venerdì 23 ottobre 2020

Pontefice immobile?!!!

 

Quella "mano" che ha fermato la "vera" riforma di Ratzinger

Benedetto XVI aveva optato per una legge anti-riciclaggio. Ma quel testo è stato modificato fermando la trasparenza


Si fa presto a parlare di Joseph Ratzinger come di un pontefice immobile che ha inciso poco sugli equilibri della Curia romana. Così come si fa presto a giudicare il pontificato di Benedetto XVI come un semplice momento di transizione della storia della Chiesa cattolica. Quella di un Benedetto XVI debole e privo di velleità riformistiche è una vulgata comune che non corrisponde al vero.

Allo stesso modo, liquidare il regno di Ratzinger come breve o senza troppo significato è tipico delle ricostruzioni progressiste.

Questo genere di narrativa, centrata o meno sulla "debolezza", non vale solo per il "mite teologo" di Tubinga: dicono che papa Luciani volesse chiudere lo Ior, ma che la prematura scomparsa abbia impedito al primo Giovanni Paolo di poter quantomeno lavorare a quell'obiettivo. Eppure di Luciani si racconta soprattutto la mitezza. E Francesco? Jorge Mario Bergoglio ha esordito nel suo pontificato domandandosi se la Chiesa cattolica avesse davvero bisogno di una "banca". Per ora lo Ior è ancora lì.

Le "finanze vaticane" costituiscono del resto da sempre un argomento utile per chiarire quali siano le reali intenzioni programmatiche di un pontefice, oltre che un discreto terreno di "scandali". Quelli con cui hanno dovuto fare i conti soprattutto gli ultimi quattro pontefici. Ratzinger e Bergoglio hanno stili comunicativi e priorità pastorali diverse, ma vengono spesso accomunati dagli addetti ai lavori per via di un'intenzione che li riguarda entrambi (quella che per i critici di Bergoglio è per lo più presunta o comunque tutta da verificare): rendere trasparente la situazione economico-finanziaria della Santa Sede e dei suoi istituti. Si tratta di una volontà che vale tanto per l'interno, con questa trasparenza che deve giocoforza interessare le "banche" del Vaticano, quanto per l'esterno, quindi per esempio per i rapporti tra lo Ior, che non è una vera "banca" ma un istituto per le opere di religione, e gli enti finanziari comunemente intesi. Quelli che operano dentro e attraverso i confini degli altri Stati.

La "battaglia" interna per la legge anti-riciclaggio

Tra voci di corridoio e ventilazioni che non sono state corroborate dai fatti (le teorie complottistiche sono sempre dietro l'angolo quando si ha a che fare con le "cose vaticane"), è comunque certo che Joseph Ratzinger abbia provato a fare qualcosa di mai sperimentato. La stessa operazione che Francesco starebbe cercando di portare a termine: un'opera di riforma complessiva in materia economico-finanziaria. Facciamo qualche passo indietro. Era il 2009, e il pontefice tedesco aveva appena nominato Ettore Gotti Tedeschi alla presidenza dello Ior. Una figura di spicco, che poi è stata messa da parte dai sacri palazzi, con ogni probabilità non per ordine di Benedetto XVI. Anzi, nostre fonti (e non solo quelle) sostengono che Joseph Ratzinger abbia semplicemente appreso la notizia, quando insomma la "cacciata" era già avvenuta.

Un altro dei protagonisti di questì passaggi storici è stato il cardinal Attilio Nicora, che è deceduto del 2017 e che ha ricoperto, durante il regno di Benedetto, l'incarico di primo presidente dell'Autorità d'informazione finanziaria, un ente che proprio l'allora Papa aveva deciso di creare. Il ruolo di Nicora sarebbe dovuto essere determinante per la battaglia di Ratzinger in favore della trasparenza tra le mura leonine. E l'Aif non sarebbe dovuta sottostare ad altri "poteri" o al controllo diretto o indiretto di una segreteria della Santa Sede. Qualcosa, però, non sembra essere andato nel verso che il cardinale ed altri avevano scelto. E il "controllante" sarebbe finito per poter essere "controllato".

Quest'ultimo, almeno, è un elemento che deriva sempre dalle riflessioni delle nostre fonti. Veniamo per un momento all'attualità:"Si può parlare di bancarotta ci ha rivelato di recente don Nicola Bux, già collaboratore di Ratzinger presso l'ex Sant'Uffizio ed altrove - . Ma nessuno dei cortigiani e degli opportunisti potrà scamparla: non tanto per la provenienza del denaro dall’Obolo di san Pietro, dai Fondi CEI ecc., e nemmeno per il fatto che Becciu aveva già suscitato sospetti sulle operazioni da lui condotte, fino all’immobile di Londra, ma per essersi opposto alla legge antiriciclaggio voluta da Benedetto XVI e aver fatto allontanare il presidente IOR Gotti Tedeschi e il defunto card. Nicora". Esisteva un'opposizione che ha impedito una concretizzazione della riforma di Ratzinger? Monsignor Becciu - l'alto ecclesiastico che Bergoglio ha privato delle facoltà di cardinale - faceva parte di un "tappo" curiale in grado di limitare l'azione del Papa?

Cosa avrebbe voluto Benedetto XVI per le "finanze vaticane"

Siccome è praticamente impossibile comprendere se questo "tappo" esista davvero o no, conviene chiedersi quale fosse lo strumento che Benedetto XVI aveva individuato affinché la situazione degli istituti economico-finanziari tendesse al miglioramento. Una legge. Nello specifico, un macro-disegno di legge che toccasse più ambiti, da quello procedurale a quello sanzionatorio. Qualcosa che avrebbe equiparato "i conti" del Vaticano e la loro gestione alle normative internazionali. Il pacchetto ha preso il nome di "legge anti-riciclaggio", e di questi tempi sembra esistere chi intravede nell'interruzione del parabola riformistica ratzingeriana una delle chiavi, se non la "chiave", per interpretare i "disastri" odierni. Quelli che le cronache di questi giorni, che tuttavia non riguardano lo Ior, hanno fatto emergere.

