sabato 6 giugno 2020

RODRIGUEZ


DELLA CONFORMITÀ ALLA VOLONTÀ DI DIO

CAPO I.

Si pongono due fondamenti principali in questa materia.
1. Due fini per cui Gesù Cristo venne al mondo.
2. Gesù Cristo insegnò la conformità alla volontà di Dio.
3. In questo sta il meglio della perfezione.
4. Tutto nel mondo avviene per volontà di Dio, tranne il peccato.
5. Rispetto a Dio nulla è a caso.
6. Quindi piena conformità alla volontà di Dio.
7. Così facevano gli anacoreti.
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1. «Non si faccia, Signore, come voglio io, ma come volete voi» (Mt 26, 39). Per due fini dicono i Santi che discese il Figliuolo di Dio dal cielo e si vestì nella nostra carne, facendosi vero uomo: l'uno, per redimerci col suo Sangue prezioso; l'atro, per insegnarci colla sua dottrina la via del cielo e istruirci col suo esempio; perché, come non ci avrebbe giovato il saper la via per cui poter camminare, se fossimo rimasti legati nel carcere; così, dice S. Bernardo (S. BERN. Serm. 3 in Circum. Dom. n. 1), non avrebbe giovato il cavarci dal carcere, se non avessimo saputa tal via. E poiché Dio era invisibile, era necessario che, per poterlo noi vedere, seguitare e imitare, egli si facesse visibile e si vestisse della nostra umanità: in quella guisa che il pastore si veste di un pelliccione formato dalla stessa pelle delle pecore, acciocché queste più facilmente lo seguitino, vedendo la loro somiglianza. E S. Leone papa dice: «Se Cristo non fosse stato vero Dio, non ci avrebbe apportato il rimedio; e se non fosse stato vero uomo, non ci avrebbe dato l'esempio» (S. LEO PAPA, Serm. de Nat. Dom. 21, c. 2). L'una e l'altra di queste due cose fece egli molto compiutamente mercé l'eccesso di quell'amore che portava agli uomini. Siccome dal canto suo fu molto copiosa la redenzione (Ps. 129, 7), così dal canto suo fu anche molto copioso il suo ammaestramento: perché non fu fatto solamente con parole, ma molto più abbondantemente con esempi di opere. «Principiò Gesù a fare e ad insegnare», dice l'Evangelista S. Luca (At 1, 1). Prima cominciò ad operare, il che fece in tutta la sua vita; e dipoi a predicare i tre ultimi anni, ovvero i due e mezzo.





2. Ora, fra tutte le cose che c'insegnò Cristo Nostro Redentore, una delle più principali si è: che avessimo una piena conformità alla volontà di Dio in tutte le cose. E non solo ce lo insegnò con parole, quando insegnandoci ad orare disse: Una delle cose che avete da chiedere al vostro Padre celeste è: «Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così anche in terra» (Mt 6, 10); ma c'insegnò anche e ci confermò molto bene questa dottrina col suo esempio: perché a quest'effetto dice egli che scese dal cielo in terra. «Sono disceso dal cielo, non a fare la mia volontà, ma la volontà di lui, che mi ha mandato» (Gv6, 38). E al tempo di compiere la grande opera della nostra redenzione, il giovedì, dopo l'ultima cena, ritiratosi nell'orto del Getsemani ed ivi postosi in orazione, sebbene il corpo e l'appetito suo sensitivo
naturalmente ricusavano la morte, onde per mostrare che era vero uomo disse: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice» (Mt 26, 39); nondimeno la volontà sua fu sempre molto pronta e molto desiderosa di bere il calice che il Divin suo Padre gli offriva: onde soggiunse subito: No, Signore, non si faccia quello che voglio io, ma quello che volete voi.


