martedì 9 luglio 2019

Novena alla B.ma Vergine MARIA DEL CARMELO

NOVENA ALLA MADONNA DEL CARMINE
(16 Luglio)
Primo giorno : Maria, esempio d'accoglienza
In ascolto alla Parola: L'Annunciazione (Lc 1, 26-38)
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio ". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.
Riflessione: I vangeli iniziano con il presentarci Maria come la donna che accoglie il progetto di Dio. In atteggiamento di preghiera, ella ascolta, medita, acconsente e risponde di "si" a Dio che chiama. In una parola accoglie. E quest'accoglienza genera in lei la Vita. "E il Verbo si fece carne".
In preghiera: Santa Maria, donna accogliente, rendici tuoi imitatori ed imitatrici, perché possiamo generare ogni giorno Gesù nelle situazioni di vita che ci troviamo a vivere
Santa Maria, donna accogliente, insegnaci a meditare la Parola di Dio così come facevi tu, perché in ogni momento della nostra vita sappiamo accoglierla e lasciarci guidare da lei.
Santa Maria, fiore del Carmelo, ascolta la nostra preghiera.

Mi impegno a leggere una pagina del Vangelo e a rifletterci sopra per cercare di scoprire quel che Dio vuole da me nella mia vita di ogni giorno.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.

Secondo giorno : Maria, splendida nel servizio
In ascolto alla Parola: La visitazione (Lc 1, 39-45)
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".
Riflessione: Subito dopo aver ricevuto l'annuncio dall'angelo, la Madre del Signore, parte per andare a trovare sua cugina Elisabetta, anziana, che attende un bambino. Il Vangelo ci dice che parte in fretta per andare a mettersi a servizio di chi ha bisogno. La Vergine non si "monta la testa" perché in lei si compirà la speranza d'Israele, ma, nell'umiltà più completa, parte per andare a prestare il suo servizio nei piccoli e semplici lavori di casa.
In preghiera: Madre Maria, esperta nel servizio, aiutaci a capire che è solo nella dimensione dell'essere servi gli uni degli altri che possiamo essere dei veri seguaci di tuo Figlio.
Madre Maria, esperta nel servizio, rendici capaci di essere sempre disponibili verso coloro che ogni giorno incontriamo nel nostro cammino.
Madre Maria, o Vite fiorita, aiutaci a gareggiare nella carità vicendevole
Mi impegno a rendere un servizio alle persone che mi sono accanto. E per imitare la Vergine Maria cercherò di essere più servizievole nei confronti di quelle persone che mi stanno meno simpatiche.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.
  
Terzo giorno : Maria, madre  che ci riveste dello scapolare
In ascolto alla Parola: La nascita (Lc 2, 1-20)
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo
C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".
Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere". Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
Riflessione: L'evangelista Luca ci tramanda il gesto affettuoso e materno di Maria che avvolge di fasce il piccolo Gesù. Un gesto che ogni madre ha fatto, in segno di protezione e di cura. Anche noi siamo rivestiti di fasce da Maria, nostra Madre e Sorella: attraverso lo Scapolare ella si prende cura di noi, ci protegge. Ci fascia per farci cresce forti e robusti alla scuola di suo Figlio.
In preghiera: Vergine Madre, che rivesti di fasce il tuo Gesù, insegnaci ad essere sempre piccoli per lasciarci "portare in braccio" dal buon Dio.
Vergine Madre, che rivesti di fasce il tuo Gesù e noi, aiutaci a rivestirci di tuo Figlio, per essere ogni giorno segno dell'amore di Dio.
Vergine Maria, Splendore del cielo, stringici tutti sotto il tuo manto.
Mi impegno a rivestirmi dello Scapolare per testimoniare anche esternamente il mio amore a Gesù e a Maria. Soprattutto voglio che lo Scapolare mi ricordi di vivere ogni giorno alla scuola di Gesù, sull'esempio della Vergine.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,

Quarto giorno : Maria, donna contemplativa
In ascolto alla Parola: La visita dei magi (Mt 2, 1-12)
Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un`altra strada fecero ritorno al loro paese.
Riflessione: Cosa avranno pensato Maria e Giuseppe nel vedersi davanti questi uomini misteriosi che vengono da lontano per vedere il loro Gesù? Eppure il Figlio di Dio si è fatto uomo per tutti, anche per questi "lontani". Maria lo capisce subito e anche a loro fa vedere Gesù. Maria è la vera contemplativa, cioè colei che sa vedere la realtà con gli occhi di Dio. E noi? Siamo contemplativi? Riusciamo a vedere la realtà così come la vede Dio? Siamo capaci di donare Gesù alle persone che incontriamo, siano esse conosciute o meno, connazionali o stranieri, ricchi o poveri?
In preghiera: Beata Maria, donna contemplativa, insegnaci a conservare nel nostro cuore le situazioni di ogni giorno per poi impegnarci a vederle con gli occhi di Dio.
Beata Maria, donna contemplativa, insegnaci a vedere in color che incontriamo il volto del tuo Figlio e a non fare nessun tipo di discriminazione.
Beata Maria, Vergine e Madre, portaci tutti a Gesù.
Mi impegno a non giudicare le persone che incontro durante il giorno, ma a vedere in ognuno di loro il volto del Signore.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.
  