Se non altro perché, ad un certo punto, quella normativa ha smesso di essere (almeno in parte) la stessa che gli uomini della "gestione" di Benedetto XVI - ossia soprattutto il cardinal Attilio Nicora e l'uomo che era stato scelto per la presidenza dello Ior, cioè Ettore Gotti Tedeschi - avevano immaginato in prima battuta. Come mai? Per un intervento di modifica legislativa che non era stato pronosticato e che non forse non poteva neppure essere previsto. Se c'è stato un momento in cui il "tappo" si è palesato, è stato proprio questo. L'atteggiamento di Ratzinger sulle finanze vaticane, e più in generale sul rapporto tra la Chiesa cattolica ed il denaro, è sintetizzabile peraltro mediante il pensiero relativo alla "tassa ecclesiastica" della Chiesa tedesca: "...gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa distaccata dal mondo emerge in modo più chiaro. Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo". Ratzinger era, insomma, per la semplificazione e la trasparenza.

Le modifiche al progetto iniziale

Stando a questo articolo pubblicato all'epoca su Il Corriere della Sera, la legge anti-riciclaggio voluta da Ratzinger e confezionata dal cardinal Nicora e da Gotti Tedeschi era cosa fatta. Poi, per mezzo di alcune modifiche, alcuni principi cardinale sono stati rivisitati. Questo è vero almeno per qualche passaggio, che però, secondo i promotori di quel provvedimento, non era di poco conto. Tutto ruoterebbe attorno a questo decreto, che ha coinvolto più di un articolo ritenuto centrale per la struttura originaria del testo. Con quell'atto normativo, sarebbero state estese, rispetto alla versione precedente, le facoltà ispettive della Segreteria di Stato, mentre l'Aif, l'Autorità d'informazione finanziara, che era stata voluta da Benedetto XVI quale ente strettamente indipendente, avrebbe subito un parziale ridimensionamento.

In questa ricostruzione de Il Giornale del 2013, si legge che "quei poteri ispettivi previsti dalla legge 127 erano stati depotenziati, nonostante l'8 marzo precedente il Vaticano fosse per la prima volta finito nella "black list" dei Paesi a rischio riciclaggio". E ancora: "...le modifiche alla "127" prevedevano anche che lo scambio di informazioni con le autorità finanziarie degli altri Paesi fosse vincolato a un protocollo d'intesa da sottoporre al nulla osta della segreteria di Stato vaticana, presieduta da Bertone". Ecco il ruolo preminente del "ministero degli Esteri" del Vaticano. La "legge 127" è quella "anti-riciclaggio", mentre la modifiche sostanziali sono quelle che il cardinal Attilio Nicora (ma anche gli altri giuristi ed economisti che avevano lavorato alla prima versione) non avrebbe poi recepito in maniera positiva. In termini politici, oggi si parlerebbe di una "manina" in grado di riorientare la ratio di una disposizione (e di remare contro il progetto originario ratzingeriano). Il cardinal Nicora, ai tempi, ha anche scritto una missiva (la lettera che ha de facto aperto il caso Vatileaks) tramite cui, in buona sostanza, segnalava "un passo indietro". Un retrocedere che sarebbe dipeso da quelle modifiche. Con quel decreto, la "battaglia" per la trasparenza - quella che Benedetto XVI, dopo le ultime fasi del pontificato di San Giovanni Paolo II - fasi in cui si dice abbia governato per lo più il "sottobosco" curiale - aveva deciso d'intraprendere, aveva subito una battuta d'arresto. Almeno secondo l'opinione dei ratzingeriani di ferro. "Riservatezza" - il concetto prediletto dal duo formato da Nicora e Gotti Tedeschi - "contro" "segretezza", che era invece preferita da un "tappo": quello che alcuni vaticanisti definiscono alla stregua di una barriera ecclesiastica per nulla incline ai cambiamenti.

La strana "cacciata" di Ettore Gotti Tedeschi

Ettore Gotti Tedeschi è stato "cacciato" dalla presidenza Ior con un voto di sfiducia del Consiglio di Sovrintendenza. Era maggio del 2012. Possibile che la "manina" che aveva cambiato la legge ci abbia messo del suo pure in questo caso? Difficile a dirsi. La stima di Joseph Ratzinger per Gotti Tedeschi è nota. Altrimenti l'emerito non avrebbe coinvolto il banchiere nella stesura di quella che forse è, ancora oggi, il manifesto del pensiero economico-sociale ratzingeriano: Caritas in Veritate. E poi qualcosa di questa storia non torna. In Ultime Conversazioni, un libro-intervista di Peter Seewald su e con il papa emerito - Ratzinger sembra rivendicare la scelta del cambio di guardia, ma c'è la sensazione che Benedetto XVI possa non aver compreso la domanda che gli era stata posta. Forse - questo è il succo della questione - Joseph Ratzinger rispondendo si è confuso con il presidente che ha preceduto allo Ior Gotti Tedeschi. E questa ipotesi può essere corroborata da quello che poi ha dichiarato monsignor Georg Gaenswein, segretario particolare dell'emerito ex ex prefetto della Casa pontificia: "Benedetto XVI che aveva chiamato Gotti allo Ior per portare avanti la politica della trasparenza, restò sorpreso, molto sorpreso...". E ancora, come si legge su Avvenire: "...lo stimava e gli voleva bene, ma per rispetto delle competenze di chi aveva responsabilità scelse di non intervenire in quel momento". In conclusione, Gaenswein ha aggiunto che "successivamente, per motivi di opportunità, anche se non ha mai ricevuto Gotti Tedeschi, ha mantenuto i contatti con lui in modo adatto e discreto". Argomentazioni più che sufficienti - considerato il dichiarante - per affermare che Gotti Tedeschi non è stato rimosso dal pontefice tedesco.