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3. Per pigliar questa cosa dalla sua radice e per fondarci bene in questa conformità alla volontà di Dio, si hanno da supporre due brevi fondamenti, ma molto sostanziali, sopra dei quali, come sopra due cardini, si ha da appoggiare e raggirare tutto questo affare. Il primo è, che il nostro profitto e perfezione consiste in questa conformità alla «Volontà di Dio; e quanto questa sarà maggiore e più perfetta, tanto sarà maggiore il profitto. Questo fondamento si lascia intendere facilmente; perché è cosa certa che la perfezione essenzialmente consiste nella carità e nell'amor di Dio; e tanto sarà uno più perfetto, quanto più amerà Dio. È pieno di questa dottrina il sacro Vangelo; ne sono piene le Epistole di S. Paolo; ne sono pieni i libri dei Santi. «Questo è il massimo e primo comandamento» (Mt 22, 38). «La carità è il vincolo della perfezione (Col. 3, 14). La più grande di queste (virtù) è la carità» (1Cor. 13, 13). La cosa più alta e più perfetta è la carità e l'amor di Dio. Ora la, parte più alta è più pura di questo amore di Dio, e come la quintessenza, è conformarsi in ogni cosa alla di lui volontà è l'avere uno stesso volere e non volere colla Divina Maestà Sua in tutte le cose. «L'avere uno stesso volere e non volere è la vera e ferma amicizia», dice S. Girolamo (S. HIERON. Epist. ad Demetr. n. 12), riportando queste parole da Sallustio.
Dunque quanto uno sarà più conforme e più unito alla volontà di Dio, tanto sarà migliore e più perfetto. Inoltre è chiaro che non vi è cosa migliore né più perfetta che la volontà di Dio; dunque quanto più uno si conformerà e si unirà alla volontà di Dio, tanto migliore e più perfetto sarà. Se Dio è la cosa più perfetta che si trovi; dunque quanto più una cosa si assomiglierà a Dio, tanto sarà più perfetta.

