sabato 22 agosto 2020

Magnificat 1

 

MAGNIFICAT 

Motivi per cui si può definire il Magnificat

come il Cantico del Cuore della Santissima Vergine

 

Io   definisco il Magnificat il sacro Cantico del Sacratissimo Cuore della Beata Vergine, per molte ragioni.

 

In primo luogo, perché è sgorgato da questo divin Cuore, prima di scio­gliersi sulla sua bocca.

 

In secondo luogo, perché la sua bocca non l’ha pronunciato che per la mozione ricevuta dal suo Cuore carneo, spirituale e divino. Il Cuore di carne di questa Divina Vergine, infatti, essendo ripieno di una gioia sensibile e straordinaria, ha spinto la sua santissima bocca a cantare questo Magnificat con un fervore ed un giubilo straordinari.

 

Essendo il suo Cuore spirituale tut­to rapito e trasportato in Dio, ha fatto uscire dalla sua santa bocca queste pa­role estatiche: «Et exultavit spiritus meus in Deo salutaris meo: Il mio spiri­to esulta in Dio, mio salvatore».

Il suo Cuore divino - ossia il suo Divino Bambino, che risiede nelle sue viscere benedette e dimora nel suo Cuore e che è l’anima della sua anima, lo spirito del suo spirito e il Cuore del suo Cuore - è il primo Autore di questo Cantico. È Lui che vi mette i pensieri e le verità che sono contenuti nello spirito della sua Divina Madre ed è Lui che pronuncia, con la sua bocca, gli oracoli di cui è ricolmo.

 

In terzo luogo, il Magnificat è il Cantico del Cuore della Madre d’amore, ossia il Cantico dello Spirito Santo, che è lo Spirito e il Cuore del Padre e del Figlio, e che è anche il Cuore e lo Spirito di questa Vergine Ma­dre, di cui Ella è talmente ricolma e posseduta, che la sua presenza e la sua voce riempiono san Zaccaria, sant’Elisabetta e il bambino che ella porta nel suo grembo, di questo stesso spirito.

 

Infine, è il Cantico del cuore e dell’amore di questa Vergine amabilis­sima, perché è il Divino Amore di cui Ella è tutta infiammata che le fa pro­nunciare tutte le parole di questo meraviglioso Cantico, le quali - secondo san Bernardino - sono tante fiamme d’amore, uscite dall’ardente Fornace del Divino Amore che brucia nel Sacro Cuore di questa Vergine incompa­rabile.

 

O Cantico d’amore, o Cantico Verginale del Cuore della Madre d’a­more, che avete la vostra prima origine nel Cuore stesso del Dio d’amore, che è Gesù e nel Cuore dell’amore personale ed increato, che è lo Spirito Santo, non spetta che alla degnissima bocca della Madre del Bell’Amore di cantarvi e di pronunciarvi. I serafini stessi se ne reputano indegni. Com’è, dunque, che i peccatori miserabili, tali quali siamo noi, osano proferire le Divine Parole che Maria ha composto e far passare attraverso le loro bocche immonde i misteri ineffabili che questo cantico contiene?

      Oh! Con quale ri­spetto e quale venerazione questo santissimo Cantico deve essere pronuncia­to e cantato! Oh! Quale deve essere la purezza della lingua e la santità della bocca che lo pronuncia! Oh! Quale fuoco e quali fiamme d’amore deve ac­cendere nei cuori degli ecclesiastici e delle persone religiose che lo recitano e lo cantano sì sovente!

Certamente bisognerebbe essere tutto cuore e tutto amore per cantare e pronunciare questo Cantico d’amore.

 

O Madre del Bell’Amore, fateci partecipi della santità, del fervore e dell’amore con il quale avete cantato in terra questo Cantico ammirabile, che canterete per sempre in Cielo con tutti gli angeli e tutti i santi, ed otteneteci dal vostro Figlio la grazia di essere nel numero di coloro che lo canteranno eternamente con Voi, per rendere grazie eterne all’adorabilissima Trinità per tutte le cose grandi che ha operato in Voi ed attraverso di Voi, e per le grazie innumerevoli che Ella ha elargito a tutto il genere umano per vostro mezzo.

