LETTERA
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Scritta non molto dopo il 411.
Agostino
espone a Proba come si debba pregare e come anche i ricchi possano entrare nel
regno dei cieli (nn. 14). L'anima deve sentirsi desolata finché non arriverà
alla beatitudine (nn. 5-6). Come dobbiamo servirci delle ricchezze e in che
riporre la felicità (nn. 7-14). Le parabole della vedova e del padre di
famiglia importuni (n. 15). La preghiera liturgica: si deve pregare non con
molte parole ma con intenso affetto (nn. 16-20). L'espressioni del Padre
nostro hanno corrispondenze nelle preghiere dei santi dell'Antica Alleanza
(nn. 21-22). Chiedere a Dio che ci liberi dalla cupidigia dei beni terreni e
avvalorare le preghiere con le opere buone (un. 23-24). Desiderare il sommo
Bene (nn. 25-28). Perché le vedove debbono pregare con maggiore assiduità (n.
29). Proba preghi anche per Agostino e per i suoi confratelli (nn. 30-31).
AGOSTINO, VESCOVO, SERVO DI CRISTO
E DEI SERVI DI CRISTO, SALUTA NEL SIGNORE
DEI SIGNORI LA VENERABILE SERVA DI DIO PROBA
La preghiera assidua
necessaria alle vedove.
1. 1. Ricordandomi che
tu mi hai chiesto e io ho promesso di scriverti qualcosa sul modo di pregare
Dio, dato che adesso per grazia di Colui che noi invochiamo nella preghiera ci
è concesso il tempo e la possibilità, era mio dovere saldare subito il mio
debito e nella carità di Cristo accondiscendere al tuo pio desiderio. Non
riesco poi a esprimere a parole quanta gioia mi abbia arrecato la tua
richiesta, in cui ho notato quanta premura ti prendi d'una cosa così
importante. Poiché qual altra maggior occupazione avresti dovuto avere nella
tua vedovanza che persistere nella preghiera notte e giorno, secondo la
raccomandazione dell'Apostolo? Egli infatti dice: Colei però ch'è veramente
vedova e desolata ha riposto la sua speranza nel Signore e attende con
perseveranza alla preghiera notte e giorno. Potrebbe quindi sembrare strano
come mai pur essendo tu, nell'estimazione del mondo, nobile, ricca, madre d'una
famiglia si numerosa e benché vedova, non però desolata, può - ripeto - sembrare
strano come il pensiero della preghiera sia penetrato nel tuo cuore e se ne sia
interamente impossessato, se non fosse che tu capisci bene che in questo mondo
e in questa vita nessuno può sentirsi al sicuro.
Com'è accessibile ai
ricchi il regno di Dio.
1. 2. Colui perciò che
ti ha ispirato questo pensiero fa proprio come fece coi suoi discepoli: essendo
essi rattristati non tanto per se stessi quanto per il genere umano e avendo
perso la speranza che alcuno potesse salvarsi dopo aver sentito dire da Lui
ch'è più facile che un cammello entri per la cruna d'un ago che un ricco nel
regno dei cieli, Egli con una promessa stupenda e piena di bontà rispose loro
che quel ch'è impossibile agli uomini è facile a Dio. Colui quindi, al quale è
facile che perfino un ricco entri nel regno dei cieli, ha ispirato a te la pia
sollecitudine con cui hai pensato dovermi consultare in qual modo tu debba
pregare. Egli infatti, quando era ancora quaggiù. col suo corpo, introdusse nel
regno dei cieli il ricco Zacéheo; dopo essere stato glorificato con la
risurrezione e con l'ascensione, mediante l'effusione dello Spirito Santo fece
si che molti ricchi diventassero disprezzatori di questo mondo e li rese più
ricchi per aver posto fine alla brama delle ricchezze. Orbene, come potresti
darti tanto pensiero di pregare Dio, se non sperassi in lui? E come potresti
sperare in Lui, se riponessi le tue speranze nell'instabilità della ricchezza e
se disprezzassi il saluberrimo precetto dell'Apostolo che dice: Ai ricchi
di questo inondo raccomanda di non essere orgogliosi e di non riporre la
speranza nell'instabilità della ricchezza, ma nel Dio vivo che ci offre
abbondantemente ogni bene perché ne godiamo; raccomanda di essere ricchi di
opere buone, di essere propensi a dare, di mettere gli altri a parte dei loro
beni, di accumulare un bel capitale per il futuro e poter così acquistare la
vita vera ?
I veri beni.
2. 3. Per amore della
vita vera devi quindi considerarti anche desolata nella vita di quaggiù per
quanto grande possa essere la felicità in cui ti trovi. Come infatti la vera
vita è quella, al cui confronto questa nostra, da noi tanto amata, per quanto
piacevole e lunga, non merita d'esser chiamata vita, così anche la vera
consolazione è quella che promette Dio parlando per bocca del profeta: Gli
darò il vero conforto, la pace superiore ad ogni altra pace. Senza questo
conforto, in tutte le altre gioie terrene si trova più desolazione che
consolazione. Quale consolazione infatti possono arrecare le ricchezze, le più
alte dignità e gli altri beni di tal fatta per i quali i mortali, prima della
vera felicità, si credono felici, quando è meglio non averne bisogno che
segnalarsene, dal momento che ci tormenta più il timore di perderli, una volta
che si sono acquistati, che non l'ardore di acquistarli? Gli uomini non
diventano buoni per mezzo di tali beni, ma coloro che lo sono diventati con
altri mezzi fanno si che quei beni siano buoni usandone bene. I veri conforti
non sono dunque in tali beni, ma piuttosto là dov'è la vera vita, poiché l'uomo
deve diventar beato mediante ciò stesso con cui diventa buono.
Preziosi gli amici,
ma come conoscerne il cuore?
