martedì 13 ottobre 2020

Santa Giovanna d'Arco La Vergine eroica



Sorprendenti e varie sono le vie della provvidenza!

Dio volle liberare gli ebrei dal giogo degli egizi, e spinse Mosè a presentarsi dinanzi all'orgoglioso faraone. Mosè fece miracoli per provare la sua missione divina, lanciò piaghe sull'Egitto e ostentò il potere divino, aprendo dinanzi a sé le acque del Mar Rosso e in esse sepellendo per sempre gli eserciti nemici.
Dio volle salvare la Francia dal dominio inglese nel Medioevo, e invece di far nascere tra i figli di questa nazione un grande generale, chiamò per realizzare la sua opera una fanciulla, innocente pastorella della Lorena.
All'improvviso, un paese sconfitto e decadente, fatto a pezzi dall'ambizione, governato da un principe debole ed esitante, risuscita nel sentire la convocazione di Giovanna. La sua verginale voce dona forza ai deboli, coraggio ai codardi e fede ai non credenti. La sua innocenza infonde terrore ai nemici, restaura la purezza dei dissoluti. Il suo nome è un urlo di guerra. La sua figura uno stendardo immacolato.
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Nella sua breve vita conobbe gli splendori della gloria e le umiliazioni della più vile persecuzione: quella della calunnia - l'ultima risorsa degli invidiosi, un'arma perfida degli infami, che risparmia il corpo e ferisce l'onore.
Condannata a morte come strega, ridotta alle ceneri dal fuoco, la sua innocenza trionfò negli altari per sempre: Santa Giovanna d'Arco. Sentiamo il nostro fondatore proclamare la grandezza della verginale "Pulzella" di Lorena:
Nel tempo in cui la Francia feudale, la Francia dell'eroismo e dei cavalieri, si trovava sotto il giogo conquistatore dell'Inghilterra, una pastorella fu chiamata da Dio in un villaggio molto umile, il cui nome suona come il rintocco delle campane: Domrémy.
Fin da molto giovane Giovanna coltivava l'abitudine di pregare e di trovarsi da sola nei campi, portando a pascolare il gregge dei suoi genitori. Un giorno ascoltò delle voci misteriose che finirono per identificarsi come le voci di San Michele e di due sante. Queste voci la esortarono a presentarsi al re di Francia e a comuicargli che Dio la inviava con lo scopo di annunciargli il Suo aiuto per espellere gli inglesi dal territorio francese.
Quella vergine incantevole decise allora di partire e di presentarsi al sovrano. Appena arrivò alla corte le successe un bellissimo fatto, che venne a provare l'autenticità della sua missione. In un epoca come quella, in cui non vi era nè stampa né televisione, esisteva soltanto una maniera di conoscere il volto del re: quella di guardarlo direttamente. Chi non lo avesse mai visto non sarebbe stato capace di identificarlo, attraverso la sua fisionomia, in mezzo a tante persone. Il giorno in cui il re Carlo VII accondiscese ad ascoltare Santa Giovanna d'Arco si vestì come un semplice nobile, e dall'affollato salone delle udienze si ritirò verso un luogo appartato, inviando un altro verso la postazione centrale, vestito come se fosse il monarca.
Santa Giovanna d'Arco entrò, guardò tutti, e senza indugiare si incamminò verso colui che si nascondeva in un angolo dicendogli: "O Re, io vengo a parlarvi!"
Nel colloquio che seguì, Carlo VII mise in difficoltà la giovane pastorella, tuttavia lei superò tutte le prove. Convinto della sua missione, il monarca la mise, fragile e debole, a capo di uno degli eserciti più forti dell'Europa. E lei, nella sua fragilità verginale e incantevole, lo comandò e respinse gli inglesi quasi completamente fuori dalla Francia.
Una volta, Santa Giovanna d'Arco si rivolse a Carlo VII e gli disse che voleva da lui un inestimabile regalo, e chiese se il monarca era disposto a farlielo. Lui disse di sì. Lei allora, affermò che voleva il Regno di Francia! Sorpreso e forzato il re accondiscese.
Santa Giovanna d'Arco immediatamente fece chiamare un quattro notai e stilò un contratto tramite cui riceveva da Carlo VII la Francia, spogliando il sovrano, a proprio vantaggio, di tutti i diritti sul Regno. Dopo che il re ebbe firmato il documento, Santa Giovanna d'Arco ne fece stilare un altro, tramite cui lei, in nome di Dio, riconsegnava al monarca il Regno di Francia!
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In Carlo VII, che non era stato ancora incoronato, la regalità si trovava abbastanza viva per non morire, ma abbastanza morta per non rivivere. In realtà, si trovava sul punto di perire e quasi disturbava il corso della Storia. Santa Giovanna d'Arco chiese la sua rinuncia e reinstaurò in lui - per mandato divino - ciò che stava morendo, dando al regno di Francia una nuova vita.
Era una pastorella chiamata a splendere nella corte di un re. Era una vergine chiamata a vivere in un campo militare, in cui, purtroppo tante e tante volte il linguaggio è impuro, e la presenza delle donne dissolute si fa notare. Lei vi splendette come un cero di purissima cera in piena notte.
