dovrà provvedere alla formazione conveniente dei futuri sacerdoti con lo studio del latino [8] e, se le esigenze pastorali lo suggeriscono, offrire la possibilità di apprendere la forma extraordinaria del Rito.

22. Nelle Diocesi dove non ci siano sacerdoti idonei, i Vescovi diocesani possono chiedere la collaborazione dei sacerdoti degli Istituti eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, sia in ordine alla celebrazione, sia in ordine all’eventuale apprendimento della stessa.

23. La facoltà di celebrare la Messa sine populo (o con la partecipazione del solo ministro) nella forma extraordinaria del Rito Romano è data dal Motu Proprio ad ogni sacerdote sia secolare sia religioso (cf. Motu Proprio Summorum Pontificum, art. 2). Pertanto in tali celebrazioni, i sacerdoti a norma del Motu Proprio Summorum Pontificum, non necessitano di alcun permesso speciale dei loro Ordinari o superiori.

La disciplina liturgica ed ecclesiastica

24. I libri liturgici della forma extraordinaria vanno usati come sono. Tutti quelli che desiderano celebrare secondo la forma extraordinaria del Rito Romano devono conoscere le apposite rubriche e sono tenuti ad eseguirle correttamente nelle celebrazioni.

25. Nel Messale del 1962 potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi [9], secondo la normativa che verrà indicata in seguito.

26. Come prevede il Motu Proprio Summorum Pontificum all’art. 6, si precisa che le letture della Santa Messa del Messale del 1962 possono essere proclamate o esclusivamente in lingua latina, o in lingua latina seguita dalla traduzione in lingua vernacola, ovvero, nelle Messe lette, anche solo in lingua vernacola.

27. Per quanto riguarda le norme disciplinari connesse alla celebrazione, si applica la disciplina ecclesiastica, contenuta nel vigente Codice di Diritto Canonico.

28. Inoltre, in forza del suo carattere di legge speciale, nell’ambito suo proprio, il Motu Proprio Summorum Pontificum, deroga a quei provvedimenti legislativi, inerenti ai sacri Riti, emanati dal 1962 in poi ed incompatibili con le rubriche dei libri liturgici in vigore nel 1962.

Cresima e Ordine sacro

29. La concessione di usare la formula antica per il rito della Cresima è stata confermata dal Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 9 § 2). Pertanto non è necessario utilizzare per la forma extraordinaria la formula rinnovata del Rito della Confermazione promulgato da Papa Paolo VI.

30. Con riguardo alla tonsura, agli ordini minori e al suddiaconato, il Motu Proprio Summorum Pontificum non introduce nessun cambiamento nella disciplina del Codice di Diritto Canonico del 1983; di conseguenza, negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il professo con voti perpetui oppure chi è stato incorporato definitivamente in una società clericale di vita apostolica, con l’ordinazione diaconale viene incardinato come chierico nell’istituto o nella società, a norma del canone 266 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

31. Soltanto negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei e in quelli dove si mantiene l’uso dei libri liturgici della forma extraordinaria, è permesso l’uso del Pontificale Romanum del 1962 per il conferimento degli ordini minori e maggiori.

Breviarium Romanum

32. Viene data ai chierici la facoltà di usare il Breviarium Romanum in vigore nel 1962, di cui all’art. 9 § 3 del Motu Proprio Summorum Pontificum. Esso va recitato integralmente e in lingua latina.

Il Triduo sacro

33. Il coetus fidelium, che aderisce alla precedente tradizione liturgica, se c’è un sacerdote idoneo, può anche celebrare il Triduo Sacro nella forma extraordinaria. Nei casi in cui non ci sia una chiesa o oratorio previsti esclusivamente per queste celebrazioni, il parroco o l’Ordinario, d’intesa con il sacerdote idoneo, dispongano le modalità più favorevoli per il bene delle anime, non esclusa la possibilità di ripetere le celebrazioni del Triduo Sacro nella stessa chiesa.

I Riti degli Ordini Religiosi

34. È permesso l’uso dei libri liturgici propri degli Ordini religiosi in vigore nel 1962.

Pontificale Romanum e Rituale Romanum

35. È permesso l’uso del Pontificale Romanum e del Rituale Romanum, così come del Caeremoniale Episcoporum in vigore nel 1962, a norma del n. 28 di questa Istruzione e fermo restando quanto disposto nel n. 31 della medesima.

Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, nell’ Udienza concessa il giorno 8 aprile 2011 al sottoscritto Cardinale Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, ha approvato la presente Istruzione e ne ha ordinato la pubblicazione.

Dato a Roma, dalla Sede della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il 30 aprile 2011, nella memoria di san Pio V.

William Cardinale Levada
Presidente

Mons. Guido Pozzo
Segretario

_______________

[1] BENEDETTO XVI, Lettera Apostolica Summorum Pontificum Motu Proprio data, AAS 99 (2007) 777cf. Ordinamento generale del Messale Romanoterza ed. 2002, n. 397.

[2] BENEDETTO XVILettera ai Vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera Apostolica "Motu Proprio data" Summorum Pontificum sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma effettuata nel 1970, AAS 99 (2007) 798.

