giovedì 5 ottobre 2017

CANONIZZAZIONE E TRASLAZIONE

CANONIZZAZIONE E TRASLAZIONE
del beato Francesco
nella descrizione di san Bonaventura
Povertà
Obbedienza
Castità

1246 1. Francesco, servo e amico dell'Altissimo, fondatore e guida dell'Ordine dei frati
minori, campione della povertà, forma della penitenza, araldo della verità, specchio di santità
e modello di tutta la perfezione evangelica, prevenuto dalla grazia celeste, con ordinata
progressione, partendo da umili inizi raggiunse le vette più sublimi.
Dio che aveva reso mirabilmente risplendente, in vita, quest'uomo ammirabile,
ricchissimo per la povertà, sublime per l'umiltà, vigoroso per la mortificazione, prudente per
la semplicità e cospicuo per l'onestà d'ogni suo comportamento, lo rese incomparabilmente
più risplendente dopo la morte.
L'uomo beato era migrato dal mondo; ma quella sua anima santa, entrando nella casa
dell'eternità e nella gloria del cielo, per bere in pienezza alla fonte della vita, aveva lasciato ben
chiari nel corpo alcuni segni della gloria futura: quella carne santissima che, crocifissa insieme
con i suoi vizi, già si era trasformata in nuova creatura, mostrava agli occhi di tutti, per un
privilegio singolare, I'effige della Passione di Cristo e, mediante un miracolo mai visto,
anticipava l'immagine della resurrezione.

1247 2. Si scorgevano, in quelle membra fortunate, i chiodi, che l'Onnipotente aveva
meravigliosamente fabbricati con la sua carne: erano così connaturati con la carne stessa che,
da qualunque parte si premessero, subito si sollevavano, come dei nervi tutti uniti e duri,
dalla parte opposta.
Si poté anche osservare in forma più palese la piaga del costato, non impressa nel suo
corpo né provocata da mano d'uomo e simile alla ferita del costato del Salvatore: quella che
nella persona stessa del Redentore rivelò il sacramento della redenzione e della
rigenerazione.
I chiodi apparivano neri, come di ferro, mentre la ferita del fianco era rossa e, ridotta
quasi a forma di cerchietto per il contrarsi della carne, aveva l'aspetto di una rosa bellissima.
Le altre parti della sua carne, che prima per le malattie e per natura tendevano al nero,
splendevano bianchissime, anticipando la bellezza del corpo spiritualizzato.

1248 3. Le sue membra, a chi le toccava, risultavano così molli e flessibili, come se avessero
riacquistato la tenerezza dell'età infantile, adorne di chiari segni d'innocenza.
In mezzo alla carne, candidissima, spiccava, dunque il nero dei chiodi; la piaga del
costato rosseggiava come il fior della rosa: non è da stupire, perciò, se una così bella e
miracolosa varietà suscitava negli osservatori gioia ed ammirazione.
Piangevano i figli, che perdevano un padre così amabile; eppure si sentivano invadere
da grande letizia, allorché baciavano in lui i segni del sommo Re.
Quel miracolo così nuovo trasformava il pianto in giubilo e trascinava l'intelletto
dall'indagine allo stupore.
Per chi guardava, lo spettacolo così insolito e così insigne era consolidamento della
fede, incitamento all'amore; per chi ne sentiva parlare, motivo d'ammirazione e stimolo al
desiderio di vedere.

1249 4. Difatti, appena si diffuse la notizia del transito del beato padre e la fama del miracolo,
una marea di popolo accorse sul luogo: volevano vedere con i propri occhi il prodigio, per
scacciare ogni dubbio della ragione e accrescere l'emozione con la gioia.
I cittadini assisani, nel più gran numero possibile, furono ammessi a contemplare e a
baciare quelle stimmate sacre.
Uno di loro, un cavaliere dotto e prudente, di nome Gerolamo, molto noto fra il
popolo, siccome aveva dubitato di questi sacri segni ed era incredulo come Tommaso, con
maggior impegno e audacia muoveva i chiodi e le mani del Santo, alla presenza dei frati e
degli altri cittadini, tastava con le proprie mani i piedi e il fianco, per recidere dal proprio
cuore e dal cuore di tutti la piaga del dubbio, palpando e toccando quei segni veraci delle
piaghe di Cristo.
Perciò anche costui, come altri, divenne in seguito fedele testimone di questa verità,
che aveva riconosciuto con tanta certezza e la confermò giurando sul santo Vangelo.

