martedì 30 gennaio 2018

FESTA DELLA PRESENTAZIONE DI GESU' AL TEMPIO, FESTA DELLA VITA CONSACRATA, FESTA DELLA CANDELORA: 2.2.2018

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SANTA MESSA PER I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE
NELLA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Giovedì, 2 febbraio 2006

Cari fratelli e sorelle!

L'odierna festa della Presentazione al tempio di Gesù, a quaranta giorni dalla sua nascita, pone davanti ai nostri occhi un momento particolare della vita della santa Famiglia: secondo la legge mosaica, il piccolo Gesù viene portato da Maria e Giuseppe nel tempio di Gerusalemme per essere offerto al Signore (cfr Lc 2, 22). Simeone ed Anna, ispirati da Dio, riconoscono in quel Bambino il Messia tanto atteso e profetizzano su di Lui. Siamo in presenza di un mistero, semplice e solenne al tempo stesso, nel quale la santa Chiesa celebra Cristo, il Consacrato del Padre, primogenito della nuova umanità.

La suggestiva processione dei ceri all'inizio della nostra celebrazione ci ha fatto rivivere il maestoso ingresso, cantato nel Salmo responsoriale, di Colui che è "il re della gloria", "il Signore potente in battaglia" (Sal 23, 7.8). Ma chi è il Dio potente che entra nel tempio? È un Bambino; è il Bambino Gesù, tra le braccia di sua madre, la Vergine Maria. La santa Famiglia compie quanto prescriveva la Legge: la purificazione della madre, l'offerta del primogenito a Dio e il suo riscatto mediante un sacrificio. Nella prima Lettura la Liturgia parla dell'oracolo del profeta Malachia: "Subito entrerà nel suo tempio il Signore" (Mal 3, 1). Queste parole comunicano tutta l'intensità del desiderio che ha animato l'attesa da parte del popolo ebreo nel corso dei secoli. Entra finalmente nella sua casa "l'angelo dell'alleanza" e si sottomette alla Legge: viene a Gerusalemme per entrare in atteggiamento di obbedienza nella casa di Dio.

Il significato di questo gesto acquista una prospettiva più ampia nel brano della Lettera agli Ebrei, proclamato oggi come seconda Lettura. Qui ci viene presentato Cristo, il mediatore che unisce Dio e l'uomo abolendo le distanze, eliminando ogni divisione e abbattendo ogni muro di separazione. Cristo viene come nuovo "sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo" (Eb 2, 17). Notiamo così che la mediazione con Dio non si attua più nella santità-separazione del sacerdozio antico, ma nella solidarietà liberante con gli uomini. Egli inizia, ancora Bambino, a camminare sulla via dell'obbedienza, che percorrerà fino in fondo. Lo pone ben in luce la Lettera agli Ebrei quando dice: "Nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche... a colui che poteva liberarlo da morte ... Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (cfr Eb 5, 7-9).

La prima persona che si associa a Cristo sulla via dell'obbedienza, della fede provata e del dolore condiviso è sua madre Maria. Il testo evangelico ce la mostra nell'atto di offrire il Figlio: un'offerta incondizionata che la coinvolge in prima persona: Maria è Madre di Colui che è "gloria del suo popolo Israele" e "luce per illuminare le genti", ma anche "segno di contraddizione" (cfr Lc 2, 32.34). E lei stessa, nella sua anima immacolata, dovrà essere trafitta dalla spada del dolore, mostrando così che il suo ruolo nella storia della salvezza non si esaurisce nel mistero dell'Incarnazione, ma si completa nell'amorosa e dolorosa partecipazione alla morte e alla risurrezione del Figlio suo. Portando il Figlio a Gerusalemme, la Vergine Madre lo offre a Dio come vero Agnello che toglie i peccati del mondo; lo porge a Simeone e ad Anna quale annuncio di redenzione; lo presenta a tutti come luce per un cammino sicuro sulla via della verità e dell'amore.

