venerdì 12 agosto 2016

SANTA CHIARA D'ASSISI

SANTA CHIARA d'Assisi


Chiara, una nobile fanciulla di Assisi nell'Umbria, distribuì in elemosina ai poveri ogni ricchezza dietro l'esempio di san Francesco suo concittadino. 

Appartandosi dal mondo si ritirò nella Chiesa della Porziuncola, dove san Francesco le tagliò i capelli. 
Ella resistette fortemente ai parenti che tentavano di ricondurla nel mondo. 


Condotta poi dallo stesso santo nella chiesa di san Damiano, istituì una comunità di religiose di cui accettò il governo solo per cedere alle reiterate istanze di san Francesco. 


Ella governò mirabilmente il suo monastero per quarantadue anni con sollecitudine e prudenza. 



Allorché i Saraceni cercavano di invadere il monastero, ella comandò di portare il santissimo Sacramento, ed avendo pregato con profonda umiltà, li mise in fuga. 


Volò al cielo 1'11 agosto e dal papa Alessandro IV fu iscritta nel numero delle sante Vergini.



V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.
***
San Francesco alloggiò Chiara e Agnese in una casupola vicino alla chiesa di S. Damiano, appena fuori Assisi, e nominò Chiara madre superioraPiù tardi si unirono a lei la madre e altre donne (tra cui anche tre membri dell’illustre famiglia fiorentina degli Ubaldini) e Francesco stilò un abbozzo di regola che fissasse le linee essenziali della loro vita comune. Trascorsi pochi anni, sorsero numerosi monasteri di Clarisse in Italia, Germania e FranciaSant’Agnese (6 mar.), la figlia del re di Boemia, fondò un convento a Praga, dove prese l’abito; Chiara la chiamava «la mia metà».
SANTA CHIARA.1Chiara e le sue sorelle vivevano in condizioni poverissime alle quali mai, fino ad allora, nessuna donna del loro ceto sociale si era sottoposta. Molti le insultavano e offendevano per la loro condotta: non indossavano né calze, né scarpe, né sandali, né alcun’altra protezione per i piedidormivano per terranon mangiavano mai carne e parlavano solo per chiedere l’elemosina o in casi necessari. Chiara raccomandava il silenzio per evitare i peccati di parola e per potersi concentrare sui pensieri santi. Ella oltre ai digiuni e alle altre pratiche di mortificazione prescritte dalla regola, indossava sempre una maglia ruvida a contatto con la pelle. Questa forma di penitenza, così diffusa tra i santi del passato, non solo era dolorosa ma causava anche ulteriori umiliazioni – i vermi – e problemi di salute. Chiara digiunava nelle vigilie e in tutta la Quaresima a pane e acqua, e a volte non mangiava nulla.

