giovedì 1 settembre 2016

DENARO / pecunia

DENARO
1. Moneta; mezzo di scambio. Nell’antichità spesso si barattavano capi di bestiame, vale a dire un capo veniva dato in cambio di un altro, e questo evidentemente è il più antico metodo di compravendita. Indicativo è il fatto che il termine latino pecunia (da cui il nostro aggettivo “pecuniario”) deriva da pecus, che significa “bestiame”. Tuttavia bestiame (Ge 47:17) e viveri (1Re 5:10, 11) non erano sempre un comodo mezzo di scambio. Perciò si cominciarono a usare metalli come oro e argento. Già all’epoca di Abraamo metalli preziosi servivano come denaro. Ma non si trattava di moneta coniata in modo convenzionale. Si trattava di argento e oro, senza dubbio per comodità sotto forma di lingotti, anelli, braccialetti o altri oggetti aventi un determinato peso. (Cfr. Ge 24:22; Gsè 7:21). Il comune termine ebraico reso “denaro” letteralmente significa “argento”. (Ge 17:12, nt.) Spesso gli oggetti di metallo venivano pesati dagli interessati all’atto del pagamento. — Ge 23:15, 16; Ger 32:10.
Dato che nelle operazioni commerciali si usavano pesi, è comprensibile che questi avessero anche valore monetario. (Vedi PESI E MISURE). Presso gli israeliti esistevano cinque unità principali: la ghera, il mezzo siclo (bèqaʽ), il siclo, la mina (manèh) e il talento. (Eso 25:39; 30:13; 38:25, 26; 1Re 10:17; Ez 45:12; vedi GHERA, II; MINA; SICLO; TALENTO). Il loro valore è indicato sotto. 
(In anni recenti il prezzo dell’oro e dell’argento ha subìto variazioni. In questa pubblicazione l’oro è valutato 16.000 lire al grammo e l’argento 300 lire al grammo; anticamente la proporzione fra l’oro e l’argento si ritiene fosse invece di 13 a 1).
1 ghera = 120 di siclo
Oro L. 9.120
Argento L. 171
bèqaʽ = 10 ghera
Oro L. 91.200
Argento L. 1.710
1 siclo = 2 bèqaʽ
Oro L. 182.400
Argento L. 3.420
1 mina = 50 sicli
Oro L. 9.120.000
Argento L. 171.000
1 talento = 60 mine
Oro L. 547.200.000
Argento L. 10.260.000
Il valore del “pezzo di denaro” (ebr. qesitàh) menzionato in Genesi 33:19, Giosuè 24:32 eGiobbe 42:11 non può essere stabilito con precisione. Pure incerto è il valore del pim, che forse equivaleva a circa due terzi del siclo. — 1Sa 13:21; vedi PIM.
Monete nelle Scritture Ebraiche. Si ritiene comunemente che le prime monete siano state coniate verso il 700 a.E.V. Perciò è possibile che gli israeliti abbiano usato le prime monete coniate nel loro paese dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia. I libri della Bibbia posteriori all’esilio menzionano il darico persiano (1Cr 29:7; Esd 8:27) e le dramme (ebr.darkemohnìm), pari generalmente al darico. (Esd 2:69; Ne 7:70-72) Il darico d’oro persiano pesava 8,4 g e quindi attualmente varrebbe 134.000 lire. — Vedi DARICO; DRAMMA.