La sua verginità aveva qualcosa di immacolatamente argentato, aveva lo sfolgorio dell'argento. Furono così grandi le vittorie di Santa Giovanna d'Arco che ancor prima che gli inglesi fossero al di fuori del territorio francese, sorsero delle condizioni propizie all'incoronazione di Carlo VII nella cattedrale di Reims.
Lei condusse fin lì Carlo VII e lui fu incoronato in mezzo a una gloria indicibile. Santa Giovanna d'Arco assistette alla cerimonia nel posto d'onore, portando il suo stendardo azzurro e bianco in cui vi erano ricamati i nomi di Gesù e Maria.
Dato che lei aveva sempre avuto nemici tra i francesi, uno di essi le chiese:
- Cosa ci fa il tuo stendardo? È uno stendardo per la guerra, non per le feste!
E lei rispose:
- Esso è stato con me nell'ora della lotta e della fatica, è naturale che sia con me nell'ora della gloria!
Dopo l'incoronazione di Carlo VII, restava ancora una parte della Francia da riconquistare.
Nella battaglia di Compiège, il tradimento immondo come la vipera si arrotolò intorno all'eroica pastorella. I borgognoni, vassalli che si erano ribellati contro il re di Francia la arrestarono, e in cambio di soldi la consegnarono agli inglesi.
Le voci che lei aveva sentito sembrava le avessero promesso che sarebbe morta soltanto quando il potere inglese fosse sconfitto in Francia. E lei sperava tanto di salvare quel nobile paese che arrivò a saltare giù da una torre in cui si trovava prigioniera, per fuggire e continuare a lottare. Nei suoi insondabili disegni Dio non fece il miracolo di aiutarla, e neppure le voci la aiutarono, e lei fu arrestata nuovamente!
Gli inglesi si misero d'accordo con un vescovo francese, espulso da poco dalla propria diocesi grazie al suo sostegno all'invasore straniero, e accusarono Santa Giovanna d'Arco di stregoneria. Dicevano che le sue vittorie erano frutto di un patto con il demonio.
Nel corso del processo lei si difese come una leonessa. Le sue risposte alle domande dei giudici erano caste come una corazza e affilate come la lama di una spada. Tuttavia, contro ogni aspettativa, fu condannata dal tribunale dell'Inquisizione al rogo, come una vile strega!
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Dio, che era stato così presente in tutti i suoi combattimenti, adesso era assente. Nel mattino della sua morte la vestirono con una tunica infamante e la condussero su di un carretto, in piedi e con le mani legate alla schiena, come se fosse una malvivente, verso il luogo del supplizio. Il popolo gremiva le strade per cui lei passava, e sul cammino un araldo leggeva la sentenza, tutta fatta di infami e false accuse.
Continuando il tragitto, il carretto arrivò alla piazza in cui era preparato il rogo. Santa Giovanna D'Arco scese e camminò verso di essa. Si può immaginare la perplessità che le invadeva l'anima: "Ma, allora, quelle voci non erano vere? Quelle voci avrebbero mentito? Dio mio, la mia vita sarà stata un inganno? É l'Inquisizione che mi condanna! È un tribunale ecclesiastico, guidato da un vescovo, composto da teologhi e da uomini di legge....Mi sarò sbagliara o mio Dio?!"
Il rogo venne acceso. Non passò molto tempo e la suppliziata cominciò a sentir crescere i dolori della morte. In un certo momento le parve di aver avuto una visione, la sentirono guidare all'interno delle fiamme: "Le voci non mentirono! Le voci non mentirono!"
Il fuoco avvolse il suo corpo, lei morì con tutti i dolori di colui che è bruciato vivo, però ripetè fino all'ultimo momento: "Le voci non mentirono! Le voci non mentirono!" Sembrava volesse dire: "Vi è un mistero, ma io muoio felice perché faccio la volontà di Dio!"
Il mistero si spiegò a lei: le voci non avevano mentito.
L'impeto dato da Santa Govanna d'Arco nell'offensiva contro gli invasori inglesi era stata così grande che essi non osarono resistere all'esercito francese. Poco dopo il sacrificio dell'eroina, cadde il potere inglese in Francia. Lei morì senza poter vedere la caduta del muro. Tuttavia, le voci non avevano mentito. Circa 120 anni dopo, Calais, l'ultima città inglese in Francia, cadde e si concluse la riconquista del territorio francese.
L'Inghilterra, durante questo periodo, divenne protestante e Calais diventò una città eretica: era l'unghia dell'eresia conficcata nel suolo benedetto della Francia. Ma le voci non mentirono e l'opera di Santa Giovanna d'Arco giunse a termine.
Per Dio non esiste fretta. Lui è eterno. Sono trascorsi più di trecento anni.... Soltanto nel 1908 volle l'Altissimo che San Pio X, in una cerimonia magnifica, in mezzo a gioiosi rintocchi di campane, canonizzasse la vergine guerriera di Domrémy. Il trionfo della santa pastorella coperta da un'armatura costituiva ancora uno sfulgorio che la Chiesa emetteva dal suo interno.
Il nome di Santa Giovanna d'Arco rimarrà come una saga, un mito, un poema, fino alla fine del mondo: la vergine eroica e debole, che scacciò gli inglesi dal dolce Regno di Francia e che realizzò così la volontà di Nostra Signora, Regina del Cielo e della terra. 
(Mons. João Clá Dias, EP)