2. 4. Ma anche in
questa vita i buoni arrecano, a quanto pare, non piccoli conforti. Se infatti
ci angustiasse la povertà, se ci addolorasse il lutto, ci rendesse inquieti un
malanno fisico, ci rattristasse l'esilio, ci tormentasse qualche altra
calamità, ma ci fossero vicine delle persone buone che sapessero non solo
godere con quelli che godono, ma anche piangere con quelli che piangono, che
sapessero rivolgere parole di sollievo e conversare amabilmente, allora
verrebbero lenite in grandissima parte le amarezze, alleviati gli affanni,
superate le avversità. Ma questo effetto è prodotto in essi e per mezzo di essi
da Colui che li rese buoni col suo Spirito. Nel caso invece che
sovrabbondassero le ricchezze, che non ci capitasse nessuna perdita di figli o
del coniuge, che fossimo sempre sani di corpo, che abitassimo nella patria
preservata da sciagure, ma convivessero con noi individui perversi fra i quali
non ci fosse nessuno di cui fidarci e da cui non dovessimo temere e sopportare
inganni, frodi, ire, discordie, insidie, non è forse vero che tutti questi beni
diventerebbero amari e insopportabili e che nessuna gioia o dolcezza proveremmo
in essi? Così in tutte le cose umane nulla è caro all'uomo senza un amico. Ma
quanti se ne trovano di così fedeli, da poterci fidare con sicurezza riguardo
all'animo e alla condotta in questa vita? Nessuno conosce un altro come conosce
sé stesso: eppure nessuno è tanto noto nemmeno a sé stesso da poter essere
sicuro della propria condotta del giorno dopo. Perciò, benché molti si facciano
conoscere dai loro frutti e alcuni arrechino veramente letizia al prossimo col
vivere bene, altri afflizione col vivere male, tuttavia, a causa dell'ignoranza
e dell'incertezza degli animi umani, molto giustamente l'Apostolo ci ammonisce
a non condannare alcuno prima del tempo, finché non venga il Signore e illumini
i segreti delle tenebre e sveli i pensieri del cuore e allora ognuno riceverà
lode da Dio.
In paradiso né
tentazioni né bisogno d'orazione.
2. 5. Ordunque, nelle
tenebre di questa vita nella quale siamo come esuli lontani da Dio, durante
tutto il tempo che camminiamo nella fede senza avere la visione (di Dio), l'anima
del cristiano deve considerarsi come abbandonata al fine di evitare che cessi
di pregare e d'imparare a tenere l'occhio della fede rivolto alle parole delle
sante e divine Scritture, come a una lucerna posta in un luogo oscuro, fino a
tanto che non splenderà il giorno e la stella del mattino sorga nei nostri
cuori. La sorgente ineffabile, per così dire, di questa lucerna è la luce che
splende nelle tenebre ma in modo tale da non essere accolta dalle tenebre. Per
vederla, i nostri cuori devono essere purificati dalla fede: Beati i mondi
di cuore, perché essi vedranno Dio; e: Sappiamo che, quando egli
apparirà, saremo simili a lui, poiché lo vedremo com'è. Allora, solo dopo
la morte, ci sarà la vera vita, e dopo la desolazione la vera consolazione.
Sarà quella vita a liberare l'anima nostra dalla morte, sarà quella
consolazione, a liberare gli occhi nostri dalle lacrime e, poiché allora
non vi sarà alcuna tentazione, lo stesso salmo segue dicendo: Hai preservato
i miei piedi da caduta. Se non vi sarà poi tentazione, non vi sarà più
neppure orazione, in quanto non vi sarà più aspettazione di un bene promesso,
ma la contemplazione d'un bene concesso. Perciò dice: Sarò accetto al
Signore nella regione dei vivi, dove saremo allora, non nel deserto dei
morti, dove siamo ora. Siete morti, dice infatti l'Apostolo, e la
vita vostra è nascosta con Cristo in Dio; quando si manifesterà Cristo, vita
vostra, allora anche voi vi manifesterete con lui nella gloria. Questa in
realtà è la vera vita che i ricchi devono conquistare con le opere buone: in
essa risiede la vera consolazione. Ora una vedova, poiché è priva d'una tal
consolazione anche se ha figli e nipoti e governa piamente la propria casa
procurando che tutti i familiari ripongano in Dio la loro speranza, dice tuttavia
nella sua preghiera: L'anima mia ha sete di Te e la mia carne è assetata di
Te, qui sulla terra deserta senza strade e senz'acqua, cioè in questa vita
destinata a finire con la morte, quali che siano i conforti umani che
l'arricchiscono, quali che siano i nostri compagni di viaggio, qualunque sia
l'abbondanza di beni che la ricolmano. Tu ben sai quanto siano incerti tutti
questi beni mondani; e anche se non fossero incerti, che cosa sarebbero a
paragone della felicità che ci è stata promessa?
Saremo desolati
finché non arriveremo al paradiso.
2. 6. Poiché tu,
vedova ricca e nobile e madre di si numerosa famiglia, mi hai posto dei quesiti
sulla preghiera, io ti ho dette queste cose affinché, anche se in questa vita
restino con te fedeli e pieni di premure i tuoi familiari, tu abbia a
considerarti desolata in quanto non hai ancora conseguita la vita in cui
risiede il vero e sicuro conforto, in cui si compierà ciò che è detto nella
profezia: Fin dal mattino siamo stati saziati della Tua misericordia, abbiamo
esultato e gioito in tutti i giorni nostri. Ci hai colmati di gioia in compenso
dei giorni nei quali ci hai afflitti, degli anni nei quali abbiamo visto
sventure.
Le ricchezze: per la
salute non per la superbia.
3. 7. Prima dunque che
giunga questa consolazione, per quanto grande possa essere la felicità dei beni
temporali di cui sovrabbondi, ricordati che sei desolata, al fine di
perseverare notte e giorno nella preghiera. Difatti l'Apostolo accorda questo
dono di Dio non a qualsiasi vedova, ma, come egli dice: A colei che è
veramente vedova e desolata, che ha riposto la sua speranza nel Signore e che
persevera notte e giorno nelle preghiera. Evita con la maggiore vigilanza
possibile ciò ch'è detto dopo: Ma colei che vive nei piaceri, benché viva, è
morta. L'uomo vive di tutto ciò che ama, che brama come gran cosa e in cui
crede di essere beato. Perciò quello che la Scrittura dice delle ricchezze: Se
le ricchezze sovrabbondano, non attaccate ad esse il vostro cuore, lo dico
a te anche dei piaceri: Se i piaceri abbondano, non attaccarvi il tuo cuore.
Non tenerti in gran conto perché essi non ti mancano, anzi sovrabbondano e
scorrono come da una sorgente abbondante di felicità terrena. Disdegnali e
disprezzali assolutamente per quanto ti riguarda e non ricercarvi se non la
piena salute del corpo. Questa infatti non deve essere trascurata per le
necessità della vita terrena, prima che questo corpo mortale si rivesta
dell'immortalità, cioè della vera, perfetta ed eterna salute, che non
s'indebolisce per la infermità terrena né si ristabilisce con un piacere
corruttibile ma, persistendo nel celeste vigore, è vivificata da un'eterna
incorruttibilità. L'Apostolo stesso ci dice: Non vi preoccupate della carne,
per soddisfarne i desideri, poiché noi ci prendiamo cura della carne, ma
solo per la necessità della salute. Nessuno ha mai odiato la propria carne, come
ci dice ancora l'Apostolo. Ecco perché questi esorta Timoteo, il quale, a
quanto pare, castigava eccessivamente il suo corpo, a bere un po' di vino, per
la debolezza di stomaco e le sue frequenti indisposizioni.
