lunedì 5 luglio 2021

Perché andare a Messa

 #BENEDETTOXVIBLOGWORDPRESS

PILLOLE CATTOLICHE DI DON GIULIANO DELLA ROVERE …UN DON DOC !!!


(evitate di leggere se siete cattocomunisti o modernisti o altre allegrezze moderne).

Oggi capita spesso di sentir dire: “Vado a Messa nella parrocchia X, il prete è breve… dice messa in meno di 20 minuti”; oppure: “Vado a Messa da don X perché mi piace l’omelia ed è una messa movimentata…” e altre menate del genere. Così si comprende che tutta la Messa dovrebbe

1. nei feriali avere una durata inferiore ai 20 min;

2. nei festivi avere una durata non superiore ai 30 min.

3. omelie allegre che coinvolgano (ehm… un po di ragione qui c’è!);

4. che il tutto abbia un’animazione da piano bar di bordo piscina o da festa matrimoniale (canti, balli, musica…)

Si comprende, allora, che la percezione di cosa sia la Messa sia caduta profondamente in basso negli ultimi sessant’anni. Infatti, se si chiede ad una nonnina perché si deve andare alla Messa ti rispondeva che “si va perché è lo stesso sacrificio di Gesù per la nostra salvezza”, oggi senti le risposte più svariate senza mai sentire l’essenziale verità cattolica.

Ne ho sentite molte di fesserie. Tutte mi hanno fatto capire che in questi anni, ciò che realmente è scomparso è il sacro… ovvero l’incontro con Dio. Tutta la Messa ha preso una svolta talmente tanto piatta e triste che si è rivoltata nella fiera delle banalità: palloni all’offertorio, Padre nostro con le mani nelle mani l’uno dell’altro; balletti durante il rito, battimani e canzoni demenziali… e non continuo.

A questo ha contribuito l’accentuata percezione della dinamica conviviale, la dimensione antropocentrica priva di sacro del rito Bugniniano e l’incuria di molti sacerdoti nonché l’assenza di silenzio durante il rito che priva la gente della necessaria preghiera per una necessaria “partecipazione fruttuosa (actuosa)”.

La domanda fondamentale, allora, che tutti dovremmo porci è:

Se la Messa è il reale sacrificio incruento di Cristo, che poi ci nutre con il suo Corpo e Sangue, quindi siamo portati ai piedi della croce allo stesso giorno e ora in cui Cristo muore per noi, come ci comporteremmo?

Se il nostro modo di vestire, di comportarci, i telefonini che squillano, e le domande iniziali risultano un fastidio e una offesa a Dio, cerchiamo di evitarle e comportarci allo stesso modo in cui ci comporteremmo ai piedi del Calvario mentre Cristo spira per noi per salvarci dal peccato e renderci giusti dinnanzi a Dio. Solo così comprendiamo che venti minuti sono offensivi dinnanzi alle tre ore di agonia di Cristo per noi e che, la Messa non coincide con l’omelia o con la bravura del prete showman, anzi, queste cose indicano che il centro è l’uomo e non Dio… vanno solo evitate.

Perché andare a Messa (anche se l’omelia è pesante e non si balla)? Perché in quel momento Cristo abbraccia la croce per me, muore per me, mi apre alla conversione attraverso la comprensione del suo amore e mi nutre del suo corpo, caparra di risurrezione.

Se il nostro modo di vestire, di comportarci, i telefonini che squillano, e le domande iniziali risultano un fastidio e una offesa a Dio, cerchiamo di evitarle e comportarci allo stesso modo in cui ci comporteremmo ai piedi del Calvario mentre Cristo spira per noi per salvarci dal peccato e renderci giusti dinnanzi a Dio.

Concilio di Trento (dogmatico)

Can. 1. Se qualcuno dirà che nella Messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto significa semplicemente che Cristo ci viene dato in cibo: sia anatema.

Can. 2. Se qualcuno dirà che con le parole: “Fate questo in memoria di me” [Lc 22,19; I Cor 11,24] Cristo non ha costituito i suoi apostoli sacerdoti o non li ha ordinati perché essi e gli altri sacerdoti offrano il suo corpo e il suo sangue: sia anatema [cf * 1740].