4. Il secondo fondamento è, che nessuna cosa può avvenire né succedere nel mondo, se non per volontà e ordinazione di Dio. Il che si ha da intendere sempre, eccettuatane la colpa e il peccato, perché di questo non è cagione né autore Dio, né può esserlo. E siccome ripugna alla natura del fuoco il raffreddare, e a quella dell'acqua il riscaldare, e a quella del sole l'oscurare; così ripugna infinitamente più all'immensa bontà di Dio l'amare l'iniquità. Onde il profeta Abacuc disse: «Signore, gli occhi tuoi sono mondi, per non vedere il male; e non puoi vedere le iniquità degli uomini» (Ab 1, 13). Come tra noi, quando vogliamo significar l'odio che uno porta ad un altro, diciamo che non lo può vedere; così dice che Dio non può vedere le iniquità degli uomini per l'aborrimento e odio grande che porta a quelle. «Perché tu non sei un Dio, che ami l'iniquità» (Ps. 5. 4), dice Davide; e altrove: «Hai amato la giustizia ed hai odiato l'iniquità» (Ps. 44, 7). Tutta la sacra Scrittura è piena di espressioni e di formole le quali ci mostrano quanto Dio odia il peccato; onde non può esser cagione né autore di esso. Ma eccettuatone il peccato, tutte le altre cose e tutti i travagli e i mali di pena che avvengono in questo mondo, tutti avvengono per volontà e ordinazione di Dio. Questo fondamento è anch'esso molto certo. Non vi è fortuna nel mondo: ché questo fu errore dei gentili. I beni che il mondo chiama di fortuna non li dà la fortuna, che questa non vi è, ma li dà solamente Dio. Così dice lo Spirito Santo per mezzo del Savio: «I beni ed i mali, la vita e la morte, la povertà e le ricchezze vengono da Dio» (Sir 11, 14).
E ancorché queste cose avvengano per mezzo d'altre cagioni seconde, è nondimeno certo che nessuna cosa si fa nel mondo, se non per volontà e ordine di quel supremo imperatore che lo governa. Nessuna cosa avviene a caso rispetto a Dio; ogni cosa viene decretata e
ordinata da lui, e ogni cosa passa per le sue mani. Tiene egli contate tutte le ossa del tuo corpo e tutti i capelli del tuo capo; e neppure uno di essi ti sarà tolto senza ordinazione e volontà sua. Ma che dico io di quello che tocca agli uomini? Non cade un uccellino nel laccio, dice Cristo nostro Redentore nel suo Vangelo, senza disposizione e volontà di Dio. «Non si vendono forse due passeri a un quattrino? pure un solo di questi non cascherà per terra senza del Padre vostro» (Mt 10, 29). Nemmeno una fronda di albero si muove senza la sua volontà. Ancora delle sorti dice il Savio: «Si gettano le sorti nell'urna, ma il Signore è quegli che ne dispone» (Prv16,33). Sebbene le sorti si cavano da un bussoletto o da un vaso, non ti pensare che escano a caso; perché escono per decreto della Divina Provvidenza, la quale così vuole e così dispone. «La sorte toccò a Mattia» (At 1,16). Non cadde a caso la sorte sopra Mattia, ma fu per decreto e particolare provvidenza di Dio, il quale lo volle eleggere in suo Apostolo per quella via.
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5. Arrivarono a conoscere questa verità, anche col solo lume naturale, i buoni filosofi, e dissero che, sebbene rispetto alle cagioni seconde molte cose sono a caso, nondimeno non sono a caso rispetto alla prima cagione, ma molto di proposito e a bello studio da lei sono prevedute e ordinate. E apportano per esempio: Se un padrone mandasse un servitore in qualche luogo per qualche affare; e per un'altra strada ne mandasse un altro al medesimo luogo, o per lo stesso, o per un altro affare, senza saper l'uno dell'altro, intendendo però egli che colà si unissero; l'incontrarsi questi due servitori rispetto ad essi sarebbe a caso, ma rispetto al padrone, che lo intese, non sarebbe a caso, ma cosa pensata e voluta molto di proposito. Così qui nel caso nostro: benché rispetto agli uomini avvengono alcune cose a caso, perché essi prima non le intendevano né vi pensavano; nondimeno rispetto a Dio non avvengono a caso, ma con consiglio e volontà sua, che così ha ordinato per i fini segreti e occulti che egli sa.
6. Quel che abbiamo da cavare da questi due fondamenti è la conclusione e l'assunto che abbiamo proposto, cioè che, giacché tutte le cose che ci accadono vengono dalla mano di Dio, e tutta la nostra perfezione consiste nel conformarci alla volontà sua; le riceviamo dunque tutte come venute dalla sua mano e ci conformiamo in esse alla sua divina e santissima volontà. Non hai da ricevere cosa alcuna come venuta a caso, o per industria o per i mezzi degli uomini; perché questo è quello che suole cagionare grande angoscia e dolore. Non ti pensare che questa o quell'altra cosa ti sia avvenuta, perché quell'altro l'abbia maneggiata; e che se non fosse stato per la tale o tal altra circostanza, sarebbe succeduta altrimenti: non hai da far conto di questo; ma pigliare tutte le cose come venute dalla mano di Dio, per qualsivoglia via o giro che vengano; perché egli è quegli che le manda per quei mezzi.
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7. Soleva dire uno di quei famosi Padri dell'eremo (De vitis Patr. l. 5, lib. 11, n. 5), che non potrà l'uomo aver vero riposo né vera contentezza in questa vita, se non farà conto che in questo mondo non vi sia altro che Dio, ed egli solo. E S. Doroteo (S. DOROTH. Doctr. n. 7) dice che quei Padri antichi molto attendevano a questo esercizio, dell'assuefarsi a pigliare tutte le cose come venute dalla mano di Dio, per piccole che fossero e in qualsivoglia maniera esse venissero; e che con questo si conservavano in gran pace e quiete e vivevano vita celeste.


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Angelo card. Comastri

Il Card. Angelo Comastri racconta la storia di Jacques Fesch



Mons. Angelo Comastri racconta la storia di Sergej Kurdakov (Sergei Kourdakov)




giovedì 4 giugno 2020

VISIONE DI S.BRIGIDA



VISIONE DI S.BRIGIDA
Capitò una volta che Brigida andava a cavallo a Vadstena essendo accompagnata da parecchi dei suoi amici, che erano anch'essi a cavallo. 
E mentre cavalcava elevò lo spirito a Dio e subitamente fu rapita e come alienata dai sensi in maniera singolare, sospesa nella contemplazione. 

Vide allora come una scala fissata a terra, la cui sommità toccava il cielo; e nell'alto del cielo vedeva Nostro Signor Gesù Cristo seduto su un trono solenne e ammirevole, come un giudice giudicante; ai suoi piedi era seduta la Vergine Maria e intorno al trono vi era una innumerevole compagnia di angeli e una grande assemblea di santi.


