giovedì 9 agosto 2018

QUESITI

Un sacerdote risponde

Altari e riforma della liturgia

      Quesito 

      Mi è capitato di partecipare alla Santa Messa in una Chiesa in cui c'è ancora il vecchio altare, quello che si usava prima della riforma, quando il sacerdote celebrava volgendo le spalle ai fedeli.
      Mossa da curiosità ho fatto chiedere al parroco come mai, è stato risposto che si è in attesa di costruire l'altare nuovo.
      E' necessaria una dispensa particolare per celebrare Messa cosi'? O la questione rientra nella diatriba sulla validità o meno del vecchio rito? ( cosa peraltro che mi è poco chiara, anzi se Padre Angelo fosse cosi' gentile da aprire un topic sull'argomento mi farebbe felice:) )
      Maria

      Ulteriore quesito 

      Ringrazio Maria perché ha preceduto la mia intenzione di intervenire su questo argomento.  Sarei oltremodo lieto che, per amore della verità, Padre Angelo facesse chiarezza su alcuni dubbi:
    
      La S. Messa celebrata secondo il rito introdotto dal papa S. Pio V è ancora valida? D'altro canto il nuovo rito introdotto da papa Paolo VI sostituisce l'antico rito oppure i due riti possono convivere liberamente? E ancora, il nuovo rito è valido?
    
      Per celebrare la S. Messa secondo il rito antico occorre una dispensa particolare oppure no? Perché tante volte viene negata la celebrazione secondo questo rito e nello stesso tempo vengono tollerati abusi durante la celebrazione eucaristica in chiaro contrasto con il Concilio stesso?
    
      I due riti sono espressione dell'Unica Chiesa Cattolica Apostolica Romana oppure solo uno dei due ne è il degno rappresentante?
    
      I seminari che formano sacerdoti in base alla Tradizione bimillenaria cattolica -penso ad es. all'Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote- sono riconosciuti dalla Santa Sede oppure no? I sacerdoti formati in questi istituti hanno "diritto di cittadinanza"? 

      Veritatem facientes in charitate


      Risposta del sacerdote 

      Carissimi Maria e "Veritatem facientes in charitate" 
      
      Le questioni sollevate sono molte. 
      Vedo di risolverle per punti. 
      
      1. La S. Messa celebrata secondo il rito introdotto dal papa S. Pio V è ancora valida? 
      Un conto è la validità e un altro è la liceità. 
      Perché la Messa sia valida è sufficiente che sia celebrata da un ministro ordinato (il presbitero) che abbia l’intenzione di celebrare e che pronunzi le parole consacratorie. 
      Per questo è valida anche la Messa celebrata da un prete apostata, scismatico, eretico, sospeso a divinis
      Perché sia lecita è necessario che il prete non abbia impedimenti canonici e che celebri secondo il rito approvato dalla Chiesa. 
      Ebbene, anche dopo la Riforma liturgica fu concesso ad alcuni preti anziani o infermi di celebrare secondo il vecchio rito, rivisto da Giovanni XXIII nel 1962 (p. Pio da Pietrelcina era tra questi). 
      Oggi, a certe condizioni, è concesso anche ad altri sacerdoti, secondo due indulti concessi da Giovanni Paolo II. 

[Ma la storia continua. In verità dopo il 14.settembre.2007 - per La Lettera Apostolica di sua Santità Benedetto XVI <MOTU PROPRIO DATA> "SUMMORUM PONTIFICUM"  del 7 luglio 2007 - "nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII del 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l'uno o l'altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario" (art.2). Occorrerà leggere tutti e 12 gli Articoli finali della  suddetta Lettera Apostolica di Papa Benedetto XVI.]
    
      2. Perchè tante volte viene negata la celebrazione secondo questo rito?
      Talvolta è stato negato il permesso di celebrare secondo il vecchio rito perché coloro che ne facevano la domanda erano portati a mettere in discussione il valore del magistero della Chiesa (quello del Concilio e quello del post Concilio).
      Ora il Magistero della Chiesa, lo sappiamo bene, ha avuto garanzie da parte di Gesù Cristo e pertanto non va mai messo in discussione.
      Sappiamo a priori che il Magistero non può sbagliare, mentre i singoli si possono sbagliare. Pertanto, quando uno trova il proprio pensiero discordante con quello della Chiesa, il minimo che si possa fare è di dubitare della propria opinione e di aderire fedelmente a quanto insegna la Chiesa.
    