Can. 3. Se qualcuno dirà che il sacrificio della Messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o una semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non un sacrificio propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non deve essere offerto per i vivi e per i morti, per i peccati, le pene, le soddisfazioni e altre necessità: sia anatema [cf *1743].

Can. 4.Se qualcuno dirà che col sacrificio della Messa si bestemmia o si attenta al sacrificio di Cristo consumato sulla croce: sia anatema [cf. *1743].

Can. 5. Chi dirà che celebrare le messe in onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la chiesa intende, è un’impostura: sia anatema [cf. *1744].

Can. 6. Se qualcuno dirà che il canone della Messa contiene degli errori, e che, quindi, bisogna abolirlo: sia anatema [cf *1745].

Can. 7. Se qualcuno dirà che le cerimonie, i paramenti e gli altri segni esterni di cui si serve la chiesa cattolica nella celebrazione della Messa, sono piuttosto provocazioni dell’empietà, che manifestazioni di pietà: sia anatema [cf *1746].

Can. 8. Se qualcuno dirà che le Messe nelle quali solo il sacerdote si comunica sacramentalmente sono illecite e, quindi, da sopprimere: sia anatema [cf 1747].

Can. 9. Se qualcuno dirà che il rito della chiesa romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da condannarsi; o che la Messa deve essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell’offrire il calice l’acqua non deve essere mischiata col vino, perché ciò sarebbe contro l’istituzione di Cristo: sia anatema [cf *1746; *1748s].

Dal CCC

V. Il sacrificio sacramentale: azione di grazie, memoriale, presenza

1356 Se i cristiani celebrano l’Eucaristia fin dalle origini e in una forma che, sostanzialmente, non è cambiata attraverso la grande diversità dei tempi e delle liturgie, è perché ci sappiamo vincolati dal comando del Signore, dato la vigilia della sua passione: « Fate questo in memoria di me » (1 Cor 11,24-25).

1357 A questo comando del Signore obbediamo celebrando il memoriale del suo sacrificio. Facendo questo, offriamo al Padre ciò che egli stesso ci ha dato: i doni della creazione, il pane e il vino, diventati, per la potenza dello Spirito Santo e per le parole di Cristo, il Corpo e il Sangue di Cristo: in questo modo Cristo è reso realmente e misteriosamente presente.

1358 Dobbiamo dunque considerare l’Eucaristia

— come azione di grazie e lode al Padre,

— come memoriale del sacrificio di Cristo e del suo corpo,

— come presenza di Cristo in virtù della potenza della sua parola e del suo Spirito.

Papa Francesco dice: “È stato il primo altare cristiano, quello della Croce, e quando noi ci avviciniamo all’altare per celebrare la Messa, la nostra memoria va all’altare della Croce, dove è stato fatto il primo sacrificio.”

    1. VIENI PRESTO, SIGNORE GESU'

Ricordi del Papa BENEDETTO XVI / luglio 2012

DE  - EN  - ES  - FR  - IT  - PT ]


VISITA AL CENTRO "AD GENTES" DEI MISSIONARI VERBITI A NEMI

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Lunedì, 9 luglio 2012

 

Sono veramente grato per la possibilità di rivedere dopo 47 anni questa casa a Nemi. Ne avevo un ricordo bellissimo, forse il più bel ricordo di tutto il Concilio. Io abitavo nel centro di Roma, nel Collegio di Santa Maria dell’Anima, con tutto il rumore: tutto questo è anche bello! Ma stare qui nel verde, avere questo respiro della natura e anche questa freschezza dell’aria, era già in sé una cosa bella. E poi c’era la compagnia di tanti grandi teologi, con un incarico così importante e bello di preparare un decreto sulla missione.

Ricordo innanzitutto il Generale di quel tempo, padre Schütte, che aveva sofferto in Cina, era stato condannato, poi espulso. Era pieno di dinamismo missionario, della necessità di dare un nuovo slancio allo spirito missionario. E aveva me, che ero un teologo senza grande importanza, molto giovane, invitato non so perché. Ma era un grande dono per me.

