domenica 11 ottobre 2020

LA STORIA DI DON ANDREA BELTRAMI

 Il venerabile Andrea Beltrami

Un vero mistico salesiano, morto a 27 anni, tre mesi dopo santa Teresina di Lisieux alla quale per molti aspetti assomiglia per il suo itinerario spirituale.

La storia di don Andrea Beltrami potrebbe incominciare come racconta un'antica favola: «In un magnifico giardino cresceva un bambù dal nobile aspetto. Il Signore del giardino lo amava più di tutti gli altri alberi. Anno dopo anno, il bambù cresceva e si faceva robusto e bello. Perché il bambù sapeva bene che il Signore lo amava e ne era felice».
Era un giovane in gamba, intelligente e sportivo, con uno splendido futuro. Lo ricorda lui stesso: «Ottenni la licenza ginnasiale al Liceo Gioberti in Torino, e il mio esame fu un vero trionfo: dei 33 candidati di scuole private, tre appena furono promossi. Di questi tre io fui il primo, avendo ottenuto 10 in italiano orale e 9 in componimento. Ebbi perciò la prima medaglia del collegio di Lanzo. Così splendidi successi mi aprivano una bella carriera nel mondo».
Andrea era nato a Omegna (Novara), sulle rive del lago d'Orta, il 24 giugno 1870. Suo padre Antonio era un conciatore di pelli, sua madre Caterina gestiva un negozio di alimentari. Erano buoni cristiani (come ricordava Andrea) e crescevano nell'amore del Signore i cinque figli e le cinque figlie che Dio aveva loro mandato.
Andrea, il primogenito, era amico delle acque del lago, dove nuotava e remava insieme ai fratelli. Era anche amico delle montagne che si elevavano poco lontano dal lago. Durante i mesi delle vacanze scolastiche vi si arrampicherà sempre con passione.


Andrea rivelò presto carattere ardente e vivace, con un fondo di tenacia che era proprio della stirpe. Apparvero sin dai primi anni anche il suo eletto ingegno e la sua passione per libri e quaderni. Dichiara il fratello Giuseppe: “Andrea manifestò sempre inclinazioni allo studio, e nei collegi Zanoia e Conti riportò sempre i primi premi”. La mamma aggiunge che aveva “dieci in condotta, nei collegi che frequentò ad Omegna”.
Ricordano tutti il suo carattere dolce, la sua obbedienza, il rispetto verso i superiori, l'animo caritatevole e gentile verso i poveri.
Non che gli mancassero i difetti dell'età e del temperamento impulsivo e in qualche misura dominatore e ribelle: ma nell'infanzia e nel corso elementare, a chi lo osservava attentamente, parvero splendere in lui più le belle qualità di natura e di grazia, che non le immancabili ombre, da cui prende rilievo ogni figura umana.
Nulla, è vero, di eccezionale che lasciasse fin d'allora intravedere il santo: ma neppure atteggiamenti o fatti in contrasto con il dovere scolastico, familiare, con una vita ordinata e semplice che poteva essere preludio di più alte virtù.
Purtroppo al Collegio Zanoia, mentre frequentava la terza e quarta elementare in qualità di semiconvittore, venne a trovarsi tra un mondo giovanile reso malsano dalla presenza di compagni guasti dal male, e ne fu scossa la sua sensibilità.
Ad aiutarlo e sostenerlo, in momenti per lui d'incertezza e d'angoscia, e qui si ammira la sua prontezza e fermezza di volontà, fu la frequenza ai sacramenti.


Don Bosco
Nell'ottobre 1883 approdò al collegio salesiano di Lanzo Torinese. Non sappiamo perché dalla scuola di Omegna passò a quella salesiana di Lanzo. Probabilmente perché in casa sua arrivava il Bollettino Salesiano. A Lanzo, nel 1884, Andrea fu letteralmente ipnotizzato da monsignor Giovanni Cagliero, il vescovo missionario salesiano che parlò ai giovani delle terre lontane della Patagonia e degli indios che lo aspettavano. Fu con ogni probabilità da quel momento che cominciò a sentire - come racconta nella lettera drammatica - l'invito potente di Dio: tu sarai salesiano.
Fu accompagnato al noviziato salesiano dalla mamma. Affidandolo a don Barberis, la signora Caterina disse: «Lo metto nelle sue mani. Ne faccia un santo». Il 2 ottobre 1887, nella casa salesiana di Valsalice, Andrea Beltrami si inginocchiò davanti al vecchio e malato don Bosco, e nella freschezza dei suoi 17 anni giurò a Dio di vivere per sempre casto, povero e obbediente nella Congregazione salesiana. Don Bosco era ormai al termine della sua vita terrena. Quattro mesi dopo, il 31 gennaio 1888, si spegneva nella pace di Dio. Il giorno prima, Andrea e tutti i giovani salesiani di Valsalice erano andati a salutarlo un'ultima volta. Lo narrò in una lettera a papà e mamma: «Siamo entrati a uno a uno nella sua camera, ci siamo fermati a contemplarlo un istante e gli abbiamo baciato la mano. Se aveste veduto che pace spirava in quella camera! che tranquillità!».


In aiuto al principe polacco
A Valsalice e poi a Foglizzo (1887-1891), Andrea Beltrami si impegnò negli studi superiori: liceo e poi Università di lettere e di filosofia frequentata come pendolare tra Foglizzo e Torino. A Valsalice, nell'autunno del 1887, Andrea divenne amico di Augusto Czartoryski, giovane principe polacco. Egli aveva voluto diventare salesiano. Don Bosco esitava, ma papa Leone XIII in persona aveva appoggiato la sua domanda. La madre di Augusto, la dolcissima principessa Maria Amparo, era figlia della regina di Spagna, ed era morta di tisi quando Augusto aveva sei anni, lasciandogli un'eredità regale, ma anche una salute fragile e incrinata dalla tisi, la malattia che in quel tempo spopolava inesorabilmente le case dei poveri e quelle dei re.


A 16 anni, Augusto aveva avuto come precettore un ex-prigioniero dei russi in Siberia, oggi venerato come santo: Giuseppe Kalinowski. Sua madre e il santo istitutore avevano alimentato in Augusto un atteggiamento raro: il distacco dalle cose terrene. Il principe le guardava come se vi vedesse dentro l'incapacità di farlo felice. Andrea e Augusto si scoprirono «gemelli nella fede».
A Valsalice, poi a Lanzo e ad Alassio, Andrea per ordine dei superiori segue il principe Augusto in cerca di salute (la tisi lo sta aggredendo). Andrea ha ogni attenzione per l'amico. Lo cura come un fratello. In quei giorni, spesso resi lunghi dall'inattività forzata, Andrea riceve dal principe Augusto silenziose lezioni di santità. Scrive: «So di avere in cura un santo, un angelo». E don Celestino Durando, uno dei superiori maggiori dei salesiani, testimonierà: «Mai infermo fu più bisognoso di cure materne, e mai vi fu un infermiere più vigilante e delicato». Alla fine del 1890, mentre il principe rimaneva ad Alassio (si sarebbe spento l'8 aprile 1893), Andrea Beltrami tornò a Foglizzo, assistente insegnante, iscritto all'Università di Torino.


Il sigillo del sangue
Qui incomincia la seconda parte della favola:
Un giorno, il Signore si avvicinò al suo amato albero e gli disse: «Caro bambù, ho bisogno di te».
Il magnifico albero sentì che era venuto il momento per cui era stato creato e disse, con grande gioia: «Signore, sono pronto. Fa' di me l'uso che vuoi».
La voce del Signore era grave: «Per usarti devo abbatterti!».
Il bambù si spaventò: «Abbattermi, Signore? Io, il più bello degli alberi del tuo giardino? No, per favore, no! Usami per la tua gioia, Signore, ma per favore, non abbattermi».
«Mio caro, bambù», continuò il Signore, «se non posso abbatterti, non posso usarti».
Il giardino piombò in un profondo silenzio. Anche il vento smise di soffiare. Lentamente il bambù chinò la sua magnifica chioma e sussurrò: «Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, abbattimi».
«Mio caro bambù», disse ancora il Signore, «non solo devo abbatterti, ma anche tagliarti i rami e le foglie».
«Mio Signore, abbi pietà. Distruggi la mia bellezza, ma lasciami i rami e le foglie!».
«Se non posso tagliarli, non posso usarti».
Il sole nascose il suo volto, una farfalla inorridita volò via. Tremando, il bambù disse fiocamente: «Signore, tagliali».
«Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso fare questo, non posso usarti».
Il bambù si chinò fino a terra e mormorò: «Signore, spacca e strappa».