      3. e nello stesso tempo vengono tollerati abusi durante la celebrazione eucaristica in chiaro contrasto con il Concilio stesso?
      La Chiesa è sempre intervenuta circa gli abusi. Anche di recente Giovanni Paolo II ha richiamato circa alcuni abusi con l’istruzione Redemptionis Sacramentum. Ma se i soggetti non vogliono emendarsi, che cosa si può fare?
      Coloro che commettono abusi, sbagliano e non possono essere approvati. Ma non mettono in discussione l’autorità del Magistero.
    
      4. I due riti sono espressione dell'Unica Chiesa Cattolica Apostolica Romana oppure solo uno dei due ne è il degno rappresentante? 
      La risposta è chiara: tutti e due sono espressione dell'Unica Chiesa Cattolica Apostolica Romana. La Chiesa ha celebrato con il primo rito dal 1500 ad oggi. E con il secondo dal 1965 in qua.
      Nella storia della Chiesa l’Eucaristia è stata celebrata e viene ancora oggi celebrata secondo una molteplicità di riti.
      Ma chi decide sulla liceità dei riti non è il singolo, ma l’Autorità della Chiesa.
      Con la nuova riforma liturgica la Chiesa aveva proibito di celebrare secondo il rito precedente, a meno che uno non chiedesse l’indulto. E il motivo era facile da capire: era necessaria una certa uniformità. Bisognava evitare che un prete dicesse: “io prendo il nuovo rito” e un altro facesse il contrario. Ne sarebbe venuta fuori una grande confusione tra i fedeli.
      La Chiesa ha optato per il nuovo rito perché lo ha trovato più espressivo del precedente. Non bisogna dimenticare che i sacramenti sono segni sacri. E i segni devono essere leggibili, comprensibili.
    
      5. I seminari che formano sacerdoti in base alla Tradizione bimillenaria cattolica -penso ad es. all'Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote- sono riconosciuti dalla Santa Sede oppure no? I sacerdoti formati in questi istituti hanno "diritto di cittadinanza"?
      Accuso l’ignoranza: non so nulla dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote e non so, di conseguenza, se sia riconosciuto dalla Santa Sede.
      San Domenico, quando ha fondato il suo Ordine, si è preoccupato per bene di avere al più presto l’approvazione della Santa Sede.
      Se l’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote è riconosciuto, ha certamente diritto di cittadinanza, evidentemente secondo le condizioni sancite dalla Chiesa.
    
      6. Mi è capitato di partecipare alla Santa Messa in una Chiesa in cui c'è ancora il vecchio altare, quello che si usava prima della riforma, quando il sacerdote celebrava volgendo le spalle ai fedeli. Mossa da curiosità ho fatto chiedere al parroco come mai, è stato risposto che si è in attesa di costruire l'altare nuovo. E' necessaria una dispensa particolare per celebrare Messa cosi'?
    
      Non è necessario avere una dispensa per celebrare la Messa con l’altare fissato nel modo tradizionale. In tante chiese non è possibile voltare l’altare verso i fedeli: o perché non lo concedono le belle arti o per la ristrettezza del luogo o per altri mille motivi.
    
      7. O la questione rientra nella diatriba sulla validità o meno del vecchio rito? (cosa peraltro che mi è poco chiara, anzi se Padre Angelo fosse così gentile da aprire un topic sull'argomento mi farebbe felice).
    
      Non è necessario vedere dispute teologiche o liturgiche dappertutto. Il più delle volte l’altare non è stato girato per i motivi che ho esposto.
      Nella Basilica di San Domenico a Bologna, nella Cappella che custodisce i resti mortali di San Domenico, l’altare è un tutt’uno con l’Arca. Non si può girare e sarebbe un insulto al buon gusto girarlo. La stessa cosa per l’altare che forma un tutt’uno con il sarcofago che custodisce i resti di sant’Antonio a Padova o quelli di Sant’Agostino nella Chiesa in Ciel d’oro a Pavia.
    
      Con questa risposta mi auguro di aver reso felice la nostra Maria e sinceramente convinto anche colui che si è firmato Veritatem facientes in charitate.
      Vi accompagno con la mia preghiera e vi benedico. 

