martedì 22 novembre 2016

Cinque savie e cinque stolte


Le parabole di Gesù
(008)
Le vergini savie e stolte e le nozze reali (da 206.2 - 206.3)
Or dunque udite. Da noi è costume che le vergini facciano scorta allo sposo che giunge, per condurlo fra lumi e canti alla casa nuziale insieme alla sua dolce sposa. Quando il corteo lascia la casa della sposa, che velata e commossa si dirige al suo posto di regina, in una casa non sua, ma dal momento in cui ella diviene una carne con lo sposo sua diventa, il corteo delle vergini, amiche per lo più della sposa, corre incontro a questi due felici, per circondarli di un anello di luci.
Ora avvenne che in un paese si fece uno sponsale. Mentre gli sposi coi parenti e amici tripudiavano nella casa della sposa, dieci vergini andarono al loro posto, nel vestibolo della casa dello sposo, pronte ad uscire a lui incontro quando un lontano suono di cembali e di canti avesse ad avvertire che gli sposi avevano lasciata la casa della sposa per venire a quella dello sposo. Ma il convito nella casa degli sponsali si prolungava, e scese così la notte. Le vergini, voi lo sapete, tengono sempre le lampade accese per non perdere tempo al momento buono.
Ora fra queste dieci vergini, dalle lampade accese e ben lucenti, ve ne erano cinque savie e cinque stolte. Le savie, piene di prudenza, si erano provviste di piccoli vasi pieni d'olio, per potere alimentare le lampade se la durata dell'attesa fosse stata più lunga del prevedibile, mentre le stolte si erano limitate ad empire per bene le lampadette.
Un'ora passò dopo l'altra. Gai discorsi, racconti, facezie rallegrarono l'attesa. Ma poi non seppero più che dire, nè che fare. E annoiate o anche semplicemente stanche le dieci fanciulle si sedettero più comodamente, con le lampade accese e ben vicine, e piano piano si addormentarono. Venne la mezzanotte e si udì un grido: "Ecco lo sposo, andategli incontro!" Le dieci fanciulle sorsero al comando, presero i veli e le ghirlande e si acconciarono, e corsero alla mensola dove erano le lampade. Cinque di esse languivano ormai.... Il lucignolo, non più nutrito dall'olio, tutto consumato, fumigava con sprazzi sempre più deboli, pronto a spegnersi al minimo soffio d'aria; mentre le altre cinque lampade, alimentate prima del sonno dalle prudenti, avevano fiamme ancor vive che si fecero ancora più vive per il nuovo olio aggiunto al vasello del lume.
"Oh!" pregarono le stolte, "Dateci un poco del vostro olio, perchè altrimenti le lampade si spegneranno al solo muoverle. Le vostre sono già belle!.... " Ma le prudenti risposero: "Fuori è il vento della notte e cade la guazza a grosse gocce. Mai non basta l'olio per fare una robusta fiamma che possa resistere ai venti e all'umidore. Se ve ne diamo accadrà che a noi pure vacillerà la luce. E ben triste sarebbe il corteo delle vergini senza il palpitare delle fiammelle! Andate, correte dal venditore più vicino, pregate, bussate, fatelo alzare perchè vi dia olio". E quelle, affannate, sgualcendo i veli, macchiandosi le vesti, perdendo le ghirlande nell'urtarsi e nel correre, seguirono il consiglio delle compagne.
Ma mentre andavano a comprare l'olio, ecco spuntare dal fondo della via lo sposo con la sposa. Le cinque vergini, munite di lampade accese, gli corsero incontro, e in mezzo a loro gli sposi entrarono in casa per la fine della cerimonia, quando le vergini avrebbero scortato per ultimo la sposa fino alla camera nuziale.
L'uscio venne chiuso dopo l'entrata degli sposi, e chi fuori era fuori rimase.
E così fu per le cinque stolte, che, giunte infine con l'olio, trovarono la porta serrata e inutilmente vi picchiarono contro, ferendosi le mani e gemendo: "Signore, signore, aprici! Siamo del corteo delle nozze. Siamo le vergini propiziatorie, scelte per portare onore e fortuna al tuo talamo". Ma lo sposo, dall'alto della casa, lasciando per un momento gli invitati più intimi da cui si accomiatava mentre la sposa entrava nella stanza nuziale, disse: "In verità vi dico che non vi conosco. Non so chi siate. I vostri visi non erano festanti intorno alla mia amata. Usurpatrici siete. Siate perciò lasciate fuori dalla casa di nozze". E le cinque stolte, piangendo, se ne andarono per le strade buie, con l'ormai inutile lume, con le vesti sgualcite, i veli strappati, le ghirlande strappate o perdute...
(segue spiegazione)


La parabola delle dieci vergini (206.4)

Ed ora sentite il sermone chiuso nella parabola. Vi ho detto al principio che il Regno dei Cieli è la casa degli sponsali compiuti fra Dio e le anime. Alle nozze celesti sono chiamati tutti i fedeli perché Dio ama tutti i suoi figli. Chi prima, chi poi, si trova al momento degli sponsali e l’esservi arrivati è gran sorte.