DOZULE'

 


PREGHIERA DETTATA DA GESÙ 
A MADELEINE AUMONT

DA RECITARE TUTTI I GIORNI

Gesù ha dettato una novena e una preghiera, da recitare col Rosario. Ogni focolare che dirà questa preghiera con grande fiducia
sarà protetto da ogni cataclisma.

Fare il Segno di Croce...

Gesù di Nazareth ha trionfato sulla morte. Il Suo Regno è eterno.
Egli viene per vincere il mondo e il tempo.
Pietà mio Dio, per quelli che Ti bestemmiano, perdona loro, essi non sanno quello che fanno.
Pietà mio Dio, per lo scandalo del mondo, liberali dallo spirito di Satana.
Pietà mio Dio, per quelli che fuggono da Te, dà loro il gusto della Santa Eucarestia.
Pietà mio Dio, per quelli che verranno a pentirsi ai piedi della Croce Gloriosa,
che essi vi trovino la Pace e la Gioia in Dio nostro Salvatore.
Pietà mio Dio, affinché venga il Tuo Regno, ma salvali, è ancora tempo,
perché il tempo è vicino, ed ecco Io vengo.
Amen.
VIENI, SIGNORE GESÙ.
Recitare un Pater e 10 Ave
Pietà mio Dio, per coloro che oggi ancora più di ieri ti perseguitano.
Riversa nei loro cuori umani la Tua Misericordia.
Signore, riversa sul mondo intero i tesori della Tua infinita Misericordia.
Vieni Signore Gesù, noi ti attendiamo.
Amen.
Fare il Segno di Croce...



Elogio del giglio....



VOLUME VI CAPITOLO 412

CDXII. Elogio del giglio delle convalli, simbolo di Maria, e sacrificio di Pietro per il bene di Giuda.­

   8 aprile 1946.


 1 Il gruppo apostolico ha volto le spalle alla pianura e per vie collinose, fra monti e convalli, si dirige verso G erusalemme. Per abbreviare la via non hanno preso le strade maestre, ma scorciatoie solitarie, faticose ma molto spedite.
   In questo momento sono nel fondo di una verde convalle ricca d'acque e di fioretti, né mancano gli steli odorosi delle convallarie, cosa che fa osservare al Taddeo che molto giusto è appellare il mughetto «giglio della convalle» e lodarne la bellezza, fragile eppure resistente e così delicatamente fragrante.
   «Però sono gigli all'incontrario», osserva Tommaso. «Guardano in giù invece che in su».
   «E come sono piccini! Abbiamo fiori più pomposi di questo. Non so perché l'hanno tanto lodato…», dice Giuda urtando con sprezzo un ciuffetto di mughetti in fiore.
   «No! Perché? Sono così gentili!», interviene Andrea in difesa dei poveri fiori, e si china a raccogliere gli steli spezzati.
   «Sembrano fieno e nulla più. Più bello è il fiore dell'agave, così maestoso, potente. Degno di Dio e di fiorire per Dio».
   «Io ci vedo più ancora Dio in questi calici minuti… Ma guarda che grazia!… Dentellati, così concavi… Paiono di alabastro, di cera vergine, e lavorati da manine piccolissime… Invece è l'Immenso che li ha fatti! Oh! Potenza di Dio!…». Andrea è quasi estatico nella contemplazione e meditazione dei fiori e della Perfezione creativa.
   «Mi sembri una femminuccia malata di nervi!…», motteggia Giuda di Keriot ridendo maligno.
   «No. Veramente trovo anche io, e orafo sono e perciò me ne intendo, che questi steli sono una perfezione. Più difficili a farsi nel metallo che non l'agave. Perché sappi, amico, che è l'infinitamente piccolo che rivela la capacità dell'artefice. Dammi uno stelo, Andrea… E tu, dall'occhio bovino che ammira solo il grandioso, vieni qui e osserva. Ma quale artefice poteva fare queste coppe così leggere, perfette, decorarle di quel topazio minuscolo là nel fondo e unirle al gambo con questo stelo di filigrana curvo così, aereo così… Ma è una meraviglia!…».
   «Oh! che poeti sono sorti fra noi! Anche tu, Toma, così…».
   «Non stolto, sai, non femmina, sai? Ma artista. E sensibile artista. E me ne vanto.