[3] Cf. C.I.C. can. 838 §1 e §2.

[4] Cf. C.I.C. can. 331.

[5] Cf. C.I.C. cann. 223 § 2; 838 §1 e § 4.

[6] Cf. BENEDETTO XVI, Lettera ai Vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera Apostolica "Motu Proprio data" Summorum Pontificum sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma effettuata nel 1970, AAS 99 (2007) 799.

[7] Cf. C.I.C. can. 900 § 2.

[8] Cf. C.I.C. can. 249; cf. Conc. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 36; Dich. Optatam totius, n. 13.

[9] Cf. BENEDETTO XVI, Lettera ai Vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera Apostolica "Motu Proprio data" Summorum Pontificum sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma effettuata nel 1970, AAS 99 (2007) 797.



DUNQUE, TUTTI A ROMA!


Cari Amici,

si avvicina la festa di Cristo Re, che celebreremo il prossimo 31 ottobre, e, con essa, il Pellegrinaggio Internazionale ad Petri Sedem del Populus Summorum Pontificum, che raggiunge così la sua decima edizione. Come sapete, qualche settimana fa il CISP – il comitato promotore – ne ha confermato il programma, che comprende la celebrazione della S. Messa Pontificale nella Basilica di S. Pietro sabato 30 ottobre.

Anche quest’anno, come nel 2020, il Pellegrinaggio si svolge in un clima particolare.

In primo luogo, stiamo ancora attraversando l’emergenza sanitaria. Se l’anno scorso essa ci costrinse alla sostanziale sostituzione del pellegrinaggio vero e proprio con una celebrazione che lo propose quasi simbolicamente, oggi possiamo riprenderlo in pienezza, anche se nel rispetto delle disposizioni precauzionali tuttora in vigore. L’organizzazione ci comunica che nei prossimi giorni verranno fornite tutte le informazioni necessarie in merito: vi invitiamo, pertanto, a tenere sotto controllo il sito ufficiale dell’evento. Sin d’ora, però, possiamo riferire che per partecipare alle funzioni religiose non sarà necessario il green pass (occorrerà rispettare, però, le note norme sul distanziamento e sull’uso dei presidi di protezione personale).

Quest’anno, poi – ed è questa la seconda particolarità, ma per noi di primaria importanza – il pellegrinaggio si svolge a pochi mesi dalla promulgazione, lo scorso 16 luglio, del Motu Proprio Traditionis Custodes.

Conosciamo bene, e condividiamo, l’apprensione che esso ha ingenerato in tutti i fedeli del Populus Summorum Pontificum. Abbiamo constatato con sollievo che la gran parte dei Vescovi, pur con le inevitabili e dolorose eccezioni, ha sostanzialmente confermato la situazione antecedente, e le celebrazioni della S. Messa tradizionale stanno proseguendo per lo più come prima, conoscendo addirittura, in molti casi, l’incremento del numero dei fedeli che vi assistono. 

Nello stesso tempo, non sono mancati segnali preoccupanti, e proprio in questi giorni emergono all’attenzione dell’opinione pubblica notizie che lasciano talora sconcertati, e che  possono ispirare un senso di smarrimento e di insicurezza.

È proprio questo sentimento di sconforto che i nemici della liturgia tradizionale contano di poter suscitare nel nostro animo, ed è a questo tentativo di demoralizzarci che abbiamo tutti il dovere di reagire oggi più prontamente che mai, con l’aiuto dei nostri Santi protettori e, soprattutto, della Beata Vergine Maria, cui rivolgiamo la nostra fervente preghiera, con le parole ispirate di S. Bernardo di Chiaravalle:

Memorare, o piissima Virgo María, non esse auditum a sæculo, quemquam ad tua currentem præsedia, tua implorantem auxilia, tua petentem suffragia, esse derelictum.

Per questo, oggi più che mai, ci pare attuale l’appello che abbiamo ripetuto con entusiasmo in questi anni:

TUTTI A ROMA!

Tutti a Roma, anche se ci sono in questi strani tempi difficoltà speciali e inusuali; anche se forse non riusciremo a partecipare proprio a tutti gli eventi del pellegrinaggio; anche se dovremo adattarci alle particolari condizioni imposte dalla situazione. Tutti a Roma, anche per poche ore, anche solo nella giornata di sabato, anche solo per la Messa della festa di Cristo Re: perché ora come non mai il Populus Summorum Pontificum deve dare il segno della sua perseveranza, della sua fede, del suo amore per la liturgia tradizionale, della sua ferma volontà di rimanere ben saldo nella Chiesa, e ben radicato nella sua immutabile Tradizione.

A noi, fedeli italiani, cui è dato il dono di una particolare vicinanza, di una contiguità singolare alla tomba dell’Apostolo, tocca in modo speciale la responsabilità di dimostrare che le angustie presenti non ci abbattono e non fanno venir meno il nostro impegno; anzi, lo consolidano e lo rafforzano. Abbiamo il tempo necessario per riempire lo zaino e metterci in cammino. Dunque: tutti a Roma!

AVE MARIA PURISSIMA!