lunedì 10 dicembre 2018

TRASLAZIONE DELLA SANTA CASA DELLA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DI LORETO

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Die 10 Decembris

IN TRANSLATIONE ALMAE DOMUS

B. MARIAE VIRGINIS



Introitus Gen. 28, 17

TERRÍBILIS est locus iste: hic domus Dei est, et porta caeli: et vocábitur aula Dei. Ps. 83, 2-3 Quam dilécta tabernácula tua, Dómine virtútum ! concupíscit, et déficit ánima mea in átria Dómini. V/. Glória Patri.

Oratio


DEUS, qui beátae Maríae Vírginis domum per incarnáti Verbi mystérium misericórditer consecrásti, eámque in sinu Ecclésiae tuae mirabíliter collocásti: concéde ; ut, segregáti a tabernáculis peccatórum, digni efficiámur habitatóres domus sanctae tuae. Per eúmdem Dóminum.



Léctio libri Sapiéntiae.


Eccli. 24, 11-13 et 15-20


IN ómnibus réquiem quaesívi, et in hereditáte Dómini morábor. Tunc praecépit, et dixit mihi Creátor ómnium, et qui creávit me, requiévit in tabernáculo meo, et dixit mihi: In Jacob inhábita, et in Israël hereditáre, et in eléctis meis mitte radíces. Et sic in Sion firmáta sum, et in civitáte sanctificáta simíliter requiévi, et in Jerúsalem potéstas mea. Et radicávi in pópulo honorificáto, et in parte Dei mei heréditas illíus, et in plenitúdine sanctórum deténtio mea. Quasi cedrus exaltáta sum in Líbano et quasi cypréssus in monte Sion: quasi palma exaltáta sum in Cades, et quasi plantátio rosae in Jéricho. Quasi olíva speciósa in campis, et quasi plátanus exaltáta sum juxta aquam in platéis. Sicut cinnamómum et bálsamum aromatízans odórem dedi: quasi myrrha elécta dedi suavitátem odóris.



Graduale Ps. 26, 4 Unam pétii a Dómino, hanc requíram, ut inhábitem in domo Dómini ómnibus diébus vitae meae. V/. Ut vídeam voluptátem Dómini, et vísitem templum ejus.

Allelúja , allelúja. V/. Ps. 83, 5 Beáti qui hábitant in domo tua, Dómine: in saécula saeculórum laudábunt te. Allelúja.



Post Septuagesimam, omissis Allelúja et Versu sequenti, dicitur
Tractus V/. Ps. 83, 5 et 11 Beáti qui hábitant in domo tua, Dómine: in saécula saeculórum laudábunt te. V/. Mélior est dies una in átriis tuis super míllia. V/. Elégi abjéctus esse in domo Dei mei: magis quam habitáre in tabernáculis peccatórum.

Tempore autem Paschali omittitur Graduale, et ejus loco dicitur:

Allelúja , allelúja. V/. Ps. 83, 5 et 11 Beáti qui hábitant in domo tua, Dómine: in saécula saeculórum laudábunt te. Allelúja. V/. Mélior est dies una in átriis tuis super míllia. Allelúja.


+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.


Luc. 1, 26-38


IN illo témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilaéae, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quae cum audísset, turbáta est in sermóne ejus, et cogitábat qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce concípies in útero, et páries fílium, et vocábis nomen ejus Jesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David patris ejus: et regnábit in domo Jacob in aetérnum, et regni ejus non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco ? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te, et virtus Altíssimi obumbrábit tibi. Ideóque et quod nascétur ex te Sanctum, vocábitur Fílius Dei. Et ecce Elísabeth cognáta tua, et ipsa concépit fílium in senectúte sua: et hic mensis sextus est illi, quae vocátur stérilis: quia non erit impossíbile apud Deum omne verbum. Dixit autem María: Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum.


Credo.

Offertorium Ps. 5, 8 Introíbo in domum tuam, adorábo ad templum sanctum tuum, et confitébor nómini tuo.

Secreta


ACCIPE, quaésumus, Dómine, múnera in hac sacra domo dignánter obláta: et, beátae Maríae Vírginis suffragántibus méritis, ad nostrae salútis auxílium proveníre concéde. Per Dóminum.


Praefatio de beata Maria Virgine Et te in Festivitáte.

Communio Prov. 8, 34-35 Beátus qui audit me, et qui vígilat ad fores meas quotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Qui me invénerit, invéniet vitam, et háuriet salútem a Dómino.

Postcommunio


QUAESUMUS, Dómine Deus noster: ut sacrosáncta mystéria, quae pro reparatiónis nostrae munímine contulísti, intercedénte beáta María semper Vírgine, et praesens nobis remédium esse fácias, et futúrum. Per Dóminum.


* Si haec Missa dicatur Feria IV Quatuor Temporum Adventus, in fine legitur Evangelium S. Joannis In princípio.

