venerdì 16 ottobre 2020

IL RACCONTO DELL'ANTICRISTO.pdf

 




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AMDG et DVM

E c'è chi scherza !!!

 



<< O Gesù perdona le nostre colpe

preservaci dal fuoco dell'inferno

porta in Cielo tutte le anime 

specialmente le più bisognose della Tua Misericordia >>


IL MISTERO DELLA MADRE DI DIO




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AMDG et DVM

SAN GERARDO Maiella


 

STORIA MERAVIGLIOSA DI SAN GERARDO

INTRODUZIONE

I santi, come santi, non hanno storia. La loro vita si riassume in un colloquio perenne con Dio al di là del tempo e dello spazio: quindi, della storia. A qualunque secolo appartengano, al trecento o al cinque-cento, al settecento o al novecento, essi sono i contemporanei di Cristo di cui ritessono l'itinerario spirituale.

Ma i santi furono uomini anch'essi ed ebbero quindi i loro im-pulsi, i loro contrasti, i loro ribollimenti interiori. Ebbero, cioè, una sto-ria che si identifica con la loro individualità terrestre; una individualità resa più spiccata dalla posizione di lotta che assunsero con gli uomini e con le cose, con le correnti di pensiero e di azione.

Sotto questo aspetto, niente di più forte e temprato della personalità propria dei santi: essi sovrastano sui contemporanei come scogli sul mare e rischiarano il cammino dei posteri come fari di luce.

Ogni santo ha la sua luce, come le stelle del firmamento. La sorgente è la stessa: Dio, ma la sua luce, passando attraverso il prisma delle differenti personalità, si scompone e ricompone, variando d'intensità e grandezzao o, se più vi piace, una è la voce di Dio che risuona nelle profondità delle anime, ma questa voce si condiziona alla temperie spi-rituale di ognuna, acquistando il tono e l'accento di un messaggio in-dividuale, inconfondibile con gli altri.

Solo chi può ricostruire quella temperie spirituale che forma la fi-sionomia morale del santo, è sicuro di cogliere qualche nota del suo messaggio individuale, maturato nei silenzi di Dio, e ritrasmetterla agli uomini per pungolarli a nobili imprese. Altrimenti quella voce diventa anonima e si perde nel deserto.

Ecco perché nel tracciare la presente biografia che vuole illustrare uno dei santi più singolari della Chiesa, ci siamo preoccupati di coglierne, prima di tutto, ogni inflessione personale che valesse a ca-ratterizzare la sua anima e la sua attività.

Ciò spiega l'importanza eccezionale da noi attribuita alle sue lettere e ai suoi scritti: preziosissime confessioni di un'anima cri-stallina che non ebbe mai una piega dietro cui nascondere qualche cosa di se stesso e parlò solo e sempre quando era saturo del fuoco candente di Dio. Anche se non tutti autografi, anche se ritoccati o rielaborati da correttori non troppo scrupolosi, tali scritti conservano sempre il sigillo del cuore che li dettò. Qualunque cosa essi esprimano, fosse pure una celia, sono sempre il riflesso autentico della storia di un'anima nella sua ascensione ininterrotta verso Dio.

Dopo l'auto-testimonianza del santo, abbiamo indagata la testi-monianza dei contemporanei i quali narrarono ciò che videro, senza pretendere d'inquadrare le loro impressioni soggettive dentro schemi preconcetti, o ampliarle nell'alone della leggenda.

Tra queste testimonianze abbiamo posto nel dovuto rilievo quella del padre Gaspare Caione, che ebbe la fortuna di guidare il santo negli ultimi quindici mesi di vita e, tra il 1755 e il 1764, ne raccolse le memorie per incarico dello stesso S. Alfonso. Il padre Caione, nel-l'assolvere il suo compito, ha avuto il merito di non sovrapporre mai le proprie vedute personali alla realtà concreta dei fatti di cui trattava. La stessa frammentarietà delle notizie raccolte e la lentezza nel racco-glierle ha facilitato quel suo distacco prospettico dall'argomento, neces-sario per non deformare la verità. Ebbe anche il merito di conservare, quasi nella loro veste primigenia, le testimonianze delle persone che furono in rapporto col santo: amici, direttori, conoscenti.