Ma  ora udite ancora. Voi sapete come le fanciulle reputino onore e fortuna esser chiamate ad ancelle intorno alla sposa. Applichiamo al nostro caso i personaggi e capirete meglio. Lo sposo è Dio. La sposa l’anima di un giusto che, superato il periodo del fidanzamento nella casa del Padre, ossia nella tutela e ubbidienza della e alla dottrina di Dio, vivendo secondo giustizia, viene portata nella casa dello Sposo per le nozze. Le ancelle-vergini sono le anime dei fedeli che, per l’esempio lasciato dalla sposa – essere stata scelta dallo Sposo per le sue virtù è segno che costei era un esempio vivo di santità – cercano di giungere allo stesso onore, santificandosi. 
Sono in veste bianca, netta e fresca, in bianchi veli, coronate di fiori. 

Hanno lampade accese in mano. Le lampade sono ben pulite, dal lucignolo nutrito di olio del più puro perché non sia maleodorante.

In veste bianca. La giustizia fermamente praticata dà candida veste e presto verrà il giorno che candidissima sarà, senza neppure il più lontano ricordo di macchia, di un candore supernaturale, di un candore angelico.

In veste netta. Occorre con umiltà tenere sempre netta la veste. Tanto facile è offuscare la purezza del cuore e chi non è mondo di cuore non può vedere Dio. L’umiltà è come acqua che lava. L’umile si accorge subito, perché ha occhio non offuscato da fumi d’orgoglio, di essersi offuscata la veste e corre dal suo Signore e dice: “Ho levato la nettezza a questo mio cuore. Io piango per mondarmi, ai tuoi piedi io piango e Tu, mio Sole, imbianca dei tuoi benigni perdoni, dei tuoi paterni amori, la veste mia!” 

In veste fresca. Oh! la freschezza del cuore! I bambini l’hanno per dono di Dio. I giusti l’hanno per dono di Dio e per volontà propria. I santi l’hanno per dono di Dio e per volontà propria portata all’eroismo. Ma i peccatori, dall’anima lacerata, bruciata, avvelenata, insozzata, non potranno allora mai più avere una veste fresca? Oh! si, che la possono avere. Cominciano ad averla dal momento che si guardano con ribrezzo, l’aumentano quando decidono di cambiare vita, la perfezionano quando con la penitenza si lavano, si disintossicano, si medicano, ricompongono la loro povera anima; e con l’aiuto di Dio che non nega soccorso a chi gli chiede santo aiuto e con la volontà propria portata al super eroismo, perché in loro non necessita di tutelare ciò che hanno, ma di ricostruire ciò che hanno abbattuto, perciò doppia, tripla e settupla fatica e infine con una penitenza instancabile, implacabile verso l’io che fu peccatore, riportano la loro anima ad una nuova freschezza d’infanzia, fatta preziosa dall’esperienza che li fa maestri di altri come erano loro un tempo, ossia peccatori.

In bianchi veli. L’umiltà. Io ho detto: “Quando pregate o fate penitenza fate che il mondo non se ne avveda”. Nei libri sapienziali è detto: “Non è bene svelare il segreto del Re”. L’umiltà è il velo candido messo a difesa sul bene che si fa e sul bene che Dio ci concede. Non gloria per l’amore di privilegio che Dio concede, non stolta gloria umana. Il dono verrebbe subito ritolto ma, interno canto del cuore al suo Dio: “l’anima mia ti magnifica, o Signore … perché Tu hai rivolto il tuo sguardo alla bassezza della sua serva”.
Gesù ha una breve sosta e getta uno sguardo verso sua Madre che avvampa sotto il suo velo e si china tutta, come per ravviare i capelli del bambino che è seduto ai suoi piedi, ma in realtà per celare il suo commosso ricordo …

Coronata di fiori. L’anima deve intessersi la sua quotidiana ghirlanda di atti virtuosi, perché al cospetto dell’Altissimo non devono stare cose vizze, né si deve stare in aspetto sciatto. Quotidiana, ho detto, perché l’anima non sa quando Dio-Sposo può apparire per dire: “Vieni”. Perciò non stancarsi mai di rinnovare la corona. Non abbiate paura. I fiori avvizziscono, ma i fiori delle corone virtuose non avvizziscono. L’angelo di Dio che ogni uomo ha al suo fianco,  le raccoglie queste ghirlande quotidiane e le porta in Cielo e là faranno da trono al novello beato quando entrerà come sposa nella casa nuziale.

Hanno le lampade accese. Per onorare lo Sposo e per guidarsi nella vita.  Come è fulgida la fede e che dolce amica ella è! Fa una fiamma raggiante come una stella, una fiamma che ride perché è sicura nella sua certezza, una fiamma che rende luminoso anche lo strumento che la regge. Anche la carne dell’uomo nutrito di fede pare, fin da questa terra, farsi più luminosa e spirituale, immune da precoce appassimento. Perché chi crede, si regge sulle parole e sui comandi di Dio per giungere a possedere Dio, suo fine, e perciò fugge ogni corruzione, non ha turbamenti, paure, rimorsi, non è obbligato ad uno sforzo per ricordarsi le sue menzogne o per nascondere le sue male azioni e si conserva bello e giovane della bella incorruzione del santo. Una carne e un sangue, una mente e un cuore puliti da ogni lussuria, per contenere l’olio della fede, per dare luce senza fumo. Una costante volontà per nutrire sempre questa luce. La vita di ogni giorno, con le sue delusioni, constatazioni, contatti, tentazioni, attriti, tende a sminuire la fede. No! Non deve avvenire. Andate giornalmente alle fonti dell’olio soave, dell’olio sapienziale, dell’olio di Dio.