 

san Giovanni Eudes


Spiegazione del primo versetto: 

"Magnificat * anima mea Dominum"

Questo primo versetto non contiene che quattro parole, ma esse sono piene di molti grandi misteri. Soppesiamole accuratamente con santo timore, ossia, consideriamole attentamente con spirito d’umiltà, di rispetto e di pietà, per animarci a magnificare Dio con la Beata Vergine per le cose grandi e meravigliose che Egli ha operato in Lei, attraverso di Lei, per Lei ed anche per noi.

Ecco la prima parola: Magnificat. Che cosa vuol dire questa parola? Che cosa significa magnificare Dio? Si può forse magnificare Colui la cui gran­dezza e magnificenza sono immense, infinite ed incomprensibili? Niente af­fatto, ciò è impossibile, ed è impossibile a Dio stesso, il quale non può farsi più grande di quel che è. Noi non possiamo magnificare, ossia rendere Dio più grande in Se stesso, poiché le sue divine perfezioni, essendo infinite, non possono ricevere alcun accrescimento in se stesse; ma lo possiamo magnifi­care in noi

«Ogni anima santa - dice infatti sant’Agostino-, può concepire il Verbo Eterno in se stessa, attraverso la fede; essa può generarlo nelle altre anime attraverso la predicazione della Divina Parola; ed essa può magnifi­carlo amandolo veramente, affinché essa possa dire: L’anima mia magnifica il Signore»[1]. Magnificare il Signore - insegna ancora sant’Agostino -, è adorare, lodare, esaltare la sua immensa grandezza, la sua maestà suprema, le sue eccellenze e perfezioni infinite.

Possiamo magnificare Dio in molti modi. 

1) Attraverso i nostri pensieri, avendo una grandissima idea e una grandissima stima di Dio e di tutte le co­se di Dio, 

 

2) Attraverso i nostri affetti, amando Dio con tutto il nostro cuore e al di sopra di ogni cosa, 

 

3) Attraverso le nostre parole, parlando sempre di Dio e di tutte le cose che lo riguardano con profondissimo rispetto, adoran­done ed esaltando la sua potenza infinita, la sua saggezza incomprensibile, la sua bontà immensa e le sue altre perfezioni, 

 

4) Attraverso le nostre azioni, compiendole per la sola gloria di Dio, 

 

5) Praticando ciò che lo Spirito Santo ci insegna in queste parole: «Humilia te in omnibus, et coram Deo invenies gratiam; quoniam magna potentìa Dei solius, et ab humilibus onoratur: Quanto più sei grande, tanto più umiliati; così troverai grazia davanti al Si­gnore; perché grande è la potenza del Signore e dagli umili egli è glorificato»[2]

 

6) Sopportando volentieri le croci che Dio ci invia, per suo amore, poi­ché non vi è nulla che lo onori di più che le sofferenze, dal momento che il nostro Salvatore non ha trovato mezzo più eccellente per glorificare il Padre suo, che i tormenti e la morte in Croce. 

Infine, magnificare Dio è preferirlo ed esaltarlo al di sopra di tutte le cose, attraverso i nostri pensieri, i nostri af­fetti, le nostre parole, le nostre azioni, le nostre umiliazioni e le nostre morti­ficazioni.

Ma, ahimè! Noi facciamo spesso tutto il contrario poiché invece di esal­tarlo, lo abbassiamo; invece di preferirlo ad ogni cosa, preferiamo le creature al Creatore; invece di preferire la sua Volontà, i suoi interessi, la sua gloria e la sua soddisfazione alla nostra volontà, ai nostri interessi, al nostro onore e alle nostre soddisfazioni, facciamo tutto il contrario, preferendo Barabba a Gesù.

