martedì 19 maggio 2020

Breve biografia di Santa Rita da Cascia


Rita Figlia

1381 - 1397
Il vero nome della nostra Santa è Margherita Lotti, figlia di Antonio Lotti e Amata Ferri.
La piccola Margherita di Roccaporena, frazione a 5 km da Cascia, sboccia nel 1371, altri ritengono la data del 1381. Le ipotesi sono due: per la nascita 1371 o 1381, per il trapasso (rispettivamente) 1447 o 1457.
[Le date 1381-1457 sono state riconosciute come ufficiali da Papa Leone XIII quando proclamò Rita Santa.]
In un clima di fragile calma, Antonio e Amata svolgono la funzione di “pacieri”. I genitori di Rita sono particolarmente stimati e gli statuti del libero comune di Cascia affidano loro l’arduo incarico di pacificare i contendenti o almeno evitare stragi cruenti tra famiglie in conflitto.
LEGGI DI PIÙ

Rita Moglie e Madre

1397 - 1406
Come per tante ragazze, anche per la giovane Rita arriva il momento di farsi una famiglia. Il giovane che s’innamora di lei, e che lei ricambia, si chiama Paolo di Ferdinando di Mancino. Non è un giovane violento, come descritto in qualche vita, ma un ghibellino risentito e basta. Rita, quindi, non “ammansisce” affatto Paolo, piuttosto lo aiuta a vivere con una condotta più autenticamente cristiana. Sarà questo il frutto di un amore incondizionato e reciproco illuminato dalla benedizione divina.
LEGGI DI PIÙ

Rita Vedova

1406 - 1407
Paolo di Ferdinando di Mancino viene assassinato nei pressi del “Mulinaccio”, dove si era trasferito con Rita e i suoi due figli. La tradizione colloca l’accaduto intorno al 1406.
Rita se ne accorge, accorre ma non le resta che cogliere il rantolo finale del marito e affrettarsi a nascondere la camicia insanguinata, perché i figli, vedendola, non finiscano col covare vendetta.
LEGGI DI PIÙ

Rita Monaca

1407 - 1457
Dopo l’assassinio del marito e la tragica morte dei suoi due figli, Rita si rifugia nella preghiera. È in questo momento che deve aver maturato con forza il desiderio di elevare il suo amore ad un altro livello, ad un altro sposo: Cristo.
All’età di circa 36 anniRita bussa alla porta del Monastero di Santa Maria Maddalena. Superate le mille difficoltà, con l’aiuto della preghiera ai suoi tre protettori Sant’Agostino, San Nicola Da Tolentino e San Giovanni Battista, finalmente corona il suo desiderio.
LEGGI DI PIÙ

Rita Sale al Cielo

1457
Nell’inverno precedente la sua scomparsa, gravemente ammalata, Rita trascorre lunghi periodi nella sua cella. Probabilmente la nostalgia per la sua Roccaporena, il ricordo di Paolo e dei figli si fa sentire vivo. Forse Rita, che ha sempre pregato per le loro anime, ora che sente avvicinarsi la fine, avverte una pena in cuore: sapere se il Signore abbia accolto le sue sofferenze e preghiere in espiazione dei peccati dei suoi cari. Chiede un segno all’Amore e il cielo le risponde.
LEGGI DI PIÙ

I Primi Miracoli

1457
Nel 1457, per iniziativa delle autorità comunali, i primi miracoli di Santa Rita cominciano ad essere riportati nel Codex miraculorum (il Codice dei miracoli). Fra questi, troviamo quello cosiddetto maxime, ovvero il più straordinario: il miracolo di un cieco che riebbe la vista.
Il corpo di Rita non è mai stato sepolto, proprio per il forte culto nato immediatamente dopo la sua morte. Da subito, infatti, grazie alle sue virtù, cominciano ad arrivare gli ex voto portati dai devoti. Vedendo tanta venerazione, le monache, decidono di riporre il santo corpo in una cassa. È a questo punto che Mastro Cecco Barbari s’incarica di costruire (più probabile: far costruire) la prima bara detta “cassa umile”.
LEGGI DI PIÙ