Dopo un certo periodo Francesco e il vescovo di Assisi la obbligarono a dormire su un materasso e a mangiare tutti i giorni almeno un po’ di pane. Il giudizio si acquisisce con l’esperienza; infatti, anni dopo, scriveva ad Agnese di Boemia: «I nostri corpi non sono di ferro e non siamo delle rocce, ma esseri deboli e soggetti alle malattie. Ti scongiuro nel Signore di interrompere i digiuni troppo rigidi, perché, vivendo e sperando in Dio, tu possa offrirgli un servizio equilibrato, mitigato con il sale della prudenza».SANTA CHIARA 2
Probabilmente le frequenti malattie di Chiara e i periodi di immobilità a letto durante gli ultimi ventisette anni della sua vita furono conseguenze delle penitenze troppo severe, ma se ai nostri giorni questo modo di agire sembrerebbe più nevrotico che santo, nei secoli passati era molto diffuso e ispirato da convinzioni profonde e ammirevoli.
Oltre alla rinuncia al mondo, Francesco desiderava che il suo ordine non avesse proprietà, né dei singolo né della comunità nel suo insieme, e che confidasse solo nella provvidenza. Anche Chiara la pensava così ed era una proposta fuori dal comune per quell’epoca, anche se non priva di precedenti. Uno degli aspetti più rivoluzionari di Chiara risiede nel fatto di essere stata la prima donna a scrivere una regola per altre donne. La separazione dai frati, inoltre, le dava una funzione unica, ponendola come l’interprete degli ideali di Francesco: ella non pretendeva di essere originale, ma predicava il modello di Francesco, mettendolo in pratica nel modo più fedele possibile permesso dalla Chiesa. Ciononostante, non sempre fu d’accordo con Francesco come, per esempio, rispetto alle offerte in denaro che egli rifiutava assolutamente;Chiara riteneva possibile accettarle quando se ne aveva vera necessità, provvedendo in tutti gli altri casi a devolverle in beneficenza.
Gregorio IX, tuttavia, cercò di modificare la regola per quanto riguardava l’affidamento della comunità alle offerte e si offrì di assicurare alle Povere Dame di S. Damiano una rendita annua fissa; Chiara lo persuase a non cambiare la regola, e,SANTA CHIARA3similmente, quand’egli le propose la dispensa dal voto di povertà completa, ella rispose: «Ho bisogno di assoluzione per le mie colpe, non per aver seguito Gesù Cristo». Il 17 settembre 1228 Gregorio garantì alle Dame il Privilegium paupertatis, o il privilegio di povertà, permetteva loro di vivere facendo affidamento solo sulle elemosine e nessuno avrebbe potuto obbligarle ad accettare beni immobili o rendite fisse. Alcuni conventi ritennero prudente adottare una regola più mite e questo fatto segnò l’inizio di due osservanze tra le Clarisse (le case moderate sono dette “urbaniste“, dalla modifica della regola che ricevettero da papa Urbano IV nei 1263).
Francesco aveva nominato Chiara badessa nel 1215, contro il suo volere. Ella guidò il convento per quarant’anni, senza abbandonarlo mai. Il suo desiderio costante era quello di essere la più umile delle serve, di lavare e baciare i piedi delle sue sorelle che tornavano stanche dall’elemosina, di servire a tavola e di curare i malati: «Fate quello che volete di me. Sono vostra perché la mia volontà non mi appartiene più. L’ho donata a Dio». Quando le sorelle riposavano. Chiara vegliava in preghiera ed era solita, ecco forse il tratto più dolce, rimboccare le coperte alle sue suore.
Era la prima a svegliarsi alla mattina, per suonare la campana del coro e accendere le candele. Dopo la preghiera il suo viso era così raggiante che si diceva che chiunque la guardasse rimanesse abbagliato. Poiché spesso era ammalata, tesseva in casa corporali di lino fino e tovaglie, che donava alle chiese di Assisi. Chiara pregava intensamente e molti aneddoti esprimono la forza e la devozione della suafedeTommaso da Celano ha descritto un episodio, divenuto poi santa Chiara e i saracenileggendario: l’attacco nel 1244 di Federico II (un imperatore duro, considerato di regola un anticristo, in lotta con un papa ugualmente duro), ad Assisi. S. Damiano, che si trovava fuori dalle mura della città, fu attaccato per primo. Chiara era malata ma chiese di essere trasportata ai piedi delle mura insieme a una pisside contenente il Santissimo Sacramento.
Inginocchiandosi, la santa pregò così: «Signore, vuoi veramente che i bambini indifesi che io ho nutrito con il tuo amore cadano nelle mani di questi bruti? Buon Dio, ti imploro: difendi coloro che io non posso proteggere». Allora udì come una voce di bambino che diceva: «Mi prenderò sempre cura di loro». Pregò anche per la città di Assisi e ancora una volta la voce la rassicurò. Voltatasi verso le suore spaventate disse loro: «Non abbiate paura, sorelline. Abbiate fiducia in Gesù».
I saraceni se ne andarono. Poco dopo uno dei generali di Federico assediò Assisi. Chiara disse alle sue suore di fare tutto ciò che potevano per la città che le aveva sempre sostentate:chiese loro di cospargersi il capo di cenere e di chiedere a Gesù di salvarlaLe sorelle fecero penitenza per un giorno e una notte e i nemici si ritirarono.
Le Clarisse e i frati minori si trovarono in disaccordo riguardo le relazioni tra i due ordini e tale difficoltà non fu mai risolta, né durante la vita dei due santi, né tanto meno dopo la loro morte.
Le sempre più numerose Clarisse cercavano dai frati un aiuto spirituale e a volte materiale, i fratelli erano preoccupati di conservare un ministero pastorale più generale;
Tommaso di Celano dice che nel 1230, quando papa Gregorio IX proibì ai fratelli di fare visita ai conventi di suore senza la sua speciale licenza, l’inflessibile Chiara temette che ciò potesse significare la perdita dell’appoggio spirituale dei frati e un SANTA CHIARA4irrigidimento dei rapporti che Francesco aveva sempre desiderato esistessero tra di loro. Per questo congedò tutti i benefattori del convento con le parole: «Ci ha private dei nostri assistenti spirituali. Ora può avere coloro che ci sostentano materialmente».
Chiara sopportò gli anni della malattia pazientemente. La sua agonia finale cominciò nel 1253. Due volte ricevette la visita di papa Innocenzo IV, che le diede l’assoluzione dicendo: «Volesse Dio che anch’io ne avessi così poco bisogno». Negli ultimi diciassette giorni non potè mangiare nulla. Numerosi vescovi e cardinali la visitarono, perché tutti ritenevano che quella donna morente fosse una grande santa.
Sua sorella Agnese era là con tre amici di Francesco: Leone, Angelo e Ginepro, che leggevano a voce alta la Passione secondo Giovanni come avevano fatto al letto di morte di Francesco, ventisette anni prima. Quando frate Reginaldo disse a Chiara di essere paziente, lei rispose: «Mio buon frate Reginaldo, da quando ho sperimentato la grazia di Gesù tramite il suo servo Francesco, mai nella mia intera vita ho incontrato alcun dolore o malattia che mi abbia veramente fatto soffrire». Confortò le sue suore e le esortò a praticare la santa povertà fedelmente. Le benedisse, chiamandosi la «pianticella» del suo santo padre Francesco. Si disse: «Vai in pace; hai percorso la retta via. Puoi partire senza temere; Dio che ti ha creata, ti ha benedetta e ti ha sempre protetta, amandoti come una madre. Lodo Dio per avermi creata». Morì all’età di sessant’anni, quarantadue dopo aver fatto la sua professione, con la regola da lei scritta e appena approvata dal papa nelle mani.Santachiaradue
Venne sepolta il giorno dopo. Era il 1253 e molto presto, già nel 1255, papa Alessandro IV la canonizzò ad Anagni. Dopo soli otto giorni dalla morte, Tommaso da Celano aveva scritto la sua vita. Le sue reliquie vennero trasportate nella chiesa di S. Chiara nel 1260. Per una strana associazione. Chiara, che condusse una vita quasi di clausura e nella povertà volontaria più totale, è oggi la patrona diffusa in tutto il mondo non solo delle ricamatrici, ma anche della televisione. Fu Pio XII a sceglierla (con lettera apostolica del 14 feb. 1958) in collegamento al fatto che, disse, una vigilia di Natale, costretta a letto dalla malattia che vide a distanza ilpresepe e udì cantare come se fosse stata presente nella chiesa.
È INVOCATA: – come protettrice di lavandai e lavandaie, ricamatrici, stiratrici, vetrai e della televisione