Non è forse quel che fanno tutti i giorni i peccatori? O cosa spaventosa! Dio ha elevato l’uomo al più alto trono della gloria e della grandezza grazie alla sua Incarnazione e l’uomo, ingrato e detestabile, abbassa ed umilia il suo Dio fino al più profondo del nulla. Sì, fino al più profondo del nulla poi­ché colui che pecca mortalmente preferisce un meschino interesse tempora­le, l' infame piacere di un momento e quel po’ di fumo di un onore passegge­ro al suo Dio e al suo Creatore; lo annienta persino, per quanto è possibile, secondo le parole di san Bernardo: «Deum, in quantum in se est, perimitnon volendo altro dio che se stesso e le sue passioni sregolate».

Non è così che agite Voi, o Vergine Santa! Voi, infatti, avete sempre magnificato Dio altissimamente e perfettissimamente, dal primo istante della vostra vita fino all’ultimo. Voi l’avete sempre magnificato eccellentìssima­mente, attraverso tutti i vostri pensieri, affetti, parole, azioni e attraverso la vostra profondissima umiltà, tutte le vostre sofferenze, la pratica in sommo grado di tutte le virtù e il santissimo uso che avete fatto di tutte le potenze della vostra anima e di tutti i vostri sensi interni ed esterni. Infine, Voi sola l’avete glorificato più degnamente e magnificato più grandemente di tutte le creature insieme.

Veniamo ora alla seconda parola del nostro Cantico, che è anima. 

Nota­te che la Beata Vergine non dice “Io magnifico”, ma “L’anima mia magnifi­ca il Signore”, per mostrare che Ella lo magnifica dal più intimo del suo Cuore e con tutta l’estensione delle sue potenze interiori. 

Ella non lo magni­fica così, solamente con la sua bocca e con la sua lingua, con le sue mani e i suoi piedi, ma Ella utilizza tutte le facoltà della sua anima, della sua intelli­genza, della sua memoria, della sua volontà e tutte le potenze della parte su­periore ed inferiore della sua anima, sfruttando tutte le forze interne ed e- steme per lodare, glorificare e magnificare il suo Dio. 

Ed Ella non lo magni­fica solamente a suo nome né per soddisfare gli obblighi infiniti che ha di far­lo, a motivo dei favori inconcepibili che ha ricevuto dalla sua Divina Bontà, ma Ella lo magnifica anche a nome di tutte le creature e per tutte le grazie che Egli ha prodigato a tutti gli uomini, essendosi fatto uomo per renderli dei e per salvarli tutti, se essi vogliono corrispondere ai disegni dell’amore inconcepibi­le che ha su di loro.

 

Ecco la terza parola: mea, “la mia anima”. Qual è quest’anima che la Beata Vergine chiama la sua anima?

Rispondo a ciò, in primo luogo, con le parole di un grande Autore[3] che dice che quest’anima della Beata Vergine è il Figlio suo Gesù, il quale è l’anima dell’anima sua.

In secondo luogo, rispondo che queste parole, anima mea, comprendono innanzitutto l’anima propria e naturale - che anima il corpo della Santa Vergi­ne; in secondo luogo, l’anima del Divino Bambino che Ella porta nelle sue viscere, la quale è unita così strettamente alla sua, che queste due anime fan­no, in certo qual modo, una sola anima, poiché il Bambino che è nelle sue viscere materne non è che una cosa sola con sua madre. 