 2 Maestro, ti piacciono questi fiori?». Tommaso interpella il Maestro, che ha tutto ascoltato senza parlare.
   «Tutto della creazione mi piace. Ma questi fiori sono fra i prediletti…».
   «Perché?», chiedono in diversi. E contemporaneamente chiede Giuda: «Anche le vipere ti piacciono?», e ride.
   «Anche esse. Servono…».
   «A che?», interrogano in molti.
   «A mordere. Ah! Ah! Ah!», ride offensivo Giuda.
   «Allora dovrebbero piacere moltissimo a te», gli ribatte il Taddeo spezzandogli la risata sotto il sottinteso molto esplicito. Ora sono gli altri che ridono della botta ben data.
   Gesù non ride. È anzi pallido e triste. Guarda i suoi dodici, e specie i due antagonisti che si guardano l'uno con ira, l'altro con severità, e risponde a tutti per rispondere all'Iscariota in particolare.
   «Se Dio le ha fatte, segno è che servono. Nulla di inutile, di totalmente nocivo è nel creato. Solo il Male è nettamente e solamente nocivo, e guai a quelli che se ne lasciano mordere. Uno dei frutti del suo morso è l'incapacità di distinguere più il Bene dal Male, è la deviazione della ragione e della coscienza pervertita verso cose non buone, ed è la cecità spirituale per la quale, o Giuda di Simone, non si vede più risplendere la potenza di Dio sulle cose, anche se minute. In questo fiore essa sta scritta per la bellezza, il profumo, la forma così diversa da quella di ogni altro fiore, per questa goccia di rugiada che trema e splende sospesa al ciglio cereo del minuscolo petalo e pare una lacrima di riconoscenza per il Creatore che ha fatto tutto, e tutto bene, tutto utile, tutto variato. Ma è detto che tutto era bello ai progenitori finché non ebbero le cataratte del peccato… E tutto parlava loro di Dio finché sulle cose, meglio, nella loro pupilla non fu istillato l'umore che svisò la loro capacità di vedere Dio… Anche al momento attuale, Dio tanto più si disvela più lo spirito è re in una creatura…».
   «Salomone cantò le meraviglie di Dio e così Davide… e non avevano certo lo spirito re! Maestro, questa volta ti ho colto in fallo».
   «Ma impudente che sei! Come osi dire questo?», scatta Bartolomeo.
   «Lascialo parlare… Non ne tengo conto. Parole che il vento disperde e delle quali non si scandalizzano erbe e piante. Noi, unici che le ascoltiamo, sappiamo dare ad esse il peso che meritano, non è vero? E non le ricordiamo più. La giovinezza è spesso irriflessiva, Bartolmai. Compatiscila…


 3 ­Ma qualcuno mi aveva chiesto perché preferisco il giglio delle convalli… Ecco che rispondo: "Per la sua umiltà". Tutto parla in esso di umiltà… I luoghi che ama… l'attitudine del fiore… Mi fa pensare alla Madre mia… Questo fiore… Così piccino! Eppure, sentite come odora un solo stelo. L'aria intorno se ne profuma… Anche mia Madre umile, schiva, ignota, che chiedeva solo di rimanere ignota… Pure il suo profumo di santità fu tanto forte che mi aspirò dal Cielo…».
   «Ci vedi un simbolo di tua Madre in quel fiore?».
   «Sì, Toma».
   «E pensi che i nostri antichi, lodando il giglio della convalle, presentissero Lei?», chiede Giacomo d'Alfeo.
   «Allora l'hanno anche paragonata ad altre piante e fiori. Alla rosa, all'ulivo e ai più gentili animali: tortore, colombe…», dice quasi con ira l'Iscariota.
   «Ognuno le diceva ciò che egli vedeva di più bello nel creato. E del creato Ella realmente è la Tutta Bella. Ma Io la chiamerei Giglio della convalle e pacifico Ulivo se dovessi celebrare le sue lodi», e Gesù si rasserena e illumina pensando a sua Madre, e si dilunga per isolarsi…
 

4 ­Il cammino continua, nonostante l'ora calda, perché il fondo valle è un susseguirsi di piante che riparano il sole.
   Pietro, dopo qualche tempo, affretta il passo e raggiunge il Maestro. Lo chiama piano: «Maestro mio!».
   «Mio Pietro!».
   «Ti disturbo se vengo con Te?».
   «No, amico. Che vuoi dirmi di così urgente che ti spinge a venire presso il Maestro tuo?».
   «Una domanda… Maestro, io sono un uomo curioso…».
   «Ebbene?». Gesù sorride nel guardare il suo apostolo.
   «E mi piace sapere tante cose…».
   «Ciò è difetto, Pietro mio».
   «Lo so… Ma non credo che questa volta sia difetto. Volessi sapere delle cose brutte, delle birbonate per poter criticare chi le ha fatte, oh! allora sarebbe difetto. Ma Tu vedi che io non ti ho chiesto se Giuda c'entrava nella chiamata a Bétèr e perché…».
   «Ma ne avevi una grande voglia…».
   «Sì. È vero. Ma anzi ciò è merito più grande, no?».
   «È merito più grande. Come grande merito è dominare se stessi. Questo dimostra, in chi lo fa, una buona, seria evoluzione nello spirituale, un veramente attivo apprendere e assimilare le lezioni del Maestro».
   «Sì, eh?! E Tu ne sei contento?».
   «Oh! Pietro, me lo chiedi? Beato ne sono».
   «Sì? Proprio sì? O Maestro mio! Ma allora il tuo povero Simone è quello che ti fa così felice?».
   «Sì. Ma non lo sapevi già?».
   «Non osavo crederlo. Ma vedendoti tanto felice, ieri ti ho fatto interrogare. Perché pensavo che poteva essere anche Giuda quello che si migliorava… benché non abbia prove di ciò… Ma io posso vedere male. Giovanni mi ha detto che Tu gli hai detto che sei felice perché c'è uno che si fa santo… Poi, poco fa, Tu mi dici che di me sei contento perché mi faccio più buono. Ora so. Quello che ti fa felice e allegro sono io, il povero Simone…