Lampada poco nutrita può essere spenta dal minimo vento, può essere spenta dalla pesante guazza della notte. La notte … L’ora delle tenebre, del peccato, della tentazione viene a tutti. E’ la notte per l’anima. Ma se questa ha se stessa colma di fede non può la fiamma essere spenta dal vento del mondo, dal caligo delle sensualità.
Infine, vigilanza, vigilanza, vigilanza: Chi imprudente si fida dicendo: “Oh, Dio verrà in tempo, mentre ho ancora luce in me”, chi si induce a dormire in luogo di vigilare e dormire sprovvisto di quanto necessita per sorgere sollecito alla prima chiamata, chi si riduce all’ultimo momento per procurarsi l’olio della fede o il lucignolo robusto della buona volontà, incorre nel pericolo di rimanere fuori quando giunge lo Sposo. Vegliate, dunque, con prudenza, con costanza, con purezza, con fiducia per essere sempre pronti alla chiamata di Dio perché in realtà non sapete quando Esso verrà.

AVE MARIA PURISSIMA!

lunedì 21 novembre 2016

Prima di farla entrare chiede: «Maria di David, sai il tuo voto?». Al «sì» argentino, che gli risponde, egli grida: «Entra, allora. Cammina in mia presenza e sii perfetta».


8. Maria accolta nel Tempio. Ella, nella sua
 umiltà, non sapeva di essere la Piena di Sapienza.

 

            30 agosto 1944.
 8.1Vedo Maria fra mezzo al padre e alla madre camminare per le vie di Gerusalemme.
 I passanti si fermano a guardare la bella Bambina, tutta vestita di un bianco di neve e avvolta in un leggerissimo tessuto che per i suoi disegni, a rami e fiori, più opachi fra il tenue dello sfondo, mi pare sia lo stesso che aveva Anna il giorno della sua Purificazione. Soltanto che, mentre ad Anna esso non sorpassava la cintura, a Maria, piccolina, scende fin quasi a terra e l'avvolge in una nuvoletta leggera e lucida di una vaghezza rara. 

 Il biondo dei capelli sciolti sulle spalle, meglio, sulla nuca gentile, traspare là dove non vi è damascatura nel velo, ma unicamente il fondo leggerissimo. Il velo è trattenuto sulla fronte da un nastro di un azzurro pallidissimo, su cui, certamente per opera della mamma, sono ricamati in argento dei piccoli gigli.

 L'abito, come ho detto, candidissimo, scende fino a terra, e i piedini appena si mostrano nel passo, coi loro sandaletti bianchi. Le manine sembrano due petali di magnolia che escano dalla lunga manica. Tolto il cerchio azzurro del nastro, non vi è altro punto di colore. Tutto è bianco. Maria pare vestita di neve.

 Gioacchino ed Anna sono vestiti, lui con lo stesso abito della Purificazione, e Anna invece di viola scurissimo. Anche il mantello, che le copre anche il capo, è viola scuro. Ella se lo tiene molto calato sugli occhi. Due poveri occhi di mamma, rossi di pianto, che non vorrebbero piangere e non vorrebbero, soprattutto, esser visti piangere, ma che non possono non piangere sotto la protezione del manto. Protezione che serve per i passanti, e anche per Gioacchino, che del resto ha il suo occhio, sempre sereno, oggi arrossato e opaco di lacrime già scese e ancora scendenti, e che va molto curvo sotto il suo velo messo a quasi turbante, con le ali laterali che scendono lungo il viso.

 Un vecchio affatto, ora, Gioacchino. Chi lo vede deve pensarlo nonno e forse bisnonno della piccolina che egli ha per mano. La pena di perderla dà al povero padre un passo strascicante, una lassezza di tutto il portamento che lo invecchia di un vent'anni, e il viso pare quello di un malato oltre che vecchio, tanto è stanco e triste, con la bocca che ha un lieve tremito fra le due rughe, che sono così marcate oggi, ai lati del naso.

 Cercano i due di celare il pianto. Ma, se possono farlo per molti, non lo possono per Maria, che per la sua statura li vede dal basso in alto e, alzando il piccolo capo, guarda alternativamente il padre e la madre. Ed essi si sforzano di sorriderle con la bocca che trema, e aumentano la stretta della loro mano sulla manina minuta ogni volta che la loro figliolina li guarda e sorride. Devono pensare: «Ecco. Un'altra volta di meno da vedere questo sorriso».

 8.2Vanno piano. A rilento. Pare vogliano protrarre il più a lungo il loro cammino. Tutto serve a fermarsi… Ma una strada deve pur finire! E questa sta per finire. Ecco là, in cima a questo ultimo pezzo di strada che sale, le mura di cinta del Tempio. Anna ha un gemito e stringe più forte la manina di Maria.

 «Anna, cara, io sono con te!», dice una voce uscendo dal­l'ombra di un basso arco gettato su un incrocio di strade. E Elisabetta, che certo era in attesa, la raggiunge e stringe al cuore. E, posto che Anna piange, le dice: «Vieni, vieni in questa casa amica per un poco. Poi andremo insieme. Vi è anche Zaccaria».