Non attaccare il
cuore alle ricchezze.
3. 8. Da questi
piaceri - vivendo in mezzo ai quali una vedova, se v'è attaccata con l'affetto
del cuore e ingolfata, benché viva, è, morta - si sono astenuti in modo
assoluto molti santi e molte sante distribuendo ai poveri le ricchezze che sono
per così dire la matrice dei piaceri, e così le han poste maggiormente al
sicuro negli scrigni celesti. Ora, se tu non fai altrettanto perché impedita da
qualche dovere d'amore verso la famiglia, sai da te stessa qual conto dovrai
renderne al Signore. Nessuno infatti sa ciò che avviene nell'uomo, tranne lo
spirito dell'uomo ch'è in lui stesso. Noi non dobbiamo condannare nessuno prima
del tempo fino a che non venga il Signore e illumini i segreti delle tenebre e
renda manifesti i sentimenti del cuore: allora a ciascuno sarà data lode da
Dio. Anche se i piaceri della vita abbondano, è tuttavia tuo dovere di vedova
di non attaccarvi il cuore, per evitare che corrompendosi in essi non muoia,
dato che, per vivere, deve tenersi in alto. Consìderati del numero di coloro
dei quali sta scritto: I loro cuori vivranno nei secoli dei secoli.
La felicità è da
chiedersi a Dio.
4. 9. Hai udito con
quali disposizioni devi pregare: ascolta ora quale dev'esser l'oggetto delle
tue preghiere, poiché per questo soprattutto hai voluto consultarmi, poiché ti
fa impressione ciò che dice l'Apostolo: Noi non sappiamo che cosa
dobbiamo dire nelle preghiere per pregare come si deve. Tu in realtà temi
che più del non pregare possa nuocerti il non farlo come si dovrebbe. Te lo
posso dire in poche parole: prega (per ottenere) la vita beata. La desiderano
tutti; anche coloro che menano una vita sregolata e pessima, non vivrebbero
affatto così, se non fossero convinti di essere o di poter divenire beati in
quel modo. Che altro dunque conviene chiedere nelle preghiere se non quel bene
che bramano tanto i cattivi che i buoni, ma al quale arrivano solo i buoni?
Chi è veramente
felice.
5. 10. Forse a questo
punto potresti domandarmi in che consista precisamente la vita beata. In questo
problema molti filosofi hanno consumato il loro ingegno e il loro tempo, e
tuttavia tanto meno sono riusciti a risolverlo, quanto meno hanno avuto in
onore la vera sorgente della vita e le han reso grazie. Anzitutto dunque
considera se si debba dar ragione a quelli che affermano che è beato chi vive
secondo la propria volontà. Non sia mai che noi crediamo a una simile
affermazione! E che avverrebbe se qualcuno volesse vivere da malvagio? Non
darebbe la prova ch'è tanto più infelice quanto più facilmente potrà compiere
la sua malvagia volontà? A ragione hanno respinto una simile opinione perfino
quelli che ragionavano da filosofi senza adorare Dio. Difatti uno dei più
eloquenti di essa si espresse così: Ma ecco altri che, pur senz'esser
certamente filosofi, nondimeno sono pronti a discutere, asseriscono che beati
sono tutti quelli che vivono come loro talenta. Ma questo è un errore, poiché
volere ciò che non conviene è proprio la cosa più miserevole, e il non ottenere
ciò che si vuole non è cosa tanto miserevole quanto il voler ottenere ciò che
non conviene. Che ti sembra di queste parole? Non sono state forse
pronunciate dalla stessa Verità per bocca di un uomo qualunque? Possiamo dunque
ripetere qui ciò che disse l'Apostolo di un profeta di Creta, essendogli
piaciuta una sua risposta: Questa testimonianza è conforme al vero.
I beni terreni e la
vera felicita.
5. 11. E' beato dunque
chi possiede tutto ciò che vuole e non vuole nulla di sconveniente. Se quindi
la cosa sta così, considera ormai quali cose possano volersi in modo non
conveniente. Uno vuole unirsi in matrimonio; un altro divenuto vedovo
preferisce in seguito vivere in continenza; un altro non vuole sperimentare
l'unione carnale neppure nelle stesse nozze. Se inoltre si deve riconoscere in
questo caso che una cosa sia migliore dell'altra, possiamo affermare nondimeno
che nessuno di costoro nutre un desiderio sconveniente: come è appunto il
desiderare figli, cioè il frutto delle nozze, e desiderare la vita e la salute
per quelli che sono stati generati, desiderio da cui per lo più sono tutti
presi, anche i vedovi che vivono nella continenza. Poiché, sebbene abbiano
rinunciato al matrimonio e non desiderino più procreare figli, tuttavia
desiderano che vivano sani e salvi i figli che hanno procreati. Solo coloro che
vivono nell'integrità verginale sono immuni da tutte queste preoccupazioni:
anch'essi tuttavia hanno delle persone care dei due sessi per le quali
desiderano senza sconvenienza anche la salute temporale. Ma quando gli uomini
avranno conseguito per sé e per coloro che amano questa salute, potremo forse
chiamarli già beati? Posseggono si qualche cosa che non è sconveniente
desiderare, ma se non posseggono altri beni più grandi e migliori e più ricchi
di utilità e di dignità morale, sono ancora molto lontani dalla vita beata.
I beni terreni
servono per vivere onestamente.
6. 12. Approviamo noi
dunque che, oltre a questa salute temporale, si bramino per sé e per i propri
familiari onori e posti di comando? Si, è senz'altro lecito desiderarli, ma a
patto che per mezzo di essi si sovvenga ai bisogni di coloro che vivono alle
proprie dipendenze, non mirando a questi beni in sé e per sé, ma per un altro
bene che ne consegue. Se invece si desiderano per vano orgoglio di superiorità,
per pompa superflua o anche per dannosa vanità, non è lecito desiderarli. Può
darsi quindi che essi desiderino, per sé e per i propri cari, quanto basta
delle cose necessarie alla vita, a proposito delle quali così parla l'Apostolo:
La pietà è un gran guadagno se unita al sapersi contentare. Nulla infatti
abbiamo portato in questo mondo né possiamo portarne via nulla: se abbiamo di
che nutrirci e coprirci, accontentiamoci. Poiché quelli, che vogliono diventare
ricchi, incappano nella tentazione e nel laccio e in molteplici desideri
insensati e dannosi, che sommergono gli uomini nella rovina e nella perdizione,
poiché radice di tutti i mali è la cupidigia del denaro, per il cui appetito
alcuni si sono sviati dalla fede e si son cacciati da sé stessi in molti
dolori. Chi desidera quanto basta senza volere di più, non desidera
cosa disonesta; in caso contrario non lo desidera e quindi neppure lo vuole
onestamente. Questo bramava e per questo pregava colui che diceva: Non darmi
né ricchezza né povertà, ma concedimi solo quanto basta per evitare che,
divenuto sazio, non diventi bugiardo e dica: Chi mi vede? o divenuto povero,
commetta qualche furto e spergiuri il nome del mio Dio. Tu vedi
chiaramente che anche il necessario non si desidera per sé medesimo, ma per la
salute del corpo e per un decoroso abbigliamento della persona umana, tale cioè
che non sia sconveniente per coloro coi quali dobbiamo vivere. onestamente e
civilmente.
