sabato 22 giugno 2019

SIGNORE, DA CHI ANDREMO?

L’Eucaristia resta “segno di contraddizione” e non può non esserlo, perché un Dio che si fa carne e sacrifica se stesso per la vita del mondo pone in crisi la sapienza degli uomini

OMELIA DI 
SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI



Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano
Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Giovedì, 7 giugno 2007


Cari fratelli e sorelle!

Poco fa abbiamo cantato nella Sequenza: “Dogma datur christianis, / quod in carnem transit panis, / et vinum in sanguinem – È certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, / si fa sangue il vino”.

Quest’oggi riaffermiamo con trasporto la nostra fede nell’Eucaristia, il Mistero che costituisce il cuore della Chiesa. Nella recente Esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis ho ricordato che il Mistero eucaristico “è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l’amore infinito di Dio per ogni uomo” (n. 1). Pertanto quella del Corpus Domini è una festa singolare e costituisce un importante appuntamento di fede e di lode per ogni comunità cristiana. È festa che ha avuto origine in un determinato contesto storico e culturale: è nata con lo scopo ben preciso di riaffermare apertamente la fede del Popolo di Dio in Gesù Cristo vivo e realmente presente nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia. È festa istituita per adorare, lodare e ringraziare pubblicamente il Signore, che “nel Sacramento eucaristico continua ad amarci ‘fino alla fine’, fino al dono del suo corpo e del suo sangue” (Sacramentum caritatis, 1).


La Celebrazione eucaristica di questa sera ci riconduce al clima spirituale del Giovedì Santo, il giorno in cui Cristo, alla vigilia della sua Passione, istituì nel Cenacolo la santissima Eucaristia. Il Corpus Domini costituisce così una ripresa del mistero del Giovedì Santo, quasi in obbedienza all’invito di Gesù di “proclamare sui tetti” ciò che Egli ci ha trasmesso nel segreto (cfr Mt 10,27). Il dono dell’Eucaristia, gli Apostoli lo ricevettero dal Signore nell’intimità dell’Ultima Cena, ma era destinato a tutti, al mondo intero. Ecco perché va proclamato ed esposto apertamente, perché ognuno possa incontrare “Gesù che passa” come avveniva per le strade della Galilea, della Samaria e della Giudea; perché ognuno, ricevendolo, possa essere sanato e rinnovato dalla forza del suo amore. Questa, cari amici, è la perpetua e vivente eredità che Gesù ci ha lasciato nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Eredità che domanda di essere costantemente ripensata, rivissuta, affinché, come ebbe a dire il venerato Papa Paolo VI, possa “imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale” (Insegnamenti, V [1967], p. 779).

Sempre nell’Esortazione post-sinodale, commentando l’esclamazione del sacerdote dopo la consacrazione: “Mistero della fede!”, osservavo: con queste parole egli “proclama il mistero celebrato e manifesta il suo stupore di fronte alla conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e sangue del Signore Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana” (n. 6). Proprio perché si tratta di una realtà misteriosa che oltrepassa la nostra comprensione, non dobbiamo meravigliarci se anche oggi molti fanno fatica ad accettare la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Non può essere altrimenti. Fu così fin dal giorno in cui, nella sinagoga di Cafarnao, Gesù dichiarò apertamente di essere venuto per darci in cibo la sua carne e il suo sangue (cfr Gv 6,26-58). Il linguaggio apparve “duro” e molti si tirarono indietro.

Allora come adesso, l’Eucaristia resta “segno di contraddizione” e non può non esserlo, perché un Dio che si fa carne e sacrifica se stesso per la vita del mondo pone in crisi la sapienza degli uomini. Ma con umile fiducia, la Chiesa fa propria la fede di Pietro e degli altri Apostoli, e con loro proclama: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). Rinnoviamo pure noi questa sera la professione di fede nel Cristo vivo e presente nell’Eucaristia. Sì, “è certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, / si fa sangue il vino”.

La Sequenza, nel suo punto culminante, ci ha fatto cantare: “Ecce panis angelorum, / factus cibus viatorum: / vere panis filiorum - Ecco il pane degli angeli, / pane dei pellegrini, / vero pane dei figli”. L’Eucaristia è il cibo riservato a coloro che nel Battesimo sono stati liberati dalla schiavitù e sono diventati figli; è il cibo che li sostiene nel lungo cammino dell’esodo attraverso il deserto dell’umana esistenza. Come la manna per il popolo d’Israele, così per ogni generazione cristiana l’Eucaristia è l’indispensabile nutrimento che la sostiene mentre attraversa il deserto di questo mondo, inaridito da sistemi ideologici ed economici che non promuovono la vita, ma piuttosto la mortificano; un mondo dove domina la logica del potere e dell’avere piuttosto che quella del servizio e dell’amore; un mondo dove non di rado trionfa la cultura della violenza e della morte. Ma Gesù ci viene incontro e ci infonde sicurezza: Egli stesso è “il pane della vita” (Gv 6,35.48). Ce lo ha ripetuto nelle parole del Canto al Vangelo: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (cfr Gv 6,51).