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http://www.iltimone.org/news-timone/la-santa-casa-loreto-un-tesoro-miracoloso/

http://gerardoms.blogspot.com/2013/01/miracoli-di-maria-loreto-aparecida.html

AVE MARIA PURISSIMA!

domenica 9 dicembre 2018

REGOLA DI SAN FRANCESCO d'ASSISI


CAPITOLO III
DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO

[9] Dice il Signore: "Questa specie di demoni non si può scacciare se non con la preghiera e col digiuno". E ancora: "Quando digiunate non prendete un'aria melanconica come gli ipocriti".

[10] Perciò tutti i frati, sia chierici sia laici, recitino il divino ufficio, le lodi e le orazioni come sono tenuti a fare. 
I chierici recitino l'ufficio e lo dicano per i vivi e per i defunti, secondo la consuetudine dei chierici. Per i difetti e le negligenze dei frati dicano, ogni giorno, il Miserere mei, Deus con il Pater noster.
Per i frati defunti dicano il De profundis con il Pater noster.
E possano avere soltanto i libri necessari per adempiere al loro ufficio. Anche ai laici che sanno leggere il salterio, sia concesso di averlo; agli altri, invece, che non sanno leggere, non sia concesso di avere alcun libro.

[11] I laici dicano il Credo in Dio e ventiquattro Pater noster con il Gloria al Padre per il mattutino, cinque per le lodi, per l'ora di prima il Credo in Dio e sette Pater noster, con il Gloria al Padre; per terza, sesta e nona, per ciascuna di esse, sette Pater noster; per il vespro dodici, per compieta il Credo in Dio e sette Pater noster con il Gloria al Padre; per i defunti sette Pater noster con il Requiem aeternam; e per le mancanze e le negligenze dei frati tre Pater noster ogni giorno.

[12] E similmente, tutti i frati digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino al Natale e dalla Epifania, quando il Signore nostro Gesù Cristo incominciò a digiunare, fino alla Pasqua. Negli altri tempi poi, eccetto il venerdì, non siano tenuti a digiunare secondo questa norma di vita. E secondo il Vangelo, sia loro lecito mangiare di tutti i cibi che vengono loro presentati. 

AMDG et DVM

Maria Ss. dice: "Io ti esalto perché Tu mi hai protetta".


Immacolata Concezione e seconda domenica d'Avvento

8 dicembre 1946  Immacolata Concezione di Maria

   Introito: Salmo 30 (29) 2; Isaia 61, 10.
   Orazione: O Dio, che con l'immacolata Concezione della Vergine preparasti una degna dimora al tuo Figlio, fa', te ne preghiamo, che, come in previsione della morte dello stesso tuo Figliuolo la rendesti immune da ogni macchia, così, per intercessione di Lei, ci conceda di venire a Te purificati.
   Lettura: Proverbi 8, 22-35.
   Graduale: Giuditta 13, 18 (volgata 13, 23); 15, 9 (volgata 15, 10); Cantico dei cantici 4, 7.
   Tratto: Giuditta 15, 9 (15, 10); Salmo 87 (86), 1-3.5; Cantico dei cantici 4, 7.
   Vangelo: Luca 1, 26-28.
   Offertorio: Luca 1, 28.
   Segreta: Accogli, o Signore, l'ostia di salute che ti offriamo nella solennità dell'immacolata Concezione della beata Vergine Maria e fa' che, come cantiamo lei immune da ogni macchia perché prevenuta dalla grazia, così per sua intercessione siamo liberati da ogni colpa.
   Comunione: Cose gloriose sono dette di te, o Maria: perché grandi cose ha compiuto in te colui che è potente.
   Dopocomunione: I sacramenti che abbiamo ricevuti guariscano in noi, o Signore Dio nostro, le ferite di quella colpa dalla quale in modo singolare hai preservato l'immacolata Concezione della beata Maria.
  

   Seconda domenica d'Avvento
   Introito: Salmo 80 (79), 2; Isaia 30, 30.
   Orazione: Eccita, o Signore, i nostri cuori a preparare le vie del tuo Unigenito, affinché per la sua venuta meritiamo di servirti con anima purificata.
   Epistola: Romani 15, 4-13.
   Graduale: Salmo 50 (49), 2-3.5; 122 (121), 1.
   Vangelo: Matteo 11, 2-10.
   Offertorio: Salmo 85 (84), 7-8.
   Segreta: Làsciati placare, te ne preghiamo o Signore, dalle nostre umili suppliche e dalle nostre offerte e, siccome non abbiamo alcun sostegno di meriti, soccorrici coi tuoi aiuti.
   Comunione: Baruc 4, 36; 5, 5.
   Dopocomunione: Saziati dal cibo del nutrimento spirituale, ti supplichiamo umilmente, o Signore, ad insegnarci, con la partecipazione di questo mistero, il disprezzo delle cose terrene e l'amore delle celesti.
  