L'incolumità e
l'amicizia.
6. 13. Per tal modo,
fra tutte queste Cose l'incolumità e l'amicizia sono desiderate per se stesse,
mentre quando ciò che basta delle cose necessarie si ricerca onestamente, suole
essere cercato non per sé stesso ma per i due beni su menzionati. L'incolumità
inoltre consiste nella vita stessa, nella salute e integrità del corpo e
dell'animo. Allo stesso modo l'amicizia non dev'essere circoscritta in limiti
angusti, poiché abbraccia tutti quelli a cui sono dovuti affetto e amore,
quantunque si rivolga con più propensione verso alcuni e con più esitazione
verso altri. Essa si estende sino ai nemici, per i quali siamo tenuti anche a
pregare. Così non c'è alcuno nel genere umano a cui non si debba amore, basato,
se non sulla vicendevole affezione, almeno sulla partecipazione alla comune
natura umana. D'altra parte non a torto proviamo grande attrattiva per quelli
da cui siamo vicendevolmente amati in modo santo e casto. Bisogna pregare che
questi beni ci siano conservati quando si hanno e ci siano largiti quando non
si hanno.
Chi è retto pospone i
beni terreni agli eterni.
7. 14. E' forse tutto
qui, è forse questo tutto ciò che costituisce l'essenza della vita beata,
oppure la Verità c'insegna qualche altro bene da preferire a tutti questi beni?
In effetti anche la sufficienza dei mezzi e l'incolumità tanto nostra che degli
amici, poiché sono beni temporanei, devono essere disprezzati per il
conseguimento della vita eterna. Anche se per caso il corpo gode buona salute,
l'anima non si può affatto considerare sana, se non antepone le realtà eterne a
quelle temporali. E per vero non si vive utilmente nel tempo se non per
acquistare il merito, in grazia del quale vivere nell'eternità. Ne consegue che
ogni altro bene, che è desiderato utilmente e convenientemente, dev'essere senza
dubbio riferito all'unica vita che si vive con Dio e di Dio. Poiché se amiamo
Dio, in Lui amiamo noi stessi e, secondo l'altro precetto, amiamo veramente il
prossimo nostro come noi stessi solo se, per quanto dipende da noi, cerchiamo
di condurlo a un simile amore di Dio. Noi dunque amiamo Dio per sé stesso, noi
e il prossimo per Lui. Ma neppure quando viviamo così, possiamo pensare
d'essere già arrivati alla vita beata, come se non ci fosse più nulla da
chiedere con la preghiera. Poiché in qual modo si può già vivere beatamente,
quando ci manca ancora il bene, per cui unicamente si vive bene?
Le parabole
sull'efficacia della preghiera.
8. 15. Perché mai
dunque ci perdiamo dietro a tante considerazioni e cerchiamo di sapere che cosa
dobbiamo chiedere nelle nostre preghiere per timore di non riuscire a pregare
come dovremmo? Perché non diciamo piuttosto col salmo: Una cosa sola ho
chiesta al Signore, quella sola io ricercherò: di restare nella casa del
Signore tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie di Dio e
visitare il suo tempio? Lì tutti i giorni non si sommano col venire
e col passare, e l'inizio dell'uno non è la fine dell'altro: sono tutti insieme
senza fine, dove non ha fine neppure la vita a cui quei giorni appartengono.
Per l'acquisto di questa vita beata la vera Vita beata in persona c'insegnò a
pregare, ma non con molte parole, come se ci esaudisse di più quanto più siamo
loquaci, dal momento che la nostra preghiera è rivolta a Colui che conosce,
come dice il Signore medesimo, ciò che ci è necessario prima che glielo
chiediamo. Potrebbe sembrare strano che, pur proibendo il multiloquio, Colui il
quale conosce, prima che glielo chiediamo, ciò che ci è necessario, ci abbia
esortato con tanta insistenza a pregare, da dire: Occorre pregare di
continuo e non stancarsi. Così dicendo ci propose l'esempio d'una vedova
che, desiderando ottenere giustizia contro il proprio avversario, piegò un
giudice iniquo ed empio col sollecitarlo spesso a darle ascolto, mosso non già
da un senso di giustizia o di compassione, ma vinto dalla noia. Ci volle così
ricordare che molto più sicuramente è disposto ad ascoltarci Dio, Signore
misericordioso e giusto, quando preghiamo senza interruzione, dal momento che
quella vedova, grazie alle sue assidue sollecitazioni, non poté essere
trascurata neppure da un giudice iniquo. Ci volle anche insegnare quanto
volentieri e benignamente è disposto a compiere i buoni desideri di coloro che
Egli sa che perdonano i peccati altrui, se la vedova, che voleva le si facesse
giustizia, raggiunse lo scopo desiderato. Anche quel tale, presso cui era
giunto un amico da un viaggio e che non aveva nulla da servirgli a tavola,
desiderando che da un altro suo amico gli fossero prestati tre pani, sotto i
quali è adombrata forse la Trinità di un'unica sostanza, a forza di supplicare
con grande petulanza e molestia, lo svegliò quando già dormiva coi suoi
servitori, perché gli desse i pani che voleva. L'amico glie li diede più per
evitare d'essere infastidito che per benevolenza. Volle il Signore che da
questa parabola comprendessimo che se è costretto a dare chi, mentre dorme, è
svegliato suo malgrado da un supplicante, tanto più benevolmente dà Colui che
non dorme mai e stimola noi che dormiamo a fargli delle richieste.
Cristo esorta: chiedete,
cercate, bussate!