1250 5. I frati e figli, che erano accorsi al transito del Padre, insieme con tutta la popolazione,
dedicarono quella notte, in cui l'almo confessore di Cristo era morto, alle divine lodi: quelle
non sembravano esequie di defunti, ma veglie d'angeli.
Venuto il mattino, le folle, con rami d'albero e gran numero di fiaccole, tra inni e
cantici scortarono il sacro corpo nella città di Assisi. Passarono anche dalla chiesa di San
Damiano, ove allora dimorava con le sue vergini quella nobile Chiara, che ora è gloriosa nei
cieli.
Là sostarono un poco con il sacro corpo e lo porsero a quelle sacre vergini, perché lo
potessero vedere insignito delle perle celesti e baciarlo.
Giunsero finalmente, con grande giubilo, nella città e seppellirono con ogni riverenza
quel prezioso tesoro, nella chiesa di San Giorgio, perché là, da fanciullino, egli aveva appreso
le lettere e là, in seguito, aveva predicato per la prima volta. Là, dunque, giustamente trovò,
alla fine, il primo luogo del suo riposo.

1251 6. Il venerabile padre passò dal naufragio di questo mondo nell'anno 1226
dell'incarnazione del Signore, il 4 ottobre, la sera di un sabato, e fu sepolto la domenica
successiva.
L'uomo beato, appena fu assunto a godere la luce del volto di Dio, incominciò a
risplendere per grandi e numerosi miracoli. Così quella santità eccelsa, che durante la sua
vita si era manifestata al mondo con esempi di virtù perfetta a correzione dei peccatori, ora
che egli regnava con Cristo, veniva confermata da Dio onnipotente per mezzo dei miracoli, a
pieno consolidamento della fede.
I gloriosi miracoli, avvenuti in diverse parti del mondo, e i generosi benefici impetrati
per la sua intercessione, infiammavano moltissimi fedeli all'amore di Cristo e alla
venerazione per il Santo. Poiché la testimonianza delle parole e dei fatti proclamava ad alta
voce le grandi opere che Dio operava per mezzo del suo servo Francesco, ne giunse la fama
all'orecchio del sommo pontefice, 
papa Gregorio IX.

1252 7. A buona ragione il pastore della Chiesa, riconoscendo con piena fede e certezza la
santità di Francesco, non solo dai miracoli uditi dopo la sua morte, ma anche dalle prove
viste con i suoi propri occhi e toccate con le sue proprie mani durante la sua vita, non ebbe il
minimo dubbio che egli era stato glorificato nei cieli dal Signore. Quindi, per agire in
conformità con Cristo, di cui era Vicario, con pio pensiero decise di proclamarlo, sulla terra,
degno della gloria dei santi e di ogni venerazione.
Inoltre, perché il mondo cristiano fosse pienamente sicuro che quest'uomo santissimo
godeva la gloria dei cieli, affidò il compito di esaminare i miracoli conosciuti e debitamente
testimoniati a quelli tra i cardinali che sembravano meno favorevoli.
E solo quando i miracoli furono discussi accuratamente e approvati all'unanimità da
tutti i suoi fratelli cardinali e da tutti i prelati allora presenti nella curia romana, decretò che si
doveva procedere alla canonizzazione.

1253 Andò, dunque, personalmente nella città di Assisi e il 16 luglio dell'anno 1228
dell'incarnazione del Signore, in giorno di domenica, con solennità grandissime, 
che sarebbe lungo narrare, 
iscrisse il beato padre nel catalogo dei Santi.

1254 8. Successivamente, nell'anno del Signore 1230, anno in cui i frati celebrarono il Capitolo
generale ad Assisi, quel corpo a Dio consacrato fu traslato nella basilica costruita in suo
onore, il giorno 25 di maggio.
Mentre veniva trasportato quel sacro tesoro, sigillato dalla bolla del Re altissimo,
Colui del quale esso portava l'effige si degnò di operare moltissimi miracoli, per attirare il
cuore dei fedeli col suo profumo salutare e indurli a correre dietro le orme di Cristo.
Era sommamente conveniente che le ossa beate di colui che Dio, facendolo oggetto
della sua compiacenza e del suo amore, già durante la vita, aveva preso con sé in paradiso,
come Enoch, mediante la grazia della contemplazione, e aveva rapito in cielo, come Elia, su
un carro di fuoco, mediante l'ardore della carità, emanassero meravigliosi profumi e germogli,
ora che egli soggiornava tra fiori celestiali nel giardino della eterna primavera.

1255 9. Sì, come durante la sua vita quest'uomo beato rifulse per i segni ammirabili di virtù,
così dal giorno del suo transito brillò e continua a brillare per i luminosissimi prodigi e
miracoli, che avvengono nelle varie parti del mondo e con i quali la divina onnipotenza lo
rende glorioso.
Infatti, per i suoi meriti, ciechi e sordi, muti e zoppi, idropici e paralitici, indemoniati e
lebbrosi, naufraghi e prigionieri ricevono il rimedio ai loro mali; infermità, necessità, pericoli
di ogni genere trovano soccorso.
Ma anche la resurrezione di molti morti, mirabilmente operata per sua intercessione,
manifesta ai fedeli la magnifica potenza che, per glorificare il suo Santo, dispiega l'Altissimo.
E all'Altissimo sia onore e gloria per gli infiniti secoli dei secoli. 
Amen.
E' finita la vita
del beato Francesco


AMDG et BVM

Il nostro principio


Leggiamo in questo libro le seguenti stupende parole: 


“Vidi con assoluta sicurezza ... che Dio 
prima ancora di crearci ci ha amati, 
di un amore che non è mai venuto meno, né mai svanirà. 

