mercoledì 4 maggio 2016

SANTI AUSILIATORI



I SANTI AUSILIATORI (III e IV secolo)
Data: Domenica, 25 marzo @ 09:34:38 CEST
Argomento: Vite di Santi, Beati, Venerabili...

I Santi Ausiliatori erano un gruppo di santi invocati dal popolo cristiano in casi di particolari necessità, generalmente per guarire da particolari malattie. La devozione a questi santi nacque probabilmente in Germania attorno al XIII secolo, ma si diffuse velocemente, soprattutto durante le grandi epidemie di peste del XIV secolo, tanto che per loro venne istituita una festa collettiva dalla Santa Congregazione dei Riti.




Sono così chiamati dieci santi, tutti martiri, fatta eccezione di S. Egidio, la cui intercessione è ritenuta particolarmente efficace in determinate necessità e pericoli della vita, secondo una tradizione popolare che risale al medioevo. L'origine di questa devozione è tedesca. Antichi messali di Bamberga, Magonza e Costanza ne riportano la festa a varie date, tra cui 1'8 agosto e la quarta domenica dopo Pasqua. Questa devozione dalla Germania si diffuse nella Svizzera, in Austria e in Italia soprattutto nel secolo XIV, rimasto tristemente famoso per le pestilenze che flagellarono l'Europa.


La leggenda s'impadronì di questi santi, inventò strazianti tormenti e attribuì loro portenti strabilianti. Ciò non toglie che siano realmente esistiti. Difatti ad essi furono dedicate città, chiese, ospedali con le relative cappelle e associazioni. Tra i santuari più celebri occorre ricordare quello di Vierzehnheiligen (Wùrzburg), ancora oggi meta di numerosi pellegrinaggi da tutte le parti della Germania meridionale. Il loro culto ispirò artisti, che lasciarono sculture, pitture, affreschi, pale d'altare, raffiguranti questi santi, insieme o singolarmente, con i loro emblemi caratteristici. L'elenco dei santi ausiliatori non fu ovunque identico. Sono comunemente ritenuti tali:




1) S. Acacio, centurione dell'armata di Cappadocia. Greco di stirpe, ma indigeno, fu citato come cristiano davanti a Flavio Fermo, tribuno della legione Marzia. Costui ne affidò il giudizio a Bibiano, funzionario imperiale residente a Perinto, o Eraclea, nella Tracia, e preside della provincia. Bibiano, dopo averlo sottoposto ad atroci torture, tra cui la distorsione dei piedi, la flagellazione e la rottura delle mandibole, lo rinviò al proconsole Flaviano. Questi, letti gli atti inviati da Bibiano, fece immediatamente decapitare Acacio nei pressi di Bisanzio, mentre si pronunziava contro di lui la formula ingiuriosa della degradazione militare. Era 1'8-5-303 o 305, al tempo, quindi, in cui con l'imperatore Caio Aurelio Valerio Diocleziano (+313) regnava Costanzo Cloro (+306), padre di Costantino il Grande, Massimo Galerio (+311), Massimiano Erculeo (+305) al cui feroce odio anticristiano era dovuta in gran parte la persecuzione che è passata alla storia con il nome di Era dei Martiri.
Sul luogo della sepoltura di Acacio fu eretta una chiesa. Le sue reliquie furono traslate a Squillace (Catanzaro) di cui è il principale patrono. E' invocato contro l'emicrania e i tormenti dell'agonia. Nella liturgia se ne fa memoria 1'8 maggio.

