martedì 29 settembre 2020

DEDICAZIONE DELLA CELESTE BASILICA DI SAN MICHELE ARCANGELO A MONTE SANT'ANGELO SUL GARGANO



VIII Coro
(vedasi anche VI Coro)
29 settembre
Principe dei combattenti

Santi Michele, Gabriele e Raffaele Arcangeli

S. Michael

Egli ha deposto scudo e spada, anche l’ampio mantello di vittoria, che lo decorava come combattente e vincitore di Lucifero, e sta inginocchiato con la testa abbassata ai piedi del trono di Dio. Tutto in lui è modesto e chiaro e retto, e l’umiltà di Maria gli sta attorno come una luce gloriosa.

S. Michael

ha oggi il suo giorno di festa sulla terra e l’onore in cielo, di essere chiamato in questo giorno come intercessore di tutta l’umanità davanti al trono di Dio. Una volta era uno dei dodici arcangeli, il protettore della terra, prima che Lucifero provocasse la divisione degli angeli. Anche lui, S. Michael, è stato allora avvolto dalle tenebre come tutti gli angeli. Dio taceva, e ciascun angelo dovette da sé consapevolmente e liberamente scegliere, se mantenere la fiducia in quel Dio ora così muto, nascosto, o iniziare con Lucifero, il portatore di luce, una nuova vita liberi da Dio.

È stato in mezzo a questa perplessità che l’angelo S. Michael (no, Dio non l’ha resa facile ai suoi!), col suo grido: “Chi è come Dio?” riportò alla coscienza gli altri, da cui la spaccatura: chi si accordò con Dio – chi con Lucifero. Fu una chiara battaglia, e S. Michael fece affidamento non tanto sulla propria forza, ma sulla forza di Dio. Sì, egli gettò l’amore stesso di Dio come forza divina sul suo avversario e lo trasformò in un serpente, in un drago, che precipitò nell’abisso e si ruppe migliaia e decine di migliaia di volte, che ancora e ancora precipita fino alla fine dei tempi. Quindi all’inizio è precipitato. È arrivato nel punto più profondo e lontano da Dio. Ma S. Michael non per niente è stato innalzato, su comando di Dio, attraverso il coro delle virtù della fede, al titolo onorario di alto principato, principe delle armate celesti. Lui si è colorato del coro delle virtù della fede, attraverso cui è passato, e il coro delle virtù ha ancora il suo colore. Poiché come S. Michael sta all’inizio del tempo per la sua battaglia contro Lucifero, così stanno le virtù della fede all’inizio, alle fondamenta della battaglia umana.

E come S. Michael è combattente, così pure lo sono le virtù della fede. È poiché le virtù della fede stanno per tutta la creazione dall’inizio alla fine, così sta S. Michael non solo all’inizio, ma anche alla fine come il patrono sia dei combattenti che dei morenti, che lui con forte mano protegge dall’ultimo e più forte attacco infernale e li dirige in alto verso il nuovo inizio dell’eterna beatitudine, che gli uomini condividono con i santi angeli.

Gli arcangeli hanno anche la parentela più innumerevole, se così si possono raffigurare le relazioni tra i singoli angeli tra di loro. Direttamente sopra l’arcangelo S. Michael sta l’angelo che porta l’alleanza del creatore con l’umanità – nella fede – e il Cherubino della disponibilità. Attraverso le virtù arriva il collegamento di S. Michael con le dominazioni e con i serafini; e come principato egli ha sopra di sé i troni. Sempre però lui resta il più semplice, umile servitore di Dio, silenzioso e pieno di forza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Preghiera: S. Michael, insegnaci a combattere tramite l’umiltà, insegnaci a combattere tramite l’obbedienza ed il silenzio, insegnaci ad amare ed essere fedeli come Maria. Amen

 

Il combattente 

S. Michael

Il grande patrono della lealtà e della fedeltà, sta oggi molto vicino al sacerdote presso l’altare, quando preghiamo: “Scuoti, o Signore, i nostri cuori, di modo che prepariamo la via a tuo Figlio ...”

