venerdì 10 novembre 2017

11 novembre : SAN MARTINO

San Martino in un affresco di Simone Martini
Lettura 
Martino, nacque a Szombathely, in Ungheria. 
A dieci anni fuggì in una chiesa, nonostante l'opposizione dei genitori, e si fece iscrivere tra i catecumeni. 
A quindici anni, arruolatosi nell'esercito, militò prima sotto Costanzo e poi sotto Giuliano. 
A diciotto anni, avendo regalato parte del suo mantello ad un certo povero chiamato Ambiano, fu consolato dall'apparizione di Gesù Cristo; quindi con lieto animo ricevette il battesimo. 
Abbandonata poi la vita militare, da Ilario, vescovo di Poitiers, fu accolto fra gli accoliti. 
Eletto in seguito vescovo di Tours, fondò un monastero, dove visse santissimamente per qualche tempo con ottanta monaci. 
Assalito poi da gran febbre a Candes, borgo della sua diocesi, avendo compassione dei suoi discepoli, pregava Iddio così: «Signore, se al tuo popolo sono ancora necessario, non ricuso la fatica». 

Appressandosi poi la morte, visto il nemico del genere umano, gli disse: «Che fai qui, bestia crudele? Tu in me non troverai nulla per te». Con queste parole rese l'anima a Dio ad 81 anni di età e celebre per i molti miracoli compiuti.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

Preghiamo
O Dio, che vedi non poter noi mantenerci colle nostre forze: concedi benigno, che, per intercessione del tuo beato Confessore e Pontefice Martino, siamo fortificati contro ogni avversità. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.

Martino di Tours


San Martino di Tours
San Martino in un affresco di Simone Martini
San Martino in un affresco di Simone Martini
Vescovo
Nascita316 circa
Morte8 novembre 397
VeneratodaTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Santuario principaleBasilica di San Martino di Tours a Tours
Ricorrenza11 novembre
AttributiMantello, armatura, bastone pastorale, globo infuocato
Patrono diFranciaUngheriaGuardia svizzera pontificia, albergatori, cavalieri, fabbricanti di maiolichefanteria, forestieri, mendicanti, militariocheostisarti, sinistrati, vendemmiatoriviticoltori, diverse località (vedi Patronati)
Martino
vescovo della Chiesa cattolica
Simone Martini - Meditation (detail) - WGA21384.jpg
Martino in un affresco di Simone Martini
Incarichi ricopertiVescovo di Tours
dal 371 al 390
Nato316 circa
Deceduto397, a Candes-Saint-Martin
Martino di Tours, in latino Martinus (Sabaria, 316 circa – Candes-Saint-Martin8 novembre 397), è stato un vescovo cristiano del IV secolo.
Originario della Pannonia, nell'odierna Ungheria, esercitò il suo ministero nella Gallia del tardo impero romano. Tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa cattolica, è venerato anche da quella ortodossa e da quella copta. Si celebra l'11 novembre, giorno dei suoi funerali avvenuti nell'odierna Tours.
È considerato uno dei grandi santi della Gallia[1]insieme a DionigiLiborioPrivatoSaturninoMarzialeFerreolo e Giuliano.
In Italia vi sono oltre 900 chiese a lui dedicate.[2] È uno dei fondatori del monachesimo in Occidente.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Martino nacque a Sabaria Sicca (odierna Szombathely, in Ungheria) in un avamposto dell'impero romano alle frontiere con la Pannonia. Il padre, tribuno militare della legione, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Ancora bambino si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un podere in quanto ormai veterano, e in quella città trascorse l'infanzia. A dieci anni fuggì di casa per due giorni che trascorse in una chiesa (probabilmente a Pavia).
Nel 331 un editto imperiale obbligò tutti i figli di veterani ad arruolarsi nell'esercito romano. Fu reclutato nelle Scholae imperiali, corpo scelto di 5 000 unità perfettamente equipaggiate: disponeva quindi di un cavallo e di uno schiavo. Fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens, nei pressi del confine, e lì passò la maggior parte della sua vita da soldato. Faceva parte, all'interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano l'ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi importanti.[3]

La tradizione del taglio del mantello[modifica | modifica wikitesto]

San Martino divide il suo prezioso mantello con un povero, particolare della facciata del Duomo di Luccadedicato al santo
In quanto circitor, eseguiva la ronda di notte e l'ispezione dei posti di guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di queste ronde avvenne l'episodio che gli cambiò la vita (e che ancora oggi è quello più ricordato e più usato dall'iconografia). Nel rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo. Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la clamide bianca della guardia imperiale) e lo condivise con il mendicante.
La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il termine latino per "mantello corto", cappella, venne esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di San Martino, i cappellani, e da questi venne applicato all'oratorio reale, che non era una chiesa, chiamato cappella.