Nel brano evangelico poc’anzi proclamato san Luca, narrandoci il miracolo della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci con cui Gesù sfamò la folla “in una zona deserta”, conclude dicendo: “Tutti ne mangiarono e si saziarono” (cfr Lc 9,11b–17). Vorrei in primo luogo sottolineare questo “tutti”. È infatti desiderio del Signore che ogni essere umano si nutra dell’Eucaristia, perché l’Eucaristia è per tutti. Se nel Giovedì Santo viene posto in evidenza lo stretto rapporto che esiste tra l’Ultima Cena e il mistero della morte di Gesù in croce, quest’oggi, festa del Corpus Domini, con la processione e l’adorazione corale dell’Eucaristia si richiama l’attenzione sul fatto che Cristo si è immolato per l’intera umanità. Il suo passaggio fra le case e per le strade della nostra Città sarà per coloro che vi abitano un’offerta di gioia, di vita immortale, di pace e di amore.

Nel brano evangelico, un secondo elemento salta all’occhio: il miracolo compiuto dal Signore contiene un esplicito invito ad offrire ciascuno il proprio contributo. I cinque pani e i due pesci stanno ad indicare il nostro apporto, povero ma necessario, che Egli trasforma in dono di amore per tutti. “Cristo ancora oggi - ho scritto nella citata Esortazione post-sinodale - continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima persona” (n. 88). L’Eucaristia è dunque una chiamata alla santità e al dono di sé ai fratelli, perchè “la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo” (ibid.).

Questo invito, il nostro Redentore lo rivolge in particolare a noi, cari fratelli e sorelle di Roma, raccolti in questa storica Piazza intorno all’Eucaristia: vi saluto tutti con affetto. Il mio saluto è innanzitutto per il Cardinale Vicario e i Vescovi Ausiliari, per gli altri venerati Fratelli Cardinali e Vescovi, come pure per i numerosi presbiteri e diaconi, i religiosi e le religiose, e i tanti fedeli laici. Al termine della Celebrazione eucaristica ci uniremo in processione, quasi a portare idealmente il Signore Gesù per tutte le vie e i quartieri di Roma. Lo immergeremo, per così dire, nella quotidianità della nostra vita, perché Egli cammini dove noi camminiamo, perché Egli viva dove noi viviamo. Sappiamo infatti, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi, che in ogni Eucaristia, anche in quella di stasera, noi “annunziamo la morte del Signore finché egli venga” (cfr 1 Cor 11,26). Noi camminiamo sulle strade del mondo sapendo di aver Lui al fianco, sorretti dalla speranza di poterlo un giorno vedere a viso svelato nell’incontro definitivo.

Intanto già ora noi ascoltiamo la sua voce che ripete, come leggiamo nel Libro dell’Apocalisse: “Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). La festa del Corpus Domini vuole rendere percepibile, nonostante la durezza del nostro udito interiore, questo bussare del Signore. Gesù bussa alla porta del nostro cuore e ci chiede di entrare non soltanto per lo spazio di un giorno, ma per sempre. Lo accogliamo con gioia elevando a Lui la corale invocazione della Liturgia: “Buon Pastore, vero pane, / o Gesù, pietà di noi (…) Tu che tutto sai e puoi, / che ci nutri sulla terra, / conduci i tuoi fratelli / alla tavola del cielo / nella gioia dei tuoi santi”. Amen!



TANTUM ERGO SACRAMENTUM 

VENEREMUR CERNUI

Conoscere Amare Servire Dio in questa vita...



MESSAGGIO DI MARIA SS. A MARY JANE EVEN - 1 giugno. 2003


"Dolci bambini del Mio Cuore Addolorato e Immacolato, è stata finora una bella estate e ancora c'è altro che deve venire, come si vedrà presto. I problemi del mondo si estendono in ogni aspetto della vostra società, indipendentemente da dove vivete. Così dovete prendere atto dello stato degli affari del Mondo, come Mio Figlio Gesù Cristo ha spiegato. Noi chiediamo le vostre preghiere per tutti coloro che sono coinvolti in conflitti, soprattutto i soldati, che soffrono ogni giorno per voi e i vostri cari.