In terzo luogo, que­ste parole, anima mea, contraddistinguono e comprendono tutte le anime create ad immagine e somiglianza di Dio, che sono state, sono e saranno in tutto l’universo. Se, infatti, san Paolo ci assicura che l’Eterno Padre ci ha donato ogni cosa donandoci suo Figlio: «Cum Illo omnia nobis donavit»[4][5][6][7][8], è fuori di dubbio che, donandoLo alla sua Divina Madre, le ha donato anche ogni cosa, ragion per cui tutte le anime le appartengono. E poiché Ella non lo ignora e sa che ha l’obbligo di far uso di tutto ciò che Dio le ha donato, per il suo onore e per la sua gloria, quando Ella pronuncia le parole: «L’anima mia magnifica il Signore», guardando a tutte le anime che sono state, sono e saranno, come anime che le appartengono, le abbraccia tutte per unirle all’anima del Figlio suo e alla sua e per servirsene per lodare, esaltare e magnificare Colui che è disceso dal Cielo e che si è incarnato nel suo seno verginale per operare la grande opera della loro Redenzione.

 

Eccoci all’ultima parola del primo versetto: Dominum.

 

Qual è questo Signore che la Beata Vergine magnifica? È Colui che è il Signore dei signori, e il Signore supremo ed universale del Cielo e della ter­ra. 

Questo Signore è l’Eterno Padre, questo Signore è il Figlio, questo Signore è lo Spirito Santo: tre Persone divine che non sono che un Dio e un Signore, e che non hanno che una stessa essenza, potenza, sapienza, bontà e maestà. 

 

La Santissima Vergine loda e magnifica l’Eterno Padre per averla associata con luì alla divina paternità, rendendola Madre dello stesso Figlio di cui Egli è il Padre. 

Ella magnifica il Figlio di Dio, per il fatto che ha volu­to sceglierla per sua Madre ed essere suo vero Figlio. 

Ella magnifica lo Spi­rito Santo, per aver voluto compiere in Lei la più grande delle sue opere, os­sia il mistero adorabile dell’Incarnazione. 

 

Ella magnifica il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo per le grazie infinite che hanno fatto e che intendono fare a tutto il genere umano.

 

 

Impariamo da qui che uno dei principali doveri che Dio ci richiede, e uno dei più grandi obblighi verso la Divina Maestà, è la riconoscenza dei benefici, per i quali dobbiamo ringraziarLo con tutto il nostro cuore e con un affetto particolarissimo. 

Abbiamo cura, dunque, di imitare in ciò la gloriosa Vergine, dicendo spesso con Lei: <<Magnificat anima mea Dominum>>, per ringraziare la Santissima Trinità, non solo di tutte le grazie che abbiamo ri­cevuto, ma anche di tutti i beni che Ella da sempre ha elargito a tutte le sue creature. 

 

E dicendo queste parole: «L’anima mia», ricordiamoci che l’Eterno Padre, donandoci suo Figlio, ci ha dato ogni cosa con Lui e, di conseguenza, che le anime sante di Gesù e della sua Divina Madre, e tutte le anime in ge­nerale ci appartengono. Ecco perché possiamo e dobbiamo servircene per la gloria di Colui che ce le ha donate, attraverso un gran desiderio di lodare e glorificare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze, comprendendo in queste parole tutti i cuori e tutte le anime dell’universo, che sono nostre e che vogliamo unire insieme, formando un cuore e un’anima sola, per impiegarla a lodare il nostro Creatore e Salvatore.

San Giovanni Eudes


 

[3] Serm. de Assumpt.

[4]Sir 3,20-21.

[5]«Magnificat anima mea Dominum: Filius meus, qui non jam dimidium animce

mece sed est tota anima mea, magnificat nunc, per passionem suam, Dominum

meum Deum, Patrem suum, Sponsum meum. Anima mea Filius meus, qui me in

corpore simul et anima vivam fecit»(VlGERIO, In suo Decachordo, chord. 7). Il

card. Marc Vigier, dell’Ordine dei Frati minori, morì a Roma nel 1516. Ecco il titolo­

completo dell’opera di questo pio servo di Maria: Decachordum christianumAutore Marco Vigerio di Savona, S. Mariae Transtiberim cardin. Senogalliensi opus Julio li Pont. Max. dicatum; Fani, Hieron. Soncinus,1507.