   Dice Azaria:
   «Meditiamo cantando le glorie di Maria Ss. La S. Messa di questa festività è tutta un inno alla potenza di Dio e alla gloria di Maria. Mettiamoci, per ben comprenderla questa liturgia di luce e fuoco, nei sentimenti della Regina e Maestra di ogni creatura che ami il Signore.
   Regina e Maestra! Degli uomini. Ma anche degli angeli. Vi sono misteri che voi non sapete, che non ci è concesso di svelare completamente. Ma sollevarne un velo è concesso perché qualche anima molto amata ne goda. Ed io lo sollevo per te. Un lembo di velo. Dall'ostacolo rimosso ti si concederà di affissare lo sguardo spirituale sull'infinita Luce che è il Cielo, e nella Luce meglio comprenderai. Guarda, ascolta e sii beata.
   Quando il peccato di Lucifero sconvolse l'ordine del Paradiso e travolse nel disordine gli spiriti meno fedeli, un grande orrore ci percosse tutti, quasi che qualcosa si fosse lacerato, si fosse distrutto, e senza speranza di vederlo risorgere più. In realtà ciò era. Si era distrutta quella completa carità che prima era sola esistente lassù, ed era crollata in una voragine dalla quale uscivano fetori d'Inferno.
   Si era distrutta l'assoluta carità degli angeli, ed era sorto l'Odio. Sbigottiti, come lo si può essere in Cielo, noi, i fedeli al Signore, piangemmo per il dolore di Dio e per il corruccio suo. Piangemmo sulla manomessa pace del Paradiso, sull'ordine violato, sulla fragilità degli spiriti. Non ci sentimmo più sicuri di essere impeccabili, perché fatti di puro spirito. Lucifero e i suoi uguali ci avevano provato che anche l'angelo può peccare e divenire demonio. Sentimmo che la superbia poteva, era latente, e poteva svilupparsi in noi. Tememmo che nessuno, fuorché Dio, potesse resistere ad essa se Lucifero aveva ad essa ceduto. Tremammo per queste forze oscure che non pensavamo potessero invaderci, che potrei dire: ignoravamo che esistessero, e che brutalmente ci si disvelavano. Abbattuti, ci chiedevamo, con palpiti di luce: "Ma dunque l'esser così puri non serve? Chi mai allora darà a Dio l'amore che Egli esige e merita, se anche noi siamo soggetti a peccare?".
   Ecco allora che, alzando il nostro contemplare dall'abisso e dalla desolazione alla Divinità, e fissando il suo Splendore, con un timore sino allora ignorato, contemplammo la seconda Rivelazione del Pensiero Eterno. E se per la conoscenza della prima venne il Disordine creato dai superbi che non vollero adorare la Parola Divina, per la conoscenza della seconda tornò in noi la pace che si era turbata.
   Vedemmo Maria nel Pensiero eterno. Vederla e possedere quella sapienza che è conforto, sicurezza e pace, fu una sola cosa. Salutammo la futura nostra Regina con il canto della nostra Luce, e la contemplammo nelle sue perfezioni gratuite e volontarie. Oh! bellezza di quell'attimo in cui a conforto dei suoi angeli l'Eterno presentò ad essi la gemma del suo Amore e della sua Potenza! E la vedemmo umile tanto da riparare da sé sola ogni superbia di creatura.
   Ci fu maestra da allora nel non fare dei doni uno strumento di rovina. Non la sua corporea effige, ma la sua spiritualità ci parlò senza parola, e da ogni pensiero di superbia fummo preservati per aver contemplata per un attimo, nel Pensiero di Dio, l'Umilissima. Per secoli e secoli operammo nella soavità di quella fulgida rivelazione. Per secoli e secoli, per l'eternità, gioimmo e gioiamo e gioiremo del possedere Colei che avevamo spiritualmente contemplata. La Gioia di Dio è la nostra gioia e noi ci teniamo nella sua Luce per essere di essa compenetrati e per dare gioia e gloria a Colui che ci ha creati.
   Ora dunque ripieni dei suoi stessi palpiti meditiamo la Liturgia che parla di Lei.
   "Con gioia". Carattere della vera umiltà è la vera gioia che nessuna cosa turba.
   Chi è umile in modo relativo ha sempre un motivo di turbamento anche nei suoi più schietti trionfi. Il vero e completo umile, invece, non ha turbamento di sorta. Quale che sia il dono o il trionfo che lo riveste di speciale veste, egli è gioioso e non teme, perché sa e riconosce che quanto lo fa diverso dai più non è cosa che egli si è fatta con mezzi umani, ma è cosa che viene da altre sfere e che nessuno gli può rapire. La contempla e considera come vestimento di gran valore che gli è stato dato per portarlo un tempo e che deve essere usato con quella cura che si ha per ciò che non è nostro e va reso senza lesioni a chi lo ha donato.