In questi giorni, ci sono così tanti Paesi coinvolti negli sforzi bellici, che molte migliaia stanno morendo in tutto il mondo. Molti di coloro che attraversano il velo sono mal preparati a morire. Essi hanno poca comprensione della fede o di Dio. Hanno vissuto nell'ignoranza virtuale delle potenze superiori. Ad alcuni do Grazia per la loro salvezza e alcuni sono amareggiati, spaventati del mondo. Questi non hanno avuto niente nella vita, addirittura molti non sono neanche battezzati. Vi dico che c'è un nuovo tipo di Limbo, che si riempie ora con i bambini che muoiono di fame, di adulti nella schiavitù e nel dolore, e i bambini piccoli, che non hanno alcuna educazione, ma che hanno preso una pistola e ucciso perchè alcuni signori della guerra gli hanno detto di farlo. Oh, l'ignoranza delle Leggi di Dio! 

Figli, vi dico queste cose perché vi auguro che, venendo da paesi istruiti, industriali, sappiate che questo esiste, ma anche per dirvi che non avete scuse. Dovreste conoscere meglio. Questi bambini innocenti non hanno conoscenze, per la maggior parte, perché per loro è stato così.

Dio è buono. Egli provvede in vita e morte secondo la situazione della gente. Se solo essi chiamassero Dio per aiutarli, ma essi non conoscono ancora Dio. Pregate voi che Dio li aiuti. Cercate, bussate e chiedete per loro, per favore.

Dolci bambini, in mezzo a tutti i problemi, dovete ritornare alla Fede che conoscete. Non dovete mai e poi mai perdere di vista Dio nella Santissima Trinità e la vostra necessità a cercare, bussare e chiedere sempre il Suo aiuto . Ci saranno momenti in cui vi chiederete se Dio vi ha sentito, ma non rinunciate mai alla speranza e alla fiducia. Dio ascolta le preghiere, eppure bisogna riconoscere che le risposte raramente sono immediate. Pregate e abbiate fiducia.

State certi, figli Miei, che Dio vi conosce, conosce la vostra voce. Pregate spesso? Offrite tutto quello che avete e soffrite mostrando accettazione? O volete tutto subito, gridando aiuto al momento della crisi, a modo vostro? Oh figli Miei, imparate da questi messaggi. Abbiamo detto di cercare, bussare e chiedere  aiuto a Dio "secondo il Suo Progetto per voi, a Modo Suo." L'accettazione è l'atteggiamento fondamentale. Dio conosce tutto e anche le vostre esigenze, ma ha anche il Suo Progetto per voi. Sappiate questo. Abbiate fiducia in Dio in tutto. È sempre la soluzione più perfetta, anche se voi avreste voluto in un altro modo.

Io guardo i bambini e gli adolescenti, che chiedono a Dio di aiutarli con gli esami, ad avere un fidanzato, ad ottenere un lavoro, ad ottenere un giocattolo. Di solito è "Dammi, dammi," perché mancano loro delle capacità personali. E Dio gli risponde? Non sempre, ma a volte gli sarà data una risposta. Eppure pochi pensano a ringraziare Dio e, se così, una sola volta: "Grazie, Dio."
Figli di Dio di tutte le età, imparate da questa lezione, non siete figli adolescenti o giovani ora, fatta eccezione per alcuni giovani lettori, siete persone adulte, e ancora pregate "Dammi, dammi." Non capite che gli adulti devono crescere nella preghiera e nella conoscenza di queste cose. Sì, dovete cercare, bussare e chiedere, ma non più con "Dammi, dammi." A Dio dovrebbero essere date preghiere di adorazione, di lode, di ringraziamento. Preghiere per gli altri. Preghiere per la vostra famiglia, si può chiedere a Dio per le vostre intenzioni, un lavoro, una guarigione, la buona salute, certo, ma sempre "secondo la Tua Santa Volontà, caro Signore." Sì, dite: "secondo la Tua Santissima Volontà."