 Entrano tutti in una stanza bassa e scura, in cui è lume un vasto fuoco. La padrona, certo amica di Elisabetta, ma estranea ad Anna, cortesemente si ritira lasciando liberi i sopraggiunti.
 «Non credere che io sia pentita, o che dia con mala volontà il mio tesoro al Signore», spiega Anna fra le lacrime… «ma è che il cuore… oh! il mio cuore come duole, il mio vecchio cuore che torna nella sua solitudine di senza figli!… Se sentissi…».
 «Lo capisco, Anna mia… Ma tu sei buona e Dio ti conforterà nella tua solitudine. Maria pregherà per la pace della sua mamma. Non è vero?».
 Maria carezza le mani materne e le bacia, se le passa sul viso per esserne carezzata, e Anna serra fra le sue quel visino e lo bacia, lo bacia. Non si sazia di baciare.

 Entra Zaccaria e saluta: «Ai giusti la pace del Signore».
 «Sì», dice Gioacchino, «supplicaci pace, perché le nostre viscere tremano nell'offerta come quelle di padre Abramo[27] mentre saliva il monte, e noi non troveremo altra offerta per riscattare questa. Né lo vorremmo fare, perché siamo fedeli a Dio. Ma soffriamo, Zaccaria. Sacerdote di Dio, comprendici e non ti scandalizzare di noi».
 «Mai. Anzi, il vostro dolore, che sa non soverchiare il lecito e portarvi all'infedeltà, mi è scuola nell'amare l'Altissimo. Ma fatevi cuore. 
8.3Anna profetessa avrà molta cura di questo fiore di Davide e Aronne. In questo momento è l'unico giglio della sua stirpe santa che Davide abbia nel Tempio, e sarà curato come perla regale. Per quanto i tempi volgano al termine e dovrebbe esser cura delle madri della stirpe di consacrare le figlie al Tempio, poiché da una vergine di Davide uscirà il Messia, pure, per rilassamento di fede, i posti delle vergini sono vuoti. Troppo poche nel Tempio, e di questa stirpe regale nessuna, dopo che ne uscì sposa, or sono tre anni, Sara di Eliseo. Vero che ancora sei lustri mancano al termine, ma… Ebbene, speriamo che Maria sia la prima di molte vergini di Davide davanti al Sacro Velo. E poi… chissà…». Zaccaria non dice altro. 
Ma guarda pensoso Maria. Poi riprende: «Io pure veglierò su Lei. Sono sacerdote ed ho il mio potere là dentro. Lo userò per quest'angelo. E Elisabetta verrà sovente a trovarla…».
 «Oh! di certo! Io ho tanto bisogno di Dio e verrò a dirlo a questa Bambina, perché lo dica all'Eterno».

 8.4Anna si è rinfrancata. Elisabetta, per sollevarla più ancora, chiede: «Non è il tuo velo di sposa questo? Oppure hai filato del nuovo bisso?».
 «È quello. Lo consacro con Essa al Signore. Non ho più occhi… E anche le ricchezze sono molto scemate per tasse e sventure… Non mi era lecito fare gravi spese. Ho provveduto solo ad un ricco corredo per il suo tempo nella Casa di Dio e per poi… perché penso che non sarò io quella che la vestirà per le nozze… e voglio sia sempre la mano di sua mamma, anche se fredda e immota, che la para alle nozze e le fila i lini e le vesti da sposa».

 «Oh! perché pensare così?!».

 «Sono vecchia, cugina. Mai come sotto questo dolore me lo sento. L'ultime forze della mia vita le ho date a questo fiore, per portarlo e nutrirlo, ed ora… ed ora… sulle estreme soffia il dolore di perderlo e le disperde».
 «Non dire così, per Gioacchino».
 «Hai ragione. Vedrò di vivere per il mio uomo».
 Gioacchino ha fatto mostra di non sentire, intento ad ascoltare Zaccaria, ma ha udito e sospira forte con gli occhi lucidi di pianto.

 «Siamo a mezzo fra terza e sesta. Credo sarebbe bene andare», dice Zaccaria.
 Si alzano tutti per rimettersi i mantelli e andare.

 8.5Ma, prima di uscire, Maria si inginocchia sulla soglia a braccia aperte: un piccolo cherubino implorante. «Padre! Madre! La vostra benedizione!».
 Non piange, la piccola forte. Ma le labbruzze tremano e la voce, spezzata da un interno singulto, ha più che mai il trepido gemito della tortorina. Il visetto è più pallido e l'occhio ha quello sguardo di rassegnata angoscia che, più forte sino a divenire inguardabile senza soffrirne profondamente, le vedrò sul Calvario e nel Sepolcro.
 I genitori la benedicono e la baciano. Una, due, dieci volte. Non se ne sanno saziare… Elisabetta piange silenziosamente e Zaccaria, per quanto voglia non mostrarlo, è commosso.

 Escono. Maria fra il padre e la madre, come prima. Davanti, Zaccaria e la moglie.
 Eccoli dentro le mura del Tempio. «Vado dal Sommo Sacerdote. Voi salite sino alla grande terrazza».