E in questo amore Egli ha fatto tutte le sue opere, 
e in questo amore Egli ha fatto in modo che 
tutte le cose risultino utili per noi, 
e in questo amore la nostra vita dura per sempre ... 

In questo amore noi abbiamo il nostro principio, 
e tutto questo noi lo vedremo in Dio senza fine” 


AMDG et BVM

Sangue ed acqua!

DE  - EN  - ES  - FR  - IT  - PT ]

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE
DELLA BEATA MARIA FAUSTYNA KOWALSKA
OMELIA DEL 
SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 30 aprile 2000

1. "Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia" (Sal 118, 1). Così canta la Chiesa nell'Ottava di Pasqua, quasi raccogliendo dalle labbra di Cristo queste parole del Salmo; dalle labbra di Cristo risorto, che nel Cenacolo porta il grande annuncio della misericordia divina e ne affida agli apostoli il ministero: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi... Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 21-23).
Prima di pronunciare queste parole, Gesù mostra le mani e il costato. Addita cioè le ferite della Passione, soprattutto la ferita del cuore, sorgente da cui scaturisce la grande onda di misericordia che si riversa sull'umanità. Da quel cuore suor Faustina Kowalska, la beata che d'ora in poi chiameremo santa, vedrà partire due fasci di luce che illuminano il mondo: "I due raggi – le spiegò un giorno Gesù stesso - rappresentano il sangue e l'acqua" (Diario, Libreria Editrice Vaticana, p. 132).

2. Sangue ed acqua! Il pensiero corre alla testimonianza dell'evangelista Giovanni che, quando un soldato sul Calvario colpì con la lancia il costato di Cristo, vide uscirne "sangue ed acqua" (cfr Gv 19, 34). E se il sangue evoca il sacrificio della croce e il dono eucaristico, l'acqua, nella simbologia giovannea, ricorda non solo il battesimo, ma anche il dono dello Spirito Santo (cfr Gv 3,5; 4,14; 7,37-39).
Attraverso il cuore di Cristo crocifisso la misericordia divina raggiunge gli uomini: "Figlia mia, dì che sono l'Amore e la Misericordia in persona", chiederà Gesù a Suor Faustina (Diario, 374). Questa misericordia Cristo effonde sull'umanità mediante l'invio dello Spirito che, nella Trinità, è la Persona-Amore. E non è forse la misericordia un "secondo nome" dell'amore (cfr Dives in misericordia, 7), colto nel suo aspetto più profondo e tenero, nella sua attitudine a farsi carico di ogni bisogno, soprattutto nella sua immensa capacità di perdono?
E' davvero grande oggi la mia gioia, nel proporre a tutta la Chiesa, quasi dono di Dio per il nostro tempo, la vita e la testimonianza di Suor Faustina Kowalska. Dalla divina Provvidenza la vita di questa umile figlia della Polonia è stata completamente legata alla storia del ventesimo secolo, il secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle. E', infatti, tra la prima e la seconda guerra mondiale che Cristo le ha affidato il suo messaggio di misericordia. Coloro che ricordano, che furono testimoni e partecipi degli eventi di quegli anni e delle orribili sofferenze che ne derivarono per milioni di uomini, sanno bene quanto il messaggio della misericordia fosse necessario.
Disse Gesù a Suor Faustina: "L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla divina misericordia" (Diario, p.132). Attraverso l'opera della religiosa polacca, questo messaggio si è legato per sempre al secolo ventesimo, ultimo del secondo millennio e ponte verso il terzo millennio. Non è un messaggio nuovo, ma si può ritenere un dono di speciale illuminazione, che ci aiuta a rivivere più intensamente il Vangelo della Pasqua, per offrirlo come un raggio di luce agli uomini ed alle donne del nostro tempo.

3. Che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l'avvenire dell'uomo sulla terra? A noi non è dato di saperlo. E' certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolorose. Ma la luce della divina misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il carisma di suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio.
Come gli Apostoli un tempo, è necessario però che anche l'umanità di oggi accolga nel cenacolo della storia Cristo risorto, che mostra le ferite della sua crocifissione e ripete: Pace a voi! Occorre che l'umanità si lasci raggiungere e pervadere dallo Spirito che Cristo risorto le dona. E' lo Spirito che risana le ferite del cuore, abbatte le barriere che ci distaccano da Dio e ci dividono tra di noi, restituisce insieme la gioia dell'amore del Padre e quella dell'unità fraterna.

