martedì 16 luglio 2019

Solovev: Descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento.

Vladimir Sergeevic Solovev: un profeta inascoltato

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Vladimir Sergeevic Solovev è morto cento anni fa, il 31 luglio (13 agosto, secondo il nostro calendario gregoriano) dell’anno 1900.

È morto sul limitare del secolo XX: un secolo del quale egli, con singolare acutezza, aveva preannunciato le vicissitudini e i guai; un secolo che avrebbe però tragicamente contraddetto nei fatti e nelle ideologie dominanti i suoi più rilevanti e più originali insegnamenti. È stato dunque, il suo, un magistero profetico e al tempo stesso un magistero largamente inascoltato.

Un magistero profetico


Al tempo del grande filosofo russo, la mentalità più diffusa - nell’ottimismo spensierato della "belle époque" - prevedeva per l’umanità del secolo che stava per cominciare un avvenire sereno: sotto la guida e l’ispirazione della nuova religione del progresso e della solidarietà senza motivazioni trascendenti, i popoli avrebbero conosciuto un’epoca di prosperità, di pace, di giustizia, di sicurezza. Nel ballo Excelsior - una coreografia che negli ultimi anni del secolo XIX aveva avuto uno straordinario successo (e avrebbe poi dato il nome a una serie innumerevoli di teatri, di alberghi, di cinema) - questa nuova religione aveva trovato quasi una sua liturgia. 
Victor Hugo aveva profetizzato:
"Questo secolo è stato grande, il prossimo secolo sarà felice".

Solovev invece non si lascia incantare da quel candore laicistico e anzi preannunzia con preveggente lucidità tutti i malanni che poi si sono avverati.
Già nel 1882, nel Secondo discorso sopra Dostoevskij, egli parrebbe aver presagito e anticipatamente condannato l’insipienza e l’atrocità del collettivismo tirannico, che qualche decennio dopo avrebbe afflitto la Russia e l’umanità:

"Il mondo - afferma - non deve essere salvato col ricorso alla forza … Ci si può figurare che gli uomini collaborino insieme a qualche grande compito, e che a esso riferiscano e sottomettano tutte le loro attività particolari; ma se questo compito è loro imposto, se esso rappresenta per loro qualcosa di fatale e di incombente, … allora, anche se tale unità abbracciasse tutta l’umanità, non sarà stata raggiunta l’umanità universale, ma si avrà solo un enorme ‘formicaio’" (Edizione ‘La Casa di Matriona’, pp. 65-66); quel ‘formicaio’ che in effetti sarebbe stato poi attuato dall’ideologia ottusa e impietosa di Lenin e di Stalin.

Nell’ultima pubblicazione - I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, opera compiuta la domenica di Pasqua del 1900 - è impressionante rilevare la chiarezza con cui Solovev prevede che il secolo XX sarà "l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni" (Edizione Marietti p. 184). Dopo di che - egli dice - tutto sarà pronto perché perda di significato "la vecchia struttura in nazioni separate e quasi ovunque scompaiano gli ultimi resti delle antiche istituzioni monarchiche" (p. 188). Si arriverà così alla "Unione degli Stati Uniti d’Europa" (p. 195).

Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento.
Egli la raffigura nella icona dell’Anticristo, personaggio affascinante che riuscirà a influenzare e a condizionare un po’ tutti. In lui, come qui è presentato, non è difficile ravvisare l’emblema, quasi l’ipostatizzazione, della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni: egli - dice Solovev - sarà un "convinto spiritualista", un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo.

Sarà, tra l’altro, anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea "honoris causa" della facoltà di Tubinga.
Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare "con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza" (p. 211).
Nei confronti di Cristo non avrà "un’ostilità di principio" (p. 190); anzi ne apprezzerà l’altissimo insegnamento. Ma non potrà sopportarne - e perciò la censurerà - la sua assoluta "unicità" (p. 190); e dunque non si rassegnerà ad ammettere e a proclamare che egli sia risorto e oggi vivo.