2) S. Biagio, vescovo di Sebaste, in Armenia, e martire sotto l'imperatore Licinio (+323). Scoppiata la persecuzione, Biagio andò a vivere in una caverna. La leggenda dice che gli animali ammalati andavano a lui ed egli li guariva con un segno di croce. Alcuni cacciatori lo scoprirono in mezzo ad un branco di bestie feroci e lo denunciarono al magistrato. Fu catturato e rinchiuso in una prigione dove cominciò a ricevere e a risanare gl'infermi. Un giorno si recò da lui una donna col figliuoletto afflitto da una spina di pesce che gli era rimasta conficcata nella gola.
Biagio lo benedisse e il bambino fu all'istante guarito.
Più volte Biagio fu condotto davanti al governatore, e siccome perseverava nel confessare la divinità di Gesù Cristo, ogni volta veniva sottoposto a nuovi tormenti. In premio di tante sofferenze Dio gli concedeva di operare strepitosi miracoli. Un giorno restituì ad una povera vecchia un porcellino che un lupo le aveva rapito. Riconoscente, la donna portò dei cibi e delle candele al Santo che, commosso, le disse: "Offri ogni anno una candela nella chiesa che sarà innalzata a mio nome, e avrai molto bene e nulla ti mancherà".
Biagio fu decapitato. Il suo culto è tra i più diffusi tanto in oriente quanto in occidente. Lo dimostrano le chiese e gli oratori edificati in suo onore un po' dovunque. La sua memoria ricorre il 3 febbraio. In passato il sacerdote soleva benedire la gola invocando il suo nome.

3) S. Ciriaco, martire. Nella Depositio martyrum del cronografo romano del 354 viene menzionato in data 8 agosto, al settimo miglio della Via Ostiense, una gruppo di martiri, Ciriaco, Largo e Smaragdo, vittime forse della persecuzione di Diocleziano. Il papa Onorio I (+638), fece erigere una basilica nello stesso luogo in loro onore i cui resti furono scoperti nel 1915 nel cimitero che aveva preso il nome di S. Ciriaco. Al santo è attribuita efficacia contro le ossessioni diaboliche, e specialmente a favore dei moribondi.

4) S. Cristoforo, martirizzato in Licia nel 250, al tempo della persecuzione dell'imperatore Decio. Fu uno dei santi più venerati nel medio evo, specialmente in Dalmazia, in Austria e in Spagna. Cristoforo era venerato soprattutto dai pellegrini. In suo onore sorsero istituzioni e congregazioni aventi lo scopo di aiutare i viaggiatori che dovevano superare difficoltà di ogni genere. Attorno a lui fiorirono molte leggende. Secondo il B. Jacopo da Voragine OP. (+1298), autore della Leggenda Aurea, il santo era un gigante che voleva servire il signore più potente del mondo. Fu perciò successivamente al servizio di un re, di un imperatore e quindi del demonio stesso. Avendo da lui appreso che Gesù Cristo era più forte di tutti, concepì il desiderio di farsi cristiano.
Un pio eremita istruì Cristoforo sui precetti della carità. Per esercitarsi in questa virtù e prepararsi al battesimo, fissò la sua dimora presso le rive di un fiume allo scopo di aiutare i viaggiatori a traghettarlo. Una notte un grazioso fanciullo lo destò dal sonno e lo pregò di trasportarlo all'altra riva. Cristoforo ben volentieri se lo prese in spalla, ma di mano in mano che s'inoltrava nell'acqua il peso del fanciullo aumentava. Quando, aiutandosi con un lungo bastone, riuscì a guadagnare la riva, lo sconosciuto fanciullo gli rivelò che era il Signore Gesù, e gli predisse il martirio a breve scadenza.
Dopo aver ricevuto il battesimo, Cristoforo si recò a predicare nella Licia, dove fu ucciso perché non aveva voluto rinnegare la propria fede. Chiese e monasteri furono eretti in suo onore. Si affidano al suo patrocinio i portalettere, gli atleti, i facchini, gli scaricatori e, in genere, tutti coloro che esercitano un lavoro pesante ed esposto ai pericolo come quello degli automobilisti. La sua memoria si celebra il 25 luglio.

5) S. Dionigi, martire a Parigi durante la persecuzione dell'imperatore Valeriano (+258). Nelle stesse circostanze a Roma morì S. Lorenzo e a Cartagine S. Cipriano. È probabile che Dionigi sia stato un vescovo del III secolo, mandato in Gallia da Roma e che, dopo il martirio nei pressi di Parigi, sia stato sepolto in un cimitero pagano. Non si può identificare con Dionigi l'areopagita, convertito da S. Paolo con Damaride, secondo S. Giovanni Crisostomo moglie di lui, durante la sua predicazione ad Atene. S. Genoveffa (1500) fece costruire in onore del martire a Parigi una chiesa. Gli è attribuita una potenza taumaturgica contro le possessioni diaboliche e i dolori del capo. La sua memoria si celebra il 9 ottobre.

