giovedì 12 ottobre 2017

La Beata Elena Aiello: riascoltiamola all'inizio del Terzo Millennio dopo C.

Santa Brigida - Santa Bírgita

PAPA  BENEDETTO XVI  

nell' UDIENZA GENERALE 

parla di Santa Brigida di Svezia 

Mercoledì, 27 ottobre 2010



Cari fratelli e sorelle,

nella fervida vigilia del Grande Giubileo dell’Anno Duemila, il beato Giovanni Paolo II proclamò santa Brigida di Svezia compatrona di tutta l’Europa. Questa mattina vorrei presentarne la figura, il messaggio, e le ragioni per cui questa santa donna ha molto da insegnare – ancor oggi – alla Chiesa e al mondo.
Conosciamo bene gli avvenimenti della vita di santa Brigida, perché i suoi padri spirituali ne redassero la biografia per promuoverne il processo di canonizzazione subito dopo la morte, avvenuta nel 1373. Brigida era nata settant’anni prima, nel 1303, a Finster, in Svezia, una nazione del Nord-Europa che da tre secoli aveva accolto la fede cristiana con il medesimo entusiasmo con cui la Santa l’aveva ricevuta dai suoi genitori, persone molto pie, appartenenti a nobili famiglie vicine alla Casa regnante.
Possiamo distinguere due periodi nella vita di questa Santa.
Il primo è caratterizzato dalla sua condizione di donna felicemente sposata. Il marito si chiamava Ulf ed era governatore di un importante distretto del regno di Svezia. Il matrimonio durò ventott’anni, fino alla morte di Ulf. Nacquero otto figli, di cui la secondogenita, Karin (Caterina), è venerata come santa. Ciò è un segno eloquente dell’impegno educativo di Brigida nei confronti dei propri figli. Del resto, la sua saggezza pedagogica fu apprezzata a tal punto che il re di Svezia, Magnus, la chiamò a corte per un certo periodo, con lo scopo di introdurre la sua giovane sposa, Bianca di Namur, nella cultura svedese.
Brigida, spiritualmente guidata da un dotto religioso che la iniziò allo studio delle Scritture, esercitò un influsso molto positivo sulla propria famiglia che, grazie alla sua presenza, divenne una vera “chiesa domestica”. Insieme con il marito, adottò la Regola dei Terziari francescani. Praticava con generosità opere di carità verso gli indigenti; fondò anche un ospedale. Accanto alla sua sposa, Ulf imparò a migliorare il suo carattere e a progredire nella vita cristiana. Al ritorno da un lungo pellegrinaggio a Santiago di Compostela, effettuato nel 1341 insieme ad altri membri della famiglia, gli sposi maturarono il progetto di vivere in continenza; ma poco tempo dopo, nella pace di un monastero in cui si era ritirato, Ulf concluse la sua vita terrena.

