domenica 6 dicembre 2020

“Sentir le farfalle nello stomaco”...


L’intestino, un “secondo cervello”

Agisce, ricorda, decide ed è fonte di felicità. Recenti scoperte dimostrano che nel nostro intestino c’è un "secondo cervello", ovvero un sistema nervoso indipendente che è in costante scambio di informazioni con il sistema neuronale situato nel cranio



Gran parte delle nostre emozioni sono condizionate dal nostro intestino. Chi non ha mai usato frasi come, “questa cosa mi è rimasta sullo stomaco”, “questa persona non la digerisco“, “mi è venuta una fitta allo stomaco“, oppure “sento le farfalle nello stomaco” o ancora , “avevo un mal di pancia terribile dalla paura” , “ogni volta che ho un esame mi viene mal di pancia“, “sono così preoccupato che non riesco a mangiare“, “ho una fame nervosa“, e tantissime altre situazioni della nostra vita quotidiana che per stress o felicità sono legate allo stomaco.

Più del 90% della serotonina, l’ormone della felicità, viene prodotta nell’intestino. Lo stomaco ordina che venga sintetizzata quando ci alimentiamo bene. Questo “secondo cervello” ci ricompensa solo quando mangiamo bene, in modo adeguato e introduciamo nell’organismo sostanze nutritive di cui abbiamo bisogno. Al contrario, se stiamo a lungo a digiuno o mangiamo troppo tardi, o troppo poco, o male, iniziamo a sentirci giù di corda e senza energie e possiamo essere molto suscettibili. Inoltre avere lo stomaco vuoto può farci sentire più aggressivi e di cattivo umore rispetto al solito. Questa sensazione si riduce non appena mangiamo qualcosa, perché la serotonina inizia a circolare nel nostro corpo. Già questa cosa fa capire quanto sia stretta la connessione tra cervello e stomaco.

Lo stomaco risente degli stati emotivi

Ad esempio nel trattare gli stati emotivi come la depressione, si dovrebbe tener conto dello stato in cui si trova l’intestino perché quasi il 100 per cento della serotonina del corpo si trova nelle viscere.  Nella pancia si trova un vero e proprio secondo cervello, con importanti funzioni che si riflettono sull’intero organismo che regola le emozioni, i ricordi e il piacere

Michael Gershon, ricercatore della University of Columbia, ha scritto un libro su questo argomento, intitolato “Il secondo cervello“. In questo saggio ci spiega che lo stomaco rappresenta un secondo piccolo “cervello”, costituito da milioni di neuroni, che sono in collegamento diretto con il cervello principale. Gershon, esperto in anatomia e in biologia cellulare, ha elaborato proprio quella che viene definita “teoria dei due cervelli”. Questo interessante e rivoluzionario studio sottolinea il ruolo chiave dei neuroni presenti nell’intestino.

L’intestino non sarebbe, dunque, un organo dal funzionamento periferico adibito soltanto a liberare il nostro corpo dalle scorie, ma un organo dotato di tessuto neuronale autonomo capace di elaborare sensazioni e fissare emozioni come gioia e dolorePrima delle recenti scoperte e ricerche, per lungo tempo, l’intestino è stato considerato una struttura periferica, deputata a svolgere funzioni marginali. La verità è che la nutrizione influenza il nostro pensiero e la nostra mente inconscia in una proporzione addirittura del 90%. Oltre a mostrare un collegamento diretto con lo sviluppo di quasi tutte le malattie.

Malattie e relazione emotiva

Esistono diverse malattie dell’apparato digerente che, secondo gli esperti, hanno una relazione con il piano emotivo. Una di queste è, per esempio, il colon irritabile. Le cause esatte che lo provocano non sono ancora state stabilite, ma sembra che avere uno stile di vita che ci sottopone a continui momenti di stress, ansia o tensione emotiva possa causare gravi danni al nostro intestino o al colon. Questo perché il nostro sistema nervoso centrale è strettamente collegato sia al cervello che all’apparato digerente. Le emozioni possono quindi essere somatizzate: vale a dire, che ogni emozione intensa che proviamo ha una ripercussione fisica sul nostro organismo.

Lo stress, per esempio, genera alcune tossine nel nostro corpo, elementi nocivi che si ripercuotono sullo stomaco. A sua volta, il tessuto neuronale dell’apparato digerente è sensibile alle nostre preoccupazioni.

Sono proprio i malesseri gastrointestinali, secondo un’indagine di Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione) che creano i maggiori fastidi alla maggioranza degli italiani: l’89,6% ha avuto almeno un disturbo a stomaco e intestino, il 57,7% più disturbi diversi. Bruciore di stomaco (36,8%), dolore addominale (32,4%), gonfiore e meteorismo (28,1%), diarrea (27,1%), difficoltà digestive (25,7%) e stitichezza (25,4%) sono quelli più ricorrenti. Lo stress e le abitudini alimentari scorrette sono le cause scatenanti.

L’84,9%, in particolare uomini e over 65, dichiara di soffrire di qualche disturbo intestinale quando mangia troppo (53,4%) o quando mangia male, di fretta, saltando i pasti (13,7%) o se assume pochi vegetali (17,8%). Le preoccupazioni (37,0%), i momenti di difficoltà (28,3%) e, più in generale, la frenesia della vita di tutti i giorni generano malesseri a stomaco e intestino per il 78,3% degli intervistati e in percentuale maggiore per le donne l’88,4%.