Si delinea qui, come si vede, e viene criticato, un cristianesimo dei "valori", delle "aperture" e del "dialogo", dove pare che resti poco posto alla persona del Figlio di Dio crocifisso per noi e risorto, e all’evento salvifico.

Abbiamo di che riflettere. La militanza di fede ridotta ad azione umanitaria e genericamente culturale; il messaggio evangelico identificato nel confronto irenico con tutte le filosofie e con tutte le religioni; la Chiesa di Dio scambiata per un’organizzazione di promozione sociale: siamo sicuri che Solovev non abbia davvero previsto ciò che è effettivamente avvenuto, e che non sia proprio questa oggi l’insidia più pericolosa per la "nazione santa" redenta dal sangue di Cristo? È un interrogativo inquietante e non dovrebbe essere eluso.

Un magistero inascoltato


Solovev ha capito come nessun altro il secolo ventesimo, ma il secolo ventesimo non ha capito lui.
Non è che gli siano mancati i riconoscimenti. La qualifica di massimo filosofo russo non gli viene di solito contestata. Von Balthasar ritiene il suo pensiero "la più universale creazione speculativa dell’epoca moderna" (Gloria III, p. 263) e arriva perfino a collocarlo sullo stesso piano di Tommaso d’Aquino.

Ma è innegabile che il secolo ventesimo, nel suo complesso, non gli ha prestato alcuna attenzione e anzi si è puntigliosamente mosso in senso opposto a quello da lui indicato.
Sono lontanissimi dalla visione solovievana della realtà gli atteggiamenti mentali oggi prevalenti, anche in molti cristiani ecclesialmente impegnati e acculturati. Tra gli altri, tanto per esemplificare:

- l’individualismo egoistico, che sta sempre più segnando di sé l’evoluzione del nostro costume e delle nostre leggi;
- il soggettivismo morale, che induce a ritenere che sia lecito e perfino lodevole assumere in campo legislativo e politico posizioni differenziati dalla norma di comportamento alla quale personalmente ci si attiene;
- il pacifismo e la non-violenza, di matrice tolstoiana, confusi con gli ideali evangelici di pace e di fraternità, così che poi si finisce coll’arrendersi alla prepotenza e si lasciano senza difesa i deboli e gli onesti;
- l’estrinsecismo teologico che, per timore di essere tacciato di integrismo, dimentica l’unità del piano di Dio, rinuncia a irradiare la verità divina in tutti i campi, abdica a ogni impegno di coerenza cristiana.

In special modo il secolo ventesimo - nei suoi percorsi e nei suoi esiti sociali, politici, culturali - ha contraddetto clamorosamente la grande costruzione morale di Solovev.
Egli aveva individuato i postulati etici fondamentali in una triplice primordiale esperienza, nativamente presente in ogni uomo: vale a dire nel pudore, nella pietà verso gli altri, nel sentimento religioso.

Ebbene, il Novecento - dopo una rivoluzione sessuale egoistica e senza saggezza - è approdato a traguardi di permissivismo, di ostentata volgarità e di pubblica spudoratezza, che sembra non aver paragoni adeguati nella vicenda umana.
È stato poi il secolo più oppressivo e più insanguinato della storia, privo di rispetto per la vita umana e privo di misericordia. Non possiamo certo dimenticare l’orrore dello sterminio degli ebrei, che non sarà mai esecrato abbastanza. Ma sarà bene ricordare che non è stato il solo: nessuno ricorda il genocidio degli Armeni a cavallo della prima guerra mondiale; nessuno commemora le decine e decine di milioni uccisi sotto il regime sovietico; nessuno si avventura a fare il conto delle vittime sacrificate inutilmente nelle varie parti del mondo all’utopia comunista.

Quanto al sentimento religioso, durante il secolo ventesimo in oriente è stato per la prima volta proposto e imposto su una vasta parte di umanità l’ateismo di stato, mentre nell’occidente secolarizzato si è diffuso un ateismo edonistico e libertario, fino ad arrivare all’idea grottesca della "morte di Dio".