AMDG et DVM

giovedì 22 ottobre 2020

PARLIAMOCI CHIARO! SACRALITA' DEL MATRIMONIO




Matrimonio
    Dai Quaderni

  • Adultero e maledetto è quel vivente che scinde un’unione, prima voluta, per capriccio di carne o per insofferenza morale, perché se egli o ella dicono che il coniuge è ormai per essi cagione di peso e ripugnanza, Io dico che Dio ha dato all’uomo riflessione e intelletto perché lo usi e tanto più lo usi in casi di così grave importanza come la formazione di una nuova famiglia; Io dico ancora che se si è in un primo tempo errato per leggerezza o per calcolo, occorre poi sopportare le conseguenze per non creare maggiori sciagure che ricadono specialmente sul coniuge più buono e sugli innocenti, portati a soffrire  più che la vita non comporti e a giudicare coloro che Io ho fatto ingiudicabili per precetto: il padre e la madre. Io dico infine, che la virtù del sacramento, se foste cristiani, veri e non quei bastardi che siete,  dovrebbe agire in voi coniugi, per fare di voi un’anima sola che si ama in una carne sola e non due belve che si odiano legate ad una stessa catena. (…)
    Nulla vi rende lecito l’essere adulteri. Nulla. Non l’abbandono o la malattia del coniuge e molto meno il suo carattere più o meno odioso. (…)
    Io ho detto e non muto il mio dire, che è adultero non solo chi consuma adulterio, ma chi desidera consumarlo nel suo cuore perché guarda con fame di sensi la donna o l’uomo non suo. (…)  Il mondo si frantuma in rovine perché per prime si sono rovinate le famiglie. (…) La libidine estingue la Luce dello spirito e uccide la Grazia. Senza Grazia e senza Luce voi non differite dai bruti e compite perciò azioni da bruti. 25.9.43
  • Doppiamente male è per la donna presentarsi a Dio, all’altare di Dio per un giuramento ad un uomo, con la macchia più brutta che possa macchiare una donna. Mentitrice a Dio, all’uomo suo compagno, al mondo, carpisce una benedizione, una protezione e un rispetto di cui non è degna. 5.11.43
  • Il coniuge onesto e santamente amoroso cerca divenire simile all’altro coniuge, poiché chi ama tende a prendere somiglianza della creatura amata, onde il matrimonio bene inteso, è elevazione reciproca, perché non vi è alcuno completamente perfido e basta migliorare ognuno un punto prendendo ad esempio il buono dell’altro per salire in mutua gara la scala della santità. 28.11.43
  • Condizioni prime, nei vostri matrimoni di ora, sono queste di volgersi a Dio chiedendo dalle sue mani compagno conforme al vostro carattere e alla vostra posizione e soprattutto il compagno giusto agli occhi suoi. 11.1.44
  • Nulla di più sano e di più santo di due che si amano onestamente e si uniscono per perpetuare la razza umana e dare anime al Cielo. La dignità dell’uomo e della donna divenuti genitori, è la seconda dopo quella di Dio. Neppure la dignità regale è simile a questa perché il re, anche il più saggio, non fa che amministrare dei sudditi. I genitori, invece, attirano su loro lo sguardo di Dio e rapiscono a quello sguardo una nuova anima che chiudono nell’involucro della carne nata da loro. (…)

  • Quanti coniugi dopo l’inevitabile consuetudine  della cerimonia religiosa, consuetudine ho detto e lo ripeto, perché per la maggioranza non è altro che consuetudine e non aspirazione dell’anima ad avere Dio con sé in tal momento, non hanno più un pensiero a Dio e fanno del Sacramento che non finisce con la cerimonia religiosa, ma si inizia allora e dura quanto dura la vita dei coniugi (…) fanno del Sacramento un festino e del festino uno sfogo di bestialità.L’angelo insegna a Tobia che, facendo precedere con la preghiera l’atto, l’atto diviene santo e benedetto e fecondo di gioie vere e di prole.22.3.44
  • Ciò che Dio ha congiunto non può essere separato dall’uomo per nessun motivo. Poiché separare vuol dire spingere all’adulterio e il peccato di adulterio lo commette non solo chi pecca nella materia, ma chi produce le cause del peccato, mettendo una creatura nelle condizioni di peccare. 21.6.44
  • Se uno dei due ha mancato, doppio dovere del secondo d’esser fedele per non privare la prole dell’affetto e del rispetto. Affetto dei genitori alla prole, rispetto della prole ai genitori. (…) Non è lecito all’uomo, per nessun motivo, non è lecito al cristiano separare ciò che un sacramento ha congiunto nel nome di Cristo.21.6.44

  • Quando la sposa lascia la casa paterna e diviene moglie di colui che l'ama, sale ad un grado di amore più grande. Non sono più due che si amano. Sono UNO che si ama nel suo doppio. L'uno ama sè riflesso nell'altro, poichè l'amore li stringe in un nodo così stertto che la gioia annulla la personalità e i due singoli in un'unica gioia. 21.6.44
  • Benedetta qualla casa dove la santità del Sacramento vive nel vero senso della parola e produce una inesausta fioritora d'atti d'amore. Amore non di carne soltato, ma più di spirito. Amore che dura e anzi cresce quanto più gli anni e gli affanni crescono. Amore che è vero amore, perchè non si limita ad amare per il godimento, ma abbraccia la pena del coniuge e la porta con lui per sollevarlo del peso. 21.6.44
  • L'uomo mostra di stimare molto la sua donna se ad essa confida tutto di se stesso per averne consiglio e conforto.
    La donna mostra di amare molto il suo uomo se sa comprenderlo nei suoi pensieri e se volonterosa lo aiuta a portare i suoi affanni. Non vi saranno più baci di fuoco e parole di poesia. Ma vi saranno carezze d'anima ad anima e segrete parole che si mormorano gli spiriti, dandosi, l'un l'altro la pace del vero amore del vero matrimonio. 21.6.44
  • Il matrimonio è elevazione reciproca, dev'essere tale. Il coniuge migliore deve essere fonte di elevazione, né limitarsi ad essere buono, ma adoperarsi perché alla bontà giunga l’altro. 23.7.44