Tutti questi fastidi dipendono dalla comunicazione e dall’equilibrio tra cervello e intestino. il sistema gastroenterico è il solo organo a contenere un sistema nervoso. Nella pancia troviamo il tessuto neuronale autonomo in grado di mediare i riflessi in completa assenza di input dal cervello o dal midollo spinale, quindi in totale autonomia. E non a caso le cellule dell’intestino, come abbiamo detto, producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere. L’intestino rilascia serotonina in seguito a stimoli esterni, come immissione di cibo, ma anche suoni o colori. E a input interni: emozioni e abitudini.

Quando si mangia un cibo gustoso l’intestino libera i suoi ricettori e aumenta la presenza di serotonina, rendendola disponibile a livello cerebrale e favorendo così anche la sensazione di piacere e benessere associata al consumo di quel particolare alimento. Secondo lo stesso meccanismo, in presenza di una infiammazione in sede intestinale, viene prodotto un eccesso di serotonina che, da un lato induce la comparsa di disturbi gastrointestinali, dall’altro attiva a livello cerebrale un enzima che demolisce la serotonina, influenzando negativamente il nostro umore. Stomaco e intestino sono un vero e proprio “secondo cervello” che risente dei nostri stili di vita e del quale dobbiamo imparare a prenderci cura

La serotonina è coinvolta in numerose e importanti funzioni biologiche: ciclo sonno-veglia, desiderio sessuale, senso di fame/sazietà, umore e peristalsi. Avere un livello di serotonina bassa può comportare disturbi dell’umore, problemi di natura sessuale, problemi a dormire, problemi a defecare, accentuare l’ansia e contribuire a stati depressivi. Avere uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata è tanto importante quanto riuscire a gestire nel modo adeguato le situazioni di stress e le nostre emozioni.

Fonti: https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/17_novembre_24/tra-stomaco-cervello-c-rapporto-molto-stretto-4e94e834-d0fa-11e7-a924-c9d9ad888b7b_amp.html

https://www.tagmedicina.it/2020/01/27/lintestino-un-secondo-cervello-fonte-felicita-1ma-parte/

AMDG et DVM

Di
 Claudia Rosa28 Ottobre 202

Novena all'Immacolata Concezione - Ottavo Giorno.

 


Ottavo giorno di Novena all'Immacolata Concezione con riferimenti valtortiani.

'Maria era la Tutta Santa e portava il Santo dei santi.'

   Cari amici e amiche in Cristo nostro Signore, mi è lieto parteciparvi questa bella Novena in onore dell'Immacolata Concezione, condivisa da Padre Giulio Maria Scozzaro, alla quale, dopo la parte dedicata a ciascun giorno, abbiamo aggiunto un capitolo valtortiano pertinente.
   Sosteniamola con fede vera e sperimentiamo la Potenza commista all'infinita Dolcezza, che solo nella Vergine SS trovano una celestiale, inarrivabile e rassicurante simbiosi, che non spaventa, ma avvicina ed invita a fruire dei Meriti del Redentore attraverso i Veli candidissimi e mitissimi della Corredentrice Eterna nostra.

Ave Maria!

   (L'introduzione e la preghiera iniziale si ripetono ogni giorno)

   1. Introduzione

   Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

   Vieni Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco del Tuo amore.

   V. Manda il Tuo Spirito, Signore, e tutto sarà ricreato.

   R. E rinnoverai la faccia della terra.

   Preghiamo.

   O Dio, che con il dono dello Spirito Santo guidi i fedeli alla piena luce della verità, donaci di gustare nel medesimo tuo Spirito la vera sapienza e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

   2. Preghiera iniziale

   Vergine purissima, concepita senza peccato, tutta bella e senza macchia dal primo istante, Ti venero oggi sotto il titolo di Immacolata Concezione. Il Tuo Divino Figlio mi ha insegnato, attraverso la sua stima, rispetto e sottomissione a Te, quali onori e omaggi io Ti dovrei prestare. Tu sei il rifugio sicuro dei peccatori pentiti e per questo ricorro a Te, attraverso questa novena. Sei la Madre di Misericordia cui presento le mie miserie e Ti chiedo di aiutarmi, poiché, dopo Gesù, sei tutta la mia speranza.
   
Con la Tua intercessione materna, Madonna piena di bontà e potere presso il Signore, Ti supplico di farmi ottenere ... (indicare la Grazia spirituale o materiale). Se ciò che Ti chiedo non è per la gloria di Dio ed il bene della mia anima, fammi avere quello che sia più conforme a entrambi. Amen!

8° GIORNO

   O PADRE MISERICORDIOSO

   O Padre di misericordia, datore di ogni bene, noi Ti ringraziamo perché dalla nostra stirpe umana hai eletto la Beata Vergine Maria ad essere Madre del Figlio tuo fatto Uomo. Ti ringraziamo perché L’hai preservata da ogni peccato, L’hai riempita di ogni dono di Grazia, L’hai congiunta all’opera di redenzione del tuo Figlio e l’hai Assunta in Anima e Corpo al Cielo.
   Ti preghiamo, per sua intercessione, di poter realizzare la nostra vocazione cristiana, di crescere ogni giorno nel tuo Amore e di venire con Lei a godere per sempre nel tuo Regno beato. Amen,