PREGHIERA A SANTA CHIARA

O Chiara, che con la luce della tua vita evangelica rischiarasti l’orizzonte del tuo secolo, illumina anche noi che, oggi più che mai, siamo assetati di verità e di veroS.-Chiara.amore. Con la testimonianza della tua vita, tu hai da dire anche a noi, dopo sette secoli, una parola di speranza e di fiducia che attinge la sua forza dal Vangelo, verità eterna.
Guarda, o Chiara, alle tue figlie che sparse in tutto il mondo vogliono continuare silenziosamente la missione di Maria, Vergine e Madre, nel cenacolo dove sotto il soffio dello Spirito nasceva e si sviluppava la Chiesa. Guarda a tutta la gioventù che cerca attraverso le vie più disparate di realizzare se stessa e guidala verso quella pienezza di vita che solo Cristo ci può dare.
Guarda, o Chiara, anche chi è verso il tramonto della vita e fagli sentire che nulla è perduto quando ancora rimane il desiderio di ricominciare da capo per fare meglio, per essere più buoni. E fa’, o Chiara, che tutti, quando saremo giunti alla soglia dell’Eternità, possiamo come te benedire Dio che ci ha creato per il suo amore!

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LETTERE DI SANTA CHIARA A SANT’AGNESE
TRIDUO A SANTA CHIARA 
SAN FRANCESCO D’ASSISI
SANTA AGNESE DI BOEMIA
IL MIRACOLO EUCARISTICO NEL MONDO
BEATA FILIPPA MARERI

FontiIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler/  http://www.preghiereperlafamiglia.it/santa-chiara-assisi.htm

AMDG et BVM

Pokèmon Go!

Pokèmon Go!: la terribile verità!Marcello Pamio – 28 luglio 2016
La Nintendo è una delle più grandi compagnie giapponesi presenti sul mercato.
Fondata nel 1889 è passata negli anni dai giochi di carte a quelli elettronici. Nel mondo dei videogames è entrata nel 1975. Ad oggi ha sviluppato oltre 500 games diversi.
Quello che ci interessa è Pokèmon, il gioco nato negli anni Novanta e che ha sbancato i botteghini a tal punto da aver fondato nel 1998 una società che si occupa di tutti i prodotti del gioco:The Pokèmon Company (affiliata alla Nintendo ovviamente).
L’applicazione Pokèmon Go! è in pratica una specie di videogioco di tipo free-to-play basato sulla realtà geolocalizzata con GPS.
A poche settimane dalla sua pubblicazione Pokèmon Go! è la app di maggior successo della storia con un rendimento secondo SuperData di 4 milioni di dollari al giorno.[1]