6) S. Egidio, abate. Ateniese di origine, sarebbe passato in Francia e avrebbe condotto vita eremitica a Nimes nel secolo VII o VIII. Secondo la leggenda, Dio aveva dato al santo penitente una cerva perché nella solitudine gli fornisse il latte necessario alla vita. Un giorno fu inseguita dai cacciatori del re, ed essa si rifugiò ai piedi dell'eremita. Essendo stato scoperto, egli raccontò al sovrano che aveva abbandonato la propria patria per sottrarsi alla venerazione che il popolo gli dimostrava. Il re gli offrì ripetutamente dei doni, ma Egidio gli suggerì di aiutarlo a costruire un monastero benedettino in onore dei SS. Pietro e Paolo. Diversi discepoli accorsero a lui ed egli ne diventò abate. Nella regione veniva invocato dai fedeli per essere liberati dalla febbre, dalla paura e anche dalla follia. La sua memoria si celebra il 18 settembre.

7) S. Erasmo, vescovo di Formia, vittima forse della persecuzione di Diocleziano. Secondo la leggenda era già stato vescovo di Antiochia di Siria. L'angelo del Signore, per sottrarlo alla persecuzione, lo aveva condotto nell'Illirico dove convertì alla fede numerosi fedeli. Scoperto dalla polizia imperiale e sottoposto a nuovi tormenti, l'angelo lo ricondusse a Formia dove fu martirizzato. Fin dal tempo di S. Gregorio il Grande (+604) in detta città esisteva un monastero intitolato al martire. Lo stesso papa ne avrebbe fondato uno a Roma sul Celio in suo onore. Erasmo è invocato contro le epidemie ed è il protettore dei marinai, che ne hanno corrotto il nome in S. Elmo. La sua memoria si celebra il 2 giugno.

8) S. Giorgio, nobile e ricco giovane della Cappadocia, tribuno dell'armata imperiale. Jacopo da Voragine, nella sua Leggenda Aurea, gli attribuisce l'uccisione del drago di Sileno (Libia), che abitava in un vasto stagno, al quale gli abitanti erano costretti ad offrire quotidianamente due pecore, e in seguito anche delle creature umane. Il giorno in cui il tribuno comparve in città, la sorte aveva designato come vittima l'unica figlia del re. Per liberarla, Giorgio montò in groppa al suo cavallo e con la lancia ferì il mostro. Ordinò quindi alla giovanotta di cingere il collo del drago con la sua cintura e di condurlo in città. Agli abitanti accorsi a vedere il prodigio, il santo cavaliere fece promettere che avrebbero ricevuto il battesimo, poi uccise il drago.
Giorgio sarebbe stato vittima della persecuzione di Diocleziano a Nicomedia. Esistono molti antichi attestati del suo culto. A Bisanzio l'imperatore Costantino il Grande fece erigere una basilica in suo onore.
Soltanto nell'Egitto furono intitolate a lui 40 chiese e 3 monasteri.
Almeno dal secolo VI la sua tomba era molto venerata a Lydda (Palestina). Anche in occidente, come a Monaco e a Genova, fu onorato nella stessa epoca. I crociati contribuirono a diffonderne il culto specialmente negli eserciti di Francia e d'Inghilterra. Un concilio nazionale tenuto ad Oxford (1222) sotto il regno di Enrico III, istitutore dei Cavalieri di San Giorgio, ordinò di considerare come festa di precetto il giorno del martire. Benedetto XIV dichiarò S. Giorgio patrono di Inghilterra. È invocato contro le infezioni della pelle, ed è il patrono dei Giovani Esploratori e dei guerrieri. La sua memoria si celebra il 23 aprile.

9) S. Pantaleone, medico di Nicomedia in Bitinta e martire. Affidato alla cure di un medico, ne sarebbe diventato talmente l'emulo da meritare di essere chiamato alla corte dell'imperatore Massimino Galerio. Un cristiano che vi viveva nascosto per timore della persecuzione lo convertì al cristianesimo. Dio concesse al santo il dono dei miracoli. Guarendo i malati, egli non riuscì a nascondere la sua appartenenza alla setta dei cristiani e a impedire che i suoi colleghi, invidiosi e gelosi, lo denunciassero all'imperatore. Fu arrestato e sottoposto a svariati tormenti. Poiché rimaneva fermo nella sua convinzione religiosa, fu condannato alla decapitazione. I medici lo onorano come loro patrono. La sua memoria si celebra il 27 luglio.