A metà della scala vedeva un religioso che conosceva e che viveva ancora, conoscitore della teologia, fine e ingannatore, pieno di diabolica malizia, che dall'espressione del volto e dai modi mostrava di essere impaziente, più diavolo che religioso. Ella vedeva i pensieri e i sentimenti interiori del cuore di quel religioso e come si esprimeva nei confronti di Gesù Cristo... E vedeva e udiva come Gesù Cristo giudice rispondeva dolcemente e onestamente a queste domande con brevità e saggezza e come ogni tanto Nostra Signora dicesse qualche parola a Brigida.

Ma quando la santa ebbe concepito nello spirito il contenuto di questo libro, avvenne che arrivò al castello. 1 suoi amici fermarono il cavallo e cercarono di destarla dal suo rapimento ed ella fu dispiaciuta di essere stata privata di così grandi divine dolcezze.

Questo libro delle domande rimase impresso nel suo cuore e nella sua memoria come se fosse stato scolpito nel marmo. Ella lo scrisse subito nella sua lingua volgare, che il suo confessore tradusse in seguito in latino, così come aveva tradotto gli altri libri...
Il Libro delle Domande contiene sedici interrogazioni, ognuna delle quali è suddivisa in quattro, cinque o sei domande, a ognuna delle quali Gesù risponde dettagliatamente.
Per dare subito un'idea precisa della struttura e del contenuto del libro, riportiamo per intero la prima interrogazione che contiene cinque domande legate alla nostra fisicità.


Prima interrogazione

1. O giudice, io ti interrogo. Tu mi hai donato la bocca: non debbo forse parlare di cose piacevoli?
2. Tu mi hai donato gli occhi: non devo vedere gli oggetti che mi dilettano?
3. Tu mi hai donato le orecchie: perché non dovrei ascoltare i suoni e le armonie che mi piacciono?
4. Tu mi hai donato le mani: perché non dovrei farne ciò che mi piace?
5. Tu mi hai donato i piedi: perché non dovrei andare dove mi conducono i miei desideri?


Risposte di Gesù Cristo

1. Il giudice, seduto su un trono sublime, con gesti molto dolci e molto onesti rispose: Amico mio, ti ho dato la bocca per parlare ragionevolmente delle cose utili all'anima e al corpo, e delle cose che sono in mio onore.
2. Ti ho dato gli occhi affinché tu veda il male e lo eviti e affinché tu veda il bene e ad esso ti ispiri.
3. Ti ho dato le orecchie per ascoltare la verità e per udire ciò che è onesto.
4. Ti ho dato le mani affinché con esse tu faccia ciò che è necessario al corpo e che non nuoce all'anima.
5. Ti ho dati i piedi perché tu ti allontani dall'amore del mondo e ti avvicini al riposo eterno, all'amore della tua anima e a me, tuo Creatore.

Ma il monaco va ancora più a fondo, insistendo sugli stessi temi: O giudice, ti domando perché mi hai dato i sensi corporali se non dobbiamo vivere in base ad essi. Perché ci hai donato la carne e altri sostentamenti corporali se non vuoi che li utilizziamo vivendo secondo gli appetiti disordinati del corpo? Perché ci hai dato il libero arbitrio se non possiamo seguire la nostra volontà?

E la risposta è questa: Amico mio, ho donato all'uomo i sensi e l'intelligenza per seguire le vie della vita e per fuggire le vie della morte. Ho donato le carni e gli alimenti necessari al sostentamento corporale perché vengano usate con moderazione e l'anima acquisti maggiore virtù, senza essere indebolita e oppressa dalla quantità eccessiva. Ho donato all'uomo il libero arbitrio perché rinunci alla propria volontà per amor mio, che sono il suo Dio, accrescendo così i propri meriti. Sempre collocato a metà della scala, il monaco rivolge al Signore altre domande che si riferiscono ancora alla condizione umana: O giudice, perché devo ricercare la sapienza divina visto che possiedo la sapienza del mondo? Perché devo piangere, avendo in me in abbondanza la gloria e la gioia del mondo? Dimmi perché e come devo rallegrarmi nelle afflizioni corporali. Perché devo aver paura, possedendo forze molto grandi? Perché dovrei ubbidire agli altri se dispongo della mia volontà? Ed ecco le risposte: Amico mio, colui che è giudice agli occhi del mondo è cieco e folle davanti a me. Pertanto, per acquisire la mia divina saggezza, è necessario ricercarla diligentemente e umilmente.