8. 16. A questo
proposito troviamo anche scritto: Chiedete e otterrete, cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto; poiché chi chiede riceve, chi cerca trova, a chi
bussa sarà aperto. Qual è tra voi quel padre che, se il figlio gli
chiede un pane, gli darà una pietra o se gli chiede un pesce gli darà un
serpente o se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se voi dunque, pure
essendo cattivi, sapete dare ai vostri figli doni buoni, quanto più il Padre
vostro celeste li largirà a voi quando glieli chiedete? Delle tre
note virtù raccomandate dall'Apostolo la fede è simboleggiata nel pesce, sia a
causa dell'acqua del battesimo, sia perché rimane integra in mezzo ai flutti di
questa vita: ad essa si oppone il serpente, il quale con velenoso inganno
persuase i progenitori a non credere a Dio; la speranza è raffigurata
nell'uovo, perché la vita del pulcino non c'è ancora ma ci sarà, non si vede
ancora ma si spera, poiché una speranza che si vede non è più speranza;
all'uovo si oppone lo scorpione, poiché colui che spera la vita eterna,
dimentica le cose che gli stanno dietro e si protende verso quelle che gli
stanno davanti, mentre gli nuoce rivolgersi a guardare indietro; dallo
scorpione però bisogna guardarsi nella sua parte posteriore, velenosa e armata
di aculeo; nel pane è raffigurata la carità, ch'è la più grande di queste
virtù , a quel modo che il pane è superiore per utilità a tutti gli altri
alimenti: al pane si oppone la pietra, giacché i cuori duri respingono la
carità. Anche se queste cose ammettono un'altra interpretazione più
conveniente, nondimeno Colui che sa concedere ai suoi figli i buoni doni, ci
spinge a chiedere, a cercare, a bussare.
La preghiera,
esercizio di fede e speranza.
8. 17. Potrebbe far
meraviglia che agisca così Colui che conosce ciò che ci è necessario prima che
glielo chiediamo, se non comprendessimo che il Signore Dio nostro non desidera
che noi gli facciamo conoscere qual è il nostro volere ch'egli non può non
conoscere, ma desidera che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio,
onde diventiamo capaci di prendere ciò che prepara di darci. Questo bene è
assai grande, ma noi siamo piccoli e angusti per accoglierlo. Perciò ci vien
detto: Allargate il cuore, per non mettervi a portare il giogo con gli
infedeli. Con tanto maggiore capacità riceveremo quel bene molto grande,
che occhio non ha veduto perché non è colore, orecchio non ha udito perché non
è suono, né è entrato nel cuore dell'uomo, perché tocca al cuore dell'uomo
elevarsi fino ad esso, con quanto maggior fede crediamo ad esso, con quanto
maggiore fermezza speriamo in esso, con quanto maggiore ardore lo desideriamo.
Pregare sempre per
mantenere il fervore.
9. 18. Noi dunque
preghiamo sempre con desiderio continuo sgorgato dalla fede, speranza e carità.
Ma a intervalli fissi di ore e in date circostanze preghiamo Dio anche con
parole, affinché mediante quei segni delle cose stimoliamo noi stessi e ci
rendiamo conto di quanto abbiamo progredito in questo desiderio e ci sproniamo
più vivamente ad accrescerlo in noi. Più degno sarà l'effetto che sarà
preceduto da un affetto più fervoroso. Perciò anche quel che dice l'Apostolo: Pregate
senza interruzione, che altro significa se non: " Desiderate, senza
stancarvi, di ricevere da Colui, che solo ve la può dare, la vita beata, che
non è se non la vita eterna "? Se dunque sempre la desideriamo da Dio
nostro Signore, non cesseremo nemmeno di pregare. Ecco perché in determinate
ore noi distogliamo il nostro pensiero dalle preoccupazioni e dagli affari, che
ci fanno intiepidire in qualche modo il desiderio, e lo rivolgiamo alla
preghiera eccitandoci con le parole dell'orazione a concentrarci in ciò che
desideriamo per evitare che il desiderio, cominciato a intiepidirsi, si
raffreddi del tutto e si spenga completamente qualora non venisse ridestato con
più fervore. Perciò il medesimo Apostolo disse: Le vostre domande siano
manifeste presso Dio. Queste parole non vanno intese nel senso che debbano
essere conosciute da Dio, il quale senz'altro le conosceva prima che fossero
formulate, ma nel senso che siano note a noi presso Dio per incoraggiarci, non
presso gli uomini per vantarci. Oppure vanno forse intese anche nel senso che
siano note agli angeli che stanno alla presenza di Dio, affinché in qualche
modo le offrano a lui e lo consultino in merito ad esse e ciò che hanno
conosciuto di dover compiere per suo ordine lo apportino a noi in modo
manifesto od occulto come hanno conosciuto da Dio essere a noi conveniente.
Disse infatti l'angelo all'uomo: E dianzi, quando tu e Sara pregavate, io ho
presentato la vostra preghiera al cospetto della luminosa grandezza di Dio.
La preghiera non è
multiloquio.
10. 19. Stando così le
cose, non è male né inutile pregare a lungo quando abbiamo tempo, cioè quando
non sono impedite altre incombenze di azioni buone e necessarie, sebbene anche
in quelle azioni, come ho detto, bisogna pregare sempre con quel desiderio.
Infatti il pregare a lungo non equivale, come credono alcuni, a un pregare con
molte parole. Una cosa è un parlare a lungo, altra cosa un intimo e durevole
desiderio. Anche del Signore infatti sta scritto che passò la notte a
pregare e che pregò assai a lungo. E nel fare così, che cos'altro voleva
se non darci l'esempio, egli che nel tempo è l'intercessore opportuno, mentre
nell'eternità è col Padre colui che ci esaudisce?
La preghiera sia
breve ma fervorosa.
10. 20. Dicono che in
Egitto i fratelli fanno preghiere frequenti si, ma brevissime, e in certo modo
scoccate a volo, affinché la tensione vigile e fervida, sommamente necessaria a
chi prega, non svanisca e perda efficacia attraverso lassi di tempo un po'
troppo lunghi. E con ciò essi dimostrano che la tensione, come non dev'essere
smorzata se non può durare a lungo, così non dev'essere interrotta subito se
potrà persistere. Siano bandite dall'orazione le troppe parole ma non venga
meno il supplicare insistente, sempre che perduri il fervore della tensione.
Usare troppe parole nella preghiera è fare con parole superflue una cosa
necessaria: il pregare molto invece è bussare con un continuo e devoto fervore
del cuore al cuore di Colui al quale rivolgiamo la preghiera. Di solito la
preghiera si fa più coi gemiti che con le parole, più con le lagrime che con le
formule. Iddio pone le nostre lagrime al suo cospetto e il nostro gemito non è
nascosto a lui, che tutto ha creato per mezzo del Verbo e non ha bisogno di
parole umane.
Spiegazione del Pater
noster.
11. 21. A noi dunque
sono necessarie le parole perché richiamiamo alla mente e consideriamo che cosa
chiediamo, ma non dobbiamo credere che con esse si suggerisca qualcosa al
Signore o lo si voglia piegare ai nostri voleri. Quando diciamo: Sia
santificato il tuo nome, eccitiamo noi stessi a desiderare che il
nome di lui, ch'è sempre santo, sia considerato santo anche presso gli uomini,
cioè non sia disprezzato, cosa questa che non giova a Dio ma agli uomini.
