sabato 17 marzo 2018

GESU' TI AMO


Coroncina del << Ti amo >>

O Conchiglia... spandi nel Mondo come tu sai i tanti << Ti amo >>.

Desidero un coro mondiale che Mi canti l'amore più puro che esiste
e desidero il vostro ardore e la vostra semplicità del cuore.

Vi voglio con Me per sempre.

Recitate Credo, Pater, 3 Ave Maria

Sui grani grossi del rosario: Gloria
Sui grani piccoli del rosario: Gesù Ti amo
Alla fine: E' vero, sai che Ti amo Gesù e Ti loderò per sempre.
Amen.



AMDG et DVM

Martire della Fede. / Memorie Card. József Mindszenty

SERVO DI DIO

Card. József Mindszenty  

SERVO DI DIO JÓZSEF MINDSZENTY

Dies natalis: 6 maggio 1975

Nacque il 29 marzo 1892 a Csehimindszent. Frequentò il liceo a Szombathely e fu ordinato sacerdote nella stessa città il 12 giugno 1915. 

Il suo primo libro fu pubblicato sotto il titolo «La madre». L'insegnante di religione, che svolse un'attività molto intensa, fu arrestato senza motivo dal governo della rivoluzione comunista il 9 febbraio 1919 e poi venne internato nel suo villaggio natale. Dopo il fallimento della dittatura del proletariato divenne parroco della città di Zalaegerszeg, sotto la richiesta unanime degli abitanti. 

Costruì conventi per gli ordini religiosi, fondò scuole e residenze, creò associazioni, una tipografia, case per i bisognosi e pubblicò un giornale. Rappresentò gli interessi dei suoi fedeli all'interno degli organismi politici locali. A Zalaegerszeg svolse un'attività pastorale, culturale e organizzativa senza eguali. In quel momento era già conosciuto in tutta l'Ungheria. Pubblicò il suo secondo libro sotto il titolo «La vita e l'epoca di Márton Padányi Bíró, vescovo di Veszprém».

Il 4 marzo 1944 divenne vescovo di Veszprém e, nell'esercizio di tale funzione, redasse il «Memorandum dei vescovi dell'Ungheria occidentale», firmato anche dal Beato Vilmos Apor, vescovo di Győr. 
Proibì la celebrazione della messa di ringraziamento chiesta dalle autorità di Veszprém in occasione della deportazione degli ebrei della città. Non dovette aspettare la risposta a lungo: fu arrestato ed incarcerato, insieme ai sacerdoti e seminaristi che cercavano di difenderlo, all'ordine del governo delle Croci frecciate. Fu liberato nell'aprile del 1945, dopo quattro mesi di prigionia.

Il 2 ottobre 1945 Papa Pio XII lo nominò arcivescovo di Esztergom. Il motto del suo stemma episcopale (Pannonia Sacra) e la sua figura principale, Santa Margherita d'Ungheria simboleggiano la fiducia incrollabile che riponeva nella potenza della preghiera e dell'espiazione. 
Fu sempre pastore fedele della sua Chiesa, portavoce audace della libertà del suo popolo sia in Ungheria che all'estero. Fu sempre il primo a mitigare la carestia e ad appoggiare la ricostruzione. 
Percorse instancabilmente la sua diocesi e tutto il paese, per rafforzare la fede e l'identità ungherese dei suoi fedeli. Una delle sue iniziative pastorali più significative fu l'anno di preghiera e di espiazione che proclamò nel 1947 in onore della Madonna. 
Difese i perseguitati: i soldati in prigionia ed i civili, gli internati, i detenuti politici, gli ungheresi perseguitati in altri paesi e gli abitanti tedeschi d'Ungheria.

La nascente dittatura comunista non sopportò a lungo la sincerità, la popolarità e la resistenza di Mindszenty. Poté esercitare il suo ministero come vescovo soltanto per tre anni. 
Fu arrestato il 26 dicembre 1948 e dopo varie settimane di torture fu condannato all'ergastolo sotto false accuse. Il suo incarceramento fu l'inizio dei quarant'anni della persecuzione della Chiesa cattolica ungherese.

Fu liberato dalla prigione grazie alla rivoluzione del 1956, il suo ritorno fu una delle condizioni che i rivoluzionari pretesero. Il soffocamento violento della rivoluzione diede inizio alla sua semi-prigionia, durata quindici anni, presso l'ambasciata americana. 