Le parole che in quest'incontro affiorano sulle labbra del vecchio Simeone - "I miei occhi han visto la tua salvezza" (Lc 2, 30) - trovano eco nell'animo della profetessa Anna. Queste persone giuste e pie, avvolte dalla luce di Cristo, possono contemplare nel Bambino Gesù "il conforto d'Israele" (Lc 2, 25). La loro attesa si trasforma così in luce che rischiara la storia. 

Simeone è portatore di un'antica speranza e lo Spirito del Signore parla al suo cuore: per questo può contemplare colui che molti profeti e re avevano desiderato vedere, Cristo, luce che illumina le genti. In quel Bambino riconosce il Salvatore, ma intuisce nello Spirito che intorno a Lui si giocheranno i destini dell'umanità, e che dovrà soffrire molto da parte di quanti lo rifiuteranno; ne proclama l'identità e la missione di Messia con le parole che formano uno degli inni della Chiesa nascente, dal quale si sprigiona tutta l'esultanza comunitaria ed escatologica dell'attesa salvifica realizzata. 

L'entusiasmo è così grande che vivere e morire sono la stessa cosa, e la "luce" e la "gloria" diventano una rivelazione universale. Anna è "profetessa", donna saggia e pia che interpreta il senso profondo degli eventi storici e del messaggio di Dio in essi celato. Per questo può "lodare Dio" e parlare "del Bambino a tutti coloro che aspettavano la redenzione di Gerusalemme" (Lc 2, 38). La lunga vedovanza dedita al culto nel tempio, la fedeltà ai digiuni settimanali, la partecipazione all'attesa di quanti anelavano il riscatto d'Israele si concludono nell'incontro con il Bambino Gesù.

Cari fratelli e sorelle, in questa festa della Presentazione del Signore la Chiesa celebra la Giornata della Vita Consacrata. Si tratta di un'opportuna occasione per lodare il Signore e ringraziarlo del dono inestimabile che la vita consacrata nelle sue differenti forme rappresenta; è al tempo stesso uno stimolo a promuovere in tutto il popolo di Dio la conoscenza e la stima per chi è totalmente consacrato a Dio. Come, infatti, la vita di Gesù, nella sua obbedienza e dedizione al Padre, è parabola vivente del "Dio con noi", così la concreta dedizione delle persone consacrate a Dio e ai fratelli diventa segno eloquente della presenza del Regno di Dio per il mondo di oggi. 

Il vostro modo di vivere e di operare è in grado di manifestare senza attenuazioni la piena appartenenza all'unico Signore; la vostra completa consegna nelle mani di Cristo e della Chiesa è un annuncio forte e chiaro della presenza di Dio in un linguaggio comprensibile ai nostri contemporanei. È questo il primo servizio che la vita consacrata rende alla Chiesa e al mondo. All'interno del Popolo di Dio essi sono come sentinelle che scorgono e annunciano la vita nuova già presente nella nostra storia.

Mi rivolgo ora in modo speciale a voi, cari fratelli e sorelle che avete abbracciato la vocazione di speciale consacrazione, per salutarvi con affetto e ringraziarvi di cuore per la vostra presenza. Un saluto speciale rivolgo a Mons. Franc Rodé, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e ai suoi collaboratori, che concelebrano con me in questa Santa Messa. Il Signore rinnovi ogni giorno in voi e in tutte le persone consacrate la risposta gioiosa al suo amore gratuito e fedele. Cari fratelli e sorelle, come ceri accesi, irradiate sempre e in ogni luogo l'amore di Cristo, luce del mondo. Maria Santissima, la Donna consacrata, vi aiuti a vivere appieno questa vostra speciale vocazione e missione nella Chiesa per la salvezza del mondo.
Amen!


Ghirlandaio - Presentazione di Maria Santissima al Tempio,1490
AMDG et DVM

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana 

lunedì 29 gennaio 2018

La separazione dalla moglie e il mantenimento dei figli ha gettato sul lastrico un esercito di padri. - La condizione di indigenza colpisce numerosi uomini italiani che portano il peso di essere “papà separati”.