    Dal Vangelo come mi è stato rivelato
  • "Non fornicate”.  (…) Quale fra voi non ha messo i denti in questo pane di cenere e sterco che è la soddisfazione sessuale? Ed è lussuria solo quella che vi spinge per un’ora fra braccia meretrici? Non è lussuria anche il profanato connubio con la sposa, profanato perché è vizio legalizzato essendo reciproca soddisfazione del senso, evadendo alle conseguenze dello stesso?
    Matrimonio vuole dire procreazione e l’atto vuol dire e deve essere fecondazione. Senza ciò è immoralità. Non si deve del talamo fare un lupanare. E tale diventa se si sporca di libidine e non si consacra con delle maternità. (…)
    L’uomo è il seme, la donna è la terra, la spiga è il figlio. Rifiutarsi a far la spiga e sperdere la forza  in vizio, è colpa. 123.3

  • La donna: il capolavoro della bontà presso il capolavoro della creazione che è l’uomo.157.4

  • Le donne: mute sacerdotesse che predicheranno Dio col loro modo di vivere e che, senza altra consacrazione che quella avuta dal Dio-Amore, saranno, oh! saranno consacrate e degne d'esserlo. 157.5

  • Solo la morte rompe il matrimonio. Ricordatevelo. E se avete fatto una scelta infelice portatene le conseguenze come una croce, essendo due infelici, ma santi, e senza fare maggiori infelici nei figli che sono gli innocenti che più soffrono di queste disgraziate situazioni. L’amore dei figli dovrebbe farvi meditare cento volte e cento anche nel caso d'una morte del coniuge. (…) Se sapeste voi  vedovi, e voi vedove, vedere nella morte non una menomazione ma una elevazione a una perfezione di procreatori! Esser madre anche per la madre estinta. Esser padre anche per il padre estinto. Esser due anime in una (…)  174.19

  • Amare non vuol dire godere di una carne e per la carne. Quello non è amore, è sensualità. Amore è l’affetto da animo ad animo, da parte superiore a parte superiore, per cui nella compagna non si vede la schiava ma la generatrice dei figli, solo quello, ossia la metà che forma con l’uomo un tutto che è capace di creare una vita, più vite; ossia la compagna che è madre e sorella e figlia dell’uomo, che è debole più di un neonato o più forte di un leone a seconda dei casi e come madre, sorella, figlia, va amata con rispetto confidente e protettore. Ciò che non è quanto Io dico, non è amore: E’ vizio. Non conduce all’alto ma al basso. Non alla Luce ma alle Tenebre. Non alle stelle ma al fango. Amare la donna per sapere amare il prossimo. Amare il prossimo per sapere amare Dio. 242.8

  • "Sia fatta la Tua volontà Padre, in Cielo, in Terra e nel cuore delle madri”.
    Fare la volontà di Dio attraverso la sorte dei figli è il martirio redentivo delle madri (…) il tormento delle madri è di essere separate dai figli. 253.4 
  • Il sacramento dà tutti gli aiuti per una santa convivenza secondo le leggi e i desideri di Dio.
    Lo sposo e la sposa divengo ministri di un rito: quello procreativo. Anche il marito e la moglie divengono sacerdoti di una piccola Chiesa: la famiglia. Devono perciò essere consacrati per procreare con benedizione di Dio e per allevare una discendenza nella quale si benedica il Nome Santissimo di Dio. 259.6

  • La mamma va ubbidita e amata, perché tutto quello che fa, lo fa per nostro bene. 445.12
  • La mamma è il più grande amore della terra, ma Dio è il più grande ed eterno amore della Terra e del Cielo e va ubbidito e amato perché tutto quello che fa, lo fa per nostro bene. 445.12
  • La mamma è per l’anima e per il corpo ciò che per gli stessi è Dio. Essa ti veglia, ti cura, t'insegna, ti ama, guarda che tu non ti faccia del male, ti tiene sotto le ali del suo amore. 445.12
  • La mamma è quella che compatisce il figlio ostinato, malato, sviato e lo ammansisce con la bontà e lo porta a Dio con la preghiera e la pazienza.445.12

  • Alle madri è macigno che schiaccia il disamore dei figli, il loro essere imperfetti agli occhi di Dio e degli uomini. 445.15