Beatificazione e Canonizzazione

1626 - 1900
Se tra i concittadini la venerazione è stata rapida, non altrettanto rapido è il cammino di ascesa agli altariIl processo di beatificazione ha inizio il 19 ottobre 1626, sotto il pontificato di Urbano VIII, che ben conosce la Santa essendo stato vescovo di Spoleto fino al 1617.
Fra i principali sostenitori della causa di beatificazione, oltre alla famiglia Barberini, c’è il Cardinale Fausto Poli, nativo di Usigni, villaggio del territorio casciano. È lui a interessarsi anche dei luoghi ritiani di Roccaporena, trasformando nel 1630 la casa-domuncola in capella.
LEGGI DI MENO

Il processo si svolge a Cascia, nella chiesa di San Francesco, con capillarità minuziosa. In seguito al processo casciano, il 2 ottobre 1627, Urbano VIII concede alla diocesi di Spoleto e ai religiosi agostiniani la facoltà di celebrare la messa in onore della beata Rita. Il 4 febbraio 1628 dispone che tale messa possa essere celebrata nelle chiese agostiniane anche dal clero secolare. Con queste iniziative che autorizzavano il culto,si sanciva la beatificazione anche se non nella forma solenne e canonica tradizionale.

Nel 1737 gli agostiniani e il comune di Cascia intendono premere per la canonizzazione. Per una lunga serie di vicissitudini, il processo canonico viene più volte interrotto e ripreso, fino alla riapertura del 1853 e alla svolta rappresentata dal miracolo ottenuto da Cosma Pellegrini di Conversano del 1887.
Il 25 febbraio 1896, viene finalmente redatto il decreto sulle virtù eroicheNel 1899, dopo aver preso in esame i vari miracoli, stimati utili per la canonizzazione, tra questi si approvano: il profumo che si diffonde dal corpo della santala guarigione della piccola Elisabetta Bergamini e quella di Cosma Pellegrini, che viene guarito da una malattia incurabile.
Finalmente il 24 maggio 1900, Leone XIII proclama Santa la Margherita di Cascia.
Giovanni Paolo IInel grande giubileo del 2000, il 20 maggio concede udienza generale a una pellegrina speciale e ai suoi fratelli. Rita da Cascia giunge di nuovo a Roma, volando con la polizia di stato, l’arcivescovo diocesano Mons. Riccardo Fontana, il rettore Padre Bolivar Centeno e Padre Giovanni Scanavino, il giorno 19 maggio. È subito scortata presso i suoi confratelli in Sant’Agostino in campo Marzio. L’intera giornata trascorre in preghiera, fino a notte fonda. Il giorno dopo, accompagnata da un tripudio di gente, mentre già i devoti l’attendono in piazza San Pietro, accorsi da ogni parte del mondo, si realizza l’incontro tra il Vicario di Cristo, l’umile Santa di Cascia ed i suoi fratelli; testimoniando al mondo che il messaggio d’amore e di pace deve ancora oggi trionfare. Da quest’incontro, per volontà del Sommo Pontefice, Santa Rita viene di fatto inserita nell’edizione tipica latina del messale romano del 2001.
Il corpo di Rita, dal 18 maggio 1947, riposa nella Basilica Santa Rita a Cascia, dentro l’urna d’argento e cristallo realizzata nel 1930. Indagini mediche hanno accertato la presenza di una piaga ossea (osteomielite) sulla fronte, a riprova dell’esistenza della stigmata. Il viso, le mani e i piedi sono mummificati, mentre sotto l’abito di suora agostiniana c’è l’intero scheletro (così ridottosi dalla prima metà del ’700). Il piede destro ha segni di una malattia sofferta negli ultimi anni, forse una sciatalgia, mentre la sua statura era di 1,57 m.

lunedì 18 maggio 2020

Sentite come è stabile Dio, di suo, nei suoi decreti?

LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 13


Quarta domenica dopo Pasqua



19 maggio 1946

   Introito: Salmo 98 (97), 1-2.
   Orazione: O Dio, che unisci le anime dei fedeli in una sola volontà, dà ai tuoi popoli di amare ciò che comandi e di desiderare ciò che prometti, affinché fra i cambiamenti del mondo i nostri cuori siano fissi dove sono le vere gioie.
   Epistola: Giacomo 1, 17-21.
   Versetti alleluiatici: Salmo 118 (117), 16; Romani 6, 9.
   Vangelo: Giovanni 16, 5-14.
   Offertorio: Salmo 66 (65), 1-2.16.
   Segreta: O Dio, che con la veneranda comunicazione di questo sacrificio ci hai resi partecipi dell'unica eccelsa divinità, concedici, te ne preghiamo, che come conosciamo la tua verità, così la mettiamo in pratica con degna vita.
   Comunione: Giovanni 16, 8.
   Dopocomunione: Assistici, o Signore Dio nostro, affinché, in virtù di ciò che abbiamo ricevuto con fede, veniamo purificati dai vizi e liberati da tutti i pericoli.
  