[6] Rm8,32


LAUDATE DOMINAM NOSTRAM, OMNES GENTES:

GLORIFICATE EAM OMNES POPULI

«Ein Leben» (Una vita)

 

Fede e Chiesa

Benedetto XVI parla dell’Anticristo, chi è l’Uomo di iniquità che vuole mettersi al posto di Dio

Questa volta attraverso alcune anticipazioni del libro «Ein Leben» (Una vita) che uscirà lunedì in Germania [e nel '30 in Italia], una biografia del Papa emerito a cura del giornalista tedesco Peter Seewald. Secondo le anticipazioni, il libro si conclude con una intervista, «Le ultime domande a Benedetto XVI» in cui Ratzinger parla del potere spirituale dell’Anticristo nella società moderna. Un potere che, nelle parole di Benedetto XVI, sta fagocitando il mondo e insidia anche la Chiesa.

La vera minaccia per la Chiesa e quindi per il servizio petrino sta nella dittatura mondiale di ideologie apparentemente umanistiche” denuncia il Papa emerito “contraddicendo le quali si resta esclusi dal consenso sociale di base”.

Una vera e propria dittatura che sta sovvertendo nei suoi istituti naturali e fondativi la società: “cento anni fa – continua Benedetto XVI nelle stesse anticipazioni – qualcuno avrebbe pensato che fosse assurdo parlare di matrimonio omosessuale. Oggi coloro che si oppongono a questo sono socialmente scomunicati.” “Lo stesso vale per l’aborto e la produzione di persone in laboratorio” sottolinea Benedetto.

Quale è la causa di questi stravolgimenti? “La società moderna – si legge ancora nelle anticipazioni – è in procinto di formulare un credo anticristiano, cui non ci si può opporre senza essere puniti con la scomunica sociale”.

“La paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è quindi fin troppo naturale e ci vuole davvero l’aiuto della preghiera di un’intera diocesi e della Chiesa universale per opporvi resistenza.” Un potere spirituale che viene dall’Anticristo e instaura il suo regno sociale su scala planetaria.

Ma chi è l’Anticristo di cui parla Ratzinger, il quale starebbe instaurando una “dittatura mondiale di ideologie apparentemente umanistiche”? Per capirlo bisogna risalire alle Sacre Scritture e a quei teologi come il russo Vladimir Sergeevič Solov’ëv che hanno attenzionato questa misteriosa figura.

Un libello appassionante e profetico su questo tema, scritto molti anni fa e oggi introvabile, è sicuramente il pamphlet di don Gianni Baget Bozzo, sacerdote e mistico (ma anche apprezzabile politologo) genovese, scomparso ormai dieci anni fa. Fu pubblicato dalle Mondadori nel lontano 2001 proprio con il titolo “L’Anticristo.” Vicino al Card. Siri, del quale fu collaboratore, Baget Bozzo fu anche molto apprezzato da Ratzinger, il quale espresse grande stima per i suoi libri.

Tutto il suo libro è una denuncia della crisi della Chiesa e delle gravi responsabilità dei suoi uomini – era solamente il 2001 – che al vissuto e all’annuncio del Mistero avevano sostituito un cristianesimo secolarizzato e ridotto ad etica sociale, trasformando la Chiesa da Corpo Mistico di Cristo ad immensa organizzazione non governativa, una agenzia umanitaria globale dedita a risolvere problematiche meramente materiali.

Don Gianni, profondo conoscitore di mistica e lettore dei grandi autori russi, vedeva questa riduzione del Mistero cristiano come il segno manifesto dell’Anticristo e del suo regno sociale, opposto a quello di Cristo.

L’autore non aveva dubbi, il potere spirituale dell’Anticristo inizia a prendere il sopravvento negli anni Sessanta con la recezione del Concilio Vaticano II. Il primo concilio della Storia convocato senza l’esistenza di un problema dottrinale da risolvere attraverso la proclamazione di un qualche insegnamento.