Conversione al cristianesimo[modifica | modifica wikitesto]

Francobollo tedesco dedicato a San Martino
Il sogno ebbe un tale impatto su Martino, che egli, già catecumeno, venne battezzato la Pasqua seguente e divenne cristiano. Martino rimase ufficiale dell'esercito per una ventina d'anni raggiungendo il grado di ufficiale nelle alae scolares (un corpo scelto). Giunto all'età di circa quarant'anni, decise di lasciare l'esercito, secondo Sulpicio Severo dopo un acceso confronto con Giuliano, il Cesare delle Gallie in seguito noto come Apostata.[4] Lì Iniziò la seconda parte della sua vita.
Martino si impegnò nella lotta contro l'eresia ariana, condannata al I concilio di Nicea (325), e venne per questo anche frustato (nella nativa Pannonia) e cacciato, prima dalla Francia, poi da Milano, dove erano stati eletti vescovi ariani.[5] Nel 357 si recò quindi nell'Isola Gallinara ad Albenga in provincia di Savona, dove condusse quattro anni di vita eremitica. Tornato quindi a Poitiers, al rientro del vescovo cattolico, divenne monaco e venne presto seguito da nuovi compagni, fondando uno dei primi monasteri d'occidente, a Ligugé, sotto la protezione del vescovo Ilario.[5]

Vescovo di Tours[modifica | modifica wikitesto]

Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero loro vescovo, anche se alcuni chierici avanzarono resistenze per il suo aspetto trasandato e le origini plebee. Come vescovo, Martino continuò ad abitare nella sua semplice casa di monaco e proseguì la sua missione di propagatore della fede, creando nel territorio nuove piccole comunità di monaci. Avviò un'energica lotta contro l'eresia ariana e il paganesimo rurale. Inoltre predicò, battezzò villaggi, abbatté templi, alberi sacri e idoli pagani, dimostrando comunque compassione e misericordia verso chiunque.[5] La sua fama ebbe ampia diffusione nella comunità cristiana dove, oltre ad avere fama di taumaturgo, veniva visto come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà.
Martino aveva della sua missione di “pastore” un concetto assai diverso da molti vescovi del tempo, uomini spesso di abitudini cittadine e quindi poco conoscitori della campagna e dei suoi abitanti. Uomo di preghiera e di azione, Martino percorreva personalmente i distretti abitati dai servi agricoltori, dedicando particolare attenzione all'evangelizzazione delle campagne. Nel 375 fondò a Tours un monastero, a poca distanza dalle mura, che divenne, per qualche tempo, la sua residenza. Il monastero, chiamato in latino Maius monasterium (monastero grande), divenne in seguito noto come Marmoutier. Nelle comunità monastiche fondate da Martino non c'era comunque ancora l'attenzione liturgica che si riscontrerà successivamente nell'esperienza benedettina grazie all'apostolato di San Mauro: la vita era piuttosto incentrata nella condivisione, nella preghiera e, soprattutto, nell'impegno di evangelizzazione.[5]
Martino morì l'8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace tra il clero locale.
La sua morte, avvenuta in fama di santità anche grazie a miracoli attribuitigli, segnò l'inizio di un culto nel quale la generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l'attività missionaria erano associate.[6]

Culto[modifica | modifica wikitesto]