  • L’uomo deve essere il capo della casa ma non despota, né della sposa né dei figli e nello stesso tempo deve essere il re nel senso biblico della parola.Guai a quei padri che mancano al loro ufficio. 451.3
  • Il matrimonio è unione voluta per elevazione e conforto dell’uomo e della donna, oltre che per procreazione; è dovere, è ministero, non è mercato, non è dolore, non è avvilimento, di uno o dell’ altro coniuge. E’ amore e non odio. Giusto  dunque sia il capo senza eccessive durezze o pretese e senza eccessive condiscendenze e debolezze. (…) E giusta sia la donna nella casa verso lo sposo, i figli, i servi. Allo sposo dia ubbidienza e rispetto, conforto e aiuto.
    Ubbidienza finché questa non assuma sostanza di consentimento al peccato. La moglie deve essere sommessa ma non degradata. Guardate, o spose, che il primo che vi giudica, dopo Dio, per certe colpevoli condiscendenze, è lo stesso vostro marito che vi induce ad esse. 451.3
  • La moglie virtuosa, direi la moglie che anche dopo il coniugio conserva quel “che” di verginale negli atti, nelle parole, negli abbandoni d’amore, può portare il marito a una elevazione dal senso al sentimento, onde lo sposo si spoglia da lussuria e diviene veramente un unico “che”  con la sposa che tratta col riguardo con cui uno tratta una parte di sé stesso e giusto è che ciò sia, perché la donna è “osso delle sue ossa e carne della sua carne”. 451.4
  • La moglie sia paziente, materna con il marito. Lo consideri come il primo dei suoi figli, perché la donna è sempre madre e l’uomo è sempre bisognoso d'una madre che sia paziente, prudente, affettuosa, confortatrice. Beata quella donna che del proprio coniuge sa essere la compagna e insieme la madre per sorreggerlo, e la figlia per essere guidata. 451.4
  • Vegliare sui figli e sulle figlie, amorosamente, correggere, sorreggere, far meditare e tutto senza preferenze. 451.5
  • E tornando a come devono essere i componenti di una famiglia e gli abitanti d'una casa perché in essa si mantenga fruttuosamente la mia benedizione, vi dico, o figli, che voi siate sottomessi ai genitori, rispettosi, ubbidienti, per poterlo essere anche con il Signore Iddio vostro. Perché se non imparate ad ubbidire ai piccoli comandi del padre e della madre, che vedete, come potete ubbidire ai comandi di Dio che vi vengono detti in suo nome, ma che non vedete e non udite? 451.7

  • Siate dunque buoni, rispettosi, docili, amate il padre che vi corregge, perché lo fa per il vostro bene, e la madre se vi trattiene da azioni che la sua esperienza giudica non buone. Onorateli non facendoli arrossire con le vostre azioni malvagie. 451.8 

  • Il  Signore Iddio vostro ha creato il coniugio perché l’uomo e la donna non fossero soli e si amassero formando una carne sola e indissolubile, posto che fu insieme congiunta e vi ha dato il Sacramento perché sulle nozze scendesse la benedizione sua e per i meriti miei voi aveste quanto vi è necessario nella nuova  vita di coniugi e di procreatori. E per volgervi a Lui con volto e animo sicuri siate oneste, buone, rispettose, fedeli, vere compagne dello sposo, non semplici ospiti della sua casa, o peggio ancora: estranee che un caso riunisce sotto un tetto come due che il caso riunisce in un albergo di pellegrini.473.9
  • "Coloro che non amano in anima, mente e carne il loro compagno, lo spingono all’adulterio e se a costui Io chiederò il perché del suo peccato, non farò da meno per colei che non ne è l’esecutrice, ma la creatrice”. La Legge di Dio occorre saperla comprendere in tutta la sua estensione e profondità e occorre saperla vivere in piena verità. 473.9
  • La moglie sia sottomessa al marito, umile, fedele,casta. Si, egli, l’uomo, è il capo della famiglia. Ma capo non vuol dire despota. Capo non vuol dire capriccioso padrone al quale è lecito ogni capriccio non solo sulla carne ma sulla parte migliore della sposa. 531.10


  • Il divorzio (mosaico) è venuto come malvagio frutto della lussuria umana, del peccato d'origine e della corruzione degli uomini. Ma non è venuto spontaneamente da Dio. Dio non muta la sua parola. E Dio aveva detto, ispirando ad Adamo innocente ancora e parlante perciò con intelligenza non offuscata dalla colpa, le parole:  che gli sposi, una volta uniti, dovevano essere una carne sola. La carne non si separa dalla carne altro che per sciagura di morte o di malattia.  (…)
    Non è lecito all’uomo separare ciò che Dio ha unito, ed è adultero sempre, colui, o colei che avendo il coniuge vivente passa ad altre nozze.
    Il divorzio è prostituzione legale, mettendo in condizione uomo e donna di commettere peccati di lussuria.
    La donna divorziata difficilmente resta vedova d'un vivo, e vedova fedele. L’uomo divorziato non resta mai fedele al primo coniugio. Tanto l’uno che l’altra, passando ad altre unioni, scendono dal livello di uomini a quello di bruti, ai quali è concesso di cambiare femmina ad ogni appello di senso.
    La fornicazione legale, pericolosa alla famiglia e alla Patria, è delittuosa verso gli innocenti. I figli dei divorziati devono giudicare i genitori. Severo giudizio quello dei figli!  (…) 531.13

  • Parlare di nozze, di matrimonio in caso di novella unione d'un divorziato o d'una divorziata, è profanare il significato e la cosa che è il matrimonio. Solo la morte d'uno dei coniugi e la vedovanza consecutiva dell’altro, può giustificare le seconde nozze. 531.13

  • E adultero e peccatore sarà colui che contrarrà divorzio civile per contrarre nuova unione. La legge umana non muterà il mio decreto. 531.14

  • Il matrimonio sia un atto sacro e indissolubile sul quale scende la grazia del Signore a fare dei coniugi due suoi ministri nella propagazione della specie umana. (…)
    Per nessuna ragione si sciolga ciò che Dio ha unito. 635.9
  • Il matrimonio s'elevi a contratto spirituale per il quale le anime di due che si amano giurano di servire il Signore nell’ amore reciproco offerto a Lui in ubbidienza al suo comando di procreazione per dare figli al Signore. 635.9


AMDG et DVM

“Avvicinatevi figli miei, non abbiate paura; sono qui per narrarvi una grande notizia”,

Madonna de La Salette






Madonna de La Salette

La Madonna lungo i secoli è apparsa molte
volte, lasciando messaggi, incitando alla
preghiera ed al pentimento dei peccati. Per
lo più Essa è apparsa a veggenti o persone
di umili condizioni e di animo innocente,
quasi a garanzia della veridicità degli eventi
che si verificavano; 

così fu per
l’apparizione nel 1531 di Guadalupe in
Messico a s. Juan Diego Cuauhtiotatzin, un
indio analfabeta; 

a Lourdes nel 1858 a s.
Bernadette Soubirous; 

a Fatima nel 1917 ai
tre pastorelli Giacinta, Francesco e Lucia,
per citarne alcune fra le più famose.