 5 Però adesso vorrei che i miei sacrifici facessero mutare
   Giuda. Non sono invidioso. Vorrei tutti perfetti per farti perfettamente felice. Ci riuscirò?».
   «Confida, Simone, confida e persevera».
   «Lo farò! Certo che lo farò. Per Te… e anche per lui. Perché non ci deve certo godere ad essere sempre così. In fondo… potrebbe essermi quasi figlio… Uhm! Veramente preferisco essere padre a Marziam! Ma… gli farò da padre lavorando per dargli un'anima degna di Te».
   «E di te, Simone», e Gesù si china e lo bacia sui capelli.
   Pietro è tutto beato… Dopo un po' chiede: «E non mi dici altro? Non c'è altro di buono, qualche fiore fra le spine che trovi da per tutto?».
   «Sì. Un amico di Giuseppe che viene alla Luce».
   «Davvero? Un sinedrista?».
   «Sì. Ma non bisogna dirlo. Pregare si deve. Soffrire per questo. Non mi chiedi chi è? Non sei curioso?».
   «Molto! Ma non lo chiedo. Un sacrificio per questo sconosciuto».
   «Te benedetto, Simone! Oggi mi fai proprio felice. Continua così e ti amerò sempre più e sempre più ti amerà Dio. Ora fermiamoci attendendo gli altri…».

SE NE PARLO' NEL PROCESSO DELLA CANONIZZAZIONE DI GIOVANNI XXIII

 

Morto Mons. Capovilla: vide un “essere alieno” con Giovanni XXIII


Astronomi vaticani confermano l’esistenza dei Riv (“Res Inesplicata Volantes”). Il Gesuita Padre Reyna: «Da due degli Osservatori molte volte ho seguito le evoluzioni degli Ufo»

Cordoglio nella Chiesa per la morte avvenuta a Bergamo del Cardinale Loris Francesco Capovilla, già segretario particolare di Angelo Roncalli, quando era patriarca di Venezia, poi  divenuto Papa con il nome di Giovanni XXIII. Loris Capovilla era il più anziano vescovo d’Italia ed era stato ordinato Cardinale da Papa Francesco nel febbraio del 2014. Aveva compiuto i cento anni nell’ottobre dello scorso anno e aveva scelto di festeggiarli a Sotto il Monte (BG) – paese natale di Roncalli – insieme ai tanti profughi ospitati in un Istituto di suore. Dopo la morte di Giovanni XXIII era diventato nel 1967 vescovo di Chieti, in seguito passò a Loreto e nel 1988, dopo aver dato le dimissioni, si ritirò a Sotto il Monte. Il primo incontro con Roncalli risale al 1950 quando il futuro Papa era nunzio a Parigi, e come Patriarca di Venezia lo volle al suo fianco quale segretario. Divenuto Papa, Roncalli confermò Capovilla in questo delicato incarico. Per dieci anni, dal 15 marzo del 1953 al 3 giugno del 1963, quando Giovanni XXIII morì, Capovilla ha custodito la memoria e rivelato il pensiero e le opere del “Papa buono”, che fu beatificato da San Giovanni Paolo II il 3 settembre del 2000 e canonizzato da Papa Francesco il 27 aprile del 2014.

La morte  del Cardinale Capovilla riporta alla ribalta un episodio poco conosciuto dal pubblico, in quanto con Loris Capovilla scompare l’ultimo 


testimone di un incontro che Papa Giovanni XXIII avrebbe avuto con un “essere alieno” nel 1961 due anni prima della sua morte. L’incontro sarebbe avvenuto nei giardini della Villa Pontificia di Castel Gandolfo e Loris Capovilla ne sarebbe stato  testimone. Il Segretario del Papa per espresso desiderio di Roncalli avrebbe mantenuto per anni il segreto di questo “incontro”. La notizia apparve su un quotidiano inglese e fu poi ripresa dal “Sun” nel 1985. Molti, all’interno della Santa Sede, sono propensi a ritenerlo veritiero. Secondo quanto riferito da Mons. Capovilla, il “contatto” sarebbe avvenuto in un pomeriggio di luglio del 1961.

«Camminavamo – racconta Capovilla – il lago a pochi passi, uno accanto all’altro, come due amici, come avevamo fatto tante volte in quegli splendidi pomeriggi d’estate. Come persone qualsiasi che hanno voglia di starsene un po’ in disparte, fuori dalla routine quotidiana. A un tratto, sopra le nostre teste apparvero luci colorate, arancio, ambra, azzurro e poi accadde l’imponderabile che è difficile da raccontare: le luci si fermano per qualche minuto sulle nostre due figure che camminano fianco a fianco, poi il contatto. Una delle astronavi si stacca dallo stormo e atterra nel lato sud del giardino. Il portellone si apre e dalla carlinga esce fuori qualcosa» .È «assolutamente umano» riferirà Capovilla, solo che ha una luce intorno che lo avvolge. Caddero in ginocchio i due, poi Roncalli si alzò e senza esitare andò verso “l’uomo”, quell’essere assolutamente umano avvolto da una luce tenue, penetrante.

Parlarono per circa venti minuti ma non si potevano sentire quelle voci: «non sentii nulla» ma parlavano tra di loro, gesticolavano. Per ben venti minuti poi l’Uomo voltò le spalle e se ne ritornò sull’astronave che ripartì. «Roncalli mi guardò e pianse. Quando ritornò verso di me – prosegue 


Capovilla – mi disse: “I figli di Dio sono dappertutto. Anche se a volte abbiamo difficoltà a riconoscere i nostri stessi fratelli”». Questo avrebbe detto Papa Roncalli al suo segretario che per anni, forse per volere dello stesso Giovanni XXIII, gli impose il silenzio sulla vicenda. Sono passati 55 anni dall’“incontro” in quello strano pomeriggio e tuttora in Vaticano sono presenti dubbi e perplessità. Ora con la morte del Cardinale Capovilla, ultimo testimone del fatto straordinario, si chiude il ricordo  di quel contatto.