In conclusione, Solovev è stato indubbiamente un profeta e un maestro; ma un maestro, per così dire, inattuale. Ed è questa, paradossalmente la ragione della sua grandezza e della sua preziosità per il nostro tempo.

Appassionato difensore dell’uomo e allergico a ogni filantropia; apostolo infaticabile della pace e avversario del pacifismo; propugnatore dell’unità tra i cristiani e critico di ogni irenismo; innamorato della natura e lontanissimo dalle odierne infatuazioni ecologiche: in una parola, amico della verità e nemico dell’ideologia. Proprio di guide come lui abbiamo oggi un estremo bisogno.

AMDG et DVM

Beata Vergine Maria del Monte Carmelo 16 luglio -



La devozione spontanea alla Vergine Maria, sempre diffusa nella cristianità sin dai primi tempi apostolici, è stata man mano nei secoli, diciamo ufficializzata sotto tantissimi titoli, legati alle sue virtù (vedasi le Litanie Lauretane), ai luoghi dove sono sorti Santuari e chiese che ormai sono innumerevoli, alle apparizioni della stessa Vergine in vari luoghi lungo i secoli, al culto instaurato e diffuso da Ordini Religiosi e Confraternite, fino ad arrivare ai dogmi promulgati dalla Chiesa.

Maria racchiude in sé tante di quelle virtù e titoli, nei secoli approfonditi nelle Chiese di Oriente ed Occidente con Concili famosi e studi specifici, tanto da far sorgere una terminologia ed una scienza “Mariologica”, e che oltre i grandi cantori di Maria nell’ambito della Chiesa, ha ispirato elevata poesia anche nei laici, cito per tutti il sommo Dante che nella sua “preghiera di s. Bernardo alla Vergine” nel XXXIII canto del Paradiso della ‘Divina Commedia’, esprime poeticamente i più alti concetti dell’esistenza di Maria, concepita da Dio nel disegno della salvezza dell’umanità, sin dall’inizio del mondo.
“Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura……”

Ma il culto mariano affonda le sue radici, unico caso dell’umanità, nei secoli precedenti la sua stessa nascita; perché il primo profeta d’Israele, Elia (IX sec. a.C.) dimorando sul Monte Carmelo, ebbe la visione della venuta della Vergine, che si alzava come una piccola nube dalla terra verso il monte, portando una provvidenziale pioggia, salvando così Israele da una devastante siccità.
In quella nube piccola “come una mano d’uomo” tutti i mistici cristiani e gli esegeti, hanno sempre visto una profetica immagine della Vergine Maria, che portando in sé il Verbo divino, ha dato la vita e la fecondità al mondo.

La Tradizione racconta che già prima del Cristianesimo, sul Monte Carmelo (Karmel = giardino-paradiso di Dio) si ritiravano degli eremiti, vicino alla fontana del profeta Elia, poi gli eremiti proseguirono ad abitarvi anche dopo l’avvento del cristianesimo e verso il 93 un gruppo di essi che si chiamarono poi ”Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”, costruirono una cappella dedicata alla Vergine, sempre vicino alla fontana di Elia.

Si iniziò così un culto verso Maria, il più bel fiore di quel giardino di Dio, che divenne la ‘Stella Polare, la Stella Maris’ del popolo cristiano. E sul Carmelo che è una catena montuosa che si estende dal golfo di Haifa sul Mediterraneo, fino alla pianura di Esdrelon, richiamato più volte nella Sacra Scrittura per la sua vegetazione, bellezza e fecondità, continuarono a vivere gli eremiti, finché nella seconda metà del sec. XII, giunsero alcuni pellegrini occidentali, probabilmente al seguito delle ultime crociate del secolo; proseguendo il secolare culto mariano esistente, si unirono in un Ordine religioso fondato in onore della Vergine, alla quale i suddetti religiosi si professavano particolarmente legati.

L’Ordine non ebbe quindi un fondatore vero e proprio, anche se considera il profeta Elia come suo patriarca e modello; il patriarca di Gerusalemme s. Alberto Avogadro (1206-1214), originario dell’Italia, dettò una ‘Regola di vita’, approvata nel 1226 da papa Onorio III.