 Valicano tre cortili e tre atri sovrapposti. Eccoli ai piedi del vasto cubo di marmo incoronato d'oro. Ogni cupola, convessa come una mezza arancia enorme, sfolgora al sole che ora, sul mezzodì, cade a perpendicolo sul vasto cortile che circonda il fabbricato solenne, ed empie il vasto piazzale e l'ampia scalinata che conduce al Tempio. Solo il portico che fronteggia la scalinata, lungo la facciata, è in ombra, e la porta altissima di bronzo e oro è ancor più scura e solenne in tanta luce.
 Maria pare ancor più di neve fra il gran sole. Eccola ai piedi della scalinata. Fra padre e madre. Come deve battere il cuore a quei tre! Elisabetta è a fianco di Anna, ma un poco indietro, di un mezzo passo.
 8.6Uno squillo di trombe argentine e la porta gira sui cardini, che pare diano suono di cetra nel girare sulle sfere di bronzo. Appare l'interno con le sue lampade nel profondo, ed un corteo viene dall'interno verso l'esterno. Un pomposo corteo fra suoni di trombe argentee, nuvole d'incenso e luci.

 Eccolo sulla soglia. Davanti, colui che deve essere il Sommo Sacerdote. Un vecchio solenne, vestito di lino finissimo, e sul lino una più corta tunica pure di lino, e su questa una specie di pianeta, qualcosa fra la pianeta e la veste dei diaconi, multicolore: porpora e oro, violaceo e bianco vi si alternano e brillano come gemme al sole; due gemme vere brillano su esso ancor più vivamente al sommo delle spalle. Forse sono fibbie con il loro castone prezioso. Sul petto, una larga placca splendente di gemme, sostenuta da una catena d'oro. E pendagli e ornamenti splendono alla base della tunica corta, e oro splende sulla fronte al disopra del copricapo, che mi ricorda quello dei preti ortodossi, la loro mitra fatta a cupola anziché a punta come quella cattolica.

 Il solenne personaggio viene avanti, da solo, sino al principio della scalinata, nell'oro del sole che lo fa ancora più splendido. Gli altri attendono stesi a corona fuor dalla porta, sotto il portico ombroso. A sinistra è un gruppo candido di fanciulle con Anna profetessa e altre anziane, certo maestre.
 Il Sommo Sacerdote guarda la Piccola e sorride. Le deve parere ben piccina ai piedi di quella scalinata degna di un tempio egizio! Alza le braccia al cielo in una preghiera. Tutti curvano il capo, come annichiliti davanti alla maestà sacerdotale in comunione con la Maestà eterna.
 Poi, ecco. Un cenno a Maria. E Lei si stacca dalla madre e dal padre e sale, come affascinata sale. E sorride. Sorride all'ombra del Tempio, là dove scende il Velo prezioso… È in alto della scalinata, ai piedi del Sommo Sacerdote che le impone le mani sul capo. La vittima è accettata. Quale ostia più pura aveva mai avuto il Tempio?
 Poi si volge e, tenendole la mano sulla spalla come a condurla all'ara, l'Agnellina senza macchia, la conduce presso la porta del Tempio. Prima di farla entrare chiede: «Maria di David, sai il tuo voto?». Al «sì» argentino, che gli risponde, egli grida: «Entra, allora. Cammina in mia presenza e sii perfetta».

 E Maria entra e l'ombra l'inghiotte, e lo stuolo delle vergini e delle maestre, poi quello dei leviti, sempre più la nascondono, la separano… Non c'è più…
 Ora anche la porta gira sui suoi cardini armoniosi. Uno spiraglio sempre più stretto permette vedere il corteo che inoltra verso il Santo. Ora è proprio un filo. Ora non è più niente. Chiusa.

 All'ultimo accordo dei sonori cardini risponde un singhiozzo dei due vecchi e un grido unico: «Maria! Figlia!»; e poi due gemiti che si invocano: «Anna!», «Gioacchino!»; e terminano: «Diamo gloria al Signore, che la riceve nella sua Casa e la conduce sulla sua via».
 E tutto finisce così.

 8.7Dice Gesù:
 «Il Sommo Sacerdote aveva detto: "Cammina in mia presenza e sii perfetta". Il Sommo Sacerdote non sapeva che parlava alla Donna solo a Dio inferiore in perfezione. Ma parlava in nome di Dio e perciò sacro era il suo ordine. Sempre sacro, ma specie alla Ripiena di Sapienza.
 Maria aveva meritato che la "Sapienza la prevenisse e le si mostrasse per prima", perché "dal principio del suo giorno Ella aveva vegliato alla sua porta e, desiderando d'istruirsi, per amore, volle esser pura per conseguire l'amore perfetto e meritare d'averla a maestra".

 Nella sua umiltà non sapeva di possederla da prima d'esser nata e che l'unione con la Sapienza non era che un continuare i divini palpiti del Paradiso. Non poteva immaginare questo. E quando nel silenzio del cuore Dio le diceva parole sublimi, Ella umilmente pensava fossero pensieri di orgoglio e, levando a Dio un cuore innocente, supplicava: "Pietà della tua serva, Signore!".

 Oh! veramente che la vera Sapiente, la eterna Vergine, ha avuto un sol pensiero sin dall'alba del suo giorno: "Rivolgere a Dio il suo cuore sin dal mattino della vita e vegliare per il Signore, pregando davanti all'Altissimo", chiedendo perdono per la debolezza del suo cuore, come la sua umiltà le suggeriva di credere, e non sapeva di anticipare le richieste di perdono per i peccatori, che avrebbe fatto ai piedi della Croce insieme al Figlio morente.