Mentre tornava dall'Università di Torino in una giornata siberiana (era il 20 febbraio 1891), Andrea ebbe un profondo colpo di tosse, e si trovò la bocca piena di sangue. Era una grave emottisi: rivelava che anche i suoi polmoni erano intaccati dalla tubercolosi. Non aveva ancora 21 anni. I medici, subito chiamati a visitarlo, dissero ai superiori che non si facessero illusioni: la malattia era mortale. Andrea non seppe nulla, e docilmente interruppe l'università e iniziò le cure per ricuperare la salute. Scrisse dopo alcuni mesi: «Vado sempre migliorando. Faccio qualche passeggiata adagio adagio... Da qualche tempo però la mia tosse si fa più forte e improvvisa, soprattutto di notte». Il suo più grande desiderio era diventare sacerdote, celebrare la s. Messa. Secondo le leggi della Chiesa, in quel tempo l'ordinazione sacerdotale non si poteva ricevere prima dei 24 anni. Nelle pause che la malattia gli concedeva (sempre fiducioso di guarire) Andrea cominciò ad aprire i libri di teologia, per prepararsi al grande giorno. Scriveva a don Barberis: «Io sto abbastanza bene... Ho studiato un po' di teologia...».
Scorrendo le sue lettere, si osserva che poco per volta nella sua vita si opera un cambiamento profondo. Pregando e pensando si abbandona sempre più alla volontà di Dio. Non desidera più guarire, ma unicamente fare ciò che a Dio piace. Il 2 luglio 1892 scrive: «II Signore continua ad aiutarmi, e io non ho che da ringraziarlo di questa malattia come di un favore specialissimo». Alcuni mesi dopo, all'amico Amilcare Bertolucci scrive: «Alla Congregazione sono necessari molti che soffrano, e che sappiano soffrire bene».


Sacerdote e vittima
I superiori vollero manifestare la loro riconoscenza a quel «meraviglioso sofferente» ottenendogli la dispensa di 18 mesi per l'ordinazione sacerdotale. LƎ gennaio 1893 monsignor Giovanni Cagliero, il vescovo missionario che l'aveva entusiasmato da ragazzo, lo ordinò sacerdote a Valdocco, nelle camerette dov'era vissuto don Bosco. Alla sua prima Messa assistette la carissima mamma. La cameretta dove viveva a Valsalice gli permetteva di vedere l'altare della cappella e il tabernacolo. Ogni giorno passava ore in adorazione fissando Gesù Eucaristia.
Don Paolo Albera, secondo successore di don Bosco, tracciando la figura di Andrea quando si pensò di iniziarne la Causa di Beatificazione, scrisse: «Col permesso del suo direttore scrisse, e sottoscrisse col suo sangue, una preghiera che portò sempre appesa al collo in un borsellino: “Converti, o Gesù, tutti i peccatori, consola con la tua grazia tutti gli agonizzanti, libera tutte le anime sante del purgatorio. Io mi offro pronto a soffrire tutte le agonie dei moribondi, tutti i tormenti di tutti i martiri, e ciò fino al giorno del giudizio universale. Mi offro vittima. Questa vittima venga offerta continuamente a te”».
Così il Signore del giardino abbatté il bambù, tagliò i rami e le foglie, lo spaccò in due e gli estirpò il cuore. Poi lo portò dove sgorgava una fonte di acqua fresca, vicino ai suoi campi che soffrivano per la siccità. Delicatamente collegò alla sorgente una estremità dell'amato bambù e diresse l'altra verso i campi inariditi.
La chiara, fresca, dolce acqua prese a scorrere nel corpo del bambù e raggiunse i campi. Fu piantato il riso e il raccolto fu ottimo.
Così il bambù divenne una grande benedizione, anche se era stato abbattuto e distrutto.
Quando era un albero stupendo, viveva solo per se stesso e si specchiava nella propria bellezza. Stroncato, ferito e sfigurato era diventato un canale, che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.

E dopo sei anni di tante sofferenze scriveva a don Rua: «È il sesto anno della mia malattia, e io ne faccio anniversario come di giorno festivo, pieno di letizia».
Nonostante fosse in pericolo di morire da un giorno all'altro - continua don Albera - pensò di rendersi utile alla Congregazione scrivendo libri, dopo averne chiesto il permesso. Uscirono dalla sua penna una ventina di opere che, pubblicate quasi tutte dopo la sua morte, ebbero larghissima diffusione, dalla Vita di S. Francesco d'Assisi e Il peccato veniale. Scrisse tutte queste opere tra gravi dolori, prendendo forza nel guardare il tabernacolo di Gesù Eucaristia.
Al mattino del 30 dicembre 1897, dopo una notte di violenta crisi cardiaca, rinnovò l'offerta di sé. Poi, quale sposo che si vede arrivato al giorno delle nozze, fece la pulizia alla sua persona, si cambiò da sé la biancheria e non pensò più ad altro che a comparire avanti a Dio.
Morì durante la Messa celebrata dal suo direttore. Aveva 27 anni.
Tre mesi prima, il 30 settembre si era spenta nel Carmelo di Lisieux, all'età di 24 anni, santa Teresina del Bambino Gesù, contemplando il Crocifisso e dicendo: “Oh... l'amo!... Dio mio... Vi amo!”.
Una singolare sintonia spirituale tra due anime giovani che avevano offerto la loro vita per la salvezza delle anime nella fedeltà alle rispettive vocazioni.

AMDG et DVM

Giudizio universale



I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Giudizio universale

Vita cattolica: Matrimonio, laicato...
1. Vi sarà un giudizio universale. 
2. L’universo sarà sconvolto. 
3. Risurrezione generale. 
4. Comparsa di Gesù Cristo. 
5. Accusa e manifestazione delle coscienze. 
6. Triste condizione dei peccatori nel giorno del giudizio. 
7. Tutto si solleva contro i reprobi e li condanna. 
8. Gesù Cristo pagherà ciascuno secondo le sue opere. 
9. Separazione dei buoni dai cattivi. 
10. Sentenza di benedizione per gli eletti. 
11. Trionfo degli eletti. 
12. Sentenza di maledizione contro i reprobi. 
13. Disperazione dei reprobi.
14. Bisogna pensare, temere e prepararci al giudizio.
1. VI SARÀ UN GIUDIZIO UNIVERSALE. – «E’
decretato, scrive il grande Apostolo, che tutti gli nomini hanno da morire un
giorno, e dopo ciò verrà il giudizio» (Hebr.
IX, 27). E infatti, Dio è infinitamente giusto, anzi la giustizia per essenza;
un giudizio adunque è necessario per pagare ciascuno
secondo le opere sue… I profeti l’hanno vaticinato… Il Vangelo l’attesta…
Tutte le nazioni vi credettero… E questo
l’insegnamento della Chiesa… E un dogma di fede, ecc… E ad esso vi
compariranno, per rendere ragione delle loro azioni, gli uomini tutti, e giusti
e peccatori. 
  