Poi c’era Fulton Sheen, che ci affascinava la sera con i suoi discorsi, padre Congar e i grandi missiologi di Lovanio. Per me è stato un arricchimento spirituale, un grande dono. Era un decreto senza grandi controversie. C’era questa controversia, che io non ho mai realmente capito, tra la scuola di Lovanio e quella di Münster: scopo principale della missione è l’implantatio Ecclesiae o l’annunzio Evangelii? Ma tutto convergeva in un unico dinamismo della necessità di portare la luce della Parola di Dio, la luce dell’amore di Dio nel mondo e di dare una nuova gioia per questo annuncio.

E così è nato in quei giorni un decreto bello e buono, quasi accettato unanimemente da tutti i padri conciliari, e per me è anche un complemento molto buono della Lumen gentiumperché vi troviamo un’ecclesiologia trinitaria, che parte soprattutto dall’idea classica del bonum diffusivum sui, il bene che ha la necessità in sé di comunicarsi, di darsi: non può stare in se stesso, la cosa buona, la bontà stessa essenzialmente è communicatio. E questo già appare nel mistero trinitario, all’interno di Dio, e si diffonde nella storia della salvezza e nella nostra necessità di dare ad altri il bene che abbiamo ricevuto.

Così, con questi ricordi ho spesso pensato a questi giorni di Nemi che sono in me, come ho detto, parte essenziale dell’esperienza del Concilio. E sono felice di vedere che la vostra Società fiorisce — il padre Generale ha parlato di seimila membri in tanti Paesi, da tante Nazioni. Chiaramente il dinamismo missionario vive, e vive solo se c’è la gioia del Vangelo, se stiamo nell’esperienza del bene che viene da Dio e che deve e vuol comunicarsi. Grazie per questo vostro dinamismo. Vi auguro per questo Capitolo ogni benedizione del Signore, molta ispirazione: che le stesse forze ispiratrici dello Spirito Santo che ci hanno accompagnato in quei giorni quasi visibilmente siano di nuovo presenti tra voi e vi aiutino a trovare la strada per la vostra Compagnia, così per la missione del Vangelo ad gentes per i prossimi anni. Grazie a voi tutti, il Signore vi benedica. Pregate per me, come io prego per voi. Grazie!


 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana 

sabato 3 luglio 2021

IL VERO VOLTO DI SAN NICOLA, e altro



AMDG et DVM

 

Jacopo Brogi: "In Grecia...




AVE MARIA!

DIECI PERFEZIONI DEL VERO RELIGIOSO e DEL PERFETTO CRISTIANO


 



DEL VERO RELIGIOSO e del perfetto cristiano

La prima perfezione del  buon Religioso  si è che con tutta la premura e con tutte le forze procuri di dolersi dei peccati e li confessi volentieri e senza indugio ; e poi si guardi quanto può e di non ricadere nei medésimi od in altri.

La seconda, che ponga ogni umana creatura sòpra di se, e sé  al disotto. La ragióne si è, perchè óffèndérebbe quel gran Signore,  il quale ha creato ogni cosa, e ci ha cotànto onorati, che per amor nòstro assunse l' umana carne, per la qtiale assunzióne partecipò d'ogni creatura. Per questo motivó àdunqiie il buon Religióso o il perfetto Cristiano devo di 'buon cuòre e con ànimo volénteróso ubbidiré a tutti, non solamente al compagno maggiore o uguale o minore, ma anche ad ogni creatura , secondo che gli sarà permesso. 