Ognuno comprende il valore della testimonianza di un padre Giovenale, confessore, consigliere, superiore di Gerardo nei periodi più critici della sua vita, come durante la calunnia o quella di un Nicola Santorelli, confidente dei suoi segreti o quella dei padri Ca-faro, Fiocchi e Margotta che gli furono direttori ed amici. Nessuno, dunque, potrà meravigliarsi di vedere tali memorie poste alla base della presente biografia.

Ma noi abbiamo tenuto presenti anche altri lavori, specialmente la Vita scritta dal padre Antonio Tannoia intorno all'anno 1805, sempre però subordinandola ai manoscritti precedenti in caso di di-vergenza e sempre distinguendo la nostra responsabilità dalla sua, quando ciò che narrava non ci sembrava sufficientemente suffragato da prece-denti indagini storiche.

A queste fonti scritte abbiamo aggiunto le testimonianze orali confluite nei processi apostolici iniziati nel 1843 nelle diocesi di Muro e di Conza e chiusi nel 1856, durante il primo centenario dalla morte del santo. Si comprende benissimo quale valore abbiamo potuto attri-buire a siffatte testimonianze, depositate dopo l'avvicendarsi di almeno tre generazioni, quando i ricordi autentici si erano affievoliti e dispersi o avevano subito l'influsso di elementi eterogenei di dubbia provenienza.

Maggiore importanza abbiamo accordato alle tradizioni di am-bienti chiusi, come i monasteri, dove gli anelli delle tradizioni si sal-dano più facilmente tra loro. Specialmente abbiamo valorizzato quelle tradizioni che trasmettono intatta la fisionomia del santo come uscì

dalla penna del padre Caione. è una fisionomia troppo caratteristica per non imprimere un sigillo inconfondibile di autenticità alla sua attività di apostolo e di taumaturgo.

Tra le numerose biografie non potevamo trascurare il lavoro di-ligente e paziente - forse non altrettanto intelligente - del padre Kuntz pubblicato in Roma nel 1893.

Abbiamo cercato anche di dare l'opportuno risalto all'ambiente che fu in comunione col santo, sia per la, città natale, sia per il regno di Napoli e sia per l'Istituto in cui visse e morì.

A tutti questi dati della storia e della cronaca contemporanea abbiamo aggiunto alcune leggende col preciso scopo di non trascurare l'apporto spontaneo del sentimento popolare che coglie, per istinto, gli aspetti caratteristici dei suoi eroi e li proietta nel mondo incantato della fantasia. Non sono fatti storici: perciò, di volta in volta, ne av-vertiamo - con discrezione - il lettore, ma non sono nemmeno inutili dal momento che ci permettono di penetrare, forse più delle investiga-zioni erudite, negli intimi recessi dei santi. E questo valga di risposta a quegli amici che ci avevano esternata una certa sorpresa nel vederci includere nel testo episodi e miracoli respinti poi in sede critica. Ma senza quei contorni leggendari, ci sembrava che il nostro santo perdesse qualche cosa della sua umanità. Di quell'umanità prestigiosa che si affaccia prepotente alla ribalta perfino in certi racconti che toc-cano i confini dello stravagante e dell'assurdo. Anche in questi casi, se guardiamo oltre l'elemento visivo necessariamente coreografico, av-vertiamo il soffio o segreto dello Spirito che afferma la sua presenza nel-l'inconfondibile stile gerardino.

Con tali criteri, frutto di esperienze nostre ed altrui, abbiamo tirato su queste pagine particolarmente laboriose col preciso scopo di costrin-gere il nostro santo a scendere dai suoi padiglioni rutilanti di luce per camminare ancora tra noi, passeggero tra i passeggeri, come nei giorni di Muro, di Deliceto e di Materdomini.

Perché noi abbiamo bisogno di sentirti ancora vicino, o nostro santo, vicino come sofferente e tentato, per apprendere la tua lezione di umiltà e di dolore. Oggi più che mai.

1

UN UOMO INUTILE

Le campane irruppero fragorose nel cielo quando i missionari si levarono a benedire la folla ammassata tra la cattedrale e il ca-stello, si adagiarono ai piedi dell'Addolorata, issata sul calesse come un trofeo, spronarono i cavalli e scomparvero in un nuvolo di polvere. Allora il popolo, fino a quel momento rimasto senza fiato, scoppiò in un lungo irrefrenabile applauso, rotto qua e là da urli e singhiozzi. Muro, tutta Muro, era lì a tributare il suo ringraziamento a quello stuolo di missionari che per tanti giorni si era prodigato per il suo vantaggio spirituale.