Purtroppo il grossissimo problema non è di tipo economico!
Pokèmon Go! & la CIAPokèmon Go! è stato sviluppato dalla ditta Niantic Lab., il cui fondatore è un certo John Hanke.
Tra le altre cose, Hanke ha fondato la società Keyhole Inc. che nel 2004 è stata acquistata nientepopodimenoche da Google, la quale poi implementando la tecnologia della compagnia è uscita con applicazioni importantissime come Google Earth e Google Maps.
La Keyhole non è una società qualsiasi ma una casa di sviluppo software specializzata nella visualizzazione di dati geospaziali: immagini satellitari per esempio.
A questo punto fa la sua comparsa un grosso finanziatore alquanto interessante:  IQT (In-Q-Tel). IQT è una compagnia governativa privata. E di quale governo? Indovinate un po’?
Esatto, sempre il solito: quello che esporta la democrazia con il fosforo, l’uranio impoverito, le bombe a frammentazione e le minitestate atomiche.
Lo scopo ufficiale di questa società è riportato nel loro sito: “IQT identifica, si adatta e fornisce soluzioni tecnologiche innovative per sostenere le missioni della Central Intelligence Agency”.[2]

Addirittura il partner principale è la In-Q-Tel Interface Center la cui sede si trova nel palazzo della Central Intelligence Agency! Più chiaro di così.
La CIA investe in tutte le compagnie high-tech del mondo (nuove o vecchie) in modo da essere sempre aggiornata su tutti gli sviluppi e i progressi della tecnologia. In pratica i servizi d’intelligence statunitense da una parte s’infiltrano in ogni società per averne il controllo e dall’altra tale controllo serve per mantenersi all’avanguardia negli sviluppi delle tecnologie di informazione.
Sorveglianza globaleDa molto tempo il Sistema attua tutta una serie di strategie e di operazioni per giungere quanto prima al controllo elettronico globale. Una grossa accelerazione è avvenuta grazie all’auto-attentato delle Torri Gemelle di New York del 2001: telecamere ovunque, sorveglianza elettronica, controllo di internet, leggi che violano ogni libertà (Patriot Act), guerra al terrorismo, invasione di altri paesi, ecc.
Pokèmon Go! aggiunge un altro importante tassello in tutto questo.
Dopo che Google per esempio chiede i famosi Captcha (il test fatto di una o più domande e risposte per determinare se l’utente è un umano oppure un computer[3]) dei numeri civici delle case perché i loro programmi non ce la fanno ancora a capirlo da soli; dopo che con Google Earth ci vedono d’alto e con Google Maps sanno in ogni secondo dove siamo e dove stiamo andando, mancava un ultimo tassello al puzzle: milioni di zombie che mettono a disposizione la telecamera del proprio cellulare e a gratis!
Registrano tutto quello che viene visto dal telefono (con geolocalizzazione attiva): svariati milioni di terabyte di dati sensibilissimi e inarrivabili con altri sistemi. Informazioni su tutto quello che ci circonda, sia dentro che fuori le mura domestiche, addirittura dentro il cesso di casa o dell’autogrill (immagini non raggiungili con i satelliti).
Se stai giocando a Pokèmon Go! è ora che ritorni in vita svegliandoti dal coma vegetativo, perché stai aiutando il Sistema a rendere finalmente operativo il Nuovo Ordine Mondiale. Stai regalando i tuoi occhi al grande Occhio Onniveggente (l’Occhio di Sauron de Il Signore degli anelli e l’Occhio che sovrasta la Piramide del potere nel massonico dollaro USA).
Qualsiasi movimento, sguardo, sensazione, emozione, in pratica tutta la vita umana privata e non viene registrata e i dati vengono inviati automaticamente e costantemente nell’etere per essere captati e registrati da computer stellari.
Nel 2009 Google aveva dichiarato di possedere 900.000 server e sicuramente oggi tale numero ha superato il milione di superPc dedicati a gestire, immagazzinare e conservare fantamiliardi di informazioni personali e globali. Senza parlare dei computer quantistici che sta sviluppando, come il D-Wave 2X in grado di essere 100 milioni di volte più veloce di un computer tradizionale, già molto veloce di suo.
Situazione odierna allarmanteLa situazione del mondo è sotto gli occhi di tutti.
Nel nostro Italia (per fare solo un esempio) la finanza è nelle mani di una cricca massonica di stampo anglosassone e l’economia sta sprofondando dentro un baratro senza fine. Gli ultimi governi golpisti non sono stati eletti direttamente dai cittadini, e l’attuale (del ridicolo menestrello Renzi) è addirittura incostituzionale a causa della legge elettorale. Quindi abbiamo un governo illegittimo che continua a legiferare come se nulla fosse, come se gli italiani fossero rimbambiti e addormentati (e forse hanno proprio ragione). Abbiamo una disoccupazione a livelli veramente paurosi e la libertà di stampa ci ha fatto raggiungere i paesi dittatoriali del Continente africano.
In tutto questo i sudditi italioti cosa fanno? Invece di prendere coscienza dei problemi cercando di risolverli si guardano le partite di calcio, e ora che il circenses (giochetto) è in pausa estiva, si allenano a cacciare i puppazzotti virtuali Pokèmon.
Milioni di automi a piede libero che passano le giornate alla ricerca del pupazzo in giro per le strade, le fiere, le palestre, le piazze, dentro le auto… Ecco come siamo messi.
Se non è controllo mentale questo, come lo si può chiamare?
Pokèmon Go! rende viviI simpatici mostriciattoli quindi sono solo una scusante ludica per adescare milioni di ignari servi del Sistema che così facendo partecipano attivamente e volontariamente alla propria schiavitù: chiudendosi per giunta alle spalle il cancello della prigione.
Nel cancello del campo di concentramento di Auschwitz costruito dalla IG Farben, la più grande e potente industria chimica dell’epoca, c’era scritto: Arbeit Macht Frei, che tradotto significaIl lavoro rende liberi.
Avevano un concetto un po’ strano di lavoro i tedeschi, anche se le migliaia di persone rinchiuse lavoravano effettivamente per le industrie chimiche e farmaceutiche collegate: Bayer, la AGFA, Basf, ecc., e lavoravano fino alla morte, cioè fino alla massima espressione di libertà…
Oggi quel cancello è virtuale, ma non meno imponente, composto da pixel e byte, e la scritta è solo un po’ diversa: “Pokèmon Go! rende vivi”…
 Per approfondimenti
Video su Yuo Tube di C-Jon “Pokemon Go – la terribile verità
https://www.youtube.com/watch?v=dV3Ft6dEsSc&feature=youtu.be