   Dice S. Azaria:

   «Gli uomini, che non vogliono più, che non possono più leggere e capire le parole che gli avvenimenti scrivono sulle pagine del Tempo, non dicono certo le parole dell'Introito, anzi, alzando il pugno e l'odio verso Dio, bestemmiano: "Nessuna meraviglia! Nessuna giustizia! O Dio non è, o, se è, è un Dio idolo che non può opporsi agli uomini. Un Dio idolo. Più dio è l'uomo perché l'uomo può fare ciò che vuole e nessuno lo punisce".
   Così parlano degli uomini, quella parte fra gli uomini che è la più numerosa, ma nella quale la regalità soprannaturale dell'uomo è annullata avendo in loro uno spirito morto su cui sta seduto il Male nelle sue diverse forme di ateismo, di odio a Dio, di odio agli uomini, di ferocia, di corruzione.
   Ma io non parlo ad essi. Parlo a te, piccola voce, parlo a tutte le "voci" e poi a quelli che ancora sono uomini fatti a immagine e somiglianza di Dio: ossia un misto di corpo ed anima, e nel quale misto è re lo spirito che ricorda Dio1, che serve Dio, che ubbidisce a Dio e che avrà il possesso di Dio, il beatifico possesso che fa degli uomini altrettanti dèi, eterni, beatissimi.

   E a voi faccio considerare la verità delle parole dell'Introito. Verità che un'osservazione superficiale sembra smentire, ma che è luminosa al di là dello schermo fumoso e opaco delle rovine, delle stragi, delle miserie, degli altri castighi che hanno percosso e che percuoteranno l'Umanità.
   Dio ha operato meraviglie. Se, come vi avviene quando dall'alto di un vostro aereo guardate in basso i continenti che sorvolate, poteste dall'alto, molto dall'alto, ossia dalle sfere dove la spiritualità che vi regna e la Verità e Luce che vi sono regine compenetrano gli abitanti di quel mondo soprannaturale; se poteste vedere con un unico sguardo di intelligente osservazione tutto quanto è avvenuto in questi ultimi anni sul vostro pianeta, vedreste come in un mosaico grandissimo ricomporsi le frammentarie meraviglie operate da Dio, ed apparire un capolavoro vastissimo, meraviglioso, testimoniante la giustizia del Signore.

   Perché, o cari figli che nel Signore siete fedeli, non c'è alcuno fra voi che non possa dire: "Il Signore mi ha tutelato, ha provveduto ai miei giusti bisogni, ho visto la sua Mano in quell'ora di guerra, in quest'altra di persecuzione". Molti fra voi piangono perché la famiglia non è più quale era prima della guerra, perché il benessere non è più quello. Figli del Signore, voi piangete, ma non piangereste di più se, per caso, colui che piangete non fosse ancora fra i viventi?
   Per quanti la morte non è stata misericordia! Voi non sapete. Misericordia nel tempo. Misericordia nell'eternità. Vivendo ora avrebbero pericolato come ancora non avevano fatto. Vivendo avrebbero trovato la giustizia degli uomini, la quale, nelle sue forme, è sempre crudele rispetto a quella di Dio, fatta più di odio che di equanimità, comunicante odio verso il colpevole e al colpevole. Vedete invece quanta pietà ha avuto Dio in certe morti che sono state espiazione, saldo del grande debito che colui o colei che piangete aveva verso Dio. E anche nel caso che non un pensiero di pentimento sia affiorato dallo spirito corrotto nell'ora della morte - e sarebbe bastato un solo grido di invocazione al Padre, al Salvatore, per salvare lo spirito dalla morte e renderlo alla Vita nell'ora che la piccola vita cessava - sempre giustizia misericordiosa è stata quella morte perché vi ha impedito di vergognarvi, di rabbrividire di orrore, o madri, o mogli, o figli, davanti al nuovo aspetto morale di quello che ora piangete.