Chi possiede gli onori del mondo e la sua gioia è spesso agitato da cure diverse e immerso in amarezze che conducono all'inferno. Pertanto, per evitare che si allontani dalla vista del cielo e che venga fuorviato, è necessario che preghi e che pianga.

È assai utile rallegrarsi nell'afflizione e nell'infermità della carne, poiché la mia divina misericordia è vicina a chi patisce le sofferenze che rendono più breve la via che conduce alla vita eterna.

Tutti coloro che sono forti, lo sono grazie alla mia forza, poiché io sono più forte di loro. Devono quindi temere sempre che le loro forze siano loro sottratte.



Chi dispone del libero arbitrio deve temere e comprendere che non vi è nulla che conduca più facilmente alla dannazione eterna che la propria volontà priva di una guida. Chi rinuncia alla propria volontà e la pone nelle mani mie, che sono il suo Dio, avrà il cielo senza pena alcuna. E poi questa umanissima domanda: Perché permetti che il corpo soffra? 
La risposta è questa: L'infermità affligge il corpo affinché l'uomo stia bene attento a conservare dentro di sé, attraverso la sofferenza e il controllo della carne, la moderazione spirituale e la pazienza, che è sovente messa in pericolo a causa del vizio dell'incontinenza e l'attaccamento alle cose superflue. Il male, la sofferenza, la morte sono temi che ricorrono ampiamente nelle domande del monaco, e del resto si tratta dei misteri più grandi e sentiti dell'esistenza umana. All'interrogazione successiva troviamo infatti queste precise domande: Perché la peste, la carestia e altri affanni affliggono il corpo? Perché la morte arriva quando meno ci si pensa, così che raramente la si può prevedere? E la risposta, paziente e condiscendente, del giudice non tarda ad arrivare: È scritto nella legge che chi ruberà dovrà restituire più di quanto abbia rubato.

Fintanto che gli uomini ingrati ricevono i miei doni e ne abusano, non mi rendono affatto l'onore che mi è dovuto. E per questo che io permetto le pene del corpo, affinché l'anima sia salva nell'altro mondo. Talora io punisco l'uomo nelle cose che più ama, affinché colui che non mi ha voluto riconoscere nella gioia mi riconosca nella tristezza.

Mi chiedi anche perché la morte è improvvisa. Se l'uomo conoscesse il giorno della sua morte, mi servirebbe per paura e cadrebbe nella disperazione. Che l'uomo dunque mi serva per spirito d'amore, abbia sempre cura di sé e sia sicuro di me; è per questo che l'ora della morte è incerta, e ciò è giusto in quanto avendo l'uomo abbandonato il vero e il certo, era necessario e giusto che fosse afflitto da ciò che era incerto.

Il monaco ha ancora molte cose da chiedere al Signore, per esempio queste: Perché non mostri la tua gloria agli uomini in questo mondo, affinché mentre vivono ti desiderino con maggior fervore? Perché gli angeli e i santi, che sono più nobili e più sublimi delle creature mortali, non sono visti dagli uomini in questa vita? Essendo le pene dell'inferno orribili e incomparabili, perché non le mostri agli uomini in questa vita, così che possano evitarle?

Ed ecco la risposta: La mia gloria è ineffabile e incomparabile in soavità e bontà. Se dunque la mia gloria fosse vista così com'è, i corpi dell'uomo corruttibile si disintegrerebbero, così come lo furono i sensi di coloro che videro la mia gloria sulla montagna. Il loro corpo si distruggerebbe anche a causa della troppo grande gioia dell'anima e non potrebbe più fare gli esercizi corporali. Quindi, poiché l'ingresso del cielo non è aperto senza le opere dell'amore, la mia gloria è loro nascosta per qualche tempo affinché, per il desiderio e la fede, possano in seguito vederla più abbondantemente e più felicemente che mai. Perché non si vedono i santi nel luogo dove si trovano? Se i miei santi fossero visti e parlassero chiaramente, riceverebbero l'onore dovuto; ma la fede perderebbe il suo merito e la debolezza della carne non potrebbe sopportare il loro splendore. Del resto la mia giustizia non vuole che una sì gran luce sia vista da una così grande fragilità.

