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sabato 6 giugno 2020

RODRIGUEZ


DELLA CONFORMITÀ ALLA VOLONTÀ DI DIO

CAPO I.

Si pongono due fondamenti principali in questa materia.
1. Due fini per cui Gesù Cristo venne al mondo.
2. Gesù Cristo insegnò la conformità alla volontà di Dio.
3. In questo sta il meglio della perfezione.
4. Tutto nel mondo avviene per volontà di Dio, tranne il peccato.
5. Rispetto a Dio nulla è a caso.
6. Quindi piena conformità alla volontà di Dio.
7. Così facevano gli anacoreti.
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1. «Non si faccia, Signore, come voglio io, ma come volete voi» (Mt 26, 39). Per due fini dicono i Santi che discese il Figliuolo di Dio dal cielo e si vestì nella nostra carne, facendosi vero uomo: l'uno, per redimerci col suo Sangue prezioso; l'atro, per insegnarci colla sua dottrina la via del cielo e istruirci col suo esempio; perché, come non ci avrebbe giovato il saper la via per cui poter camminare, se fossimo rimasti legati nel carcere; così, dice S. Bernardo (S. BERN. Serm. 3 in Circum. Dom. n. 1), non avrebbe giovato il cavarci dal carcere, se non avessimo saputa tal via. E poiché Dio era invisibile, era necessario che, per poterlo noi vedere, seguitare e imitare, egli si facesse visibile e si vestisse della nostra umanità: in quella guisa che il pastore si veste di un pelliccione formato dalla stessa pelle delle pecore, acciocché queste più facilmente lo seguitino, vedendo la loro somiglianza. E S. Leone papa dice: «Se Cristo non fosse stato vero Dio, non ci avrebbe apportato il rimedio; e se non fosse stato vero uomo, non ci avrebbe dato l'esempio» (S. LEO PAPA, Serm. de Nat. Dom. 21, c. 2). L'una e l'altra di queste due cose fece egli molto compiutamente mercé l'eccesso di quell'amore che portava agli uomini. Siccome dal canto suo fu molto copiosa la redenzione (Ps. 129, 7), così dal canto suo fu anche molto copioso il suo ammaestramento: perché non fu fatto solamente con parole, ma molto più abbondantemente con esempi di opere. «Principiò Gesù a fare e ad insegnare», dice l'Evangelista S. Luca (At 1, 1). Prima cominciò ad operare, il che fece in tutta la sua vita; e dipoi a predicare i tre ultimi anni, ovvero i due e mezzo.





2. Ora, fra tutte le cose che c'insegnò Cristo Nostro Redentore, una delle più principali si è: che avessimo una piena conformità alla volontà di Dio in tutte le cose. E non solo ce lo insegnò con parole, quando insegnandoci ad orare disse: Una delle cose che avete da chiedere al vostro Padre celeste è: «Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così anche in terra» (Mt 6, 10); ma c'insegnò anche e ci confermò molto bene questa dottrina col suo esempio: perché a quest'effetto dice egli che scese dal cielo in terra. «Sono disceso dal cielo, non a fare la mia volontà, ma la volontà di lui, che mi ha mandato» (Gv6, 38). E al tempo di compiere la grande opera della nostra redenzione, il giovedì, dopo l'ultima cena, ritiratosi nell'orto del Getsemani ed ivi postosi in orazione, sebbene il corpo e l'appetito suo sensitivo
naturalmente ricusavano la morte, onde per mostrare che era vero uomo disse: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice» (Mt 26, 39); nondimeno la volontà sua fu sempre molto pronta e molto desiderosa di bere il calice che il Divin suo Padre gli offriva: onde soggiunse subito: No, Signore, non si faccia quello che voglio io, ma quello che volete voi.