   E giustizia sono stati e sono gli avvenimenti generali. Pretendereste forse che il Divino Offeso fosse e stesse inerte davanti alle continue provocazioni dell'uomo che calpesta, distrugge in mille modi il precetto capitale? Credete che sia lecito irridere Dio e fare come se Egli non fosse? Molto potete, e abusate di questo potere. Ma ecco la risposta di Dio: il suo non intervento in vostro favore, favore non di singoli, ma di masse.
   "Il Creatore non è", gridano. "Dio non è", bestemmiano. E il Creatore vi mostra la sua esistenza con inspiegabili flagelli meteorici e animali.

   Non dite: "Allora non è buono". Bontà è virtù, stoltezza è malattia. Dio non può esser malato, imperfetto, menomato in nessuno dei suoi poteri. E all'uomo che ha distrutto, violato, calpestato i diritti dei suoi simili - e questa criminalità è stata di tutta la Terra - risponde col suo diritto di distruggere ciò che ha creato. All'uomo, che non rinsavisce con la guerra ma che sempre più diventa demonio, Dio dà la percossa della fame. Trattandovi da animali bruti che non capiscono che i bisogni brutali. Trattando l'Umanità da ciò che è.
   Voi, ai quali parlo, direte: "E noi?". È vero. Per i peccati di un popolo periscono anche i giusti di esso. Ma mentre piangete per i castighi attuali alzate i cuori, come insegna l'Orazione, fissandoli là "dove sono le vere gioie". Nelle cose spirituali, nella promessa di una vita futura, di un premio per i perseveranti, in Dio vostro Padre e vostro Premio.
   Ad annullare ogni residuo di dubbio sulla provvidenziale presenza di Dio anche nei fatti che non pare abbiano origine da Dio, e origine buona, perché fanno piangere, ecco le parole dell'apostolo Giacomo: "Ogni ottima cosa ricevuta, ogni dono perfetto viene dall'Alto".

   Bisogna saper vedere. Questo è l'essenziale. Vedere per credere. Non vedere per credere all'esistenza di Dio, perché per questa è beato chi sa credere anche senza vedere, e il suo atto continuo di fede gli darà grande gloria in Cielo. Ma vedere oltre la materialità del fatto le soprannaturali giustizie che in esso fatto si celano. Quando uno sa vedere così, ecco che, per una metamorfosi del fatto materiale, esso si muta in fatto soprannaturale e benefico, si nobilita in moneta di acquisto e merito immortali.
   Osservate la crisalide chiusa nel bozzolo: un brutto animale che si schiaccia volentieri per quanto suscita di ribrezzo. Ma se la crisalide riesce a sfuggire alla distruzione dell'uomo, del gelo, degli uccelli, delle piogge, e a stare attaccata col suo bozzolo là dove la previdente cura di chi l'ha deposta l'ha messa, ecco che allora, all'ora stabilita da leggi immutabili e sapienti, il bozzolo si apre e l'uomo stupito vede che il bruco inerte, schifoso, si è mutato in agile e bella farfalla.

   Lo stesso fa Dio nei suoi fedeli e a favore dei suoi fedeli. Prende i brutti, crudeli, respingenti fatti umani, voluti dall'egoismo, dall'odio, dalle avidità della maggior parte degli umani, e che percuotono come grandine, e che feriscono come flagelli la parte migliore insieme a quella che merita di torturarsi fra sé stessa perché ha perduto la fratellanza umana e si è mutata in una sterminata torma di fiere e di demoni, e - sol che i fedeli di Dio sappiano stare dove la previdente cura di Dio li ha messi: nel raggio della Sua Luce - li metamorfosa in ottime cose, in doni perfetti. Cosicché si vede che da una comune sventura nasce una selezione, e i figli della Luce più luminosi ed eletti si fanno, perché sanno vedere. Mentre i figli delle tenebre sempre più tenebrosi e reprobi si fanno, perché neppure la constatazione del tanto male fatto col loro malvagio volere li fa pentiti, pensosi almeno, mettendoli al principio della via che riconduce a Dio.