Quinto giorno : Maria, signora dell'offerta
In ascolto alla Parola: La presentazione al tempio (Lc 2, 22-32)
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele".
Riflessione: Proviamo ad essere spettatori di quest' episodio: Maria, Giuseppe e Gesù, una famiglia, che si reca al tempio per offrire il bimbo al Signore. Se vogliamo tradurlo in termini della nostra cultura è un po' come quando la famiglia si prepara per portare il bimbo al battesimo. Sarà capitato tante volte anche a noi di partecipare ai festeggiamenti. Cerchiamo, però, di scrutare il cuore della Madre: ella offre con tutto il suo cuore a Dio il Bimbo che è nato da lei. Siamo capaci di imitarla nella nostra vita di ogni giorno?
In preghiera: Figlia di Sion, signora dell'offerta, circoncidi il nostro cuore perché possa appartenere tutto a Gesù.
Figlia di Sion, signora dell'offerta, libera i nostri cuori perché senza paura possano essere solo di Sua proprietà.
Figlia di Sion, Madre mite, rendi il nostro cuore simile al tuo.
Mi impegno a staccarmi da qualcosa a cui sono molto legato e a farne dono alla persona che mi sta particolarmente antipatica. Questo per imitare la Madre del Signore che ha offerto il Suo Figlio con cuore puro.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.
  
Sesto giorno : Maria, infaticabile cercatrice di Dio
In ascolto alla Parola: Il ritrovamento nel tempio (Lc 2, 41-50)
I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". Ma essi non compresero le sue parole.
Riflessione: Maria e Giuseppe sono angosciati per la perdita del loro Figlio, Gesù. Si mettono in viaggio per cercarlo e lo trovano dopo tre giorni. Anche dalla nostra vita sembra che a volte Gesù si nasconde e ci lascia soli. E noi che facciamo? Ci disperiamo? Ci rivolgiamo ad altri beni? O ci mettiamo in viaggio per trovare Gesù e non perderlo più? Maria e Giuseppe ci insegnano ad essere degli infaticabile cercatori di Dio, perché egli ci ha fatti per lui, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in lui (S. Agostino).
In preghiera: Dolce Maria, infaticabile cercatrice di Dio, dacci la stessa forza che hai avuto tu nel cercare il tuo Gesù che si era perso nel tempio.
Dolce Maria, infaticabile cercatrice di Dio, guida i nostri passi perché nel cammino della vita possiamo sempre seguire Gesù, faro che ci illumina.
Dolce Maria, Madre pura, sii nostra fedele compagna nel viaggio verso Gesù.
Mi impegno a pregare di più nei momenti nei quali mi sembra che Gesù mi abbia abbandonato.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.
  