      Padre Angelo

      Ulteriore intervento 

      Ringrazio Padre Angelo per le risposte alle domande poste. Personalmente non ho mai messo in discussione il magistero della Chìesa o il Concilio Vaticano II, però ho voluto porre queste questioni per amore della chiarezza e della verità. Non capisco soltanto perché a gruppi che pure sono in comunione con la S. Sede ai quali l'amato Giovanni Paolo II aveva concesso l'indulto, di fatto i Vescovi delle singole diocesi molto spesso negano la possibilità di celebrare la S. Messsa in base al Messale del 1962; considerarato il fatto che nella promulgazione del Novus Ordo papa Paolo VI non ha mai abolito l'antico rito. Di recente, infatti, il Cardinale Medina Estèvez ha dichiarato che quando celebra la S.Messa secondo l'antico rito non chiede il permesso a nessuno in quanto questo rito non potrà mai essere abolito per ragioni giuridiche.Se non sbaglio con la promulgazione del Messale S. Pio V voleva fermare le spinte protestanti, scegliendo il rito romano tradizionale: la Messa quale era celebrata sostanzialmente uguale a Roma fin dai tempi apostolici. Mi sembra che l’antico rito sia più attento all'universalità,al cristocentrismo, a una certa definizione dei ruoli, a una maggiore compostezza, alla tradizione e progresso nella liturgia, al sacrificio della croce che non è una mera ripetizione simbolica. Questi sono pareri di un misero studente, quale sono io, che per quanto possibile si sente in dovere di difendere un patrimonio di fede e spiritualità in obbedienza alla S. Sede.
      _________________
      Veritatem facientes in charitate

      Risposta del sacerdote 

      Carissimo Veritatem facientes in caritate,
      i valori che hai sottolineato, e che emergevano dall’antico rito, sono valori della massima importanza. E la chiesa di oggi è ben consapevole che devono essere sempre tenuti vivi. La discussione dei Vescovi nell’Ultimo Sinodo sull’Eucaristia ne dà testimonianza.
      Sono certo che il documento che il papa consegnerà alla Chiesa probabilmente già nel prossimo anno li presenterà con nuova forza.
      Tra i valori che tu hai indicato io ne sottolineo due.
    
 *  Il primo valore riguarda quella realtà che tu chiami compostezza, e che io chiamerei “gravità” o “grandezza misteriosa” della celebrazione. C’è il pericolo, e non solo il pericolo, che le nostre liturgie eucaristiche siano buttate giù, nelle quali né il celebrante né i fedeli danno l’impressione di penetrare nel mistero.
      Il Concilio di Trento afferma che non vi è azione più sublime e più santa che celebrare l’Eucaristia: “Nullum aliud opus adeo sanctum a Christi fidelibus tractari posse quam hoc tremendum mysterium” (sessione 22).
      La compostezza o gravità nel partecipare all’Eucaristia non si improvvisa, ma va preparata. 

      Qui il discorso diventerebbe quanto mai ampio, perché c’è una preparazione remota e una preparazione prossima da compiere.
      Circa la preparazione remota mi limito ad osservare che il Concilio Vaticano II ha affermato in diversi punti che l’Eucaristia è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana. Tutta la nostra vita dunque dovrebbe essere orientata all’eucaristia da celebrare e dovrebbe essere un proseguimento dell’Eucaristia celebrata. 

      Inoltre c’è la preparazione prossima. Giovanni Paolo II, di santa memoria, si preparava all’Eucaristia stando per mezz’ora prostrato per terra. Dopo l’attentato stava seduto. Ma c’era mezz’ora di preparazione.
      E i nostri sacerdoti? E i nostri fedeli? 
      Il Codice di Diritto canonico ricorda ai sacerdoti la necessità “di prepararsi diligentemente con la preghiera alla celebrazione del Sacrificio eucaristico, e, dopo averlo terminato, di rendere grazie a Dio” (can. 909).
      La stessa cosa va detta per i fedeli.
    