   Perciò, buoni figli del mio Signore, sappiate vedere. Soprannaturalmente vedere. Vedere che dalle torture mondiali di cui soffrite, e che sono opera d'uomini, potete ottenere un aumento di meriti e di gloria. Vedere perciò, al di là della mano artigliata del Male e dei malvagi che vi adunghia e tormenta, la Mano Ss. del Padre che vi presenta il mezzo di avere un grande, eterno dono per la vostra pazienza, la vostra fede, la vostra accettazione di ciò che non si può respingere, come se tutto venisse da Dio.
   Ecco perciò che sapientemente può dirsi che ogni ottima cosa, ogni dono perfetto viene dall'Alto, mentre le cose malvagie e senza perfezione salgono dal Basso e affiorano, come spore malefiche, e vengono raccolte da coloro che del Bassissimo sono servi, e sparse, pioggia di tormento, su tutta l'Umanità.

   "Ogni dono perfetto viene dall'alto e scende dal Padre dei lumi".
   Vedete quanta sicurezza viene da questa frase: "scende dal Padre dei lumi". Se dei lumi è Padre, può mai essere come uno che brancola nelle tenebre e sceglie a caso ciò che nelle tenebre gli cade sotto mano, ma del quale ignora la natura e gli effetti? No. Non può essere tale. E allora state fidenti, o cari figli di questo Padre dei lumi, state fidenti. Egli sa cosa, quando, come darvi i doni perfetti per farvi perfetti. Non respingeteli, non usateli male, non corrompeteli. Accettateli. Con umiltà. Con tanta più umiltà quanto più sono doni straordinari; e questo lo dico per voi, care voci. Con tanto amore alla verità senza aggiungere o levare un iota di ciò che Dio vi confida, senza velare una parte o mettere un fronzolo per false vergogne o false paure.

   Siate come Dio vi fa. Vi credono? Beati quelli che sanno vedere Dio nello strumento. Non vi credono? Pregate per loro. Vi scherniscono? Tentano indurvi a sconfessare ciò che siete? Siate dolci nel reagire col perdono all'offesa, ma incrollabili, tenaci come monte di granito nella vostra certezza. Solo Dio ha il diritto di non farvi più essere ciò che siete. E voi non ve ne dovete lamentare se, dopo avervi usato, vi lascia in disparte sulla Terra per suscitare altri. Credetemi, o voci: se voi siete ubbidienti tanto alla chiamata che all'ordine di riposo in uguale maniera, anche [se] la vostra voce avesse avuto a trasmettere una sola parola, il vostro merito in Cielo sarebbe grande per la vostra ubbidienza nel fare e nel riposare dopo aver fatto.
   Giacomo lo dice: "dal Padre dei lumi nel quale non vi è variazione, né ombra di mutamento".

   Sentite come è stabile Dio, di suo, nei suoi decreti? Solo la creatura è instabile e perciò talora sfugge dal volere stabile di Dio, facendosi di suo la sua triste sorte. Ma Dio non varia e non muta. E se vi ha amati tanto da attirarvi a Sé per darvi una missione fra gli uomini, non può, dopo, abbandonarvi e mutare decreto.
   Il Ss. Signor Nostro Gesù non ha mutato, essendo uguale al Padre, il suo cuore verso gli apostoli. Senza ignorare chi era Giuda, il mutevole per eccellenza, Gesù non mutò mai. Fino all'ultime ore trattò Giuda da apostolo e amico. Nella Cena lo purificò come gli altri, gli si comunicò come agli altri, e nel Getsemani lo salutò ancora: "Amico". E se, per un supposto, Giuda, in luogo di impiccarsi, fosse corso ai piedi della Croce, il Morente avrebbe raccolto le forze per dirgli ancora: "Amico, a che sei venuto? Per avere perdono? Eccotelo, e completo. Va' e non più peccare. Amami e fammi amare". E avrebbe detto alla Madre: "Donna, ecco i tuoi figli!", accumunando l'innocente al deicida pentito; né la Donna Ss., la Creatura più grande dopo Dio, lo avrebbe respinto perché Ella è la Santa, seconda soltanto a Dio in perfezione. Il pianto di Giuda ai piedi della Croce avrebbe dato al mondo la preghiera superperfetta di Gesù al Padre in favore del peccatore. Ma il Mondo non meritava di avere l'esatta misura di ciò che è l'amore misericordioso. E questa preghiera non fu pronunciata... Ma Gesù, Dio come il Padre, non ha mai mutato il suo Cuore e il suo Pensiero verso i suoi eletti. Non Lui, ma Giuda mutò cuore e pensiero, e liberamente si dannò.