La guerra contro i papà

Padri separati: quell'esercito di uomini vittime di una "violenza di genere" che fa meno rumore

FEDERICO CENCI
Papà abbraccia i figli
Papà abbraccia i figli
S
empre più spesso le persone in coda nelle mense della Caritas o in fila per un pacco alimentare, hanno il volto consunto dal dolore della lontananza dai propri figli. Non solo immigrati, la condizione di indigenza colpisce numerosi uomini italiani che portano il peso di essere “papà separati”.
La separazione dalla moglie e il mantenimento dei figli ha gettato sul lastrico un esercito di padri. Quando il matrimonio fallisce, la situazione precipita. Sono migliaia gli uomini che in Italia, a seguito di un divorzio o una separazione, si ritrovano a vivere di stenti, senza nemmeno avere un tetto sopra la testa.



I numeri e le conseguenze

I dati Istat parlano chiaro: nel 2015 l’aumento degli scioglimenti delle unioni è stato del 57% rispetto all’anno precedente. Oltre 82mila coppie hanno divorziato e più di 91mila si sono separate. L’approvazione del “divorzio breve” ha sicuramente incrementato le distruzioni di nuclei familiari.
Situazioni che, oltre alla povertà materiale, portano con sé la recisione del legame affettivo con i figli. A pagarne il tributo sono nel 94,1% dei casi i padri, obbligati in aula di tribunale a versare gli assegni di mantenimento. E costretti, nel 60% dei casi, a cedere l’abitazione alla moglie, dato che arriva al 69% quando la madre ha almeno un figlio minorenne.



Le speranze della legge disattese

Una tendenza sfavorevole nei confronti degli uomini che non è cambiata, nonostante nel 2006 sia stata approvata la legge 54, per cui il giudice è tenuto ad effettuare l’affido condiviso in via prioritaria rispetto all’affidamento esclusivo a uno dei due genitori.
“A dodici anni da quella legge concettualmente positiva - spiega Massimiliano Gobbi, coordinatore nazionale di Adiantum (Associazione nazionale per la tutela dei minori) - il quadro è rimasto pressoché immutato”. Gobbi, papà separato, ritiene che “la discrezionalità dei giudici fa sì che la legge rimanga troppo spesso lettera morta”.
È così che ai figli viene negato il diritto a godere dell’affetto di entrambi i genitori, benché disuniti. “Che questa legge non venga applicata - afferma Gobbi - lo dimostra il fatto che nel 2015 il Miur abbia diffuso una circolare ai dirigenti scolastici per ribadire il diritto del bambino alla bigenitorialità, ossia a ricevere cure, educazione ed istruzione da entrambi i genitori”.



Il "pregiudizio culturale" negativo verso gli uomini

Ma da che deriva quella che Gobbi non esita a chiamare una “discriminazione” nei confronti dei papà? Egli parla di “un pregiudizio culturale” secondo cui l’uomo è ritenuto il colpevole per antonomasia di ogni frattura all’interno della coppia. E l’idea per cui l’uomo sia una sorta di cerbero da cui la donna, sesso debole, deve essere difesa, in tempi di allarmi mediatici sulle "violenze di genere" è lungi dall’essere superata.
A rimetterci, tuttavia, sono non gli aguzzini, ma l’esercito di nuovi poveri che rispondono al nome di papà separati. Gobbi ci tiene a togliere il velo su un’altra grave realtà, quella delle false accuse da parte delle madri nei confronti dei papà separati. “Come evidenziato da uno studionel 92,4% dei casi l’accusato risulta poi innocente”, osserva. È un fenomeno criminoso, che usano troppe donne - spiega - “per estromettere il padre dalla vita dei figli”.



Condizioni insostenibili

Estromissione dagli affetti ed indigenza. “Viviamo condizioni insostenibili - spiega Gobbi -: in media ogni figlio ci costa per il mantenimento 480euro al mese, a cui vanno aggiunte le spese di affitto o del mutuo, così molti papà spendono più dei due terzi dello stipendio”. Il coordinatore di Adiantum ricorda poi che “l’assegnazione della casa alla moglie” significa “essere cacciati via dall’abitazione per cui stiamo pagando il mutuo o per cui abbiamo speso i risparmi di una vita”.
Per i padri la povertà è quasi sempre, dunque, una conseguenza inevitabile della separazione. “Le spese, quando ci si separa, raddoppiano: due case, doppie utenze, doppie manutenzioni e mobili, doppi regali per i figli”, riflette Gobbi. Ed è così che in tanti finiscono sotto i ponti e tengono stretto tra le mani il piattino per chiedere un pasto caldo alla Caritas e alle altre strutture per i poveri. Povertà materiale, ma anche crisi emotive e di nervi sono gli effetti di questo disastro sociale.