Dolci bambini, chiedo sempre più le vostre preghiere e i vostri sacrifici per la grande necessità. Tenere sempre il Santo Pontefice nelle vostre preghiere, come pure la Chiesa e i membri della Fede, che possano perseverare e non perdere la Santa Speranza o la loro Fede. Le prove possono causare questo. Le persone tendono a incolpare Dio e a perdere la fede. Si nota in molti, quando c'è una crisi, personale, o nella Chiesa, come ora. Non lasciate che i problemi nella Chiesa oggi vi dissuadano dal mantenere la vostra fede e le pratiche di fede. Sono solo gli uomini che agiscono così. Dio è ancora con voi. Siate certi che tutti Noi del Cielo stiamo cercando di trovare soluzioni a questi problemi. Quindi non perdete mai la speranza. Sia sempre fiducia in Dio a prevalere.

Figli Miei, sto cercando in questa lezione di parlarvi dei piccoli problemi che si sono insinuati nella vostra mente e nel cuore. Soprattutto, sappiate che Dio è al comando, benché ancora consenta al libero arbitrio degli uomini di creare prove, che essi devono affrontareNon è stato Dio a determinare le tragedie dell'11 settembre, ma Egli ha lasciato che gli uomini nel loro libero arbitrio provocassero queste tragedie. Perchè? Dio solo lo sa per certo, ma se guardate i successivi avvenimenti ed eventi, si possono vedere alcune motivazioni. Ci sono stati sia dei buoni che dei cattivi risultati. Sì, anche il dolore e la sofferenza. Guardate al di là di questo. Che cosa è successo?

Dovete sempre guardare oltre gli eventi giornalieri per vedere perché Dio avrebbe permesso tali cose. Si deve riconoscere che uno o due eventi come questi hanno delle potenzialità per il bene futuro. Cercate di capire che le difficoltà a livello mondiale sono abbondanti a causa del libero arbitrio degli uomini. Non è Dio che fa queste cose. È Dio che consente alle persone di compiere queste cose, così che essi possano imparare da queste. Che cosa avete imparato, bambini Miei?

Un altro grande problema è la mancanza di insegnamento dai sacerdoti riguardo al peccato, ai Comandamenti, al Purgatorio, all'Inferno. I sacerdoti sembrano avere paura di parlare di questi argomenti perché dicono che la gente lascerà la Chiesa e non tornerà. Che ora solo pochi parrocchiani [sono interessati], ma non la maggioranza. 

Quelli che abbandonano, hanno la propria agenda personale riguardo alla loro fede. Il vostro compito, cari sacerdoti, è dire la verità. Dite le cose come stanno. Parlate del peccato, parlate della morte, parlate del Purgatorio. Chi se ne va potrebbe non apprezzare, ma voi avrete fatto il vostro lavoro davanti a Dio, che è il vostro giudice. Le omelie hanno raggiunto il loro livello più basso a causa della paura dei preti di ferire i sentimenti di qualcuno. Così si fa. Questo è il vostro compito - per salvare le anime. Non temete - dite ciò che deve essere detto. Non abbiate paura nemmeno del giudizio di altri, come il vostro Vescovo. Anche lui deve difenderviNon dovreste essere impauriti. State facendo la Volontà di Dio. E' la vostra vocazione, salvare le anime. Fatelo.

Parlate come si deve. Parlate alla gente del peccato. Spiegate molto chiaramente il giudizio di Dio nel giudizio particolare di ciascuno (NdT al momento della morte). Spiegate chiaramente il fatto che i cattolici dal Battesimo hanno una conseguenza speciale sulle loro anime, che anche se tentano di scappare, di modificare la loro religione, essa è sempre con loro. Questa Fede li segue nella tomba.

Questa è la conseguenza della Fede e del Battesimo nella FedeNon se ne può uscire. È con voi nella vita e nella morte. Riconoscete questo, cari figli? A causa di questo fatto c'è un posto speciale in Cielo per i cattolici, come c'è anche un posto speciale all'Inferno per i cattolici.

Le grazie date ai cattolici sono così numerose e grandi, dai Sacramenti e dalle indulgenze, che i cattolici sono trattati in modo diverso, ovunque essi risiedano per l'eternità. In un certo qual modo, non è facile essere un cattolico tanto come ci si aspetta da voi. Ecco perché è sempre stato detto che la Fede Cattolica è un grande dono di Dio.

Io credo che ora vedete che un dono così grande ha anche delle conseguenze, delle aspettative allegate, come pure gli onori associati. Ad esempio, in Cielo, i cattolici vedono e comprendono la totale visione beatifica di Dio nella Santissima Trinità. Tutti vedere Dio, ma non tutti vedere il Dio Uno e Trino nella Sua Gloria. Eppure, quello che vedono tutti gli altri è sufficiente, sufficiente per loro. Nel Cielo Dio non delude nessuno.