10) S. Vito, martire in Lucania durante la persecuzione di Diocleziano. Fin dal secolo V furono dedicati al santo monasteri e chiese a Roma, in Sicilia e in Sardegna. Il suo culto ebbe uno straordinario sviluppo nel medioevo, soprattutto tra i tedeschi e gli slavi, i quali lo invocavano per la sua virtù taumaturgica contro l'idrofobia e la malattia nervosa, detta "ballo di San Vito". 
Le reliquie del martire furono traslate prima nel monastero parigino di St-Denis, nel secolo VIII, e poi in quello Nuova Gorbia in Sassonia nel secolo IX.
S. Vito è rappresentato immerso in una caldaia di acqua bollente in cui sarebbe stato martirizzato. La sua memoria si celebra il 15 giugno.
Tra gli ausiliatori non figurano più S. Barbara, S. Caterina di Alessandria, S. Eustachio, S. Margherita o Marina. Con la pubblicazione da parte della S. Congregazione dei Riti dell'edizione tipica del Calendario Romano (1969), detti santi sono stati soppressi perché, con ogni probabilità, non sono realmente esistiti.
___________________
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 60-64
http://www.edizionisegno.it/

Questo Articolo proviene da Pagine cattoliche
http://www.paginecattoliche.it

"Ave candidum lilium
fulgidae semperque tranquillae Trinitatis,
Rosaque praefulgida coelicae amoenitatis,
de qua nasci et de cuius lacte pasci
Rex Coelorum voluit: divinis influxionibus 
animas nostras pasce"

"AVE, GIGLIO BIANCO DELLA TRINITA',
 Rosa splendente che abbellisci il Cielo, Ave! Da Te ha voluto nascere, da Te ha voluto prendere il latte Colui che governa il Cielo e la Terra. Deh! nutri le nostre anime con i Tuoi divini influssi, o Maria!"


AKATHISTOS


PENITENZIERIA APOSTOLICA

Decreto Mater Christi

Indulgenza plenaria a chi recita l'inno Acathistos


La beatissima vergine Maria, madre del Cristo e della chiesa, “per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede, mentre viene predicata e onorata”, e così “chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre” (Conc. ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 65).

Orbene, la chiesa ha sperimentato sempre e dovunque questa meravigliosa potenza della Madre di Dio, onde la fede riceve lume e forza e la devozione diventa sempre più fervida; e, in relazione alle diverse lingue, sensibilità e ricchezze culturali dei popoli, essa ha espresso tale prerogativa della Madonna nelle formule di preghiere e nei riti di culto.

Così, tra i numerosi documenti della sapienza cristiana, che sono nel contempo insigni opere d'arte per lo splendore della bellezza, occupa un posto eminente l'inno, veramente sublime, della liturgia bizantina denominato “Acathistos” (=Genitrice di Dio); in esso, infatti, alla perfezione letteraria, che viene spontaneo chiamare prodigiosa, si uniscono l'ardore del sentimento e l'altezza della contemplazione mistica.

Ma in virtù della cattolicità, nella chiesa “le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la chiesa, e così il tutto e le singole parti sono rafforzate” (LG 13) per quanto concerne tutti i doni spirituali della divina liberalità. Ne è derivata la felice conseguenza che il lodato inno “Acathistos”, specialmente in questi ultimi anni, si è largamente diffuso anche tra i fedeli di rito latino, ed è stato accolto con grande frutto della pietà religiosa, sia in privato sia in pubbliche celebrazioni.

E’ allora evidente la convenienza di consolidare e ulteriormente diffondere questa consuetudine lodevolmente introdottasi: tra l'altro l'ha avvalorata col suo esempio lo stesso sommo pontefice Giovanni Paolo II, che nella solennità dell'Annunciazione del Signore dell'anno mariano 1988 pubblicamente ha usato questa forma di preghiera; essa infatti favorisce l'affetto dei fedeli per la beatissima “Theotokos”, rafforza il vincolo della comunione cattolica tra fratelli appartenenti a riti diversi, ma ad una medesima chiesa, acuisce la facoltà di cogliere quella spirituale venustà che facilita l'elevarsi a Dio, somma Bellezza.