Nel 1971 prese sulle spalle la croce più pesante della sua vita quando obbedì alla richiesta di Papa Paolo VI e lasciò il suo paese. Si stabilì nel collegio Pázmáneum di Vienna. Nonostante la sua età avanzata, percorse il mondo senza pensare alla fatica che ciò presupponeva e visitò le comunità degli ungheresi esiliati sparsi ovunque. Pubblicò le sue Memorie nel mondo libero. Rese la sua anima a Dio il 6 maggio 1975.

Provvisoriamente fu sepolto nella chiesa di Mariazell, ricca di memorie ungheresi. Il 4 maggio 1991, dopo il crollo della dittatura in Ungheria, fu sepolto nella cripta della basilica primaziale di Esztergom, come aveva richiesto nel suo testamento. È stato riabilitato nel 1956 e nel 1990 ed ha ricevuto la riabilitazione legale, morale e politica completa nel 2012. Sin dal crollo del comunismo vengono continuamente pubblicati libri, film, opere letterarie e musicali che presentano la sua vita. Tutte le tappe importanti della sua vita e del suo servizio storico sono segnate da statue, monumenti e lapidi.

Il Servo di Dio József Mindszenty gode di una venerazione continua da molti decenni e la sua tomba è meta costante di molti pellegrini. Il suo processo di canonizzazione è cominciato nel 1994 e centinaia di migliaia di persone, sia in Ungheria che in tutto il mondo, pregano per la sua canonizzazione: sono una comunità orante  più di un milione di ungheresi in preghiera di riparazione, frutto della sua richiesta come primate del paese.


*
Numero di protocollo: 1909

Processo diocesano
Diocesi competente: Arcidiocesi di Esztergom-Budapest
Vescovo competente: Cardinale László Paskai, Cardinale Péter Erdő, primate e arcivescovo
Postulatore: János Szőke SDB
Processo diocesano: 19 marzo 1994 – 31 luglio 1996

Processo presso la Santa Sede
Postulatore presso la Santa Sede: Andrea Ambrosi
Riconoscimento della validità del processo diocesano: 8 novembre 1999

Riconoscimento papale delle virtù eroiche: Riconoscimento papale del miracolo attribuito alla sua intercessione:
Preghiamo per la sua beatificazione!
Padre celeste, Tu accetti volentieri i sacrifici dei tuoi fedeli
che te li offrono uniti al sacrificio di Cristo
per dare compimento «a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Accetta benignamente le umiliazioni ed i sacrifici sofferti dal tuo servo, il cardinale József Mindszenty,
che nella sua vita te li offrì per la Chiesa e il popolo ungheresi.
Concedici che le sue sofferenze continuino ad essere sacrificio a te gradito per la Chiesa e Ungheria.
Ci uniamo a lui e ti offriamo le nostre preghiere e i nostri sacrifici di espiazione
per il rinnovamento spirituale del popolo ungherese.
Secondo la tua volontà santa, concedi al tuo fedele popolo ungherese
poter venerarlo quanto prima tra i santi della nostra Chiesa.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Preghiera breve per la canonizzazione del Servo di Dio
O Dio, che scegliesti il Cardinale József Mindszenty
come vescovo e pastore fedele fino alla morte in tempi di persecuzione,
e testimone della verità e della carità,
ti preghiamo di concedere al tuo popolo fedele di
poter venerarlo quanto prima tra i santi della nostra Chiesa.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Si pregano coloro che ottengano delle grazie per mezzo della sua intercessione di inviarne comunicazione all'indirizzo di sotto:
Ufficio dell'Arcidiocesi di Esztergom-Budapest
1014 Budapest, Úri u. 62.
Ulteriori informazioni:
http://www.fidelissimuspastor.hu/



AMDG et DVM

SUOR RITA MONTELLA "dello Spirito Santo"

L'attentato del 13 maggio 1981. La storia completa

L'ATTENTATO A GIOVANNI PAOLO II
del 13 maggio 1981



1.   Il fatto raccontato da Antonio Socci

     Si dichiara che riguardo all’autenticità della cosiddetta “bilocazione” e di altri fenomeni di origine non naturale, descritti nel seguente racconto, il giudizio definitivo spetta alla Chiesa. Noi intendiamo attenerci a tale giudizio e il lettore è libero di prestare ai fenomeni citati una fede puramente umana, in base ai Decreti di Urbano VIII e della Congregazione per la Dottrina della Fede.