Provate, bambini Miei, a vivere la fede come dovreste, ogni giorno. Cercate di capire Dio, come potete. Cercate di conoscere, amare e servire Dio in questa vita per essere felici con Lui in CieloChiedete agli Angeli e ai Santi di aiutarvi. Pregate per avere la saggezza e la comprensione della vostra fede. Praticate la vostra fede e pregate anche per gli altri, per le anime del Purgatorio e per i vostri amici e familiari.

Spero che questa lezione vi abbia aiutato su alcune questioni che potevate avere.
Vi amiamo tutti. Arrivederci al mese prossimo. 
Io sono Maria, vostra Madre."
AVE MARIA  PURISSIMA!

SAN CHARBEL

 

Il Santo “medico”: San Charbel Makhlouf


San Charbel
Yusef (Giuseppe) Makhluf nacque nel villaggio di Biqa Kafra, sul massiccio del Monte Libano, nell’anno 1828, quinto figlio di una famiglia di contadini. Rimase orfano di padre in giovanissima età e la madre si risposò con un uomo di profondi sentimenti cristiani che addirittura alcuni anni dopo ricevette il diaconato. Yusef sentì fin da giovane il richiamo della vita religiosa tanto che già a quattordici anni, mentre portava al pascolo le sue pecore, sovente si ritirava in una caverna a pregare e meditare. I ragazzi suoi coetanei non di rado si prendevano gioco di lui per questo suo atteggiamento, ma Yusef accettava le loro burle quasi con gioia, dando già prova di quella straordinaria mitezza che sarebbe divenuta la caratteristica più significativa della sua vita e del suo carattere.
A vent’anni, trovandosi nella condizione di dover scegliere tra il matrimonio e la vita religiosa, Yusef decise di prendersi un periodo di tre anni di meditazione durante il quale ascoltare solo la voce di Dio. L’ordine che ricevette fu inequivocabile: “lascia tutto, vieni e seguimi!”. Fu così che nel 1851, senza salutare nessuno, egli lasciò la propria famiglia e si presentò al convento della Madonna di Mayfouq dove chiese di essere accolto. Qui fece due anni di noviziato, terminati i quali venne inviato nel Monastero “San Maroun” di Annaya, un villaggio ad una trentina di chilometri da Byblos, dove egli fece i voti perpetui come monaco il 1° novembre 1853 prendendo il nome di Charbel, un martire del secondo secolo.
Dopo alcuni anni trascorsi nel monastero di San Cipriano vicino a Batroun allo scopo di studiare la teologia venne ordinato sacerdote il 23 luglio 1859, all’età quindi di 31 anni. Ritornato al monastero di San Maroun di Annaya fece la normale vita del monaco per sedici anni durante i quali si distinse per la straordinaria mitezza e l’assoluta obbedienza agli ordini dei suoi confratelli e superiori. Quindi chiese ed ottenne il permesso di ritirarsi in eremitaggio su un colle posto nelle immediate vicinanze dello stesso monastero di Annaya. Per i successivi ventitre anni egli visse in una piccola abitazione priva di qualunque riscaldamento, utilizzando un sasso come cuscino, portando il cilicio e trascorrendo il tempo in preghiera salvo quello necessario a coltivare la terra da cui otteneva il necessario per il suo unico pasto giornaliero. Morì per un colpo apoplettico a settant’anni il 24 dicembre 1898 mentre si accingeva a celebrare il Santo Natale.
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La tomba del santo
Gli anni di eremitaggio furono contraddistinti -oltre che dalle durissime condizioni di vita- da una straordinaria mansuetudine nei confronti dei confratelli e dei superiori tanto che egli chiedeva sempre per sé i lavori più umili e sgradevoli che gli altri non gradivano. Non ci furono folle di fedeli che lo andarono a trovare in vita, anzi la fama della sua vita austera superò di poco i confini del villaggio di Annaya e neppure miracoli clamorosi. 
Per la verità si ricorda un solo fatto apparentemente straordinario: una sera rientrò tardi dai lavori nei campi ed il Superiore per penitenza non gli consegnò l’olio per la lampada. Quando il Padre Superiore si ritirò nella sua camera, vide che dalla cella di San Charbel proveniva una fioca luce. Entratovi trovò il monaco che leggeva gli Uffici alla luce della lampada e quindi gli chiese come si fosse procurato l’olio. “Non ho messo olio” rispose candidamente San Charbel “ma  acqua”. Incredulo il Padre Superiore prese la lampada, che subito si spense, e la vuotò vedendo che effettivamente usciva effettivamente usciva solo dell’acqua. Allora, prima di uscire, si inginocchiò.