 2. L’UNIVERSO SARA’ SCONVOLTO.
– «I cieli e la terra sono riservati al fuoco nel giorno del giudizio e della
perdizione degli empi», dice S. Pietro (II PER. III, 7). Da questo testo
risulta aperto che alla fine del mondo, tutti gli elementi saranno purificati
col fuoco… Ora se quello che è innocente. come la terra, le stelle, le piante.
ecc., deve sottostare a questa sorte, da qual fuoco non saranno consumate la
cupidigia e la volontà perversa dell’uomo peccatore, macchiato di tante
scelleratezze?.. 
 Dice il profeta
Gioele: «Piangano e tremino per lo spavento tutti gli abitatori della terra;
ecco che il giorno del gran Dio s’accosta. Giorno di tenebre e di oscurità,
giorno di nubi e di uragani; lo precede un fuoco che divora, lo segue una
fiamma che incenerisce. La terra traballa, i cieli sono scossi, il sole e la
luna si oscurano, le stelle perdono il loro chiarore. Jehovah
fa sentire la sua voce; grande è il giorno di Jehovah;
giorno terribile, chi può sostenerne l’incontro? Io farò, dice il Signore,
comparire prodigi nel cielo e su la terra, sangue, fuoco e turbini di fumo. Il sole
sarà cambiato in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno solenne
e spaventoso del Signore» (IOEL. II, 1-11, 30-31). 
 Il giorno del giudizio: 1° sarà grande,
perché metterà fine a questo universo, al delitto, al merito e al demerito…
2° sarà grande, perché segnerà il fine del tempo e l’aurora dell’eternità… 3°
sarà grande, perché testimonio d’inauditi eventi; vedrà quello che non si era
mai veduto, né mai si vedrà… 
 La guerra, la peste, la fame precederanno
quel giorno tremendo… I lampi, i tuoni, le folgori guizzeranno e
rimbomberanno da ogni parte… Le belve, lasciando le foreste e gli antri,
porteranno coi loro urli lo spavento fin dentro le città più popolose… Il
mare romperà le sue dighe e i suoi flutti si solleveranno al cielo… La terra
sarà scossa dalle sue basi, i monti crolleranno sfasciati e si sprofonderanno
in immensi abissi. Gli uomini, fuggendo senza sapere dove riparare,
ammutoliranno di terrore, Il padre più non conosce il figlio, la madre più non
distingue la figlia… I castelli, i palazzi, le città ruineranno
con orrendo fracasso… Non più oro, non più argento, non più diletti, non più
onori, non più lampo di speranza per la vita… 
 Dice Sofonia: «Il
giorno grande del Signore si avvicina, rapido si avanza: voce amara del giorno
del Signore, tribolazione per i forti. Giorno d’ira e di vendetta, di
tribolazione e di angustia, di calamità e di miseria, di oscurità e di
caligine, di nubi e di tempesta… Il grande Iddio chiamerà l’improvvisa rovina
su gli abitatori della terra (Soph. I, 15,
18). «Tutte le mani, dice Isaia, penzoleranno come slogate, tutti i cuori si
sbricioleranno come tarlati, ogni uomo istupidirà per lo spavento. Le grida
forsennate e i dolorosi lamenti empieranno l’universo, quando verrà il giorno
del Signore; giorno crudele, spirante sdegno e furore; giorno che farà della
terra un deserto, che ridurrà gli empi in esterminio»
(XIII, 7-9). 
 Meditiamo e ponderiamo queste espressioni
dei profeti. 
  
 3. RISURREZIONE GENERALE. – «Alla voce dell’arcangelo,
al suono della tromba di Dio, il Signore in persona discenderà dal cielo e i
morti risorgeranno», dice l’apostolo delle Genti (1 Thess.
IV, 15). Araldo del Dio giudice sarà la tromba dell’Onnipotente; tromba
autorevole ed imperiosa, farà udire il suono terribile nel cielo, sulla terra e
in fondo agli abissi: 1° per isvegliare i morti,
farli uscire dai sepolcri e citarli al giudizio…; 2° per chiamare gli eletti
alla solennità e alla gioia dell’unione delle loro anime coi loro corpi…; per
atterrire i reprobi e annunziare ad essi che i loro corpi usciranno dalla
polvere per congiungersi alle loro anime e andarsene con esse all’eterno
supplizio… 
 Sorgete, o morti,
venite al giudizio… «Sia che mangi, sia che beva, dice S. Girolamo, sia che
vegli, sia che dorma, sia che qualunque altra cosa io faccia, sempre e del
continuo romba all’orecchio mio la voce che grida: Sorgete, o morti, venite al
giudizio (Ep. ad Heliod.)». 
 Allo squillo della tromba, suonata
dall’angelo della giustizia divina, il mondo sarà colto da mortale terrore;
usciranno i morti dalle tombe; sboccheranno a torme dall’inferno i reprobi ed i
demoni. Quelli che oggidì chiudono, per empietà, l’orecchio alla chiamata della
fede, l’apriranno allora, ma ahi! troppo tardi… Sorgete, muovetevi,
generazioni di tutti i secoli e di tutti i luoghi, uscite dalla prigione e
dalla polvere dei sepolcri. Levatevi, o morti. All’intimazione onnipotente
tutti obbediscono; la cenere si fa viva; in un attimo tutta quanta l’umanità è
in piedi… Ma quale immensa differenza, o Dio, non corre tra quei risorti! Si
mostrano gli eletti con quei corpi, che, già sfigurati dalle battiture, dal
fuoco, dalle torture, dalle penitenze, dai digiuni, splendono ora al pari del
sole, candidi come la neve, belli come l’aurora. Felice unione! Vieni, o mio
corpo, dirà l’anima, vieni ad unirti a me; quando ero con te, tu dividevi le
mie preghiere, le mie vigilie, i miei patimenti, le mie lotte; o di te mi
serviva per guadagnarmi il cielo, e da te disgiunta ho già goduto la gloria; è
giusto che, avendo con me diviso i lavori e i meriti, tu non resti più cenere e
polvere, ma partecipi alla mia felicità, alla m a eterna gloria. Vieni,
uniamoci per non lasciarci mai più. Io sono spirituale e tu sarai
spiritualizzato; io sono luminosa e tu sarai splendente; io sono impassibile e
tu non avrai più nulla a soffrire; io sono immortale e tu non morrai più in
eterno. O mirabile e dolce unione! I reprobi, al contrario, risuscitano
anch’essi, ma con corpi sfigurati, orribili, immondi, corrotti, infetti. Quando
l’anima sozza del dannato vede il corpo maledetto com’essa, destinato a
bruciare con lei eternamente, o cielo! che infernale unione avviene in quel
punto… Vieni, grida l’anima al suo corpo, vieni, o corpo maledetto; tu hai diviso
con me i miei delitti, tu ne sei stato lo strumento; è giusto che tu divida
anche il mio supplizio, Anima colpevole e maledetta, a lei risponderà il corpo,
sei tu, che mi hai perduto! Perché il servisti di me per il vizio, invece di
adopérarmi per la virtù?… E queste reciproche maledizioni si ripeteranno
eternamente in fondo all’inferno! 
 «Si alzino le genti, intima il gran giudice
e ascendano nella valle di Giosafat, perché ivi io porrò il mio seggio a
giudicare le nazioni» (IOEL. III, 12), Quando in ogni parte si sarà fatto udire
il suono della tromba, tutti gli uomini e i demoni saranno come per forza
trascinati innanzi al trono del giudice incorruttibile. – Ma già tutti sono
riuniti, tutti aspettano, prostrati e muti, la discesa del sommo, terribile
giudice dei vivi e dei morti. 
 