Mancava solo un giovane ventitreenne alto e pallido ed era colui che più degli altri aveva desiderato quel giorno: Gerardo Maiella. Era a casa sottochiave e la chiave si trovava nelle tasche della mamma, uscita di buon mattino. Quando se ne accorse, era troppo tardi: la porta era sbarrata e l'alta finestra dava a picco sulla roccia. Le campane intanto continuavano a rincorrersi per l'aria serena di maggio, acuendo il suo desiderio e il suo strazio.

Che fare? Coi gomiti puntati sul davanzale, pensò: poi ebbe un'idea, l'afferrò a volo, prese un lenzuolo dal letto e si calò penzo-loni nel vuoto. Aveva lasciato scritto, con la meta del viaggio, l'addio irrevocabile al mondo: "Non pensate più a me; vado a farmi santo". Tra il monte Pierno che si profila a sinistra col suo bel santuario mariano e il monte Croce, a destra, sfumato nell'azzurro, su quella rocca donde si gode il più vasto panorama della Lucania, Gerardo raggiunse la carrozza dei missionari. Ed era il luogo più adatto: i cavalli procedevano lenti in salita, mentre il santuario mariano in-coraggiava il nostro fuggitivo che dall'infanzia aveva inseguita a perdifiato il solo ideale della Croce.

Appena scorse a distanza la macchia scura dei missionari, an-nidati ai piedi della Vergine che luccicava al sole con le sue sette spade, raccolse le ultime forze e si mise a gridare, correndo: « Padri, aspettatemi! ». Era così stanco, così trafelato che il padre Cafaro, vin-cendo la sorpresa, fece fermare la carrozza: « Torna a casa, figliuolo, te lo dico per il tuo bene: questa vita non è fatta per te».

E gli altri in coro: « Torna a casa, torna a casa ! ».

Ed egli: «Provatemi e, se non sono buono, mi rimanderete a casa».

Non sappiamo cosa avvenne. Forse rimase solo sulla strada de-serta, raggiungendo a piedi la meta; forse, ed è più probabile, trovò posto nella carrozza, perché il padre Cafaro giudicò più facile per-suaderlo appena arrivati a Rionero. Fatto sta che ricompare nella nuova missione in qualità di serviente. Lavava i piatti, spaccava la legna, rattoppava le vesti, sempre sereno, gioviale, tranquillo, pie-namente soddisfatto. Dava tutto e non chiedeva nulla, nemmeno un pezzo di pane, o una coperta: mangiava gli avanzi e dormiva per terra, nei sottoscala, confidando solo in Dio e confidando contro ogni speranza. Perché il padre Cafaro non tralasciava occasione per ri-petergli in tutti i toni: « Torna a casa. è meglio per te e per noi ». E lui tirava diritto per la sua strada, incrollabile come una montagna. Ma un giorno che il Padre gli aveva ricantato per 1 centesima volta lo stesso ritornello, gli si gettò ai piedi, aggiungendo alla solita do-manda, una specie di minaccia disperata: « Se non mi accettate, mi vedrete ogni giorno accattare coi poveri alla porta del vostro col-legio ». CONTINUA...

http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/san%20gerardo%20storia%20meravigliosa%20biografia.htm

AMDG et DVM

giovedì 15 ottobre 2020

Santa Teresa



 Benedetto XVI Udienze 2011

DE  - EN  - ES  - FR  - HR  - IT  - PT ]

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 2 febbraio 2011

[Video]

 

 

Santa Teresa d'Avila [di Gesù]

Cari fratelli e sorelle,

nel corso delle Catechesi che ho voluto dedicare ai Padri della Chiesa e a grandi figure di teologi e di donne del Medioevo ho avuto modo di soffermarmi anche su alcuni Santi e Sante che sono stati proclamati Dottori della Chiesa per la loro eminente dottrina. Oggi vorrei iniziare una breve serie di incontri per completare la presentazione dei Dottori della Chiesa. E comincio con una Santa che rappresenta uno dei vertici della spiritualità cristiana di tutti i tempi: santa Teresa d’Avila [di Gesù].