   Sa anche che questo rivestimento regale, non chiesto per avidità di apparire, gli è stato dato da una Sapienza infinita che ha giudicato bene di darlo. Non c'è dunque affanno per ottenerlo o per conservarlo. L'umile che è veramente tale non brama cose straordinarie e non si turba se chi ha dato leva. Dice: "Tutto è bene perché la Sapienza così vuole". Perciò l'umile è sempre nella gioia. Perché non brama, perché non è avaro di ciò che gli viene dato, perché non si sente menomato se gli vien tolto.
   Maria Ss. ebbe questa gioia. Dal suo nascere al suo assurgere la ebbe sulla Terra, anche fra le lacrime del suo lungo Calvario di madre del Cristo, anche sotto il mare di strazio del Calvario di suo Figlio. Ebbe, nel suo dolore che non fu simile a nessun altro, la gioia esultante di fare, sino al sacrificio totale, ciò che Dio voleva, ciò che Dio le aveva significato di pretendere da Lei da quando l'aveva rivestita con le vesti della salvezza e coperta col manto di giustizia come sposa ornata di gioielli.
   Misura quale caduta sarebbe stata quella di Maria se, avendo avuto la Concezione Immacolata, la giustizia, e ogni altro gioiello divino, avesse calpestato ogni cosa per seguire la voce dell'eterno Corruttore? Ne misuri la profondità? Non ci sarebbe più stata redenzione per gli uomini, non più Cielo per gli uomini, non più possesso di Dio per gli uomini. Maria vi ha dato tutto questo perché con la vera gioia degli umili ha portato le sue vesti di Beneamata dall'Eterno e ha cantato le lodi di Lui, di Lui solo, pur fra i singhiozzi e le desolazioni della Passione.
   Ha esultato! Che profonda parola! Ha sempre esultato magnificando con lo spirito il suo Signore, anche quando la sua umanità conosceva lo scherno di tutto un popolo, ed era sommersa e torchiata dal suo dolore e dal dolore della sua Creatura. Ha esultato pensando che quel suo dolore, quel dolore del suo Gesù, dava gloria a Dio salvando uomini a Dio.
   Sopra i gemiti della Madre, sopra i suoi lamenti di Donna, cantava la gioia del suo spirito di Corredentrice. Cantava con la sommissione a quell'ora, con la speranza nelle parole della Sapienza, con l'amore che benediceva Dio di averla trafitta.
   La lunga passione di Maria ha completato Maria, unendo alle grandi cose che Dio in Lei aveva fatte, le grandi cose che Ella sapeva fare per il Signore. Veramente mentre le sue viscere di Madre gridavano lo strazio della sua tortura, il suo spirito fedele cantava: "Io ti esalto, o Signore, perché mi hai protetta e non hai permesso che i miei nemici potessero rallegrarsi a mio riguardo".
   Vedi che umiltà? Chiunque altro avrebbe detto: "Sono contento di aver saputo rimanere fedele anche nella prova. Sono contento di aver fatto la Volontà di Dio". Non sono queste parole di peccato. Ma un filo di orgoglio è ancora in esse. "Io sono contento perché ho fatto". L'io della creatura che si sente autore unico del bene compiuto. Maria Ss. dice: "Io ti esalto perché Tu mi hai protetta". Dà a Dio il merito di averla tenuta santa in quelle ore di lotta.
   Dio aveva preparata una degna dimora al suo Verbo. Ma Maria ha saputo serbare quella dimora degna di Dio, che in Lei doveva incarnarsi. Imitatela, o creature. In misura minore, come si conviene a voi, che non dovete concepire il Cristo, ma per quanto vi è necessario a portare il Cristo in voi, Dio vi dà i mezzi ed i doni atti a fare di voi dei templi e altari. Imitate Maria, sapendo serbare la dimora del vostro cuore degna del Santo che chiede di entrare in voi per godere di voi e vivere fra i figli degli uomini, da Lui amati senza misura.
   E se non avete saputo imitarla, e la vostra dimora è ormai una dimora profanata o smantellata dai troppi che l'hanno abitata, ricostruitela in Maria, che è l'amabile e instancabile Madre che genera i figli al Signore, perché attraverso a Maria si va alla Vita, e perciò chi è languente o morto, e non osa alzare gli occhi al Signore, può tornare vivo e gradevole all'Eterno se entra nel Seno, nel Cuore che hanno dato al mondo il Salvatore.
   Il Signore Gesù ti ha spiegato1 la luce del capitolo sapienziale. Io non mi permetto di parlare dove Egli ha parlato. Ma a conferma del mio dire ti faccio notare le parole che la Sapienza applica a Maria: "La mia delizia è stare coi figli degli uomini". Con questi figli, che le sono costati tanto pianto. Ma è delle vere madri piangere e amare, e amare per quanto si è pianto, amare tanto da portare all'amore, piangere tanto da convertire i perversi. Perché troverebbe delizia a stare fra gli uomini questa Benedetta la cui dimora è ab eterno il Cielo, questa Benedetta che ebbe ad abitazione il Seno meraviglioso di Dio, e che fu abitazione a Dio, questa Benedetta il cui Popolo è quello degli Angeli e dei beati, se non per ricostruire i poveri cuori che il mondo e Satana, che la carne e le passioni hanno devastato? Perché troverebbe delizia, se non perché stando fra voi vi ripartorisce a Dio?