   *   Il secondo valore, che tocca l’essenza stessa dell’Eucaristia, riguarda la perpetuazione del sacrificio della Croce sui nostri altari.
      Istituendo l’Eucaristia, Cristo ha inteso rendere contemporaneo a noi il sacrificio della croce
      San Paolo dice: “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11,26).
      Penso a tanti santi che durante la celebrazione dell’eucaristia si commuovono fino alle lacrime.
      Fu chiesto un giorno a p. Pio da Pietrelcina come mai ci mettesse così tanto tempo per celebrare la Santa Messa. Rispose: “E vi par poco vedere Gesù che muore?”.
      Secondo me è sempre valida la risposta data dal medesimo p. Pio a chi gli chiedeva che cosa fosse per lui la Messa. P. Pio disse: “La Messa è un appuntamento sul Calvario”.
      E a chi gli chiedeva con quali sentimenti si dovesse partecipare all’Eucaristia, rispondeva: “Con i sentimenti della Madonna e di San Giovanni ai piedi della croce”.
      Molto dipende dal celebrante. Secondo l’Istruzione del Messale Romano egli deve celebrare in modo da scomparire e da lasciare in tutti la netta sensazione che in mezzo a loro Cristo perpetua il suo sacrificio per mezzo del sacerdote. Ecco le precise parole: il celebrante “nel modo di comportarsi e di pronunciare le parole divine deve far sentire ai fedeli la presenza viva di Gesù” (n. 93).
      E il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Tutti si riuniscono. I cristiani accorrono in uno stesso luogo per l’assemblea eucaristica. Li precede Cristo stesso, che è il protagonista principale dell’Eucaristia. E’ il grande sacerdote della Nuova Alleanza. E’ lui stesso che presiede in modo invisibile ogni celebrazione eucaristica. Proprio in quanto lo rappresenta, il vescovo o il presbitero (agendo « in persona Christi capitis » - nella persona di Cristo Capo) presiede l’assemblea, prende la parola dopo le letture, riceve le offerte e proclama la preghiera eucaristica” (CCC 1348).
      San Giovanni Crisostomo: “Nessuno partecipi a quegli inni sacri e mistici con un fervore rilassato. Ma ciascuno, sradicando dal proprio spirito tutto ciò che appartiene alla terra e trasferendosi tutto in cielo, come se si trovasse accanto al trono stesso della gloria e volasse insieme ai serafini, offra in questo modo l’inno santissimo al Dio della gloria e della magnificenza” (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, De incomprehensibilitate Dei, 4,5)
    
      Invito tutti a partecipare all’Eucaristia tenendo sempre fisso lo sguardo su Gesù.
      Ringrazio Fabio per l’informazione data sull’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote.
    
      Seguo tutti con la mia preghiera e con un ricordo particolare per tutti i nostri amici e visitatori nella celebrazione della S. Messa.
      Vi benedico.
      Padre Angelo

      Ulteriore intervento 

      Posso confermare che l'istituto di Cristo Re, di cui si chiedeva nel post precedente, é in piena comunione con Roma. Esso ha un seminario a Griciliano in provincia di Firenze, avvallendosi dell'indulto concesso nel 1988 dal Santo Padre celebra tutte le liturgie coi libri liturgici antecedenti il 1962. Quest'anno sono entrati in seminario ben 18 nuovi seminaristi!!
      questo é il sito dell'istituto www.icrsp.com
      Consiglio a tutti gli amanti della bella liturgia di partecipare, almeno una volta, ad una Messa presso il seminario di Griciliano....
    
      cordialmente Fabio

Pubblicato 05.01.2006
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AMDG et DVM

EVAE



EVAE.

"Evae lapsus intulit damnum desperatum,
Et a nobis abstulit gaudium beatum.
Et post Evam contulit Virgini incarnatum,
Quo modo mortem sustulit, diluit peccatum."



AVE MARIA PURISSIMA!

martedì 7 agosto 2018

La vera storia delle apparizioni della Perfetta Vergine Santa Maria Madre di Dio di Guadalupe sul colle del Tepeyac.



Vedi  immagine   Vedi volto
NICAN MOPOHUA
"QUI SI RACCONTA"
la vera storia delle apparizioni
della Perfetta Vergine Santa Maria 
Madre di Dio di Guadalupe
sul colle del Tepeyac.

Le immagini esclusive sono utilizzate dietro precisAutorizzazione
della Basilica di Guadalupe.
http://www.virgendeguadalupe.org.mxIl testo è il NICAN MOPOHUA   di A. Valeriano [1540 - 1548],
il più importante documento su Guadalupe.
Adattamento del prof. Antonino Grasso.
 
  Testo NICAN MOPOHUA La Tilma
 Tutti i quadri Formato flash Formato exe Filmato Torna al sito

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Los misterios de la tilma de Guadalupe

 (de nazaret.tv)


"Maria... Nostra Signora de Guadalupe
schiaccia la testa a satana e salva il tuo popolo.
Maria... Nostra Signora de Guadalupe
raduna i tuoi figli sotto il tuo Manto di stelle."

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Vedi  immagine   Vedi voltoNICAN MOPOHUA
"QUI SI RACCONTA"
la vera storia delle apparizioni
della Perfetta Vergine Santa Maria 
Madre di Dio di Guadalupe
sul colle del Tepeyac.