     Il 13 maggio 1981, verso le ore 17,17, in piazza San Pietro a Roma, un killer turco inviato da forze oscure e potenti, Mehmet Ali Agca, sta per sparare al Papa Giovanni Paolo II. Il ventitreenne "lupo grigio" è un professionista, è un ottimo tiratore, è lì per uccidere, si trova dietro la prima fila, a distanza molto ravvicinata (solo tre metri dal Santo Padre). E' molto calmo e determinato, dunque il bersaglio, indifeso ed esposto davanti a lui, non ha scampo.
     Ma allora come e perchè l'assassinio è fallito? Se l'avesse ucciso - e le probabilità erano il 99,99 per cento - il suo pontificato sarebbe stato soffocato agli albori. La storia della Chiesa sarebbe stata molto diversa, ma soprattutto lo sarebbe stata la storia mondiale, perchè il ruolo che il "papa polacco" ebbe nel successivo crollo incruento del comunismo fu colossale, decisivo. Tutto dunque sarebbe andato diversamente e, di certo, molto più drammaticamente per l'intera umanità.
     Ripeto dunque la domanda: come e perchè quell'assassinio è fallito? Chi impedì al killer di perpetrare quell'omicidio ormai a portata di mano alle 17,17 di quel giorno in piazza San Pietro, il luogo che aveva visto, diciannove secoli prima, il martirio dell'apostolo Pietro?
     Papa Wojtyla ha sempre affermato di essere stato salvato da un intervento soprannaturale della Santa Vergine. Ne danno testimonianza l'icona della Madonna che ha fatto dipingere sopra piazza San Pietro, nel punto dove si consumò il crimine, e una pallottola - di quell'attentato - che il papa volle portare l'anno successivo come ex voto al santuario di Fatima per farla incastonare nella corona della Regina della pace. In effetti il giorno dell'attentato era la festa della Madonna di Fatima, l'anniversario della prima apparizione (avvenuta il 13 maggio 1917). E' una simile coincidenza fa davvero pensare a una soprannaturale protezione sul papa scampato alla morte.

                                                              

     E' davvero inspiegabile che un killer professionista, molto abile e determinato, abbia fallito a distanza ravvicinatissima un bersaglio così facile e indifeso sparando solo due colpi. Anche la traiettoria del proiettile che colpì al ventre il Santo Padre sembrò innaturale, anzitutto ai chirurghi. Che una mano misteriosa abbia deviato la pallottola per salvare la vita del papa non è solo una persuasione soggettiva di Karol Wojtyla, è un fatto oggettivo, in un certo senso scientificamente acclarato: "Il professor Crucitti aggiunse di aver osservato una cosa 'assolutamente anomala e inspiegabile'. La pallottola si era mossa, nel ventre del papa, a zigzag, evitando gli organi vitali. Era passata a un soffio dall'aorta centrale: se l'avesse raggiunta, il Santo Padre sarebbe morto dissanguato ancora prima di arrivare in ospedale. Aveva evitato la spina dorsale e tutti gli altri principali centri nervosi: se li avesse colpiti, Giovanni Paolo II sarebbe rimasto paralizzato. 'Sembra' concluse il professore 'che quella pallottola sia stata guidata per non provocare danni irreparabili'."

     Per questo il 13 maggio 1994, parlando ai vescovi italiani, Giovanni Paolo II potè ragionevolmente affermare: "fù una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte (...) Il proiettile mortale si fermò e il papa vive - vive per servire!".
     Che quella mano misteriosa appartenga alla Madre di Dio, di cui quel giorno si celebrava l'apparizione a Fatima, era per papa Wojtyla una certezza. " Sono stato a Fatima per ringraziare la Madonna" ha scritto in Memoria e identità. In effetti quel giorno, il 13 maggio 1982, primo anniversario dell'attentato, dichiarò: " Ho visto in tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione materna della Madonna. In questa ora, quì nel santuario di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: Totus Tuus - " tutto tuo" o Madre!". Il papa ha poi ripetuto in varie occasioni: " una mano ha sparato, un'altra mano ha deviato la pallottola".
     Nessuno, ovviamente, ha mai cercato testimoni di quell'intervento soprannaturale. Nessuno poteva immaginare che una mano avesse fisicamente impedito ad Agca di sparare i colpi decisivi. Finché un giorno di luglio del 2007 mi sono imbattuto in alcuni documenti che avevo ricevuto nel maggio del 2005, accantonandoli senza prestarvi attenzione.