Monete dell’epoca delle Scritture Cristiane. Nelle Scritture Greche Cristiane sono menzionate le seguenti monete: il lepton (Giudea), il quadrante (Roma), l’asse (Roma e province), il denaro (Roma), la dramma (Grecia), il didramma (Grecia) e lo statere (Grecia; ritenuto da alcuni il tetradramma di Antiochia o di Tiro). (Mt 5:26; 10:29;17:24, 27; 20:10; Mr 12:42; Lu 12:6, 59; 15:8; 21:2Int; vedi DENARO n. 2; STATERE). Le unità monetarie di valore molto maggiore, quali la mina e il talento, erano pesi e non monete. (Mt 18:24; Lu 19:13-25
La tabella che segue indica il rapporto fra le varie unità monetarie e ne dà il valore attuale approssimativo.
1 lepton (rame o bronzo) = 1quadrante
Valore attuale L. 9,02
1 quadrante (rame o bronzo) = 2 lepton
Valore attuale L. 18,04
1 asse (rame o bronzo) = 4 quadranti
Valore attuale L. 72,16
1 denaro (argento) = 16 assi
Valore attuale L. 1.155
1 dramma (argento) =
Valore attuale L. 1.020
1 didramma (argento) = 2 dramme
Valore attuale L. 2.040
1 tetradramma* = 4 dramme
Valore attuale L. 4.080
1 mina (argento) = 100 dramme
Valore attuale L. 102.000
1 talento (argento) = 60 mine
Valore attuale L. 6.120.000
1 talento (oro) =
Valore attuale L. 326.400.000
Potere d’acquistoL’equivalente attuale delle monete antiche non dà un’idea precisa del loro valore. La Bibbia invece fornisce informazioni circa il loro potere d’acquisto e questo aiuta a capire che valore avevano un tempo. All’epoca del ministero terreno di Gesù i braccianti agricoli ricevevano di solito un denaro per una giornata lavorativa di 12 ore. (Mt 20:2) Si presume che all’epoca delle Scritture Ebraiche la paga fosse più o meno uguale. In tal caso un siclo d’argento sarebbe stato pari al salario di tre giorni.
Il prezzo di uno schiavo era 30 sicli d’argento (forse il salario di 90 giorni). (Eso 21:32; cfr.Le 27:2-7). Il profeta Osea acquistò una donna per 15 pezzi d’argento e un homer e mezzo (15 efa) di orzo. Probabilmente questo equivaleva all’intero prezzo di uno schiavo. In tal caso un’efa (22 litri) di orzo allora valeva un siclo. — Os 3:2.
In tempi di carestia i prezzi salivano bruscamente. Gli 80 pezzi d’argento (il salario di circa 240 giorni) con cui un tempo si potevano acquistare 8 homer (1.760 litri) di orzo, durante un assedio bastavano solo per l’ossuta testa di un asino, animale che secondo la Legge mosaica non era neanche commestibile. — 2Re 6:25; cfr. Os 3:2.
Nel I secolo E.V. due passeri costavano un asse (il salario di 45 minuti di lavoro), e cinque passeri si potevano comprare per due volte tanto. (Mt 10:29; Lu 12:6) La vedova bisognosa osservata da Gesù offrì ancor meno, solo due lepton (1 quadrante), cioè 1/64del salario di una giornata di lavoro. Eppure Cristo Gesù la lodò perché, avendo offerto non parte di ciò che aveva in più, ma “tutto quello che aveva, tutto il suo sostentamento, la sua offerta era maggiore di quella di chi aveva dato molto”. (Mr 12:42-44; Lu 21:2-4) La tassa annuale del tempio pagata dagli ebrei era di due dramme o di un didramma (il salario di circa due giorni). (Mt 17:24) Poiché una dramma equivaleva più o meno al salario di una giornata lavorativa, era ragionevole che una donna scopasse tutta la casa e cercasse con cura la dramma smarrita. — Lu 15:8, 9.