   Sentitela cantare nella sua luce di perla: "Beati quelli che battono le mie vie". Le vie di Maria finiscono nel Cuore di Dio. "Ascoltate i miei consigli per diventare saggi, non li ricusate". Una Madre, e santa quale Ella è, non può che dare parole di vita. Ma considerate quanto, nella già piena di Grazia, e perciò di Sapienza, avrà lasciato la Parola portata per nove mesi nel seno, e sul seno per tanti anni. Sul seno nell'infanzia e puerizia, e nella morte, nel Cuore purissimo per 33 anni. Mai è stato inerte Dio-Figlio per la sua amabile Madre. Mai, Egli che non è mai inattivo neppur coi colpevoli uomini. Perciò tutta la Sapienza si è fusa con tutta la Purezza, e Maria non può che parlare con la parola di Dio, con quella parola che il Cristo ha detto Vita di chi l'ascolta. Canta Maria, Lei che sa ciò che è in Lei: "Beato l'uomo che mi ascolta e veglia alla mia porta e attende all'ingresso della mia casa". Abitacolo di Dio, Ella sa che chi in Lei entra trova Dio. Ossia, così come Ella canta: "Chi troverà Lei avrà trovato la Vita e riceverà dal Signore la salute".
   Veramente chi vive in Lei ha salute, vita, sapienza, gloria, letizia e onore perché Ella è tutto questo, avendo le sue radici in Dio stesso, fondata come è sul monte di Dio per esserne il Tempio, amata più di ogni altra creatura dal Signore Altissimo, dovendo Essa in eterno essere la Madre dell'Uomo.
  Oh! parola poco meditata, meno ancora compresa, nella quale è compendiata tutta la figura di Maria. Cosa è Maria? È la Riparatrice. Ella annulla Eva. Ella riporta le cose sconvolte al punto dove erano quando le sconvolse il Serpente maligno ed Eva imprudente. L'angelo la saluta: "Ave". Si dice che Ave è il capovolgimento di Eva. Ma Ave è ancora un'eco che ricorda il Nome Ss. di Dio, così come lo ricorda ancor più vivamente, e come te l'ho spiegato2, il nome del Verbo: Jeoscué.
   Nel tetragramma sacro che i figli del Popolo di Dio avevano formato per pronunciare nel segreto tempio dello spirito l'irripetibile Nome, già è "Ave". Il principio della parola con cui Dio mandò a far della Tutta Bella la Santa Madre e Corredentrice. Ave: quasi che, come realmente avvenne, Egli, annunciandosi col suo Nome, entrasse a farsi carne in un seno, nell'Unico Seno che poteva contenere l'Unico.
   Ave, Maria, Madre dell'Uomo come Eva, più di Eva, che hai riportato l'uomo, attraverso all'Uomo, alla sua Patria, alla sua eredità, alla sua figliolanza, alla sua Gioia.
   Ave, Maria, Seno di santità in cui è rideposto il seme della Specie, perché l'eterno Abramo abbia i figli di cui l'invidia satanica lo aveva fatto sterile.
   Ave, Maria, Madre Deipara del Primogenito eterno, Madre pietosa dell'Umanità, lavata nel tuo pianto e nel Sangue che è tuo sangue.
   Ave, Maria, Perla del Cielo, Luce di Stella, Bellezza soave, Pace di Dio.
   Ave, Maria piena di Grazia in cui è il Signore, mai divisa da Lui che in Te prende le sue delizie e i suoi riposi.
  Ave, Maria, Donna benedetta fra tutte le donne, amore vivente, fatta dall'Amore sposa all'Amore, Madre dell'Amore.
   In Te purezza, in Te pace, in Te sapienza, in Te ubbidienza, in Te umiltà, in Te perfette le tre e le quattro virtù...
   Maria, il Cielo delira d'amore nel contemplare Maria. Il suo canto aumenta sino a note incomparabili. Nessun mortale, per santo che sia, può comprendere cosa sia per tutto il Cielo Maria.
   Tutte le cose sono state fatte per il Verbo. Ma anche tutte le opere più grandi sono state fatte dall'Amore Eterno in Maria e per Maria. Perché Colui che è potente l'ha amata senza limite, e l'ama. E la Potenza di Dio sta nelle sue mani di Giglio purissimo per essere sparsa su chi a Lei ricorre.
  Ave! Ave! Ave! Maria!...».
   Messa seconda Domenica d'Avvento.
   «Ave Maria, attraverso la quale il Signore viene a salvare le nazioni e a far intendere la gloria sua nella letizia del Salvatore concesso al mondo.
   La liturgia della S. Messa della seconda domenica di Avvento si affianca molto bene alla liturgia della S. Messa propria dell'Immacolata Concezione, perché è ancora per Maria che il Salvatore viene a salvare i popoli e ad essere l'Agnello che è pastore, e Pastore buono, venuto a guidare i giusti nei pascoli del Signore. I giusti, ombreggiati in Giuseppe, mite e giusto come pecorella ubbidiente ad ogni comando dell'Eterno, Supremo Pastore dei popoli.