Questo primo periodo della vita di Brigida ci aiuta ad apprezzare quella che oggi potremmo definire un’autentica “spiritualità coniugale”: insieme, gli sposi cristiani possono percorrere un cammino di santità, sostenuti dalla grazia del Sacramento del Matrimonio. Non poche volte, proprio come è avvenuto nella vita di santa Brigida e di Ulf, è la donna che con la sua sensibilità religiosa, con la delicatezza e la dolcezza riesce a far percorrere al marito un cammino di fede. Penso con riconoscenza a tante donne che, giorno dopo giorno, ancor oggi illuminano le proprie famiglie con la loro testimonianza di vita cristiana. Possa lo Spirito del Signore suscitare anche oggi la santità degli sposi cristiani, per mostrare al mondo la bellezza del matrimonio vissuto secondo i valori del Vangelo: l’amore, la tenerezza, l’aiuto reciproco, la fecondità nella generazione e nell’educazione dei figli, l’apertura e la solidarietà verso il mondo, la partecipazione alla vita della Chiesa.
Quando Brigida rimase vedova, iniziò il secondo periodo della sua vita. Rinunciò ad altre nozze per approfondire l’unione con il Signore attraverso la preghiera, la penitenza e le opere di carità. Anche le vedove cristiane, dunque, possono trovare in questa Santa un modello da seguire. In effetti, Brigida, alla morte del marito, dopo aver distribuito i propri beni ai poveri, pur senza mai accedere alla consacrazione religiosa, si stabilì presso il monastero cistercense di Alvastra. Qui ebbero inizio le rivelazioni divine, che l’accompagnarono per tutto il resto della sua vita. Esse furono dettate da Brigida ai suoi segretari-confessori, che le tradussero dallo svedese in latino e le raccolsero in un’edizione di otto libri, intitolatiRevelationes (Rivelazioni). A questi libri si aggiunge un supplemento, che ha per titolo appunto Revelationes extravagantes (Rivelazioni supplementari).
Le Rivelazioni di santa Brigida presentano un contenuto e uno stile molto vari. A volte la rivelazione si presenta sotto forma di dialoghi fra le Persone divine, la Vergine, i santi e anche i demoni; dialoghi nei quali anche Brigida interviene. Altre volte, invece, si tratta del racconto di una visione particolare; e in altre ancora viene narrato ciò che la Vergine Maria le rivela circa la vita e i misteri del Figlio. Il valore delle Rivelazioni di santa Brigida, talvolta oggetto di qualche dubbio, venne precisato dal VenerabileGiovanni Paolo II nella Lettera Spes Aedificandi: “Riconoscendo la santità di Brigida la Chiesa, pur senza pronunciarsi sulle singole rivelazioni, ha accolto l'autenticità complessiva della sua esperienza interiore” (n. 5).
Di fatto, leggendo queste Rivelazioni siamo interpellati su molti temi importanti. Ad esempio, ritorna frequentemente la descrizione, con dettagli assai realistici, della Passione di Cristo, verso la quale Brigida ebbe sempre una devozione privilegiata, contemplando in essa l’amore infinito di Dio per gli uomini. Sulla bocca del Signore che le parla, ella pone con audacia queste commoventi parole: “O miei amici, Io amo così teneramente le mie pecore che, se fosse possibile, vorrei morire tante altre volte, per ciascuna di esse, di quella stessa morte che ho sofferto per la redenzione di tutte” (Revelationes, Libro I,c. 59). Anche la dolorosa maternità di Maria, che la rese Mediatrice e Madre di misericordia, è un argomento che ricorre spesso nelle Rivelazioni.
Ricevendo questi carismi, Brigida era consapevole di essere destinataria di un dono di grande predilezione da parte del Signore: “Figlia mia – leggiamo nel primo libro delle Rivelazioni –, Io ho scelto te per me, amami con tutto il tuo cuore ... più di tutto ciò che esiste al mondo” (c. 1). Del resto, Brigida sapeva bene, e ne era fermamente convinta, che ogni carisma è destinato ad edificare la Chiesa. Proprio per questo motivo, non poche delle sue rivelazioni erano rivolte, in forma di ammonimenti anche severi, ai credenti del suo tempo, comprese le Autorità religiose e politiche, perché vivessero coerentemente la loro vita cristiana; ma faceva questo sempre con un atteggiamento di rispetto e di fedeltà piena al Magistero della Chiesa, in particolare al Successore dell’Apostolo Pietro.
Nel 1349 Brigida lasciò per sempre la Svezia e si recò in pellegrinaggio a Roma. Non solo intendeva prendere parte al Giubileo del 1350, ma desiderava anche ottenere dal Papa l’approvazione della Regola di un Ordine religioso che intendeva fondare, intitolato al Santo Salvatore, e composto da monaci e monache sotto l’autorità dell’abbadessa. Questo è un elemento che non deve stupirci: nel Medioevo esistevano fondazioni monastiche con un ramo maschile e un ramo femminile, ma con la pratica della stessa regola monastica, che prevedeva la direzione dell’Abbadessa. Di fatto, nella grande tradizione cristiana, alla donna è riconosciuta una dignità propria, e – sempre sull’esempio di Maria, Regina degli Apostoli – un proprio posto nella Chiesa, che, senza coincidere con il sacerdozio ordinato, è altrettanto importante per la crescita spirituale della Comunità. Inoltre, la collaborazione di consacrati e consacrate, sempre nel rispetto della loro specifica vocazione, riveste una grande importanza nel mondo d’oggi.
A Roma, in compagnia della figlia Karin, Brigida si dedicò a una vita di intenso apostolato e di orazione. E da Roma si mosse in pellegrinaggio in vari santuari italiani, in particolare ad Assisi, patria di san Francesco, verso il quale Brigida nutrì sempre grande devozione. Finalmente, nel 1371, coronò il suo più grande desiderio: il viaggio in Terra Santa, dove si recò in compagnia dei suoi figli spirituali, un gruppo che Brigida chiamava “gli amici di Dio”.
Durante quegli anni, i Pontefici si trovavano ad Avignone, lontano da Roma: Brigida si rivolse accoratamente a loro, affinché facessero ritorno alla sede di Pietro, nella Città Eterna.
Morì nel 1373, prima che il Papa Gregorio XI tornasse definitivamente a Roma. Fu sepolta provvisoriamente nella chiesa romana di San Lorenzo in Panisperna, ma nel 1374 i suoi figli Birger e Karin la riportarono in patria, nel monastero di Vadstena, sede dell’Ordine religioso fondato da santa Brigida, che conobbe subito una notevole espansione. Nel 1391 il Papa Bonifacio IX la canonizzò solennemente.
La santità di Brigida, caratterizzata dalla molteplicità dei doni e delle esperienze che ho voluto ricordare in questo breve profilo biografico-spirituale, la rende una figura eminente nella storia dell’Europa. Proveniente dalla Scandinavia, santa Brigida testimonia come il cristianesimo abbia profondamente permeato la vita di tutti i popoli di questo Continente. Dichiarandola compatrona d’Europa, il Papa Giovanni Paolo II ha auspicato che santa Brigida – vissuta nel XIV secolo, quando la cristianità occidentale non era ancora ferita dalla divisione – possa intercedere efficacemente presso Dio, per ottenere la grazia tanto attesa della piena unità di tutti i cristiani. Per questa medesima intenzione, che ci sta tanto a cuore, e perché l’Europa sappia sempre alimentarsi dalle proprie radici cristiane, vogliamo pregare, cari fratelli e sorelle, invocando la potente intercessione di santa Brigida di Svezia, fedele discepola di Dio e compatrona d’Europa. Grazie per l’attenzione.


SANTA   BRÍGIDA, VIUDA

Día 8 de octubre

Por P. Juan Croisset, S.J.

S
anta Bírgita, llamada vulgarmente Santa Brígida, fue hija de Birgerio, príncipe de la sangre real de Suecia, y de Sigrida, prin­cesa de casa no menos ilustre. Siendo en los dos tan grande la no­bleza, aún era mayor en ambos la virtud. No se reconoció en el reino familia más cristiana, siendo su ejemplar piedad edificación y admi­ración de la corte. Estando Sigrida embarazada de Brígida, corrió gran peligro de naufragar en el mar, de que se libró por un mila­gro. La noche siguiente se la apareció en sueños un venerable an­ciano, que la dijo haberla salvado Dios la vida por la niña que traía en sus entrañas, y la añadió: Críala con cuidado, porque ha de ser una gran santa.

Nació Brígida por los años de 1302, y fué acompañado su naci­miento de una extraña maravilla; porque, habiendo estado tres años sin poder pronunciar palabra, tanto que se llegó á temer quedase para siempre muda, de repente se le desató la lengua y comenzó á hablar, no ya tartamudeando como los demás niños, sino con tanta libertad y con tanto vigor en la pronunciación como cualquiera per­sona de avanzada edad. Poco después perdió á su madre, y su padre Birgerio confió su educación á una tía suya, cuya virtud y capaci­dad tenía muy conocidas. Estando un día en su cuarto se le apareció la santísima Virgen rodeada de celestial resplandor, con una corona de inestimable precio en la mano, y la convidó á que fuese á reci­birla. Arrebatada de gozo la bendita niña, corrió apresuradamente á Ella, y se arrojó á los pies de la Señora llamándola su querida Madre, quedando este insigne favor tan fuerte y tan tiernamente impreso en su corazón y en su memoria, que le tuvo presente toda la vida, durándola por toda ella los efectos de su dulcísima ternura.