Giuda Iscariota tradì Gesù per 30 pezzi d’argento, evidentemente il prezzo di uno schiavo. (Mt 26:14-16, 47-50) Quei pezzi d’argento dovevano essere sicli o monete di pari valore. La Bibbia non specifica che monete fossero, ma solo che erano d’argento.
Il denaro può essere sia utile che nocivo. Il denaro costituisce una protezione contro la povertà e i relativi problemi, poiché permette di procurarsi cose più o meno necessarie. (Cfr. Ec 7:12; 10:19). Per questa ragione esiste la possibilità che uno cominci a confidare nel denaro e dimentichi il Creatore. (Cfr. De 8:10-14). “L’amore del denaro [lett., affetto per l’argento] è la radice di ogni sorta di cose dannose, e correndo dietro a questo amore alcuni sono stati sviati dalla fede e si sono del tutto feriti con molte pene”. (1Tm 6:10) Per denaro alcuni hanno pervertito la giustizia, si sono prostituiti, hanno assassinato, hanno tradito altri e hanno travisato la verità. — De 16:19; 23:18; 27:25; Ez 22:12; Mt 26:14, 15;28:11-15.
Viceversa il giusto uso del denaro è approvato da Dio. (Lu 16:1-9) Questo include le contribuzioni per promuovere la pura adorazione e l’aiuto materiale a quelli nel bisogno. (Cfr. 2Cr 24:4-14; Ro 12:13; 1Gv 3:17, 18; vedi CONTRIBUZIONE; DONI DI MISERICORDIA). 
Anche se col denaro si può fare molto bene, le cose più preziose — cibo e bevanda spirituali, la vita eterna stessa — si possono acquistare senza di esso. — Isa 55:1, 2; Ri 22:17.
2. (Lat. denarius). Moneta d’argento romana più o meno del peso di 3,85 g, che quindi attualmente varrebbe 1.155 lire. Aveva l’effigie della testa di Cesare ed era “la moneta del tributo” che i romani esigevano dagli ebrei. (Mt 22:19-21) Ai giorni del ministero terreno di Gesù i braccianti agricoli di solito ricevevano un denaro per una giornata lavorativa di 12 ore. (Mt 20:2) Perciò Rivelazione 6:6 descrive una condizione terribile dicendo che una chenice di grano o tre chenici d’orzo sarebbero costate un denaro (la paga di un’intera giornata).
Se il costoso nardo che Maria, sorella di Lazzaro, usò per ungere Gesù Cristo fosse stato venduto per 300 denari (quasi il salario di un anno), probabilmente una bella somma sarebbe finita nella cassa che teneva Giuda Iscariota. Non è strano che il disonesto Giuda Iscariota sollevasse vivaci obiezioni, dal momento che non fu in grado di appropriarsi neanche di una minima parte di quella somma. — Gv 12:3-6; 13:29; Mr 14:3-11.
Il buon samaritano dell’illustrazione di Gesù spese due denari (il salario di due giorni) per aiutare uno straniero sconosciuto, e si dichiarò disposto a sobbarcarsi ad altre spese. (Lu 10:33-35) Invece, in un’altra illustrazione di Gesù che metteva in risalto la necessità di essere clementi, uno schiavo il cui debito di 60.000.000 di denari era stato annullato non fu disposto a rimettere il debito di 100 denari a un compagno di schiavitù. — Mt 18:24-33.