 "Quando[28] poi il gran Signore lo vorrà, Ella sarà riempita dello Spirito d'intelligenza" e comprenderà allora la sua sublime missione. Per ora non è che una pargola, che nella pace sacra del Tempio allaccia, "riallaccia" sempre più stretti i suoi conversari, i suoi affetti, i suoi ricordi con Dio.

 
Questo è per tutti. 
8.8Ma per te, piccola Maria, non ha nulla di particolare da dire il tuo Maestro? "Cammina in mia presenza, sii perciò perfetta". Modifico lievemente la sacra frase e te la dò per ordine. Perfetta nell'amore, perfetta nella generosità, perfetta nel soffrire.
 Guarda una volta di più la Mamma. E medita su quello che tanti ignorano, o vogliono ignorare, perché il dolore è materia troppo ostica al loro palato e al loro spirito. Il dolore. Maria lo ha avuto dalle prime ore della vita. Esser perfetta come Ella era, era possedere anche una perfetta sensibilità. Perciò più acuto doveva esserle il sacrificio. Ma per questo più meritorio. Chi possiede purezza possiede amore, chi possiede amore possiede sapienza, chi possiede sapienza possiede generosità ed eroismo, perché sa il perché per cui si sacrifica.
 In alto il tuo spirito anche se la croce ti curva, ti spezza, ti uccide. Dio è con te».
 [27] padre Abramo nel sacrificio del figlio Isacco, narrato in: Genesi 22, 1-18, ivi inclusa la promessa da parte di Dio che sarà ricordata in 24.2.
 
 [28] Quando… è citazione da: Siracide 39, 6; quelle che precedono sono ancora citazioni da: Proverbi 8.
AVE MARIA PURISSIMA!

domenica 20 novembre 2016

Le due vie più comuni prese da Satana per giungere alle anime sono il senso e la gola.

Defende nos in proelio
Difendici nella battaglia

Lucifero - Satana

 (Lucifero) era il più bello degli arcangeli, godeva di Dio. Avrebbe dovuto essere contento di questo. Invidiò Dio e volle essere lui dio e divenne il demonio, il primo demonio. 131.2
  • Satana si presenta sempre con veste benevola, con aspetto comune. Se le anime sono attente e soprattutto in spirituale contatto con Dio, avvertono quell’avviso che le rende guardinghe e pronte a combattere le insidie demoniache. Se le anime sono disattente al divino, separate da una carnalità che soverchia e assorda, non aiutate dalla preghiera che congiunge a Dio e riversa la sua forza come da un canale nel cuore dell’uomo, allora difficilmente esse si avvedono del tranello nascosto, sotto l’apparenza innocua e vi cadono. Liberarsene poi, è molto difficile.
    Le due vie più comuni prese da Satana per giungere alle anime sono il senso e la gola. Comincia sempre dalla materia. Smantellata e asservita questa, dà l’attacco alla parte superiore.
    Prima il morale: il pensiero con le sue superbie e cupidigie; poi lo spirito, levandogli non solo l’amore – quello non esiste già più quando l’uomo ha sostituito l’amore divino con altri amori umani – ma anche il timore di Dio. E’ allora che l’uomo si abbandona in anima e corpo a Satana, pur di arrivare a godere ciò che vuole, godere sempre più. Come Io mi sia comportato, lo hai visto. Silenzio e orazione. Silenzio. Perché se Satana fa la sua opera di seduttore e ci viene intorno, lo si deve subire senza stolte impazienze e vili paure, ma reagire con la sostenutezza alla sua presenza e con la preghiera alla sua seduzione.
  • E’ inutile discutere con Satana. Vincerebbe lui, perché è forte nella dialettica. Non c’è che Dio che lo vinca; e allora ricorrere a Dio che parli per noi, attraverso noi. Mostrare a Satana quel Nome e quel Segno, non tanto scritti su una carta o incisi su un legno, quanto scritti e incisi nel cuore. Il mio Nome, il mio Segno. Ribattere a Satana unicamente quando insinua che egli è come Dio, usando la parola di Dio. Egli non la sopporta. (…)
    Occorre avere volontà di vincere Satana e fede in Dio e nel suo aiuto. Fede nella potenza della preghiera e nella bontà del Signore. Allora Satana non può fare del male. 46.12

AVE MARIA PURISSIMA!

MESSAGGIO DI LUCE e SPERANZA //


Dopo un incidente un sacerdote viene portato a visitare Inferno, Purgatorio e Paradiso

Articolo tratto dal sito Profezie del terzo millennio


Un pastore cattolico della Florida settentrionale afferma che durante un’"esperienza di premorte" (NDE, Near Death Experience) gli sarebbe stato mostrato l’aldilà, avrebbe anche visto sacerdoti e perfino vescovi sia in paradiso che nell'inferno.
Il sacerdote è Don José Maniyangat, della chiesa di S. Maria in Macclenny, e afferma che l'evento sarebbe avvenuto il 14 aprile 1985 - domenica della Divina Misericordia - quando ancora viveva nel suo Paese natale, l'India. Vi presentiamo questo caso lasciandolo al vostro discernimento.

Ora 54enne e ordinato sacerdote nel 1975, Don Maniyangat ricorda che si stava recando ad una missione per celebrare la Messa quando con la moto che stava guidando - un mezzo di trasporto molto comune in quei luoghi - venne travolto da una jeep condotta da un uomo ubriaco.