El Greco, San Martino e il mendicante
San Martino di Tours viene ricordato l'11 novembre, sebbene questa non sia la data della sua morte, ma quella della sua sepoltura. Questa data è diventata una festa straordinaria in tutto l'Occidente, grazie alla sua popolare fama di santità e al numero notevole di cristiani che portavano il nome di Martino. Nel Concilio di Mâconera stato deciso che sarebbe stata una festa non lavorativa.
La basilica a lui dedicata in Tours, l'edificio religioso francese più grande di quei tempi, fu tradizionale meta di pellegrinaggi medievali. Nel 1562, in seguito alle lotte di religione che insanguinarono la Francia, fu messa a sacco dai protestanti e le sue spoglie date alle fiamme, tanto era il suo richiamo simbolico. Durante il periodo della rivoluzione francese la basilica fu demolita quasi completamente; rimasero due torri, ancora oggi visibili. Nel 1884 fu progettata una nuova basilica che fu consacrata nel 1925.
Molte chiese in Europa sono dedicate a San Martino. Tra queste Lucca e Belluno hanno dedicato a San Martino la propria Cattedrale.
L'11 novembre i bambini delle Fiandre e delle aree cattoliche della Germania e dell'Austria, nonché dell'Alto Adige, partecipano a una processione di lanterne, ricordando la fiaccolata in barca che accompagnò il corpo del santo a Tours. Spesso un uomo vestito come Martino cavalca in testa alla processione. I bambini cantano canzoni sul santo e sulle loro lanterne. Il cibo tradizionale di questo giorno è l'oca. Secondo la leggenda, Martino era riluttante a diventare vescovo, motivo per cui si nascose in una stalla piena di oche; il rumore fatto da queste rivelò però il suo nascondiglio alla gente che lo stava cercando. In anni recenti la processione delle lanterne si è diffusa anche nelle aree protestanti della Germania, nonostante il fatto che la Chiesa protestante non riconosca il culto dei santi.
L'episodio delle oche è rimasto nella tradizione scandinava. Una volta si celebrava in tutta la Svezia, mentre ora è rimasto nella regione meridionale della Scania. La sera del 10 novembre si festeggia la tradizione con un menu a base di svartsoppa, zuppa a base di brodo, sangue (preferibilmente d'oca) e spezie, oca e torta di mele.
In Italia il culto del Santo è legato alla cosiddetta estate di San Martino la quale si manifesta, in senso meteorologico, all'inizio di novembre e dà luogo ad alcune tradizionali feste popolari. Nel comune abruzzese di Scanno, ad esempio, in onore di San Martino si accendono grandi fuochi detti "glorie di San Martino" e le contrade si sfidano a chi fa il fuoco più alto e durevole.
Nel veneziano l'11 novembre è usanza preparare il dolce di San Martino, un biscotto dolce di pasta frolla con la forma del Santo con la spada a cavallo, decorato con glassa di albume e zucchero ricoperta di confetti e caramelle; è usanza inoltre che i bambini della città lagunare intonino un canto d'augurio casa per casa e negozio per negozio, suonando padelle e strumenti di fortuna, in cambio di qualche monetina o qualche dolcetto (vedi Festa di San Martino).
A Palermo si preparano i biscotti di San Martino abbagnati nn'o muscatu (inzuppati nel vino moscato di Pantelleria), a forma di pagnottella rotonda grande come un'arancia e l'aggiunta nell'impasto di semi d'anice (o finocchio selvatico) che conferisce loro un sapore e un profumo particolare.
Nel Salento, in particolare a Lecce e provincia, il culto del Santo è molto sentito sia a livello religioso che folcloristico. Si organizzano imponenti pranzi e cene con famiglia e amici festeggiando con carne, castagne, pittule salentine e soprattutto vino. Spesso il giorno successivo viene concesso un ingresso posticipato a scuola o al lavoro.
In molte regioni d'Italia l'11 novembre è simbolicamente associato alla maturazione del vino nuovo (da qui il proverbio "A San Martino ogni mosto diventa vino") ed è un'occasione di ritrovo e festeggiamenti nei quali si brinda, appunto, stappando il vino appena maturato e accompagnato da castagne o caldarroste. Sebbene non sia praticata una celebrazione religiosa a tutti gli effetti (salvo nei paesi dove San Martino è protettore), la festa di San Martino risulta comunque particolarmente sentita dalla popolazione locale.
Nel nord Italia, specialmente nelle aree agricole, fino a non molti anni fa tutti i contratti (di lavoro ma anche di affitto, mezzadria, ecc) avevano inizio (e fine) l'11 novembre, data scelta in quanto i lavori nei campi erano già terminati senza però che fosse già arrivato l'inverno. Per questo, scaduti i contratti, chi aveva una casa in uso la doveva lasciare libera proprio l'11 novembre e non era inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di ogni masserizia che si spostavano da un podere all'altro, facendo "San Martino", nome popolare, proprio per questo motivo, del trasloco. Ancora oggi in molti dialetti e modi di dire del nord "fare San Martino" mantiene il significato di traslocare.
Una curiosità: nella antica Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello, San Martino è raffigurato nel mosaico dei 4 grandi Dottori della Chiesa con AmbrogioAgostino e Gregorio Magno al posto di Girolamo.
AMDG et BVM