     Sistemando dei libri ho aperto un incartamento che neanche sapevo di avere e che conteneva la straordinaria vicenda di Cristina Montella, la "bambina" di padre Pio. Mi tuffo nella lettura, scopro un continente sconosciuto. E dopo qualche giorno mi metto alla ricerca di colui che ha raccolto tante testimonianze e documenti straordinari su di lei.
     Un caldo e luminoso giorno di agosto percorro in macchina verso sud la valle spoletana, che corre sotto Assisi. Sembra di essere in pellegrinaggio: sfioro Santa Maria degli Angeli con la grande basilica che contiene la Porziuncola, poi Rivotorto (una chiesina costruita sopra la stalla in cui Francesco visse alcuni mesi con i suoi compagni), quindi Spello, infine Trevi. E, dirigendomi verso Montefalco, nel mezzo della campagna trovo il santuario della Madonna della Stella.
     Vive quì il padre passionista Franco D'Anastasio, un raffinato biblista che è stato per anni rettore del santuario San Gabriele dell'Addolorata. Proprio sul santo e specialmente sulla sua "presenza carismatica" ha scritto una quantità di pregevoli opere che fanno di lui oggi il suo maggior biografo e storico. Uno dei suoi libri recenti è dedicato alle analogie fra San Gabriele e padre Pio.
     Ma negli ultimi anni padre D'Anastasio ha portato a termine una imponente ricerca storica, raccogliendo una montagna di documenti e testimonianze, sulla figura di suor Rita Montella (al secolo Cristina Montella), monaca agostiniana morta in fama di santità il 26 novembre 1992 nel monastero di clausura di Santa Croce sull'Arno, in Toscana.

                                                                            

     La vita di suor Rita, anzi soprattutto la sua vocazione, così piena di doni, di carismi superiori ( a cominciare dalla bilocazione), è intrecciata fin dall'inizio a quella di padre Pio e particolarmente alla sua "azione riparatrice". Il suo legame con il santo cappuccino è speciale, come vedremo, ed è documentato e testimoniato fra l'altro da padre Teofilo dal Pozzo - stimatissima e autorevole figura di francescano - che fu direttore spirituale di suor Rita e superiore della provincia cappuccina di Foggia, quindi superiore diretto e amico di padre Pio,
     Padre Teofilo fu un testimone diretto delle misteriose "missioni" congiunte di padre Pio e di suor Rita. E fu in modo rigoroso e profondo il primo a verificare i carismi e la santità di vita di suor Rita, insieme ad altri autorevoli religiosi e religiose. Padre D'Anastasio, raccogliendo tutte queste testimonianze, a potuto però attingere anche alla sua conoscenza personale della suora da cui, nel corso degli anni, ha appreso informazioni importanti. Una delle quali davvero sconvolgente, riguarda l'attentato a Giovanni Paolo II di cui per altro suor Rita era coetanea.
     Suor Rita, subito dopo il 1981, in un colloquio confidò a padre Franco - facendogli promettere di tenere il segreto almeno fino alla morte di lei - di essere stata presente in bilocazione in piazza San Pietro quel 13 maggio 1981. Ma c'è di più : "Assieme alla Madonna deviai il colpo dell'attentatore del papa". Queste le sue testuali parole.
     Si tratta di una rivelazione che ovviamente lascia sconcertati, che può essere presa in esame solo considerando l'assoluta affidabilità di questa religiosa, la sua vita santa e i doni soprannaturali che ebbe e che sono testimoniati da persone del tutto degne di fiducia a cominciare da ciò che di lei attestò san Pio da Pietrelcina il quale, come vedremo, proprio con suor Rita ha compiuto alcune delle sue imprese straordinarie.
 