   7 Ave Maria


Dai Quaderni di Maria Valtorta, 28 novemvre 1943

   Dice Gesù:
  «Segno caratteristico della mia nascita al mondo fu la luce. Molte volte i fatti sono caratterizzati da fenomeni che voi chiamate e spiegate come fortuite coincidenze ed invece sono i presagi, i richiami di Dio per attirare la vostra attenzione, sviata dietro a mille più o meno necessarie cose, su un fatto che segnerà un’epoca nella storia del mondo o nella vita di un individuo.
   Io ero la "Luce" e la luce mi precedette, mi circondò, mi annunziò, mi condusse, e a Me condusse i puri di cuore.
   Ti ho detto1 che pareva che una luce emanasse da Maria mentre, sul povero mezzo dei poveri, passava raccolta sulle vie della Palestina. Ti ho detto altre volte2 che chi ha in sé Dio non solo spiritualmente emana vibrazioni di luce e profumo, poiché l’interno Tesoro si effonde dalla teca viva che lo porta ed è percepibile agli altri esseri. Voi dite allora: "Costui ha in sé qualcosa che è speciale. Che volto! Che modi! Di santo". 
   Maria era la Tutta Santa e portava il Santo dei santi. Possedeva perciò la perfezione della santità umana già talmente indiata da essere quasi uguale a quella del suo Dio. Possedeva la Perfezione divina che si era vestita di carni chiedendole di nutrirla del suo sangue vergine, di formarla, di esserle rifugio per i nove mesi della sua formazione d’uomo.
   Dio si nutriva di Maria. Dio-Uomo è fatto di Maria, e della mia soavissima Madre io ho preso le caratteristiche fisiche e morali di dolcezza, di mitezza, di pazienza. il Padre mi ha lasciato la Perfezione, ma io ho voluto assumere, della Benedetta che è stata il mio casto nido, la veste fisica e la più preziosa veste morale del carattere.
   Essendo Maria la più santa di quante creature abbia avuto la Terra emanava la santità non più come vaso chiuso da cui filtrano molecole di profumo, ma come astro acceso sprigionante eteri e raggi di soprannaturale potenza.
   Se il Battista trabalzò nel seno della madre sua ricevendo l’onda della Grazia emanante da Maria e ne rimase santificato, tanto potente era stata l’emanazione da superare le barriere della carne oltre la3 quale il frutto di Zaccaria e di Elisabetta si formava per essermi evangelizzatore (Vangelo vuol dire "buona novella" e Giovanni dette agli uomini la "buona novella" del mio essere fra gli uomini, dunque non erro a chiamarlo mio evangelizzatore. Ciò per i cavillatori della parola) coloro che avvicinavano Maria direttamente non potevano rimanerne senza ripercussione.
   Lasciò dietro a Sé una scia di santità operante e, solo che i cuori non respingessero la Grazia, gli avvicinati divennero dei predestinati alla santità. Quando tutto sarà cognito dell’uomo, vedrete che nei primi seguaci del Figlio di Maria sono molti di quelli che ebbero con Lei anche casuale rapporto e rimasero lavati e penetrati dalla Grazia che da Lei s’effondeva. Molti prodigi conoscerete, allora, operati dalla mia Tutta bella e Tutta grazia.
   Maria converte ora i cuori più duri e salva i peccatori più ostinati, ma non si è iniziato il ciclo del suo potere dal giorno in cui - Stella che risale ai Cieli - Ella assurse a riposarsi nuovamente sul mio Cuore ed a fare più bello per Me il Paradiso, a farlo completo perché ora vi era Lei, la Mamma che ho amato infinitamente ed alla quale tutto devo, come uomo, in compenso di tutto quanto da Lei ho avuto. La santificazione delle genti attraverso Maria si iniziò dal momento in cui lo Spirito la fece Madre e il Figlio di Dio prese carne nel suo beatissimo seno.


   Saturo di questa emanazione sino ad esserne fatto quasi simile alla Piena di grazia, era Giuseppe. Lacrime beate scendevano al Giusto per la gioia che lo inondava, mistica gioia di contemplatore che sta curvo sopra un miracolo di manifestazione di Dio. Adorazione e silenzio furono le caratteristiche di Giuseppe santo. Rispetto venerante per la Beata di cui egli era il naturale protettore. E amore.
   Il primo amore casto di coniuge, l’amore quale doveva essere quello degli uomini secondo il pensiero del Creatore: amore senza aculeo di senso e senza fango di malizia. Un amore naturale e angelico insieme poiché nell’anima di Adamo e dei figli di lui, secondo il pensiero creativo, doveva essere la purezza angelica dello spirito commista alla tenerezza umana, e come fiore che sboccia senza peccato dallo stelo che lo porta così doveva, senza verme di libidine, sorgere l’amore nei coniugi e dare dei figli ai talami casti.
   Esser casti non vuol dire interdirsi il coniugio. Vuol dire compierlo pensando a Dio che fa di due animali ragionanti due creatori minori e, come Dio creò senza mettervi pensiero di malizia il maschio e la femmina e non pose nella loro pupilla luce di carne per svelare agli innocenti la carne, così i coniugi dovrebbero fare del matrimonio una santa creazione allietata di culle, ma non sporcata da libidine.