L'allarme dell'Europa

“L’allarme - racconta Gobbi - l’ha lanciato anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato l’Italia per non aver consentito lo sviluppo di una vita affettiva ai padri separati”. Il nostro Paese - rileva il coordinatore nazionale di Adiantum - “ha tassi di affido esclusivo al padre dello 0,7%, otto volte meno della Spagna, dieci volte meno della Francia e quasi venti volte in meno della Germania. In pratica nemmeno di fronte a gravi casi di inidoneità materna il giudice italiano ritiene di dover prendere in considerazione l’affido al padre”.
E ancora, Gobbi sottolinea che “i minori che trascorrono almeno un terzo del tempo con uno dei genitori dopo la separazione della coppia genitoriale (cosiddetto affido materialmente condiviso) sono il 70% in Svezia, il 50% in Belgio e il 49% in Danimarca. Da noi è il 5%”.
A conferma della resistenza culturale a valorizzare la figura del padre il fatto che tra Camera e Senato giacciono ben nove disegni di legge. Qualcosa comunque si muove. Gobbi rivolge un plauso al Registro della bigenitorialità, “istituito - spiega - in diversi Comuni italiani, per consentire ad entrambi i genitori, anche se separati, di ricevere informazioni e comunicazioni comunali relative ai propri figli”.

La Casa di Accoglienza di Tor San Lorenzo

Ma qualcosa si muove anche nell’ambito della solidarietà. Dal 15 gennaio è operativa a Tor San Lorenzo, litorale meridionale di Roma, la Casa di Accoglienza per i papà separati intitolata “Monsignor Dante Bernini”, realizzata dalla Diocesi di Albano. La struttura ospita già quattordici papà separati. All’inaugurazione era presente anche Gobbi, il quale ha espresso la sua soddisfazione per “un lavoro di anni che finalmente si realizza”. “Come Adiantum - ha aggiunto - collaboreremo con Caritas, le Suore di Gesù Buon Pastore, le associazioni di volontariato e le amministrazioni per la buona riuscita del progetto”. Il progetto più importante, tuttavia, è cambiare una cultura che penalizza e umilia il padre, addolora i figli, distrugge le famiglie, rovina la società.
https://www.interris.it/sociale/la-guerra-contro-i-pap?uthttps:/

AMDG et DVM

IGNAZ PHILLIP SEMMELWEISS - medico ungherese - 1818-1865. Il mondo ha fatto tesoro delle sue scoperte, ma in pochi ricordano il suo nome e le sue tribolazioni. Requiem aeternam dona ei, Domine...

di Elia Dallabrida
Il 13 agosto di molti anni fa moriva un grande uomo, che oggi viene ricordato raramente nel mondo accademico: si chiamava Ignaz Semmelweis, e diede inizio alla vera e propria rivoluzione sanitaria per la prevenzione della trasmissione delle malattie infettive.

La vicenda ha inizio intorno al 1840, nella divisione della clinica ostetrica di un ospedale di Vienna diretto dal professor Klein (la sua struttura al tempo era nota come “clinica della morte”, a causa dell’alto numero di donne che vi moriva). A quel tempo infatti la mortalità per la febbre puerperale era molto elevata, ma nessuno sembrava interessato realmente alle cause di tutti questi decessi: la sofferenza delle donne e dei loro bambini passava attraverso un'indifferenza che oggi non faticheremmo a definire "criminale". 

La scienza di quel periodo aveva formulato solo alcune teorie per dare una risposta al numero elevatissimo di morti fra le puerpere, senza però fare mai nulla di concreto per provare ad arrestarle.