Note

[1] Consigli (e qualche considerazione) solo per veri giocatori di Pokèmon Go”, da Il Sole 24Ore del 27 luglio 2016[2] Dal sito ufficiale della IQT, https://www.iqt.org/ [3] Termine coniato nel 2000 da Louis von Ahn, Manuel Blum e Nicholas J. Hopper dell’University Carnegie Mellon (che fa parte del Sistema da sempre)

SANTA ROSA da Lima (1) "Danza, idiota! Muovi i passi, testa di mula!" le diceva la madre


"L'unica vera scala del Paradiso è la Croce Al di fuori di Essa non c'è altra via per cui salire al Cielo!"



S. ROSA DA LIMA 
(1586-1617)




Nacque a Lima il 20 aprile 1586, decima di tredici figli. 
Il suo modello di vita fu santa Caterina da Siena. Come lei, vestì l'abito del Terz'ordine domenicano, a vent'anni. 
Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati. 
Dal 1609 si richiuse in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa. 
Ebbe visioni mistiche. 
Morì, straziata dalle privazioni, il 24 agosto 1617.






E' la prima santa canonizzata del continente americano. 
Di origine spagnola, Rosa nacque, ultima degli undici figli di Gaspare Flores, modesto militare, il 20-4-1586, a Lima (Perù), città fondata da Francesco Pizarro dopo la conquista dell'impero degli Incas (1532). 

Ben presto la piccina fu prevenuta in modo straordinario dalla grazia di Dio, che supplì alla educazione dei collerici e maneschi genitori assai più preoccupati del benessere temporale che di quello spirituale dei figli. 

S. Turibio Alfonso de Mogrovejo (+1606), arcivescovo della città, la cresimò con il nome di Rosa benché fosse stata battezzata con quello di Isabella. La santa ne rimase conturbata. Un giorno, mentre pregava nella chiesa dei Domenicani, le apparve la Madonna con il Bambino in braccio a rasserenarla: "D'ora innanzi ti chiamerai Rosa di Santa Maria".

Leggendo la vita di S. Caterina da Siena, Rosa si sentì spinta ad eleggerla sua maestra di vita spirituale, a emettere come lei il voto di verginità, a vivere in continua unione con Dio e a darsi ad aspre penitenze. 

La sua alta spiritualità non fu capita dalla madre, Maria Oliva, la quale, ritenendo riprovevoli difetti le sue buone qualità, la percuoteva rabbiosamente; 
dai fratelli, i quali, invece di proteggerla, la chiamavano bacchettona e ipocrita; 
dai parenti, i quali, invece di ammirarla, la canzonavano e deridevano. 

Rosa imparò a soffrire senza un lamento sia i rimbrotti dei familiari che le infermità. 

A 3 anni la mamma, chiudendo un forziere, le pestò inavvertitamente un pollice delle mani. Alla domanda del medico se la loro figlia avesse pianto, i genitori risposero mortificati: "Essa non si lagna, né piange mai: è una piccina strana"

Con uguale fortezza d'animo, la santa sopportò le cure per estirpare un ascesso che le si era formato in un orecchio; 
un polipo che le era spuntato nelle cavità nasali; 
delle pustole e delle croste che le si erano formate sulla testa e che la madre aveva creduto di guarire con l'applicazione di polvere di arsenico molto caustica. 