   Il coniuge onesto e santamente amoroso cerca divenire simile all’altro coniuge, poiché chi ama tende a prendere somiglianza della creatura amata, onde il matrimonio bene inteso è elevazione reciproca, perché non vi è alcuno completamente perfido e basta migliorare ognuno un punto prendendo ad esempio il buono dell’altro per salire in mutua gara la scala della santità. Come pianta che getta un ramo più alto del precedente e sale, sale verso  l’azzurro, così è la santità coniugale individuale. Oggi è una virtù. Domani da questa virtù ne rampolla un’altra sempre più alta, e dalle umane virtù di sopportazione reciproca si sale alle vette della eroicità soprannaturale.


   Giuseppe, coniuge santo e casto della Santa e Casta, come bambino presso la maestra imparava giorno per giorno la scienza d’essere simili a Dio e, poiché nel suo cuore di giusto nulla era ostacolo alla Grazia, giorno per giorno della sua Maestra amata egli prendeva somiglianza, somigliando così a Dio di cui Maria era la più perfetta copia.
   Nella notte santa, ciò che riscosse Giuseppe, orante con una tale forza da giungere4 sino a circondarsi di una mistica barriera isolante l’anima dall’esterno fu la luce.
   Nella grotta, prima appena rischiarata da un focherello di sterpi che già languiva per mancanza di alimento, s’era diffusa una luce pacata che aumentava gradatamente quasi chiarore di luna che, prima coperta da veli di nuvole, poi se ne libera e scende schietto a fare d’argento la Terra.


   Nella luminosità era Maria, ancora inginocchiata - poiché io nacqui mentre Ella orava - ma ribassata sulle sue calcagna. Era Maria che con lacrime e sorrisi baciava la mia Carne d’infante.
   Non molte parole anche ora: la solita: "Giuseppe!", e la presentazione a lui del Frutto delle sue viscere sante.
   La Famiglia era la prima redenta da Dio. Ricostruita quale l’Eterno l’aveva pensata. Due che si amano santamente e che santamente si ritrovano curvi su un neonato e nel bacio che si scambiano su quella cuna non v’è sapore di lussuria ma mutua gratitudine e mutua promessa di amarsi di amore scambievole che aiuta e conforta.
   Quando i primi pastori entrarono, trovarono ancora i due Santi uniti così dall’amore e dall’adorazione e pareva Giuseppe, uomo maturo, il padre della Vergine e del Pargolo, tanto nel suo aspetto era visibile quella tenerezza scevra di carnalità che, disgraziatamente, non si vede che nell’occhio di un padre.


   La Luce era ormai sulla Terra e dai Cieli aperti la luce scendeva a ondate di angeli annullando col suo paradisiaco splendore la luminosità degli astri della notte serena. Non fu percepita dai dotti, dai ricchi, dai sazi di piaceri, ma fu diana agli umili lavoratori che compievano il loro dovere.
   Sempre sacro il dovere, quale che sia. Il dovere del re che firma i decreti non è più alto di quello del contadino che ara la terra o del mandriano che veglia sul gregge. È il Dovere. È la Volontà di Dio. Perciò è sempre nobile. Perciò consegue lo stesso premio o lo stesso castigo soprannaturale. E non sarà portare corona o tenere vincastro che vi salverà dal castigo o vi negherà il premio. A chi fa il proprio dovere, facendo così la Volontà Santissima, Dio si manifesta e lo prende a testimonio dei suoi prodigi.


   E ai pastori fu manifestato Dio e i pastori5 furono chiamati a testimonio del prodigio di Dio. Nella luce divenuta ormai sfolgorante perché tutto il Cielo era sulla e nella grotta, l’Emmanuele fu visibile ai secondi redenti della Terra: ai lavoratori. Poiché Dio è venuto a santificare il lavoro dopo la Famiglia. Il lavoro dato come maledizione all’uomo dopo la colpa d’Adamo, diveniva benedizione dal momento che il Figlio di Dio volle divenire lavoratore fra gli uomini.
   La Luce era venuta nel mondo. E non bastava la grotta meschina, non la limitata campagna di Betlemme, a contenerla. La Luce si sparse ad oriente e occidente, ad austro e a meridione.
Non ai gozzovigliatori parlò col suo apparire non disse parole ai gaudenti col suo vibrare. Parlò a coloro che, puri di cuore e anelanti alla Verità, umiliavano la mente coltissima ai piedi di Dio e si sentivano atomi davanti alla sua Santità.


   Ai potenti che della potenza si facevano strumento di spirituali conquiste si mostrò la Luce, e li chiamò ad adorarla con uno sfavillio che riempì i quattro punti del firmamento. Ai potenti, perché Dio è venuto per santificare i Potenti dopo i Lavoratori e la Famiglia, e coi potenti la Scienza. Ma non ai potenti malvagi e agli scienziati atei si manifesta Iddio e li copre di benedizioni, ma a coloro che del dono della potenza e della scienza si fanno un mezzo di elevazione soprannaturale, non di sopraffazione o di negazione.
   Dio è Re anche dei re e Dio è Maestro anche dei maestri. La Luce trovò molti maestri sulla Terra, ma solo ai maestri desiderosi di Dio la Luce divenne richiamo.È sempre cosi. La Grazia opera là dove è desiderio di possederla e tanto più opera, sino a divenire Parola Presenza, quanto più è vivo il desiderio del possesso d’esser posseduti.
   Davanti al Re dei re, guidati dall’unica cosa che è degna di esser traccia a Dio:
la luce, vennero dalle remote contrade i potenti, primo scaglione degli infiniti che nei secoli dei secoli avrebbero intrapreso la mistica marcia per andare verso Dio. Non ai potenti di Palestina, non a coloro che si credevano depositari dei segreti e dei decreti di Dio - e tali decreti e segreti erano6 per loro resi incomprensibili perché non era santità in loro, e i segni del Cielo e le parole del Libro erano semplici meteore e semplici parole senza più significato soprannaturale - ma ai lontani.