 4. COMPARSA DI
GESÙ CRISTO. – «Allora, dice il Vangelo, comparirà il vessillo del Figliuolo
dell’uomo in cielo; e vedendo le tribù della terra questo Figliuolo dell’uomo
venire su le nubi del cielo, con solenne e maestosa pompa daranno in dirotto
pianto» (MATTH. XXIV, 30). Gesù Cristo,
nella sua prima venuta, essendo comparso sotto il velo della debolezza,
dell’umiltà, della povertà, si è meritato di venire l’ultimo giorno, armato di
grande potenza, splendente di maestà e di gloria. Tutti gli uomini, tutti i
demoni lo riconoscono per loro Dio e loro giudice. Se tanta magnificenza spiega
agli occhi nostri il sole, quale non sarà lo splendore dell’Onnipotente!… 
 Eccone qualche
cenno datoci dai suoi profeti: «La sua gloria investe i cieli, e il suo
chiarore vince il fulgore del sole e dalla nuvola, dentro cui si vela la maestà
sua, saetta raggi di vivissima luce, la morte gli va incatenata dinanzi e il
demonio si dibatte invano sotto i suoi piedi. Egli si arresta, misura la terra;
volge attorno lo sguardo e le genti si accasciano; le montagne del secolo vanno
in frantumi, le colline del mondo si abbassano sotto i passi della sua
eternità» (HABAC. III, 3-6). 
 «Innanzi a lui arde un incendio, dice il
Salmista, le cui fiamme inceneriscono tutt’intorno i suoi nemici e liquefanno i
monti e la terra tutta» (Psalm. XLIX, 3); (Psalm.
XCVI, 3); (Ib. 5). 
 «Io vidi, narra S. Giovanni nell’Apocalisse,
un alto trono guernito di bianco e sopra sedervi un
tale al cui sguardo la terra e il cielo si dileguarono in modo da non
trovarsene nemmeno più il luogo (Apoc. XX,
11). I suoi occhi scintillavano come fiamme di fuoco (Id. II, 18). Al
suo comparire il firmamento si ritirò come pergamena arrotolata, i monti
crollarono e le isole trabalzarono fuori delle loro basi» (Ib. VI,
14). «Guai, esclama Isaia, perché grande è quel giorno, e non ha il simile»
(IER. XXX, 7). 
 «O peccatori, dice S. Gregorio, Colui che
non voleste ascoltare nella sua umiltà, lo vedrete nella sua potenza e maestà (Homil. in Evang)». 
 Il giudizio avrà luogo non su la terra, ma
nell’aria. Gli eletti occuperanno il posto d’onore e formeranno un’armata che
si stenderà dal cielo alla terra. Su questa saranno stesi i reprobi coperti di
vergogna e confusione.
 5. ACCUSA E MANIFESTAZIONE DELLE COSCIENZE.
– «Io vidi, dice l’estatico di Patmos, i morti grandi
e piccoli ritti davanti al trono; e i libri furono aperti e i morti giudicati a
ragione delle loro opere, secondo che risultava dallo scritto nei libri» (Apoc, XX, 12). «Il giudicio
fu cominciato, scrive anche Daniele, e i libri vennero aperti» (DAN. VII, 10);
libri nei quali tutti quanti gli uomini sono notati (Psalm.
CXXXVIII, 15). Perciò
la Chiesa
canta: «Un libro sarà recato in mezzo, che contiene ogni cosa e il giudizio del
mondo si farà a norma di quello che in esso sta scritto».


Questo libro contiene tutto quello che si fa nel mondo, sia di bene, sia di
male (Eccle.
XII, 14). Nessuna colpa sarà così nascosta che non sia svelata e nessun merito
così segreto che non sia fatto palese
(LUC. VIII, 17). 
 Dice a questo proposito S. Cirillo: «Io temo
le inevitabili accuse e le irrefragabili prove.
Questo gran giudice non ha punto bisogno né di accusatori, né di testimoni, né
di argomenti; ma egli spiega innanzi ad ognuno tutto ciò che ha detto, fatto,
pensato. La non c’è modo di trovare aiuti, nessuno potrà strappare il reo alla
pena da lui incorsa: né padre, né madre, né figlio, né figlia, né amici, né
avvocati, né oro, né argento, né ricchezze, né aderenze non potranno influire
per nulla sulla sentenza. Il colpevole porta tutto da sé Il giudizio che lo
assolve o lo condanna. Dove saranno allora l’orgoglio e la vanagloria, la
porpora e la magnificenza; che ne sarà della potenza, della nobiltà, della
forza, della bellezza, della vanità, del lusso, delle comparse, degli onori
mondani, del piaceri, delle danze, dei banchetti, dei teatri, degli
spettacoli?» (Orat. de omnia excess.). 
 «Voi sarete presentato, dice San Bernardo, innanzi al giudice tremendo. Vi si farà carico di
molte e gravi colpe; né sarà breve l’atto di accusa, ma sarà lungo quanto fu la
nostra vita e non con un accusatore solo avrete da fare, ma con tanti
accusatori quanti saranno i vostri peccati. Il giudice medesimo vi accuserà
severamente, non meno che gli spiriti buoni e i malvagi. Da ogni lato si
leveranno accusatori: di qua i vostri misfatti, di la l’eterna giustizia; al di
sotto di voi l’inferno, al di sopra il paradiso; di dentro la coscienza, di
fuori il mondo. Se appena il giusto troverà scampo, che cosa sarà del
peccatore? Nascondersi, impossibile; comparire, intollerabile» (De inter Domo, c.
XXXVII). 
 «A destra, dice S. Anselmo, si schiereranno
i peccati che fanno da accusatori, a sinistra si collocheranno legioni di
diavoli (Lib. de Simil.)»;
dimodochè non vi resta più nessun luogo a scuse,
conchiude S. Agostino (Serm. LXVII, de Temp.), e non c’è scampo dalle sue mani (Sap. XVI, 15). 
 Simile a quel misero che osò entrare nella
sala del convito senza l’abito da nozze e n’ebbe a morire di vergogna in faccia
a tutti i convitati per i rimproveri e i rabbuffi mossigli dal padrone di casa,
il peccatore nella valle di Giosafat, coperto dei cenci della colpa, allibirà,
ammutolirà confuso e svergognato pubblicamente. 
 Scrive S. Paolo che il Signore metterà in
piena luce quello che sta celato nelle tenebre e manifesterà i segreti del
cuore (I Cor. IV, 5). E allora i peccatori vedranno: che cosa vedranno?
che è impossibile stare sconosciuti e tenere nascoste le proprie colpe al
riverbero di quella luce… Allora vedranno che non possono sottrarsi né agli
sguardi, né alle mani del sovrano giudice… Allora vedranno l’impossibilità di tergiversare, di dissimulare,
d’infingersi, di mentire, d’ingannare… Allora vedranno tutte le loro iniquità propalate in faccia al cielo,
alla terra, all’inferno. 
 «In quel giorno Iodio esaminerà Gerusalemme,
dice Sofonia, con la lampada alla mano, visiterà gli
uomini affondati nel loro fango, che vanno a se stessi dicendo: Il Signore non
punisce né ricompensa». E chi potrà mai lusingarsi d’ingannare quel giudice
onnipotente che, come dice Giobbe, «mette a nudo le profondità delle tenebre e veste di smagliante
splendore le ombre della morte!» (Job. XII, 22) 
 Ah sì! tutte le vie dell’uomo sono manifeste
agli occhi del Signore, ed egli è discernitore di
ogni spirito (Prov., XVI, 2). – Quindi Iddio
dice nell’Apocalisse: «Saprà tutto il mondo che io sono lo scrutatore dei reni
e dei cuori e che pagherò ciascuno in ragione delle opere sue» (Apoc. II, 23). 
 Investigatore dei più reconditi pensieri, si
servirà Iddio per giudicare gli uomini, 1° della luce sua increata…;
2° della luce degli angeli ed anche di quella dei demoni…; 3° della luce
della coscienza e della ragione individuale…; 4° della luce della sua legge e
della sua parola; 5° della luce del sole, della luna, delle stelle che ci
rischiararono quando peccammo…: tutte le creature saranno lampade
accusatrici…; 6° della luce della vita ammirabile di Gesù Cristo e dei
santi… Come nasconderci o difenderci dallo splendore di tante faci diverse!
Allora si avvereranno quelle parole del Signore: «Io ti accuserò e ti esporrò
ai tuoi medesimi occhi e chiamerò ad esame perfino le giustizie medesime» (Psalm. XLIX, 21), (Psalm.
LXXIV, 2). La tua ignominia sarà propalata e la tua vergogna messa a nudo (Isai. XLVII, 3). « Tu hai commesso nell’ombra o nel
segreto il tuo misfatto, ed io lo pubblicherò in faccia al sole ai quattro
venti » (II Reg.
XII, 122). «La pietra griderà contro di te dal mezzo del muro, i legni della
tua casa parleranno» (HABAC. II, 11). «Temete adunque,
dice S. Bernardo, l’esame del giudice, perché ha
l’occhio acuto e lo sguardo penetrante (Serm.
LV in Cant
.)». 
 Saremo giudicati dei pensieri, dei desideri,
delle occhiate, delle parole; delle opere, delle omissioni, della nostra
memoria, della volontà, dell’intelligenza, del cuore…; giudicati del
tempo…, delle grazie…; dei sacramenti, ecc. 
 Ascoltate quello che, secondo S. Agostino,
dirà Gesù Cristo nell’atto di giudicarci: «O uomo, io ti ho composto con le mie
proprie mani del fango della terra e dato la vita; io ti ho creato a mia
immagine; non curandoti della regola di condotta che ti ho tracciata, tu hai
preferito inchinarti allo spirito nemico e mentitore, piuttosto che al tuo Dio.
Essendo tu scacciato dal paradiso e trascinando le catene del peccato, io ho
stabilito d’incarnarmi; mi sono fatto uomo, fui messo in una greppia, avvolto
in fasce; sopportai le pene dell’infanzia, le angosce della virilità; ricevetti
schiaffi e sputi; fui flagellato, coronato di spine, appeso ad una croce: vedi
qui le cicatrici dei chiodi, vedi il mio fianco trapassato dalla lancia. Ora
perché hai tu perduto il merito di ciò che per te soffersi? Perché hai
disprezzato, o ingrato, i benefizi della redenzione? Perché hai profanato, con
l’infamia dei piaceri del senso, la dimora che in te avevo scelto e a me
consacrato? Perché inchiodarmi alla croce dei tuoi misfatti, croce mille volte
per me più orribile e penosa di quella del Golgota?
Poiché su questa ascesi di mio volere per pietà di te, per liberarti dalla
morte; in quella, al contrario, tu mi hai inchiodato mio malgrado. E poiché
dopo tante scelleratezze tu hai rifiutato il rimedio della penitenza, non menti
più di scampare all’abisso eterno; hai disprezzato il perdono, disprezzando il
giudice» (Serm. LXVII, de Temp.). 
 Perché, dirà il giudice supremo, non avete
creduto alle mie parole? 
perché non accettare la redenzione e la salvezza? perché
non obbedire alla mia legge? Voi non avete nessuna ragione per scusare la
vostra mancanza di fede, la vostra disobbedienza, la vostra empietà. Voi siete inescusabili; la coscienza e la ragione vostra vi
giudicano, vi convincono, vi condannano, e proclamano me buono, giusto,
misericordioso… Voi avete disprezzato i miei travagli, le mie fatiche, i miei
patimenti; avete profanato il sangue dell’alleanza; avete amato meglio
inchinarvi agli ordini delle vostre passioni anziché alle prescrizioni della
mia legge e della mia dottrina. Alla salute eterna, da me promessavi, avete
preferito i piaceri fugaci, le ricchezze e gli onori… Avete calpestato le mie
minacce e la mia persona… Eccovi ora innanzi a
Colui che non voleste né ascoltare, né ricevere, né seguire. Ora ben
comprendete che era obbligatoria la mia legge e non un vano fracasso le mie
minacce; che menzogne re non erano le mie promesse, ma che alle une e alle
altre doveva seguire infallibilmente l’effetto. Voi comprendete che era
illusione e vanità il vostro amore per il mondo e per la carne; toccate ora con
mano come abbandonandovi a quello foste pazzi. Voi gemete, piangete, vi battete
il petto; ma è troppo tardi, è invano. Andate adunque,
peccatori incalliti nel male; andate, increduli, libertini, empi; andate,
maledetti, al fuoco eterno!…
6.
TRISTE CONDIZIONE DEI PECCATORI NEL GIORNO DEL GIUDIZIO. – All’udire questi
rimproveri, alla vista dei loro reati, comprendendo l’importanza di quello che
hanno perduto, i reprobi cadranno d’animo e daranno in uno sbigottimento, in
un’ansia, in una tristezza mortale… Che angosce, che rammarichi, che pianto
amaro!… «Nel giardino degli Olivi, nota qui S. Leone, Gesù dice a coloro che
lo cercavano per catturarlo: Sono io! (IOANN. XVIII, 6); e a quella voce tutta
la masnada cadde tramortita a terra. Ora quale effetto produrrà su gli
accusati, la maestà del supremo giudice, se tanto potere ebbe la sua umiltà sul
punto di essere trascinato al giudizio? (Serm.
in Passio
)». 
 «A tale vista, gli empi allibiranno di
spavento» (Sap. V, 2), «si dimeneranno e
tremeranno» (Psalm. XL VII, 67), e grideranno:
«I dolori della morte ci hanno circondati, e il torrente delle iniquità ci
soffoca» (Psalm. XVII, 4). O giudice tremendo,
la vostra luce che viene dalle montagne eterne li conturba, li fulmina, li
prostra tutti questi uomini dal cuore istupidito per corruzione (Psalm.
LXXV, 4). Ah! urlate pure, o peccatori; ne avete ben ragione, perché è arrivato
il giorno terribile del Signore, dice Isaia (XIII, 6). 
 E come non saranno abbattuti e spaventati,
vedendo sopra di loro un giudice irritato, al di sotto le fiamme dell’inferno,
di dietro i piaceri che li abbandonano, dinanzi l’eternità infelice, a destra,
gli angeli che si allontanano, a sinistra i demoni impazienti di agguantarli?
In fondo alla loro coscienza si agitano i loro delitti, da tutti i lati
compaiono torture le quali, come altrettanti accaniti nemici, li stanno
aspettando. Finalmente in faccia a loro si spiega la tremenda, inevitabile
sentenza che li renderà infelici per sempre. 
 «Essi vedranno, dice S. Giovanni, colui che
hanno trafitto»