Costretti a lasciare la Palestina a causa dell’invasione saracena, i monaci Carmelitani, come ormai si chiamavano, fuggirono in Occidente, dove fondarono diversi monasteri: Messina e Marsiglia nel 1238; Kent in Inghilterra nel 1242; Pisa nel 1249; Parigi nel 1254, diffondendo il culto di Colei che: “le è stata data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron” (Is 35,2). 

Il 16 luglio del 1251 la Vergine circondata da angeli e con il Bambino in braccio, apparve al primo Padre Generale dell’Ordine, beato Simone Stock, al quale diede lo ‘scapolare’ col ‘privilegio sabatino’, che consiste nella promessa della salvezza dall’inferno, per coloro che lo indossano e la sollecita liberazione dalle pene del Purgatorio il sabato seguente alla loro morte.

Lo ‘scapolare’ detto anche ‘abitino’ non rappresenta una semplice devozione, ma una forma simbolica di ‘rivestimento’ che richiama la veste dei carmelitani e anche un affidamento alla Vergine, per vivere sotto la sua protezione ed è infine un’alleanza e una comunione tra Maria ed i fedeli.

Papa Pio XII affermò che “chi lo indossa viene associato in modo più o meno stretto, all’Ordine Carmelitano”, aggiungendo “quante anime buone hanno dovuto, anche in circostanze umanamente disperate, la loro suprema conversione e la loro salvezza eterna allo Scapolare che indossavano! Quanti, inoltre, nei pericoli del corpo e dell’anima, hanno sentito, grazie ad esso, la protezione materna di Maria! La devozione allo Scapolare ha fatto riversare su tutto il mondo, fiumi di grazie spirituali e temporali”.

Altri papi ne hanno approvato e raccomandato il culto, lo stesso beato Giovanni XXIII lo indossava, esso consiste di due pezzi di stoffa di saio uniti da una cordicella, che si appoggia sulle scapole e sui due pezzi vi è l’immagine della Madonna.

Nel secolo d’oro delle fondazioni dei principali Ordini religiosi cioè il XIII, il culto per la Vergine Maria ebbe dei validissimi devoti propagatori: i Francescani (1209), i Domenicani (1216), i Carmelitani (1226), gli Agostiniani (1256), i Mercedari (1218) ed i Servi di Maria (1233), a cui nei secoli successivi si aggiunsero altri Ordini e Congregazioni, costituendo una lode perenne alla comune Madre e Regina.

L’Ordine Carmelitano partito dal Monte Carmelo in Palestina, dove è attualmente ubicato il grande monastero carmelitano “Stella Maris”, si propagò in tutta l’Europa, conoscendo nel sec. XVI l’opera riformatrice dei due grandi mistici spagnoli Giovanni della Croce e Teresa d’Avila, per cui oggi i Carmelitani si distinguono in due Famiglie: “scalzi” o “teresiani” (frutto della riforma dei due santi) e quelli senza aggettivi o “dell’antica osservanza”.

Nell’Ordine Carmelitano sono fiorite figure eccezionali di santità, misticismo, spiritualità claustrale e di martirio; ne ricordiamo alcuni: S. Teresa d’Avila (1582) Dottore della Chiesa; S. Giovanni della Croce (1591) Dottore della Chiesa; Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1607); S. Teresa del Bambino Gesù (1897), Dottore della Chiesa; beato Simone Stock (1265); S. Angelo martire in Sicilia (1225); Beata Elisabetta della Trinità Catez (1906); S. Raffaele Kalinowski (1907); Beato Tito Brandsma (1942); S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, 1942); suor Lucia, la veggente di Fatima, ecc.

Alla Madonna del Carmine, come è anche chiamata, sono dedicate chiese e santuari un po’ dappertutto, essa per la promessa fatta con lo scapolare, è onorata anche come “Madonna del Suffragio” e a volte è raffigurata che trae, dalle fiamme dell’espiazione del Purgatorio le anime purificate.