Le immagini esclusive sono utilizzate dietro precisa Autorizzazione
della Basilica di Guadalupe.
http://www.virgendeguadalupe.org.mxIl testo è il NICAN MOPOHUA   di A. Valeriano [1540 - 1548],
il più importante documento su Guadalupe.
Adattamento del prof. Antonino Grasso.
 
  Testo NICAN MOPOHUA La Tilma
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AVE MARIA PURISSIMA!

PER NON DIMENTICARE L'IMPORTANZA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA


L'HO VISTA, L'HO VISTA

20 gennaioo 1842: Apparizione della Madonna ad Alfonso Ratisbonne 

Giovedì 20 gennaio 1842 verso le 12.45, il giovane Alfonso Ratisbonne accompagna, per pura cortesia, l’amico Teodoro de Bussière nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte in Roma. Mentre l’amico è in colloquio con il Parroco, Alfonso visita curioso, con sguardo freddo ed indifferente la Chiesa, dove si stanno facendo i preparativi per il funerale del conte di Laferronnays. Passati non più di 10 minuti, rientrato in Chiesa, l’amico Teodoro trova Alfonso inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele, profondamente assorto, quasi in estasi. «Ho dovuto toccarlo tre o quattro volte – scrive due giorni dopo al fratello di Alfonso – e poi finalmente volse verso di me la faccia bagnata di lacrime, con le mani giunte e con un’espressione impossibile a rendersi... Poi estrasse dal petto la Medaglia Miracolosa, la coprì di baci e di lacrime e proferì queste parole: “Ah! Come sono felice, quanto è buono Dio, che pienezza di grazia e di felicità!”».1
Passata la commozione del momento, Alfonso viene accompagnato prima in albergo e poi nella Chiesa del Gesù, dal Padre Filippo Villefort che gli ordina di raccontare quanto ha visto e sperimentato. Alfonso, stringendo in mano la Medaglia Miracolosa, con commozione la bacia ed esclama: “L’ho vista, l’ho vista, l’ho vista!”. A stento poi, dominando la forte emozione, continua il suo racconto: «Stavo da poco in Chiesa, quando all’improvviso l’intero edificio è scomparso dai miei occhi, e non ho visto che una sola cappella sfolgorante di luce. In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa. Una forza irresistibile mi ha spinto verso di Lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi: “Così va bene!”. Lei non ha parlato, ma io ho compreso tutto!».1
Nella deposizione del Processo canonico del 18/19 Febbraio 1842, Alfonso completerà: «Alla presenza della SS. Vergine, quantunque non mi dicesse una parola, compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica: in una parola capii tutto!».1
Il 31 gennaio, nella Chiesa del Gesù, Alfonso Ratisbonne fa la sua abiura pubblica tra le mani del Cardinale Patrizi e riceve il Battesimo, prendendo anche il nome Maria. Diventerà Gesuita, Sacerdote e lavorerà con il fratello P. Teodoro, anche lui convertito, fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme.
Alfonso Ratisbonne, penultimo di dieci figli, appartiene ad una famiglia ebrea di banchieri molto facoltosa, ma il cui senso religioso della tradizione ebraica e la fede nell’unico Dio si erano assai affievoliti, cedendo il posto all’interesse per il denaro. Orfano della mamma a quattro anni e del papà a quattordici, Alfonso è seguito dallo zio Luigi, ricchissimo banchiere senza figli, che provvede ai suoi studi. Frequenta il Collegio reale di Strasburgo, poi un Istituto protestante; consegue il Baccellierato in Lettere e quindi, a Parigi, la Laurea in Diritto.
Nella lettera autobiografica del 12 aprile 1842 al Padre Dufriche-Desgenettes, così descrive se stesso: «Amavo solo i piaceri; gli affari mi impazientivano e l’aria degli uffici mi soffocava: pensavo che nel mondo si vivesse solo per godere... Non sognavo che feste e piaceri e ad essi mi abbandonavo con passione... Ero un ebreo solo di nome, poiché non credevo nemmeno in Dio! Non aprii mai un libro di religione, e, nella casa di mio zio, come presso i miei fratelli e sorelle, non si praticava la minima Prescrizione del giudaismo».1
In mezzo a questa povertà spirituale, Alfonso ha due richiami a valori più nobili e degni di essere vissuti. Il primo è la conversione al cattolicesimo (1827) del fratello maggiore Teodoro, più anziano di lui di 12 anni, che diventerà Sacerdote e fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme; il secondo è il fidanzamento (1841) con la nipote Flora, di appena sedici anni, figlia del fratello Adolfo.
La conversione del fratello Teodoro ha suscitato la reazione ostile di tutta la famiglia, come se avesse tradito il suo popolo. Alfonso dal canto suo rompe ogni relazione con lui e, quando Teodoro partendo saluta i familiari, assicurandoli che avrebbe pregato per tutti loro, Alfonso ride sarcasticamente.
Flora Ratisbonne, bella ed intelligente, minore di 11 anni rispetto ad Alfonso, è troppo giovane ed ancora in età minorile. Gli anziani della famiglia decidono di prendere tempo e di allontanare Alfonso da Strasburgo, con un lungo viaggio turistico, dovunque gli sia gradito. Egli decide per l’Oriente, attraverso la Costa Azzurra, l’Italia, Malta e l’Egeo, e Costantinopoli come meta finale. Flora, preoccupata per la sua salute e più per la sua fede ebraica, gli fa giurare di non visitare Roma perché vi perversa la malaria, e perché il centro della cattolicità è un pericolo di perversione.
Invece, per un insieme di contrattempi imprevisti e coincidenze non volute, Alfonso da Napoli giunge a Roma dove, per un semplice atto di cortesia verso il Barone Teodoro de Bussière, amico del fratello, accetta di portare al collo la Medaglia Miracolosa e di recitare la preghiera di S. Bernardo Ricordati piissima Vergine.
La Madonna lo attende nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte il giovedì 20 gennaio, lo abbaglia e lo converte come S. Paolo sulla via di Damasco.
                                                                     