Nonostante questo, scrive Baget Bozzo, allora fu possibile “un’altra lettura teologica dell’occasione conciliare, che pensava ad una Chiesa come vertice dell’umano, sua ultima autocoscienza”. Era una lettura “che riduceva a un punto luminoso il suo Mistero” e accettava “il principio del ripensamento dottrinale in modo da rendere il Cristianesimo componibile con la modernità”. Il tema non era più “il Mistero della Chiesa” ma piuttosto “il suo peculiare tipo di umanesimo.” Ciò significava, insiste il sacerdote genovese “secolarizzazione: intendere la Chiesa all’interno di categorie che non si distanziassero dal linguaggio dell’umanesimo secolare.”

Sino al Concilio “il tema fondamentale della spiritualità della Chiesa era «la salvezza delle anime come suprema legge» (…) ciò significava che l’occhio della Chiesa era diretto alla vita oltre la morte, (…) non vi è dubbio che questa non è più la predicazione della Chiesa di oggi. La vita eterna è oggi assente” chiosa Baget Bozzo. Ben presto il frutto di quegli eventi fu “non la differenza della Chiesa rispetto alla cultura secolare ma la loro relativa omologazione: la differenza cristiana poteva essere come una specie del genere umanistico a quel tempo prevalente nel mondo.” “Ma al centro dell’umanesimo che allora dominava in Europa – sottolinea Baget Bozzo – stava il concetto non di persona bensì di umanità. E l’umanità, nella cultura marxista, si realizzava nella forma della società mondiale e terminava nel comunismo.”

Se da un lato la Chiesa abbandonò lo stile dell’anatema, “di fatto la categoria del dialogo (…) era già a priori la categoria della subalternità. «Dialogo» sostituiva la parola «annuncio», anzi l’annuncio del Concilio sarebbe divenuto proprio l’annuncio del dialogo.” È qui che alla teandria, alla sua natura divino-umana, la Chiesa sostituisce l’umanesimo, che oggi è tanto in voga dentro e fuori di essa. Scrive ancora Baget Bozzo: “(…) alla radice non era una teologia, ma piuttosto una «visione del mondo», una «ideologia» nel senso di una visione del mondo che intende porsi in ultima analisi come prassi (…) La Chiesa si trovava nella avvolgente cultura materialistica ed era chiamata ad interpretarsi attraverso di essa per «fare notizia» innanzi al mondo.” E fare notizia davanti al mondo appare oggi purtroppo l’unica preoccupazione di molti uomini di Chiesa. Una Chiesa che finalmente torna ad essere inclusa dal mondo, persino dai media, persino da Eugenio Scalfari.

Baget Bozzo è davvero profetico: “il moderno delle origini aveva ritenuto che l’avvento della ragione nel mondo dovesse escludere la Chiesa. Tale era stato il moderno degli illuministi. Il moderno dei giornali e delle televisioni voleva invece coinvolgerla.” Il Concilio al di là delle intenzioni dei padri, segna questa svolta: “il Concilio non si svolse nell’aula vaticana ma nell’aula mondiale proprio perché la Chiesa si era posta come soggetto di comunicazione, come risposta cioè alla domanda di comunicazione dell’opinione pubblica”.

I media attorniarono una Chiesa ridotta ad essere quella “clase discutidora” (“una classe che discute”) che era stata tanto stigmatizzata dal filosofo cattolico Juan Donoso Cortés, riferendola allo Stato borghese. Tanto che Baget Bozzo non risparmia il parallelismo: “sin dall’inizio degli eventi, e sempre più con il volgere del tempo, comparve l’analogia tra l’aula vaticana e la sala della Pallacorda negli Stati generali francesi del 1789.” Con il Concilio prende piede nelle facoltà teologiche il metodo storico-critico, lo stesso che Solov’ëv nel suo celebre romanzo attribuisce nientemeno che all’Anticristo, insigne biblista e umanista.