Ecco alcune di quelle ipotesi:
a) I fluidi provenienti dall'utero dopo il parto possono non avere una libera fuoriuscita, ma stagnare, andando così incontro a putrefazione e, risalendo poi nei tessuti e nel sangue, provocare dolore, febbre e infine la morte;
b) Durante la gravidanza l'utero ingrossato, premendo sull'intestino, determina una stasi fecale con conseguente immissione nelle vene di veleni provenienti dalle feci;
c) Un agente esterno, con ogni probabilità identificabile nell'aria impura circolante nelle corsie in cui sono ospitate le donne, provoca un'epidemia che colpisce le partorienti all'utero, determinando la lochioschesi (ritenzione dei flussi).
C'era però qualcuno che aveva preso a cuore questo problema, e ne stava seriamente studiando le possibili cause: il dott. Ignaz Semmelweis, un brillante e coraggioso medico ungherese a cui venne un'intuizione geniale. Ebbe modo di osservare che le morti fra le puerpere erano molto più elevate nel reparto dove esercitavano i medici (e anche gli studenti di medicina), i quali andavano a toccare le pazienti nelle loro parti più intime dopo aver dissezionato cadaveri in sala anatomica. Curiosamente però nella divisione gestita da ostetriche e levatrici, le morti erano inferiori di tre volte, e nessuno si era mai chiesto il motivo. (La mortalità nel padiglione gestito dalle ostetriche era inferiore perché loro non eseguivano dissezioni sui cadaveri, mentre i medici si, e poi con le mani sporche andavano a toccare le donne incinte).

Semmelweis svolse approfonditi studi e giunse alla conclusione che queste morti dipendesero in qualche modo dal fatto che nessun medico si lavasse le mani prima di assistere le sue pazienti. Decise quindi di sfidare l'intero mondo accademico, e di praticare e far praticare ai suoi sottoposti il lavaggio delle mani con cloruro di calce prima di andare a toccare una partoriente. La mortalità, che nel 1846 era all'11,4%, scese nel 1848, dopo un anno di lavaggi delle mani, all'1,27%.

I suoi colleghi però, sorprendentemente, non la presero per niente bene. Nessuno volle credere alle sue teorie ed iniziarono le derisioni pubbliche: lo tacciandolo di essere un matto, uno stupido (il termine complottista al tempo non esisteva ancora, ma sono sicuro che lo avrebbero usato volentieri), un incapace. D’altronde ai medici non piace gli si dica di essere la causa della morte per centinaia di migliaia di donne, c’è il rischio che possano perdere credibilità e autorevolezza.
Le derisioni però arrivavano in contemporanea con i risultati: infatti il numero dei casi di morte da febbre puerperale nel suo reparto era stato praticamente abbattuto. Ma a nessuno interessavano i dati, nemmeno all'ospedale di Vienna dove il dott. Semmelweis stava prestando un ottimo servizio salvando la vita a migliaia di donne. Fu infatti licenziato per aver dato disposizione di cambiare i protocolli vigenti senza averne alcuna autorità.
Tornò a Pest, nel suo Paese, facendosi assumere all'ospedale S. Rocco ottenendo anche qui un abbattimento del numero di decessi grazie al suo innovativo sistema del lavaggio mani. Nonostante tutto però le critiche e le infamie da parte dell'intera comunità scientifica non cessavano di arrivare, e anche a fronte di tutti i risultati ottenuti nella prevenzione della febbre puerperale gli attacchi dei suoi colleghi contemporanei arrivarono a seppellirlo. Alla fine venne rinchiuso in manicomio dove morì pestato a sangue dai guardiani, nel 1865, un anno dopo le scoperte di Pasteur riguardanti la contaminazione batterica, le quali gli davano praticamente ragione.
E questo solo perché si lavava le mani e salvava la vita alla gente.
Ci vollero più di 40 anni prima che le sue teorie venissero accettate ed applicate in sanità (periodo durante il quale gli studi di Semmelweis vennero screditati e la gente tornò a morire come prima), grazie alle quali oggi abbiamo rigidi protocolli e linee guida importanti riguardanti il lavaggio delle mani che è attualmente considerato la prima prevenzione per la trasmissione delle malattie infettive.
Ma da allora sono passati circa 170 anni e i tempi sono cambiati, la scienza si è evoluta così come si sono evolute le infamie. Ora i medici considerati "eretici" non vengono più fatti crepare in manicomio, è sufficiente scagliar loro addosso i media e minacciarli di radiarli o radiarli direttamente dall'Ordine, impedendo loro di esercitare la professione. La sola cosa che accomuna i nostri tempi a quelli del dott. Semmelweis sono la totale noncuranza per i risultati, i quali vengono platealmente ignorati, nascosti ed insabbiati per la difesa della verità assoluta pretesa da Big Pharma.
Elia Dallabrida (Decalagon)