Particolarmente a Napoli è venerata come S. Maria La Bruna, perché la sua icona, veneratissima specie dagli uomini nel Santuario del Carmine Maggiore, tanto legato alle vicende seicentesche di Masaniello, cresciuto alla sua ombra, è di colore scuro e forse è la più antica immagine conosciuta come ‘Madonna del Carmine’.

Durante tutti i secoli trascorsi nella sua devozione, Ella è stata sempre rappresentata con Gesù Bambino in braccio o in grembo che porge lo ‘scapolare’ (tutto porta a Gesù), e con la stella sul manto (consueta nelle icone orientali per affermare la sua verginità).

La sua ricorrenza liturgica è il 16 luglio, giorno in cui nel 1251, apparve al beato Simone Stock, porgendogli l’ “abitino”.


Autore: 
Antonio Borrelli

Festa del Carmelo



Quando il santo giorno di Pentecoste gli Apostoli, divinamente ispirati, parlavano diverse lingue, e facevano molti miracoli invocando l'augustissimo nome di Gesù, numerosi uomini (a quanto si racconta), che si erano messi a seguire le orme dei santi profeti Elia ed Eliseo, e che Giovanni Battista colla sua predicazione aveva preparati alla venuta di Cristo, avendo riconosciuta e constatata la verità delle cose, abbracciarono subito la fede del Vangelo, e cominciarono a venerare e ad amare con tale singolare affetto la beatissima Vergine (dei cui colloqui e familiarità poterono felicemente godere) che primi fra tutti costruirono un santuario alla stessa purissima Vergine su quel medesimo punto del monte Carmelo, dove Elia aveva già visto innalzarsi una nuvoletta, espressiva figura della Vergine.

Radunandosi dunque più volte al giorno nel nuovo oratorio, vi onoravano con pie pratiche, con preghiere e lodi la beatissima Vergine come singolare protettrice del loro ordine. Così cominciarono ad essere chiamati dappertutto fratelli della beata Maria del Monte Carmelo; e i sommi Pontefici non solo confermarono questo titolo, ma concessero indulgenze speciali a quelli che designassero sotto questo titolo o l'ordine in generale o i fratelli in particolare. Ma col nome e la protezione la generosissima Vergine concesse loro anche l'insegna del santo scapolare, ch'ella diede al beato Simone, Inglese, affinché con questa veste il santo ordine si distinguesse da ogni altro, e fosse preservato dai mali avvenire. Ma quest'ordine essendo sconosciuto in Europa, e perciò molti avendo fatto istanza ad Onorio III perché lo sopprimesse, la Vergine Maria apparve di notte ad Onorio ingiungendogli di concedere la sua benevolenza all'istituto e ai suoi membri.

Né in questo mondo soltanto, la beatissima Vergine ha voluto colmare di prerogative un ordine che le è sì caro, dacché è pia credenza che anche nell'altro mondo (il suo potere e la sua misericordia valgono dappertutto moltissimo) ella soccorra con affetto veramente materno e introduca quanto prima, col suo intervento, nella patria celeste quei suoi figli che stanno espiando nel fuoco del purgatorio, e che ascritti alla confraternita dello scapolare, praticarono le leggere astinenze e le piccole preghiere, e osservarono la castità a seconda del proprio stato. Così arricchito di tanti e sì grandi favori, quest' ordine istituì una solenne Commemorazione della beatissima Vergine da celebrarsi perpetuamente ogni anno a gloria della Vergine medesima.



V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
Orémus
Deus, qui beatíssimæ semper Vírginis et Genetrícis tuæ Maríæ singulári título Carméli órdinem decorásti: concéde propítius; ut, cujus hódie Commemoratiónem solémni celebrámus offício, ejus muníti præsídiis, ad gáudia sempitérna perveníre mereámur:
Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.
R. Amen.