     (...) A questo sconcertante segreto peraltro si aggiunge un'altra breve frasetta che suor Rita si lasciò sfuggire - in una diversa circostanza in modo indipendente - alla signora Gabriella Panzani, da tanti anni amica della religiosa. Dunque suor Rita un giorno, mentre si parlava dell'attentato al papa, disse: "Quanto ho dovuto faticare perchè non avvenisse di peggio".
      Un flash che lascia intravedere il drammatico "prezzo" d'amore che dev'essere stato pagato, fatto di preghiere e di durissime penitenze che questa mistica prendeva su di sè al posto di altri, in questo caso per riparare a un immane sacrilegio. Siamo in quella dimensione di "espiazione vicaria" che suor Rita visse eroicamente e che permise anche a padre Pio di strappare al Cielo tante grazie per gli esseri umani sofferenti e per la Chiesa. Quella frase inoltre ci fa intravedere la risposta a un'obiezzione che viene naturale fare: ma perchè mai il Cielo, per salvare il papa, avrebbe dovuto aver bisogno di una piccola suora di clausura sconosciuta a tutti? la prima risposta ovviamente è che i disegni di Dio sono imperscrutabili. Forse in questo caso il Cielo potrebbe aver voluto che una persona desse testimonianza di quello che la Madonna ha operato. Ma un frammento della risposta potrebbe stare anche nel fatto che suor Rita era una creatura terrena, appartenente alla Chiesa militante, e dunque poteva offrire e offrirsi per ottenere alla Chiesa e al mondo quella immensa grazia. Solo gli uomini che sono in questa vita possono farlo e così hanno un "potere" straordinario. Padre Pio sosteneva che l'unica cosa che gli angeli ci invidiano infinitamente è la sofferenza e l'offerta, perchè è il modo più forte e sincero di dire a Dio: "Ti amo davvero!".
     Vedremo con padre Pio che infinito valore ha - agli occhi di Dio - la sofferenza umana offerta con amore, vedremo quanto sia capace di commuovere il suo Cuore e far "violenza" alla sua giustizia ("il Regno di Dio appartiene ai violenti [Mt 11,12]"). In questo caso per ottenere una grazia immensa: la salvezza di un grande papa.
     Di una simile, clamorosa rivelazione che conferme possiamo cercare? pensavo che non ce ne potessero essere di alcun genere, trattandosi di un evento soprannaturale. Ritenevo che non avesse senso neanche cercarle. Sennonchè una sorprendente conferma potrebbe averla data inconsapevolmente - senza sapere nulla di tutta questa storia - proprio il protagonista dell'evento, l'attentatore Mehmet Ali Agca. Al giudice istruttore Ilario Martella che lo interrogava, nel corso della seconda indagine giudiziaria sull'attentato, ha così descritto quello che accadde: "era mio preciso intendimento uccidere il papa. Questo era il mandato che mi era stato affidato, tant'è che ho sparato solo due colpi perchè accanto a me c'era una suora che a un certo momento mi ha preso il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io avrei ucciso il papa."

                                                                            