Aun no había cumplido los diez años cuando oyó un sermón de la pasión de Cristo, el que se la imprimió tan vivamente en el alma, que aquella misma noche tuvo otra visión aun más tierna que la pre­cedente. Apareciósela el divino Salvador del mismo modo que estu­vo en la Cruz cuando le clavaron en ella, pero cubierto todo de la sangre que derramaban sus llagas. Penetrada de un vivísimo dolor á vista de tan lastimoso objeto, exclamó con amoroso suspiro: ¡Ah, Señor! ¿Y quién os puso tan recientemente en ese doloroso estado? [Nuestro Sr. Jesucristo ya no sufre en la gloria, pero sufrió por nuestros pecados durante 33 años cuando estaba en la tierra]---Aquéllos, respondió el Señor, que des­precian mis manda­mientos y, mostrán­dose insensibles á lo que padecí por ellos, corresponden á los excesos de mi amor con excesos de in­gratitud. Desde aquel punto quedó tan conmovida con aquella visión, que en adelante no po­día pensar en la pa­sión del Señor sin exhalarse en suspi­ros y sin deshacerse en lágrimas. Nun­ca se la borró de la imaginación aque­lla imagen del Sal­vador; en todas partes la tenía presen­te y, cuando estaba bordando, se veía muchas veces pre­cisada á interrum­pir la labor por la abundancia de las lágrimas. Habíala señalado su tía la tarea para cada día, temiendo que dedicase de­masiado tiempo á la contemplación; y, queriendo un día observar en qué se ocupaba la tierna princesita, la vio con la aguja en la mano, la labor sobre las rodillas, los ojos elevados al cielo, inmóvil  y de­rritiéndose en lágrimas; pero notó que otra doncellita de extraordi­naria hermosura estaba trabajando en su misma labor, mientras ella se mantenía toda enajenada en su Dios. Asombrada la virtuosa señora de una y otra maravilla, cogió disimuladamente la labor de Brígida y la guardó con el mayor cuidado como preciosa reliquia.

Cuando cumplió los trece años, el príncipe su padre, sin atender á sus deseos de no admitir otro esposo que á Jesucristo, la casó con un joven señor, llamado Walfango, príncipe de Nericia. Echó Dios la bendición á este matrimonio, en el cual la eminente virtud de la mujer muy desde luego se comunicó al marido, siendo uno de los más ejemplares príncipes de la corte, y toda la familia una de las más cristianas que jamás se vieron, porque Brígida, igualmente san­ta cuando casada que cuando soltera, fue la admiración del pueblo, y santificó á toda su casa. Concedióla Dios cuatro hijos y cuatro hijas. Carlos y Bergerio, dos príncipes cabales, murieron en la Pa­lestina yendo á la guerra contra los infieles; á Benito y Guzmar los encontró maduros el Cielo antes que la edad estragase su inocencia. Sus hijas Margarita y Cecilia fueron en la corte dos perfectos mo­delos de señoras cristianas; Ingeburgis mereció ser venerada por una de las santas religiosas de su tiempo, y la menor de todas fue la ilustre Santa Catalina de Suecia. La santidad de los hijos fue fruto de la educación y de los grandes ejemplos de la virtuosa madre. Consideró siempre el cuidado de su familia como la primera de todas sus obligaciones; y, aunque dedicada toda á obras de caridad, nunca la pudieron distraer sus devociones de lo que debía á sus hijos y á sus criados.

Deseaba con tan vivas ansias la salvación de su marido, que, no satisfecha con las continuas oraciones que hacía á Dios por él, ni con dirigirle con sus consejos y animarle con sus ejemplos, hacía todo lo posible para que perdiese el gusto del mundo y hacerle gus­tar de Dios. Así sus conversaciones como sus reflexiones, meditacio­nes y lecturas, todas se encaminaban á hacer cada día más cristiano á aquel querido esposo; y con el fin de desprenderle de ciertas incli­naciones que le tenían aún asido al amor de su país, le persuadió a que emprendiese la penosa peregrinación á Santiago de Compostela de Galicia, y ella misma quiso también hacerle compañía en aquel devoto y tra­bajoso viaje. Pudiéronle hacer con toda comodidad, pero sólo dieron oídos al espíritu de penitencia con que le habían determinado. Al Volver de su peregrinación cayó Walfango gravemente enfermo en la ciudad de Arras; pero Dios le restituyó la salud por las oraciones de su santa mujer, á quien se la apareció San Dionisio, de quién era muy devota, y, asegurándola del recobro de su marido, le mani­festó lo que Dios quería de ella. Luego que se restituyeron á Suecia, se sintió Walfango tan disgustado del mundo, que hizo voto, consin­tiéndolo su mujer, de dejarle enteramente, haciéndose religioso. Así lo ejecutó, tomando el habito en el monasterio de Albastro, de la Or­den del Cister, donde murió santamente el día 26 de Julio, como se lee en el Menologio de la Orden.

Hallándose ya nuestra Santa enteramente libre de todos los lazos, sólo se aprovechó de su mayor libertad para hacer una vida más penitente y más perfecta. Hechas las particiones de los bienes entre los hijos, con ocasión del luto se vistió el traje de penitencia. Con­denó el mundo esta resolución, y se burló de ella la corte; pero ni la corte ni el mundo eran su regla. Manifestóla luego el Señor cuán grata le había sido la determinación que había tomado, porque se la apareció Jesucristo rodeado de una resplandeciente luz y la dijo que la tomaba por esposa suya, y que la manifestaría varios secre­tos conducentes á la salvación de muchas almas escogidas, y la aña­dió: Presta, pues, oídos á mi voz con humildad, y da fiel cuenta á tu confesor de todo lo que Yo te descubriere en adelante.
En los treinta años que sobrevivió á su marido juntó perfecta­mente las obligaciones de la vida interior con los ejercicios de la más ardiente caridad, de la más tierna devoción y de la más aus­tera penitencia. No usó cosa de lienzo en aquellos treinta años; cu­brió su cuerpo con un áspero cilicio, y traía á raíz de sus carnes una cuerda llena de nudos que se metían dentro de ellas. Su cama era una sola manta tendida sobre unos palos, sin que los excesivos fríos de Suecia la rindiesen á buscar otro abrigo para defenderse de ellos. Hacía tantas genuflexiones, postrábase tantas veces, y besaba la tierra con tanta frecuencia, que no se comprendía cómo era capaz de resistir á tan rigurosas penitencias una princesa tan delicada y de tan débil complexión.