Nessun fatto straordinario e nessun miracolo clamoroso durante la vita, ma tutto cambiò dopo la morte di San Charbel. Qualche mese dopo la sua sepoltura, infatti, dalla tomba del monaco incominciarono a uscire strane luci. Venne allora riaperto il sarcofago ed il corpo di San Charbel apparve incorrotto e ricoperto di uno strano sudore misto a sangue. Intanto incominciarono a diffondersi le voci di guarigioni inspiegabili attribuite proprio all’ intercessione del monaco. Nel 1925 venne aperto il processo di canonizzazione e nel 1950 venne ancora riaperta la tomba. Una commissione di medici potè così verificare l’integrità del corpo e la persistenza del sudore misto a sangue rilevato già mezzo secolo prima. Charbel Makhlouf venne dichiarato Beato nel 1965 ed infine proclamato Santo il 9 ottobre 1977 durante il sinodo mondiale dei Vescovi. A convincere la Chiesa a fare questo passo furono soprattutto le guarigioni scientificamente inspiegabili attribuite al grande mistico. 
Nel processo di canonizzazione ne vengono citate tre: la guarigione miracolosa e istantanea da un’ulcera maligna di Suor Maria Abel Kamari il 12 luglio 1950, il recupero della vista di un cieco, certo Iskandar Obeid, avvenuto mentre il fedele stava pregando sulla tomba del futuro Santo nel 1937 e la guarigione da un cancro alla gola in fase terminale di Myriam Aouad avvenuta invece nel 1967. In realtà però presso l’apposito registro del monastero di Annaya sono ormai raccolti i racconti di centinaia di guarigioni inspiegabili secondo la scienza medica. Non solo racconti di libanesi; ovunque nel mondo venga conosciuta la fama di San Charbel lì si verificano miracoli, persino recentemente in Messico e in Russia. Non a caso proprio dalla Russia è giunta in Libano negli anni ’80 una commissione di scienziati per effettuare studi sulla tomba del Santo. Ad essere miracolati non sono solo cristiani, ma anche musulmani e drusi. 
E’ nota la storia di una giovane drusa libanese a cui negli anni ’50 crebbe una gamba (originalmente più corta dell’altra di cinque o sei centimetri) dopo che sulla stessa venne posto del fango formato da acqua benedetta e terra raccolta attorno alla tomba di San Charbel. Il fatto venne testimoniato con una dichiarazione giurata dagli stessi notabili drusi del villaggio.

Chi scrive queste righe è stato -con altri amici- in Libano nel 1990 per oltre un mese a distribuire aiuti alla popolazione provata da quindici anni guerra. Durante questo periodo mi è stato raccontato un fatto che oggi, per la prima volta voglio riferire e che sarebbe avvenuto pochi mesi prima del nostro arrivo, in un villaggio della regione cristiana del Keshrouan.
Una signora attendeva un bambino ed era arrivato il momento del parto che però si presentava difficile. Non vi era la possibilità di ottenere aiuto in ospedale perchè la strada che portava alla città più vicina era teatro di  combattimenti. Il marito disperato, temendo di perdere sia la madre che il figlioletto rivolse una preghiera a San Charbel facendo voto, se tutto fosse andato bene, di portare immediatamente il neonato al monastero di Annaya per farlo battezzare. Il parto si concluse felicemente e il neopapà, benchè ormai fosse notte, salì sull’autovettura con il bambino dirigendosi al convento di Annaya. Qui giunto entrò nella chiesa dove vide un monaco raccolto in preghiera a cui spiegò l’accaduto e chiese di battezzare il bambino. Il monaco non fece alcuna difficoltà e battezzò immediatamente il neonato, dicendo però che non poteva rilasciare subito il certificato di battesimo. Invitò quindi il padre a passare la mattina dopo dicendo che gli avrebbe lasciato il certificato tra le pagine del Vangelo posto sul leggio della chiesa. Il padre ritornò a casa e la mattina dopo si recò nuovamente al monastero di Annaya per ritirare il certificato. Ricevuto dal Priore del convento spiegò cosa era accaduto nella notte ricevendo una risposta sconcertante: di notte i monaci sono nelle loro celle e quindi nessuno poteva essere nella chiesa. A fronte delle insistenze dell’uomo il Priore si decise ed insieme andarono a vedere il Vangelo posto sul leggio. Qui scoprirono che vi era effettivamente il certificato di battesimo del bambino, in calce vi era la firma: Charbel Makhlouf.