C’è da dire  in proposito che durante il pontificato di Benedetto XVI, in un convegno tenutosi nel 2009 in Vaticano su altre forme di vita nell’Universo, astronomi gesuiti ne  hanno ammesso  l’esistenza. Il Gesuita Padre Reyna astronomo e professore di fisica all’Università del Salvador a Buenos Aires, ha ammesso: «Gli Ufo sono oggetti reali le cui strutture, velocità e traiettorie sono state fotografate e registrate dai radar. Da due degli Osservatori (operativi per la Santa Sede n.d.r.) molte volte ho seguito le evoluzioni degli Ufo. Quasi sempre seguivano dei satelliti o dei missili ma sempre a una certa distanza come per non disturbarli con il loro campo magnetico. Quando i satelliti entrano nel cono d’ombra della Terra essi spariscono, invece gli Ufo rimangono luminosi e cambiano generalmente rotta a velocità fantastiche. Una notte per la prima volta al mondo abbiamo seguito uno di essi al telescopio».

 

Giancarlo Cocco
Foto © Creative Commons – Wikimedia Commons

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L’incredibile storia di Papa Giovanni XXIII e l’incontro con gli Alieni


Nel 1961, Angelo Roncalli, ovvero Papa Giovanni XXIII, poco prima di morire, avrebbe avuto un incontro ravvicinato con un alieno. Loris Francesco Capovilla, il suo segretario personale, avrebbe assistito a questo incontro sensazionale, raccontando in seguito quanto era avvenuto.

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a sinistra Papa Giovanni XXIII e a destra Loris Francesco Capovilla

 Questa notizia apparve su un quotidiano inglese, e poi venne ripresa dal quotidiano “The Sun” nel 1985. In questi giorni un video presente su Youtube e che vi mostriamo sotto,  ha riacceso l’interesse su questa storia, con il racconto che sarebbe uscito proprio dalla bocca del segretario personale di Papa Giovanni XXIII. 

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L’incontro avvenne nel 1961 nella residenza estiva di Castel Gandolfo e questo è il racconto di Loris Francesco Capovilla: “mi trovavo con Papa Giovanni XXIII e stavamo camminando mentre chiacchieravamo come due buoni amici. Improvvisamente li avevamo sopra le nostre teste. Era un oggetto volante di forma ovale e aveva luci intermittenti azzurre e ambra. Improvvisamente è atterrato sul prato nel lato sud del giardino ed uno strano essere, simile agli umani, uscì da questa “nave”. Questo essere aveva le orecchie più grandi delle nostre ed era come avvolto in una luce dorata. Sua Santità ed io ci siamo inginocchiati e successivamente il Santo Padre si è avvicinato verso quell’essere. “I due rimasero insieme per circa 15-20 minuti e si intuiva che stavano dialogando, io rimasi in disparte e  non ho sentito nulla di quello che si sono detti. L’essere, terminato il dialogo, si è avviato verso la sua nave e se ne andò. Il Sommo Pontefice mi disse: I figli di Dio sono dappertutto anche se a volte abbiamo difficoltà a riconoscere i nostri stessi fratelli.”

 

UFOs and Nuclear Weapons138 Dec. 16

UFOs and Nuclear Weapons139 Dec. 16

Poco prima di morire qualcuno chiese al Papa di quell’incontro e lui disse che se lo portava nel cuore. Una storia incredibile ed eccezionale che a distanza di tanti anni colpisce e fa riflettere sull’esistenza di esseri extraterrestri che probabilmente visitano il nostro pianeta da milioni di anni.

A cura della Redazione Segnidalcielo

artículo en español e inglés

En 1961, Angelo Roncalli o el Papa Juan XXIII, poco antes de su muerte, habrían tenido un encuentro cercano con un extraterrestre. Loris Francesco Capovilla, su secretario personal, habría sido testigo de esta reunión sensacional, contando después lo que había sucedido. Esta noticia apareció en un periódico británico, y luego fue recogido por el diario “The Sun” en 1985. En estos días presente un vídeo en Youtube y que os mostramos a continuación, ha reavivado el interés de esta historia, la historia saldría directamente de la boca del secretario personal del Papa Juan XXIII.
La reunión tuvo lugar en 1961 en su residencia de verano de Castel Gandolfo, y esta es la historia de Loris Francesco Capovilla: “Estaba con el Papa Juan XXIII y fueron caminando mientras charlamos como dos buenos amigos. De repente los tuvimos sobre nuestras cabezas. Era un objeto volador de forma ovalada con intermitentes luces azules y ámbar. De repente, aterrizó en el césped en el lado sur del jardín y una extraña criatura, similar a los humanos, salió de esta “nave”. Este ser tenía los oídos más grandes que los nuestros y parecía envuelto en luz dorada. Su Santidad y yo nos arrodillamos y luego el Santo Padre se acercó a ese ser. “Los dos estuvieron juntos durante unos 15-20 minutos y estaba claro que estaban hablando, me mantuve al margen y no escuché nada de lo que dijeron. Una vez que el diálogo terminó, comenzó a caminar hacia su barco y se fue. El Sumo Pontífice me dijo: “Los hijos de Dios están en todas partes, aunque a veces nos resulte difícil reconocer a nuestros propios hermanos”.
Justo antes de morir, alguien le preguntó al Papa sobre esa reunión y dijo que lo llevaba en su corazón. Una historia increíble y excepcional que después de muchos años nos afecta y nos hace reflexionar sobre la existencia de seres extraterrestres que probablemente visiten nuestro planeta durante millones de años.