No hubo en el mundo persona de más ingeniosa inventiva para darse á sí misma en qué padecer. Ayunaba cuatro días en la sema­na, y los viernes á pan y agua. No era menos penitente en sus vigi­lias. Pasaba la mayor parte de la noche en oración, interrumpién­dola sólo cuando la vencía el sueño por poco tiempo. Era tan dulce y tan suave con los otros como severa y rigurosa consigo misma; pero su caridad y su amabilidad se explicaban particularmente con los pobres. Cada día daba de comer á doce, sirviéndolos ella misma á la mesa.
Fundó en Wastein un monasterio para religiosas, y admitió en él hasta sesenta, á quienes dio unas constituciones que se conocía bien ser dictadas por el espíritu de Dios. Brindó también con ellas á vein­ticinco religiosos que vivían bajo la Regla de San Agustín; admitié­ronlas con gusto, y éste fue el origen de aquella religión monacal que se llamó después del Salvador, ó los monjes brigitanos, y fue aprobada por la Silla Apostólica.
Había dos años que estaba retirada en su monasterio de Wastein, cuando se la apareció Nuestro Señor y la dijo ser su voluntad que fuese en peregrinación á Roma, para venerar las reliquias de tantos santos, y singularmente el sepulcro de los Santos Apóstoles. Obede­ció ; y, sin acobardarla las dificultades de un viaje tan trabajoso y tan largo, se puso en camino, acompañada de su querida hija Cata­lina. En Roma brilló más que en otra parte el resplandor de su emi­nente santidad. Todas las curiosidades que se admiran en aquella capital del Universo no fueron capaces de despertar ni aun ligeramente la suya. No salía de casa con su hija sino para visitar las estaciones y para ejercitarse en buenas obras. Después que satisfizo en Roma sus devociones, se sintió inspirada del Señor para ir á visitar los Lugares Santos de Jerusalén y de Palestina. Sólo tardó en obedecer lo que tardó en asegurarse ser aquélla la voluntad del Se­ñor. Inmediatamente que la conoció, ninguna consideración fue bas­tante para detenerla. Embarcóse con su amada hija Santa Catalina, y en el discurso de aquel penoso y dilatado viaje experimentó sensi­bles pruebas de la divina protección. Luego que llegó á Tierra San­ta se encaminó á Jerusalén, y visitó los Santos Lugares con extra­ordinaria devoción.

Ya había mucho tiempo que Santa Brígida arrastraba una salud muy débil, y que; cada día lo iba siendo más al rigor de sus peniten­cias y de sus frecuentes enfermedades. Partió de Jerusalén, para res­tituirse á Italia, con una calentura lenta, acompañada de tanta flaqueza de estómago, que se temía mucho de su vida; no hubiera po­dido aguantar tan dilatado viaje, á no haberla sostenido su natural espíritu y su íntima unión con Dios; pero, en llegando á Roma, se le agravó la enfermedad. Apareciósela el Señor, aseguróla de su eter­na bienaventuranza, prescribióla lo que debía hacer hasta que lle­gase el tiempo de gozarla, señalóla el día, la hora y el momento de su preciosa muerte, y la manifestó muchos sucesos que se verifica­ron después. En fin, el día 23 de Julio del año de 1373, á los setenta y un años de su edad, colmada de merecimientos y recibidos los sacramentos de la Iglesia, rindió su alma á Dios entre los brazos de su querida hija Santa Catalina.

Tres días después se dio sepultura al santo cuerpo en la iglesia de las religiosas de Santa Clara del convento de San Lorenzo, llamado in Pane et perna, pero con el hábito de las religiosas de San Salva­dor de Wastein. Un año después de su muerte fue elevado desde la tierra y trasladado á Suecia, á solicitud de su hijo Bergerio y de su hija Santa Catalina. A los muchos milagros que hizo en vida, se si­guió la multitud de los que obró Dios después de muerta. San Antonino cuenta diez muertos resucitados, con crecido número de estas maravillas ; en cuya virtud el Papa Bonifacio IX se resolvió á publicarla bula de su canonización el año de 1391, después de las informaciones y formalidades acostumbradas. Por haberse celebrado en Roma esta ceremonia el día 7 de Octubre, se fijó entonces la fiesta á este mis­mo día, y después se transfirió al día siguiente. Quedóse Roma con un brazo de la Santa, é inmediatamente después de su canonización se erigió en su honor una magnífica capilla en el mismo lugar de su sepultura. Tenemos un volumen entero de sus revelaciones, repar­tidas en ocho libros; las cuales fueron aprobadas por los Padres del Concilio de Basilea, después de haberlas examinado de orden del mismo Concilio el sabio Juan de Torquemada, maestro á la sazón del Sacro Palacio, y después cardenal, quien declaró no haber ha­llado en dichas revelaciones cosa contraria á la Sagrada Escritura, á la regla de las buenas costumbres ni á la doctrina de los santos Padres.


La Misa es en honor de Santa Brígida, y la oración la qne sigue:

¡Dios y Señor nuestro, que por medio de tu Unigénito Hijo reve­laste á la bienaventurada Brígida muchos secretos celestiales ! Con­cédenos por su intercesión que nosotros, siervos tuyos, seamos col­mados de alegría, descubriéndonos tu gloria. Por Nuestro Señor Jesucristo, etc.                                .

La Epístola es de la primera del apóstol San Pablo a Timoteo, cap. 5.

Carísimo: Honra á las viudas que son verdaderamente viudas. Mas si alguna tiene hijos, ó sobrinos, aprenda primero á gobernar su casa, y pagar lo que debe á sus padres, porque esto es acepto delante de Dios. Aquella que es verdadera­mente viuda, desamparada y abandonada, espere en Dios, é inste con plegarias y oraciones día y noche. Porque la que vive en delicias, viviendo está muerta. Y mándalas esto para que sean irreprensibles. Y si alguno no cuida de los suyos, especialmente de los que son de su casa, negó la fe, y es peor que un infiel. Elíjase la viuda de no menos que sesenta años, que haya sido mujer de un solo marido, y que testifique con las buenas obras si ha educado á los hijos, si ha ejercitado la hos­pitalidad, si ha lavado los pies á los santos, si ha socorrido á los que padecían tribulación, si se ha ocupado en toda obra buena.

REFLEXIONES

El que no cuida de los suyos, particularmente de sus domésticos, negó la fe y es peor que un gentil. Una de las obligaciones más esen­ciales y más importantes de los padres y de las madres de familia es la educación de sus hijos y el cuidado de sus domésticos. En aquel magnífico elogio que hace el Espíritu Santo de una mujer cabal y perfecta, insiste principalmente en su grande vigilancia sobre su fa­milia. Así, las particularidades á que desciende, individualizando los efectos de esta vigilancia, como las voces con que exalta su emi­nente virtud, acreditan bien que todo el mérito de una mujer casa­da se ha de medir por su desvelo en la buena educación de sus hijos y en la vida cristiana de sus criados. Animado San Pablo del mis­mo espíritu, hace aún más visible la importancia de esta obligación, comparando á los que se descuidan de ella con los que apostatan de la fe. Entregados los padres á sus negocios ó á sus pasatiempos, abandonan los hijos á sus pasiones y á su destino. Si se ven tantos mozos mal criados; si en estos tiempos se llora generalmente co­rrompida la juventud; si en la mayor parte de los jóvenes apenas se reconoce cosa que huela á religión; si triunfa la impiedad de la gente moza y disoluta hasta en el sagrado del templo, todos estos escánda­los y todos estos desórdenes son obra de los malos ejemplos y de la culpable indolencia de los padres. Paréceles á muchos padres que remedian el contagio entregando sus hijos á un maestro ó á una aya, y que éstos han de ser únicamente responsables de su salvación, siendo así que ésta la puso Dios á cuenta de los mismos padres. ¡Oh santo Dios, y cuántos de éstos se condenan por no haber cuidado de sus domésticos y por haber descuidado de sus hijos!