Narrazione di Giuseppe d'Arimatea // Ci son cose assai preziose nei Vangeli occultati


Narrazione di Giuseppe d'Arimatea che chiese il corpo del Signore, in cui sono contenuti anche i motivi della condanna dei due ladroni




[1, 1] Io, Giuseppe d'Arimatea, che ho chiesto a Pilato il corpo di nostro Signore Gesù per seppellirlo, fui imprigionato dagli Ebrei omicidi e deicidi i quali mantenendo la legge di Mosè sono diventati agenti di afflizione: hanno suscitato l'ira del legislatore misconoscendo il Dio da loro crocifisso, e hanno dimostrato la sua divinità a tutti i credenti. Presentazione dei due ladroni. Sette giorni prima che essi condannassero alla morte in croce il figlio di Dio, a Pilato erano stati mandati due uomini catturati a Gerico con i seguenti capi d'accusa. 

[2] Il primo, di nome Gesta, aveva assassinato dei viandanti e depredato altri, appeso donne con i piedi in alto e la testa in basso e tagliato loro i seni, e bevuto il sangue dei bambini, dopo averli mutilati; non aveva mai riconosciuto alcun dio,  obbedito ad alcuna legge: si era comportato così fin dall'inizio della sua vita. Ecco invece qual era la situazione dell'altro. Si chiamava Dema, era galileo e aveva un albergo; ospitava i ricchi, ma faceva anche del bene ai bisognosi e, come Tobia, seppelliva segretamente i morti poveri; si industriava di derubare i beni degli Ebrei, rubò anche la legge a Gerusalemme; depredò la stessa figlia di Caifa, sacerdotessa del santuario, e sottrasse persino il deposito segreto collocatovi da Salomone. Queste le azioni delle quali si era reso colpevole. 

[3] Gesù fu dunque arrestato tre giorni prima della pasqua, nella sera. Né Caifa né tutto il popolo ebraico volevano festeggiare la pasqua a causa del loro profondo dolore per il furto che era stato consumato nel santuario. Il compito di Giuda. Chiamarono Giuda Iscariota e glielo dissero: egli era, infatti, figlio del fratello del grande sacerdote Caifa; siccome non era uno dei discepoli che seguivano Gesù, tutti gli Ebrei l'istigarono a seguirlo, non per credere ai prodigi che egli operava né per approvare i suoi discorsi, ma per consegnare Gesù nelle loro mani dandogli una parola menzognera. Per questa bella impresa ricevette due dramme d'oro al giorno. C'era pure, a quanto si dice, uno dei discepoli chiamato Giovanni che aveva passato due anni con Gesù. 

[4] Tre giorni prima di impadronirsi di Gesù, Giuda disse agli Ebrei: "Su, teniamo consiglio e deliberiamo che non è il ladrone che ha rubato la legge, ma Gesù in persona. Io poi mi incarico dell'arresto". Quando furono pronunciate queste parole uno di noi, di nome Nicodemo, che custodiva le chiavi del santuario, si rivolse a tutti dicendo: "Non commettete un simile crimine!". Nicodemo era più leale di tutti gli altri Ebrei. Ma la moglie di Caifa, di nome Sarra, gridò: "Parlando in questo luogo santo, Gesù stesso disse: "Io posso distruggere il tempio e ricostruirlo in tre giorni"". Gli Ebrei le risposero: "Noi tutti crediamo alle tue parole!". Terminato il consiglio, Gesù fu arrestato. 

[2, 1] Gesù davanti a Anna e Caifa. Il giorno appresso, il quattro del mese, all'ora nona lo condussero davanti a Caifa. Anna e Caifa: "Perchè hai tu rubato la nostra legge, e messo all'asta pubblica le promesse di Mosè e dei profeti?". Ma Gesù non rispose. Radunatasi nuovamente la moltitudine, qualcuno gli domando: "Perchè volevi tu distruggere in un istante il tempio che Salomone ha costruito in quarantasei anni?". Gesù non rispose: il tempio che è stato saccheggiato dal ladro è quello della sinagoga. 

[2] Verso sera, sulla fine del quarto giorno, tutta la moltitudine domandava che, a motivo della perdita della legge, la figlia di Caifa fosse data alle fiamme; e non si sapeva come celebrare la pasqua. Ma lei disse: "Perseverate, figli, continuate e mettete a morte questo Gesù. Così è la legge e in tal modo celebreremo la festività". Giuda accusatore. Anna e Caifa ricompensarono segretamente Giuda Iscariota dandogli una somma molto forte e gli dissero: "Parla come ci hai detto: "Io ho visto che la legge è stata rubata da Gesù e non da questa irreprensibile giovane"". Giuda rispose loro: "E' indispensabile che tutto il popolo ignori queste raccomandazioni che mi avete fatto a proposito di Gesù. Lasciatelo e io mi incarico di persuadere il popolo che le cose sono così". E, astutamente, misero Gesù in libertà. 