Settimo giorno : Maria, vergine dell'ascolto
In ascolto alla Parola: Beato il seno da cui hai preso il latte (Lc 11, 27-28)
Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!". Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!".
Riflessione: Può sembrare che Gesù sminuisca il ruolo di Maria, preferendola ai suoi discepoli. Eppure se ben leggiamo il testo notiamo che Gesù elogia proprio la sua Mamma. Ella è la donna che ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica ogni momento. E' una discepola attenta, che custodisce nel suo cuore le parole del Figlio suo e giorno dopo giorno le mette in pratica. Ella ci indica la strada perché anche noi facciamo lo stesso, se vogliamo essere suoi veri devoti.
In preghiera: Madre bella, vergine dell'ascolto, apri il nostro cuore perché sappiamo ascoltare le parole del Figlio tuo.
Madre bella, vergine dell'ascolto, apri il nostro cuore e il nostro intelletto perché sappiamo ascoltare le parole del Figlio e le mettiamo in pratica.
Madre bella, pura di cuore, rendici forti nei nostri propositi.
Mi impegno ad ascoltare la Parola di Dio quando viene proclamata in chiesa con molta attenzione. Mi impegno, anche, ad ascoltare Dio che mi parla attraverso le persone che incontro nel corso della giornata.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.
Ottavo giorno : Maria, madre sotto la croce
In ascolto alla Parola: Sotto la croce (Gv 19, 25-27)
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Riflessione: Giovanni ci dice che sotto la croce di Gesù stavano Maria e Giovanni. Maria - la madre - Giovanni - il discepolo prediletto. La Vergine Madre sta in piedi sotto la croce: da' forza a suo Figlio perché giunga alla sua ultima ora. Questo brano biblico - caro al cuore di ogni carmelitano - ci insegna che nel momento del dolore non siamo soli, Maria e Gesù sono con noi. E ci ricorda anche che il Signore, morendo, ci ha fatto dono della sua mamma come bene prezioso. Con la nostra vita cerchiamo di essergli riconoscenti!
In preghiera: Maria, madre sotto la croce, sii accanto a noi nelle nostri croci quotidiane perché, come te, sappiamo stare in piedi per accettare ed offrire il nostro dolore.
Maria, madre sotto la croce, apri il nostro cuore perché sappiamo accoglierti in ogni momento, il dono che Gesù ci ha fatto morendo.
Maria, madre che proteggi i tuoi figli, sii la nostra guida nella vita quotidiana.
Mi impegno a farmi prossimo per qualche persona che sta soffrendo, fisicamente o spiritualmente.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.
Nono giorno : Maria, sorella  nella comunità cristiana
In ascolto alla Parola: Con Maria la madre di Gesù (At 1, 12-14)
Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelota e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui.
Riflessione: Gesù è asceso al cielo e la prima comunità cristiana si ritrova insieme per pregare. Fra di loro c'è anche la Vergine Maria, come Madre e Sorella. Anche nelle nostre assemblee Maria prega con noi. Facciamo si, allora, che la nostra partecipazione al mistero eucaristico sia una partecipazione allegra e piena di vita: non siamo soli. Con noi c'è Gesù. Con noi c'è Maria, sua e nostra Madre.
In preghiera: Santa Maria, sorella nella comunità cristiana, sii nostra Sorella nella nostra vita e nella nostra preghiera.
Santa Maria, sorella nella nostra comunità, siediti accanto a noi e prega con noi perché la nostra preghiera sia secondo il cuore del tuo Figlio.
Maria, Stella del mare, Madre e Sorella nel Carmelo, stringici tutti sotto il tuo manto.
Mi impegno a contribuire per l'animazione della celebrazione eucaristica domenicale della mia parrocchia, perché sia un vero momento di gioia e di preghiera fraterna.
Fiore del Carmelo
o vite in fiore,
splendor del cielo,
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre dolcissima,
sempre illibata,
ai tuoi devoti
dà protezione,
stella del mare.
 

lunedì 8 luglio 2019

Papa BENEDETTO XVI

LA SUA VITA

Studi - Joseph Aloisius Ratzinger è nato il 16 aprile 1927, in Baviera, ultimo di tre fratelli. Studia Filosofia e Teologia. Nel 1953 discute la tesi di dottorato su sant’Agostino, nel 1957 ottiene la cattedra di Teologia all’Università di Monaco

Cardinale - Il 27 giugno 1977 papa Paolo VI lo nomina cardinale e nel 1981 papa Giovanni Paolo II (eletto nel 1978) lo nomina prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede 

Pontefice — Viene eletto Papa il secondo giorno del conclave del 2005. Le sue prime parole: «Dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore». 


Il tempo libero


Incontrare Dio nelle vacanze



di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI


Nell’epoca moderna il rapporto con il lavoro e le incombenze terrene del vivere si è modificato essenzialmente . Mentre nell’antichità la piena liberazione dalle preoccupazioni terrene per dedicarsi all’ ”ozio a favore della verità” era presentata come la vera e propria condizione ideale di vita, e l’occuparsi di cose terrene appariva perciò come un peso e una deviazione dall’essenziale, l’uomo d’oggi concepisce il servizio al mondo con una specie di fervore religioso. Egli non tiene in alcun conto la fuga dal mondo, e ancor meno stima l’ozio; reputa come possibilità positiva per l’uomo il fatto che questi possa cambiare la fisionomia di questo mondo, far venire a galla le sue potenzialità, migliorare la sua abitabilità (…).

Ora, che cosa fa crescere la abitabilità del mondo? Una volta che tutti gli agi arrecati dalla tecnica hanno toccato il vertice del loro sviluppo, cresce la nostalgia della semplicità di quanto è originario; il mondo che l’uomo ha edificato con le proprie mani, e da cui è circondato da ogni parte, diviene la prigione che lo fa prorompere in un grido di libertà e nell’invocazione del Totalmente Altro (…). 

Ci si rende conto che il tempo libero non sostituisce la calma e che la calma deve essere nuovamente appresa, se il lavoro vuol conservare un senso. Inoltre, ci si rende conto che l’uomo che voglia prendere il mondo totalmente per sé finisce in realtà per distruggere il mondo stesso e il suo proprio spazio vitale, non viene più guardato come fosse una profezia di Cassandra sulle labbra di inguaribili romantici, nemici della tecnica, ma comincia ad essere preso per una realistica valutazione che la tecnica formula riguardo a se stessa.