El Evangelio es del cap. 13 de San Mateo.

En aquel tiempo dijo Jesús á sus discípulos esta parábola: Es semejante el Reino de los Cielos á un tesoro escondido en el campo, que el hombre que le halla le esconde y muy gozoso de ello va y vende cuanto tiene, y compra aquel campo. También es semejante el Reino de los Cielos al comerciante que busca piedras pre­ciosas y, en hallando una, fue y vendió cuanto tenía y la compró. También es semejante el Reino de los Cielos á la red echada en el mar, que coge toda suerte de peces, y en estando llena la sacaron y sentáronse á la orilla, escogieron los buenos en sus vasijas, y echaron fuera los malos. Así sucederá en el fin del siglo. Saldrán los Ángeles, y apartarán los malos de entre los justos y los echarán en el horno de fuego; allí habrá llanto y rechinamiento de dientes. ¿Habéis entendido todo esto? Respondiéronle: Sí. Por eso todo escriba instruido en el Reino de los Cielos es semejante á un padre de familias, que saca de su tesoro lo nuevo y lo viejo.

MEDITACIÓN

Del buen ejemplo.

Punto primero.—Considera que el buen ejemplo es una elocuen­cia muda, una palabra obradora que, insinuándose insensiblemente en el alma, va ganando poco á poco el corazón, y por medio de una dulce pero eficaz persuasión se hace absolutamente dueño de la vo luntad. Todos nos inclinamos naturalmente á la imitación. Por lo común se hace aquello mismo que se ve hacer á otros. En vano se esforzaban los filósofos antiguos en exhortar á sus discípulos á que caminasen por el camino de la virtud, intentando persuadirlos con razones fuertes, con discursos sublimes, con pensamientos finos, in­geniosos y delicados que no había cosa más útil, más bella ni más amable: siempre eran más los que imitaban sus acciones que los que practicaban su doctrina; por más que hicieron para convencerlos so­bre este punto de filosofía moral, nunca lograron persuadir á otros, con la verdad y con la solidez de sus sentencias, que siguiesen aquel camino de que ellos mismos se desviaban con la corrupción de sus costumbres. El discurso agrada, el argumento convence, pero el ejemplo persuade: él solo hace la verdad sensible, responde muda­mente á las objeciones, muestra posible la práctica y allana todas las dificultades. Conocen todos que la virtud es amable, y no es me­nester mucho entendimiento para convenir en que la vida inocente, cristiana y pura está llena de grandes consuelos; que la bondad es respetable, que es loable la regularidad, y que la santidad es digna de la mayor veneración. Pero sale el amor propio representando mil dificultades á la razón; subscríbelas, abrázalas ciegamente el cora­zón, y esto es lo que hace poco eficaz el convencimiento. Todos es­tos obstáculos los desvanece de un solo golpe el buen ejemplo.

Punto segundo.—Considera que por lo mismo que el buen ejem­plo es tan poderoso para persuadir, por lo mismo seremos nosotros más inexcusables si no le seguimos, y más delincuentes si no le da­mos. Ninguna cosa hace más culpable nuestra cobardía, ninguna avergüenza más nuestra pusilanimidad, ninguna destruye más in­venciblemente nuestros falsos pretextos, que el ejemplo de tantos buenos, cuya virtud formará nuestro proceso y pondrá perpetuo si­lencio á nuestras frívolas excusas. Los ejemplos de los santos son, por decirlo así, la desesperación de los precitos. El fin que tiene la Iglesia en ponernos todos los días á la vista tantos santos de nuestra misma esfera, de nuestra misma profesión y de nuestra misma edad, no es otro que vencer nuestra cobardía, ó á lo menos hacer menos excusable nuestra pusilanimidad. ¡Cosa extraña! Admíranse las virtudes de los santos; alábase su fidelidad á la gracia; ensálzanse sus méritos, su valor; envidiase su dicha; mas, por lo que toca á sus ejemplos, ésos se dejan para que los imiten otros santos.

No permitáis, Señor, que pase más adelante mi indiferencia por mi eterna salvación. ¡Oh, y cuánto tengo de qué acusarme en este punto, y cuánto tenéis Vos de qué reconvenirme! Pero, Dios mió, es­tos grandes ejemplos que me proponéis ya no serán inútiles para mí, y espero me daréis gracia para imitarlos.

JACULATORIAS
Emulemos santamente lo bueno, para practicar siempre lo que lo es.—Gal., 4.

Guárdate de seguir el ejemplo de los malos y de desear su perni­ciosa compañía.—Prov., 24.

PROPÓSITOS

1.    Persuadido ya al poder del buen ejemplo, á la obligación que tienes de seguirle, no menos que la que también te incumbe de dar­le, toma desde este mismo punto una fuerte resolución de cumplir exactamente con uno y otro deber. Aprovéchate de los buenos ejem­plos que tienes delante de los ojos, y procura dárselos tú mismo á otros. Débeslos en primer lugar á tu familia, á tus domésticos, á tus súbditos, á tus dependientes y á todos aquellos que tratas con frecuencia. También el público tiene derecho á este socorro de edificación; aunque seas el hombre más desconocido, el más solitario del mundo, siempre debes este buen ejemplo á tus hermanos.


2.    ¿Te faltan talentos y medios para procurar la gloria de Dios y la salvación de las almas? Pues consuélate con que en tu vida ajustada y ejemplar tendrás el talento más precioso y el medio más eficaz para convertirlas. Un superior, cuya vida es la regla anima­da; un noble, un ilustre caballero de costumbres irreprensibles; un padre, una madre de familias verdaderamente cristianos; una se­ñora principal, sumamente ajustada y ejemplar, ¡oh, y con qué efi­cacia persuaden á la virtud! ¡Oh, y cuánto bien hacen en las almas, cada uno en su estado y por su camino! Sé tú de este número.