Ma dodici anni prima delle apparizioni di

Lourdes, così conosciute nel mondo, la
Madonna era già apparsa nella stessa
Francia a La Salette, località del
dipartimento dell’Isère, nel cuore del circo
delle Alpi francesi, in cui scorre il fiume
Drac, a circa 1800 metri di altezza.

E come succederà in seguito per altre

apparizioni, la Madonna si incontra anche
qui con due pastorelli, Mélanie Calvat di
circa 15 anni e Maximin Giraud di 11 anni;
nessuno dei due era mai andato a scuola, né
al catechismo; non sapevano né leggere né
scrivere; molto poveri economicamente, sia
di cultura, sia di affetti.

Melania Calvat viveva presso i contadini

dei dintorni di Corps, paese in cui era nata
il 7 novembre 1831, collocata a servizio come pastorella, ritorna in famiglia solo nell’inverno, quando si soffre la fame e il freddo; per questo è di carattere introverso, timida e chiusa, di poche parole, rispondeva molte volte solo con dei si o dei no.

Massimino Giraud anch’egli nato a Corps il 26 agosto 1835 è molto vivace, sempre a correre con il 
cane e la capretta, stà volentieri fuori casa lontano dalla matrigna, giacché è orfano di madre da quando aveva 17 mesi. Verso la metà di settembre del 1846, un contadino delle alture Ablandins, Pietro Selme ha il suo pastorello ammalato e quindi scende a Corps dal suo amico Germano Giraud a chiedere in prestito per alcuni giorni il figlio Maximin, che gli viene concesso, nonostante che il padre dica che il ragazzo è troppo distratto per fare il pastore.

Così il 14 settembre il piccolo Massimino è sulle alture degli Ablandins; dal 17 settembre conosce 
sui pascoli Mélanie Calvat, con la quale tenta di chiacchierare, anche se la ragazza non ne ha voglia; comunque scoperto che sono nativi entrambi di Corps, decidono di venire il giorno seguente sullo stesso pascolo.

Quindi il sabato 19 settembre 1846 salgono di buon’ora i versanti del monte Planeau, al di sopra del 
villaggio di La Salette, guidando ognuno quattro mucche a pascolare. Segue così una mattinata calma di pascolo, a mezzogiorno al suono dell’Angelus della campana del villaggio sottostante, fanno colazione con pane e formaggio e acqua fresca della cosiddetta “fontana degli uomini” per distinguerla da quella per le bestie; sono raggiunti da altri pastorelli che controllano altri bovini più giù, dopo la colazione si dividono di nuovo e Melania e Massimino attraversato un ruscello, contrariamente alle loro abitudini, si stendono sull’erba al tepore del sole di fine estate e si assopiscono.

Svegliatosi di botto con il pensiero delle mucche che si erano allontanate, le ritrovano nell’altro 
versante e cominciano la discesa; a metà strada presso una piccola sorgente Melania per prima vede su un mucchio di pietre un globo di fuoco “come se il sole fosse caduto lì” e lo indica a Massimino.

Impauriti si avvicinano al globo e una donna vi appare seduta con la testa fra le mani, i gomiti sulle 
ginocchia, profondamente triste. La Bella Signora si alza e parlando in francese dice loro:
“Avvicinatevi figli miei, non abbiate paura; sono qui per narrarvi una grande notizia”, rincuorati essi si avvicinano e vedono che sta piangendo; è alta, luminosa, veste come le donne del luogo con lunga tunica, grande grembiule alla vita, uno scialle incrociato e annodato dietro, una cuffia da contadina:

   Ha delle rose che le incoronano la testa, orlano il suo

scialle e i suoi calzari; sulla fronte splende una luce simile
ad un diadema; sulle spalle ha una lunga catena, un’altra
catenina trattiene sul petto un crocifisso sfavillante sui cui
lati vi è un martello e una tenaglia.
   I due pastorelli raccontano in seguito ai loro interlocutori,
inquirenti o semplici pellegrini, che la Signora piangeva
per tutto il tempo che parlò loro e sostanzialmente con
piccole sfumature essi, insieme o separatamente,
riferiscono le stesse parole del messaggio della Signora,
che è bene ricordare, essi non riconobbero in quel
momento come la Madonna.

La Vergine parlò molto in questa unica apparizione a La

Salette, le frasi dette hanno tutte un significato, che si è in
seguito cercato di capire e chiarire nella loro sostanza di
messaggio salvifico, cita oltre a problemi generali,
mondiali, anche episodi locali, con riferimenti personali ad
episodi della famiglia di Massimino, si esprime in francese
ma anche nel dialetto di Corps, parlato dai ragazzi; fa
riferimento ad esempi di vita dei campi agricoli.

Non è possibile riportare in questo breve spazio tutto il messaggio e la sua necessaria

interpretazione, ne citiamo solo alcuni brani: 

“Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sono
costretta a lasciare libero il braccio di mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso più trattenerlo”; “Da quanto tempo soffro per voi!”; “Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, sono incaricata di pregarlo incessantemente e voi non ci fate caso. Per quanto pregherete e farete, mai potrete compensare la pena che mi sono presa per voi”; 
   “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere. È questo che appesantisce tanto il braccio di mio Figlio”; 
“ E anche quelli che guidano i carri non sanno che bestemmiare il nome di mio Figlio.
Queste sono le due cose che tanto appesantiscono il braccio di mio Figlio”.