Pertanto la Penitenzieria apostolica ha ritenuto conveniente annettere l'indulgenza plenaria alla pia recita dell'inno “Acathistos” negli stessi termini, nei quali è annessa alla recita del rosario mariano, così che la ottengano i fedeli di qualunque rito, alle consuete condizioni - e cioè della confessione sacramentale, della comunione eucaristica e della preghiera secondo le intenzioni del sommo pontefice - se reciteranno l'inno “Acathistos” in una chiesa o oratorio, ovvero in seno alla famiglia, o comunitariamente negli istituti religiosi e pie associazioni. Essi conseguiranno invece l'indulgenza parziale in circostanze diverse (cf. Enchiridion delle indulgenze, Concessione n. 48).
Sua santità, per elezione della divina Provvidenza, Giovanni Paolo II, nell'udienza accordata al sottoscritto cardinale penitenziere maggiore il 25 maggio 1991, con la sua suprema autorità, ha approvato la riferita risoluzione della Penitenzieria apostolica e ha dato ordine di pubblicarla a norma di legge.

Roma, Penitenzieria apostolica, 31 maggio 1991, festa della Visitazione di Maria ss.ma a s. Elisabetta.
WILLIAM card. BAUM, penit. magg.
LUIGI DE MAGISTRIS, reggente

Questo Articolo proviene da Pagine cattoliche

http://www.paginecattoliche.it



L'INNO AKATHISTOS
 

 
È uno tra i più famosi inni che la Chiesa Ortodossa dedica alla Theotokos (Genitrice di Dio).  

PARTE NARRATIVA
1. Il più eccelso degli Angeli fu mandato dal Cielo
per dir "Ave" alla Madre di Dio.
Al suo incorporeo saluto
vedendoti in Lei fatto uomo,
Signore,
in estasi stette,
acclamando la Madre così:
Ave, per Te la gioia risplende;
Ave, per Te il dolore s'estingue.
Ave, salvezza di Adamo caduto;
Ave, riscatto del pianto di Eva.
Ave, Tu vetta sublime a umano intelletto;
Ave, Tu abisso profondo agli occhi degli Angeli.
Ave, in Te fu elevato il trono del Re;
Ave, Tu porti Colui che il tutto sostiene.
Ave, o stella che il Sole precorri;
Ave, o grembo del Dio che s'incarna.
Ave, per Te si rinnova il creato;
Ave, per Te il Creatore è bambino.
Ave, Sposa non sposata!
 
 
2. Ben sapeva Maria
d'esser Vergine sacra e così a Gabriele diceva:
«Il tuo singolare messaggio
all'anima mia incomprensibile appare:
da grembo di vergine
un parto predici, esclamando:
Alleluia!» 
3. Desiderava la Vergine
di capire il mistero
e al nunzio divino chiedeva:
«Potrà il verginale mio seno
mai dare alla luce un bambino?
Dimmelo!»
E Quegli riverente
acclamandola disse così:
Ave, Tu guida al superno consiglio;
Ave, Tu prova d'arcano mistero.
Ave, Tu il primo prodigio di Cristo;
Ave, compendio di sue verità.
Ave, o scala celeste
che scese l'Eterno;
Ave, o ponte che porti gli uomini al cielo.
Ave, dai cori degli Angeli cantato portento;
Ave, dall'orde dei dèmoni esecrato flagello.
Ave, la Luce ineffabile hai dato;
Ave, Tu il «modo» a nessuno hai svelato.
Ave, la scienza dei dotti trascendi;
Ave, al cuor dei credenti risplendi.
Ave, Sposa non sposata!
 
4. La Virtù dell'Altissimo
adombrò e rese Madre
la Vergine ignara di nozze:
quel seno, fecondo dall'alto,
divenne qual campo ubertoso per tutti,
che vogliono coglier salvezza 

cantando così:
Alleluia!