«La bocca che mente, uccide l'anima» (Sap 1, 11)


Lettura 

Andrea Avellino, chiamato prima Lancellotto, nacque a Castronuovo, borgo della Lucania. 


Si laureò a Napoli in giurisprudenza e, ordinato sacerdote, prese a difendere cause, secondo i sacri canoni, solo nel foro ecclesiastico. 

Ma un giorno, essendogli sfuggita una leggera bugia nel difendere una causa e poco dopo essendosi imbattuto in queste parole della Scrittura: «La bocca che mente, uccide l'anima» (Sap 1, 11), fu preso da tal dolore per la sua colpa che dette l'addio al foro e sollecitò umilmente d'essere ricevuto fra i Chierici regolari Teatini 

Appagato nel suo desiderio, supplicò gli venisse imposto il nome di Andrea per l'immenso amore che portava alla croce. 

Si distinse nell'astinenza e nella pazienza, nel disprezzo e nell'odio di sé.

Propagò in modo mirabile l'ordine dei Chierici regolari. 

Amò e venerò singolarmente la vergine Madre di Dio. 

Infine, dopo aver dato eroici esempi di virtù, carico d'anni e spossato dalle fatiche, mentre stava per celebrare la Messa, dopo aver ripetuto tre volte le parole: «Salirò all'altare di Dio», fu colpito da attacco apoplettico e, munito subito dei sacramenti, serenamente spirò.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.
AMDG et BVM

Enriquecimiento del Misal Romano clásico

El enriquecimiento del Misal Romano clásico 

y los cuatro prefacios "pro aliquibus locis"


El Missale Romanum no es un libro litúrgico fosilizado en un determinado estadio del desarrollo del rito romano, como muchos parecen pensar. Se trata de un libro vivo que –dentro de los límites necesarios impuestos por san Pío V al codificarlo en 1570– ha experimentado no pocos cambios a lo largo de sus cuatro siglos de vigencia indiscutida en la Iglesia Occidental, de modo que la editio typica de 1962 promulgada por el beato Juan XXIII presenta cambios considerables respecto de la editio princeps (adición del nombre del glorioso patriarca San José en el canon, nuevos prefacios y festividades, total remodelación de la Semana Santa, cambios de rúbricas, modificaciones en el calendario, adopción de una nueva notación gregoriana, etc.).

El papa Benedicto XVI, al liberalizar el rito romano al que llama extraordinario, sabiamente fijó como normativo el Misal de 1962 y no las siguientes ediciones (de 1965 y 1967), que han de considerarse no como una normal evolución del Missale Romanum codificado por San Pío V, sino como reformas preliminares en vista al Missale Romanum promulgado por Pablo VI (forma ordinaria del rito romano de la Santa Misa). Con ello se pone el usus antiquior al abrigo de las mismas controversias y la hermenéutica de ruptura respecto de la tradición litúrgica de la Iglesia que se manifestaron justo inmediatamente después de 1962 y que provocaron una verdadera revolución en el culto católico.

Sin embargo el propio papa Ratzinger ha querido que el Misal clásico pueda ser objeto de enriquecimiento, como lo fue normalmente en el pasado, y pueda beneficiarse de los aportes positivos del usus novior. Por ello, en la Carta a los Obispos que acompaña el motu proprio Summorum Pontificum establece claramente: “en el Misal antiguo se podrán y deberán inserir nuevos santos y algunos de los nuevos prefacios”. Es natural que la devoción de muchos católicos quiera nutrirse durante la Santa Misa con el ejemplo y la intercesión de relevantes santos modernos o recientemente canonizados. También es verdad que una mayor variedad de prefacios ayuda a profundizar en los tiempos litúrgicos y misterios, sobre todo en aquellos que en el Misal del beato Juan XXIII no lo tienen aún proprio (como por ejemplo, Adviento, Septuagésima, Santísimo Sacramento, Santos Patronos). Sin embargo, esto parece que aún tardará en llevarse a cabo.