 [3] Nel quinto giorno, Giuda andò nel tempio e, rivoltosi a tutto il popolo, disse: "Che cosa mi darete s'io vi consegno colui che ha detronizzato la legge e rubato i profeti?". Gli Ebrei gli risposero: "Se tu ce lo consegni, ti daremo trenta denari d'oro". Il popolo ignorava che Giuda intendeva parlare di Gesù: era, infatti, opinione diffusa che egli fosse figlio di Dio. Giuda si prese i trenta denari d'oro. [4] Andato al santuario all'ora quarta e all'ora quinta Giuda trovò Gesù che discorreva nell'atrio. Fattasi sera, disse agli Ebrei: "Datemi una scorta di soldati armati di spade e di bastoni, e ve lo consegnerò". Gli diedero così una scorta per prenderlo. Cammin facendo, Giuda disse ai suoi compagni: "Afferrate colui ch'io bacerò. E' lui che ha rubato la legge e i profeti". E avvicinatosi a Gesù, lo baciò, dicendo: "Salve, Rabbi!". Era la sera del quinto giorno. Afferratolo, lo portarono da Caifa e dai sommi sacerdoti; Giuda disse: "Costui è quegli che ha rubato la legge e i profeti". E gli Ebrei sottoposero Gesù a un iniquo interrogatorio dicendo: "Perchè tu hai fatto questo?". Ma Gesù non rispondeva. Vedendo questa cattedra di empi, Nicodemo e io, Giuseppe, ci allontanammo da loro, non volendo perderci con il consiglio degli empi. 

[3, 1] Gesù in croce tra i due ladroni. Durante questa notte inflissero a Gesù molti trattamenti indegni e, nella vigilia del sabato, lo consegnarono a Pilato, il governatore, affinché fosse crocifisso: in questo convennero tutti. E' per questo che, dopo averlo interrogato, il governatore Pilato ordinò che fosse crocifisso con due ladroni: insieme a Gesù furono crocifissi Gesta, alla sua sinistra, e Dema, alla sua destra. 

[2] Quello che si trovava a sinistra cominciò a gridare dicendo a Gesù: "Guarda quanti delitti ho commesso sulla terra! Sebbene sapessi che tu sei re, pensavo che saresti perito. Perchè tu che dici di essere figlio di Dio, non puoi salvare te stesso, nel bisogno? Come puoi tu soccorrere un altro che ti invochi? Se tu sei il Cristo, discendi dalla croce, ed io crederò in te. Per ora io non ti considero un uomo, ma una bestia feroce condannata a morire con me". E proseguì dicendo molte altre cose su Gesù, bestemmiando e digrignando i denti contro di lui. Questo ladrone era, infatti, caduto negli inganni del demonio. 

[3] Il buon ladrone. Ma il ladrone di destra, che si chiamava Dema, vedendo che la grazia divina era diffusa su Gesù, gli rivolse la parola così: "Io vedo, Gesù Cristo, che tu sei il figlio di Dio. Io ti vedo, Cristo, adorato da migliaia di miriadi di angeli. Perdona i peccati da me commessi! Fa' che né le stelle, né gli astri della notte assistano alla mia condanna allorchè tu verrai a giudicare tutta la terra: è, infatti, durante la notte che ho portato a compimento i miei perversi disegni. Fa' che il sole, oscuratosi adesso per te, non si muova per illuminare il male che è dentro il mio cuore: io, nulla posso offrirti per espiare le mie colpe. Ecco che mi sovrasta la morte a causa dei miei peccati, ma tu sei l'espiazione: liberami, o padrone dell'universo, dalla tua terribile riprovazione; non permettere al demonio di inghiottirmi e di ereditare l'anima mia come quella del miserabile che è crocifisso alla tua sinistra. Vedo, infatti, che il demonio si impadronisce con gioia della sua anima, mentre il suo corpo diventa a poco a poco invisibile. Non mettermi neppure dalla parte degli Ebrei, giacchè vedo Mosè e i patriarchi immersi in una profonda desolazione, mentre il demonio gioisce del loro dolore. Perciò, o padrone, prima che io renda il mio spirito, ordina che siano rimessi i miei peccati, ricordati di me, povero peccatore, nel tuo regno, allorchè sull'alto tuo trono che domina i cieli, verrai a giudicare le dodici tribù di Israele, poichè per opera tua hai offerto al mondo il mezzo di evitare un grande castigo". 