La terza, che distacchi il cuor suo da ogni mondana ed umana creatura,  né cérchi o trovi fondamento o radice se non in quello, che gli ha formato il cuòre;  ma si avvézzi a gettare il cuor suo in esso Diò, e a sollevarlo spésso dalle fecce terrene, dimanierachè senza pena ritorni a Cristo ogniqualvolta vorrà, pensando e affezionandosi al creatóre del cuòre; e in ogni luogo e tempo sia intento àll'altisisimo benefattore. Nell'orazioiie o sì renda in colpa de' peccati cómmessi, o desideri e chieda ì beni che gli mancano o ringrazi dei benefizi cnferitigli,  o de' mali e delle tribolazioni che gli avvengono, e creda che il benigno Iddio permette, che gli accadano per castigo de' peccati o mortificazione del corpo.

La quarta, che abbia tanta pazienza , che a colui il quale gli abbia detto o fatto qualche ma- le  si sforzi di voler più beiié, e di amarlo di tutto cuore, e di servirlo più di buon grado con sincera volontà, senza veruna interna amarezza.  Perchè siccome Dio pervera liberalità gli concedeva tutti i beni, così tenga per fermo che egli occultamente permette tutti i mali,  affine di mostrare al peccatóre le sue colpe, e farle ad esso conoscere e avvertire, e  così punire leggermente in questa vita , per non aver a flagellare più duramente nell'eternità. Ami dunque molto colui, che gli ha fatto o ha detto di sé qualche male;  perché per mezzo di lui, come d'un messo, Dio gli concederà, un gran bene; ed esso è come un membro, e ritegno mediante il quale Dio benignamente lo trattiene , onde egli non venga sbalzato nel profondo stesso dell'abisso , o urtato dal mondo , o ingannato dal diavolo ; e come un forbitoio, per mezzo di cui Dio lo pulisce; e come un istrumento o una pialla, con cui Dio lo liscia e perfeziona. 

La quinta, che ami. tutti i buoni, e compatisca tutti i cattivi , e onori tutti e reputi sé più vile di tutti, posponendosi, ancora ai  pessimi stessi. E ciò perché non sa , se il bene che esso fa ^ piaccia a Dio , o se persevererà in quello ; e  similmente ignora il fine a  cui quell'altro possa pervenire. Per questo non giudichi nessuno iin cuor , né dalla sua bocca esca alcun discorso cattivo d'altrui. E quando udirà da taluno dirsi male di qualcuno, scusi costui, o non si rallegri della mormorazione, ma si mostri attristato, e destramente rivolga le parole di chi parla ad altro soggetto.

La sesta, che ami molto la riprensione e il riprensore ; e se colui che riprende , dirà qualche male di esso, conceda tutto; se poi vien lodato il bene che sarà in lui, si scusi, e dica che non fa niente di bene; ritenendo in mente , che Dio opera tutto il bene, e dà altresì la volontà di farlo.

La settima, che di buon grado presti servigio a tutti, e difflcilmente acconsenta d'esser ser- vito da alcuno , reputandosi indegno d'ogni servizio, e si ricordi che, Cristo non venne per esser servito, ma per servire, Pertanto se alcuno lo servirà in qualche bisogno, in cuor suo renda grazie a Dio, che àbbia dato a colui la volontà e il potere di servirlo. 

L'ottava, che procuri di riandar colla memoria tutti i benefizi fatti a sé o a qualsivoglia altra creatura, e di tutti ne ringrazi Dio , e di poi si umilii dicendo: Chi son io, che ringrazio per gli altri, non bastando a ringraziare per la minima parte del bene , che Dio mi ha fatto , e massimamente essendo io una si malvagia crieatura ? E in tal modo si annichili.

La nona, che abbia una sollecita guardia della lingua, che è il compimento di tutti i beni e senza di cui ogni bene si perde: e custodisca la sua lingua non solo dalle parole cattive o nocevoli, false e disoneste, ma anche dalle superflue e vane, che vuotano il cuore di divozione.

La decima ed ultima , che soprattutto guardi che in tutte le sue parole risplenda la verità, la bontà e 1'umiltà ; perchè la parola dell' uomo deve incominciare dalla verità , progredire colla bontà, terminare coll'umiltà, ed esser misurata dalla brevità; perchè « la parola abbreviata fece il Signore sopra la terra (Romani 9, 28). Grazie a Dio.




VIENI PRESTO, SIGNORE GESU'!