   "Egli - dice Giacomo - di sua volontà ci ha generati con la parola di verità affinché noi siamo quali primizie delle sue creature".
   Ecco: questo va detto per tutti i veri fedeli di Dio, specialissimamente va detto agli eletti fra il gregge eletto. Ma le primizie, per essere tali, ossia di gran pregio, devono essere senza tare. Rispondere con la buona volontà alla Volontà di Dio, ossia essere: "pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira".

   Anima che io ho affidata2, ecco ora un grande consiglio che il mio Signore mi dà da portarti. Accoglilo perché viene dalla Luce ed è tutto luce, viene dalla Sapienza ed è tutto sapiente, viene dalla Giustizia ed è tutto giustizia. Accoglilo come hai accolto i precedenti, con la stessa docilità con cui un fiocco di nuvola si fa condurre dal vento. Dio è il tuo vento e ti conduce, su vie utili e giuste. Non uno dei suoi atti verso di te che non sia di benevolenza infinita. Il mio Signore ti fa dire dal tuo "buon compagno", da me, Azaria: "Sii lenta a parlare".
   Fino ad ora tu hai parlato, rispondendo con sincerità anche a quelle che erano semplici curiosità. Ora basta. Ricordati che non hai di fronte intenzioni rette, carità vere. Con molta umanità, e non sempre con buona umanità, ti interrogano. Perché? Per aiutarti? No. Per curiosità sola, i migliori; per desiderio di trovarti in fallo, gli altri. Anche Gesù veniva interrogato da farisei, scribi e sadducei per queste due cose: curiosità o malanimo, oziosaggine di discorsi inutili o speranza di coglierlo in colpa.
   Quali siano i tuoi testimoni te l'ho detto3 quando il mio e tuo Signore mi ha comandato di dirtelo. Ogni altro vedilo e trattalo come un forestiero da non ammettere nei domini del Re perché è dubbio, per lo meno dubbio il suo spirito, lo spirito con cui cerca entrare indagatore "nell'orto chiuso". Sii lenta, lentissima, avara, avarissima di parole con tutti, meno che con i tuoi testimoni. Tu vedi che gli altri non mutano atteggiamento. Pare risalgano la china verso la Luce, poi, pesanti di troppe teorie e non alleggeriti dall'aura spirituale che potrebbe controbilanciare il peso delle teorie, ricadono al punto di prima. E talora travisano i discorsi, o volutamente o per incapacità di intendere, e tentano, contro prudenza e contro carità.

   Hai socchiusa la porta per comando di Dio, acciò non avessero a loro scusa il non sapere. Ora, per comando di Dio, chiudila. Chiuditi in te, col tuo grande Tesoro, e col tuo minore tesoro: Dio e l'Opera, avendo una grande carità di preghiere e di perdono per coloro che non l'hanno per te, e lo dimostrano in molti modi; ma anche avendo una doverosa prudenza perché quando tutto si è detto per convincere, e gli altri non si vogliono convincere, è inutile fare parole oziose su cose che oziose non sono. Imita il Ss. Signore Gesù il quale, dopo aver parlato per tre anni instancabilmente, davanti a coloro che nessuna parola, atto, esempio, avevano mutati in suo favore ed erano adunati per condannarlo, oppose il silenzio. Tu e loro parlate ormai due lingue diverse. E posto che da una parte manca la carità, quella parte non ha lume per comprenderti.

   È venuto così il tempo dei "grandi silenzi" che la beatissima Teresa del B. G. ti aveva profetati nel tuo esilio fra i monti nell'estate 19444. Sprofonda in essi. Immedesimati sempre più a Dio separandoti sempre più dagli uomini. Dio ti sia nuovamente il tuo unico Direttore e Confidente, come nel tempo in cui Gesù Signor Nostro ti preparava ad essere "voce". Di volta in volta ti indicherà la condotta da tenere. Perché se è vero che gli uomini si credono molto lecito, è anche vero che Dio oppone il suo "basta" quando viene offesa la carità.