Poi parla separatamente ai due ragazzi, in modo che solo uno riesce ad ascoltarla; alla fine Ella 
oltrepassa il ruscello e inizia a salire il versante opposto e senza più voltarsi dice: “Andiamo figli miei, fatelo conoscere a tutto il mio popolo”, e giunta sulla cima del colle, seguita dai ragazzi, s’innalza da terra e man mano sparisce, lasciando stupefatti i due pastorelli.
Scesi alle loro cascine dove lavoravano, essi raccontano l’incontro con la bella Signora per
giustificare anche il ritardo nel tornare; l’indomani domenica, scendono dal Parroco a raccontargli l’incontro, il parroco intuisce e si commuove nella predica domenicale; il sindaco informato, per tutta la sera cercherà di far ritrattare Melania, promettendo, minacciando, ma lei risponde “la Signora mi ha detto di dirlo e lo dirò”; il sindaco di La Salette scende anche a Corps da Massimino, nel frattempo rientrato in famiglia e può constatare che il racconto del candido ragazzo corrisponde a quello di Melania.

La sera stessa, i datori di lavoro dei ragazzi, con un loro vicino hanno la felice idea di mettere per iscritto, sotto dettatura di Melania, le parole della Vergine, che grazie a loro diventerà il primo documento scritto all’indomani dell’Apparizione, e che viene controfirmato da loro tre.

Rapidamente la notizia si diffonde, arrivano giornalisti, funzionari, inquirenti inviati dal vescovo di 
Grenoble, cui spetta di diritto pronunciarsi sul fatto avvenuto nella sua Diocesi. Nonostante che il vescovo sia convinto della verità di quanto accaduto e dell’incapacità di ingannare dei due pastorelli, egli nomina una commissione d’inchiesta, i ragazzi vengono ripetutamente ascoltati, si prendono informazioni, si dà libertà di parola ai contraddittori; solo dopo cinque anni d’indagini, il 19 settembre 1851, mons. Filiberto de Bruillard vescovo di Grenoble, pubblica finalmente il suo

Decreto:

“Noi dichiariamo che l’Apparizione della Madonna a due pastorelli, il 19 settembre 1846, su una 
montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia de La Salette, vicaria foranea di Corps, reca in se stessa tutti i caratteri della verità ed i fedeli hanno fondate ragioni per crederla indubitabile e certa”.

Inoltre il 1° maggio 1852 mons. de Bruillard annuncia con lettera ufficiale la costruzione di un 
santuario sul luogo e la fondazione di un corpo di missionari diocesani per l’assistenza spirituale dei pellegrini e che si chiameranno “Missionari di Nostra Signora de La Salette”.
    
     Il 19 settembre 1855 il nuovo vescovo di Grenoble, riassumeva così la situazione: “ La missione dei fanciulli è terminata, comincia quella della Chiesa”.

La Vergine Maria non è venuta a La Salette per insegnarci qualcosa di nuovo. È venuta per

manifestare la presenza, nel nostro mondo e nella nostra vita, della forza di salvezza che è in Cristo Gesù: viene a supplicarci in lacrime a farci caso. Questa è la base del suo intervento. Le lacrime di Maria sono i segni della sua impotenza di fronte alla nostra libertà, allorché rifiutiamo la salvezza che ci è proposta. Sono nel contempo i segni del suo amore, l’estremo argomento di una madre che ha solo i suoi occhi per piangere, per commuovere i nostri cuori induriti. (Padre Roger Castel, MS)

Il 2 febbraio 1858 i primi sei sacerdoti “Missionari di N. S. de La Salette” pronunciano i primi voti 
e da quel giorno la Congregazione cresciuta di numero si espande in tutto il mondo, modellando la sua organizzazione di Comunità religiosa con l’opera illuminata di padre Silvano-Maria Giraudcoadiuvato da altri uomini di valore.
Si sono aperte Chiese e Case di spiritualità mariana e sociali in tante Nazioni in cui sono presenti i ‘Missionari’ coadiuvati dal ramo femminile delle “Suore di Nostra Signora de La Salette” che comprende dal 1955, i primi due movimenti religiosi salettini sorti nei primi anni dopo l’apparizione e all’inizio del Novecento: le ‘Religiose Riparatrici’ e le Suore ‘Missionarie di N. S. de La Salette’.

Infine sul luogo dell’Apparizione, a 1800 metri sorse dal 1861 al 1879 una basilica in stile
neoromanico, gestita dalla ’Associazione dei Pellegrini de La Salette’, affidata loro insieme al complesso ricettivo, dalla diocesi di Grenoble. I Missionari e le Suore di N. S. de La Salette ne assicurano la funzionalità e la spiritualità, essendo questa ormai la loro culla e Casa Madre.

I due pastorelli primi testimoni del Messaggio di Maria non ebbero una vita felice, furono sottoposti singolarmente ad interrogatori, a volte creduti a volte no; 
Maximin Giraud nei tre anni successivi, perse il padre, la matrigna e il fratellastro; venne accusato di fosco bugiardo, perfino dal collaboratore del santo Curato d’Ars; viaggiò molto, andò in collegio e in seminario; fu seminarista, poi impegnato in un ospizio, studente in medicina, bocciato alla laurea, lavorò in farmacia, si arruolò come zuavo pontificio, dopo poco tempo si dimise. Venne sfruttata la sua notorietà da un mercante di liquori che lo fa suo socio; a 39 anni torna a La Salette nel 1874, rifà per l’ultima volta, davanti ad un grande uditorio, il racconto della visione mariana.
La sera del 1° marzo 1875 muore, il suo corpo riposa nel cimitero di Corps, ma il suo cuore è nella basilica di La Salette, vicino all’organo come da suo desiderio.

Mélanie Calvat invece rimane quattro anni presso le Suore della Provvidenza a Corps, 
ha poca memoria e poca attitudine allo studio, diventata
oggetto di attenzioni e premure dei visitatori, ella si
vincola troppo al suo modo di vedere, al punto che
il vescovo non le concede di ammetterla ai voti.
    Dando ascolto a persone sbagliate, imbevute di
profezie popolari e di teorie pseudo mistiche
apocalittiche, ne resterà segnata per tutta la vita,
prende a fare profezie che lei ricollega
all’Apparizione, però sconfessata dal vescovo.
  