La concrezione avualitiva della scienza assurge così a incubo e a primo imputato di tutto quanto il suo sviluppo; l’ideologia ha ancora una carta da giocare lì dove non emerge nuovamente con schiettezza il bisogno di sapienza e di contemplazione, e della libertà ulteriore, che da questa promana.

Gli apostoli ritornano dalla loro prima missione, e sono tutti presi da ciò che hanno vissuto e ottenuto. Non sono stanchi di raccontare continuamente i propri successi, e, in effetti, si accende attorno a loro una tale animazione che non trovano neanche più tempo per mangiare, tanta è la gente che va avanti e indietro ininterrottamente. Essi si aspettano forse di essere lodati per il loro zelo, ma Gesù li invita a recarsi con lui in un luogo solitario,dove star soli, per riposarsi.

Io credo che faccia ben vedere per una volta, in un episodio come questo, l’umanità di Gesù, che non sempre proferisce parole di inusitata grandezza né si dà ininterrottamente da fare per sbrigare tutto ciò che da tutte le parti lo preme. Mi immagino addirittura l’espressione del viso di Gesù, quand’egli formula quest’ invito. Mentre gli apostoli si fanno addirittura in quattro, e tralasciano persino di mangiare tanto è il loro zelo e la loro serietà. Gesù li fa scendere dalle nuvole: ora riposatevi un poco! Si avverte l’umorismo discreto e l’amichevole ironia con cui egli li rimette con i piedi per terra.

Proprio in questa umanità di Gesù si rende visibile ciò che di divino vi è in lui, che ci rende manifesto com’è Dio. La frenesia di qualunque tipo – anche lo zelo e la frenesia “religiosi” – è del tutto estranea all’immagine dell’uomo del Nuovo Testamento. Sempre, ogni volta che noi crediamo di essere assolutamente indispensabili; ogni volta che pensiamo che il mondo e la Chiesa dipendano dalla nostra indefessa attività, noi ci sopravvalutiamo. Spesso, allora, sarà un atto di giusta umiltà e di onestà creaturale essere capaci di smettere; riconoscere i nostri limiti; prenderci del tempo libero per respirare e riposare, com’è stabilito per la creatura “uomo”.

Qui non vorrei tessere un elogio della pigrizia, quanto piuttosto suggerire una certa revisione della tavola delle virtù, così com’è stata sviluppata nel mondo occidentale, per il quale solo l’agire vale come atteggiamento legittimo e concepibile, mentre la contemplazione, la meraviglia, il raccoglimento e il silenzio appaiono come comportamenti insostenibili, o perlomeno bisognosi di giustficazione. Così, però, si atrofizzano delle energie umane in verità essenziali.


     In occasione degli scavi archeologici alla ricerca di residue testimonianze degli insediamenti romani nell’Africa settentrionale, nel secolo scorso vene scoperta – sulla piazza del mercato di Fimgad, in Algeria – un’iscrizione del II o del III secolo, su cui era riportato il motto: Cacciare, fare il bagno, giocare, ridere: questa è vita”.

Quest’iscrizione mi torna in mente ogni anno, alla vista di fiume di vacanzieri dirette verso il Sud dell’Europa alla ricerca della “vita”. Quando, un giorno, gli archeologi ritroveranno i manifesti pubblicitari delle nostre agenzie di viaggi e di vacanze, scopriranno un’analoga rappresentazione del vivere.

E’ evidente che la maggior parte delle persone avvertono l’anno trascorso in ufficio, in fabbrica o in qualunque altro luogo di lavoro come una forma di non vita. Nelle ferie noi aspiriamo a essere finalmente liberi , a “vivere”, finalmente.

Fare il bagno, giocare, ridere e scherzare: questa si che è vita!. Questa speranza di distensione, di libertà, di uscita dalle costrizioni della quotidianità è qualcosa di sommamente umano; a fronte dell’incalzante ritmo produttivo del mondo della tecnica, tali pause di respiro sono semplicemente necessarie.

Presupposto tutto ciò, dobbiamo però ammettere che anche in una condizione di maggiore libertà, di maggiore disponibilità di tempo libero i nostri problemi non scompaiono. L’uomo si accorge improvvisamente di non essere più capace di vivere. Egli constata che fare il bagno, giocare, scherzare non significano ancora, in verità, “vivere”.