Quando diciamo: Venga il tuo regno, il quale, volere o no, verrà
senz'altro, noi eccitiamo il nostro desiderio verso quel regno, affinché venga
per noi e meritiamo di regnare in esso. Quando diciamo: Sia fatta la
tua volontà come in cielo così in terra, noi gli domandiamo l'obbedienza,
per adempiere la sua volontà, a quel modo che è adempiuta dai suoi angeli nel
cielo. Quando diciamo: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, con la
parola oggi intendiamo " nel tempo presente ", in cui o chiediamo
tutte le cose che ci bastano indicandole tutte col termine " pane "
che fra esse è la cosa più importante, oppure chiediamo il sacramento dei
fedeli che ci è necessario in questa vita per conseguire la felicità non già di
questo mondo, bensì quella eterna. Quando diciamo: Rimetti a noi i nostri
debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, richiamiamo alla
nostra attenzione che dobbiamo chiedere e fare per meritare di ricevere questa
grazia. Quando diciamo: Non c'indurre in tentazione, ci eccitiamo a
chiedere che, abbandonati dal suo aiuto, non veniamo ingannati e non
acconsentiamo ad alcuna tentazione né vi cediamo accasciati dal dolore. Quando
diciamo: Liberaci dal male, ci rammentiamo di riflettere che non siamo
ancora in possesso del bene nel quale non soffriremo alcun male. Queste ultime
parole della preghiera del Signore hanno un significato così largo che un
cristiano, in qualsiasi tribolazione si trovi, nel pronunciarle emette gemiti,
versa lacrime, di qui comincia, qui si sofferma, qui termina la sua preghiera.
Con queste parole era opportuno affidare alla nostra memoria le verità stesse.
Il Pater
compendia le invocazioni dei santi dell'Antico Testamento.
12. 22. Ora, tutte le
altre parole che diciamo, sia quelle che formula da principio il sentimento di
chi prega per renderlo più vivo, sia quelle cui rivolge l'attenzione in seguito
per accrescerlo, non esprimono altro se non quanto è racchiuso nella preghiera
insegnataci dal Signore, se la recitiamo bene e convenientemente. Chi però dice
cose che non abbiano attinenza con questa preghiera evangelica, anche se non
prega illecitamente, prega in modo carnale e non so come quelle cose non si
dicano in modo illecito, dal momento che ai rinati nello Spirito conviene
pregare solo in modo spirituale. In realtà chi dice: Sii conosciuto
fra tutti i popoli, come lo sei fra noi, e: I tuoi profeti siano
riconosciuti fedeli, che altro dice se non: Sia santificato il nome tuo?
Chi dice: O Dio delle virtù, convertici, mostra il tuo volto e saremo
salvi, che altro dice se non: Venga il tuo regno? Chi dice: Guida
i miei passi secondo la tua parola e non permettere che l'iniquità mi abbia
completamente in suo potere, che altro dice se non: Sia fatta la tua
volontà come in cielo così in terra? Chi dice: Non darmi né povertà né
ricchezza, che altro dice se non: Dacci oggi il nostro pane
quotidiano? Chi dice: Ricordati, o Signore, di David e di tutta la sua
mansuetudine, ovvero: Signore, se ho fatto questo, se c'è iniquità nelle
mie mani, se ho reso male a chi mi faceva male, che altro dice se non: Rimetti
a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Chi dice:
Allontana da me le passioni del ventre e fa che il desiderio dell'impurità
non s'impossessi di me, che altro dice se non: Non c'indurre in
tentazione? Chi dice: Strappami dai miei nemici, o Dio, e liberami da
coloro che si levano contro di me, che altro dice se non: Liberaci dal
male? E se passi in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute
nella S. Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia
contenuta e compendiata in questa preghiera insegnataci dal Signore. Pertanto
nel pregare ci è permesso domandare le medesime cose con altri termini, ma non
dev'essere permesso di domandare cose diverse.
Si possono chiedere
onori e ricchezze?
12. 23. Queste sono le
preghiere che senza alcun ondeggiamento di dubbio dobbiamo elevare per noi, per
i nostri cari, per gli estranei e per gli stessi nemici, benché nel cuore di
chi prega spunti e s'innalzi un sentimento diverso per l'una o l'altra persona
a seconda dei rapporti più o meno stretti di parentela o di amicizia. Ma se uno
nella preghiera dice per esempio: " Signore, moltiplica le mie ricchezze "
o: " Dammene tante quante ne hai date a questo o a quello " ovvero:
" Accresci i miei onori, fa che in questo mondo io sia assai potente e
famoso " o altre simili cose, e le desidera ardentemente senza avere lo
scopo di volgerle a vantaggio degli uomini secondo il volere di Dio, costui, a
mio avviso, non trova affatto nella preghiera insegnataci dal Signore nessuna
espressione compatibile con questi desideri. Perciò si abbia almeno il pudore
di chiedere ciò che non si ha pudore di desiderare oppure, se si ha pudore anche
di desiderarlo ma la passione ha il sopravvento, quanto sarà meglio chiedere al
Signore che ci liberi anche da questo male della cupidigia, dato che gli
diciamo: Liberaci dal male!
La preghiera sia
avvalorata dalle opere buone.
13. 24. Eccoti, a quanto
io posso giudicare, non solo con quali disposizioni ma anche cosa si debba
chiedere nella preghiera, e non sono io a insegnartelo, ma Colui che si degnò
d'insegnarlo a, tutti noi. Bisogna cercare di ottenere la vita beata e
chiederla a Dio. Che cosa sia l'essere beato si è discusso a lungo da molti: ma
che necessità abbiamo di rivolgerci a molti autori e di attingere a molte
fonti? Nella Scrittura di Dio è detto brevemente e con verità: Beato il
popolo, il cui Signore è Iddio. Per potere appartenere veramente a questo
popolo e giungere alla contemplazione di Dio e vivere con Lui senza fine, il
fine del precetto è l'amore che viene da un cuore puro, da una coscienza
buona e da una fede sincera. In un'altra enumerazione di queste tre
virtù invece della " coscienza buona " si trova: " la speranza
". La fede dunque, la speranza e la carità conducono a Dio colui che
prega, cioè colui che crede, spera, desidera e considera nella preghiera del
Signore che cosa Gli debba chiedere. I digiuni, l'astinenza dai piaceri, la
mortificazione delle passioni carnali, senza tuttavia trascurare la salute, e
soprattutto le elemosine sono di grande aiuto a chi prega, sicché possiamo
dire: Nel giorno della mia tribolazione ho cercato il Signore con le mie
mani, di notte, in presenza di Lui, e non mi sono ingannato. Come mai
difatti si potrebbe cercare Dio incorporeo e impalpabile con le mani, se non
venisse cercato con le opere?