I patimenti di Rosa furono allora così intensi che le causarono involontari sussulti nervosi. "Come hai potuto sopportare simile tortura?" le chiese costernata la mamma. Sollevando gli occhi all'immagine dell'Ecce homo che sovrastava il suo letto, le rispose con semplicità: "I dolori della corona di spine erano ben più vivi".

Rosa non solo accettava senza un lamento le indisposizioni corporali, ma ricorreva a tutte le astuzie per accrescerle. 
Si asteneva dal mangiare la frutta; 
si percuoteva con un fascio di cordicelle o di ortiche; pregava la persona di servizio che la calpestasse e le mettesse in spalla qualche grosso ramo secco da trascinare quasi fosse la croce di Gesù. 

A differenza delle altre bambine, Rosa non amava le compagnie e il gioco. 
Se ne stava ritirata nella capanna che suo fratello le aveva costruito nell'orto, per elevarsi a Dio sulle ali della meditazione

Detestava le vanità e la menzogna. 
Costretta dalla madre a porsi sul capo delle rose, trovò il modo di sistemare tra di esse una lunga spina che le pungeva di continuo.
Talora la mamma l'adornava come una sposa e le insegnava a danzare, ma Rosa restava immobile anche quando la mamma le gridava inviperita: "Danza, idiota! Muovi i passi, testa di mula!". Sovente dagli insulti passava alle verghe, ma i risultati erano gli stessi. Il confessore più volte dovette intervenire per fare comprendere all'insensata genitrice che Rosa era un'anima privilegiata e che doveva quindi seguire le mozioni dello Spirito Santo.

Dopo la prima apparizione della Madonna, la santa si trasferì con i genitori in una insalubre città, ricca di miniere di mercurio, dove fu assalita da contrazioni nervose che la tennero per tre anni inchiodata a letto con dolori inesprimibili. Usava allora ripetere: "Quanto sarebbe bello il mio stato, se non fossi di peso agli altri!"

Dopo quattro anni ritornò a Lima, ma crebbero le difficoltà economiche della famiglia. Rosa contribuì ad alleviarle con il ricamo e la coltivazione dei fiori. Il lavoro non la distoglieva ne dalle macerazioni, ne dalla continua preghiera. 

A dodici anni, per appagare la sua sete di patimenti, infisse trentatré chiodi in una lamina d'argento e se la legò alla testa con nastri in forma di corona in modo da sentirne le trafitture ad ogni movimento. Appagava così il grande desiderio che aveva di versare il proprio sangue per le anime in pericolo di perdersi e per quelle che cadevano in purgatorio

Si era formato un letto con alcune assi elevate alquanto dal suolo, coperte da un misero tappeto. Il guanciale da lei era stato talmente riempito di lana da riuscire duro come una pietra. Il riposo le divenne tanto penoso che talora le sembrava impossibile continuare quella penitenza. Eppure vi fu fedele per sedici anni perché Dio esigeva da lei quel terribile martirio. 
Quando la madre ebbe il permesso dal confessore di distruggerle quel giaciglio, vi trovò sparsi sopra più di trecento sassolini.

Quando Rosa era invitata dalla madre a prendere parte a feste mondane o a gite con le amiche, internamente sentiva una voce che le proibiva di frequentare il mondo. 

Un giorno trovò la maniera di sottrarsi alle insistenze materne facendosi rotolare sul piede una pietra e un'altra volta gettandosi negli occhi del pepe indiano.

Ripetutamente i genitori la percossero perché alle loro proposte di matrimonio rispondeva timidamente: "Non posso, non posso"

Dio la voleva nel Terz'ordine Domenicano. Glielo fece capire durante una processione in onore di S. Caterina da Siena. 
I familiari non le si opposero perché sarebbe rimasta in casa ad aiutarli con i suoi lavori (10-8-1606). 

La santa si fece costruire un eremitaggio lungo cinque piedi e largo quattro nel giardino. Tre volte la settimana ne usciva per andare ad ascoltare la Messa e a fare la comunione, ma in un modo che non sapeva spiegare era sempre presente a tutte le Messe che si celebravano nelle chiese vicine.

Nel "vasello del suo cuore" Rosa s'intratteneva di continuo con lo Sposo divino possedendo il dono del raccoglimento in misura eccezionale. Dodici ore della giornata le dedicava alla preghiera, dieci al lavoro e due soltanto al sonno. 

Se il corpo ricalcitrava, lo pungeva con aghi o lo percuoteva con pugni. 

Talora attaccava a un chiodo la sua capigliatura per destarsi appena il sonno la vinceva, tal'altra impugnava i due grossi chiodi infissi nelle braccia della croce che dominava il suo romitorio e vi restava sospesa a imitazione del crocifisso. 