   Ed è ancora per Maria che i poveri e deboli uomini riescono ad ottenere i mezzi di salute e le ricchezze eterne. Giovanni precorse il Cristo preparandogli le vie. Maria precorre il Cristo preparandogli la via nei vostri cuori. Aprite il cuore a Maria, mettete il vostro spirito nelle sue materne mani perché essa lo prepari alla Divina venuta. Imitate Maria in questo tempo di Avvento, e sarete pronti a ricevere il Natale ed i suoi frutti soprannaturali in modo degno dell'elogio angelico.

   Paolo dice che tutto quanto è stato scritto per farvi sapienti nel Signore, è stato scritto perché si conservi la speranza. Quale speranza? Quella delle promesse divine. Ma le promesse, che sono certe - e perciò bisogna, più ancor che sperare: credere, assolutamente credere che si compiranno - avranno compimento se voi saprete perseverare e operare con pazienza e con la forza che viene dalle consolazioni, di cui è ripiena la Scrittura, nelle diverse contingenze della vita.
   Perché questa vita è lotta continua, sempre nuova, piena di incognite e di sorprese, lotta che stancherebbe anche un eroe, se questo non fosse sorretto da qualcosa più che terreno. Questo qualcosa è Dio e la sua Legge, e le sue promesse, è la certezza della vita futura, la fede certa che l'Uomo che si è immolato per voi non poteva che essere che Dio, perché nessuno, che non sia stato Cristo, ha mai saputo vivere e morire come Egli visse e morì. Queste le cose che alimentano le forze di voi, lottatori al presente, vincitori domani. Queste le certezze e consolazioni che il Dio della pazienza e delle consolazioni vi infonde perché sappiate lottare con Cristo e per il Cristo, giungendo alla gloria che per il Cristo potete avere.
   E con la fede e la speranza ecco, nelle parole di Paolo, ancora ricordata la carità, senza la quale ogni altra cosa è vana. Anche la vita di più austera virtù sarebbe vana se non fosse congiunta alla carità. Colui che praticasse le più austere penitenze, che fosse temperante, onesto, continente, che credesse in Dio, che sperasse in Lui, che fosse osservante dei Comandi e Precetti, ma che non amasse il suo prossimo, mortificherebbe le sue virtù in modo tale da espiare ben lungamente il suo peccato di egoismo.