     Quando ho letto queste parole mi è sembrato di ravvisarvi una notizia clamorosa che pare sia sfuggita all'attenzione: una suora che ha sventato l'assassinio. E' stato inevitabile pensare a suor Rita. Per la verità si era subito diffusa la notizia di una suora che aveva ostacolato Agca mentre sparava. Ce ne traccia sui giornali del tempo. Lo ha ricordato per esempio Adriano Sofri in un suo articolo dedicato appunto alle suore: "Nel pomeriggio dell'attentato in piazza San Pietro, si disse che una suora si era gettata addosso ad Ali Agca per deviarne il colpo".
     Ma, a quanto pare, tutti hanno sempre sovrapposto la figura della suora di cui parla Agca, quella che gli afferrò il braccio, all'altra che poi ne bloccò la fuga. Un errore forse dovuto al fatto che l'unica suora reperibile e identificata dalla polizia sul posto è stata la seconda, che ha pure testimoniato al processo. Della prima ifatti non c'era traccia, non fu identificata dalla polizia, non era rimasta in piazza San Pietro dopo aver afferrato il braccio destro dell'attentatore impedendogli di sparare altri colpi. Si era come volatilizzata. Stiamo sfiorando - come ben si capisce - il mistero, il soprannaturale e certo qualcuno storcerà il naso. I mistici, come dice Jean Guitton, sconvolgono le nostre presunte certezze fisico-matematiche perché spalancano davanti a noi altre dimensioni, ci fanno intuire quanto sia corta la nostra vista e lasciano irrompere l'Eterno nell'istante presente.
     Così diventa comprensibile perfino l'impossibile: la notizia di una suora che vive in un monastero di clausura in Toscana e che, in bilocazione, un giorno, impedisce all'attentatore del papa di sparare ancora. Del resto le testimonianze sulle bilocazioni di suor Rita e di padre Pio, come vedremo, sono tante e indiscutibili. Inoltre i fatti sono obiettivamente concordanti con la "rivelazione" relativa a suor Rita. Il primo è la confessione di Agca che parla di una suora che gli prese il braccio impedendogli di sparare altri colpi. Il secondo fatto è la testimonianza di quella "suor Lucia" che bloccò la fuga di Agca.
     Non è stato facile raggiungerla (peraltro indirettamente). Sapevo che vive in un convento di Genova, ma non parla con i giornalisti. Però recentemente il 10 gennaio 2006, ha scritto un suo ricordo dell'attentato per "L'eco di Bergamo". Suor Lucia Giudici - che in realtà da religiosa si chiama suor Letizia - scrive: "Sì, è toccato proprio a me acciuffare Ali Agca che tentava di fuggire dalla piazza dopo aver sparato al Santo Padre. Ho atteso invano quel giorno che qualcuno lo bloccasse, ma tutti i pellegrini e turisti in quel momento erano allibiti e sconvolti nell'osservare il papa che ferito gravemente veniva trasportato all'ospedale Agostino Gemelli. Tutto si svolse in una manciata di minuti ed io istintivamente ho cercato il momento per bloccarlo e tenerlo fino al momento di consegnarlo alla polizia".
     Suor Lucia qui non dice affatto di essersi trovata accanto all'attentatore e di avergli afferrato il braccio, anzi colloca il suo gesto dopo che l'attentatore ha sparato, mentre sta fuggendo. Dunque fornisce una risposta. Ma occorre capire precisamente quanto lei era distante dal killer turco. Come fare ? Apprendo che suor Lucia è originaria di un paesino della bergamasca e che, nei giorni in cui sto scrivendo, si trova lì in vacanza. Grazie alla preziosa collaborazione di Ettore Ongis, direttore dell' "Eco", riesco a farla raggiungere il 23 agosto 2007 alla messa delle ore 18 e lì, informalmente, fornisce una spiegazione precisa che mi sembra definitiva. Eccola: Ali Agca si trovava davanti alla suora, a una distanza di circa 10 metri. Lui ha sparato i due colpi, poi si è voltato e ha cominciato a scappare dirigendosi verso il colonnato del Bernini, cioè verso di lei. Siccome nessuno lo fermava, lei ha allargato le braccia per sbarrargli la strada. Lui allora le ha puntato la pistola ma, muovendosi per tornare indietro, ha perso l'equilibrio e a quel punto lei l'ha bloccato finchè non sono arrivati altri e poi dei carabinieri che l'hanno ammanettato.
     Quindi adesso è certo: suor Lucia si trovava lontano da Agca al momento degli spari, stava a dieci metri, dunque non era lei la suora che - secondo le parole dell'attentatore - "a un certo momento mi ha preso il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io avrei ucciso il papa". Ma se non era suor Lucia, chi sarà stata quella suora che non fu mai identificata sul posto dalla polizia perchè, dopo l'attentato sembra essersi volatilizzata da piazza San Pietro ?
     Padre Franco D'Anastasio oggi può rivelare la confidenza ricevuta da suor Rita perchè lei è morta nel 1992. Quindi non è piu' tenuto al segreto.
     (...) Del resto suor Rita ha dato anche altri elementi interessanti a padre d'Anastasio subito dopo l'attentato. Li riassumo in sintesi: "L'attentatore non parlerà. Le pallottole che ferirono il Santo Padre erano avvelenate. Lui era con altri due che sono fuggiti. C'era una trama internazionale contro il papa e la chiesa". Tutti i flash che poi hanno trovato puntuale conferma nelle indagini della magistratura e negli eventi successivi.