Non potendo, a causa dell'insonnia e della prostrazione fisica sopraggiuntele, attendere ai suoi doveri, il medico le prescrisse di non lottare più contro il sonno. 
Rosa, desolata, supplicò allora la Vergine SS. perché fosse per lei la stella mattutina. Da quel giorno la Madre di Dio si assunse l'incarico di destarla al momento opportuno dicendo: "Levati, figlia, ecco l'ora della preghiera".

Rosa era grandemente affezionata al santo rosario e ne propagava la devozione tra le conoscenti. 
Portava continuamente attorno al braccio una piccola corona di cui si serviva sovente senza che alcuno se ne accorgesse. 

Con l'angelo custode ebbe frequenti rapporti visibili e amichevoli. Gli chiedeva consigli nelle difficoltà, gli affidava incarichi e da lui riceveva i necessari aiuti materiali. 
I demoni invece fremevano alla vista della vita santa che conduceva. Quasi di continuo la molestavano o la percuotevano violentemente per le numerose anime che sottraeva al loro dominio con l'uso quotidiano dei flagelli e dei cilici foderati di cardi e di punte di spilli, con la pratica notturna della Via Crucis nel giardino, a piedi nudi e con una pesante croce in spalla.

Le interne desolazioni furono lo straziante martirio di tanti santi. Anche Rosa vi andò soggetta per quindici anni per circa un'ora al giorno. Le durissime prove ebbero ripercussioni sul suo fragile corpo che cadde in uno stato di prostrazione, e andò soggetto a violente palpitazioni e a tremiti. 

Quando piacque al Signore di fissarla nella luce dell'antica intima unione le divennero abituali le estasi e le visioni. 
Il Bambino Gesù le appariva spesso sul libro che meditava o sul telaio da ricamo e le diceva: "Come tu sei tutta mia, così io sono tutto tuo"
La sua fiducia di appartenere al numero degli eletti era tanta da ritenere superflua al riguardo ogni rivelazione. 

Una domenica delle Palme, perché era rimasta senza il ramo di ulivo benedetto si ritenne colpevole di qualche resistenza alla grazia. La statua della Madonna del Rosario innanzi alla quale pregava si animò, e il Bambino Gesù le disse: "Rosa del mio cuore, sii la mia sposa"
A ricordo di quelle mistiche nozze ella si fece fabbricare un anello che consegnò al sacrestano perché lo deponesse sull'altare in cui, il giovedì santo, si conservava il SS. Sacramento. Con quel gesto voleva significare che desiderava riporre nel sepolcro con Gesù il pegno del suo amore. La mattina di Pasqua, Rosa stava inginocchiata con la madre nella cappella della Madonna del Rosario allorché, d'un tratto, l'anello, volando invisibile nell'aria, andò ad ornarle per tutta la vita il dito.

Tutti questi doni celesti accendevano in Rosa sempre più il desiderio di convertire gli erranti. 
Diceva sovente: "Se mi fosse dato di predicare, percorrerei tutti i quartieri di questa città a piedi nudi, coperta di cilici e tenendo in mano un crocifisso". 

Tante volte fu udita lagnarsi di non potere, a causa del suo sesso, recarsi tra gl'infedeli per portarli alla conoscenza del Vangelo. 
Tante persone migliorarono i propri costumi alle di lei esortazioni. 
Possedeva il dono di scrutare i cuori e di prevedere il futuro. 
Le sue preferenze erano per i poveri ai quali trovava sempre il modo di donare qualcosa, i malati che andava a visitare negli ospedali o che otteneva di curare nel proprio romitorio. 

Dio ricompensò il suo ardente amore per il prossimo dandole anche il dono dei miracoli. In città non si parlava che delle prodigiose guarigioni da lei operate. 

Agli stessi suoi familiari moltiplicò il pane, il miele ed i soldi necessari per estinguere un debito. Anche per lei quindi valevano le parole dette dal Signore a S. Caterina da Siena: "Pensa a me ed io penserò a te e ai tuoi cari".

Gli ultimi tre anni di vita Rosa li trascorse in casa di un intimo amico di famiglia e tesoriere dei domini del re di Spagna Filippo III, Gonzalvo della Massa. 
Rosa avrebbe preferito restarsene nel suo romitorio, ma eroicamente ubbidì avendo proposto di vivere in una continua sottomissione. 

Nonostante che al lavoro per la sua famiglia si unisse quello a lei imposto dagli ospiti, ella continuò a mortificarsi in mille modi diversi
Beveva soltanto acqua e d'ordinario si cibava di pane cosparso di fiele o di succhi di erbe amare talmente nauseabondi da piangerne per la ripugnanza che provava. 
Non di rado si asteneva da qualsiasi cibo e bevanda per vari giorni specialmente quando le era concesso di comunicarsi tutti i giorni. 
Il migliore rimedio alle sue frequenti malattie erano il digiuno e l'astinenza. 
Gli alimenti delicati imposti a lei dai medici o dai genitori le riuscivano intollerabili. 