(IOANN.
XIX, 37); e sarà questa vista per loro un nuovo, crudelissimo tormento…
Giorno di ruina, di rabbia, di disperazione; essi vi
perdono per sempre la riputazione, la gioia, la vita, il cielo, Dio, ogni
bene… I santi applaudono e si rallegrano, vedendo la giusta vendetta di Dio;
deridono i reprobi, e trionfano dei loro nemici abbattuti e annichilati…
Allora si adempiono quelle tremende parole di S. Pietro: «Sa il Signore
riservare gli empi per tormentarli nel giorno del giudizio» (II PETR. II, 9).
 7. TUTTO SI SOLLEVA CONTRO I REPROBI E LI
CONDANNA. – Il Signore in quel giorno «armerà tutte le creature, perché lo
vendichino dei suoi nemici» (Sap. V, 18); «affilerà come una lama la sua ira, e
ordinerà all’universo di combattere per lui contro gli insensati; e la terra
sarà vendicatrice del giusti» (Id. XVI, 17). 
 «In quel giorno, dice il Crisostomo, il
cielo, la terra, l’aria, l’acqua, il fuoco, l’erba, tutto si solleverà contro
di noi per rendere testimonianza dei peccati, e noi non avremo nulla da
opporre» (Homilad pop.). «Nella mia
somma povertà spirituale, andava dicendo Agostino, avrò per i miei giudici
tante persone quanti sono gli uomini che mi precedettero per la strada delle
buone opere; tanti saranno i rimproveratori a
confondermi, quanti furono quelli che mi diedero buoni esempi; avrò tanti
testimoni a convincermi quanti sono quelli che mi suggerirono sani consigli,
utili avvertimenti (Confess.)». 
 Io ho abusato di tutte le creature, opera di
Dio, per offenderlo: ho abusato della luce del sole e della luna…; abusato
della terra e dell’aria…; abusato dell’acqua e del fuoco, del cielo e del
vestito, ecc. Ben mi sta adunque, che avendo
macchiato tutte le creature, tutte ancora si sollevino ai miei danni, sia per
vendicare il loro Creatore, sia per vendicare se stesse… Povero me! che cosa
sarà di me allora, solo contro il sollevamento generale del cielo, della terra
e dell’inferno?
 8. GESÙ CRISTO PAGHERÀ CIASCUNO SECONDO LE
SUE OPERE. – «Gesù Cristo renderà a ciascuno a misura delle sue azioni» – dice
S. Paolo ai Romani (II, 6); ed ai Corinzi annunziava, che «noi tutti dobbiamo
comparire innanzi al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno secondo quello
che ha fatto, o bene o male, per ritirare ognuno il salario in proporzione del
proprio lavoro» (II Cor. V, 10), (I Cor. III, 8). La medesima
verità inculca ai Galati, scrivendo: «Porterà
ciascuno il proprio fardello. Non illudetevi, con Dio non si scherza: l’uomo
raccoglierà quello che ha seminato» (Gal. VI, 5, 7-8). E già, prima, di
lui, il Salmista cantava: «Tu paghi, o Signore, ciascuno secondo le opere sue»
(Psalm, LXI, 11). 
 Temiamo la triste
sorte dell’infelice re Baldassarre che, posto su la bilancia, fu trovato troppo
leggero e quindi ripudiato! (DAN. V, 27). 
  