Così, un precursore è anche San Michele. Egli è il lesto combattente per l’onore di Dio, egli è il combattente più potente per noi nell’ora della morte, egli è il compagno delle anime dei defunti, che ora si sono aperte per trovare la luce della pace eterna in Dio. Anche noi prendiamo la luce dell’avvento in mano e andiamo attraverso le notti buie incontro alla luce eterna della redenzione. Ora essa brilla incontro a noi dagli occhi della Madre di Dio, ma presto la vedremo brillare dalla mangiatoia, “perché Dio sarà visibile” (Graduale).

Perciò S. Michele, che noi altrimenti siamo soliti vedere solo con spada e scudo, porta oggi una luce. Egli precede i piccoli, laboriosi passi della Madre di Dio e le illumina la via, attraverso tutte le pietre che noi non abbiamo tolto davanti al Signore, attraverso le profondità della nostra anima che non abbiamo ancora riempito davanti al Signore…

Ed egli ci dice come motivo conduttore:

“Ognuno accetti con amore e pazienza gli altri, come voi siete stati accettati con amore e pazienza da Cristo!”

AMDG et DVM

San Michele, Gabriele e Raffaele, Santi Arcangeli

 

Martedì 29 settembre 2020 - Tempo Ordinario XXVI - Anno A domenicale II feriale

San Michele, Gabriele e Raffaele, Santi Arcangeli

Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

Liturgia: Dn 7,9-10.13-14; Sal 137; Gv 1, 47-51.

Celebrazione della S. Messa Novus Ordo (con Rosario) dal Duomo di Verona, ore 18.30

Celebrazione della S. Messa Vetus Ordo dalla Chiesa Ss.ma Trinità dei Pellegrini, ore 18.30

Antifona d'Ingresso Sal 102,20
Benedite il Signore, voi tutti suoi Angeli,
potenti esecutori dei suoi comandi,
pronti al suono della sua parola.

Benedícite Dóminum, omnes Angeli eius, poténtes virtúte, qui fácitis verbum eius, ad audiéndam vocem sermónum eius.

Colletta
O Dio, che chiami gli Angeli e gli uomini a cooperare al tuo disegno di salvezza, concedi a noi pellegrini sulla terra la protezione degli spiriti beati, che in cielo stanno davanti a te per servirti e contemplano la gloria del tuo volto. Per il nostro Signore...

Deus, qui miro órdine Angelórum ministéria hominúmque dispénsas, concéde propítius, ut, a quibus tibi ministrántibus in cælo semper assístitur, ab his in terra vita nostra muniátur. Per Dóminum.

...


Le due ali



 Sant'Omero (Teramo), 6 maggio 1989. 

Primo sabato del mese.

Le due ali della grande aquila.

«Figli miei prediletti, oggi mi venerate in maniera speciale, nel primo sabato di questo mese di maggio, che viene da voi particolarmente a Me dedicato.

Vi riunite in Cenacoli di fraternità e di preghiera con la vostra Mamma Celeste.

Quanto conforto date al mio profondo dolore; quanta gioia recate al mio Cuore Immacolato!

Perché, per mezzo di voi che mi avete risposto, ormai la devozione verso di Me sta rifiorendo in tutta la Chiesa.

Così Io posso esercitare, in questi vostri tempi, il grande potere che dalla Santissima Trinità mi è stato dato, per rendere inoffensivo l'attacco che il mio avversario, il Dragone rosso, ha scatenato contro di Me, vomitando dalla sua bocca un fiume di acque per sommergermi.

Il fiume di acque è formato dall'insieme di tutte le nuove dottrine teologiche, che hanno cercato di oscurare la figura della vostra Mamma Celeste, di negare i miei privilegi, di ridimensionarne la devozione, di mettere in ridicolo tutti i miei devoti.