4. E' importante allora che raccogliamo per intero il messaggio che ci viene dalla parola di Dio in questa seconda Domenica di Pasqua, che d'ora innanzi in tutta la Chiesa prenderà il nome di "Domenica della Divina Misericordia". Nelle diverse letture, la liturgia sembra disegnare il cammino della misericordia che, mentre ricostruisce il rapporto di ciascuno con Dio, suscita anche tra gli uomini nuovi rapporti di fraterna solidarietà. Cristo ci ha insegnato che "l'uomo non soltanto riceve e sperimenta la misericordia di Dio, ma è pure chiamato a «usar misericordia» verso gli altri: Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5, 7)" (Dives in misericordia, 14). Egli ci ha poi indicato le molteplici vie della misericordia, che non perdona soltanto i peccati, ma viene anche incontro a tutte le necessità degli uomini. Gesù si è chinato su ogni miseria umana, materiale e spirituale.
Il suo messaggio di misericordia continua a raggiungerci attraverso il gesto delle sue mani tese verso l'uomo che soffre. E' così che lo ha visto e lo ha annunciato agli uomini di tutti i continenti suor Faustina, che nascosta nel suo convento di Lagiewniki, in Cracovia, ha fatto della sua esistenza un canto alla misericordia: Misericordias Domini in aeternum cantabo.

5. La canonizzazione di Suor Faustina ha un'eloquenza particolare: mediante questo atto intendo oggi trasmettere questo messaggio al nuovo millennio. Lo trasmetto a tutti gli uomini perché imparino a conoscere sempre meglio il vero volto di Dio e il vero volto dei fratelli.
Amore di Dio e amore dei fratelli sono infatti indissociabili, come ci ha ricordato la prima Lettera di Giovanni: "Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti" (5, 2). L'Apostolo qui ci richiama alla verità dell'amore, additandocene nell'osservanza dei comandamenti la misura ed il criterio.
Non è facile, infatti, amare di un amore profondo, fatto di autentico dono di sé. Questo amore si apprende solo alla scuola di Dio, al calore della sua carità. Fissando lo sguardo su di Lui, sintonizzandoci col suo cuore di Padre, diventiamo capaci di guardare ai fratelli con occhi nuovi, in atteggiamento di gratuità e di condivisione, di generosità e di perdono. Tutto questo è misericordia!
Nella misura in cui l'umanità saprà apprendere il segreto di questo sguardo misericordioso, si rivela prospettiva realizzabile il quadro ideale proposto nella prima lettura: "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune" (At 4, 32). Qui la misericordia del cuore è divenuta anche stile di rapporti, progetto di comunità, condivisione di beni. Qui sono fiorite le «opere della misericordia», spirituali e corporali. Qui la misericordia è divenuta concreto farsi «prossimo» verso i fratelli più indigenti.

6. Suor Faustina Kowalska ha lasciato scritto nel suo Diario: "Provo un dolore tremendo, quando osservo le sofferenze del prossimo. Tutti i dolori del prossimo si ripercuotono nel mio cuore; porto nel mio cuore le loro angosce, in modo tale che mi annientano anche fisicamente. Desidererei che tutti i dolori ricadessero su di me, per portare sollievo al prossimo" (Diario, p. 365). Ecco a quale punto di condivisione conduce l'amore quando è misurato sull'amore di Dio!
E' a questo amore che l'umanità di oggi deve ispirarsi per affrontare la crisi di senso, le sfide dei più diversi bisogni, soprattutto l'esigenza di salvaguardare la dignità di ciascuna persona umana. Il messaggio della divina misericordia è così, implicitamente, anche un messaggio sul valore di ogni uomo. Ogni persona è preziosa agli occhi di Dio, per ciascuno Cristo ha dato la sua vita, a tutti il Padre fa dono del suo Spirito e offre l'accesso alla sua intimità.

7. Questo messaggio consolante si rivolge soprattutto a chi, afflitto da una prova particolarmente dura o schiacciato dal peso dei peccati commessi, ha smarrito ogni fiducia nella vita ed è tentato di cedere alla disperazione. A lui si presenta il volto dolce di Cristo, su di lui arrivano quei raggi che partono dal suo cuore e illuminano, riscaldano, indicano il cammino e infondono speranza. Quante anime ha già consolato l'invocazione "Gesù, confido in Te", che la Provvidenza ha suggerito attraverso Suor Faustina! Questo semplice atto di abbandono a Gesù squarcia le nubi più dense e fa passare un raggio di luce nella vita di ciascuno.