Nasce ad Avila, in Spagna, nel 1515, con il nome di Teresa de Ahumada. Nella sua autobiografia ella stessa menziona alcuni particolari della sua infanzia: la nascita da “genitori virtuosi e timorati di Dio”, all'interno di una famiglia numerosa, con nove fratelli e tre sorelle. Ancora bambina, a meno di 9 anni, ha modo di leggere le vite di alcuni martiri che le ispirano il desiderio del martirio, tanto che improvvisa una breve fuga da casa per morire martire e salire al Cielo (cfr Vita 1, 4); “voglio vedere Dio” dice la piccola ai genitori. Alcuni anni dopo, Teresa parlerà delle sue letture dell'infanzia e affermerà di avervi scoperto la verità, che riassume in due principi fondamentali: da un lato “il fatto che tutto quello che appartiene al mondo di qua, passa”, dall'altro che solo Dio è “per sempre, sempre, sempre”, tema che ritorna nella famosissima poesia “Nulla ti turbi / nulla ti spaventi; / tutto passa. Dio non cambia; / la pazienza ottiene tutto; / chi possiede Dio / non manca di nulla / Solo Dio basta!”. Rimasta orfana di madre a 12 anni, chiede alla Vergine Santissima che le faccia da madre (cfr Vita 1, 7).

Se nell’adolescenza la lettura di libri profani l'aveva portata alle distrazioni di una vita mondana, l'esperienza come alunna delle monache agostiniane di Santa Maria delle Grazie di Avila e la frequentazione di libri spirituali, soprattutto classici di spiritualità francescana, le insegnano il raccoglimento e la preghiera. All’età di 20 anni, entra nel monastero carmelitano dell'Incarnazione, sempre ad Avila; nella vita religiosa assume il nome di Teresa di Gesù. Tre anni dopo, si ammala gravemente, tanto da restare per quattro giorni in coma, apparentemente morta (cfr Vita 5, 9). Anche nella lotta contro le proprie malattie la Santa vede il combattimento contro le debolezze e le resistenze alla chiamata di Dio: “Desideravo vivere - scrive - perché capivo bene che non stavo vivendo, ma stavo lottando con un'ombra di morte, e non avevo nessuno che mi desse vita, e neppure io me la potevo prendere, e Colui che poteva darmela aveva ragione di non soccorrermi, dato che tante volte mi aveva volto verso di Lui, e io l'avevo abbandonato” (Vita 8, 2). Nel 1543 perde la vicinanza dei famigliari: il padre muore e tutti i suoi fratelli emigrano uno dopo l'altro in America. Nella Quaresima del 1554, a 39 anni, Teresa giunge al culmine della lotta contro le proprie debolezze. La scoperta fortuita della statua di “un Cristo molto piagato” segna profondamente la sua vita (cfr Vita 9). La Santa, che in quel periodo trova profonda consonanza con il sant'Agostino delle Confessioni, così descrive la giornata decisiva della sua esperienza mistica: “Accadde... che d'improvviso mi venne un senso della presenza di Dio, che in nessun modo potevo dubitare che era dentro di me o che io ero tutta assorbita in Lui” (Vita 10, 1).

Parallelamente alla maturazione della propria interiorità, la Santa inizia a sviluppare concretamente l'ideale di riforma dell'Ordine carmelitano: nel 1562 fonda ad Avila, con il sostegno del Vescovo della città, don Alvaro de Mendoza, il primo Carmelo riformato, e poco dopo riceve anche l'approvazione del Superiore Generale dell'Ordine, Giovanni Battista Rossi. Negli anni successivi prosegue le fondazioni di nuovi Carmeli, in totale diciassette. Fondamentale è l'incontro con san Giovanni della Croce, col quale, nel 1568, costituisce a Duruelo, vicino ad Avila, il primo convento di Carmelitani Scalzi. Nel 1580 ottiene da Roma l'erezione in Provincia autonoma per i suoi Carmeli riformati, punto di partenza dell'Ordine Religioso dei Carmelitani Scalzi. Teresa termina la sua vita terrena proprio mentre è impegnata nell'attività di fondazione. Nel 1582, infatti, dopo aver costituto il Carmelo di Burgos e mentre sta compiendo il viaggio di ritorno verso Avila, muore la notte del 15 ottobre ad Alba de Tormes, ripetendo umilmente due espressioni: “Alla fine, muoio da figlia della Chiesa” e “E' ormai ora, mio Sposo, che ci vediamo”. Un’esistenza consumata all'interno della Spagna, ma spesa per la Chiesa intera. Beatificata dal Papa Paolo V nel 1614 e canonizzata nel 1622 da Gregorio XV, è proclamata “Dottore della Chiesa” dal Servo di Dio Paolo VI nel 1970.