 9. SEPARAZIONE DEI BUONI DAI CATTIVI. –
Alludendo a se medesimo Gesù Cristo dice «che collocherà alla sua destra le
pecore ed alla sinistra i caproni» (MATTH. XXV, 33). Gesù paragona alle pecore
i buoni, gli eletti, per la loro semplicità, modestia, umiltà, dolcezza,
innocenza, ecc. Paragona i cattivi, i reprobi, ai caproni, perché questo
animale puzza, è imprudente, petulante, duro, lascivo, testardo, collerico,
come sono gli empi… La destra è il segno della felicità, della gloria, del
trionfo; la sinistra è simbolo della miseria, della vergogna, della schiavitù,
della maledizione. 
 «Questi sarà preso e quegli sarà lasciato»
(MATTH. XXIV, 40), disse il Salvatore; perché, l’angelo andrà a prendere e
togliere dal fianco di uno sposo infedele, la sposa fedele, mettendo quello
alla sinistra, questa alla destra. – Prenderà quel giovane virtuoso accanto a
quel giovane libertino, quella fanciulla modesta e riservata, vicino a quella
sfacciata e scandalosa, e metterà gli uni a destra, gli altri a sinistra. – Il
padre è preso, il figlio è abbandonato; la madre va a destra la figlia è
cacciata alla sinistra. – L’angelo prende i suoi, i figli di Dio; Satana prende
i suoi, i figli dell’inferno. Là ogni resistenza è impossibile, è inutile… O
crudele separazione per gli infelici dannati.
 10. SENTENZA DI BENEDIZIONE PER GLI ELETTI.
– «Allora il re dirà a quelli schierati alla sua destra: Venite, o benedetti
del Padre mio, a prendere possesso del regno, apparecchiato per voi fin
dall’origine del mondo» (MATTH. XXV, 34). Venite, benedetti dal Padre mio,
venite dalle tenebre alla luce, dalla schiavitù alla libertà dei figli di Dio,
dal lavoro al riposo eterno, dalla guerra alla pace, dalla morte alla vita,
dalla società dei cattivi alla società degli angeli, dalla lotta al trionfo,
dalla terra, soggiorno di tentazioni e di nemici, al cielo, dimora in cui
l’uomo vive per sempre libero da tentazioni e da nemici, luogo di gloria
immensa ed infinita…

 Venite, profeti, perseguitati e sbanditi per
il mio nome. Venite, patriarchi, che innanzi la mia venuta, pieni di fede, mi
avete ascoltato; pieni di speranza, mi avete atteso, desiderato ed invocato.
Venite, apostoli, voi che avete, diviso con me le afflizioni quando io vivevo
in mezzo agli uomini; voi che prendeste parte ai miei combattimenti e vi siete
inspirati al mio zelo. Venite, o martiri, che mi avete confessato intrepidi
dinnanzi ai tiranni e che mille generi di tormenti avete incontrato per la
gloria del mio nome. Venite, pontefici, che mi offriste notte e giorno, nella
purità di coscienza, un sacrifizio di lode e di
amore. Venite, o santi, che su le cime dei monti, nel folto delle selve, nelle
spelonche e nelle caverne, avete menato una vita di continenza, di preghiera,
di speranza, di amore, di mortificazione, di digiuno, di penitenza. Venite, o
vergini sagge e immacolate, che mi avete scelto per vostro sposo, che nessun
altro voleste, né amaste, né serviste fuori di me. Venite, o padri di famiglia
virtuosi e edificanti; venite, o madri di famiglia caste, vigilanti e timorate
di Dio; venite, ragazzi morigerati e puri. Venite, voi che amaste i poveri, e
conservaste la carità, fatti imitatori di me che sono tutto carità ed amore.
Venite, o degni e zelanti pastori, prendete posto tra la vostra greggia fedele,
che formerà la corona vostra per l’eternità. Vieni, o docile gregge, segui il
tuo santo pastore; tu hai prestato l’orecchio alla sua parola, tu gli hai
obbedito, ricevi la ricompensa che ti è dovuta!… Venite, voi tutti benedetti
dal Padre mio, benedetti da me, benedetti dallo Spirito Santo; eredi di Dio, coeredi di Gesù Cristo, entrate
al possesso del regno che vi fu destinato fin dai primi giorni del mondo. 
 «O cielo! esclama il Crisostomo, di quanta
gloria, di quanta felicità sono feconde queste parole! Gesù Cristo non si
restringe a dire: Ricevete, ma: Entrate al possesso, ricevete in eredità la
felicità e la gloria, ricevetele come cosa che vi appartiene, ricevetele come
l’eredità del vostro padre, assegnata e dovutavi fin dai giorni eterni» (In
Catena
). 
 Gesù Cristo giudica e premia gli eletti
prima di punire i reprobi, sia perché è proprio di lui il ricompensare e si
risolve a punire a stento; sia perché i dannati sentano più al vivo il
rimpianto di quello che hanno perduto.
 11. TRIONFO DEGLI ELETTI. – Il gran giorno
del giudizio è il giorno del trionfo degli eletti: sarà quello il giorno di Dio
e il giorno dei santi… Nel giorni del loro vivere, essi, per umiltà, tenevano
nascoste le loro virtù; il mondo non li degnava d’uno sguardo, li ignorava o li
disprezzava; ed eccoli adesso comparire in tutto lo
sfoggio della loro bellezza, in tutta la magnificenza delle loro ricchezze. Che
trionfo! Là, dice S. Gregorio, Pietro sfolgoreggia in
capo alla Giudea da lui convertita; Paolo grandeggia tra le Chiese da lui
fondate; Andrea è seguito dall’Acaia, Giovanni
dall’Asia, Tommaso dalle Indie; i pontefici dai loro greggi, gli istitutori di
religioni dalle loro famiglie; i genitori virtuosi dai loro figli (Homil.
XVII,
in Evang
.). 
 Così descrive questo trionfo il Libro della
Sapienza: «Allora i giusti si leveranno con grande sicurezza contro quelli che
li hanno tormentati e rapito loro nella vita mortale i frutti dei loro sudori»
(V, 1), «Compariranno come soldati vincitori e trionfanti in faccia al nemico
vinto e prigioniero. A questa vista gli empi tremeranno di spavento e, stupiti
di tanta gloria dei beati, andranno dicendo tra i singhiozzi e le lagrime: E
sono questi adunque coloro, dei quali noi ci siamo
burlati e abbiamo disprezzato? Ah! noi veramente insensati che guardavamo la
loro vita come pazzia, la loro fede come un obbrobrio. Ed ora eccoli annoverati tra i figli di Dio, in possesso
dell’eredità dei santi! Gli illusi, gli stolti fummo adunque
noi, sui quali non risplendette la luce della giustizia, non si levò il sole
dell’intelligenza. Miseri noi! ci siamo stancati per la via della iniquità e
della perdizione, camminammo strade aspre, disastrose e ignorammo la via del
Signore » (Ib. 2-7). 
  