   Ero venuto Luce nel mondo. Luce per il mondo. Luce al mondo. Chiamavo il mondo alla Luce. Tutto il mondo.
E lo chiamo. Lo chiamo da venti secoli, senza soste. Sulle vostre tenebre non cesso di fare risplendere la mia Luce. Se sapeste innalzarvi oltre la barriera di caligine che avete sparsa sul mondo, vedreste il Sole divino sempre sfolgorante benigno sugli uomini, su tutti gli uomini.
   Né è da stupirsi se vi precedono ormai quelli che sono i più lontani da Roma cattolica. Gaspare, Melchiorre, Baldassarre, da tre punti della Terra sul paziente dorso dei cammelli vennero alla Luce del mondo non vista dai compatrioti del Figlio di Maria. Africani, asiatici, australi, vengono alla Croce che voi avete respinta. E vi sorpasseranno. Nell’ultimo giorno, quando il tempo e gli uomini saranno illuminati in ogni punto e lato, si vedrà la ingrata lacuna lasciata da voi cattolici da secoli, mentre gli altri: idolatri e eretici, affascinati dal Cristo, Signore Santo, saranno affluiti con le loro anime fatte vergini dalla Grazia.


   Quanti moti tenebrosi nel mondo civile! È la vostra vergogna e il vostro castigo. Mai avreste dovuto e mai dovreste permettere che la Luce data a voi per i primi fosse da voi respinta e rinnegata. Le tenebre vi uccidono e non le volete abbandonare. Da esse vengono, come gli odiosi animali della notte, tutti i mali che vi tormentano e si pascono del vostro sangue, del vostro tormento.
   Non mi volete più. Non mi comprendete più. Non mi conoscete più. Neppure quelli della "mia casa" mi conoscono più. Ed Io stento a conoscere loro, tanto li hanno imbruttiti le molte malattie della carne e della mente.
   Ma, in questa prima domenica d’Avvento che annuncia la venuta della Luce al mondo, io ve ne prego, o figli,7se non osate più guardare a Me Redentore e Giudice perché alla vostra anima avvilita il Dolore fa paura e la Giustizia terrore, guardate a Me, piccolo infante sul seno di Maria. Non può un pargolo avere altro che carezze e sorrisi. E questi ho per voi.
   Pietà della mia nudità e della mia povertà. Non di vesti e di denaro, ma di amore. Dell’amore vostro. Non voglio oro, non incenso. Voglio solo l’amore vostro. Lo voglio perché amarmi e conoscermi è Vita e Verità. Come Maria mi ha generato per opera dell’Amore, così Io vi voglio generare per mezzo dell’amore. Il mio è vivo e operante, ma occorre anche il vostro.


   Venite a Me e accoglietemi in voi. Aprirò in voi torrenti di Luce e di Grazia e vi farò divenire figli di Dio come Io sono. Benedetti quelli che la mia Luce accolgono. Io sarò in loro. Io abiterò in loro, nel loro spirito. Poiché il Verbo non ha bisogno di dimore di creta, ma di dimore vive: gli spiriti degli uomini vuole Egli per sua abitazione.
   La gloria di Dio è svelata a coloro che mi accolgono, poiché ove Io sono è Meco il Padre e lo Spirito, e la gloria del Signore si disvela piena e letificante ad essi, e la Grazia è la loro vita e, come il sole dall’alto del cielo, la Paternità, la Fratellanza, la Carità divina sono su di loro e danno anticipi di beatitudine.
   Maria nella sua luminosità estatica mi offre al vostro amore. Curvate la fronte all’Amore fatto carne. Egli ha lasciato i Cieli per portarvi ai Cieli. È venuto nella guerra per portarvi la Pace

   
   All’anima mia da tre giorni si sono aperti i fiumi dell’estasi e gioisco della visione oltre che della parola. Ho l’anima fatta candore e luce, perché il candore della Madre Vergine e la Luce sono in me.
   Gloria a Dio per la sua bontà che concede alla sua serva di vedere ciò che hanno visto gli angeli e che inonda della sua Pace l’anima mia.
   La radio trasmette in questo momento l’"Agnus Dei" della messa domenicale.
Ma io ho visto l’Agnello appena nato dormente nel grembo del Candore... ed è più bello della più bella musica...

 

   1 Nel dettato del 27 novembre, pag. 395.

   2 Ad esempio, nei dettati del l0 giugno (pag. 26) e del 30 settembre (pag. 245). 

   3 la è nostra correzione da il 

   4 con una tale forza da giungere essendo parole aggiunte, vengono dalla scrittrice richiamate e ripetute in calce per 

maggiore chiarezza.

   5 i pastori è aggiunto da noi.

   6 erano è nostra correzione da avevano 

   7 Precede un ma che omettiamo.


Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, 

noi ci affidiamo a Te!

sabato 5 dicembre 2020

Dice Gesù: «L’Eucarestia è il mio Sangue e il mio Corpo. Ma avete mai riflettuto che quel Sangue a quel Corpo sono stati formati col sangue e il latte di Maria? - SETTIMO GIORNO DELLA NOVENA ALL'IMMACOLATA.