AMDG et BVM

“Siate buoni, amate il Signore, pregate per quelli che non lo conoscono. Sapeste che grande grazia è conoscere Dio!”


SANTA GIUSEPPINA BAKHITA VERGINE 
DELLE FIGLIE DELLA CARITA’ CANOSSIANE 

“LA MADRE MORETA” 

 Concluse la sua vita terrena a Schio (Vicenza), l’8 Febbraio del 1947, nella casa della sua Comunità, all’età di 78 anni, cinquanta dei quali trascorsi come umile Figlia della Carità, vera testimone dell’amore di Dio, prestandosi alle varie occupazioni cui era chiamata di volta in volta : ora cuciniera, ora sagrestana, ora aiuto infermiera (durante la prima guerra mondiale), ora guardarobiera, ora ricamatrice, ora (dal 1922) portinaia. Quando si dedicò a quest’ultimo servizio, le sue mani dolci e carezzevoli si posavano sulle teste dei bambini che frequentavano le scuole dell’Istituto, ed a loro, la sua voce amabile, che aveva l’inflessione delle nenie della sua terra, giungeva gradita, come pure confortevole ai poveri ed ai sofferenti, incoraggiante a quanti bussavano alla porta dell’Istituto. Veniva infatti dalle lontane terre di Oglassa , piccolo villaggio del Darfur nel Sudan Occidentale, ove era nata nel 1869. Nipote del capotribù, aveva tre fratelli, una sorella gemella ed una già sposata. Un giorno la sorella maggiore fu rapita da razziatori arabi, venditori di schiavi, e anche lei, intorno ai sei anni, subì la stessa sorte. Fu rinchiusa in un porcile, ove rimase per giorni e giorni, dimenticando alla fine le sue origini, assumendo il nome, impostole dai suoi aguzzini, di Bakhita che significa “felice”,”fortunata”. 

 Fu venduta più volte al mercato degli schiavi di El Obeid e di Khartoum. Venne ceduta ad un generale turco, nella cui famiglia subì umiliazioni, sofferenze fisiche e morali ; venne financo tatuata, in modo cruento, sul ventre, sul braccio destro e sul petto, disegnandole oltre cento segni, incisi poi con un rasoio e ricoperti di sale, al fine di ottenere cicatrici permanenti : si riprese dopo due mesi. 

 Dopo un anno, dal generale turco, deciso a tornare in Turchia, venne venduta al Console italiano a Khartoum, Callisto Legnani. Nella sua casa fu accolta, per la prima volta, umanamente e potè indossare una tunica (il console già in precedenza aveva comprato bambini schiavi per restituirli alle loro famiglie ; per Bakhita ciò non fu possibile per il vuoto di memoria della bimba sulla sua provenienza). 

I modi affettuosi e paterni del Console suscitarono in lei domande che non si era mai posta, come :”Chi è che accende in cielo tutti quei puntini luminosi ?” Presso di loro trascorse serenamente due anni, lavorando con gli altri domestici senza essere più considerata una schiava. Quando nel 1884, per la rivolta mahadista, il console dovette fuggire da Khartoum, Bakhita lo supplicò di non abbandonarla. Assieme al console ed un suo amico, Augusto Michieli, raggiunse il porto di Suakin sul Mar Rosso, da dove, dopo un mese, partirono per Genova. 

 All’arrivo in Italia, per le insistenze della moglie del Michieli, il console acconsente a che Bakhita vada nella casa dei suoi amici a Zianigo (fraz. di Mirano Veneto). Qui, la nostra futura santa, rimane tre anni, divenendo la bambinaia di Mimmina, la figlia dei Michieli che nel frattempo era nata. La piccola le si affeziona e la chiama la sua ”mammina negra” . Viene poi data in affidamento temporaneo, per dieci mesi, assieme a Mimmina , all’Istituto dei Catecumeni in Venezia, gestito dalle Figlie della Carità (Canossiane), poiché i coniugi Michieli rientravano in Africa, per gestire un loro albergo a Suakin. Ospitata gratuitamente come catecumena, Bakhita comincia così a ricevere un’istruzione religiosa cattolica, ed è qui che matura il convincimento di donarsi completamente a Dio, che lei chiamava, con espressione dolce,”el me Paròn”. 

 Quando la signora Michieli ritorna dall’Africa per riprendersi sia la figlia che Bakhita, la nostra piccola santa oppone un netto rifiuto, manifestando la ferma decisione di rimanere presso le suore Canossiane. Pur contrastando tenacemente tale proposito, alla fine la signora Michieli deve arrendersi ai disegni della Divina Provvidenza che aveva deciso altrimenti. 
Il 29 Novembre 1889 Bakhita viene dichiarata legalmente libera e rimane nel convento delle Canossiane. Da questa data è un continuo susseguirsi di tappe di avvicinamento a Nostro Signore . Il 9 Gennaio 1890 riceve i sacramenti dell’iniziazione cristiana con i nomi di Giuseppina Margherita Fortunata. Quel giorno non sapeva come esprimere la sua gioia ed in seguito la si vide spesso baciare il fonte battesimale e dire : “Qui sono diventata figlia di Dio”. 

Il 7 Dicembre 1893 entra nel noviziato. L’8 Dicembre 1896 pronuncia i suoi primi voti religiosi. Nel 1902 viene trasferita in un convento dell’ordine, a Schio (Vicenza), ove trascorrerà il resto della sua vita. La sua umiltà, la sua semplicità ed il suo costante sorriso conquistarono il cuore di tutti i cittadini di Schio che la ribattezzarono “Madre Morèta”. 

Le consorelle la stimavano per la sua dolcezza inalterabile, la sua squisita bontà ed il suo profondo desiderio di far conoscere il Signore. Diceva : “Siate buoni, amate il Signore, pregate per quelli che non lo conoscono. Sapeste che grande grazia è conoscere Dio!” 

 Il suo carisma e la sua fama di santità vennero notati dai suoi superiori, che più volte le chiesero di dettare le sue memorie. 
Un primo racconto venne dettato a suor Teresa Fabris nel 1910, che produsse un manoscritto di 31 pagine. 
Un secondo racconto fu dettato a suor Mariannina Turco, ma è andato perduto. Su richiesta della Superiora generale dell’Ordine, venne intervistata a Venezia, nel Novembre del 1930, da Ida Zanolini, laica canossiana, la quale, nel 1931 pubblicò il libro “Storia Meravigliosa” che venne ristampato 4 volte nel giro di sei anni. 