8. Misericordias Domini in aeternum cantabo (Sal 88 [89], 2). Alla voce di Maria Santissima, la «Madre della misericordia», alla voce di questa nuova Santa, che nella Gerusalemme celeste canta la misericordia insieme con tutti gli amici di Dio, uniamo anche noi, Chiesa pellegrinante, la nostra voce.
E tu, Faustina, dono di Dio al nostro tempo, dono della terra di Polonia a tutta la Chiesa, ottienici di percepire la profondità della divina misericordia, aiutaci a farne esperienza viva e a testimoniarla ai fratelli. Il tuo messaggio di luce e di speranza si diffonda in tutto il mondo, spinga alla conversione i peccatori, sopisca le rivalità e gli odi, apra gli uomini e le nazioni alla pratica della fraternità. Noi oggi, fissando lo sguardo con te sul volto di Cristo risorto, facciamo nostra la tua preghiera di fiducioso abbandono e diciamo con ferma speranza: Gesù, confido in Te!

© Copyright 2000 - Libreria Editrice Vaticana


AMDG et BVM

mercoledì 4 ottobre 2017

Ricevette le stimmate; egli diventa così uno col Cristo crocifisso

DE  - EN  - ES  - FR  - HR  - IT  - PT ]
BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 27 gennaio 2010
  
 [Video]

San Francesco d'Assisi

Cari fratelli e sorelle,

in una recente catechesi, ho già illustrato il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da san Francesco d’Assisi e da san Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo. Oggi vorrei presentarvi la figura di Francesco, un autentico “gigante” della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione.

“Nacque al mondo un sole”. Con queste parole, nella Divina Commedia (Paradiso, Canto XI), il sommo poeta italiano Dante Alighieri allude alla nascita di Francesco, avvenuta alla fine del 1181 o agli inizi del 1182, ad Assisi. Appartenente a una ricca famiglia – il padre era commerciante di stoffe –, Francesco trascorse un’adolescenza e una giovinezza spensierate, coltivando gli ideali cavallereschi del tempo. A vent’anni prese parte ad una campagna militare, e fu fatto prigioniero. Si ammalò e fu liberato. Dopo il ritorno ad Assisi, cominciò in lui un lento processo di conversione spirituale, che lo portò ad abbandonare gradualmente lo stile di vita mondano, che aveva praticato fino ad allora. 

Risalgono a questo periodo i celebri episodi dell’incontro con il lebbroso, a cui Francesco, sceso da cavallo, donò il bacio della pace, e del messaggio del Crocifisso nella chiesetta di San Damiano. Per tre volte il Cristo in croce si animò, e gli disse: “Va’, Francesco, e ripara la mia Chiesa in rovina”. Questo semplice avvenimento della parola del Signore udita nella chiesa di S. Damiano nasconde un simbolismo profondo. Immediatamente san Francesco è chiamato a riparare questa chiesetta, ma lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la vita, con un clero poco zelante, con il raffreddarsi dell’amore; una distruzione interiore della Chiesa che comporta anche una decomposizione dell’unità, con la nascita di movimenti ereticali. 

Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo. Questo avvenimento, accaduto probabilmente nel 1205, fa pensare ad un altro avvenimento simile verificatosi nel 1207: il sogno del Papa Innocenzo III. Questi vede in sogno che la Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, sta crollando e un religioso piccolo e insignificante puntella con le sue spalle la chiesa affinché non cada. 

E’ interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita. Innocenzo III era un Papa potente, di grande cultura teologica, come pure di grande potere politico, tuttavia non è lui a rinnovare la Chiesa, ma il piccolo e insignificante religioso: è san Francesco, chiamato da Dio. 
Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento.

Ritorniamo alla vita di san Francesco. 
Poiché il padre Bernardone gli rimproverava troppa generosità verso i poveri, Francesco, dinanzi al Vescovo di Assisi, con un gesto simbolico si spogliò dei suoi abiti, intendendo così rinunciare all’eredità paterna: come nel momento della creazione, Francesco non ha niente, ma solo la vita che gli ha donato Dio, alle cui mani egli si consegna. 
Poi visse come un eremita, fino a quando, nel 1208, ebbe luogo un altro avvenimento fondamentale nell’itinerario della sua conversione. Ascoltando un brano del Vangelo di Matteo – il discorso di Gesù agli apostoli inviati in missione –, Francesco si sentì chiamato a vivere nella povertà e a dedicarsi alla predicazione. 
Altri compagni si associarono a lui, e nel 1209 si recò a Roma, per sottoporre al Papa Innocenzo III il progetto di una nuova forma di vita cristiana. Ricevette un’accoglienza paterna da quel grande Pontefice, che, illuminato dal Signore, intuì l’origine divina del movimento suscitato da Francesco. 