Non posso ovviamente garantire della veridicità di questo fatto che peraltro mi è stato raccontato da persone tutt’altro che visionarie. In periodi di estrema tensione come sono le guerre peraltro non di rado fioriscono racconti e leggende che successivamente si rivelano privi di fondamento. Io sono però tentato di credere che il fatto sia realmente avvenuto perché penso che Padre Charbel abbia ottenuto da Dio la concessione di continuare a rimanere -sotto forme che noi non possiamo conoscere- a presidiare il suo convento ed a raccogliere le lacrime delle persone sofferenti che si rivolgono a lui con fiducia. Non un santo libanese, ma un santo universale come universali sono il dolore e la speranza, due ali che ben utilizzate, ma solo se ben utilizzate, servono per volare fino a Dio.
Mario Villani

<O grande taumaturgo San Charbel, che hai trascorso la vita in solitudine in un eremo umile e nascosto, rinunciando al mondo e ai suoi vani piaceri, e ora regni nella gloria dei Santi, nello splendore della Santissima Trinità, intercedi per noi.
Illuminaci mente e cuore, aumenta la nostra fede e fortifica la nostra volontà.
Accresci il nostro amore verso Dio e verso il prossimo.
Aiutaci a fare il bene e ad evitare il male.
Difendici dai nemici visibili e invisibili e soccorrici per tutta la nostra vita.
Tu che compi prodigi per chi ti invoca e ottieni la guarigione di innumerevoli mali e la soluzione di problemi senza umana speranza, guardaci con pietà e, se è conforme al divino volere e al nostro maggior bene, ottienici da Dio la grazia che imploriamo…, ma soprattutto aiutaci ad imitare la tua vita santa e virtuosa. Amen>. Pater, Ave, Gloria
AVE MARIA PURISSIMA!

IO RIVELO IL MIO SEGRETO


Città del Messico (Messico), 13 ottobre 1990. Anniversario della ultima apparizione di
Fatima.

Io rivelo il mio segreto.
«Oggi ricordate la mia ultima apparizione, avvenuta in Fatima nello stesso giorno del 1917, e confermata con il miracolo del sole.

Oggi vi annuncio che sta per nascere la nuova Chiesa di Luce, che mio figlio Gesù si forma in
ogni parte della terra, perché sia pronta a riceverlo, con fede e con gioia, nel vicino momento della sua seconda venuta.

È vicino il regno glorioso di Cristo, che si stabilirà fra voi, con la seconda venuta di Gesù nel mondo.

È il suo ritorno nella gloria.

È il suo glorioso ritorno, per instaurare fra voi il suo Regno e riportare tutta l'umanità, redenta con il suo preziosissimo sangue, allo stato del suo nuovo Paradiso terrestre.

Quanto si prepara è cosa tanto grande, che mai è stata dalla creazione del mondo.

Preparatevi con umiltà, con fede, con intensa preghiera.

Preparatevi raccogliendovi tutti nel Cenacolo spirituale del mio Cuore Immacolato.

Preparatevi nel silenzio e nell'attesa.

Io rivelo il mio segreto solo al cuore dei piccoli, dei semplici, dei poveri, perché da essi viene
accolto e creduto.

Per questo Gesù sta operando fortemente, in questi tempi, per preparare il suo avvento nella
vita dei semplici, dei poveri, dei puri, dei piccoli.

Con un piccolo numero di questi bambini il Signore instaurerà presto sulla terra il suo glorioso regno di amore, di santità e di pace».

AMDG et DVM

venerdì 21 giugno 2019

Il più santo e degno di tutti i Canti­ci

MAGNIFICAT   (1)



Eccellenze di questo Cantico
Le Divine Scritture contengono molti sacri Cantici, fatti da sante donne, come da Maria, la sorella di Mosè e di Aronne; Debora, Giuditta, Anna, la madre del profeta Samuele, per rendere grazie a Dio dei numerosi e straor­dinari favori della sua Divina Bontà. 
Ma il più santo e degno di tutti i Canti­ci è il Magnificat della Santissima Madre di Dio, sia in ragione della dignità e della santità di Colei che l’ha fatto sia per i grandi ed ammirabili misteri che vi sono compresi, come anche per i miracoli che Dio ha operato per mezzo di esso. 
Non si legge, infatti, da nessuna parte che Egli ne abbia fatto attraverso gli altri cantici, mentre san Tommaso da Villanova, arcivescovo di Valenza , nota che è stato proprio alla proclamazione di questo Cantico che lo Spirito Santo ha operato molte meraviglie nel Santo Precursore del Figlio di Dio, come pure in suo padre e in sua madre, e che l’esperienza ha dimostrato molte volte che è un eccellente mezzo per scacciare i demoni dai corpi dei posseduti.