Bakhita divenne così famosa in tutta Italia e iniziò a girare tutta la Penisola per tenere conferenze di propaganda missionaria. Era molto timida e si esprimeva solo in lingua veneta. Nel Dicembre 1936, con un gruppo di missionarie, venne ricevuta da Mussolini, a Roma. Dal 1939 cominciò ad avere problemi di salute e non si allontanò più da Schio.

Venne la vecchiaia, venne la malattia lunga e dolorosa, ma Madre Bakhita continuò ad offrire testimonianza di fede, di bontà e di speranza cristiana. A chi le chiedeva come stesse, rispondeva sorridendo : “Come vòl el Paròn” Per i suoi carnefici diceva : ”Poveretti, non sapevano di farmi tanto male”. Per i suoi rapitori ebbe a dire : “Mi inginocchierei davanti a loro, perché senza di essi non sarei cristiana, né suora”. 

 Nell’agonia rivisse i giorni della sua schiavitù e più volte supplicò l’infermiera che l’assisteva : ”Mi allarghi le catene….pesano!”. Fu Maria Santissima a liberarla da ogni pena. Le sue ultime parole furono : “La Madonna! La Madonna! Negli ultimi momenti le fu accanto don Giovanni Munari, (sacerdote, a lei legato da profonda riconoscenza, perché da seminarista, ammalato e ricoverato in sanatorio, a Bassano, per le preghiere ed offerte della Santa, ottenne la guarigione) pronunciando su di lei le preghiere dell’ultima ora : “Proficiscere, anima christiana….. Parti anima cristiana e và incontro al tuo Dio….”. “Sì, sì, - rispose -“Madre Morèta” è ora che vada al me Paròn”. E si spense. 

La salma della Santa riposa nel Tempio della Sacra Famiglia del Convento delle Canossiane di Schio dal 1969. Il processo per la causa di Canonizzazione iniziò dodici anni dopo la sua morte , ed il 1 Dicembre 1978 la Chiesa emanò il decreto sull’eroicità della sue virtù. 
Viene beatificata da Giovanni Paolo II il 17 Maggio 1992 e canonizzata dallo stesso Papa il 1 Ottobre 2000. 

Papa Benedetto XVI l’ha definita, nell’Enciclica Spe salvi, testimone di speranza, luminoso esempio di generosità nel perdono e di grande fiducia in Dio. Di fronte al mondo di oggi, mai soddisfatto, sempre alla ricerca del potere, del possesso, dei piaceri, l’esempio di Bakhita mette in guardia da ciò che ci allontana da Dio e ci rende schiavi del proprio Io e delle proprie passioni. Santa Giuseppina Bakhita è la Santa protettrice degli schiavi. 

Gianni Mangano 
“Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria ,
tua amatissima Sposa”

Ite ad Joseph : Andate da Giuseppe


Messaggio del Cuore Castissimo di S.Giuseppe (4°)

Manaus


4.3.1998, hs 21,10


Come al solito, dopo le preghiere, San Giuseppe è apparso nella mia camera per comunicare il suo messaggio. In questa notte, egli è venuto con un manto color vino e una tunica verde. Teneva qualcosa, come un bastone, nella mano destra e mi mostrava il suo cuore castissimo, che emetteva raggi di luce molto forti.

San Giuseppe:
"Mio caro figlio, oggi è il primo mercoledì del mese. In ogni primo mercoledì del mese, il mio cuore castissimo dirama innumerevoli grazie sopra tutti coloro che ricorrono alla mia intercessione. In questi mercoledì gli uomini non riceveranno una pioggia di grazie, ma torrenti fortissimi di grazie straordinarie, poiché condivido con tutti coloro che mi onorano e che ricorrono a me tutte le grazie, tutte le benedizioni, tutte le virtù e tutto l'amore che ho ricevuto dal mio divino Figlio Gesù e dalla mia Sposa Maria Santissima quando ancora vivevo in questo mondo e tutte le grazie che ora continuo a ricevere nella gloria del Paradiso.

Mio caro figlio, che grande onore e dignità ho ricevuto dal Padre Celeste, che ha fatto esultare di gioia il mio cuore. Il Padre Celeste mi ha concesso l'onore di poterlo rappresentare in questo mondo, per poter avere cura del suo divino e amato Figlio Gesù Cristo.

Il mio cuore rimase anche sorpreso per tanta dignità, poiché Io mi sentivo incapace, indegno per così grande favore e beneficio, ma misi tutto nelle mani del Signore e come Suo servo ero disposto a compiere la Sua Santissima volontà.

Pensa, mio caro figlio, che felicità sentiva il mio cuore: il Figlio dell'Altissimo ora stava sotto le mie cure ed era conosciuto da tutti gli uomini come mio figlio legittimo. Agli occhi degli uomini, questo era impossibile, ma per Dio tutto è possibile, quando Lui vuole così. 

Per questa grande grazia e gioia che Dio ha concesso al mio cuore e per così grande mistero, PROMETTO di chiedere dinanzi a Lui per tutti coloro che ricorreranno a me, onorando questo mio cuore, la grazia di poter risolvere i problemi più difficili e le necessità più urgenti, che agli occhi degli uomini sembrano impossibili da risolvere, ma che per la mia intercessione presso Dio diventeranno possibili.

Benedico in questa notte tutta l'umanità. Spargo le grazie del mio cuore sopra tutti i peccatori affinché si convertano. Il mio cuore dirama i suoi raggi di amore sopra tutta la Santa Chiesa, specialmente sopra il vicario del mio figlio Gesù , il Papa Giovanni Paolo II. Nessuno come lui ha un accesso così speciale a questo mio cuore. Che egli confidi in questo mio cuore e nella mia intercessione, poiché io sono per il Santo Padre come un padre e protettore.
Benedico tutti: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. A presto!

Edson Glauber e Maria do Carmo

mercoledì 11 ottobre 2017

Cantáte Dómino cánticum novum, quia mirabília fecit.

Die 11 Octobris

MATERNITATIS

BEATAE MARIAE VIRGINIS

Duplex II classis

Introitus Isai. 7, 14
ECCE Virgo concípiet, et páriet Fílium, et vocábitur nomen ejus Emmánuel. Ps. 97, 1 Cantáte Dómino cánticum novum, quia mirabília fecit. V/. Glória Patri.