     La questione dell’impiego del tempo libero e dei periodi di vacanza comincia a diventare oggetto di una vera e propria indagine scientifica specifica. 
    Pensandoci, mi sono ricordato che Tommaso d’Aquino ha dedicato un intero trattato ai mezzi per combattere la tristezza. E’ una testimonianza del suo realismo il fatto che anch’egli annovera tra questi mezzi il fare il bagno, il dormire, lo svago. 
    Già con qualche maggior pretesa, egli aggiunge che, fra gli strumenti in grado di combattere la tristezza, si debba annoverare lo stare insieme con gli amici, che scardina l’isolamento alla radice della nostra insoddisfazione; il tempo libero dovrebbe soprattutto essere anche tempo in cui un uomo si mette a disposizione, in relazione con altri uomini. 
     Da ultimo, per Tommaso appartiene all’ambito di tali antidoti per la tristezza – anche e senza la possibilità di farne a meno – l’avere a che fare con la Verità, cioè con Dio: quella contemplazione del vero, nella quale l’uomo attinge il vivere autentico. Se noi la escludiamo dalla programmazione delle nostre vacanze, allora anche il tempo libero resterà falso e menzognero; e allora anche noi, tutti protesi alla ricerca del vivere perduto, non avremo certo migliore fortuna.

La ricerca di Dio è la camminata in montagna più stimolante e il bagno più vivificante che l’uomo possa trovare. Fare il bagno, giocare, dormire: tutto ciò è materia delle ferie. Ma, con Tommaso d’Aquino, facendo i nostri piani di vacanza dobbiamo contemplare anche la possibilità dell’incontro con Dio, cui ci invitano le nostre belle chiese e le bellezze naturali della creazione di Dio.

Da “Imparare ad amare”. Il cammino di una famiglia cristiana (San Paolo)


AMDG et DVM

Come deve essere chi si accosta al governo delle anime

10 — Come deve essere chi si accosta al governo delle anime (dalla Regola di san Gregorio Magno)
Risultati immagini per san Gregorio Magno)

Pertanto, in tutti i modi deve essere trascinato, a divenire esempio di vita, colui che morendo a tutte le passioni della carne vive ormai spiritualmente; ha posposto a tutto il successo mondano; non teme alcuna avversità; desidera solamente i beni interiori. 

Pienamente conformi alla sua intima disposizione, non lo contrastano né il corpo con la sua debolezza né lo spirito col suo orgoglio. Egli non è condotto a desiderare i beni altrui, ma è largo dei propri. 
Per le sue viscere di misericordia si piega ben presto al perdono ma non deflette dalla più alta rettitudine, passando sopra più di quanto conviene. Non commette nulla di illecito, ma piange come proprio il male commesso dagli altri. 

Compatisce la debolezza altrui con tutto l’affetto del cuore, gioisce dei beni del prossimo come di successi suoi. In tutto ciò che fa si mostra imitabile agli altri, così che con loro non gli avviene di dover arrossire nemmeno per fatti passati. 
Si studia di vivere in modo tale da essere in grado di irrigare, con le acque della dottrina, gli aridi cuori del suo prossimo. 
Attraverso la pratica della preghiera, ha imparato per esperienza che può ottenere da Dio ciò che chiede, lui cui in modo speciale è detto dalla parola profetica: Mentre ancora tu parli, io dirò: Eccomi, sono qui (Is. 58, 9). 

Infatti, se venisse qualcuno a prenderci per condurci come suoi intercessori presso un potente adirato con lui e che, per altro, non conosciamo, noi risponderemmo subito: non possiamo venire ad intercedere perché non sappiamo niente di lui. 

Dunque, se un uomo si vergogna di farsi intercessore presso un altro uomo che non conosce, con quale animo può attribuirsi la funzione di intercedere per il popolo presso Dio, chi non sa di godere la familiarità della sua grazia con la sua condotta di vita? 
O come può chiedergli perdono per gli altri uno che non sa se egli è placato verso di lui? 

A questo proposito, un’altra cosa occorre temere con maggiore sollecitudine, cioè che colui che si crede possa placare l’ira, non la meriti a sua volta a causa del proprio peccato. 
Giacché sappiamo tutti molto bene che se chi viene mandato a intercedere è già sgradito per se stesso, l’animo di chi è irato viene provocato a cose peggiori. 
Pertanto, chi è ancora stretto dai desideri terreni veda di non accendere più gravemente l’ira del Giudice severo e mentre gode del suo luogo di gloria, non divenga autore di rovina per i sudditi. 

AMDG et DVM

Sia viva nel cuore dei Miei cari amici la speranza

Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi


08.07.12


Eletti, amici cari, attendete e sperate: vengo, certo, a voi e 

non deludo la vostra speranza!



Sposa cara, sia viva nel cuore dei Miei cari amici la speranza, anche quando tutto pare crollare intorno. Chi in Me spera non può restare deluso, perché posso ciò che voglio: se apro, nessuno può chiudere; se chiudo, nessuno può aprire. Chi confida in Me deve solo attendere il Mio Tempo ed entrare nella Mia Logica per avere tutto.