Il Poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo.
In realtà, alcuni storici nell’Ottocento e anche nel secolo scorso hanno cercato di creare dietro il Francesco della tradizione, un cosiddetto Francesco storico, così come si cerca di creare dietro il Gesù dei Vangeli, un cosiddetto Gesù storico. Tale Francesco storico non sarebbe stato un uomo di Chiesa, ma un uomo collegato immediatamente solo a Cristo, un uomo che voleva creare un rinnovamento del popolo di Dio, senza forme canoniche e senza gerarchia. La verità è che san Francesco ha avuto realmente una relazione immediatissima con Gesù e con la parola di Dio, che voleva seguire sine glossa, così com’è, in tutta la sua radicalità e verità. 

E’ anche vero che inizialmente non aveva l’intenzione di creare un Ordine con le forme canoniche necessarie, ma, semplicemente, con la parola di Dio e la presenza del Signore, egli voleva rinnovare il popolo di Dio, convocarlo di nuovo all’ascolto della parola e all’obbedienza verbale con Cristo.

Inoltre, sapeva che Cristo non è mai “mio”, ma è sempre “nostro”, che il Cristo non posso averlo “io” e ricostruire “io” contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegnamento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita sulla successione degli Apostoli si rinnova anche l’obbedienza alla parola di Dio.

E’ anche vero che non aveva intenzione di creare un nuovo ordine, ma solamente rinnovare il popolo di Dio per il Signore che viene. Ma capì con sofferenza e con dolore che tutto deve avere il suo ordine, che anche il diritto della Chiesa è necessario per dar forma al rinnovamento e così realmente si inserì in modo totale, col cuore, nella comunione della Chiesa, con il Papa e con i Vescovi. 
Sapeva sempre che il centro della Chiesa è l'Eucaristia, dove il Corpo di Cristo e il suo Sangue diventano presenti. Tramite il Sacerdozio, l'Eucaristia è la Chiesa. Dove Sacerdozio e Cristo e comunione della Chiesa vanno insieme, solo qui abita anche la parola di Dio. Il vero Francesco storico è il Francesco della Chiesa e proprio in questo modo parla anche ai non credenti, ai credenti di altre confessioni e religioni.

Francesco e i suoi frati, sempre più numerosi, si stabilirono alla Porziuncola, o chiesa di Santa Maria degli Angeli, luogo sacro per eccellenza della spiritualità francescana. Anche Chiara, una giovane donna di Assisi, di nobile famiglia, si mise alla scuola di Francesco. Ebbe così origine il Secondo Ordine francescano, quello delle Clarisse, un’altra esperienza destinata a produrre frutti insigni di santità nella Chiesa.      
Anche il successore di Innocenzo III, il Papa Onorio III, con la sua bolla Cum dilecti del 1218 sostenne il singolare sviluppo dei primi Frati Minori, che andavano aprendo le loro missioni in diversi paesi dell’Europa, e persino in Marocco. Nel 1219 Francesco ottenne il permesso di recarsi a parlare, in Egitto, con il sultano musulmano Melek-el-Kâmel, per predicare anche lì il Vangelo di Gesù. 

Desidero sottolineare questo episodio della vita di san Francesco, che ha una grande attualità. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristianesimo e l’Islam, Francesco, armato volutamente solo della sua fede e della sua mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo. Le cronache ci parlano di un’accoglienza benevola e cordiale ricevuta dal sultano musulmano. È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione (cfr Nostra Aetate, 3). 
Sembra poi che nel 1220 Francesco abbia visitato la Terra Santa, gettando così un seme, che avrebbe portato molto frutto: i suoi figli spirituali, infatti, fecero dei Luoghi in cui visse Gesù un ambito privilegiato della loro missione. 
Con gratitudine penso oggi ai grandi meriti della Custodia francescana di Terra Santa.
Rientrato in Italia, Francesco consegnò il governo dell’Ordine al suo vicario, fra Pietro Cattani, mentre il Papa affidò alla protezione del Cardinal Ugolino, il futuro Sommo Pontefice Gregorio IX, l’Ordine, che raccoglieva sempre più aderenti. Da parte sua il Fondatore, tutto dedito alla predicazione che svolgeva con grande successo, redasse una Regola, poi approvata dal Papa.

Nel 1224, nell’eremo della Verna, Francesco vede il Crocifisso nella forma di un serafino e dall’incontro con il serafino crocifisso, ricevette le stimmate; egli diventa così uno col Cristo crocifisso: un dono, quindi, che esprime la sua intima identificazione col Signore.

La morte di Francesco – il suo transitus - avvenne la sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola. Dopo aver benedetto i suoi figli spirituali, egli morì, disteso sulla nuda terra. Due anni più tardi il Papa Gregorio IX lo iscrisse nell’albo dei santi. Poco tempo dopo, una grande basilica in suo onore veniva innalzata ad Assisi, meta ancor oggi di moltissimi pellegrini, che possono venerare la tomba del santo e godere la visione degli affreschi di Giotto, pittore che ha illustrato in modo magnifico la vita di Francesco.