Oratio

DEUS, qui de beátae Maríae Vírginis útero Verbum tuum, Angelo nuntiánte, carnem suscípere voluísti: praesta supplícibus tuis ; ut, qui vere eam Genitrícem Dei crédimus, ejus apud te intercessiónibus adjuvémur. Per eúmdem Dóminum.



Léctio libri Sapiéntiae.


Eccli. 24, 23-31

EGO quasi vitis fructificávi suavitátem odóris: et flores mei, fructus honóris et honestátis. Ego mater pulchrae dilectiónis, et timóris, et agnitiónis, et sanctae spei. In me grátia omnis viae et veritátis: in me omnis spes vitae et virtútis. Transíte ad me omnes qui concupíscitis me, et a generatiónibus meis implémini. Spíritus enim meus super mel dulcis, et heréditas mea super mel et favum. Memória mea in generatiónes saeculórum. Qui edunt me, adhuc esúrient: et qui bibunt me, adhuc sítient. Qui audit me, non confundétur: et qui operántur in me, non peccábunt. Qui elúcidant me, vitam aetérnam habébunt.


Graduale Isai. 11, 1-2 Egrediétur virga Jesse, et flos de radíce ejus ascéndet. V/. Et requiéscet super eum Spíritus Dómini.
Allelúja, allelúja. V/. Virgo Dei Génitrix, quem totus non capit orbis, in tua se clausit víscera factus homo. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.


Luc. 2, 43-51

IN illo témpore: Cum redírent, remánsit puer Jesus in Jerúsalem, et non cognovérunt paréntes ejus. Existimántes autem illum esse in comitátu, venérunt iter diéi, et requirébant eum inter cognátos, et notos. Et non inveniéntes, regréssi sunt in Jerúsalem, requiréntes eum. Et factum est, post tríduum invenérunt illum in templo sedéntem in médio doctórum, audiéntem illos, et interrogántem eos. Stupébant autem omnes, qui eum audiébant super prudéntia, et respónsis ejus. Et vidéntes admiráti sunt. Et dixit mater ejus ad illum: Fili, quid fecísti nobis sic ? ecce pater tuus, et ego doléntes quaerebámus te. Et ait ad illos: Quid est quod me quaerebátis ? nesciebátis quia in his quae Patris mei sunt, opórtet me esse ? Et ipsi non intellexérunt verbum quod locútus est ad eos. Et descéndit cum eis, et venit Názareth: et erat súbditus illis.

Credo.

Offertorium Matth. 1, 18 Cum esset desponsáta mater ejus María Joseph, invénta est in útero habens de Spíritu Sancto.

Secreta

TUA, Dómine, propitiatióne, et beátae Maríae semper Vírginis Unigéniti tui Matris intercessióne, ad perpétuam atque praeséntem haec oblátio nobis profíciat prosperitátem et pacem. Per eúmdem Dóminum.


Praefatio de beata Maria Virgine Et te in Festivitáte.


Communio Beáta víscera Maríae Vírginis, quae portavérunt aetérni Patris Fílium.

Postcommunio

HAEC nos commúnio, Dómine, purget a crímine: et, intercedénte beáta Vírgine Dei Genitríce María, caeléstis remédii fáciat esse consórtes. Per eúmdem Dóminum nostrum.

 ***

  
Cæli Redémptor prǽtulit
Felícis alvum Vírginis,
Ubi futúra víctima
Mortále corpus índuit.

Hæc Virgo nobis édidit
Nostræ salútis áuspicem,
Qui nos redémit sánguine,
Pœnas crucémque pértulit.

Spes læta nostro e péctore
Pellat timóres ánxios:
Hæc quippe nostras lácrimas
Precésque defert Fílio.

Voces Paréntis éxcipit,
Votísque Natus ánnuit:
Hanc quisque semper díligat,
Rebúsque in arctis ínvocet.

Sit Trinitáti glória,
Quæ Matris intáctum sinum
Ditávit almo gérmine,
Laus sit per omne sǽculum. Amen. 

 ***
Al cielo il Redentore preferì
il seno della beata Vergine
dove, futura vittima,
rivestì un corpo mortale.

La Vergine diede alla luce per noi
l'autore della nostra salvezza,
che ci riscattò col suo sangue,
soffrendo le pene e la croce.

La lieta speranza scacci
dal nostro petto gli ansiosi timori:
ella infatti presenta al Figlio
le nostre lacrime e preghiere.

Accoglie le voci della madre
e ai suoi voti annuisce il Figlio:
ognuno sempre ami lei
e l'invochi nei giorni tristi.

Sia gloria alla Trinità,
che il verginale seno di una madre
arricchì di augusta prole;
sia lode per ogni secolo.
Amen.




Nell'anno 1931, con plauso di tutto il mondo cattolico, si celebrarono le feste solenni del XV centenario da quando nel concilio di Efeso (431), contro l'eresia di Nestorio, la beata vergine Maria, da cui è nato Gesù, fu, dai padri conciliari, con a capo papa Celestino I (423-432), proclamata Madre di Dio (Theotòkos). 


Il sommo pontefice Pio XI volle, a testimonianza imperitura della sua pietà, che di tale fatto restasse perenne memoria. Pertanto curò con sua munificenza che l'insigne monumento della proclamazione efesina che già esisteva nell'urbe, cioè l'arco trionfale della basilica di santa Maria Maggiore sull'Esquilino, ornato dal suo predecessore Sisto III con meraviglioso mosaico, guastato dal tempo, fosse restaurato insieme con l'ala trasversale della basilica. 

Descritti poi con lettera enciclica i lineamenti genuini del concilio ecumenico efesino, spiegò piamente e ampiamente il privilegio ineffabile della divina maternità della beata vergine Maria, affinché la dottrina di un mistero così grande s'imprimesse profondamente nell'anima dei fedeli. 

Inoltre propose la benedetta fra tutte le donne, Maria madre di Dio e la famiglia di Nazaret quale unico nobilissimo esempio da imitare sia per la dignità e santità del casto matrimonio, sia per la educazione santa da darsi alla gioventù. 

Infine, affinché non mancasse neppure il ricordo liturgico, ordinò che la festa della divina maternità della beata vergine Maria con messa e ufficio proprio fosse celebrata ogni anno con rito di seconda classe il giorno 11 ottobre.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

"Ave candidum lilium
fulgidae semperque tranquillae Trinitatis,
Rosaque praefulgida coelicae amoenitatis,
de qua nasci et de cuius lacte pasci
Rex Coelorum voluit: 
divinis influxionibus animas nostras pasce"