Per vivere in solitudine ottenne dagli ospiti, suoi ammiratori, il permesso di fabbricarsi con vecchie assi uno stambugio nel granaio. Oltre che trascorrervi buona parte della notte, d'ordinario vi si appartava il giovedì sera e non ne usciva che al sabato. 
Trascorreva tutto quel tempo assorta nell'orazione, immobile, senza prendere cibo o riposo.


Nei momenti di distensione talora la santa afferrava un'arpa e, benché fosse ignara di musica, accompagnava con melodiosi accordi i canti che le sgorgavano dal petto infiammato di amore. 
Non diceva ella: "Quando mi comunico mi pare che un sole scenda nel mio petto?". L'intimo fuoco era così vivo che le traspariva a volte all'esterno sotto forma di aureola, di vivo splendore o intenso calore. 

Il 25-4-1617 mentre pregava davanti a un quadro raffigurante il volto del Redentore, esso fu visto coprirsi di sudore per oltre quattro ore. Alcuni giorno dopo il prodigio Rosa cadde e si ruppe un braccio. Temendo di essere di aggravio agli ospiti, chiese che le fosse legata sulla parte malata la spugna che era servita a detergere il sudore miracoloso. La guarigione istantanea che ne seguì confermò anche il precedente prodigio di cui furono testimoni alcuni Padri gesuiti.

Negli ultimi mesi di vita il corpo di Rosa divenne il ricettacolo di mali misteriosi tanto che i medici si stupivano come facesse a vivere. Soltanto la lingua e la mente non le rimasero impedite, motivo per cui fino alla fine poté lodare il Signore e godere di continue estasi. 
Morì il 24-8-1617 dopo aver preso in mano un cero benedetto, sollevato gli occhi al cielo ed esclamato per tre volte: "Gesù, sii con me!".

I funerali di Rosa furono un trionfo. Clemente IX la beatificò il 12-2-1668. Clemente X la canonizzò il 12-4-1671 e la proclamò protettrice dell'America Latina e delle isole Filippine. 

Le sue reliquie sono venerate a Lima nella chiesa di San Domenico.
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Madonna del Rosario tra i SS. Domenico e Rosa, chiesa di S. Domenico, Lucera

Scuola di Cusco, S. Rosa col Bambino Gesù, 1680-1700, Museo de Arte de Lima, Lima


Bartolomé Esteban Murillo, S. Rosa da Lima, 1670, Museo Lázaro Galdiano, Madrid


Gregorio Vásquez de Arce y Ceballos, Matrimonio mistico di S. Rosa (o Caterina da Siena) alla presenza di S. Barbara, S. Giuseppe e S. Agostino, 1670,  Museo de Arte del Banco de la República, Bogotà

Scuola catalana, S. Rosa stringe il Bambino Gesù, 1788 circa, collezione privata



Nicolás Correa, Nozze mistiche di S. Rosa, 1691, Museo Nacional de Arte (MUNAL), Città del Messico

Anonimo, S. Rosa ai piedi di S. Domenico, XVII sec., Museo de Arte Religioso, Basilica Cattedrale, Lima 

Francisco Martínez, S. Rosa rifiuta la mano di un pretendente, XVII sec., Museo Universitario BUAP, Città di Puebla

Francisco Martínez, S. Rosa nel suo eremitaggio domestico, XVII sec., Museo Universitario BUAP, Città di Puebla

Francisco Martínez, S. Rosa attaccata dal demonio, XVII sec., Museo Universitario BUAP, Città di Puebla

Francisco Martínez, S. Rosa conversa con Gesù Bambino, XVII sec., Museo Universitario BUAP, Città di Puebla

Francisco Martínez, Matrimonio mistico di S. Rosa, XVII sec., Museo Universitario BUAP, Città di Puebla

Cristóbal de Villalpando, Nozze mistiche di S. Rosa, XVII sec., Cattedrale Metropolitana, Città del Messico

Juan Tinoco, Matrimonio mistico di S. Rosa, XVIII sec., Cappella Ochavo, Cattedrale, Puebla

Jose del Pozo (attrib.), S. Rosa, 1810-20 circa, Museo de Arte de Lima, Lima


Altare di S. Rosa, con i crani di S. Rosa e di S. Martino de Porres e le reliquie di S. Giovanni Macias, Basilica di S. Domenico, Lima



Reliquia del cranio di S. Rosa, Basilica di S. Domenico, Lima

Ricostruzione computerizzata del verosimile volto di S. Rosa sulla base dei rilievi del cranio
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Sac. Guido Pettinati SSP,

I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 253-259

http://www.edizionisegno.it/




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