[4] Mentre questo ladrone parlava così, Gesù gli rispose: "In verità ti dico, tu, Dema, sarai oggi con me in paradiso, e i figli del regno, i discendenti di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Mosè, saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridore di denti. Tu solo abiterai nel paradiso fino alla mia seconda venuta, quando verrò per giudicare quanti non avranno confessato il mio nome". Disse ancora al ladrone: "Quando sarai partito, dì ai cherubini e alle dominazioni che portano la spada fiammeggiante, custodi del paradiso dal quale è stato scacciato il primo uomo Adamo ch'io avevo posto nel paradiso ma non ha osservato i miei ordini, che nessuno dei primi vedrà il paradiso fino a quando verrò io per la seconda volta per giudicare i vivi e i morti: così sta scritto. Io Gesù Cristo, figlio di Dio, disceso dal più alto dei cieli, uscito dall'invisibile seno del Padre mio, senza esserne separato, venuto sulla terra per prendere un corpo ed essere crocifisso per salvare Adamo, mia creatura, alle dominazioni dei miei arcangeli, ai portieri del paradiso, ai ministri del Padre mio, prescrivo e ordino l'ammissione di colui che è stato crocifisso con me; in virtù mia abbia la remissione dei peccati, vestito di un corpo immortale entri nel paradiso e abiti là ove nessuno mai ha potuto abitare". Dopo queste parole, Gesù rese lo spirito: era la vigilia del sabato, l'ora nona. Tenebre si estesero su tutta la terra e si sentì un grande terremoto: crollò il santuario e anche il pinnacolo del tempio. 

[4, 1] Sepoltura di Gesù e sua apparizione a Giuseppe. Io, Giuseppe, chiesi il corpo di Gesù e lo seppellii in un sepolcro nuovo dove ancora non era stato posto alcuno; ma il corpo del ladrone che era stato crocifisso alla sua destra non lo si trovò più, mentre il corpo di quello che era stato crocifisso alla sua sinistra era simile a quello di un dragone. Poichè io avevo chiesto il corpo di Gesù per seppellirlo, gli Ebrei si irritarono contro di me e mi rinchiusero in una prigione ove, con la forza, erano trattenuti i malfattori. Era la sera del sabato quando mi si inflisse questo trattamento con il quale la nostra nazione recava oltraggio alla giustizia. Ecco quale terribile malvagità la nostra nazione praticava nel giorno di sabato. 

[2] Precisamente nella sera del primo giorno della settimana, all'ora quinta della notte. Gesù venne da me in prigione, con il ladrone che era stato crocifisso alla sua destra e che aveva mandato in paradiso: nella camera risplendette una luce accecante, la casa fu sospesa ai quattro angoli, si aprì così un passaggio e io sono uscito. Prima dunque riconobbi Gesù, poi il ladrone che portava una lettera a Gesù. Quando ci mettemmo in cammino per la Galilea brillò una luce così grande che la creazione non poteva sopportare; mentre dal ladrone emanava un gradito profumo che è quello del paradiso. 

[3] Lettera dei cherubini. Gesù si assise in un luogo e lesse così: "Noi cherubini e angeli, che dalla tua divinità ricevemmo l'ordine di custodire il giardino del paradiso, ti comunichiamo quanto segue per opera del ladrone che è stato crocifisso con te: alla vista dell'impronta dei chiodi del ladrone che fu crocifisso con te e dello splendore delle lettere della tua divinità, il fuoco s'è spento, incapace di resistere allo splendore di questa impronta e venne su di noi un timore grande; udimmo il creatore del cielo e della terra e di tutta la creazione, che discendeva dalle regioni più elevate fino alle profondità della terra per il primo uomo, Adamo. Vedendo la croce immacolata che sfolgorava, per mezzo del ladrone, con uno splendore sette volte più vivo di quello del sole, fummo colti dalla paura, risentimmo il tremore della terra e la grande voce dei servi degli inferi che dicevano con noi: "Santo, santo, santo è colui che comanda nel più alto dei cieli"; mentre le potestà innalzavano il grido: "Signore, ti sei manifestato in cielo e sulla terra apportando al mondo la gioia, ma con un dono ancora più bello di questo, con la tua invisibile volontà eterna tu hai liberato la stessa opera dalla morte!"". 