 

Settimo giorno della Novena all'Immacolata Concezione con riferimenti valtortiani.


"A chi ancora crede, nel mondo, Io dico: “La salvezza del mondo è in Maria"

   Cari amici e amiche in Cristo nostro Signore, mi è lieto parteciparvi questa bella Novena in onore dell'Immacolata Concezione, condivisa da Padre Giulio Maria Scozzaro, alla quale, dopo la parte dedicata a ciascun giorno, abbiamo aggiunto un capitolo valtortiano pertinente.
   Sosteniamola con fede vera e sperimentiamo la Potenza commista all'infinita Dolcezza, che solo nella Vergine SS trovano una celestiale, inarrivabile e rassicurante simbiosi, che non spaventa, ma avvicina ed invita a fruire dei Meriti del Redentore attraverso i Veli candidissimi e mitissimi della Corredentrice Eterna nostra.

Ave Maria!

   (L'introduzione e la preghiera iniziale si ripetono ogni giorno)

   1. Introduzione

   Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

   Vieni Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco del Tuo amore.

   V. Manda il Tuo Spirito, Signore, e tutto sarà ricreato.

   R. E rinnoverai la faccia della terra.

   Preghiamo.

   O Dio, che con il dono dello Spirito Santo guidi i fedeli alla piena luce della verità, donaci di gustare nel medesimo tuo Spirito la vera sapienza e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

   2. Preghiera iniziale

   Vergine purissima, concepita senza peccato, tutta bella e senza macchia dal primo istante, Ti venero oggi sotto il titolo di Immacolata Concezione. Il Tuo Divino Figlio mi ha insegnato, attraverso la sua stima, rispetto e sottomissione a Te, quali onori e omaggi io Ti dovrei prestare. Tu sei il rifugio sicuro dei peccatori pentiti e per questo ricorro a Te, attraverso questa novena. Sei la Madre di Misericordia cui presento le mie miserie e Ti chiedo di aiutarmi, poiché, dopo Gesù, sei tutta la mia speranza.
   
Con la Tua intercessione materna, Madonna piena di bontà e potere presso il Signore, Ti supplico di farmi ottenere ... (indicare la Grazia spirituale o materiale). Se ciò che Ti chiedo non è per la gloria di Dio ed il bene della mia anima, fammi avere quello che sia più conforme a entrambi. Amen!



   7° GIORNO

   RICORDATI DEI TUOI FIGLI

   O Vergine Maria, Madre della Chiesa, a Te raccomandiamo la Chiesa tutta. Tu che sei chiamata “aiuto dei Pastori”, proteggi e assisti i Vescovi nella loro missione apostolica, e quanti, Sacerdoti e religiosi, laici, li aiutano nella loro ardua fatica.
   Ricordati di tutti i tuoi figli; avvalora presso Dio le loro preghiere; conserva salda la loro fede; fortifica la loro speranza; aumenta la carità.
   Ricordati di coloro che versano nelle tribolazioni, nelle necessità, nei pericoli; ricordati di coloro soprattutto che soffrono persecuzioni a causa della fede.

 

Dai Quaderni di Maria Valtorta, 4 luglio 1943

    Dice Gesù
   «L’Eucarestia è il mio Sangue e il mio Corpo. Ma avete mai riflettuto che quel Sangue a quel  Corpo sono stati formati1 col sangue e il latte di Maria? Ella, la Purissima che accolse il Cielo nel suo grembo vestendo delle sue carni di candore immacolato il Verbo del Padre dopo le nozze divine con lo Spirito Santo, non s’è limitata a generare il Salvatore. L’ha nutrito del suo latte. Onde voi, uomini che di Me vi cibate, succhiate il latte di Maria che è divenuto sangue in Me.

   Il latte verginale. Come potete dunque rimanere così sovente schiavi della carne se scende in voi, insieme al mio Sangue, questo latte immacolato? È come se una fontana di purezza celeste riversasse in voi i suoi flutti. E non ne restate mondi? Come potete essere così quando in voi circola il latte della Vergine e il Sangue del Redentore? Quando vi accostate alla mia Mensa è come se accostaste la vostra bocca al seno castissimo della Madre.

   Pensatelo, figli che poco ci amate. Io sono contento che succhiate a quel seno da cui ho tratto alimento. Ma vorrei che, come pargoli nutriti a un seno, in voi aumentasse la vita, vorrei cresceste e vi irrobustiste. Il latte della nutrice trasfonde oltre la vita materiale, tendenze morali. Come potete voi, nutriti a quel seno purissimo, non prendere somiglianza spirituale di Maria? Ella vi stringe al seno, così macilenti, malati, sporchi come siete. E vi deterge, vi nutre, vi porta dal suo Primogenito perché vuole che lo amiate.

   Se non fosse per le cure di Maria, per le preghiere di Maria, la razza umana non sarebbe più.
   L’avrei cancellata perché veramente il vostro vivere ha toccato il profondo del Male e la Giustizia è ferita, e la Pazienza è colmata, e la Punizione è pronta. Ma c’è Maria che vi ripara col suo manto, e se Io posso, con un volger di sguardo, far prostrare il Paradiso e tremare gli astri, non posso nulla contro mia Madre.
Sono il suo Dio, ma sono sempre il suo Pargolo. Su quel Cuore mi sono riposato nel primo sonno d’infante e nell’ultimo della morte, e di quel Cuore so tutti i segreti. So dunque che punirvi sarebbe dare un trafiggente dolore alla Madre del genere umano, alla Madre vera, che sempre spera potervi condurre al Figlio suo.