C.S.P.B. Crux Sancti Patris Benedicti La Croce del Santo Padre Benedetto

LA MEDAGLIA O CROCE DI SAN BENEDETTO
Uno degli episodi più noti di possessione diabolica, riportato in vari libri per la documentazione storicamente esatta che ci ha tramandato i fatti, è quello riguardante i due fratelli Burner, di Illfurt (Alsazia), che furono liberati con una serie di esorcismi nel 1869. Ebbene, un giorno, tra i tanti gravissimi dispetti del demonio, si sarebbe dovuta rovesciare la carrozza che trasportava l'esorcista, accompagnato da un monsignore e da una suora. Ma il demonio non poté attuare il suo proposito perché, al momento della partenza, era stata data al cocchiere una medaglia di San Benedetto, a scopo protettivo e il cocchiere se l'era messa devotamente in tasca.
(da Don Gabriele Amorth, "Un esorcista racconta" Ed. Dehoniane, Roma)
Notizie storiche
Le origini della medaglia di San Benedetto sono antichissime. Papa Benedetto XIV ne ideò il disegno e col "Breve" del 1742 approvò la medaglia concedendo delle indulgenze a coloro che la portano con fede. Sul diritto della medaglia, San Benedetto tiene nella mano destra una croce elevata verso il cielo e nella sinistra il libro aperto della santa Regola. Sull'altare è posto un calice dal quale esce una serpe per ricordare un episodio accaduto a San Benedetto: il Santo, con un segno di croce, avrebbe frantumato la coppa contenente il vino avvelenato datogli da monaci attentatori. Attorno alla medaglia, sono coniate queste parole: "EIUS IN OBITU NOSTRO PRESENTIA MUNIAMUR" (Possiamo essere protetti dalla sua presenza nell'ora della nostra morte). Sul rovescio della medaglia, figura la croce di San Benedetto e le iniziali dei testi. Questi versi sono antichissimi. Essi appaiono in un manoscritto del XIV sec. a testimonianza della fede nella potenza di Dio e di San Benedetto. La devozione della Medaglia o Croce di San Benedetto, divenne popolare intorno al 1050, dopo la guarigione miracolosa del giovane Brunone, figlio del conte Ugo di Eginsheim in Alsazia. Brunone, secondo alcuni, fu guarito da una grave infermita', dopo che gli fu offerta la medaglia di San Benedetto. Dopo la guarigione, divenne monaco benedettino e poi papa: é san Leone IX, morto nel 1054. Tra i propagatori bisogna annoverare anche san Vincenzo de' Paoli.  

Grazie che si ottengono con la medaglia. I fedeli hanno sperimentato la sua potente efficacia mediante l'intercessione di S. Benedetto, nei seguenti casi:
-contro i malefici e le altre opere diaboliche
-per allontanare da qualche luogo gli uomini male intenzionati
-per curare e sanare gli animali dalla peste oppure oppressi dal maleficio
-per tutelare le persone dalle tentazioni, dalle illusioni e vessazioni del demonio specie quelle contro la castità
-per ottenere la conversione di qualche peccatore, particolarmente quando si trova in pericolo di morte
-per distruggere o rendere inefficace il veleno
-per allontanare la pestilenza
-per restituire la salute a quelli che soffrono di calcolosi, di dolori ai fianchi, di emorragie, di emottisi; a quanti sono morsi da animali contagiosi
-per ottenere l'aiuto divino alle mamme in attesa onde evitare l aborto
-per salvare dai fulmini e dalle tempeste 

SPIEGAZIONE DELLE INIZIALI

C.S.P.B.
Crux Sancti Patris Benedicti
La Croce del Santo Padre Benedetto

C.S.S.M.L.
Crux Sacra Sit Mihi Lux
La Croce Santa sia la mia luce.