Don Maniyangat ha raccontato a Spirit Daily che dopo l’incidente venne trasportato d’urgenza in un ospedale distante più di 50 chilometri e durante il tragitto accadde che «la mia anima uscì fuori dal corpo. Immediatamente vidi il mio angelo custode», spiega Don Maniyangat. «Inoltre vidi il mio corpo e le persone che mi stavano trasportando all'ospedale. Stavano gridando, e subito l'angelo mi disse, "Sto per portarti in Cielo. Il Signore desidera incontrarti". Disse però che prima voleva mostrarmi l'inferno e il purgatorio». 

Don Maniyangat afferma che in quel momento, in un’orribile visione, l’inferno si aprì davanti ai suoi occhi. Era spaventoso. «Vidi Satana e persone che lottavano, che venivano torturate, e che gridavano» racconta il sacerdote. «E c’era anche il fuoco. Vidi il fuoco. Vidi persone che soffrivano e l'angelo mi disse che ciò era dovuto ai peccati mortali e al fatto che non si erano pentite. Quello era il punto. Erano impenitenti».
Il sacerdote racconta che gli venne spiegato che ci sono sette "gradi" o livelli di sofferenza negli inferi. Coloro che in vita hanno commesso "peccato mortale dopo peccato mortale" soffrono il calore più intenso. "Avevano dei corpi ed erano molto brutti, tanto crudeli e brutti, orribili", dice Don Maniyangat. 
«Erano umani ma erano come mostri: spaventosi, delle cose dall’aspetto molto brutto. Ho visto persone che conoscevo ma non posso dire chi erano. L'angelo mi disse che non mi era permesso rivelarlo». 
I peccati che li avevano condotti in quella condizione – spiega il sacerdote - erano trasgressioni come l’aborto, l’omosessualità, l’odio e il sacrilegio. Se si fossero pentiti, sarebbero andati in purgatorio - gli avrebbe detto l'angelo. Don Jose rimase sorpreso delle persone che vide nell'inferno. Alcuni erano sacerdoti, altri erano vescovi. «Ce n’erano molti, perché avevano fuorviato la gente» afferma il sacerdote [...]. «Erano persone che non mi sarei mai aspettato di trovare la». 

Dopo di ciò, il purgatorio gli si aprì innanzi. Anche lì ci sono sette livelli - dice Maniyangat - e c’è il fuoco, ma è molto meno intenso di quello dell'inferno, e là non c’erano "liti o lotte". La sofferenza principale è data dal fatto che non possono vedere Dio. Il sacerdote afferma che le anime che erano in purgatorio potevano aver commesso numerosi peccati mortali, ma erano arrivate là in virtù del semplice pentimento - ed ora avevano la gioia di sapere che un giorno sarebbero andate in Cielo. "Ho avuto la possibilità di comunicare con le anime", dice Don Maniyangat, che dà l’impressione di essere una persona pia e santa. «Mi hanno chiesto di pregare per loro e di chiedere anche alla gente di pregare per loro». Il suo angelo, che era "molto bello, luminoso e bianco", difficile da descrivere a parole - dice Don Maniyangat, lo portò a quel punto in Paradiso. Allora un tunnel - come quello descritto in tanti casi di esperienze di premorte - si materializzò. 

«Il Paradiso si aprì ed io sentii la musica, gli angeli che cantavano e che lodavano Dio» racconta il sacerdote. «Una musica bellissima. Non ho mai sentito una musica come quella in questo mondo. Ho visto Dio faccia a faccia, e Gesù e Maria, erano così luminosi e sfolgoranti. Gesù mi disse, "Ho bisogno di te. Voglio che torni indietro. Nella tua seconda vita, per il Mio popolo sarai uno strumento di guarigione, e camminerai in una terra straniera e parlerai una lingua straniera".». Di lì ad un anno, Don Maniyangat si trovava appunto in una terra lontana chiamata Stati Uniti.

Il sacerdote dice che il Signore era molto più bello di qualsiasi immagine esistente su questa terra. Il Suo Volto somigliava a quello del Sacro Cuore, ma era molto più luminoso, dice Don Maniyangat, che paragona questa luce a quella di "mille soli". La Madonna era accanto a Gesù. Anche in questo caso sottolinea che, le rappresentazioni terrene sono "solo un'ombra" di come Maria SS. è realmente. Il sacerdote afferma che la Vergine gli disse semplicemente di fare tutto ciò che suo Figlio aveva detto. 

Il Paradiso, dice il sacerdote, ha una bellezza, una pace, e una felicità che sono "un milione di volte" superiori a qualsiasi cosa che conosciamo sulla terra. 
«Ho visto anche là sacerdoti e vescovi», nota Don Jose. «Le nuvole erano differenti - non scure o cupe, ma splendenti. Bellissime. Molto luminose. E c’erano fiumi che erano differenti da quelli che si vedono qui. E’ quella la nostra vera casa. Non ho sperimentato mai nella mia vita quel genere di pace e di gioia». 