Mi dici: “Dolce, Santissimo Gesù, la parte più dura per l’uomo è attendere il Tuo Tempo, perfetto, entrare nella Tua Logica, sublime. Santissimo Amore, ciò che Tu fai scaturisce sempre da Mente sublime e Perfetta; ciò che opera l’uomo da una debole. Neppure sa l’uomo ciò che è bene per lui e, spesso, è tale da non saper distinguere la mano destra dalla sinistra. Tu sai ogni cosa, Tu, Gesù, conosci ogni cuore e nulla Ti sfugge, ecco perché agisci, spesso, in modo incomprensibile, sempre secondo il meglio per l’uomo.

Sposa cara, bene hai compreso, perché la Mia Luce è in te, piccola Mia. Ogni volta che prendo una decisione, penso al massimo bene per l’uomo; se anche essa è dolorosa, per lui vuole il massimo suo bene, sempre, sempre. Si capisca questo: da Me, Dio, non viene alcun male, ma solo Bene; Io, Io, Dio, sono il Bene, sempre Bene, solo Bene!

Mi dici: “Dolce, Santissimo Amore, chi Ti ama e vive nel Tuo Oceano, sublime, di Dolcezza, capisce ogni cosa che avviene nella sua vita; piega la testa, quando tutto va male, e Ti benedice, dicendo: “Dio d’Amore e Tenerezza, non capisco, ma di Te mi fido, pienamente. Tutto sta crollando, ma so, per certo, che Tu non mi abbandoni, perché sei l’Amore, solo Amore, sempre Amore”. Così pensa chi ha in Te piena e totale fiducia. Tu vedi la sua umiltà e lo avvolgi con la Tua Misericordia, lo permei di essa.

Sposa amata, il segreto della felicità è confidare in Me, pienamente e sempre, non solo quando tutto va bene, ma, soprattutto, quando tutto va male. Può la madre amorosa dimenticarsi del piccolo suo che piange nella culla? No, certo! Posso Io, Io, Dio, Creatore, Salvatore, Spirito d’Amore, dimenticarMi della Mia amata e prediletta creatura? No, certo! Mai lo faccio, mai l’ho fatto, mai lo farò! Speri in Me ogni uomo, speri in Me: forse dovrà aspettare un po’, ma vedrà divenire il suo gemito gioia, perché, sposa amata, Io, Io, Gesù, voglio la Gioia e mai il dolore. Esso è la conseguenza del peccato; lo concedo, come Dono, per la purificazione dell’anima. Pensa alla Mia vita terrena. Quante volte ho detto ad un malato: va’, ti sono perdonati i tuoi peccati? Insieme al Perdono, l’uomo aveva la guarigione del corpo. Questo dovrebbe far riflettere a lungo, sposa cara; ma credi che gli uomini del terzo millennio leggano il Vangelo, riflettano sulle Mie Parole per capire? Non lo fanno! Sposa cara, non lo fanno! Non si pentono dei loro peccati e non supplicano la Mia Misericordia; quindi, non la ottengono! Sposa cara, le malattie tutte hanno origine dal peccato. Esso è la causa di tutti i mali di ogni tempo non solo il proprio peccato, ma anche quello altrui. In una società, affondata nel peccato sociale, le sofferenze sono grandi ed in crescendo, il dolore è un fiume melmoso che scorre in ogni angolo.

Mi dici: “Amore Santissimo, questo l’ho ben compreso e capisco che l’Umanità può uscire da questo tunnel di morte, solo cogliendo le Grazie che scendono, copiose, dal Tuo Cuore, sublimissimo. Dolce Gesù, non cessi il flusso salvifico, ma continui a scendere perché ognuno colga il Tuo Dono e si salvi.

Sposa cara, rallegra il tuo piccolo cuore, perché le Grazie scendono fino alla fine del mondo, come un fiume che non conosce secca.
Mi dici: “Adorato, Adorato, Adorato, sia Tu sempre benedetto! Viva ogni cuore per adorarTi e ringraziarTi!
Sposa cara, resta stretta a Me, Gesù, e godi le Delizie del Mio Amore. Ti amo.
                                                                                  Vi amo.

                                                                                              Gesù


Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi


08.07.12


La Mamma parla agli eletti



Figli cari e tanto amati, apro le Mie Braccia e vi accolgo tutti. Venite a Me e vi prometto la felicità con Mio Figlio: solo da Lui la potete avere! Figli amati, le sofferenze sono passeggere e, se percorrete la strada di Luce con Me, sono cosa di breve durata. Vi chiedo di fermare il pensiero sull’eternità. Pensate tutti, a lungo, all’eternità, come la volete? Fate bene le vostre scelte, tutte secondo la Volontà di Dio, tutte, tutte e, poi, siate nella gioia, perché il vostro futuro sarà bellissimo con Gesù. Uniamo i cuori per adorarLo dal profondo dell’anima. Vi amo tutti.
Ti amo, angelo Mio.