Tu chiedi ancora perché le pene dell'inferno non sono viste. Se le pene dell'inferno fossero viste così come sono, l'uomo si spaventerebbe e cercherebbe il cielo, non per spirito d'amore ma per timore. E poiché nessuno deve desiderare le gioie celesti per paura delle pene, ma per la divina carità, io nascondo le pene dei dannati. Come i buoni e i santi non possono gustare questa gioia ineffabile prima della separazione dell'anima dal corpo, così i malvagi non possono gustare le pene terribili prima della morte; ma essendo la loro anima separata dal corpo, essi sperimentano le sofferenze attraverso i sentimenti che non hanno voluto capire nel loro spirito quando avrebbero potuto farlo per mia grazia.

II monaco, sempre stando sulla sua scala, affronta poi questioni squisitamente spirituali relative alla Vergine e agli angeli, ponendosi il doloroso interrogativo suscitato dal raffronto tra la condizione angelica e quella umana: O giudice, perché sei così ineguale nei tuoi doni e nelle tue grazie e hai prediletto e preferito la santa Vergine Maria su tutte le creature e l'hai esaltata al di sopra degli angeli? Perché hai donato agli angeli lo spirito senza la carne e li hai destinati alle gioie celesti? E perché hai donato all'uomo un vaso di terra e uno spirito e l'hai obbligato a vivere con fatica e pena e a morire con dolore.

La risposta del Signore è di grande solennità: Amico mio, io nella mia divinità conosco fin da tutta l'eternità tutte le cose future; quelle avvenute come quelle che devono avvenire, perché come la caduta dell'uomo è stata da me prevista, così la mia giustizia l'ha permessa; essa però non è stata predisposta da Dio, e neppure la divina prescienza poteva impedirla; allo stesso modo la mia misericordia ha previsto da tutta l'eternità la necessità della liberazione dell'uomo.

Tu domandi perché ho privilegiato al di sopra di tutte le altre la Madre di Dio e perché l'ho amata al di sopra e al di là di tutte le creature; ciò è avvenuto perché in lei è stato trovato un segno vero di virtù; infatti come il fuoco si accende rapidamente quando il legno è ben disposto, allo stesso modo il fuoco del mio amore si accese più ardentemente in mia Madre, essendo ella meglio disposta; perché quando l'amore divino, che è di per sé immutabile ed eterno, cominciò ad apparire e a bruciare allorché la mia divinità si incarnò, così non esisteva creatura più adatta e più capace di ricevere le fiamme del mio amore della Santa Vergine, poiché nessuna aveva tanta carità quanta ne aveva lei; e sebbene il suo amore si fosse manifestato alla fine dei tempi, non di meno ella era stata conosciuta da tutta l'eternità prima dell'inizio dei tempi, e di conseguenza predefinita da tutta l'eternità nella divinità; infatti come nessuno le è stato uguale nell'amore, così ella non ha avuto eguali in grazia e benedizione.

Poi un'altra domanda rivolta direttamente a Gesù: Essendo stato concepito ed essendo nato senza peccato, perché hai voluto essere battezzato?

Risponde il Signore: È necessario che colui che vuole aprire una nuova strada la inizi personalmente. In altri tempi era stata donata al popolo una via carnale, la circoncisione, in segno di obbedienza e purificazione, che sortiva l'effetto di grazia futura e di promessa ai fedeli che rispettavano la legge, prima che venisse la verità promessa, cioè Gesù Cristo. Ma essendo arrivata la verità e non essendo la legge che un'ombra, era stato stabilito da tutta l'eternità che la via antica si sarebbe ritirata, perché priva di effetto. Affinché dunque la verità apparisse, l'ombra si ritirasse e si manifestasse la via più facile per arrivare al cielo, io che sono Dio e uomo per umiltà ho voluto essere battezzato per dare l'esempio a molti e per aprire il cielo ai credenti e ai fedeli; e per dimostrarlo, dopo che fui battezzato, il cielo si aprì, fu udita la voce del Padre, lo Spirito Santo apparve in forma di colomba. Io, figlio di Dio, ho dimostrato di essere vero Dio e uomo, affinché si sappia e si creda che il Padre eterno apre i cieli ai battezzati e ai fedeli. Lo Spirito Santo è con colui che battezza...