 12. SENTENZA DI MALEDIZIONE CONTRO I
REPROBI. – «Allora Gesù Cristo dirà similmente a quelli che gli stanno a
sinistra: Partitevi da me, o maledetti, e andate nel fuoco eterno, preparato
per il demonio e per gli angeli suoi» (MATTH, XXV, 41). Andatevene, maledetti
dal mio Padre che vi ha creati, da me che vi ho redenti a prezzo del mio
sangue, dallo Spirito Santo che voleva santificarvi. Allontanatevi dall’augusta
madre mia, che era anche la vostra, ma che voi rinnegaste. Partitevi dalla
società di tutti i santi, della quale siete indegni. 
 Io vi ho creati e voi vi siete dati a un
altro; io ho per voi creato il cielo, la terra, il mare e tutte le creature che
in essi si contengono e voi ne avete abusato per oltraggiarmi. Io vi ho dato le
orecchie affinché ascoltaste la mia voce e obbediste alla mia legge, e voi le
apriste alle seduzioni del diavolo, ai discorsi frivoli, indecenti, osceni. Vi
ho dato gli occhi, acciocché vedeste le mie ricchezze e camminaste al lume dei
miei precetti, e voi li convertiste in istrumento
d’impurità e di cupidigia, Vi ho dato la bocca e la lingua affinché
l’impiegaste nel pregare, lodare e glorificare Dio, e voi ve ne serviste per
ingiuriare, bestemmiare, maledire e profferire parole infami e tenere discorsi
scandalosi. Vi ho dato le mani acciocché le innalzaste al cielo e le stendeste
a soccorrere il povero, e voi le adoperaste al furto, al delitto, alla
impudicizia, Ho fatto l’anima vostra ad immagine di Dio, e voi la sfiguraste in
modo da farne l’effigie della bestia. Ho fatto il vostro cuore per amarmi, ed
esso si è abbracciato al nulla. Ritiratevi da me, operai di iniquità, io non vi
conosco; voi nulla avete fatto per me, ma tutto per il demonio e per l’inferno,
dividete adunque con esso le tenebre eterne, il fuoco
inestinguibile e l’eterna disperazione. 
 Io ho offerto e sacrificato la mia vita per
voi, e voi avete disprezzato le mie grazie per cose da nulla… Abbiatevi
adesso quel che sceglieste. Voi vi siete fatti servi del peccato, della
concupiscenza, del demonio, ricevetene la mercede. Avete volto le spalle alla luce
della fede, sarete piombati nelle tenebre dell’inferno. Voleste ardere del
fuoco delle passioni, andate a bruciare per sempre nelle fiamme vendicatrici.
Avete preposto la morte alla vita, abbiatevi la morte eterna per vostra
porzione. Vi siete sottomessi all’impero di Satana, siatene gli schiavi in
eterno. Avete scelto di essere miei nemici, miei persecutori, nemici e
avversari della mia legge, della mia Chiesa, dei miei santi, della virtù, Via
da me, O maledetti, andate al fuoco eterno, preparato per il demonio e per i
suoi seguaci. 
 «Ah! voi siete veramente terribile, o Signore, dice il
Salmista: chi terrà fronte all’ira vostra, quando nel giorno della vostra
manifestazione, li porrete (i cattivi) come legna sul fuoco e li darete a
divorare alle fiamme?»
183 controllare testo
ira tua (Psalm.
LXXV, 7), (Psalm. XX, 9). A ragione pertanto diceva
S. Agostino: «Gli empi fioriscono nel secolo, inaridiranno nel dì del giudizio;
e quando saranno aridi, verranno gettati nel fuoco eterno (Enchirid.)».
 13. DISPERAZIONE DEI REPROBI. – Dio colpirà
con i suoi strali i reprobi nel giorno del giudizio: la sua collera e la sua
tremenda

vendetta
cadranno su di loro, li avvilupperanno e stringeranno e soffocheranno, come
furiosa inevitabile tempesta, in uno spaventoso, eterno naufragio. L’angoscia,
la tribolazione, le torture, le catene, le maledizioni formeranno la loro
porzione; verranno messi sotto lo strettoia della collera di Dio e pigiati come
uva; la loro desolazione valicherà i termini di ogni umana immaginazione. Un
diluvio di mali. si 
rovescerà
loro in capo. 
 Ridotti a questo estremo, i reprobi daranno
in ismanie di rabbia e di disperazione; grideranno ai
colli e ai monti che cadano loro sopra e li seppelliscano (Luc.
XXIII, 30). Si proveranno, dice il Savio, ad invocare Iddio, ma non saranno
esauditi; lo cercheranno ansiosi, ma non potranno più trovarlo (Prov. I,
28); e in quel punto, conoscendo che la sentenza è irrevocabile, che tutto è
per loro irreparabilmente perduto, si morderanno e dilanieranno a vicenda,
mentre urleranno : Ora vediamo per prova quanto orrenda cosa sia il cadere
nelle mani del Dio vivente (Hebr. X, 31). 
 « Che deplorevole condizione, esclama S.
Eucherio, sarà quella di vedere Dio e perderlo; di perire per sempre in faccia
a colui che, perché non perissimo, ha dato il suo sangue (Epist.)
». 
 Allora cominceranno gli eterni addii. Addio
al Padre.., al Figlio, allo Spirito
Santo, al cielo…, a Maria…, agli angeli…, agli eletti…, ai parenti che
vanno salvi…, alla felicità eterna… Quello che metterà il colmo alla
disgrazia ed alla disperazione dei dannati sarà il vedere gli angeli e i santi
ascendere trionfanti verso il cielo, con Gesù Cristo a capo…, e mirare gli
eterni abissi aprirsi sotto i loro piedi per inghiottirli in eterno!…
 14. BISOGNA PENSARE, TEMERE E PREPARARCI AL
GIUDIZIO. – «A quel modo, scrive S. Giovanni Climaco,
che chi languisce di fame pensa al cibo e lo desidera con ardore, così chi
desidera la sua eterna salute, non deve mai perdere d’occhio l’estremo
giudizio» (Vit. Patr.).
Bisogna poter dire al Signore che non si sono mai dimenticati i suoi giudizi (Psalm. CXVIII, 30). Bisogna, ad imitazione di S.
Gerolamo, avere sempre nelle orecchie il rimbombo della tromba che sveglierà i
morti nelle loro tombe… Il pensiero dell’ultimo giudizio ha fatto i santi… 
 «Trafiggete, o Signore, col timore vostro,
le mie carni, pregava Davide, perché i vostri giudizi mi empiono l’anima di
terrore» (Psalm.
120). «Non entrate, o mio Dio, in giudizio col vostro servo» (Ib. CXLII,
2). 
 «Non dovremmo mai ridere né abbandonarci
alla gioia, dice San Bernardo, prima che fossimo
scampati a quella terribile sentenza: Via da me, o maledetti, andatevene al
fuoco eterno!» (In Evang.). 
 «Innanzi al giudizio, prepàrati
ad essere trovato giusto – leggiamo
nell’Ecclesiastico (XVIII, 19); e per prepararci a questo, dobbiamo
esaminare le vie e le opere nostre, affinché il grande inquisitore non trovi
più nulla da condannare in noi… Giudichiamo noi medesimi di tratto in tratto
severamente, e scamperemo al severo giudizio di Dio.

AMDG et DVM

Ars celebrandi – Preghiera



 Ars celebrandi – Preghiera


Benedetto XVI, 

Omelia IV Domenica di Pasqua, Basilica Vaticana, 

7 maggio 2006


Guardiamo ora più da vicino le tre affermazioni fondamentali di Gesù sul buon pastore. La prima, che con grande forza pervade tutto il discorso sui pastori, dice: il pastore dà la sua vita per le pecore. Il mistero della Croce sta al centro del servizio di Gesù quale pastore: è il grande servizio che Egli rende a tutti noi. Egli dona se stesso, e non solo in un passato lontano. Nella sacra Eucaristia ogni giorno realizza questo, dona se stesso mediante le nostre mani, dona sé a noi. Per questo, a buona ragione, al centro della vita sacerdotale sta la sacra Eucaristia, nella quale il sacrificio di Gesù sulla croce rimane continuamente presente, realmente tra di noi. E a partire da ciò impariamo anche che cosa significa celebrare l'Eucaristia in modo adeguato: è un incontrare il Signore che per noi si spoglia della sua gloria divina, si lascia umiliare fino alla morte in croce e così si dona a ognuno di noi. È molto importante per il sacerdote l'Eucaristia quotidiana, nella quale si espone sempre di nuovo a questo mistero; sempre di nuovo pone se stesso nelle mani di Dio sperimentando al contempo la gioia di sapere che Egli è presente, mi accoglie, sempre di nuovo mi solleva e mi porta, mi dà la mano, se stesso. L'Eucaristia deve diventare per noi una scuola di vita, nella quale impariamo a donare la nostra vita. La vita non la si dona solo nel momento della morte e non soltanto nel modo del martirio. Noi dobbiamo donarla giorno per giorno. Occorre imparare giorno per giorno che io non possiedo la mia vita per me stesso. Giorno per giorno devo imparare ad abbandonare me stesso; a tenermi a disposizione per quella cosa per la quale Egli, il Signore, sul momento ha bisogno di me, anche se altre cose mi sembrano più belle e più importanti. Donare la vita, non prenderla. È proprio così che facciamo l'esperienza della libertà. La libertà da noi stessi, la vastità dell'essere. Proprio così, nell'essere utile, nell'essere una persona di cui c'è bisogno nel mondo, la nostra vita diventa importante e bella. Solo chi dona la propria vita, la trova.