                                                                                              Maria Santissima

7-7-2007---7-7-2019: 12mo anniversario della Lettera Apostolica di SUA SANTITA' BENEDETTO XVI "Motu Proprio Data" SUMMORUM PONTIFICUM

LETTERA APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI


"MOTU PROPRIO DATA"
SUMMORUM PONTIFICUM

I Sommi Pontefici fino ai nostri giorni ebbero costantemente cura che la Chiesa di Cristo offrisse alla Divina Maestà un culto degno, “a lode e gloria del Suo nome” ed “ad utilità di tutta la sua Santa Chiesa”.

Da tempo immemorabile, come anche per l’avvenire, è necessario mantenere il principio secondo il quale “ogni Chiesa particolare deve concordare con la Chiesa universale, non solo quanto alla dottrina della fede e ai segni sacramentali, ma anche quanto agli usi universalmente accettati dalla ininterrotta tradizione apostolica, che devono essere osservati non solo per evitare errori, ma anche per trasmettere l’integrità della fede, perché la legge della preghiera della Chiesa corrisponde alla sua legge di fede” [1].

Tra i Pontefici che ebbero tale doverosa cura eccelle il nome di san Gregorio Magno, il quale si adoperò perché ai nuovi popoli dell’Europa si trasmettesse sia la fede cattolica che i tesori del culto e della cultura accumulati dai Romani nei secoli precedenti. Egli comandò che fosse definita e conservata la forma della sacra Liturgia, riguardante sia il Sacrificio della Messa sia l’Ufficio Divino, nel modo in cui si celebrava nell’Urbe. Promosse con massima cura la diffusione dei monaci e delle monache, che operando sotto la regola di san Benedetto, dovunque unitamente all’annuncio del Vangelo illustrarono con la loro vita la salutare massima della Regola: “Nulla venga preposto all’opera di Dio” (cap. 43). In tal modo la sacra Liturgia celebrata secondo l’uso romano arricchì non solo la fede e la pietà, ma anche la cultura di molte popolazioni. Consta infatti che la liturgia latina della Chiesa nelle varie sue forme, in ogni secolo dell’età cristiana, ha spronato nella vita spirituale numerosi Santi e ha rafforzato tanti popoli nella virtù di religione e ha fecondato la loro pietà.

Molti altri Romani Pontefici, nel corso dei secoli, mostrarono particolare sollecitudine a che la sacra Liturgia espletasse in modo più efficace questo compito: tra essi spicca s. Pio V, il quale sorretto da grande zelo pastorale, a seguito dell’esortazione del Concilio di Trento, rinnovò tutto il culto della Chiesa, curò l’edizione dei libri liturgici, emendati e “rinnovati secondo la norma dei Padri” e li diede in uso alla Chiesa latina.

Tra i libri liturgici del Rito romano risalta il Messale Romano, che si sviluppò nella città di Roma, e col passare dei secoli a poco a poco prese forme che hanno grande somiglianza con quella vigente nei tempi più recenti.

“Fu questo il medesimo obbiettivo che seguirono i Romani Pontefici nel corso dei secoli seguenti assicurando l’aggiornamento o definendo i riti e i libri liturgici, e poi, all’inizio di questo secolo, intraprendendo una riforma generale” [2]
Così agirono i nostri Predecessori Clemente VIII, Urbano VIII, san Pio X [3]Benedetto XVPio XII e il B. Giovanni XXIII.

Nei tempi più recenti, il Concilio Vaticano II espresse il desiderio che la dovuta rispettosa riverenza nei confronti del culto divino venisse ancora rinnovata e fosse adattata alle necessità della nostra età. Mosso da questo desiderio, il nostro Predecessore, il Sommo Pontefice Paolo VI, nel 1970 per la Chiesa latina approvò i libri liturgici riformati e in parte rinnovati. Essi, tradotti nelle varie lingue del mondo, di buon grado furono accolti da Vescovi, sacerdoti e fedeli. Giovanni Paolo II rivide la terza edizione tipica del Messale Romano. Così i Romani Pontefici hanno operato “perché questa sorta di edificio liturgico [...] apparisse nuovamente splendido per dignità e armonia” [4].

Ma in talune regioni non pochi fedeli aderirono e continuano ad aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche, le quali avevano imbevuto così profondamente la loro cultura e il loro spirito, che il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, mosso dalla cura pastorale nei confronti di questi fedeli, nell’anno 1984 con lo speciale indulto “Quattuor abhinc annos”, emesso dalla Congregazione per il Culto Divino, concesse la facoltà di usare il Messale Romano edito dal B. Giovanni XXIII nell’anno 1962; nell’anno 1988 poi Giovanni Paolo II di nuovo con la Lettera Apostolica “Ecclesia Dei”, data in forma di Motu proprio, esortò i Vescovi ad usare largamente e generosamente tale facoltà in favore di tutti i fedeli che lo richiedessero.