   Santo l'amore a Dio, santa l'ubbidienza ai precetti, santa la temperanza e buona l'onestà. Ma se non vi è amore al prossimo, non è tutto ciò come un albero troppo mortificato che resta solo duro tronco, senza rami né foglie, senza fiori né frutti, inutile al viandante accaldato che cerca l'ombrìa o il riparo dall'acquazzone, inutile allo sconfortato che dalla vista dei suoi fiori trae quasi una parola di speranza per l'avvenire, inutile all'affamato che non può sostenere le languenti forze con il frutto colto ai suoi rami e sentire che c'è un Dio che veglia sui bisogni dei figli, inutile persino all'uccello che invano cerca un rifugio contro il tronco spoglio? Veramente la rigida virtù che è priva di amore è una triste visione di tronco poderoso, ma brullo e destinato a morire. È egoismo ancora. È ancora fariseismo. È un paganesimo che si sostituisce al vero culto. Perché la vera Religione si appoggia sulle due colonne dei due amori di Dio e di prossimo, e tutto l'edificio è precario se sostenuto da una sola colonna, disarmonico sempre.

   La Legge è di amare Dio e di amarsi fra fratelli, accogliendosi gli uni gli altri, sorreggendosi, istruendosi, compatendosi come Cristo fece.
   Tu, piccola voce, vedi come Cristo amasse i circoncisi, perché loro diritto di essere amati essendo del Popolo della promessa, e gli incirconcisi, come era suo diritto di amarli, essendo il popolo nuovo del Re dei re. Tanto li ha amati che i primi ne fecero un ingiusto capo di accusa contro di Lui, così come ora i "circoncisi" di ora, quelli che per essere, o per credersi d'essere gli eletti fra le nazioni, delle pagine che rivelano l'impareggiabile amore del Maestro divino per i Gentili se ne fanno scandalo e oggetto di negazione.
   Non comprendevano i rabbi di allora, e non comprendono i rabbi di ora, la suprema carità che vede negli uomini tanti fratelli e che li ama, se sono santi e del popolo di Dio perché tali; e li ama, se non sono santi, per farli tali.

   Io ti dico però con Paolo che questi ultimi, dei tempi d'ora, superano nell'amore che rendono all'amore quelli che si credono i perfetti. Sempre così, ora come 20 secoli fa. I sapienti insapienti, ossia quelli che sanno la lettera ma non lo spirito di essa, non sanno comprendere, e credere, e accettare che Gesù Cristo, il Salvatore, è venuto, e viene, più per i Gentili che per i suoi, più per le pecore senza pastore, o per quelle inselvatichite, o anche ferite e rognose, che per le 99 pecorelle già in salvo nel suo Ovile.
   Gesù Cristo è stato, è, e sarà, Colui che è Salute per tutti quelli che lo sanno cercare o desiderare.
   Or dunque senza differenza per quelli che sono del gregge e per quelli che non lo sono, sappiate amare, soffrire, operare, pensando che 20 secoli or sono il Cielo si è aperto per concedere non a Betlem o a Nazaret o a Gerusalemme o all'intera Palestina, all'ancor più vasto Israele disseminato per il mondo, il Salvatore e Maestro, ma per darlo a tutti gli uomini.

   Questo è lo spirito di preparazione alla venuta del Cristo, suprema carità di Dio: uno spirito di amore universale perché tutti gli uomini vadano al Regno di Dio, alla casa del Padre.
   A te, poi, spetta un compito d'amore più grande ancora, e tu sai perché e per chi. Ma non ti sconforti la grandezza dell'amore che ti si chiede. Tanto è quello che hai ricevuto. Sii dunque generosa nel dare. Nel dare in tutti i modi. Sino alla consumazione totale. Sii eroica. Sei vittima. Sii eroica. Il tempo passa e la pace viene. Sii eroica. Dopo, tutto ti parrà così poco rispetto a ciò che avrai.
   Alza il tuo spirito! Guarda la gioia che ti viene dal tuo Dio, guarda il tuo Dio che è la tua gioia, e che viene a te per confortarti.
   Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo».

1 ti ha spiegato, in vari punti dell'opera L'Evangelo come mi è stato rivelato, cominciando dai capitoli 1, 5 e 6 nel 
 1°.
 2 te l'ho spiegato, nella lezione sulla Messa della festa di Cristo Re. Il tetragramma, che significa "quattro lettere", era 
il non pronunciabile nome ebraico di Dio formato di quattro consonanti: Jhwh.
 AMDG et DVM

sabato 8 dicembre 2018

«Salve, piena di grazia; il Signore è con te: la benedetta tu sei fra le donne» Luc. 1,28.


Sermone di san Girolamo Prete
Sull'Assunz. della D. V. M.
Chi e quanto grande sia la beata e gloriosa sempre Vergine Maria ci è dichiarato dall'Angelo da parte di Dio quando dice: «Salve, piena di grazia; il Signore è con te: la benedetta tu sei fra le donne» Luc. 1,28. E conveniva che tali doni fossero assicurati alla Vergine, sì da essere piena di grazia lei, che ha dato la gloria ai cielo, il Signore alla terra, che ha fatto risplendere la pace, ha portato la fede alle Genti, un fine ai vizi, una regola di vita, una disciplina per i costumi. E veramente piena, perché mentre agli altri si dona con misura, in Maria invece discese tutta insieme la pienezza della grazia. Veramente piena, perché sebbene la grazia si trovò nei santi Padri e Profeti, non ci fu però nella sua pienezza; in Maria invece discese tutta la pienezza della grazia ch'è in Cristo, sebbene in maniera differente. E perciò dice: «La benedetta tu sei fra le donne»; cioè benedetta più di tutte le altre donne. Ond'è che tutta la maledizione attirata da Eva fu tutta tolta dalla benedizione di Maria. Di lei Salomone nella Cantica, quasi in sua lode dice: «Vieni, colomba mia, immacolata mia. Poiché l'inverno è già passato, la pioggia è cessata e sparita» Cant. 2,10. E poi soggiunge; «Vieni dal Libano, vieni, sarai incoronata» Eccli. 24,5.