A causa di questi attacchi del Dragone, in questi anni, la pietà verso di Me è andata diminuendo presso tanti fedeli e, in alcuni luoghi, è addirittura scomparsa.

Ma alla vostra Mamma Celeste sono venute in soccorso le due ali della grande aquila.

La grande aquila è la Parola di Dio, soprattutto la Parola contenuta nel Vangelo di mio figlio Gesù.

Fra i quattro Vangeli, l'aquila indica quello di San Giovanni, perché esso vola più in alto di tutti, entra nel cuore stesso della Santissima Trinità, affermando, con forza, la divinità, l'eternità e la consustanzialità del Verbo e la divinità di Gesù Cristo.

Le due ali dell'aquila sono la parola di Dio accolta, amata e custodita con la fede e la parola di Dio vissuta con la Grazia e la carità.

Le due ali della fede e della carità - cioè della Parola di Dio da Me accolta e vissuta - mi hanno consentito di volare al di sopra del fiume di acque di tutti gli attacchi mossi contro di Me, perché hanno manifestato al mondo la mia vera grandezza.

Poi mi sono cercata il mio rifugio nel deserto.

Il deserto, in cui ho posto la mia abituale dimora, è formato dal cuore e dall'anima di tutti quei figli che mi accolgono, mi ascoltano, si affidano completamente a Me, si consacrano al mio Cuore Immacolato.

Nel deserto in cui mi trovo, oggi Io opero i miei più grandi prodigi. Li opero nel cuore e nell'anima, cioè nella vita, di tutti i miei più piccoli bambini.

Così li conduco a seguirmi sulla strada della fede e della carità, facendo ad essi accogliere, amare e custodire la Parola di Dio ed aiutandoli a viverla ogni giorno con coerenza e con coraggio.

Nel silenzio e nel nascondimento, cioè nel deserto in cui mi trovo, opero fortemente perché i figli a Me consacrati credano oggi al Vangelo, si lascino guidare solo dalla Sapienza del Vangelo, siano sempre Vangelo vissuto.

Ecco il compito che Io ho preparato alla schiera, che mi sono formata in ogni parte del mondo, con il mio Movimento Sacerdotale Mariano: lasciarsi trasportare con Me sulle due ali della grande aquila, cioè della fede e della carità, accogliendo con amore, in questi vostri tempi, e vivendo la sola Parola di Dio.

I grandi prodigi che Io oggi compio, nel deserto in cui mi trovo, sono quelli di trasformare completamente la vita dei miei piccoli figli, perché diventino coraggiosi testimoni di fede e luminosi esempi di santità.

In questa maniera, nel silenzio e nel nascondimento, ogni giorno preparo la mia grande vittoria sul Drago, nel trionfo del mio Cuore Immacolato nel mondo».



lunedì 28 settembre 2020

Santo Papa Juan Pablo II



Ciudad del Vaticano

4 de mayo de 2020

Por el centenario del nacimiento

del Santo Papa Juan Pablo II

(18 de mayo de 2020)

     "El 18 de mayo se celebrará el centenario del nacimiento del Papa Juan Pablo

II en la pequeña ciudad polaca de Wadowice.

Polonia, dividida y ocupada por los tres imperios vecinos - Prusia, Rusia y

Austria - durante más de un siglo, recuperó la independencia después de la Primera

Guerra Mundial. Fue un evento que despertó una gran esperanza, pero también

requirió un gran esfuerzo, ya que el estado en recuperación sentía constantemente

la presión de ambas potencias - Alemania y Rusia. En esta situación de opresión,

pero sobre todo de esperanza, creció el joven Karol Wojtyła, quien

lamentablemente pronto perdió a su madre, a su hermano y finalmente a su padre,

a quien debía su profunda y ferviente devoción. La particular atracción del joven

Karol por la literatura y el teatro le llevó a estudiar estas materias después de

graduarse.