lunedì 15 luglio 2019

GALATEO - La presentazione

IL GALATEO

LA PRESENTAZIONE

In casa o fuori casa il rituale delle presentazioni non cambia.
Esistono delle autentiche norme di precedenza che vanno rispettate, vediamole :
- Si deve sempre presentare l'uomo alla donna;
- Si deve sempre presentare il più giovane al più anziano;
- Si deve sempre presentare la signorina alla signora;
- Si deve sempre presentare il familiare alI'estraneo;
- Si deve sempre presentare il meno conosciuto al più conosciuto ;
- Si deve sempre presentare il meno importante al più importante ;
- Nel caso di una persona anziana e di un giovane la cui posizione nella società sia rilevante rispetto all'anziano si procederà presentando l'anziano al giovane;
- Presentando la propria consorte si dovrà sempre presentarla definendola "moglie" e non consorte o signora;
- La presentazione di se stessi potrà avvenire solo in ambienti con molti ospiti e tutti di livello simile;
- La donna seduta che viene presentata ad un uomo resta seduta;
- L'uomo seduto che viene presentato ad una donna si deve alzare; - Se due uomini seduti vengono presentati o si auto presentano si devono alzare entrambi;
- Quando si presenta un uomo ad una donna, non è l’uomo ma la donna che deve stendere la mano per prima;
- Quando si presenta un giovane ad un anziano dovrà essere sempre l'anziano a stendere la mano per primo;
- Se si incontrano, gerarchicamente parlando, un subalterno e un superiore non dovrà mai es-sere il subalterno a stendere la mano per primo ma viceversa;
- Nel corso di una conviviale o di una discussione di gruppo l' ultimo arrivato sarà presentato al gruppo;

- Nel caso del "darsi del tu", la proposta dovrà sempre partire dal più anziano nei confronti del più giovane, dal più importante nei confronti del meno importante; in ambito
impiegatizio mai un giovane dovrà proporre il tu ad una donna in carriera.

Il darsi del tu è un anti formalismo che deve scaturire dopo lunga frequentazione di due
persone di ambienti diversi; solo tra giovani di pari classe e professione i tempi possono
essere accorciati; immediato è solo tra giovani che frequentano la scuola.

Un classico da evitare 

L'espressione classica che segue un incontro è sempre "Come stai?".
Se ne consiglia il massimo contenimento data la puerilità della battuta usata purtroppo a dismisura nei confronti di sani, malati e mo-ribondi!
Il "Come stai?" non è altro che un preambolo per entrare nel vivo di discorsi più interessanti.

I bambini 

Sarà sufficiente insegnare loro a dire un semplice ciao che ben si confà alla natura del bambino. Se il bambino non volesse saperne meglio ignorarlo e non forzarlo causa il rischio di una fastidiosa reazione del piccolo che servirebbe a confermarne una scarsa educazione.

JNSR: Seconda Moltiplicazione

Questa mattina, mi aiuta la Voce
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13 novembre 2007

JNSR:    Poiché le parabole erano dei racconti allegorici, con una morale dal significato nascosto che GESÙ rivelava ai soli Apostoli e ai Discepoli, gli eventi miracolosi della Santa Bibbia avevano spesso un secondo significato, vicino o lontano nel tempo, oltre al fatto miracoloso stesso.

Così è delle Moltiplicazioni dei pani e della loro parte nascosta che il Signore lascia scoprire nel tempo voluto. Queste due Moltipli­cazioni e il ritorno di Gesù nella barca con i Suoi Apostoli (la  Barca della Chiesa) non erano da scoprirsi fino ad oggi.

La prima Moltiplicazione e l’Istituzione della Santa Eucaristia con il Sacerdozio conferito agli Apostoli, sono in sintonia. È la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, che è così istituita la sera del Giovedì Santo secondo il nostro calendario. Ma, in quel momento, per Cristo e i Suoi Apostoli al Cenacolo di Gerusalemme, la giornata del Venerdì Santo è già cominciata in quello stesso Giovedì Santo, alle ore 18 passate. Questo Santo Ufficio della Messa sarà perpetuato fino ai nostri giorni dai Preti, che hanno ricevuto dagli Apostoli e dai loro successori il Sacramento dell'Ordine.