Sono il suo Dio, ma Ella è mia Madre. Ed Io, perfetto in tutto, vi sono Maestro anche in questo: nell’amore per la Madre. A chi ancora crede, nel mondo, Io dico: “La salvezza del mondo è in Maria".
   Se sapeste come Dio si ritira nel profondo, davanti alla sempre più montante marea dei delitti che commettete, voi deicidi, voi fratricidi, voi violatori della legge, voi fornicatori, voi adulteri, voi ladri, voi sentina di vizi, ne tremereste. Ma siete divenuti stolti.

   Prima ero Io che ero ponte fra il mondo e il Cielo. Ma veramente, davanti alla vostra pertinacia nel Male, il Cristo si ritira come un tempo da Gerusalemme poiché "l’ora non è ancora venuta" e il Cristo, in attesa dell’ora, vi lascia al vostro Male perché lo compiate.
   Ora, unico ponte resta Maria. Ma se dispregiate Essa pure, sarete schiacciati. Non permetto sia vilipesa Colei in cui lo Spirito Santo discese per generare Me, Figlio di Dio e Salvatore del mondo.»

 

   sono stati formati è nostra correzione da è stato formato

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, 

noi ci affidiamo a Te!

LA PREGHIERA DEL CUORE



 INTRODUZIONE a JEAN LAFRANCE:

LA PREGHIERA DEL CUORE

Al lettore che si accosta a queste pagine vorrei porre una domanda: “Hai mai sorpreso il tuo cuore in flagrante mentre sta pregando?”. 

Quella che sto evocando qui è un’esperienza molto concreta. L’abbiamo già fatta tutti, prima o poi, nella vita, sia grazie all’incontro con un autentico uomo di preghiera, sia per aver letto un libro che ci ha immersi d’un tratto nel mistero della relazione dell’uomo con Dio. Gli scritti di Silvano dell’Athos a me fanno questo effetto: non posso leggerli senza essere subito afferrato da una preghiera che non mi lascia più. Una madre di famiglia mi confidava qualche tempo fa di essere colta da improvvise “vampate di preghiera” nel bel mezzo dei lavori domestici, mentre il tempo riservato all’orazione era arido e difficile. 

Quando facciamo questa esperienza la nostra reazione immediata è quella dei pellegrini di Emmaus: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32). Che cosa accade allora? Nessuna psicologia umana può spiegarlo. Nella nostra vita ci sono momenti nei quali intravediamo il regno dei cieli, nei quali la porta segreta del nostro cuore si apre per lasciare che ne scaturisca la preghiera. Immaginate un uomo che abbia vissuto un’esperienza di amicizia fino a vent’anni, che non abbia mai più rivisto l’amico e che da un momento all’altro veda riapparirgli davanti il suo volto: qualcosa di molto fugace, misterioso, ma comunque un’esperienza molto forte. È l’esperienza di chi si avvicina al mare: l’aria non è più la stessa, è carica di iodio. È il vento del cielo, il soffio dello Spirito santo. 

Tutti noi l’abbiamo sentito passare un giorno: solo questo può attirarci a Dio e darci il gusto e il desiderio della preghiera. Non è con i ragionamenti che si impara a pregare. Non si entra nella vita di preghiera perché si è convinti che sia più perfetta, ma perché non se ne può fare a meno. Si pensi all’apostolo Paolo dopo l’esperienza sulla via di Damasco: il problema per lui non era trovare Dio, ma saper reggere il faccia a faccia con lui nel giorno della sua visita; non era cercare, ma lasciarsi cercare e trovare da lui. È allora che ha compreso che i suoi desideri erano vanità di fronte alla realtà del volto del Risorto. 

Un cuore di preghiera 

Tutto questo avviene nel profondo della vita trinitaria sepolta nel nostro cuore. A tratti una ventata di quella vita smarrita nelle profondità dell’essere riemerge alla coscienza e ce ne dà il gusto, l’attrattiva, l’amore. Per parlare della preghiera bisogna parlare in primo luogo della vita trinitaria sepolta nel profondo del cuore dell’uomo. E ciò che rende complesso lo sviluppo di questa vita e fa inceppare il meccanismo è che essa geme in noi in un cuore di pietra. Se non riusciamo a pregare non è per mancanza di tempo o a causa delle distrazioni, ma a causa del nostro cuore di pietra prigioniero di un “corpo di morte” (Rm 7,24). 

La preghiera della quale voglio parlare in questo libro è all’incirca l’equivalente di quella che i padri d’oriente hanno chiamato “preghiera del cuore”, cioè la preghiera che cerca la sua sorgente e le sue radici nel profondo del nostro essere, al di là dell’intelletto, della volontà, dei sentimenti e anche delle tecniche di preghiera. Con la preghiera del cuore noi cerchiamo Dio in persona o le energie dello Spirito nelle profondità del nostro essere, e lo incontriamo invocando il nome di Gesù nella fede e nell’amore. Il nome di Gesù è come un dardo, una freccia che trafigge il nostro cuore e libera la gloria del Risorto sepolta in noi dal momento del battesimo. 