 Molti altri importanti Autori riportano molti altri mira­coli compiuti attraverso la recita di questo stesso Cantico. Sant’Anselmo, ad esempio, scrisse di se stesso[1][2] che, essendo provato da molte malattie che gli facevano provare dolori acutissimi, ne fu guarito interamente recitando il Magnificat.

Cesario racconta di un santo religioso, che aveva una devozione partico­lare alla Beata Vergine e specialmente alla recita di questo Cantico. Essendo prossimo alla sua fine, questa stessa Vergine gli apparve, gli dichiarò che entro sette giorni sarebbe uscito da questo mondo e gli diede la sua benedi­zione. Il settimo giorno, essendo questo buon religioso agli estremi, Ella gli ap­parve di nuovo, alla presenza del Priore del Monastero, accompagnata da un gran numero di angeli e di santi, e restò presente fino a che questo sant’uomo non ebbe reso il suo spirito a Dio con una gioia incomprensibile.
Il Cardinal Giacomo da Vitry scrisse nella Vita di santa Maria d’Ognies che, essendo costei vicina alla morte e cantando il Cantico della Madre di Dio, Ella le apparve e l’avvertì di ricevere il sacramento dell’Estrema unzione. Quindi, Ella si trovò presente alla sua fine con molti altri santi, e perfino con il Santo dei santi, il Figlio suo Gesù.

Tutto ciò ci dimostra che è cosa graditissima al nostro Salvatore e alla sua Divina Madre recitare questo divino Cantico con devozione.
Noi non troviamo che la Beata Vergine l’abbia cantato o pronunciato pubblicamente più di una volta, mentre era in questo mondo, ma non si può dubitare che l’abbia recitato e forse cantato molte volte in privato. Qualche Autore riferisce che è stata vista molte volte, in qualche chiesa, durante la celebrazione dei Vespri, circondata da un gran numero di angeli, e che la si è sentita cantare questo meraviglioso Cantico con loro e con i sacerdoti, ma in modo così melodioso ed incantevole, da non esservi proprio parole per esprimerlo.

     Ricordatevi, inoltre -, quando canterete o reciterete questo Cantico ver­ginale -, di donarvi al Santo Spirito, per unirvi alla devozione e a tutte le sante disposizioni con le quali è stato cantato e recitato dalla Beata Vergine Maria e da un numero incalcolabile di santi e di sante, che l’hanno cantato e recitato così santamente.


San Giovanni Eudes





[1] «Hoc est illud dulcissimum decachordum, quo citharista propheticus toties gloriatur; hoc doemon expellitur, Praecursor sanctifìcatur, puer exultat, mater prophetat. Hoc decachordo etiam nunc cum devote concinitur, ìnìquas cordis suggestiones propulsori, lubricas carnis tentatìones emollliri, doemones pessimos effugari merito crediderim» (S. TOMMASO DA VlLLANOVA, Concio de Visit. B. V).
[2] In lib. Mìracul.


Magnificat


L'anima mia magnifica il Signore  *
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
  *
D'ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
  *
e santo é il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia
  *
si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,
  *
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,
  *
ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,
  *
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,
  *
ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri,
  *
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Gloria al Padre e al Figlio  *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
  *
nei secoli dei secoli. Amen.

 


Magnificat
Magníficat  *
   ánima mea Dóminum,
et exsultávit spíritus meus
  *
   in Deo salvatóre meo,
quia respéxit humilitátem
 ancíllæ suæ,
  *
   ecce enim ex hoc beátam me dicent       omnes generatiónes. Quia fecit mihi magna, qui potens est:
  *
   et sanctum nomen eius,
et misericórdia eius 
a progénie in progénies
  * 
   
timéntibus eum.

Fecit poténtiam in bráchio suo,
  *    dispérsit supérbos mente cordis sui;
depósuit poténtes de sede
,
  *
   et exaltávit húmiles,
esuriéntes implévit bonis,
  *
   et dívites dimísit inánes.

Suscépit Ísrael púerum suum,
  *    recordátus misericórdiæ suæ,
sicut locútus est ad patres nostros,
  *    Àbraham et sémini eius in sǽcula. 
Glória Patri et Fílio  *
   et Spirítui Sancto.
Sicut erat in princípio, et nunc et semper,
  *
   et in sǽcula sæculórum. Amen.


AVE MARIA PURISSIMA