Sottolinea Baget, “era nata una esegesi (…) quella di Rudolf Bultman, che metteva in discussione persino la possibilità di una biografia di Gesù (…) nelle questioni aperte la Chiesa si rimetteva alle scienze storiche e quindi per estensione alle scienze umane.” Non è un caso allora che uno dei più grandi sforzi di Benedetto XVI durante il suo pontificato sia stato proprio quello di scrivere una biografia che rendesse ragioni contro la separazione del Gesù della fede dal Gesù della storia. Tuttavia la rivoluzione nel mondo divampa, il Sessantotto scuote la società e anche la Chiesa, come nota Baget Bozzo nel libro: “la rivoluzione nel mondo aveva creato un clima rispetto a cui il modernismo era evidentemente un gioco da ragazzi.”

Gianni Baget Bozzo approfondisce nel libro la figura dell’Anticristo, uno e plurimo sulla scorta del Vangelo di Giovanni, che lo descrive come colui il quale nega che Cristo è venuto nella carne: “l’Anticristo è per l’Apostolo colui che si separa dalla confessione della divinoumanità del Cristo. Gli anticristi vengono dalla Chiesa: sono dunque dei cristiani che mutano le dottrine cristiane”. Chi nega l’Incarnazione è nei fatti la gnosi, antica e sempre nuova eresia, madre di tutte le eresie, contro cui la Cristianità ingaggia nei secoli uno scontro irriducibile.

Centrale è allora la questione del linguaggio, dalle cui alterazioni o false interpretazioni provengono le eresie. “Affinché la Chiesa esista – nota Baget Bozzo – occorre una regolazione del linguaggio”. Questo spetta alla Chiesa che è insieme Mistero e Istituzione. Il Cristianesimo richiede “una illuminazione interiore che appartiene alla persona (…) e una manifestazione pubblica socialmente riconoscibile, a garanzia del fatto che il linguaggio esprima il significato della Rivelazione (…) l’Anticristo è essenzialmente la deformazione della Rivelazione fatta mediante l’interpretazione soggettiva (…) è la riduzione della fede a conoscenza (…) il suo volto storico è appunto l’eresia.” La Chiesa cattolica secondo Gianni Baget Bozzo “vive nella lotta per mantenere invariato, contro gli anticristi, il significato della Rivelazione nelle varie culture”, gli anticristi sono all’interno della Chiesa e non fuori di essa: “Satana conduce la sua battaglia contro Cristo non solo fuori dalla Chiesa, ma nella Chiesa stessa (…) la storia della Chiesa è la storia delle eresie”.

Fra queste eresie, Baget Bozzo annovera il Protestantesimo, dal quale metteva in guardia ormai quasi un ventennio fa la Chiesa cattolica: “il Protestantesimo, che vede la Chiesa come una società terrena, che si autogoverna secondo regole politiche democratiche come nel caso dei calvinisti o è retto dai principi tedeschi come volle Lutero, non è la Chiesa cattolica, Mistero e Istituzione. Senza il Luteranesimo non avremmo avuto il nazismo, senza il Calvinismo l’individualismo che domina negli Stati Uniti (…) il fatto che si sia formato un consenso tra la Chiesa cattolica e la Federazione luterana mondiale (..) pone un problema (…) si costituisce, tra eresia e ortodossia, una sorta di terra di nessuno, la terra dell’ambiguità, la terra dell’Anticristo”. Ma, ricorda don Gianni, vie è anche un’altra dimensione dell’Anticristo, l’Uomo di iniquità di cui parla San Paolo nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi, che opprime dall’esterno la Chiesa, e coincide con il potere politico.

Un potere illimitato, senza alcun freno (katéchon) che lo trattenga. Come quando esso pretende di rifare da capo la creazione, alterando la vita, la procreazione e la famiglia. Un potere assoluto dell’uomo sull’uomo, che è in sé tentazione e pretesa anticristica. “Se consideriamo la storia della Chiesa cattolica – scrive Baget Bozzo – vediamo che il conflitto con il potere politico è costante; mentre dove compare l’eresia o lo scisma il conflitto politico è cessato (…) le chiese ortodosse greco-slave sono esistite come chiese di Stato così come le chiese protestanti. Vi è quindi una connessione tra gli anticristi nel senso giovanneo e il potere politico anticristiano secondo San Paolo. Satana opera nella Chiesa attraverso gli anticristi e contro la Chiesa dal di fuori, mediante il potere politico”.