  Don Mario Morra SDB


SPIRITO FAMILIARE



SPIRITO FAMILIARE

Risultati immagini per famiglia al desco
da promuovere oggi 
sia pure nella società attuale che sta per crollare

Ogni famiglia può avere uno spirito di cui beneficiano tutti i membri. Se esso non esiste, i membri non avranno unione vera e ogni occasione sarà buona per allontanarsi dal focolare; se invece esiste, un legame d’unità consoliderà l’affetto degli uni per gli altri e anche quando la vita obbligherà i membri ad allontanarsi, questo legame sarà così forte da mantenere tra tutti un vicendevole aiuto effettivo…

* Ogni famiglia può avere uno spirito di cui beneficiano tutti i membri. Se esso non esiste, i membri non avranno unione vera e ogni occasione sarà buona per allontanarsi dal focolare; se invece esiste, un legame d’unità consoliderà l’affetto degli uni per gli altri e anche quando la vita obbligherà i membri ad allontanarsi, questo legame sarà così forte da mantenere tra tutti un vicendevole aiuto effettivo. Lo sviluppo di questo spirito dipende prima di tutto dai genitori, dalla loro unità d’azione nell’educazione dei fanciulli, dall’esempio continuo del loro completamento, dal modo con cui, via via che i fanciulli crescono, li fanno partecipare ai compiti del focolare e ai propri affanni, e sanno unire il presente al passato, dando ai fanciulli una legittima fierezza dei loro nonni e degli antenati (la vera nobiltà non è quella del nome, ma quella del cuore e dell’onore), dal come sapranno creare un clima di gioia e di confidenza che si manifesta soprattutto nelle ore liete di festa o di anniversari.

* I genitori cristiani desiderano certamente di poter allevare una famiglia numerosa; molti figli, in un certo senso, si possono educare con più facilità; beneficiano gli uni e gli altri di una conoscenza psicologica che gioverà loro più tardi; l’avvicinamento dei caratteri li avrà addolciti e, senza dubbio, la solidarietà che li avrà uniti sarà un prezioso sostegno nelle ore di lotta e di sofferenza.