N.D.S.M.D.
Non Drago Sit Mihi Dux
Non sia il demonio il mio condottiero

V.R.S.
Vade Retro, Satana!
Allontanati, Sanata!

N.S.M.V.
Numquam Suade Mihi Vana
Non mi attirare alle  vanità 
   
S.M.Q.L.
Sunt Mala Quae Libas
Son mali le tue bevande

I.V.B.
Ipse Venena Bibas
Bevi tu stesso i tuoi veleni.

Preghiera: "Croce del Santo Padre Benedetto. Croce santa sii la mia luce e non sia mai il demonio mio capo. Va' indietro, Satana; non mi persuaderai mai  di cose vane; sono cattive le bevande che mi offri, bevi tu stesso il tuo veleno. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen." 

La Medaglia di San Benedetto non è magica!
Numerosi sono gli effetti benefici attribui-ti alla stessa: guarigioni, protezione contro il demonio, grazia di preparazione ad una santa morte... Ma attenzione, la medaglia non e un talismano che annullerebbe le prove della nostra vita, ma un mezzo che ci aiuta a supe-rarle. Le parole scritte attorno alla croce sono quelle che Benedetto pronunciò rispondendo alla tentazione del demonio. Possiamo farle nostre in uno spirito di fede, sapendo che la Croce di Cristo è pegno della nostra vittoria e della nostra salvezza. Questa medaglia è un sacramentale della Chiesa Cattolica, un segno sacro dal quale sono signifìcati e ottenuti effetti, grazie alla preghiera della Chiesa. Per trarre vantaggi da questa preghiera e da questa medaglia, non basta farla benedire e portarla come se fosse un portafortuna: i benefici che speriamo di ottenere sono proporzionati alla crescita della nostra fede e della nostra fiducia in Dio e in San Benedetto

Benedizione della Medaglia di San Benedetto
Può essere recitata solo da un sacerdote
Io ti esorcizzo per Dio  + Padre Onnipotente, che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che si trova in essi: ogni potenza del nemico, tutto l'esercito del diavolo, ogni influenza di Satana sia strappato e sia messo in fuga da questa medaglia, affinché a tutti coloro che ne faranno uso, procuri la salvezza dell'anima e la salute del corpo. Te lo chiediamo nel nome di Dio Padre + Onnipotente, di Gesù Cristo + suo Figlio e Signore nostro e dello Spirito Santo + Consolatore e nell'amore del medesimo Signore nostro Gesù Cristo, che verrà a giudicare i vivi e i morti e regnerà nei secoli dei secoli. Amen.
Preghiamo O Dio Onnipotente, dispensatore di ogni bene, noi ti supplichiamo ardentemente, per l'intercessione del nostro Padre San Benedetto: fa' scendere la tua benedizione su questa medaglia, affinché tutti coloro che la porteranno e compiranno opere di bene, meritino di ottenere la salute dell'anima e del corpo, la grazia della santificazione, le indulgenze a loro concesse; con il soccorso della tua misericordia, possano sfuggire le insidie del demonio e presentarsi un giorno santi e immacolati davanti al tuo cospetto nella carità (Ef 1,4). Per Cristo nostro Signore. Amen.

Promessa di S. Benedetto ai suoi devoti
S. Benedetto è invocato per ottenere una buona morta e la salvezza eterna. Egli apparve un giorno a S. Geltrude, dicendo: " Chiunque mi ricorderà la dignità per cui il Signore ha voluto onorarmi e beatificarmi, concedendomi di fare una morte così gloriosaio lo assisterò fedelmente in punto di morte e mi opporrò a tutti gli attacchi del nemico in quell'ora decisiva. L'anima sarà protetta dalla mia presenza, essa resterà tranquilla malgrado tutte le insidie del nemico, e felice si slancerà verso le gioie eterne."