"Para evitar ser deportado a Alemania para realizar trabajos forzados, en el

otoño de 1940 comenzó a trabajar como trabajador físico en la cantera asociada a

la fábrica química Solvay" (Cf. Juan Pablo II, Regalo y Misterio). "En el otoño de

1942, tomó la decisión final de entrar en el Seminario de Cracovia, organizado en

secreto por el Arzobispo de Cracovia Sapieha en su residencia. Ya como obrero

comenzó a estudiar teología en viejos libros de texto, para ser ordenado sacerdote

en 1̊ noviembre de 1946" (Cf. Ibid.). Sin embargo, aprendió teología no sólo de los

libros, sino también extrayendo lecciones útiles del contexto específico en el que se

encontraban él y su país. Este sería un rasgo distintivo que marcaría toda su vida y

actividad. Aprendió de los libros, pero también vivió de los temas actuales que lo

atormentaban. Así, para él como joven obispo - desde 1958 obispo auxiliar y desde

1964 arzobispo de Cracovia - el Concilio Vaticano II fue la escuela de toda su vida y

trabajo. Las cuestiones importantes que surgieron, especialmente las relacionadas

con el llamado Esquema XIII - la subsiguiente Constitución Gaudium et Spes -

fueron sus preguntas personales. Las respuestas elaboradas en el Concilio

mostraron la dirección que daría a su trabajo primero como obispo y luego como

Papa.


Cuando el 16 de octubre de 1978 el cardenal Wojtyła fue elegido Sucesor de

Pedro, la Iglesia se encontraba en una situación dramática. Las deliberaciones del

Concilio se presentaron en público como una disputa sobre la propia fe, que parecía

tan carente de su carácter de certeza infalible e inviolable. Por ejemplo, un párroco

bávaro describió esta situación con las siguientes palabras: "Al final hemos caído en

una fe equivocada". Este sentimiento de que ya nada era seguro, de que todo

podía ser cuestionado, se alimentó aún más por la forma en que se llevó a cabo la

reforma litúrgica. Al final parecía que incluso en la liturgia todo podía ser creado

por sí mismo. Pablo VI dirigió el Concilio con vigor y decisión hasta su conclusión,

después de lo cual se enfrentó a problemas cada vez más difíciles, que al final

desafiaron a la propia Iglesia. Los sociólogos de la época compararon la situación

de la Iglesia con la de la Unión Soviética bajo Gorbachov, donde en la búsqueda de

las reformas necesarias toda la poderosa imagen del Estado Soviético acabó

derrumbándose.


Así, ante el nuevo Papa, de hecho, se presentó una tarea muy difícil para

enfrentarse sólo a las capacidades humanas. Al principio, sin embargo, Juan Pablo

II reveló la capacidad de despertar una renovada admiración por Cristo y su

Iglesia. Al principio fueron las palabras pronunciadas al principio de su pontificado,

su grito: "¡No tengáis miedo! ¡Abre, de verdad, abre de par en par las puertas a

Cristo!" Este tono caracterizó todo su pontificado haciéndole renovador y liberador

de la Iglesia. Esto porque el nuevo Papa venía de un país donde el Concilio había

sido acogido de manera positiva. El factor decisivo fue no dudar de todo, sino

renovar todo con alegría.

En los 104 grandes viajes pastorales que llevó el Papa por todo el mundo,

predicó el Evangelio como una alegre noticia, explicando así también el deber de

recibir el bien y a Cristo.

En 14 encíclicas presentó la fe de la Iglesia y su enseñanza humana de una

manera nueva. Inevitablemente, por lo tanto, despertó la oposición en las Iglesias

occidentales llenas de dudas.