   Mostra per una volta tanto queste parole e poi silenzio. Silenzio di inutili risposte a inutili domande, e silenzio di inutili riferimenti a chi non può mutare le cose, o non le vuole mutare.
   Ed ora riprendiamo l'epistola. "Lento all'ira perché l'ira dell'uomo non fa adempiere la giustizia di Dio".
   Anche per questo è bene che tu taccia. Vi sono creature che non si ricordano di avere di fronte altre creature e, capovolgendo il comando, fanno agli altri ciò che non vorrebbero fatto a loro, e pretendono dagli altri ciò che loro, per molto meno, non sanno fare. Perciò silenzio, silenzio, silenzio. Non dire. E se interrogata e stuzzicata, in modo da dare turbamento a ciò che muore con l'uomo e turba lo spirito, da' la breve risposta: "In nome del Signore la prego di astenersi di chiedere ciò che non è necessario che io dica". Rispetta il comando di giustizia di Dio, il comando di silenzio, onde non peccare di risentimento e non ammettere forestieri nei domini del Re.

   In tal modo, anima mia, ti libererai anche dalla polvere che solleva il vento del risentimento, dal fango che il conoscere a fondo la psiche umana risolleva alla superficie dei cuori: laghi di umanità, impedendo che vi si rifletta limpido il Cielo; dimenticherai sempre più la malizia, segno del veleno satanico rimasto nel sangue dell'uomo a farlo astioso e incredulo; di tutto ti libererai e "con mansuetudine" abbraccerai il tuo grande tesoro: Dio e la sua Parola, "la parola deposta in te, la quale può salvare la tua anima". Salvare, sì. E per l'insegnamento che è in ogni parola, e per la pace che ti comunica.
   È detto: "Cristo risuscitato da morte non muore più. Sopra di Lui non regna più la morte".

   Ma anche per i piccoli "Cristi" ciò è dopo la prova. Ora sei nel sepolcro. Nel sepolcro è solitudine e silenzio. Nel sepolcro non entrano che coloro che sono i testimoni del sacrificio e della consecutiva gloria. A quelli puoi narrare "quante cose ha fatto il Signore per l'anima tua". Per gli altri, silenzio.
   "Quando poi verrà il Consolatore convincerà il mondo riguardo al peccato, alla giustizia, al giudizio".
   Nel caso tuo, sebbene in misura proporzionata alla creatura rispetto al Ss. Salvatore, come per Gesù Signore nostro, il Consolatore mostrerà a coloro che ti respingono e non hanno pietà dello strumento e perciò si elevano a giudici contro Dio che lo ha scelto, mostrerà il loro peccato, il loro errore di ostinatezza e sordità, lo spregio fatto alla Parola che una volta di più ha parlato per fine di amore, e l'anticarità avuta per una sorella; mostrerà la giustizia del suo operato in te e attraverso a te, e di ogni ordine che ti ha dato; mostrerà il suo giudizio, inappellabile, riguardo alla piccola "voce" che il mondo, che i grandi del mondo, del tuo piccolo mondo di cristiana non hanno voluto accogliere. Perché una volta di più gli uomini respingono la Luce, la quale si manifesta quando e dove vuole, coi mezzi più umili, coi fini più santi, per controbilanciare le tenebre di una falsa sapienza che sa molto di umano, ma non sa più che ben poco della Sapienza vera, di quella che ha parlato sempre agli umili per elevarli sopra i potenti, ed è fluita dalle labbra dei semplici più che dei dotti, perché lo Spirito del Signore non cerca cattedre preparate pomposamente, ma cuori ardenti di amore dai quali irraggiare i suoi ammaestramenti.
   Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo! Alleluia!».
 
   1 lo spirito che ricorda Dio è un concetto espresso e illustrato in vari punti dell'opera L'Evangelo come mi è stato
 rivelato, dove li abbiamo richiamati in una nota del capitolo 204 (volume 3°). Chiarimenti in merito al "ricordo delle 
anime" sono anche negli scritti dell'8 settembre 1945 e del 28 gennaio 1947, nel volume I quaderni del 1945-1950.
   2 che io ho affidata, cioè: che io ho avuto come affidata, essendo Azaria il suo angelo custode.
   3 te l'ho detto, il 9 gennaio 1946, nel volume I quaderni del 1945-1950.
   4 nell'estate 1944, precisamente il 13 luglio. Il "dettato" di S. Teresa del Bambino Gesù è riportato, sotto quella data, 
 nel volume I quaderni del 1944, che in gran parte raccoglie gli scritti dei mesi dello sfollamento (chiamato "esilio" qui
  come a pag. 31) a causa della guerra.