AMDG et DVM

sabato 10 ottobre 2020

Le 7 parole d'Amore

LE SETTE PAROLE DI CRISTO IN CROCE MEDITATE DA GESU' STESSO E RIVELATE AD UNA VEGGENTE



LE SETTE PAROLE DI CRISTO IN CROCE MEDITATE DA GESU' STESSO E RIVELATE AD UNA VEGGENTE
   Nota devozione amata dai santi e praticata da molti fedeli è stata commentata e attualizzata da Gesù in una rivelazione a J.N.S.R. del 29-4-2001. Il Signore ci ricorda con questa devozione che tutte le nostre Grazie nascono dalla Sua Croce d’Amore.

Gesù: “Se ho portato la Mia Croce d’Amore, schiacciato sotto il suo peso, se ho subito la Mia Santa Passione fino al Calvario, se le Mie sante Piaghe si sono aperte, se il Mio Sangue Prezioso è colato lungo tutta la Mia Santa Croce fino a bagnare la terra, se ho donato la Mia Vita in riscatto di tutti i vostri peccati, è per Amore voi tutti!
   Tutta quella sofferenza offerta in Onore del Padre Mio, era per salvarvi. Dio, di misericordia e di pietà, ha visto le opere malvagie del Mondo. Affinché la Redenzione si compisse, il Padre ha permesso che il Figlio Suo Unigenito s’immolasse sulla Sua Croce per Amore per le Sue creature. Egli ha ascoltato la supplica del Figlio Suo Diletto, che saliva fino a Lui:

Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno
Prima Parola (Lc 23, 34)
  1. Padre Nostro. 1 Ave Maria. 1 Gloria
No! Voi non Mi avete amato, oggi non più di ieri, e tuttavia Io ho provato di tutto per rendervi migliori lanciandovi verso la sofferenza del vostro prossimo. Sì! A tutti quelli che ancora oggi passano attraverso il martirio dell’anima e del corpo, Io dico ad ognuno, quando la mannaia scende su di lui:

In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso
Seconda Parola (Lc 23,43)
1        Padre Nostro. 1 Ave Maria. 1 Gloria

I figli di oggi sono degli ingrati insensati: hanno rifiutato i legami familiari, vogliono essere liberi, sfuggire ad ogni dovere e darsi a tutto ciò che è nocivo all’anima e al corpo. Ricercano la felicità, ma sono come imbarcazioni disorientate in mezzo a mari sconosciuti, che cercano il porto senza consultare né carte né bussola.
Madri e padri, voi che non avete più il diritto  di parlare e di avvicinarvi ai vostri figli per ricondurli a Dio, non credeteli perduti per sempre. Pregate per loro, come pregare per tutti i miei poveri ammalati, perché essi sono colpiti dalla malattia di questo Tempo: è il Tempo del Rinnegamento. Io vi dico in verità: rinnegare Dio significa non riconoscere più il proprio padre, rinnegare Maria significa non riconoscere più la propria madre. Presto Io dirò loro, quando saranno ai piedi della Mia Croce, perché voi sarete tutti chiamati ai piedi della Mia Croce Gloriosa, Io, davanti ad ognuno, dirò alla Mia Santa Madre:

Ecco tua Madre
Terza Parola (Gv 19, 26)
1        Padre Nostro. 1 Ave Maria. 1 Gloria

Allora i vostri figli riconosceranno la loro vera identità e saranno salvi, perché riconosceranno solo in quel momento là, davanti alla Mia Santissima Croce, che essi sono figli del Padre di ogni Bontà e di Maria, Madre di Dio e degli uomini, fratelli di Gesù, loro divino Salvatore. Quando tutto si degrada, non più famiglia, né casa, né amici; quando sarete come un uccellino caduto dal nido, imprigionato tra i rovi, dite a voi stessi che è inutile piangere sulla vostra sorte: più vi dibatterete e più sprofonderete tra le spine. No! Lodate Dio, nel momento più grave della tempesta Io sono qui, presente, non piangete. Nella più grande disperazione, Io costruisco il Mio Tempio: voi siete il Tempio di Dio; i muri non sono di pietra, ma di carne, simile alla Mia, plasmata dalla Mano dell’Altissimo per fare le sue fortezze di oggi, quelle che resistono ad ogni sorta di tempeste, ad ogni sorta di cataclisma, perché nulla può scuotere la Chiesa di Dio: voi siete le Mie Membra sacre, che formano il Mio grande Corpo. Sarete forse voi risparmiati più del Maestro? Rifiuterete il Mio Calice? Mi rinnegherete? Io attendo tutto da voi, poiché voi avrete tutto da Me e con Me, Noi costruiremo questo Mondo di Pace, questo Mondo che Mi attende senza saperlo, questo Mondo Nuovo, poiché non c’è che Dio, l’Eterno, che possa sollevare la pietra delle vostre tombe, quelle che l’uomo ha saputo costruire, secolo dopo secolo; giorno dopo giorno, egli si è chiuso come un bruco nel suo bozzolo. Non gridate! Io vengo a farvi uscire da questa oscurità, vengo a rischiarare le vostre tenebre. No, non gridate, ho gridato Io per voi già 2000 anni fa e il Padre Mio Mi ha sentito, dalla Mia Croce dove ero sospeso tra cielo e terra:

Elì, Elì, lema sabachtani?”
(Dio Mio, Dio Mio, perché Mi hai abbandonato?)
Quarta Parola (Mt 27,46; Mc 15,34)
1        Padre Nostro. 1 Ave Maria. 1 Gloria

Lasciate passare questa Grande Tribolazione, Io sono qui. Sulla Mia Croce d’Amore, Io Mi sono spogliato di tutta la Mia Divinità. E’ quando vi crederete perduti che tutto rinascerà. No, il trionfo che voi attendete non è celebrato da artisti estranei alla Mia Sofferenza. No, voi sarete attori e partecipanti, vi salverete con Me, gli uni con gli altri. La sofferenza della Croce, Noi la porteremo insieme. Essa sarà allora la vostra Gioia giacché il calore del Mio santo Cuore vi darà la Fede in abbondanza.
Oh, Miei diletti, voi avrete sete del Mio Amore, voi Mi direte come Io ho detto al Padre Mio sulla Croce:

Ho sete!
Quinta Parola (Gv 18,28)
1        Padre Nostro. 1 Ave Maria. 1 Gloria

Che questo canto d’Amore, inteso dai Miei santi Angeli, riempia il vostro cuore di Gioia. Sono i Santi che cantano la vostra Vittoria, la Vittoria della Mia Croce Gloriosa, la Vittoria di tutte le vostre Croci d’Amore.
Oh, figli Miei, con un grido di gioia, dite con Me ancora una volta ciò che Io ho detto al Padre Nostro 2000 anni fa:

Tutto è compiuto!
Sesta Parola (Gv 19,30)
1        Padre Nostro. 1 Ave Maria. 1 Gloria

Figli Miei, la Potenza di Dio risiede nel Suo Amore infinito. Di che avete paura? Io sono qui! Datemi la vostra mano e lanciamo verso il Padre Nostro la Mia settima parola:

Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
Settima Parola (Lc 23,46)
1        Padre Nostro. 1 Ave Maria. 1 Gloria
Nel Mio Silenzio restano tutti i Miei eletti, in questa grande attesa della Divina Provvidenza. Io sono la Resurrezione e la Vita. A voi, Miei diletti, il Cristo, Vincitore della Morte. Non dimenticate mai che tutte le vostre Grazie nascono sulla Mia Croce d’Amore, perché la Sofferenza umanizza Dio e divinizza l’uomo. Amen”
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JHS
GESU' GESU' GESU' AIUTAMI TU
Gesù Gesù Gesù soccorrimi Tu