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3. Per pigliar questa cosa dalla sua radice e per fondarci bene in questa conformità alla volontà di Dio, si hanno da supporre due brevi fondamenti, ma molto sostanziali, sopra dei quali, come sopra due cardini, si ha da appoggiare e raggirare tutto questo affare. Il primo è, che il nostro profitto e perfezione consiste in questa conformità alla «Volontà di Dio; e quanto questa sarà maggiore e più perfetta, tanto sarà maggiore il profitto. Questo fondamento si lascia intendere facilmente; perché è cosa certa che la perfezione essenzialmente consiste nella carità e nell'amor di Dio; e tanto sarà uno più perfetto, quanto più amerà Dio. È pieno di questa dottrina il sacro Vangelo; ne sono piene le Epistole di S. Paolo; ne sono pieni i libri dei Santi. «Questo è il massimo e primo comandamento» (Mt 22, 38). «La carità è il vincolo della perfezione (Col. 3, 14). La più grande di queste (virtù) è la carità» (1Cor. 13, 13). La cosa più alta e più perfetta è la carità e l'amor di Dio. Ora la, parte più alta è più pura di questo amore di Dio, e come la quintessenza, è conformarsi in ogni cosa alla di lui volontà è l'avere uno stesso volere e non volere colla Divina Maestà Sua in tutte le cose. «L'avere uno stesso volere e non volere è la vera e ferma amicizia», dice S. Girolamo (S. HIERON. Epist. ad Demetr. n. 12), riportando queste parole da Sallustio.
Dunque quanto uno sarà più conforme e più unito alla volontà di Dio, tanto sarà migliore e più perfetto. Inoltre è chiaro che non vi è cosa migliore né più perfetta che la volontà di Dio; dunque quanto più uno si conformerà e si unirà alla volontà di Dio, tanto migliore e più perfetto sarà. Se Dio è la cosa più perfetta che si trovi; dunque quanto più una cosa si assomiglierà a Dio, tanto sarà più perfetta.