È stato detto che Francesco rappresenta un alter Christus, era veramente un’icona viva di Cristo. Egli fu chiamato anche “il fratello di Gesù”. In effetti, questo era il suo ideale: essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù. In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali. La prima beatitudine del Discorso della Montagna - Beati i poveri d i spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3) - ha trovato una luminosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco. 
Davvero, cari amici, i santi sono i migliori interpreti della Bibbia; essi, incarnando nella loro vita la Parola di Dio, la rendono più che mai attraente, così che parla realmente con noi. La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali.

In Francesco l’amore per Cristo si espresse in modo speciale nell’adorazione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Nelle Fonti francescane si leggono espressioni commoventi, come questa: “Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza, sotto una modica forma di pane” (Francesco di Assisi, Scritti, Editrici Francescane, Padova 2002, 401).

In quest’anno sacerdotale, mi piace pure ricordare una raccomandazione rivolta da Francesco ai sacerdoti: “Quando vorranno celebrare la Messa, puri in modo puro, facciano con riverenza il vero sacrificio del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo” (Francesco di Assisi, Scritti, 399). Francesco mostrava sempre una grande deferenza verso i sacerdoti, e raccomandava di rispettarli sempre, anche nel caso in cui fossero personalmente poco degni. Portava come motivazione di questo profondo rispetto il fatto che essi hanno ricevuto il dono di consacrare l’Eucaristia. Cari fratelli nel sacerdozio, non dimentichiamo mai questo insegnamento: la santità dell’Eucaristia ci chiede di essere puri, di vivere in modo coerente con il Mistero che celebriamo.

Dall’amore per Cristo nasce l’amore verso le persone e anche verso tutte le creature di Dio. Ecco un altro tratto caratteristico della spiritualità di Francesco: il senso della fraternità universale e l’amore per il creato, che gli ispirò il celebre Cantico delle creature. È un messaggio molto attuale. Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente (cfr nn. 48-52), e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto del creato. Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore. La natura è da lui intesa proprio come un linguaggio nel quale Dio parla con noi, nel quale la realtà diventa trasparente e possiamo noi parlare di Dio e con Dio.

Cari amici, Francesco è stato un grande santo e un uomo gioioso. La sua semplicità, la sua umiltà, la sua fede, il suo amore per Cristo, la sua bontà verso ogni uomo e ogni donna l’hanno reso lieto in ogni situazione. Infatti, tra la santità e la gioia sussiste un intimo e indissolubile rapporto. Uno scrittore francese ha detto che al mondo vi è una sola tristezza: quella di non essere santi, cioè di non essere vicini a Dio. Guardando alla testimonianza di san Francesco, comprendiamo che è questo il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio!
Ci ottenga la Vergine, teneramente amata da Francesco, questo dono. Ci affidiamo a Lei con le parole stesse del Poverello di Assisi: “Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te nata nel mondo tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo Re e Padre celeste, Madre del santissimo Signor nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo: prega per noi... presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro” (Francesco di Assisi, Scritti, 163).


SALVE REGINA / Con 4 versi di san Bonaventura ad ogni parola


CARMINA SUPER CANTICUM SALVE REGINA.

Salve Regina sic dispositum est a sancto Bonaventura, ut singulis vocibus quatuor adibeat carmina B. Virginis laudes uberius explicantia : id quod optime praestitit Doctor sanctissimus, cum vere religiosus esset, et affectione sancta ferveret : non enim nisi ab iis, qui ejusmodi sunt, canticum hoc subtiliter intelligi, aut efficaciter poterit decantari.


<<  Salve.

Salve, Virgo Virginum, stella matutina,
Sordidorum criminum vera medicina,
Consolatrix hominum, qui sunt in ruina :
O vere peccaminum vere draconina.

Regina.

Regina regnantium, Virgo puellaris,
Peperisti Filium Mater singularis,
Sacratum Palatium Dei convocaris,
Divinum auxilium nobis largiaris.

Misericordiae.

Fons misericordiae dici meruisti,
Atque Mater gratiae, quia concepisti
Summum regem gloriae, quem post peperisti,
Largitorem veniae mundo contulisti.

Vita.

Vita, via, veritas est de terra nata,
Et tua virginitas restat illibata;
Nam tua humilitas fuit operata,
Quod in te divinitas esset incarnata.

Dulcedo.

Dulcedo dulcedinis fructus benedictus,
Ventris tui Virginis Agnus Dei dictus,
Cujus unda sanguinis homo derelictus,
Lotus labe criminis est, et daemon victus.

Et spes nostra.

Et spes nostra solida es, Virgo Maria,
Virga Jesse florida, ut in Isaia;
Rore coeli madida, dicit prophetia;
Pulchra ut nix candida, Mater Dei pia.

Salve.

Salve, lux fidelium, fulgens ut aurora,
Quae es supra lilium pulchra et decora,
Omne quod est noxium tolle sine mora,
Et Dei auxilium pro nobis implora.