Io, che sono la verità, ho dissipato le ombre. La scorza della legge fu spezzata, apparve il nocciolo, la circoncisione fu sospesa e il battesimo fu confermato in me, affinché il cielo fosse aperto ai grandi e ai piccoli e i figli dell'ira divenissero figli della grazia e della vita eterna. Il monaco insiste e pone la domanda che da duemila anni l'uomo si pone: O giudice, te lo domando, poiché tu sei Dio ed uomo, perché non hai manifestato la tua divinità così come hai manifestato la tua umanità, affinché tutti credessero in te?

E il giudice risponde: O amico mio, ti rispondo affinché la malizia del tuo pensiero sia conosciuta ad altri... Poiché Dio non permette niente senza un motivo, ti rispondo non alla maniera umana, dato che noi trattiamo di cose spirituali; ma con similitudini, affinché la mia risposta sia compresa.

Tu domandi dunque perché non ho mostrato la mia divinità allo stesso modo in cui ho manifestato la mia umanità. lo rispondo: la mia divinità è spirituale e la mia umanità è corporale. Tuttavia la divinità e l'umanità sono inseparabili, la mia divinità è increata e tutto ciò che è in essa è bontà e perfezione. Se dunque una bontà e una perfezione tanto grandi si fossero manifestate all'occhio imperfetto dell'uomo, chi avrebbe potuto sostenerle, dato che l'occhio umano non riesce a sopportare neppure la vista del sole materiale?...

È per due ragioni che la mia divinità non si è manifestata più chiaramente: 1° per l'imperfezione umana, che non era in grado di sopportarla, poiché gli occhi umani sono di sostanza terrena: se l'occhio corporale vedesse la divinità, si scioglierebbe come cera davanti al fuoco; se l'anima avesse in sorte di vedere la divinità, il corpo si fonderebbe e si annienterebbe come cenere. 2° non si è manifestata inoltre a ragione della mia divina bontà e della sua costante stabilità; infatti se io mostrassi agli occhi mortali la mia divinità, che è incomparabilmente più risplendente del sole e del fuoco, io andrei contro quanto io stesso dissi: L'uomo non mi vedrà affatto e vivrà. Nemmeno i profeti mi videro, loro che videro la montagna fumante e dissero: Che Mosè ci parli, e noi l'ascolteremo. Per questo io, che sono misericordia, affinché l'uomo mi capisse meglio e non si spaventasse, mi sono mostrato a lui in una forma che potesse essere vista e udita, ovvero nella mia umanità, che contiene - come velata - la mia divinità.

Io, che sono Dio e non sono corporale, ho voluto poter essere udito e visto dagli uomini nella mia umanità. Non ancora stanco, il monaco chiede ancora: Perché hai preferito nascere da una Vergine piuttosto che da un'altra donna che non lo era?

Ed ecco la risposta: Poiché a me, Dio purissimo, meglio si convengono le cose pure... La verginità è una via molto bella che conduce al cielo e il matrimonio è soltanto una via; di conseguenza era ragionevole che io, Dio purissimo, riposassi nel seno di una Vergine purissima, così come il primo uomo era stato tratto dalla terra, che in qualche maniera era vergine, non essendo stata ancora inquinata dal sangue ... Infine una domanda dolorosamente umana: Perché molto spesso i malvagi prosperano più dei buoni?

E il Signore risponde: Ciò è indizio della mia grande pazienza e del mio amore, perché se io donassi i beni temporali soltanto ai miei amici, i malvagi si dispererebbero e i buoni si inorgoglirebbero. Io invece dono ad ognuno i beni temporali affinché io, il loro Dio, autore e creatore di ogni cosa, sia da tutti amato e affinché quando i buoni diventano superbi siano indotti dai malvagi ad essere giusti. Tutti sanno anche che le cose corporali non devono essere preferite a me, ma devono soltanto essere usate affinché l'uomo capisca che meno stabilità trova nelle cose temporali più deve essere saldo nel servirmi.
(tutte le rivelazioni alla santa si trovano qui: http://www.chiesa-cattolica.net/santi/santa-brigida/santa-brigida.php)
Gesù confido in te: VISIONE DI S.BRIGIDA: Capitò una volta che Brigida andava a cavallo a Vadstena essendo accompagnata da parecchi dei suoi amici, che erano anch'essi a cavall...