AMDG et DVM

Perdonanza Celestiniana

Papa Celestino V

Il Dono Rivoluzionario

È facile dire rivoluzionario ai giorni nostri. Esserlo, rivoluzionario, sette secoli fa, non lo era affatto. Umile eremita in ritiro sulla Maiella abruzzese, prima che Pontefice e Santo poi, Pietro Angelerio dal Morrone, la sua rivoluzione volle esercitarla allargando i confini dello Stato Pontificio a tutte le classi sociali, a quanti, mercanti o contadini, pentiti dei loro peccati, potevano finalmente ricevere l’assoluzione della pena, senza dover corrispondere moneta alcuna come consuetudine dell’epoca. La Bolla del Perdono di Papa Celestino V, incoronato il 29 agosto 1294 nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, da lui stesso fatta edificare, istituiva dunque il primo vero Giubileo della storia.
Una figura, quella di Celestino, complessa e dibattuta nei secoli. L’eremita accetta l’investitura non senza titubanze, al culmine del suo breve papato la decisione di abdicare arriva dopo mesi di costrizioni morali e apre così per Celestino V il capitolo più drammatico della sua esistenza. "Io, Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale". Anche per la Chiesa di allora fu una storia sensazionale tanto che lo stesso Dante Alighieri avrebbe poi dedicato a Celestino, nelle pagine della “Divina Commedia”, il sessantesimo verso del III canto dell’Inferno “che fece per viltade il gran rifiuto”. "Viltade", dunque nel controverso giudizio dantesco, forse più collegato alle beghe politiche di quel tempo che a una reale condanna di Celestino V. Un giudizio molto più attento è riportato nel romanzo di Ignazio Silone "L'avventura di un povero cristiano" edita nel 1968, che restituisce a Celestino l'onore e lo descrive come una grande personalità capace, con il suo clamoroso gesto, di denunciare le numerose e gravi storture della Chiesa di quei tempi. Coraggio, dunque, non ignavia, secondo Silone, fu alla base della scelta di Celestino V che lasciò il soglio di Pietro, con tutti gli onori e le ricchezze che, allora comportava, per dimostrare il suo disprezzo per il potere ingiusto, esagerato e, spesso, inquinato, del Papato di allora.
CELESTINO V FU DAVVERO UN VILE?
Il Papa così rinominato del ‘gran rifiuto’ non riuscì a ritornare nell’eremo del Monte Morrone, dopo aver abdicato venne osteggiato in tutti i modi più meschini dal nuovo papa Bonifacio VIII che decise di portarlo con sé a Roma. Celestino tentò una fuga interrotta a Vieste dai messi papali che in Puglia lo raggiunsero e lo fecero prigioniero mentre tentava di imbarcarsi alla volta della Dalmazia. Gli ultimi mesi della sua esistenza li trascorse prigioniero nella Rocca di Fumone dove morì il 19 maggio 1296 nella sua cella angusta, larga poco più di due metri, all’età di 87 anni. Le cronache del tempo raccontano che poche ore prima della morte del pontefice si verificò un episodio straordinario: a mezz’aria, sospesa nel cielo, apparve una croce di fuoco. Questo è considerato il primo miracolo di papa Celestino. Le sue spoglie furono traslate nella Basilica di Collemaggio e ancora lì custodite fino al terremoto che nel 2009 si abbatté su L’Aquila.
La sua più grande rivoluzione, prima del rifiuto papale, rimane quella contenuta nella Bolla del Perdono, il documento che portò una vera e propria novità nella chiesa cattolica. Una rivoluzione lungamente osteggiata dai successori di Papa Celestino che tuttavia non riuscirono ad impedirne la sua diffusione tra il popolo. Sulla figura dell’eremita dal Morrone e della sua Perdonanza sembra esserci stato sempre un velo di oblio, quasi a voler minimizzare la forza universale di un messaggio così innovativo. Non è semplice e nemmeno possibile raccontare la sua persona in poche righe, il senso delle sue scelte ha infatti cambiato il passo alla storia.
BENEDETTO XVI E CELESTINO V , DUE RINUNCE PER METTERE FINE AD UN ...

AMDG et DVM