English:

In 1961, Angelo Roncalli, or Pope John XXIII, shortly before his death, would have had a close encounter with an alien. Loris Francesco Capovilla, his personal secretary, would have witnessed this sensational meeting, telling later what had happened.  This news appeared in an English newspaper, and then was taken by the newspaper “The Sun” in 1985. These days a video on Youtube and that we show below, has reignited the interest on this story, with the story that would come out right from the mouth of the personal secretary of Pope John XXIII.  The meeting took place in 1961 in the summer residence of Castel Gandolfo and this is the story of Loris Francesco Capovilla: “I was with Pope John XXIII and we were walking while we talked as two good friends. Suddenly we had them over our heads. It was an oval-shaped flying object with intermittent blue and amber lights. Suddenly he landed on the lawn on the south side of the garden and a strange creature, similar to humans, came out of this “ship”. This being had the ears bigger than ours and was like wrapped in golden light. His Holiness and I knelt down and then the Holy Father approached that being. “The two were together for about 15-20 minutes and it was clear that they were talking, I stood on the sidelines and I did not hear anything of what they said. Once the dialogue had ended, he started towards his ship and left. The Supreme Pontiff told me: “The children of God are everywhere, even if sometimes we find it difficult to recognize our own brothers.”  Just before he died someone asked the Pope about that meeting and he said that he carried it in his heart. An incredible and exceptional story that after many years affects and makes us reflect on the existence of extraterrestrial beings that probably visit our planet for millions of years.



AMDG et DVM

C'è una parte del terzo segreto che non hanno ancora pubblicato !!!

 



FATIMA: la clamorosa conversazione di Benedetto XVI con padre Ingo Döllinger

Print Friendly, PDF & Email(di Cristina Siccardi) «Non ascoltare la Vergine Santissima, inviata da Dio», affermò Suor Lucia dos Santos in un’intervista del 26 dicembre 1957 rilasciata a Padre Augustin Fuentes su autorizzazione di Pio XII nel convento delle Carmelitane scalze di Coimbra di fronte al Vescovo ausiliare di Leiria, a due Vescovi di Coimbra, al nunzio apostolico in Portogallo, «è un peccato contro lo Spirito Santo».

E proprio nel giorno della festa di Pentecoste di quest’anno il teologo tedesco padre Ingo Döllinger, ordinato sacerdote il 25 luglio 1954, già segretario del Vescovo di Augusta, Josef Stimpfle, nonché amico personale di Benedetto XVI, ha dato il permesso di pubblicare a Maike Hickson, sul sito OnePeterFive questo clamoroso annuncio: «Non molto dopo la pubblicazione nel giugno 2000 del Terzo Segreto di Fatima da parte della Congregazione per la Dottrina delle Fede, il Cardinale Joseph Ratzinger disse a padre Döllinger durante una conversazione di persona che c’è una parte del Terzo segreto che non hanno ancora pubblicato! “C’è di più di quello che abbiamo pubblicato” disse Ratzinger. Inoltre disse a Döllinger che la parte pubblicata del segreto è autentica e che la parte inedita del Segreto parla di “un cattivo Concilio e di una cattiva Messa” che sarebbero arrivati in un futuro prossimo». «Padre Döllinger –  conclude Hickson – mi ha dato il permesso di pubblicare questi fatti nella festa dello Spirito Santo e mi ha dato la sua benedizione».

Il Dossier Fatima, apertosi 99 anni fa, prosegue nel cammino di arricchimento di documentazione per una storia soprannaturale e naturale che proseguirà sia fino a quando il Terzo segreto non sarà svelato al mondo nella sua interezza; sia fino a quando non si compirà l’ultima profezia della Madonna, ovvero il trionfo del suo Cuore immacolato.

Suor Lucia dos Santos scrisse il terzo Segreto a Tuy il 3 gennaio 1944 e lo consegnò a Monsignor José Alves Correia da Silva, Vescovo di Leiria-Fatima nel giugno dello stesso anno. Fu inviato a Roma fra marzo-aprile del 1957. Il testo avrebbe dovuto essere reso pubblico sotto il Pontificato di Giovanni XXIII nel 1960, secondo le precise indicazioni della Madonna. Ma ciò non avvenne per volontà di Papa Roncalli e dei suoi successori.


I veggenti di Fatima hanno sempre parlato di Segreto, diviso in tre parti. «Il segreto consta di tre cose distinte», scrisse Suor Lucia nella sua Terza Memoria (A.M. Martins SJ, Documentos, Fátima, L.E. Rua Nossa Senhora de Fátima, Porto 1976, p. 219). Nelle quattro Memorie ella dichiarò di scrivere sotto l’assistenza dello Spirito Santo (cfr. Quarta Memoria di Lucia dos Santos in ivi, p. 315). Soltanto la terza parte del Segreto venne stilata a parte, per essere destinata esclusivamente al Vicario di Cristo: a lui solo la responsabilità di sapere, a lui solo la responsabilità di agire di conseguenza.