                                  (da Antonio Socci, Il segreto di Padre Pio, Rizzoli 2007, pp. 9-20, con il permesso dell'autore)




2.  Valutazione del racconto fatto da Antonio Socci.
     Secondo il parere del sacerdote passionista Padre Franco D’Anastasio, teologo, importante testimone e biografo di Suor Rita, Socci nel suo libro ha esposto con precisione e in modo esauriente i fatti riguardanti l’intervento di Suor Rita nell’attentato a Giovanni Paolo II.
     L’unica inesattezza si riscontra nel passo seguente (contenuto nell’Antefatto del libro di Socci, alle pagine 19-20, ma non riportato nei brani presi dal libro e citati qui sopra):  “Nel 2007 il cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e già segretario del pontefice polacco, ha fatto chiamare padre D’Anastasio e gli ha chiesto di rilasciare sotto giuramento la testimonianza sull’attentato e le parole ascoltate da Suor Rita per il processo diocesano di beatificazione di Karol Wojtyla che si era aperto a Cracovia”.

                                          

     In verità il cardinale Stanislao Dziwisz non "ha fatto chiamare” Padre Franco D’Anastasio a Cracovia, né gli “ha chiesto” di rilasciare la testimonianza sulle parole di Suor Rita, ma ha ricevuto inaspettatamente per posta nel 2006, dietro notifica e lettera accompagnatoria di un sacerdote, in occasione del venticinquesimo dell’attentato al Papa, la dichiarazione firmata da Padre D’Anastasio, controfirmata da un notaio, nella quale venivano riportate le testuali parole che erano state riferite di persona da Suor Rita Montella, quando era viva, a Padre Franco D’Anastasio stesso.
     Il cardinale, a sua volta, in data 21 giugno 2006, ha risposto ringraziando per l’informazione ricevuta e attestando che l’avrebbe fatta pervenire a Roma (non a Cracovia) a Mons. Slawomir Oder, Postulatore della Causa del Servo di Dio Giovanni Paolo II.
     A parte questa imprecisione di poco valore (che già abbiamo fatto presente all’autore), il resoconto steso da Antonio Socci nell’Antefatto del suo libro è molto positivo, merita una lettura attenta e grande considerazione.
     Le copie autentiche dei documenti sopra citati, cioè la dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio e la lettera del cardinale di Cracovia, sono nelle nostre mani.



3.  Il testo della dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio.
     La dichiarazione è stata rilasciata “a tutti gli effetti e conseguenze esclusivamente delle leggi ecclesiastica e canonica” il 10 maggio 2006.
     In essa Padre D’Anastasio afferma che “in occasione di un incontro alla fine dell’anno 1981, ci trovammo a parlare dell’attentato al Santo Padre Giovanni Paolo II e Suor Rita mi confidò: La Madonna ed io abbiamo deviato con le nostre mani quella dell’attentatore al Papa”. Padre D’Anastasio continua così: “Suor Rita si riferiva a un fenomeno che, secondo la mia opinione personale, può definirsi bilocazione”.
     Poi, in ossequio all’autorità della Chiesa, a cui spetta giudicare una materia così delicata come i fenomeni di bilocazione, egli aggiunge: “Circa la natura di tale fenomeno, mi sottometto alla Chiesa e lascio alla Chiesa stessa l’ultimo giudizio”.
     Termina la dichiarazione dicendo che Suor Rita “mi pregò di non parlarne a nessuno, prima della sua morte, promessa che ho fedelmente mantenuto”.
     In un foglio allegato alla dichiarazione Padre Franco dice: “Sono pienamente disposto a confermare sotto forma di giuramento tutto quello che ho scritto”.
     Il documento porta la firma sua e quella di un notaio, iscritto nel “Ruolo del Distretto notarile di Perugia”, il quale certifica che la firma di Padre Franco D’Anastasio è “vera ed autentica, apposta in mia presenza”.
     Questa dichiarazione è attendibile sia per l’onestà e la sincerità di chi l’ha firmata, sia per il modo “solenne e ufficiale” in cui è stata redatta. Contestarla sarebbe temerario, a meno che non esistano motivi fondati per impugnarne il contenuto. Ridicolizzarla, solo perché per principio non si vuole ammettere la possibilità delle “bilocazioni”, dimenticando che a Dio niente è impossibile, sarebbe stolto.
     E’ di grande importanza per capire tutte le altre testimonianze sull’attentato a Giovanni Paolo II.

               
PER LEGGERE IL TESTO ORIGINALE DELLA DICHIARAZIONE CLICCA QUI 

Per approfondimenti sull'infanzia di Cristina (suor Rita):
http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/suor%20rita%20dello%20spirito%20santo.htm 


AMDG et DVM

FIOR DI PARABOLE: Curare le anime è come verniciare un legno /pag 27