4. Il secondo fondamento è, che nessuna cosa può avvenire né succedere nel mondo, se non per volontà e ordinazione di Dio. Il che si ha da intendere sempre, eccettuatane la colpa e il peccato, perché di questo non è cagione né autore Dio, né può esserlo. E siccome ripugna alla natura del fuoco il raffreddare, e a quella dell'acqua il riscaldare, e a quella del sole l'oscurare; così ripugna infinitamente più all'immensa bontà di Dio l'amare l'iniquità. Onde il profeta Abacuc disse: «Signore, gli occhi tuoi sono mondi, per non vedere il male; e non puoi vedere le iniquità degli uomini» (Ab 1, 13). Come tra noi, quando vogliamo significar l'odio che uno porta ad un altro, diciamo che non lo può vedere; così dice che Dio non può vedere le iniquità degli uomini per l'aborrimento e odio grande che porta a quelle. «Perché tu non sei un Dio, che ami l'iniquità» (Ps. 5. 4), dice Davide; e altrove: «Hai amato la giustizia ed hai odiato l'iniquità» (Ps. 44, 7). Tutta la sacra Scrittura è piena di espressioni e di formole le quali ci mostrano quanto Dio odia il peccato; onde non può esser cagione né autore di esso. Ma eccettuatone il peccato, tutte le altre cose e tutti i travagli e i mali di pena che avvengono in questo mondo, tutti avvengono per volontà e ordinazione di Dio. Questo fondamento è anch'esso molto certo. Non vi è fortuna nel mondo: ché questo fu errore dei gentili. I beni che il mondo chiama di fortuna non li dà la fortuna, che questa non vi è, ma li dà solamente Dio. Così dice lo Spirito Santo per mezzo del Savio: «I beni ed i mali, la vita e la morte, la povertà e le ricchezze vengono da Dio» (Sir 11, 14).
E ancorché queste cose avvengano per mezzo d'altre cagioni seconde, è nondimeno certo che nessuna cosa si fa nel mondo, se non per volontà e ordine di quel supremo imperatore che lo governa. Nessuna cosa avviene a caso rispetto a Dio; ogni cosa viene decretata e
ordinata da lui, e ogni cosa passa per le sue mani. Tiene egli contate tutte le ossa del tuo corpo e tutti i capelli del tuo capo; e neppure uno di essi ti sarà tolto senza ordinazione e volontà sua. Ma che dico io di quello che tocca agli uomini? Non cade un uccellino nel laccio, dice Cristo nostro Redentore nel suo Vangelo, senza disposizione e volontà di Dio. «Non si vendono forse due passeri a un quattrino? pure un solo di questi non cascherà per terra senza del Padre vostro» (Mt 10, 29). Nemmeno una fronda di albero si muove senza la sua volontà. Ancora delle sorti dice il Savio: «Si gettano le sorti nell'urna, ma il Signore è quegli che ne dispone» (Prv16,33). Sebbene le sorti si cavano da un bussoletto o da un vaso, non ti pensare che escano a caso; perché escono per decreto della Divina Provvidenza, la quale così vuole e così dispone. «La sorte toccò a Mattia» (At 1,16). Non cadde a caso la sorte sopra Mattia, ma fu per decreto e particolare provvidenza di Dio, il quale lo volle eleggere in suo Apostolo per quella via.
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5. Arrivarono a conoscere questa verità, anche col solo lume naturale, i buoni filosofi, e dissero che, sebbene rispetto alle cagioni seconde molte cose sono a caso, nondimeno non sono a caso rispetto alla prima cagione, ma molto di proposito e a bello studio da lei sono prevedute e ordinate. E apportano per esempio: Se un padrone mandasse un servitore in qualche luogo per qualche affare; e per un'altra strada ne mandasse un altro al medesimo luogo, o per lo stesso, o per un altro affare, senza saper l'uno dell'altro, intendendo però egli che colà si unissero; l'incontrarsi questi due servitori rispetto ad essi sarebbe a caso, ma rispetto al padrone, che lo intese, non sarebbe a caso, ma cosa pensata e voluta molto di proposito. Così qui nel caso nostro: benché rispetto agli uomini avvengono alcune cose a caso, perché essi prima non le intendevano né vi pensavano; nondimeno rispetto a Dio non avvengono a caso, ma con consiglio e volontà sua, che così ha ordinato per i fini segreti e occulti che egli sa.
6. Quel che abbiamo da cavare da questi due fondamenti è la conclusione e l'assunto che abbiamo proposto, cioè che, giacché tutte le cose che ci accadono vengono dalla mano di Dio, e tutta la nostra perfezione consiste nel conformarci alla volontà sua; le riceviamo dunque tutte come venute dalla sua mano e ci conformiamo in esse alla sua divina e santissima volontà. Non hai da ricevere cosa alcuna come venuta a caso, o per industria o per i mezzi degli uomini; perché questo è quello che suole cagionare grande angoscia e dolore. Non ti pensare che questa o quell'altra cosa ti sia avvenuta, perché quell'altro l'abbia maneggiata; e che se non fosse stato per la tale o tal altra circostanza, sarebbe succeduta altrimenti: non hai da far conto di questo; ma pigliare tutte le cose come venute dalla mano di Dio, per qualsivoglia via o giro che vengano; perché egli è quegli che le manda per quei mezzi.
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7. Soleva dire uno di quei famosi Padri dell'eremo (De vitis Patr. l. 5, lib. 11, n. 5), che non potrà l'uomo aver vero riposo né vera contentezza in questa vita, se non farà conto che in questo mondo non vi sia altro che Dio, ed egli solo. E S. Doroteo (S. DOROTH. Doctr. n. 7) dice che quei Padri antichi molto attendevano a questo esercizio, dell'assuefarsi a pigliare tutte le cose come venute dalla mano di Dio, per piccole che fossero e in qualsivoglia maniera esse venissero; e che con questo si conservavano in gran pace e quiete e vivevano vita celeste.


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