A seguito delle insistenti preghiere di questi fedeli, a lungo soppesate già dal Nostro Predecessore Giovanni Paolo II, e dopo aver ascoltato Noi stessi i Padri Cardinali nel Concistoro tenuto il 22 marzo 2006, avendo riflettuto approfonditamente su ogni aspetto della questione, dopo aver invocato lo Spirito Santo e contando sull’aiuto di Dio, con la presente Lettera Apostolica stabiliamo quanto segue:

Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della “lex orandi” (“legge della preghiera”) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa “lex orandi” e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della “lex orandi” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “lex credendi” (“legge della fede”) della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano.
Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per l’uso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori “Quattuor abhinc annos” e “Ecclesia Dei”, vengono sostituite come segue:

Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l’uno o l’altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario.

Art. 3. Le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo l’edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunità o un intero Istituto o Società vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari.

Art. 4. Alle celebrazioni della Santa Messa di cui sopra all’art. 2, possono essere ammessi – osservate le norme del diritto – anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volontà.

Art. 5. 
§ 1. Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del can. 392, evitando la discordia e favorendo l’unità di tutta la Chiesa.

§ 2. La celebrazione secondo il Messale del B. Giovanni XXIII può aver luogo nei giorni feriali; nelle domeniche e nelle festività si può anche avere una celebrazione di tal genere.

§ 3. Per i fedeli e i sacerdoti che lo chiedono, il parroco permetta le celebrazioni in questa forma straordinaria anche in circostanze particolari, come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi.

§ 4. I sacerdoti che usano il Messale del B. Giovanni XXIII devono essere idonei e non giuridicamente impediti.

§ 5. Nelle chiese che non sono parrocchiali né conventuali, è compito del Rettore della chiesa concedere la licenza di cui sopra.

Art. 6. Nelle Messe celebrate con il popolo secondo il Messale del B. Giovanni XXIII, le letture possono essere proclamate anche nella lingua vernacola, usando le edizioni riconosciute dalla Sede Apostolica.

Art. 7. Se un gruppo di fedeli laici fra quelli di cui all’art. 5 § 1 non abbia ottenuto soddisfazione alle sue richieste da parte del parroco, ne informi il Vescovo diocesano. Il Vescovo è vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Se egli non può provvedere per tale celebrazione, la cosa venga riferita alla Commissione Pontificia “Ecclesia Dei”.

Art. 8. Il Vescovo, che desidera rispondere a tali richieste di fedeli laici, ma per varie cause è impedito di farlo, può riferire la questione alla Commissione “Ecclesia Dei, perché gli offra consiglio e aiuto.

Art. 9 § 1. Il parroco, dopo aver considerato tutto attentamente, può anche concedere la licenza di usare il rituale più antico nell’amministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dell’Unzione degli infermi, se questo consiglia il bene delle anime.

§ 2. Agli Ordinari viene concessa la facoltà di celebrare il sacramento della Confermazione usando il precedente antico Pontificale Romano, qualora questo consigli il bene delle anime.
§ 3. Ai chierici costituiti “in sacris” è lecito usare il Breviario Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962.

Art. 10. L’Ordinario del luogo, se lo riterrà opportuno, potrà erigere una parrocchia personale a norma del can. 518 per le celebrazioni secondo la forma più antica del rito romano, o nominare un cappellano, osservate le norme del diritto.

Art. 11. La Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, eretta da Giovanni Paolo II nel 1988 [5], continua ad esercitare il suo compito.
Tale Commissione abbia la forma, i compiti e le norme, che il Romano Pontefice le vorrà attribuire.

Art. 12. La stessa Commissione, oltre alle facoltà di cui già gode, eserciterà l’autorità della Santa Sede vigilando sulla osservanza e l’applicazione di queste disposizioni.
Tutto ciò che da Noi è stato stabilito con questa Lettera Apostolica data a modo di Motu proprio, ordiniamo che sia considerato come “stabilito e decretato” e da osservare dal giorno 14 settembre di quest’anno, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, nonostante tutto ciò che possa esservi in contrario.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 7 luglio 2007, anno terzo del nostro Pontificato.

BENEDICTUS PP. XVI

[1] Ordinamento generale del Messale Romano, 3aed., 2002, n. 397.
[2] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Vicesimus quintus annus, 4 dicembre 1988, 3:AAS81 (1989), 899.
[3] Ibid.
[4] S. Pio X, Lett. ap. Motu propio data, Abhinc duos annos, 23 ottobre 1913:AAS5 (1913), 449-450; cfr Giovanni Paolo II, lett. ap.Vicesimus quintus annus, n. 3:AAS81 (1989), 899.
[5] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Motu proprio data Ecclesia Dei, 2 luglio 1988, 6: AAS80 (1988), 1498.

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