    Pilotata dal talento di un Léon Bloy crea una
corrente di pensiero che si richiama a La Salette,
che non ha nulla a che vedere praticamente, con le
verità di fede della Chiesa richiamate dalla
Vergine, abbandonandosi al dominio sterile delle
fantasie.
Entra ed esce da vari conventi in alcune Nazioni
europee, poi si stabilisce a Castellammare di Stabia
(Napoli) per 17 anni, scrivendo i suoi “segreti”,
cercando di fondare un’Istituzione anche negli anni
successivi quando ritorna in Francia. Nel 1892 è di nuovo in Italia, a Lecce poi in Sicilia, scrive un’autobiografia piuttosto romanzata dove s’inventa una infanzia straordinaria, ma quando va pellegrina a La Salette il 18 e 19 settembre 1902, il suo racconto ritrova la semplicità e la lucidità della prima volta, conforme a quello di Maximin. 
    Ritornata in Italia muore a 73 anni ad Altamura (Bari) il 14 dicembre 1904; il suo corpo, al termine di tanto vagabondare riposa in questa città  presso la Chiesa di sant'Antonio in un convento di suore di sant' Annibale Maria Di Francia, sulla sua tomba un bassorilievo presenta la Madonna che accoglie in cielo la pastorella de La Salette, che pur avendo vissuta una vita difficile e povera, era rimasta sempre fedele e devota alla sua prima testimonianza.

Maggiori notizie, sul Messaggio della Madonna, sulle interpretazioni delle parole e dei simboli dell’Apparizione, come per tutte le attività del Santuario e delle Congregazioni religiose, si possono chiedere a: ‘Missionari de La Salette’ - Via Andersen, 15 - 
00168 Roma

Autore: Antonio Borrelli




CUSTODI NOS, DOMINA VIRGO MARIA:
NE PECCATORUM LAQUEO CAPIAMUR.

Beato Giovanni Paolo II: DE LABORE SOLIS

 

 



PROFILO BIOGRAFICO
DEL SERVO DI DIO

 
Ioannes Paulus PP. II

Karol Jozef Wojtyła

(1920-2005)
 


 

Karol Jozef Wojtyłaeletto Papa il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice (Polonia), il 18 maggio 1920.

Era il secondo dei due figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, la quale morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941.

A nove anni ricevette la Prima Comunione e a diciotto anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Universita Jagellonica di Cracovia.

Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavoro (1940-1944) in una cava e poi in una fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania.


A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del “Teatro Rapsodico”, anch’esso clandestino.

Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellonica, fino alla sua ordinazione sacerdotale, a Cracovia, il 1° novembre 1946. Successivamente, fu inviato dal Cardinale Sapieha a Roma, dove conseguì il dottorato in teologia (1948), con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce. In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda.

Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presento all’Università Cattolica di Lublino una tesi sulla possibilità di fondare un’etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler. Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.

Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo Ausiliare di Cracovia e titolare di Ombi. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak.

Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Papa Paolo VI, che lo creò Cardinale il 26 giugno 1967.

Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-1965) dando un contributo importante all’elaborazione della costituzione 
Gaudium et spes. Il Cardinale Wojtyła prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi, anteriori al suo Pontificato.

Venne eletto Papa il 16 ottobre 1978 e il 22 ottobre ebbe inizio il suo ministero di Pastore Universale della Chiesa.

Papa Giovanni Paolo II ha compiuto 146 visite pastorali in Italia e, come Vescovo di Roma, ha visitato 317 delle attuali 332 parrocchie romane. I viaggi apostolici nel mondo, espressione della costante sollecitudine pastorale del Successore di Pietro per tutte le Chiese, sono stati 104.

Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. A Papa Giovanni Paolo II si attribuiscono anche 5 libri: “Varcare la soglia della speranza” (ottobre 1994); “Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio” (novembre 1996); “Trittico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); “Alzatevi, andiamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005).
 

Papa Giovanni Paolo II ha celebrato 147 riti di beatificazione, nei quali ha proclamato 1338 beati, e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha tenuto 9 concistori, in cui ha creato 231 (+ 1 in pectore) Cardinali. Ha presieduto anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio.

Dal 1978 ha convocato 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990, 1994 e 2001), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 [2] e 1999).

Il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro ha subito un grave attentato. Salvato dalla mano materna della Madre di Dio, dopo una lunga degenza, ha perdonato il suo attentatore e, consapevole di aver ricevuto una nuova vita, ha intensificato i suoi impegni pastorali con eroica generosità.

La sua sollecitudine di pastore trovò espressione, inoltre, nella erezione di numerose diocesi e circoscrizioni ecclesiastiche, nella promulgazione dei Codici di Diritto Canonico latino e delle Chiese Orientali, del Catechismo della Chiesa Cattolica. Proponendo al Popolo di Dio momenti di particolare intensità spirituale indisse l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia nonché il Grande Giubileo del 2000. Avvicino le nuove generazioni indicendo la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù.

Nessun Papa ha incontrato tante persone come Giovanni Paolo II. Alle Udienze Generali del mercoledì (oltre 1160) hanno partecipato più di 17 milioni e 600mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose (più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000). Ha incontrato milioni di fedeli nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Sono state numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.

È morto a Roma, nel Palazzo Apostolico Vaticano, sabato 2 aprile 2005, alle ore 21.37, nella vigilia della Domenica 
in Albis o della Divina Misericordia, da lui istituita. I solenni funerali in Piazza San Pietro e la sepoltura nelle Grotte Vaticane sono stati celebrati l’8 aprile.


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