Maniyangat dice che la Madonna e il suo angelo gli appaiono ancora. La Vergine appare ogni primo sabato, durante la meditazione mattutina. «E’ personale, e serve per guidarmi nel mio ministero», spiega il pastore, la cui chiesa si trova a trenta miglia dal centro di Jacksonville. «Le apparizioni sono private, non pubbliche. Il suo viso è sempre lo stesso, ma un giorno appare con il Bambino, un giorno come Nostra Signora delle Grazie, o come Nostra Signora dei Dolori. A seconda dell’occasione appare in modi diversi. Mi ha detto che il mondo è pieno di peccato e mi ha chiesto di digiunare, pregare e offrire la Messa per il mondo, perché Dio non lo punisca. Abbiamo bisogno di più preghiera. È preoccupata per il futuro del mondo a causa dell’aborto, dell’omosessualità e dell’eutanasia. Ha detto che se la gente non ritorna a Dio, ci sarà il Castigo». 

Il messaggio principale, tuttavia, è di speranza: come tanti altri, Don Maniyangat ha visto che l’aldilà era pieno di una luce che guarisce, e al suo ritorno ha portato con sé un po’ di quella luce. Qualche tempo dopo ha fondato un ministero di guarigione e dice di aver visto persone guarire da ogni tipo di malattia, dall’asma fino al cancro. [...]
E’ stato mai attaccato dal diavolo? Sì, particolarmente prima delle funzioni religiose. E’ stato vessato. È stato assalito fisicamente. Ma questo è niente - afferma lui - in confronto alla grazia che ha ricevuto. 
Ci sono casi di cancro, AIDS, problemi di cuore, ischemia arteriosa. Molte persone attorno a lui sperimentano il cosiddetto "riposo dello spirito" [la persona cade a terra e vi resta per un po’ di tempo in una specie di "sonno"; N.d.R.]. E quando accade ciò, sentono in loro la pace e a volte vengono segnalate anche guarigioni che sono un assaggio di ciò che lui ha visto e vissuto in Paradiso.


Dall'articolo di Michael H. Brown "Priest says that in brush with death he saw priests and bishops in hell, heaven", dal sito Spirit Daily


AMDG et BVM

San Girolamo Prete spiega il profeta Daniele

Dominica XXIV et Ultima Post Pentecosten 
V. Novembris ~ II. classis
Ad Matutinum  Rubrics 1960

Sancta Missa             Kalendarium

V. Dègnati, o padre, di benedirmi.
Benedizione. Per le parole del Vangelo siano cancellati i nostri peccati. Amen.

Lettura 3
Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 24:15-35
In quell'occasione: Gesù disse ai suoi discepoli: Quando vedrete l'abbominazione della desolazione, già predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo: chi legge intenda. Eccetera.

Omelia di san Gerolamo Prete
Libro 4, Comm. al capo 24 di Matteo
L'invito fattoci di sforzarci di comprendere, indica che la profezia non è senza mistero. Ora noi leggiamo così in Daniele. «E alla metà della settimana cesseranno il sacrificio e l'oblazione, e nel tempio ci sarà l'abominazione della desolazione, e la desolazione durerà! sino alla consumazione e sino alla fine» (Dan. 9,27). 

Di ciò parla anche l'Apostolo (dicendo) che «l'uomo d'iniquità [ossia: l'Anticristo!] è l'oppositore che s'innalza contro tutto ciò che si dice Dio e si adora; tanto da osare di assidersi nel tempio di Dio, spacciandosi per Dio» (2Thess. 2,4): ed esso verrà accompagnato dalla potenza di satana, per far perire e ridurre nell'abbandono di Dio quelli che l'avranno accolto.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


Te Deum
Ti lodiamo, o Dio: * ti confessiamo, o Signore.
Te, eterno Padre, * venera tutta la terra.
A te gli Angeli tutti, * a te i Cieli e tutte quante le Potestà:
A te i Cherubini e i Serafini * con incessante voce acclamano:

(chiniamo il capo) Santo, Santo, Santo * è il Signore Dio degli eserciti. 

I cieli e la terra sono pieni * della maestà della tua gloria.
Te degli Apostoli * il glorioso coro,
Te dei Profeti * il lodevole numero,
Te dei Martiri * il candido esercito esalta.
Te per tutta la terra * la santa Chiesa proclama,
Padre * d'immensa maestà;
L'adorabile tuo vero * ed unico Figlio;
E anche il Santo * Spirito Paraclito.
Tu, o Cristo, * sei il Re della gloria.
Tu, del Padre * sei l'eterno Figlio.

Chiniamo il capo:
Tu incarnandoti per salvare l'uomo, * non disdegnasti il seno di una Vergine.

Tu, spezzando il pungolo della morte, * hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu sei assiso alla destra di Dio, * nella gloria del Padre.
Noi crediamo che ritornerai * qual Giudice.

Il seguente Versetto si dice in ginocchio.
Te quindi supplichiamo, soccorri i tuoi servi, * che hai redento col prezioso tuo sangue.

Fa' che siamo annoverati coi tuoi Santi * nell'eterna gloria.
Fa' salvo il tuo popolo, o Signore, * e benedici la tua eredità.
E reggili * e innalzali fino alla vita eterna.
Ogni giorno * ti benediciamo;
Chiniamo il capo, se è la consuetudine del luogo.
E lodiamo il tuo nome nei secoli, * e nei secoli dei secoli.

Degnati, o Signore, di preservarci * in questo giorno dal peccato.
Abbi pietà di noi, o Signore, * abbi pietà di noi.
Scenda sopra di noi la tua misericordia, * come abbiamo sperato in te.
Ho sperato in te, o Signore: * non sarò confuso in eterno.


AMDG et BVM