* Accade sovente, anche nelle migliori famiglie, che vi sia una certa gelosia tra un fanciullo e l’altro, specialmente tra il primogenito e colui che viene immediatamente dopo di lui; questa gelosia sbocca in disaccordi o in fenomeni vari di cui i genitori inutilmente ricercano la spiegazione; spesso la causa profonda è questa: il tuo primogenito s’è trovato per parecchi mesi e a volte per anni al centro dei tuoi pensieri e ha avuto tutto il tuo affetto, cure e gioie; ecco che improvvisamente ha un fratellino o una sorellina. Quale sarà la reazione? Dipenderà da tè in gran parte. Se sembrerà che tu trascuri il primo per badare al secondo, non meravigliarti se quello inconsciamente prova dei sentimenti di diffidenza verso l’altro e anche una certa invidia che può giungere fino all’odio, soprattutto quando la venuta del neonato gli richieda qualche sacrificio cui non è preparato: come ricevere meno carezze materne o dover cedere il suo letto o la camera. Andrea Lichtemberger, nel libro “La sorellina di Trott” ha descritto in modo meraviglioso ciò che può passare nell’anima d’un bimbetto che riceve una sorellina: prima gli avevano parlato della gioia che avrebbe provato; aveva immaginato che la sorellina sarebbe stata una bambina come quelle con cui giocava, invece è un animaletto noioso e piagnucolone. Vorrebbe giocare al cavallo, suonare la tromba e gli si dice: ” Zitto! La sorellina dorme “; desidererebbe che mammina lo prendesse sulle ginocchia come sempre, gli raccontasse una storiella e ascoltasse quello che vorrebbe dirle, invece mamma ha tanto da fare, è impegnata a cullare bebé, a prepararle dei biberon. Non vede altro che bebé, non più Trott… Certamente non l’ama più…

* Sovente, la gelosia dei fanciulli non si manifesta chiaramente e gli educatori sono sconcertati per le tante mancanze di cui non si sanno spiegare la causa. Il primo bimbo ricomincia a bagnare il letto; parlava più o meno bene e ricomincia a balbettare; mangiava da solo e sembra che non sappia più tener in mano il cucchiaio. Infine, non si lascia sfuggire alcuna occasione di bisticciare e di rendersi insopportabile. Il povero primogenito sarebbe certamente incapace di spiegare ciò che passa nella sua testa, ma potrebbe essere racchiuso in questi oscuri ragionamenti: ” Siccome babbo e mamma si occupano di bebé e mi dimenticano, è necessario che imiti bebé per farmi riamare. Se bagno il mio pigiamino bisognerà che mamma mi cambi, se non mangio bisognerà che mamma mi dia l’imbeccata come fa con bebé “. Ogni capriccio è lo sforzo d’una piccola personalità che si crede trascurata e vuole ad ogni costo attirare su di sé l’attenzione.

* I genitori attenti continuano ad essere solleciti per il primogenito alla nascita del secondo, alcuni offrono dei giocattoli da parte del neonato, gli fanno comprendere che all’arrivo del secondo è diventato più importante e manifestano questa distinzione con qualche segno esterno: comperandogli un nuovo abito, ammettendolo a mangiare a tavola con papa. Ecco come una mamma ha risolto il problema: ” Non credo che Giovanni sia stato mai geloso di suo fratello. È anche vero però che ho fatto attenzione per non dargliene l’occasione. Così se rientro dal giardino tenendo in braccio Andrea, do l’altra mano a Giovanni; se, giungendo Giovanni, ho Andrea sulle ginocchia, li metto su entrambi, uno per parte. Così sembra che Giovanni abbia un’idea precisa dell’uguaglianza tra loro due. Una volta che facevo giocare Andrea al cavalluccio, pensai fra me: non bisogna dimenticare Giovanni. Depongo Andrea e prendo Giovanni. Avevo appena detto: “Al galoppo!” che discende dalle ginocchia dicendomi: “Ora Andrea.’” Abbraccio Giovanni nel letto: “Anche l’altro”, mi dice. Se lavo la biancheria di Andrea, viene anche Giovanni a vedere se vi è qualcosa per lui “. ” Ho pensato che potrebbe dispiacere a Giovanni vedere usare la sua roba dal fratello; così quando Andrea è diventato troppo grande per la culla, ho cominciato col dare a Giovanni un letto grande e relegare il suo lettino nel solaio per tre mesi. Quando l’ho ripreso, per farvi dormire Andrea, Giovanni non ha più pensato che fosse il suo “.

* Se si vede che i ragazzi vanno d’accordo tra loro non bisogna metterli in contrasto: bisogna fare attenzione a non dire quelle frasi comparative che rischiano di suscitare gelosie e in uno di essi un complesso di inferiorità. 

* Non dite a un ragazzo: ” Guarda come è saggio tuo fratello… sforzati di essere gentile come tua sorella… “. Niente di peggio per suscitare gelosie, e poi quale ingiustizia! perché i due ragazzi non hanno lo stesso temperamento, ne le stesse reazioni; come se si dicesse a un bruno: ” Diventa biondo come il vicino “. 