Hoy me parece importante indicar el centro correcto desde el cual leer el

mensaje contenido en los diversos textos, que llegaron a la atención de todos

nosotros en la hora de su muerte. El Papa Juan Pablo II murió en la madrugada de

la Fiesta de la Divina Misericordia instituida por él mismo. Inicialmente me gustaría

añadir aquí una pequeña nota personal que nos muestra algo importante para

entender la esencia y la conducta de este Papa. Desde el principio, Juan Pablo II

quedó muy impresionado por el mensaje de la monja de Cracovia, Faustina

Kowalska, que había presentado la misericordia de Dios como el centro esencial de

toda la fe cristiana y había querido establecer la fiesta de la Divina Misericordia.

Después de las consultas, el Papa lo previó para el domingo en albis. Sin embargo,

antes de tomar una decisión final, pidió la opinión de la Congregación para la

Doctrina de la Fe para evaluar la conveniencia de tal elección. Dimos una respuesta

negativa, considerando que una fecha tan importante, antigua y significativa como

el domingo en Albis no debe ser cargada con nuevas ideas. Para el Santo Padre,

aceptar nuestro "no" no fue fácil. Pero lo hizo con toda humildad y aceptó nuestro

segundo "no". Finalmente, formuló una propuesta que, dejando el domingo in albis

su significado histórico, le permitió introducir la Misericordia de Dios en su

significado original. A menudo ha habido casos en los que me ha impresionado la

humildad de este gran Papa, que renunció a sus ideas favoritas cuando no había

consentimiento de los organismos oficiales, lo cual - según el orden clásico de las

cosas - tuvieron que preguntar.


Cuando Juan Pablo II exhaló su último aliento en este mundo, fue ya

después de las primeras Vísperas de la Fiesta de la Divina Misericordia. Esto iluminó

la hora de su muerte: la luz de la misericordia de Dios brilló en su muerte como un

mensaje de consuelo. En su último libro, Memorias e identidad, que apareció casi

en la víspera de su muerte, el Papa una vez más presentó brevemente el mensaje

de la misericordia divina. En ella señalaba que la hermana Faustina murió antes de

los horrores de la Segunda Guerra Mundial, pero ya había difundido la respuesta

del Señor a estos horrores. "¡El mal no trae la victoria final! El misterio pascual

confirma que el bien es finalmente victorioso; que la vida vence a la muerte y el

amor triunfa sobre el odio.


Toda la vida del Papa se centró en este propósito de aceptar subjetivamente

como suyo el centro objetivo de la fe cristiana - la enseñanza de la salvación - y

permitir que otros lo acepten. Gracias a Cristo resucitado, la misericordia de Dios es

para todos. Aunque este centro de la existencia cristiana se nos da sólo en la fe,

también tiene un significado filosófico, porque - ya que la misericordia divina no es,

de hecho, un dato - también debemos aceptar un mundo en el que el contrapeso

final entre el bien y el mal no es reconocible. En última instancia, más allá de este

significado histórico objetivo, todo el mundo debe saber que la misericordia de Dios

eventualmente probará ser más fuerte que nuestra debilidad. Aquí debemos

encontrar la unidad interna del mensaje de Juan Pablo II y la intención

fundamental del Papa Francisco: Al contrario de lo que se dice a veces, Juan Pablo

II no es un rigorista moral. Demostrando la importancia esencial de la misericordia

divina, nos da la oportunidad de aceptar las exigencias morales que se le imponen

al hombre, aunque nunca podamos satisfacerlas plenamente. Nuestros esfuerzos

morales se emprenden a la luz de la misericordia de Dios, que resulta ser una

fuerza que cura nuestra debilidad.


Durante el paso de Juan Pablo II, la Plaza de San Pedro estaba llena de

gente, especialmente jóvenes, que querían conocer a su Papa por última vez.

Nunca olvidaré el momento en que el arzobispo Sandri anunció la desaparición del

Papa. Sobre todo, nunca olvidaré el momento en que la gran campana de San

Pedro reveló esta noticia. El día del funeral del Santo Padre se podían ver muchas

pancartas con las palabras "Santo inmediatamente". Fue un grito que, por todos

lados, surgió del encuentro con Juan Pablo II. Y no sólo en la Plaza de San Pedro,

sino en varios círculos de intelectuales se había discutido la posibilidad de otorgar a

Juan Pablo II el apodo de "El Grande".