Utilità delle
sofferenze.
14. 25. Forse vorrai
ancora domandarmi perché l'Apostolo abbia detto: Noi non sappiamo che cosa
dire nelle preghiere per pregare come dovremmo. Non è assolutamente da
credere ch'egli o quelli a cui rivolgeva queste parole ignorassero la preghiera
insegnataci dal Signore. Perché crediamo dunque che l'Apostolo abbia detto una
cosa simile, che non avrebbe potuto dire né a caso né bugiardamente, se non
perché le molestie e le tribolazioni del mondo giovano per lo più a guarire il
bubbone della superbia o a mettere a prova e ad esercitare la pazienza, a cui è
riserbato un premio più splendido e più ricco quando è stata provata e
sperimentata, o giovano infine a mortificare e a estirpare ogni specie di
peccati? Tuttavia noi, poiché non sappiamo a che cosa giovino queste prove,
desideriamo di essere liberati da ogni tribolazione. L'Apostolo stesso mostra
di non essere esente neppure lui da questa ignoranza, benché forse sapesse
pregare come si deve; infatti allorché, per non farlo insuperbire a causa del
singolare privilegio delle rivelazioni, gli fu data una spina nella carne, un
angelo di Satana che lo schiaffeggiasse, pregò tre volte il Signore perché lo
allontanasse da lui, senza sapere purtroppo che cosa chiedere come conviene.
Finalmente udì la risposta di Dio perché non avveniva quello che un si gran
santo chiedeva e perché non conveniva che si realizzasse: Ti basti la mia
grazia, poiché la forza si perfeziona nella debolezza.
Ignoriamo quel che ci
giovi domandare.
14. 26. In queste
tribolazioni dunque, che possono giovare o nuocere, noi non sappiamo che cosa
chiedere perché la nostra preghiera sia come si conviene; ma tuttavia, poiché
sono prove dure, amare, che ripugnano alla sensibilità della nostra natura, noi
preghiamo, con un desiderio comune a tutti gli uomini, che esse vengano
allontanate da noi. Ma a Dio nostro Signore dobbiamo (dare) questa prova
d'amore: che cioè, se non allontana le prove del dolore, non dobbiamo per
questo credere di essere trascurati da Lui, anzi speriamo piuttosto beni più
grandi con la santa sopportazione dei mali. Così si perfeziona la virtù nella
debolezza. Ad alcuni impazienti il Signore Iddio concesse, sdegnato, ciò che
chiedevano, come, al contrario, non esaudì benignamente l'Apostolo. Leggiamo
infatti che cosa chiedessero gli Israeliti e in che modo fossero accontentati.
Ma appagata la brama, la loro sfrenata ingordigia fu gravemente punita. Alla
loro richiesta concesse anche un re secondo il loro cuore, come sta scritto,
non secondo il suo cuore. Concesse anche al diavolo ciò che gli chiese, perché
il suo servo venisse tentato e messo alla prova. Esaudì anche degli spiriti
immondi, i quali lo pregavano che una legione di demoni fosse mandata in un
branco di porci. Queste cose sono state scritte perché qualcuno per caso non
s'inorgoglisca, qualora sia esaudito, quando chiede con impazienza qualche cosa
che sarebbe più vantaggioso non chiedere, né si abbatta e disperi della
misericordia divina nei suoi riguardi qualora non venga esaudito, quando chiede
qualche cosa da cui, ricevendola, potrebbe avere un'afflizione più dolorosa
oppure, corrotto dalla prosperità, andare completamente in rovina. In tali
circostanze non sappiamo dunque che cosa chiedere per pregare come dovremmo. Se
perciò accadrà l'opposto di quanto chiediamo, sopportando pazientemente e
ringraziando Dio in ogni caso, non dobbiamo avere il minimo dubbio ch'era più
opportuno ciò che ha voluto Dio, di quel che avremmo voluto noi. L'esempio ce
l'ha dato il divino Mediatore quando disse: Padre, se è possibile, si
allontani da me questo calice. Ma poi, modificando la volontà umana assunta
nella sua incarnazione, soggiunse subito: Tuttavia (sia fatto) non ciò che
voglio io, o Padre, ma ciò che vuoi tu. Ecco perché giustamente per
l'obbedienza di uno solo molti sono costituiti giusti.
Il vero bene da
chiedere: il sommo Bene.
14. 27. Chiunque
chiede al Signore e cerca d'ottenere l'unica cosa, senza la quale non giova
nulla qualunque altra cosa abbia ricevuta pregando come si deve, la chiede con
certezza e sicurezza, né teme ch'essa gli possa nuocere quando l'abbia
ricevuta. Questa cosa infatti è l'unica vera vita e la sola beata: cioè il
poter contemplare, immortali per l'eternità e incorruttibili nel corpo e nello
spirito, le delizie di Dio. In vista di questa sola cosa si cercano e si
desiderano onestamente tutte le altre. Chi l'otterrà, possederà tutto ciò che
vuole né potrà allora chiedere cosa che non sarà conveniente. In essa è la
sorgente della vita, di cui ora dobbiamo avere sete nella preghiera, fino a che
viviamo nella speranza e non vediamo ancora ciò che speriamo, sotto la
protezione delle ali di Colui, al cui cospetto è tutto intero il nostro
desiderio, che è quello di saziarci dei ricchi beni della sua casa, di
dissetarci al fiume delle sue delizie. In lui infatti è la fonte della vita e
nella luce di Lui vedremo la luce, quando il nostro desiderio sarà saziato dai
suoi beni e non vi sarà più da chiedere con gemiti, ma solo da possedere con
godimento. Ma poiché essa è la pace che supera ogni intendimento, anche quando
la chiediamo nella preghiera, non sappiamo che cosa chiedere per pregare come
si conviene. Quando infatti una cosa non riusciamo a immaginarla com'è in
realtà, certamente non la conosciamo; tutto ciò che s'affaccia al pensiero lo
rigettiamo, lo rifiutiamo, lo disapproviamo, sappiamo che non è quello che
cerchiamo, quantunque non sappiamo ancora che cosa sai specificamente.
Si può desiderare Dio
conoscendolo imperfettamente.