Legga adagio. Apocalisse 11° 17«Noi ti rendiamo grazie, Signore Dio onnipotente, che sei e che eri, 18perché hai preso in mano la tua grande potenza e hai instaurato il tuo regno. Le genti fremettero, ma è giunta la tua ira, il tempo di giudicare i morti, di dare la ricompensa ai tuoi servi, i profeti, e ai santi, e a quanti temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di annientare coloro che distruggono la terra».



QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 80


5 agosto 1943

   1Dice Gesù
   «Quest’ira delle nazioni è il prodromo dell’ira mia, poiché così deve avvenire. Ora penosa, poveri figli miei che la subite, ma è inevitabile che ci sia perché tutto deve essere compiuto, di Bene e Male, sulla Terra prima che venga la mia ora. Allora dirò: "Basta" e verrò come Giudice e Re ad assumere anche il regno della terra ed e giudicare i peccati e i meriti dell’uomo.

   Quando voi leggete nel libro di Giovanni le parole: "l’ora di giudicare i morti" pensate che si riferisca a 2coloro che sono già, da secoli magari, trapassati in altre sfere di mistero che sarà noto solo quando uno vi sarà immesso. Sì. Morte vuol dire trasmigrazione dell’anima ad altre zone diverse dalla terra. Ma vi è un senso più vasto nella parola di Giovanni: i morti di cui parla possono essere anche vivi, secondo la carne, ma in verità essere, agli occhi di chi vede, dei Morti.

   Sono i grandi Morti, poiché nessuna risurrezione sarà per loro. Morti a Dio, non avranno mai più in eterno il bene di possedere la Vita, ossia Dio, poiché Dio è Vita eterna.

   Ugualmente, con senso più vasto di quanto possano suscitare le semplici parole, i profeti, i servi, i santi di cui parla Giovanni, adombrano,sotto quelle tre qualifiche, tutte le creature che hanno saputo vivere nello spirito.

   Quante umili vecchierelle, quanti poveri fanciulli, quanti semplici e indotti uomini, quante donne illetterate3, sconosciute alle folle, sono nascoste e comprese nelle parole: profeti, servi, santi. A segnalarle al mondo esso ne riderebbe. Ma in verità, in verità vi dico che è più profeta, servo e santo mio, uno di questi poveri, secondo la carne, che non un dotto superbo, un grande borioso, un mio stesso ministro, nei quali manchi4 quello che vi fa santi agli occhi miei: saper vivere secondo la mia Parola e saper fare la mia Volontà con fede, con carità, con speranza costanti. 

   Il mio sorriso ai miei benedetti nell’ora della mia venuta di Re e Giudice accenderà un sole di sette volte tanto il comune sole e splenderanno i miei cieli di esso, mentre i cori angelici canteranno le lodi mie e dei miei servi che avranno in quell’ora proclamate da Me, contro il mondo stolto e cieco, le loro virtù che li fanno miei figli.

   Ma per coloro che tali non sono, e specie per quelli che col loro agire hanno portato a perdizione la terra e i deboli della terra, il mio sguardo sarà folgore che precipita nell’abisso, poiché è inevitabile che il Male esista, ma maledetti in eterno coloro che del Male si fanno servi e amministratori5

(Questo il commento ai versetti 17-18 del capitolo 11° dell’Apocalisse, come me lo commenta Gesù.)
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   1 Segue l’annotazione tra parentesi: Ricopiato nel quaderno - e -, scritta con inchiostro rosso da altra mano, forse del 
Padre Migliorini.

   2 aè nostra correzione da ai 

   3 illetterate è nostra correzione da illeterate


   4 manchi 
è nostra correzione da manchino

   5 amministratori è nostra correzione da anninistratori


AMDG et DVM

martedì 2 giugno 2020