La palabra "sagrada" indica la esfera divina, y la palabra "magna" indica la

dimensión humana. Según los principios de la Iglesia, la santidad se evalúa en base

a dos criterios: las virtudes heroicas y el milagro. Estos dos criterios están

estrechamente vinculados. El concepto de "virtudes heroicas" no significa un éxito

olímpico, sino el hecho de que lo que es visible en el interior y a través de una

persona no tiene una fuente en el hombre mismo, sino que es lo que revela la

acción de Dios en el interior y a través de él. No es una cuestión de competencia

moral, sino de renunciar a la propia grandeza. Se trata de un hombre que permite

a Dios actuar dentro de sí mismo y así hacer visible la acción y el poder de Dios a

través de sí mismo.


Lo mismo se aplica al criterio del milagro. Aquí también, no se trata de algo

sensacional, sino del hecho de que la bondad curativa de Dios se hace visible de

una manera que excede la capacidad humana. Un santo es una persona abierta a

Dios, impregnada por Dios. Un santo es alguien que no centra la atención en sí

mismo, sino que nos hace ver y reconocer a Dios. El propósito de los procesos de

beatificación y canonización es precisamente examinarlo según las normas de la

ley. En lo que respecta a Juan Pablo II, ambos procesos se llevaron a cabo

estrictamente de acuerdo con normas vinculantes. Así que ahora se presenta ante

nosotros como un padre que nos muestra la misericordia y la bondad de Dios.

Es más difícil definir correctamente el término "magno". Durante los casi dos mil

años de historia del papado, el nombre "Magno" fue adoptado sólo en referencia a

dos papas: León I (440-461) y Gregorio I (590-604). La palabra "magno" tiene una

impronta política en ambos, pero en el sentido de que, a través de los éxitos

políticos, se revela algo del misterio de Dios mismo. León el Grande, en una

conversación con el jefe de los hunos Atila, lo convenció de que no quería que

Roma, la ciudad de los apóstoles Pedro y Pablo, se viera afectada. Sin armas, sin

poder militar o político, logró persuadir al terrible tirano para que perdonara a

Roma gracias a su convicción de fe. En la lucha del espíritu contra el poder, el

espíritu demostró ser más fuerte.

Gregorio I no tuvo un éxito tan espectacular, pero sin embargo logró salvar a

Roma de los lombardos en varias ocasiones, él también, al enfrentar al espíritu

contra el poder, trajo de vuelta la victoria del espíritu.


Cuando comparamos la historia de ambos con la de Juan Pablo II, la similitud

es innegable. Incluso Juan Pablo II no tenía ni fuerza militar ni poder político. En

febrero de 1945, al discutir la futura forma de Europa y Alemania, alguien señaló

que la opinión del Papa también debía ser tenida en cuenta. Stalin preguntó

entonces: "¿Cuántas divisiones tiene el Papa?" Por supuesto que no tenía ninguno.

Pero el poder de la fe demostró ser una fuerza que, a finales de 1989, trastornó el

sistema de poder soviético y permitió un nuevo comienzo. No hay duda de que la

fe del Papa fue un elemento importante para romper este poder. Y aquí también

podemos ver la grandeza que se manifestó en el caso de León I y Gregorio I.

La cuestión de si en este caso se aceptará o no el epíteto "magno" debe dejarse

abierta. Es cierto que en Juan Pablo II el poder y la bondad de Dios se hizo visible

para todos nosotros. En un momento en que la Iglesia vuelve a sufrir el ataque del

mal, es para nosotros un signo de esperanza y consuelo.

Querido San Juan Pablo II, ¡reza por nosotros!"

Benedicto XVI

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