Ad te.

Ad te clamamus miseri, multum desolati.
Nobis aures aperi pectoris sacrati:
Ut a fauce inferi per te liberati,
Consequamur liberi viam tui nati.

Clamamus.

Clamamus devotius ad te suspirantes,
Et affectuosius te pie precantes.
Dele quod interius male cogitantes
Gessimus exterius opere peccantes.

Exules.

Exules exilio omnes sumus dati,
Pro parentum vitio gloria privati,
Paradisi gaudio et exorbitati,
Tuo beneficio sumus reparati.

Filii.

Filii suspiriis prodere coguntur
Mundi miseriam (a), per quam involvuntur.
Ad damnata vitia saepe dilabuntur;
Sed misericordia tua fulciuntur.

Evae.

Evae lapsus intulit damnum desperatum,
Et a nobis abstulit gaudium beatum.
Et post Evam contulit Virgini incarnatum,
Quo modo mortem sustulit, diluit peccatum.

Ad te.

Ad te clamant jugiter tui famulantes,
Et in te fideliler omnes suspirantes,
Juvamen humiliter tuum implorantes,
Quos misericorditer audias clamantes.

Suspiramus.

Suspiramus fletibus nostris pro peccatis,
Et multis gemitibus per nos perpetratis.
Sed in te confidimus, mater pietatis.
Vere poenitentibus veniam da gratis.

Gementes.

Gementes recolimus mala retroacta,
Quae inique gessimus mente non coacta.
Sed in te confidimus, Maria intacta,
Ut a te, quae petimus, sint in nobis facta.

Et flentes.

Et flentes doloribus mente verecunda,
Lumen nostris cordibus infunde secunda (b) :
Vitiorum sordibus benigne tu munda;
Junge nos coelestibus, Maria jucunda.

In hac valle.

In hac valle misera multum tenebrosa,
Hominum sunt genera multum foedosa;
Nam eorum opera sunt contagiosa,
Propter facta scelera et opprobriosa.

Lacrymarum.

Lacrymarum cumuli non prosunt, vel aquae:
Cum senes et parvuli, et plebs unaquaque
Timeant, quod aemuli quaerunt circumquaque,
Et fratres hujus saeculi trahunt usquequaque.

Eia ergo.

Eia ergo dirige (c) ad te nostras mentes,
Atque lapsos (d) erige : conforta trementes,
Et errantes corrige te pie quaerentes,
Miseros nos protege (e) in te confidentes.

Advocata.

Advocata libera, coram Salvatore
Postulare propera, consuetoque more,
Et pro gente misera, benigno favore,
Natum tuum mitiga materno amore.

Nostra.

Nostra spes fidelium semper fuit talis,
Est et erit omnium, Mater virginalis,
Ut nobis praesidium civitas regalis
Sit, atque remedium, pulsis procul malis.

Illos tuos misericordes oculos ad nos converte.

Illos pios oculos et misericordes
Converte ad famulos in bono discordes,
Et ad malum sedulos fortius concordes,
Nostrae carnis stimulos deleas, et sordes.

Et Jesum benedictum fructum.

Et Jesum unigenitum fructum benedictum,
Monstra nobis inclytum, pium, et non fictum,
Per quem genus perditum a Deo in aevum victum,
Datum in interitum, revixit invictum.


(a) Coet. edit. pro miseria. — (b) Item facunda.
(c) Item digne. — (d) Item lapsus. (e) Item dirige.


Ventris tui.

Ventris tui viscera Jesum portaverunt,
Et beata ubera ipsum lactaverunt,
Cui Judaei vulnera dira intulerunt,
Et ipsum post verbera cruci tradiderunt.

Nobis post hoc exilium ostende.

Nobis post hoc exilium, benignum ostende
Jesum tuum Filium, et nobis impende
Verum patrocinium, et maternum extende,
Et cum ad judicium erimus, defende.

O clemens.

O clemens clementia summae bonitatis,
Adonai filia, flos virginitatis,
Damnatorum venia, mater pietatis,
Virginum laetitia, stola charitatis.

O pia.

O pia piissima Regina coelorum,
Omnium digna ditissima Dei saeculorum,
Virgo prudentissima, gemma confessorum,
Atque jucundissima laus apostolorum.

O dulcis.

O dulcis dulcissima, super favo, melle,
Columba castissima, carens omni felle,
Mater benignissima, juxta nostrum velle,
Cuncta foetidissima a nobis repelle.

Maria.

Maria eximia, Natum deprecare.
Ut quicumque omnia haec vult recitare,
In tui memoria, et te collaudare,
Dignetur in gloria sua collocare. >>



ARGUMENTUM
(Ex edit. Vatican. 1596.)

               * * * * * * * * * * * *
LAUS DEO
et MARIAE