Nella Quarta Memoria Suor Lucia scrisse che la Madonna dichiarò: «In Portogallo, si conserverà sempre il dogma della Fede, ecc… Questo non ditelo a nessuno». È proprio in quell’«ecc.» che è racchiusa la terza parte del Segreto e questa frase tronca non è stata riportata nel Messaggio di Fatima reso pubblico il 26 giugno del 2000. Infatti, la Congregazione della Dottrina della Fede, allora guidata dal Prefetto Cardinale Ratzinger, estrapolò le due parti del Segreto non dalla Quarta, ma dalla Terza Memoria, dove non è presente la rivelazione che nel Portogallo si conserverà il dogma della Fede, dando per scontato che in altri luoghi non sarà così… l’apostasia è, di fatto, dilagata ovunque e la si ritrova sia fuori che dentro la Chiesa.

Ogni Papa, da Pio XII in poi, è stato messo a conoscenza del terzo Segreto, ma due soltanto, fino ad ora, hanno preso l’iniziativa di diffondere qualcosa e di fare qualcosa. Ma Fatima resta, ancora, l’incompiuta: scetticismo? prudenza? paura? I confini che dividono questi atteggiamenti avuti dai Papi sono labili. Il fatto reale è che le apparizioni di Fatima sono legate strettamente alla realtà ecclesiastica, oggi così martoriata, così refrattaria al soprannaturale, così confusa, così corrotta moralmente e spiritualmente, così carica di errori teologici e dottrinali, così priva di insegnamenti catechetici.


Fatima è annodata alla Passione attuale della Chiesa, causata, principalmente da due rivoluzioni, una pastorale e l’altra liturgica: il Concilio Vaticano II e la Santa Messa. Non dimentichiamo che l’Angelo del Portogallo apparve ai veggenti (1915-1916) quale preludio all’arrivo della Madonna e diede la Santa Ostia a Lucia, mentre il Sangue di Cristo, contenuto in un Calice, lo divise fra Giacinta e Francesco, affermando: «Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati! Fate riparazione per i loro crimini e consolate il vostro Dio (…) Rinnovando il sacrificio della Passione e Morte di Gesù, la Santa Messa è cosa tanto grande da bastare a trattenere la Divina Giustizia» (Fatima e la Passione della Chiesa, Sugarco, Milano 2012, p. 80). La Santa Messa è stata cambiata, è stata oltraggiata al fine di porre al centro dell’attenzione non più Nostro Signore e il Suo Sacrificio, ma l’assemblea, così facendo la Fede, sia nel clero che nei fedeli, ha perso consistenza e significato e le grazie si sono diradate, mentre le chiese si sono svuotate, così come i seminari.

In virtù della rivelazione di Padre Döllinger (che ebbe come confessore san Pio da Pietrelcina al quale fu molto legato, che insegnò teologia morale al Seminario di Order of Canons Regular of the Holy Cross del Brasile, frequentato dal futuro Vescovo Athanasius Schneider, che nel 1970 prese parte alle discussioni della Conferenza episcopale tedesca sulla massoneria, al termine delle quali si affermò l’incompatibilità fra essa e la Chiesa cattolica) possiamo riflettere su alcuni aspetti.

Il Papa mariano, Giovanni Paolo II, che venne salvato il 13 maggio del 1981 dall’attentato del killer professionista Mehmet Ali Ağca, disse di aver avuto salva la vita grazie alla Madonna di Fatima e volle rendere nota al mondo la visione che ebbero i tre pastorelli portoghesi. È il 13 luglio 1917, siamo alla Cova d’Iria: la Madonna appare per la terza volta e rivela il Segreto: la visione dell’Inferno (prima parte); la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato (seconda parte), e la terza parte, ancora oggi monca.


Lascia registrato su carta Suor Lucia: «un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo indicando la terra con la mano destra,  con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo (…) un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarci, attraversò una grande città mezza in rovina e tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio».

Ma qual è la spiegazione a questa visione e qual è il segreto che sottende? La Madonna illustrò ogni cosa delle prime due parti, nulla esiste della terza, se non il commento teologico del Cardinale Joseph Ratzinger e testo e commento furono presentati in una conferenza stampa in mondovisione. Tuttavia, una volta divenuto Papa, il 13 maggio 2010, dichiarò a Fatima: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa». È un caso che Benedetto XVI, proprio all’inizio del suo Pontificato, aprì il celebre dibattito sull’ermeneutica del Concilio Vaticano II, avviando così una felice stagione di ripensamenti su quell’assise? È un caso che diede vita al Summorum Pontificum del 2007 liberalizzando la Santa Messa in rito antico, sepolta e perseguitata dal 1969? È un caso che abolì il decreto di scomunica ai quattro vescovi della FSSPX, da sempre poggiati con perseveranza su due pilastri: la Santa Messa tridentina e la critica costruttiva al Concilio Vaticano II? È un caso che sia Benedetto XVI prima, sia Papa Francesco adesso desiderino riappacificarsi con la Fraternità sacerdotale fondata dal Vescovo Monsignor Marcel Lefebvre? Un caso o tutto rientra nelle loro conoscenze su ciò che la Madonna disse a Fatima?

Le risposte a tali quesiti e, nel contempo, al panorama disastroso di questa dolorosa vigilia del centenario delle apparizioni, sono nel terzo segreto di Fatima: la chiave per aprire la porta della reviviscenza della Chiesa. (Cristina Siccardi)