Non immeritatamente dunque si invita a venire dal Libano, significandosi per il Libano il candore. Ella infatti era risplendente per i molti meriti e virtù, e più candida della neve, più bianca per i doni dello Spirito Santo, e presentava in tutto la semplicità della colomba; poiché quanto è avvenuto in lei, è tutto purezza e semplicità, tutto verità e grazia; tutto misericordia e giustizia che venne dal cielo; e perciò immacolata, perché al tutto senza macchia. Ella infatti divenne madre, come attesta san Geremia, ma rimanendo vergine. «Il Signore, dice, farà una novità sulla terra una donna chiuderà in sé un uomo» Jerem. 31,22. Novità veramente inaudita, novità delle virtù eccedente ogni altra novità, che un Dio (che il mondo non può contenere, e nessuno vedere senza morire) sia entrato nel seno d'una vergine come in un asilo, senza essere prigioniero di questo corpo; e tuttavia Dio vi sia contenuto tutto intero: e che ne sia uscito lasciando come dice Ezechiele) la porta del tutto chiusa (Ezech. 44,2. Onde si canta di lei nella stessa Cantica «Orto chiuso, fonte sigillata, le tue emanazioni sono un paradiso» Cat. 4,12. Vero giardino di delizie, che aduna tutte le specie di fiori, e i profumi di virtù; e chiuso siffattamente, che né la violenza né l'astuzia possono forzarne l'entrata. Quindi fonte sigillata col sigillo di tutta la Trinità.


Dagli Atti di Papa Pio IX

Ora la vittoria della Vergine Madre di Dio nella sua Concezione sul crudelissimo nemico del genere umano, la quale le divine scritture, la venerabile tradizione, il sentimento perpetuo della Chiesa, l'accordo singolare dei vescovi e dei fedeli, come pure gli atti insigni e le costituzioni dei sommi Pontefici avevano già meravigliosamente illustrato, Pio IX Pontefice massimo annuendo ai voti di tutta la Chiesa risolva di proclamarla solennemente col suo supremo e infallibile oracolo. Pertanto l'otto Dicembre dell'anno mille ottocento cinquantaquattro, nella basilica Vaticana, davanti a una immensa assemblea di Padri di santa Romana Chiesa, di Cardinali e di Vescovi anche di lontanissime regioni, plaudendo l'orbe intero, solennemente proclamò e definì: La dottrina che tiene la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua Concezione essere stata, per singolare privilegio di Dio, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, essere stata rivelata da Dio, e perciò doversi credere da tutti i fedeli fermamente e invariabilmente.


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

AVE MARIA PURISSIMA!

Anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene.

Salve, Sancte Pater, Patriae Lux...

 CAPITOLO II

DELL'ACCETTAZIONE E DELLE VESTI DEI FRATI

[5] Se qualcuno, per divina ispirazione, volendo scegliere questa vita, verrà dai nostri frati, sia da essi benignamente accolto.
E se sarà deciso nell'accettare la nostra vita, si guardino bene i frati dall'intromettersi nei suoi affari temporali, ma, quanto prima possono, lo presentino al loro ministro.
Il ministro poi lo riceva con bontà e lo conforti e diligentemente gli esponga il tenore della nostra vita. Dopo di che, il predetto, se vuole e lo può spiritualmente, senza impedimento, venda tutte le cose sue e procuri di distribuire tutto ai poveri.

[6] Si guardino i frati e il ministro dei frati dall'intromettersi in alcun modo nei suoi affari, né accettino denaro né direttamente né per interposta persona. Se tuttavia fossero nel bisogno, possono i frati ricevere le altre cose necessarie al corpo, ma non denaro, come gli altri poveri, per ragione della necessità.

[7] E quando sarà ritornato, il ministro gli conceda i panni della prova, per un anno, e cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i calzoni e il capperone fino al cingolo. Finito l'anno e il periodo della prova, sia ricevuto all'obbedienza. Dopo di che non potrà passare ad altra Religione, né andar vagando fuori dell'obbedienza, secondo la prescrizione del signor Papa, e secondo il Vangelo, poiché nessuno che mette mano all'aratro e guarda indietro è adatto al regno di Dio.
Se però venisse qualcuno che non può dar via le cose sue senza impedimento, pur desiderandolo spiritualmente, le abbandoni, e ciò è sufficiente.
Nessuno sia ricevuto contro le norme e le prescrizioni della santa Chiesa.

[8] Gli altri frati poi che hanno promesso obbedienza, abbiano una sola tonaca con il cappuccio e un'altra senza cappuccio, se sarà necessario, e il cingolo e i calzoni.
E tutti i frati portino vesti umili e sia loro concesso di rattopparle con stoffa di sacco e di altre pezze con la benedizione di Dio, poiché dice il Signore nel Vangelo: "Quelli che indossano abiti preziosi e vivono in mezzo alle delizie e quelli che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re". E anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene; né cerchino vesti preziose in questo mondo perché possano avere una veste nel regno dei cieli. 

PAX et BONUM