[5, 1] Gesù, Giovanni, il ladrone, Giuseppe. Io ho contemplato queste cose mentre andavo in Galilea con Gesù e il ladrone. Gesù si trasfigurò e non era più come prima che fosse crocifisso, ma era diventato tutto luce. Gli angeli lo servivano continuamente e Gesù parlava con essi. Io passai con lui tre giorni: non c'era con lui alcuno dei suoi discepoli, ma soltanto il ladrone. 

[2] A metà della festa degli azzimi sopraggiunge il suo discepolo Giovanni. Noi non notammo più il ladrone, né sapevamo che cosa ne era avvenuto. Giovanni allora domandò a Gesù: "Chi era costui che tu non mi hai neppure presentato a lui?". Ma Gesù non gli rispose. Giovanni si prostrò allora davanti a lui, dicendo: "Signore, so che tu mi hai amato fin da principio, e perchè mai non mi fai conoscere quest'uomo?". Gesù gli rispose: "Perchè domandi tu cose nascoste? Sei diventato ottuso a un tratto? Non percepisci il profumo del paradiso che pervade questo luogo? Non conosci tu quest'uomo? E' il ladrone crocifisso il quale ha ottenuto il paradiso. In verità in verità ti dico che lui solo non attenderà il gran giorno". Giovanni gli chiese: "Rendimi degno di vederlo!". 

[3] Giovanni stava ancora parlando allorchè, tutt'a un tratto, gli apparve il ladrone; Giovanni, esterrefatto, si prostrò a terra. Il ladrone non era più come prima dell'arrivo di Giovanni, bensì assomigliava a un re soffuso da una grande potenza; portava la sua croce e s'udirono più voci dire insieme: "Vieni nel luogo del paradiso che ti è stato preparato! Abbiamo disposto che tu sia servito fino al gran giorno, per volere di colui che ti ha mandato". Dopo queste parole, il ladrone e io, Giuseppe, diventammo invisibili: io mi ritrovai a casa mia, ma non vidi più Gesù. 

[4] Avendo visto queste cose, le scrissi affinchè tutti credano in Gesù Cristo crocifisso, nostro Signore, e più nessuno serva alla legge di Mosè; si presti fede, invece, ai segni e prodigi da lui operati, e per mezzo di questa fede ereditiamo la vita eterna e possiamo incontrarci nel regno dei cieli. Giacchè a lui spetta gloria, potenza, lode e grandezza nei secoli dei secoli. Amen. 

AMDG et BVM

Un segreto ricevuto dal Cielo


[128] Il beato Alano de la Rupe ed altri autori, fra i quali il Bellarmino, riferiscono la storia di quel buon sacerdote che aveva consigliato a tre sorelle, sue penitenti, di recitare devotamente il Rosario tutti i giorni per un amo intero, al fine di confezionare un bel vestito di gloria alla Vergine Maria: si tratta - egli diceva - di un segreto ricevuto dal cielo. 

Docili, le tre sorelle eseguirono puntualmente
per un anno il consiglio. Ed ecco che la sera del giorno della Purificazione, quando esse erano già aletto, la Madonna, accompagnata dalle sante Caterina e Agnese, entrò nella loro camera. 
Era rivestita di un abito splendente di luce; in lettere d'oro vi erano scritte le parole del saluto: Ave,
Maria, 
piena di grazia. 