« Prendete e mangiate, questo e il Mio Corpo. Prendete e bevete, questo e il Mio Sangue. Fate questo in memoria di Me. »

E quel giorno del Venerdì Santo lascia il posto al “Shabat” seguente, ugualmente dopo le ore 18 del giorno seguente. A quell'ora, già il Corpo di GESÙ è stato deposto dalla Croce e messo nel Sepolcro.

Questa prima Moltiplicazione ci dimostra che, anche dopo la dispersione dei Cristiani causata dalla Morte di GESÙ, essi sono rimasti uniti e credenti (è la Chiesa) fino alla seconda Moltiplicazione dei pani che ci trasporta a DOZULÈ, dove GESÙ chiederà, in commemorazione della Sua Morte e della Sua Santa Resurrezione e l'annuncio del Suo ritorno imminente, quella Croce gigantesca di 738 metri, 1'altezza del Golgota.

Tutto questo spaventerà il Clero al quale è stata chiesta in modo speciale. E a quel punto si riscontra la diminuzione catastrofica del numero dei veri Cristiani. Una catastrofe enorme per Dio, più ancora di tutti questi sconvolgimenti che si succedono sulla Terra, nei mari e nei cieli.

Secondo Avvertimento a questa Umanità che lotta contro Dio e la Sua Croce. Secondo Avvertimento che terminerà con un disastro più grande ancora di quello di Noè, ma che sarà diminuito dal Segno del Figlio dell'Uomo che apparirà nel cielo.

«Se voi non elevate la Mia Croce, la eleverò Io stesso, ma non ci sarà più Tempo!»

Il nostro Tempo scompare con tutti gli ingrati, ahimè, peggio che al tempo di Noé! – ci dirà GESÙ a Dozulé. E la Chiesa non L'ha creduto e rifiuta ancora di vedere quello che avviene nel mondo oggi ; e che tutto questo è il riflesso della seconda Grande Disobbedienza a Dio, dopo il Peccato Originale. Perché questo NO a Dio è detto soprattutto al Figlio di Dio, al quale il Padre ha tutto consegnato.

Egli è il Padrone del Mondo.


Nel nostro tempo, tempo della Seconda Moltiplicazione, ci sono ancora più Pani di Comunione: 7 anziché i 5 della prima Moltiplicazione. Ma meno fedeli: 4000.

I Preti che restano (7) sono ancora solidali alla Chiesa, essendo 7 la cifra completa. Ma meno di prima.

E Dio aspetta ancora quelli che mancano: 3000 per i 7 pani: 1000 Ebrei e 1000 Arabi, tutti figli di Àbramo, e 1000 di religioni diverse. GESÙ aspetta ancora questi che mancano fino al giorno in cui la Pazienza di Dio, uguale alla Sua Santa Misericordia, ordinerà al Suo Divin Figlio di alzare anche Lui la Sua Voce, per gridare insieme:  « BASTA! » e lasciar cadere il Suo braccio sulla Terra intera, sprofondata nel caos che essa stessa si è procurato.

In questa Grande Disobbedienza al Nostro Signore e Dio, GESÙ chiede ancora delle Sante Messe in segno del Grande Pentimento Mondiale che non si è fatto a Dozulé a causa del rifiuto della Santa Croce di Salvezza.

E allora voi vedrete la Barca della Chiesa con gli Apostoli (i Vescovi e i Preti) e GESÙ che dice loro: « Voi non avete ancora capito che Solo Io sono nella vostra Chiesa con voi. E che importanza ha tutto il nutrimento che vi dà il mondo? Io sono qui, con voi! lo sono il Pane di Vita

E se i primi Apostoli, al loro tempo, non potevano comprendere, GESÙ dirà ancora:

«Padre, perdonali, non sanno quel che fanno.
Sono ancora ciechi e sordi spiritualmente.»

Fin qui, GESÙ mi ha guidata per terminare questo scritto, e notare che è facile dire: «lo non capisco», piuttosto che confessare: «Io non cerco di capire », come ha fatto il Clero «per la Mia Croce di Dozulé.»

JNSR, aiutata dalla Voce che non sbaglia.