Teresa di Gesù non aveva una formazione accademica, ma ha sempre fatto tesoro degli insegnamenti di teologi, letterati e maestri spirituali. Come scrittrice, si è sempre attenuta a ciò che personalmente aveva vissuto o aveva visto nell’esperienza di altri (cfr Prologo al Cammino di Perfezione), cioè a partire dall'esperienza. Teresa ha modo di intessere rapporti di amicizia spirituale con molti Santi, in particolare con san Giovanni della Croce. Nello stesso tempo, si alimenta con la lettura dei Padri della Chiesa, san Girolamo, san Gregorio Magno, sant'Agostino. Tra le sue opere maggiori va ricordata anzitutto l’autobiografia, intitolata Libro della vita, che ella chiama Libro delle Misericordie del Signore. Composta nel Carmelo di Avila nel 1565, riferisce il percorso biografico e spirituale, scritto, come afferma Teresa stessa, per sottoporre la sua anima al discernimento del “Maestro degli spirituali”, san Giovanni d'Avila. Lo scopo è di evidenziare la presenza e l'azione di Dio misericordioso nella sua vita: per questo, l'opera riporta spesso il dialogo di preghiera con il Signore. E’ una lettura che affascina, perché la Santa non solo racconta, ma mostra di rivivere l’esperienza profonda del suo rapporto con Dio. Nel 1566, Teresa scrive il Cammino di Perfezione, da lei chiamato Ammonimenti e consigli che dà Teresa di Gesù alle sue monache. Destinatarie sono le dodici novizie del Carmelo di san Giuseppe ad Avila. Α loro Teresa propone un intenso programma di vita contemplativa al servizio della Chiesa, alla cui base vi sono le virtù evangeliche e la preghiera. Tra i passaggi più preziosi il commento al Padre nostro, modello di preghiera. L'opera mistica più famosa di santa Teresa è il Castello interiore, scritto nel 1577, in piena maturità. Si tratta di una rilettura del proprio cammino di vita spirituale e, allo stesso tempo, di una codificazione del possibile svolgimento della vita cristiana verso la sua pienezza, la santità, sotto l'azione dello Spirito Santo. Teresa si richiama alla struttura di un castello con sette stanze, come immagine dell'interiorità dell'uomo, introducendo, al tempo stesso, il simbolo del baco da seta che rinasce in farfalla, per esprimere il passaggio dal naturale al soprannaturale. La Santa si ispira alla Sacra Scrittura, in particolare al Cantico dei Cantici, per il simbolo finale dei “due Sposi”, che le permette di descrivere, nella settima stanza, il culmine della vita cristiana nei suoi quattro aspetti: trinitario, cristologico, antropologico ed ecclesiale. Alla sua attività di fondatrice dei Carmeli riformati, Teresa dedica il Libro delle fondazioni, scritto tra il 1573 e il 1582, nel quale parla della vita del gruppo religioso nascente. Come nell'autobiografia, il racconto è teso a evidenziare soprattutto l'azione di Dio nell'opera di fondazione dei nuovi monasteri.

Non è facile riassumere in poche parole la profonda e articolata spiritualità teresiana. Vorrei menzionare alcuni punti essenziali. In primo luogo, santa Teresa propone le virtù evangeliche come base di tutta la vita cristiana e umana: in particolare, il distacco dai beni o povertà evangelica, e questo concerne tutti noi; l'amore gli uni per gli altri come elemento essenziale della vita comunitaria e sociale; l'umiltà come amore alla verità; la determinazione come frutto dell'audacia cristiana; la speranza teologale, che descrive come sete di acqua viva. Senza dimenticare le virtù umane: af­fabilità, veracità, modestia, cortesia, allegria, cultura. In secondo luogo, santa Teresa propone una profonda sintonia con i grandi personaggi biblici e l'ascolto vivo della Parola di Dio. Ella si sente in consonanza soprattutto con la sposa del Cantico dei Cantici e con l'apostolo Paolo, oltre che con il Cristo della Passione e con il Gesù Eucaristico.