La celeste Regina si avvicinò al letto della sorella maggiore e le disse: “Ti saluto, figlia mia!; tu mi hai salutato tanto spesso e così bene: ora vengo per ringraziarti del magnifico abito che mi hai confezionato”. Anche le due Sante accompagnatrici ringraziarono la giovane, poi tutte e tre scomparvero.

Un'ora dopo, la Vergine santissima ritornò, sempre accompagnata dalle due Sante; vestiva, questa volta, un abito verde, senza ricami in oro e senza alcuno splendore. Si avvicinò al letto della seconda sorella e la ringraziò per l'abito che le aveva fatto con la recita del Rosario. 

Nella prima apparizione costei aveva notato che l'abito della Madonna era molto più ricco, e chiese il motivo della differenza. “Perché - rispose Maria - la tua sorella maggiore mi ha fatto un abito assai più bello, recitando meglio di te il Rosario”. E scomparve.

Circa un'ora dopo, la Madonna riapparve, vestita di cenci laceri e sporchi; s'accostò alla sorella
minore e le disse: “Figlia mia, così tu mi hai vestita; ti ringrazio!”. Piena di confusione, la
giovinetta esclamò: “Possibile, Signora mia? io vi ho vestita così male? Perdonatemi e concedetemi un altro po' di tempo perché possa farvi un abito più bello recitando meglio il Rosario!”.
Cessata la visione, la povera giovane afflittissima andò dal confessore per raccontargli quanto le era accaduto. L'esimio sacerdote esortò lei e le altre sorelle a recitare il Rosario per un altro anno, con più impegno e devozione; così fecero. Trascorso l'anno, sempre nel medesimo giorno della Purificazione, sull'imbrunire, la Madonna riapparve alle tre sorelle. Era accompagnata come la prima volta, dalle sante Caterina e Agnese e vestiva un abito veramente magnifico. 

Disse loro:
“Siate certe, figlie mie: verrete in Paradiso; domani stesso vi entrerete e grande sarà la vostra
gioia”. Unanimi le sorelle risposero: “Il nostro cuore è pronto, nostra amata Signora; altro non
desideriamo”.
Quella stessa sera le sorelle, colte da malore, mandarono a chiamare il loro confessore, ricevettero da lui gli ultimi sacramenti e lo ringraziarono di aver insegnato loro quella santa pratica. La dolce attesa si protrasse fino all'ora della Compieta quando la Madonna ricomparve, preceduta da un folto stuolo di vergini che rivestirono di candide tuniche le sorelle. Così agghindate le tre fortunate si avviarono verso la celeste patria, mentre un coro d'Angeli cantava: “Venite, spose di Cristo, ricevete la corona che vi siete preparata voi stesse per l'eternità”.

Da questa leggenda derivano parecchi insegnamenti: 
1) quanto è importante avere buoni direttori che
consigliano sante pratiche di pietà e specialmente il Rosario; 
2) quanto è utile recitare il Rosario con attenzione e devozione; 
3) quanto è benigna e misericordiosa la Madonna con chi si pente e propone di far meglio nell'avvenire; 
4) quanto Ella è generosa nel ricompensare in vita, in morte e nell'eternità, i piccoli servizi che a Lei rendiamo fedelmente.


“Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria ,
tua amatissima Sposa”

mercoledì 31 agosto 2016

martedì 30 agosto 2016

"Il teatro è finito... il sipario si chiude..."



Quella sinistra rabbia  che si sente ad Amatrice

“No, non è il momento di parlare  loro di Dio…”  così più  o meno  (cito a memoria)  ho sentito per radio preti, frati e  un vescovo   che “davano conforto” a terremotati, a  quelli che ad Amatrice  hanno perso i familiari, o anche solo la casa, la roba e l’auto.  
Il tono, fra timoroso e depresso, faceva capire perché:  i sopravvissuti gli si erano rivoltati contro.  
I bravi religiosi avevano steso una mano e  quelli glie l’avevano morsicata,  rabbiosi; pieni …