PREGHIERA QUOTIDIANA A SAN BENEDETTO:
"S. Benedetto mio caro padre, per quella dignità con la quale il Signore si degnò di onorarti e beatificarti con una così gloriosa morte, ti prego di assistermi con la tua presenza nel momento della mia morte, beneficiandomi di tutte quelle promesse fatte alla Santa vergine Geltrude. Amen" 

AMDG et DVM

Settantaduemila eretici riportati alla Fede


Lettura 4
Francesco nacque nel castello di Sales, donde il cognome di famiglia, da pii e nobili genitori, e fin dai più teneri anni diede indizio della santità futura colla sua innocenza e gravità. Ancora adolescente istruito nelle scienze liberali, si diede tosto a Parigi allo studio della filosofia e teologia e, perché non mancasse nulla alla cultura del suo spirito, ottenne a Padova con somma lode la laurea in diritto canonico e civile. Nel santuario di Loreto rinnovò il voto di perpetua verginità, che aveva già fatto a Parigi; dal voto della quale virtù non poté mai essere distolto né da nessun artifizio del diavolo né da nessun attrattiva dei sensi.


Lettura 5
Ricusata una gran dignità nel senato di Savoia, si ascrisse alla milizia clericale. Indi ordinato sacerdote e fatto parroco della chiesa di Ginevra, adempì così perfettamente i doveri del suo ufficio, che il vescovo Granier lo destinò banditore della parola di Dio per la conversione dall'eresia dei Calvinisti dello Chablois e delle popolazioni confinanti con Ginevra. Egli intraprese questa spedizione con animo lieto, ma ebbe a soffrire le più dure prove; spesso gli eretici lo cercarono a morte e lo perseguitarono con diverse calunnie ed insidie. Ma fra tanti pericoli e lotte, rifulse sempre la sua inalterabile costanza; e protetto dall'aiuto di Dio, si narra aver ricondotto alla fede cattolica settantaduemila eretici, tra i quali molti illustri per nobiltà e dottrina.


Lettura 6
Morto Granier, che aveva disegnato di farselo dare per coadiutore, egli consacrato vescovo, sparse per ogni dove i raggi della sua santità, e si rese illustre per lo zelo della disciplina ecclesiastica, l'amore della pace, la misericordia verso i poveri e per ogni genere di virtù. Per accrescere il culto divino istituì un nuovo ordine di religiose sotto il nome della Visitazione della beata Vergine, e sotto la regola di sant'Agostino; dando loro delle costituzioni ammirabili per sapienza, discrezione e dolcezza. Illustrò pure la Chiesa coi suoi scritti ripieni di celeste dottrina, nei quali indica un cammino sicuro e facile per giungere alla perfezione cristiana. Infine, a cinquantacinque anni di età, nel ritornare dalla Francia ad Annecy, dopo aver celebrato la Messa a Lione il giorno di san Giovanni Evangelista, colpito da grave malattia, il giorno dopo salì al cielo, nell'anno del Signore 1622. Il suo corpo trasportato ad Annecy, fu sepolto onorevolmente nella chiesa delle monache del detto ordine e, subito, cominciò a risplendere per miracoli. I quali provati canonicamente, Alessandro VII, Pontefice massimo, lo annoverò fra i Santi, assegnando alla sua festa il 29 di Gennaio; e il sommo Pontefice Pio IX con decreto della sacra Congregazione dei Riti, lo dichiarò Dottore della Chiesa universale.

Le sue principali opere furono L' "Introduzione alla vita devota" e "Trattato dell'amore di Dio", testi fondamentali della letteratura religiosa di tutti i tempi.
http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/allegati/32047/75_Udienza_Gen_02_03_11.pdf

Preghiamo
O Dio, che per la salute delle anime hai voluto che il tuo beato Confessore e Vescovo Francesco si facesse tutto a tutti: concedi benigno che noi, inebriati dalla dolcezza del tuo amore, diretti dai suoi insegnamenti e sostenuti dai suoi meriti, conseguiamo i gaudi eterni.
Per il nostro Signore Gesù