La Santa sottolinea poi quanto è essenziale la preghiera; pregare, dice, “significa frequentare con amicizia, poiché frequentiamo a tu per tu Colui che sappiamo che ci ama” (Vita 8, 5) . L'idea di santa Teresa coincide con la definizione che san Tommaso d'Aquino dà della carità teologale, come “amicitia quaedam hominis ad Deum”, un tipo di amicizia dell’uomo con Dio, che per primo ha offerto la sua amicizia all’uomo; l'iniziativa viene da Dio (cfr Summa Theologiae II-ΙI, 23, 1). La preghiera è vita e si sviluppa gradualmente di pari passo con la crescita della vita cristiana: comincia con la preghiera vocale, passa per l'interiorizzazione attraverso la meditazione e il raccoglimento, fino a giungere all'unione d'amore con Cristo e con la Santissima Trinità. Ovviamente non si tratta di uno sviluppo in cui salire ai gradini più alti vuol dire lasciare il precedente tipo di preghiera, ma è piuttosto un approfondirsi graduale del rapporto con Dio che avvolge tutta la vita. Più che una pedagogia della preghiera, quella di Teresa è una vera "mistagogia": al lettore delle sue opere insegna a pregare pregando ella stessa con lui; frequentemente, infatti, interrompe il racconto o l'esposizione per prorompere in una preghiera.

Un altro tema caro alla Santa è la centralità dell'umanità di Cristo. Per Teresa, infatti, la vita cristiana è relazione personale con Gesù, che culmina nell'unione con Lui per grazia, per amore e per imitazione. Da ciò l'importanza che ella attribuisce alla meditazione della Passione e all'Eucaristia, come presenza di Cristo, nella Chiesa, per la vita di ogni credente e come cuore della liturgia. Santa Teresa vive un amore incondizionato alla Chiesa: ella manifesta un vivo “sensus Ecclesiae” di fronte agli episodi di divisione e conflitto nella Chiesa del suo tempo. Riforma l'Ordine carmelitano con l'intenzione di meglio servire e meglio difendere la “Santa Chiesa Cattolica Romana”, ed è disposta a dare la vita per essa (cfr Vita 33, 5).

Un ultimo aspetto essenziale della dottrina teresiana, che vorrei sottolineare, è la perfezione, come aspirazione di tutta la vita cristiana e meta finale della stessa. La Santa ha un'idea molto chiara della “pienezza” di Cristo, rivissuta dal cristiano. Alla fine del percorso del Castello interiore, nell'ultima “stanza” Teresa descrive tale pienezza, realizzata nell'inabitazione della Trinità, nell'unione a Cristo attraverso il mistero della sua umanità.

Cari fratelli e sorelle, santa Teresa di Gesù è vera maestra di vita cristiana per i fedeli di ogni tempo. Nella nostra società, spesso carente di valori spirituali, santa Teresa ci insegna ad essere testimoni instancabili di Dio, della sua presenza e della sua azione, ci insegna a sentire realmente questa sete di Dio che esiste nella profondità del nostro cuore, questo desiderio di vedere Dio, di cercare Dio, di essere in colloquio con Lui e di essere suoi amici. Questa è l'amicizia che è necessaria per noi tutti e che dobbiamo cercare, giorno per giorno, di nuovo. L’esempio di questa Santa, profondamente contemplativa ed efficacemente operosa, spinga anche noi a dedicare ogni giorno il giusto tempo alla preghiera, a questa apertura verso Dio, a questo cammino per cercare Dio, per vederlo, per trovare la sua amicizia e così la vera vita; perché realmente molti di noi dovrebbero dire: “non vivo, non vivo realmente, perché non vivo l'essenza della mia vita”. Per questo il tempo della preghiera non è tempo perso, è tempo nel quale si apre la strada della vita, si apre la strada per imparare da Dio un amore ardente a Lui, alla sua Chiesa, e una carità concreta per i nostri fratelli. Grazie.

IL LIBRO DELLA VITA: http://www.unionecarmelitanateresiana.it/joomla/images/PDF/librodellavita.pdf