Quando 8 parliamo di incontro con Dio bisogna intendersi bene sui termini dell’esperienza spirituale. Di fatto, l’uomo non può condividere l’essenza di Dio – perché in questo caso sarebbe Dio – ma può entrare in comunione quanto mai reale con le sue operazioni e le sue energie: “La comunione non è né sostanziale (come nel panteismo), né ipostatica (come nell’unico caso di Cristo), bensì dinamica: nelle sue energie-operazioni Dio è totalmente presente” ( P. Evdokimov, L’amore folle di Dio, Roma 1981, p. 50. 9 )

Quando dico che l’essere umano deve scoprire la preghiera del cuore o, ed è la stessa cosa, sentir battere il suo cuore di preghiera, penso alle energie dello Spirito che abitano il suo cuore (cf. Rm 8,9-11) per trasfigurarlo. Anche il corpo partecipa a questa trasfigurazione fino a essere riplasmato, trasformato e santificato dalla potenza dello Spirito. Essere nati da Dio significa essere stati in un certo senso riaccolti e riplasmati nel seno stesso della Trinità; è come essere ritornati al mondo dopo l’immersione in un’acqua profonda e luminosa, quella della verità del Dio amore (cf. Gv 3). In fondo è prendere sul serio la grande affermazione paolina: “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo, che è in voi? … Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1Cor 6,19-20). Allora la preghiera perde il suo carattere cerebrale, si identifica con la dimensione fisica dell’essere umano e aderisce al ritmo stesso della respirazione. 

Questo, a noi in occidente, può sembrare strano. A causa della nostra mentalità cartesiana tendiamo sempre a pensare lo Spirito santo come se avesse una sorta di connaturalità con la dimensione intellettiva dell’uomo, mentre di fatto lo Spirito santo, in quanto Dio, trascende radicalmente sia l’intelligenza dell’uomo che la sua natura corporea e può santificare e trasformare realmente sia il corpo dell’uomo che la sua anima. Ad esempio ci sembra curioso e strano che un grande padre spirituale del vi secolo, Barsanufio di Gaza, fosse uomo di tale trasparenza alla presenza di Dio che non riusciva quasi a reggere una presenza umana.

 Era talmente aperto all’invisibile, pur mantenendo tutta la sua vulnerabilità, che riusciva a comprendere in profondità tutti coloro che si rivolgevano a lui e a rispondere in modo del tutto appropriato alle loro domande. Viveva recluso, era un padre spirituale e aveva il discernimento degli spiriti. L’oriente ha chiamato questi uomini padri “teofori” o “pneumatofori”. 

Queste persone avevano trovato la preghiera del cuore e realizzavano alla lettera il consiglio di Paolo: “Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie” (1Ts 5,17-18). Una delle più grandi grazie che un uomo possa ricevere in questo mondo è scoprire che, desiderando unicamente il Cristo, si può  vivere facilmente ovunque e riconoscere Dio in ogni circostanza. È nella stessa linea che bisogna pregare Filippesi 4,4-9, versetti che illustrano la tonalità di fondo di questo libro. Se non siamo ancora arrivati a quel punto è perché non abbiamo ancora scoperto la preghiera del cuore. Abbiamo paura di arrivare a quella semplicità perché vogliamo che la nostra preghiera si modelli su uno schema elaborato. Ci vuole molto tempo per arrivare a quella semplicità nel pregare e per riuscire a dimenticare il nostro io, in modo da scegliere ciò che conviene davvero alla nostra preghiera. La sola domanda da porci è: “Questo mi aiuta davvero a trovare Dio?”. L’unità verrà da un cuore che non è attaccato alle sue gioie e bloccato dalle sue tristezze, ma trova Dio in tutte le cose in una dinamica di abbandono. 

Troppo spesso noi intendiamo la preghiera come una realtà esterna a noi e ci sforziamo di suscitarla a partire dalle parole, dalle idee, la cerchiamo al di sopra o attorno a noi, magari in quei vecchi tomi in cui si descrivono le tecniche di preghiera. Finché cercheremo di far nascere la preghiera a partire dall’esterno non arriveremo mai a pregare in verità e con continuità. 

Prima o poi ognuno arriva a scoprire di avere in sé un cuore di preghiera. Come dice bene André Louf riferendo le parole di un monaco completamente pervaso dalla preghiera e continuamente occupato in essa: 

Oggi – disse – ho l’impressione che già da anni portavo la preghiera nel mio cuore senza saperlo. Era come una sorgente ricoperta da una pietra. A un certo momento, Gesù ha spostato la pietra. Allora la sorgente si è messa a sgorgare e da allora continua a sgorgare (A. Louf, Lo Spirito prega in noi, Magnano 1995, p. 24 )

Bisogna dunque scoprire l’uomo nascosto nel profondo del cuore (cf. 1Pt 3,4), secondo la bella espressione dell’apostolo Pietro che illustra la situazione dell’uomo nuovo. Bruno di Querfurt parlerà di “cuore profondo”. Abbiamo detto sopra che l’uomo porta celate in fondo al cuore le energie della resurrezione, il dinamismo dello Spirito santo che non è nient’altro che la grazia battesimale che ci rende “partecipi della natura divina” (2Pt 1,4). Siamo discesi agli inferi con Cristo, nelle acque della morte che sono divenute acque luminose, e siamo stati rivestiti della sua resurrezione, cioè della potenza della sua gloria. Al punto che portiamo nel nostro inconscio non soltanto il subconscio freudiano, che è un infra-conscio, ma anche un supra-conscio, che non è nient’altro che l’energia divina, la grazia battesimale.