* Se due fanciulli sono gelosi l’uno dell’altro direte: ” Bene, domani porterò una bilancia di precisione… “; oppure: ” Dimmi se vuoi essere servito con più abbondanza perché hai fame o perché ti piace questo dolce, ma non perché tuo fratello ha ricevuto più di te; questo non c’entra con ciò che hai ricevuto tu. Se sei soddisfatto non ti lamentare; se non lo sei ridammi la tua parte “.

* Quando due bambini disputano, direte: ” Non avete ragione nessuno dei due a disputare, è troppo tardi per sapere chi ha cominciato. D’altra parte ciò non ha importanza. Da ora, chi ricomincerà avrà torto “. 

* Accade a volte che i fanciulli si denunzino a vicenda. Bisogna innanzi tutto insegnare al fanciullo a distinguere denunzia utile e inutile: è utile soltanto quella che permette di giungere a tempo per evitare qualche incidente o una grossa birbonata: è inutile invece quella che ha per scopo di accusare malignamente il fratello o la sorella. Quando i genitori diranno a chi fa la spia: ” Sarà meglio che venga ad accusare te stesso quando manchi; poiché ora si tratta di un altro, non è te che devo ascoltare “, il piccolo certamente non avrà voglia di ritornare.

* Bisogna ripetere ai figli, che li amate tutti ugualmente e particolarmente: non vi potrà essere rivalità dove non v’è preferenza. 

* Bisogna lasciar parlare i fanciulli a tavola?
Ecco la risposta del dottor Arthus: ” Mi si è chiesto sovente il parere se conviene o no lasciar parlare i fanciulli a tavola. Ho risposto sempre pressappoco così: credo che non bisogna lasciar parlare a vanvera, ma è inutile e insieme crudele voler imporre loro il silenzio durante tutto il pasto. Parlando troppo, mangiano male; se non parlano si annoiano e il pasto familiare diventa una fatica, cosa che non è migliore. D’altra parte, l’ora dei pasti non è il momento in cui papa si può trovare con i suoi figli che vede così poco durante il resto della giornata? Se li tiene cari e gli interessano, cerchi di insegnar loro delle cose nuove che possono interessar loro, non lui; li ammaestri a parlare bene con chiarezza, precisione e interesse. Perché ciò sia possibile è necessario che non si parli da tutti confusamente, ma che ci sia un ordine e una disciplina. Bisogna soprattutto creare un’atmosfera gaia, accogliente che faccia desiderare di trovarsi insieme “.

* È ben inteso che a tavola non bisogna mostrare il viso annoiato o scontento; non si potrà mai immaginare quante malattie di stomaco possano causare certi pasti familiari in cui l’atmosfera è pesante e i cuori chiusi.

* Non bisogna mai permettere che i giovani disprezzino o commiserino le sorelle né che queste vengano prese da un senso di inferiorità o dal desiderio di mascolinizzarsi per non sembrare da meno dei fratelli. Se la giovane infatti è meno forte del ragazzo, deve saper sfruttare ragionevolmente altre buone qualità in suo vantaggio: finezza di intuizione, pazienza, abilità per i lavori domestici, grazia, flessibilità, ecc… Avendone coscienza acquisterà così un sentimento di compenso che rimetterà favorevolmente le cose a posto. 

* Inconsciamente, tra il minore e il primogenito si può scavare un fossato additando continuamente il più grande come modello, o comandando al primogenito di occuparsi del più giovane, o di lasciarsi menare per il naso da lui senza protestare, sotto pretesto che è più giovane. 

* Bisogna anche evitare di far pesare al più giovane la sua qualità di secondogenito, non permettendogli, per esempio, di aver cose in proprio o non procurandogli mai un vestito nuovo. Un fanciullo che era condannato a portare sempre i vestiti del fratello mentre questo ne riceveva dei nuovi, si lamentava così con Dio: ” Mio Dio, fa’ che mio fratello strappi il suo vestito, onde non sia obbligato a portarlo “.

* Ogni bambino ha la sua personalità. Cercate che ognuno si possa intrattenere con voi da solo. Se uno di essi in vena di confidenza con voi si dilungherà, lasciatelo fare, non interrompetelo, anche se avete un’occupazione urgente. Se un fanciullo vi confida un segreto, non traditelo. Sforzatevi ogni tanto di uscire a turno con uno dei vostri figlioli.

* Non mettete in ridicolo i vostri bambini se volete conservare la loro fiducia

AVE MARIA PURISSIMA!