15. 28. C'è dunque in
noi una, per così dire, dotta ignoranza, dotta in quanto illuminata dallo
Spirito di Dio, che aiuta la nostra debolezza. Difatti l'Apostolo dopo aver
detto: Se ciò che non vediamo lo speriamo, l'aspettiamo mediante la
pazienza, subìto soggiunse: Allo stesso modo anche lo Spirito ci
viene in aiuto nella nostra debolezza, poiché non sappiamo che cosa dobbiamo
chiedere nella preghiera per pregare come si deve; ma lo stesso Spirito
supplica per noi con gemiti ineffabili: Colui però che scruta i cuori sa che
cosa desidera lo Spirito, poiché esso intercede per i santi secondo (il volere
di) Dio. Ciò non si deve intendere nel senso di credere che lo Spirito di
Dio, che nella Trinità è Dio immutabile e unico Dio col Padre e col Figlio,
supplichi per i santi a guisa di uno che non sia quello che è, cioè Dio;
infatti è detto " supplica per i santi " poiché induce i santi a
supplicare, allo stesso modo ch'è detto: Il Signore Dio vostro vi
prova, per conoscere se lo amate, cioè " per farvi conoscere ".
Lo Spirito Santo spinge dunque i santi a supplicare con gemiti ineffabili
ispirando in essi il desiderio di un bene tanto grande, ma ancora sconosciuto,
che aspettiamo mediante la speranza. Come potrebbe essere espresso un bene
ignoto quando lo si desidera? Se lo si ignorasse del tutto, non sarebbe oggetto
di desiderio; e se d'altro canto lo si vedesse, non sarebbe desiderato né
domandato con gemiti.
Perché le vedove
devono dedicarsi alla preghiera.
16. 29. Con tutte
queste considerazioni e con qualunque altra, che il Signore ti potrà suggerire
intorno a questo argomento e che o non si affaccia alla mia mente o da parte
mia sarebbe stato troppo lungo esporre, sforzati di vincere con la preghiera
questo mondo: prega con speranza, prega con fede e con amore, prega con
perseveranza e con pazienza, prega come una vedova di Cristo. Sebbene infatti,
come insegnò lui, il dovere di pregare spetti a tutte le sue membra, cioè a
tutti coloro che credono in lui e sono uniti al suo corpo, tuttavia nella sua
Scrittura si trova prescritto per le vedove in modo particolare un esercizio
più scrupoloso delle preghiere. Due infatti furono le Anne ricordate con onore:
l'una maritata che diede alla luce il santo Samuele, l'altra vedova che
riconobbe il Santo dei Santi quando era ancora bambino. La maritata pregò con
animo addolorato e cuore contristato perché non aveva figli; ottenne allora
Samuele e, come l'ebbe avuto, lo consacrò a Dio poiché nel chiederlo aveva
fatto quel Voto. Ma in che modo la sua preghiera abbia una relazione con la
preghiera del Signore non facilmente si scorge se non perché, per il fatto che
lì è detto: Liberaci dal male, le sembrava non piccolo male essere sposata
ed essere priva del frutto del matrimonio, dato che l'unico motivo che
giustifichi le nozze è quello della procreazione dei figli. Bada ora a ciò che
sta scritto di Anna la vedova: Non si allontanava mai dal tempio servendo
(Dio) in digiuni e preghiere notte e giorno. Non diverse sono le parole
dell'Apostolo citate più sopra: Colei che è veramente vedova e desolata ha
riposto la sua speranza nel Signore e persiste notte e giorno nelle preghiere.
Il Signore inoltre, esortandoci a pregare sempre e a non stancarci mai, ci
ricordò una vedova la quale, col sollecitare di continuo un giudice iniquo ed
empio, dispregiatore di Dio e degli uomini, lo indusse ad ascoltare la sua
causa. Quanto dunque le vedove debbano applicarsi alle preghiere più di tutte
le altre donne, si può assai bene comprendere dal fatto che proprio dalle
vedove è stato preso l'esempio per esortare tutti ad applicarsi con fervore
alla preghiera.
L'unica vera
ricchezza: Dio.
16. 30. Ma quale è la
caratteristica maggiormente messa in risalto in questo argomento della
preghiera, a proposito delle vedove, se non l'abbandono e la desolazione? Ecco
perché ogni anima che comprenda di essere, in questo mondo, abbandonata e
desolata, finché è pellegrina lontana dal Signore affida quella che possiamo chiamare
vedovanza a Dio difensore con continua e ferventissima preghiera. Prega dunque
come vedova di Cristo poiché non godi ancora della vista di lui, del quale
invochi l'aiuto. Benché inoltre tu possieda grandi ricchezze, prega come se
fossi povera: poiché non possiedi ancora la vera ricchezza della vita futura,
solo nella quale non avrai da temere perdita alcuna. Anche se hai figli e
nipoti e numerosa servitù, come ho detto più sopra, prega come se fossi
desolata, poiché incerti sono tutti i beni temporali anche se destinati a
rimanere per nostro conforto sino alla fine di questa vita. Tu invece, se
cerchi e desideri le cose che sono lassù, desideri le cose eterne e sicure;
finché non le possiedi ancora, anche se tutti i tuoi cari sono sani e salvi e ti
rendono ossequio, ti devi considerare come una donna abbandonata. E non solo tu
(farai) così, ma, sul tuo esempio, (faranno) anche la tua piissima nuora e le
altre sante vedove e vergini poste più al sicuro sotto la vostra protezione.
Con quanto maggiore pietà governate la vostra casa, con tanto maggiore fervore
dovete attendere alle preghiere, senz'essere assorbite dalle occupazioni della
vita presente, se non quanto lo esige un motivo di carità.
Ultime
raccomandazioni a Proba.
16. 31. Ricordatevi
naturalmente di pregare premurosamente anche per noi. Non vogliamo infatti che
ci tributiate l'onore per la carica che esercitiamo con pericolo, perché poi ci
sottraiate l'aiuto che sappiamo esserci necessario. Dalla famiglia di Cristo si
pregò per Pietro, si pregò per Paolo; ci rallegriamo d'essere anche noi nella
famiglia di Cristo: più di Pietro e Paolo, senza confronto, abbiamo bisogno noi
d'esser aiutati dalle preghiere dei fratelli. Pregate a gara con concorde e
santa emulazione, poiché non lottate le une contro le altre, ma contro il
diavolo, nemico di tutti i santi. I digiuni, le veglie e tutte le
mortificazioni del corpo sono un potentissimo aiuto per la preghiera. Ciascuna
di voi faccia quello che sarà capace di fare. Ciò che una non è capace di fare,
lo fa servendosi dell'opera di un'altra che n'è capace; basta che ami
nell'altra ciò che essa non fa perché non vi riesce. Pertanto chi ha meno
capacità, non ostacoli chi ne ha di più, e chi è più capace non sforzi chi lo è
meno. Poiché voi dovete rendere conto a Dio della vostra coscienza, non abbiate
debiti verso nessuna di voi, tranne quello di amarvi a vicenda. Ci esaudisca il
Signore, il quale ha il potere di fare ben più di quello che chiediamo e
pensiamo.
AMDG et DVM