Per cui “le braccia di Satana contro la Chiesa sono due: una è quella dell’eresia, l’altra quella dell’oppressione” ed esse contro la Chiesa “non sono mai state strette tanto quanto con il comunismo e con il suo derivato contrario, il nazismo. Senza la negazione radicale della divinoumanità e la sua sostituzione con l’umanità divina, l’opera dell’idealismo finita nel materialismo, non avremmo avuto né il nazismo né il comunismo.”

“Il moderno e il totalitarismo” insomma “sono stati, nella loro successione, a un tempo espressioni di eresia e di oppressione politica” sentenzia Baget Bozzo. Ed è allora proprio qui il significato della figura dell’Anticristo di cui parla Benedetto XVI, cioè la manifestazione spirituale di un falso messia che vuole mettere sé stesso al posto di Dio, come ci ricorda anche il Catechismo della Chiesa cattolica promulgato da San Giovanni Paolo II.

La Chiesa cattolica, ci dice Baget Bozzo, sarà sempre insidiata dall’oppressione e dall’errore, e sempre più intensamente, fino al giorno della venuta del Signore, il quale sconfiggerà definitivamente l’Anticristo. Di questa “Chiesa dei martiri” parla anche Benedetto XVI quando scrive, recentemente, che “anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile. Anche oggi ci sono molti uomini che umilmente credono, soffrono e amano e nei quali si mostra a noi il vero Dio, il Dio che ama. Anche oggi Dio ha i suoi testimoni («martyres») nel mondo”.

Appare perciò in tutta la sua valenza anticristica una Chiesa che cerca di nascondere Cristo, figura scomoda e divisiva, superata, sostituita con l’umanismo per farsi ancella del nuovo ordine mondiale. E benedire la sua antropologia omicida, così abolendo il peccato, la redenzione, la vita eterna. Scrive in proposito Baget Bozzo: “Il quadro del Concilio è la comunità mondiale come si stava allora organizzando sotto l’egida dell’ONU: e la Chiesa intendeva proporsi come una visione religiosa funzionale a un’etica politica omogenea a quel modello. In questa visione il peccato diviene un fatto etico o politico (…) la Chiesa diviene così comunità in cui il sociale supera il personale, in cui l’unione tra i cristiani non avviene più tra persone nella Persona divina, nello Spirito Santo, ma nella comunità umana. Tutto diviene prassi e comunità, la socializzazione del personale avviene con detrimento delle vitali radici teandriche del Cristianesimo. E così avviene l’evento disastroso centrale nella vita della Chiesa; un evento non voluto, non previsto, non desiderato: la sostituzione della Chiesa a Cristo.”

Gli fa eco Benedetto XVI, che nella sua lettera sugli abusi pubblicata dal mensile tedesco Klerusblatt, scrive: “in effetti oggi la Chiesa viene in gran parte vista solo come una specie di apparato politico (…) di essa si parla solo utilizzando categorie politiche e questo vale persino per dei vescovi che formulano la loro idea sulla Chiesa di domani in larga misura quasi esclusivamente in termini politici. La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti spinge a considerare la Chiesa addirittura come qualcosa di malriuscito che dobbiamo decisamente prendere in mano noi stessi e formare in modo nuovo”. Ma Ratzinger in merito non ha dubbi: “una Chiesa fatta da noi”, purtroppo “non può rappresentare alcuna speranza“.

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Vedi anche: https://www.sabinopaciolla.com/il-papa-emerito-benedetto-xvi-nella-nuova-biografia-parla-dellanticristo/