Lo que sí puede comenzar a utilizarse es una serie de cuatro prefacios aprobados por la entonces Sagrada Congregación de Ritos y que fueron insertados en un apéndice bajo el apartado pro aliquibus locis en la última edición del Misal clásico impresa por la editorial Pustet de Ratisbona en 1963. Como se sabe, las concesiones pro aliquibus locis, aunque hechas parta determinadas diócesis, suelen aplicarse con largueza, de modo que puedan aprovecharse de ellas quienquiera siempre que se respeten rúbricas y calendario. Para utilidad de nuestros lectores, publicamos a continuación los cuatro prefacios indicados.
PRAEFATIONES
PRO ALIQUIBUS LOCIS


PRAEFATIO DE ADVENTU
Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens aetérne Deus: per Christum Dóminum nostrum. Quem pérdito hóminum géneri Salvatórem miséricors et fidélis promissísti: cuius véritas instrúere ínscios, sánctitas iustificáret ímpios, virtus adiuváret infírmos. Dum ergo prope est ut véniat quem missúrus es, et dies affúlget liberatiónis nostrae, in hac promissiónum tuárum fide, piis gáudiis exsultámus. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia coeléstis exércitus, hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicéntes: Sanctus...
PRAEFATIO DE SANCTISSIMO SACRAMENTO
Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens aetérne Deus: per Christum Dóminum nostrum. Qui remótis carnálium victimárum inánibus umbris, Corpus et Sánguinem suum nobis in sacrifícium commendávit: ut in omni loco offerátur nómini tuo, quae tibi sola complácuit, oblátio munda. In hoc ígitur inscrutábilis sapientiae, et imménsae caritátis mystério, idípsum quod semel in Cruce perfécit, non cessat mirabíliter operári, ipse ófferens, ipse et oblátio. Et nos, unam secum hóstiam effectos, ad sacrum ínvitat convívium, in quo ipse cibus noster súmitur, recólitur memória Passiónis eius, mens implétur grátia, et futúrae glóriae nobis pignus datur. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia coeléstis exércitus, hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicéntes: Sanctus...
PRAEFATIO DE OMNIBUS SANCTIS ET SS PATRONIS 
Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens aetérne Deus: qui glorificáris in concílio Sanctórum, et eórum coronándo mérita, corónas dona tua: qui nobis eórum praebes, et conversatióne exémplum, et communióne consórtium, et intercessióne subsídium: ut tantam habéntes impósitam nubem téstium, per patiéntiam currámus ad propósitum nobis certámen, et cum eis percipiámus immarcescíbilem glóriae corónam. Per Iesum Christum Dóminum nostrum, cuius sánguine ministrátur nobis intróitus in aetérnum regnum. Per quem maiestátem tuam treméntes adórant Angeli, et omnes spírituum coeléstium chori sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces, ut admítti iúbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes: Sanctus...
PRAEFATIO IN DEDICATIONE ECCLESIAE
Vere dignum et iustum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens aetérne Deus: Qui hanc oratiónis domum, quam aedificávimus, bonórum ómnium largítor inhábitas, et Ecclésiam, quam ipse fundásti, incessábili operatióne sanctíficas. Haec est enim vere domus oratiónis, visibílibus aedifíciis adumbráta, templum habitatiónis glóriae tuae, sedes incommutábilis veritátis, sanctuárium aetérnae caritátis. Haec est arca, qui nos a mundi eréptos dilúvio, in portu salútis indúcit. Haec est dilécta et única sponsa, quam acquisívit Christus sánguine suo, quam vivíficat Spíritu suo, cuius in sinu renáti per grátiam tuam, lacte verbi páscimur, pane vitae roborámur, misericórdiae tuae subsídiis confovémur. Haec fidéliter in terris, Sponso adiuvánte, mílitat, et perénniter in caelis, ipso coronánte, triúmphat. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia coeléstis exércitus, hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicéntes: Sanctus...