5.
 Con in grembo il Signore
premurosa Maria
ascese e parlò a Elisabetta.
Il piccolo in seno alla madre
sentì il verginale saluto,
esultò,
e balzando di gioia
cantava alla Madre di Dio:
Ave, o tralcio di santo Germoglio;
Ave, o ramo di Frutto illibato.
Ave, coltivi il divino Cultore;
Ave, dai vita all'Autor della vita.
Ave, Tu campo che frutti ricchissime grazie;
Ave, Tu mensa che porti pienezza di doni.
Ave, un pascolo ameno Tu fai germogliare;
Ave, un pronto rifugio prepari ai fedeli.
Ave, di suppliche incenso gradito;
Ave, perdono soave del mondo.
Ave, clemenza di Dio verso l'uomo;
Ave, fiducia dell'uomo con Dio.
Ave, Sposa non sposata!
 
6. Con il cuore in tumulto
fra pensieri contrari
il savio Giuseppe ondeggiava:
tutt'ora mirandoti intatta
sospetta segreti sponsali, o illibata!
Quando Madre ti seppe
da Spirito Santo, esclamò:
Alleluia! 
7. I pastori sentirono
i concerti degli Angeli
al Cristo disceso tra noi.
Correndo a vedere il Pastore,
lo mirano come agnellino innocente
nutrirsi alla Vergine in seno,
cui innalzano il canto:
 

Ave, o Madre all'Agnello Pastore,
Ave, o recinto di gregge fedele.
Ave, difendi da fiere maligne,
Ave, Tu apri le porte del cielo.
Ave, per Te con la terra esultano i cieli,
Ave, per Te con i cieli tripudia la terra.
Ave, Tu sei degli Apostoli la voce perenne,
Ave, dei Martiri sei l'indomito ardire.
Ave, sostegno possente di fede,
Ave, vessillo splendente di grazia.
Ave, per Te fu spogliato l'inferno,
Ave, per Te ci vestimmo di gloria.

Ave, Vergine e Sposa!

 
8. Osservando la stella
che guidava all'Eterno,
ne seguirono i Magi il fulgore.
Fu loro sicura lucerna
andando a cercare il Possente,
il Signore.
Al Dio irraggiungibile giunti,
l'acclaman beati: 
Alleluia! 

9. Contemplarono i Magi
sulle braccia materne
l'Artefice sommo dell'uomo.
Sapendo ch'Egli era il Signore
pur sotto l'aspetto di servo,
premurosi gli porsero i doni,
dicendo alla Madre beata:

Ave, o Madre dell'Astro perenne,
Ave, o aurora di mistico giorno.
Ave, fucine d'errori Tu spegni,
Ave, splendendo conduci al Dio vero.
Ave, l'odioso tiranno sbalzasti dal trono,
Ave, Tu il Cristo ci doni clemente Signore.
Ave, sei Tu che riscatti dai riti crudeli,
Ave, sei Tu che ci salvi dall'opre di fuoco.
Ave, Tu il culto distruggi del fuoco,
Ave, Tu estingui la fiamma dei vizi.
Ave, Tu guida di scienza ai credenti,
Ave, Tu gioia di tutte le genti.

Ave, Vergine e Sposa!
 

10. Banditori di Dio
diventarono i Magi
sulla via del ritorno.
Compirono il tuo vaticinio
e Te predicavano, o Cristo,
a tutti, noncuranti d'Erode,
lo stolto, incapace a cantare:

A
lleluia!
 
11. Irradiando all'Egitto
lo splendore del vero,
dell'errore scacciasti la tenebra:
ché gli idoli allora, o Signore,
fiaccati da forza divina caddero;
e gli uomini, salvi,
acclamavan la Madre di Dio:
Ave, riscossa del genere umano,
Ave, disfatta del regno d'inferno.
Ave, Tu inganno ed errore calpesti,
Ave, degl'idoli sveli la frode.
Ave, Tu mare che inghiotti il gran Faraone,
Ave, Tu roccia che effondi le Acque di Vita.
Ave, colonna di fuoco che guidi nel buio,
Ave, riparo del mondo più ampio che nube.
Ave, datrice di manna celeste,
Ave, ministra di sante delizie.
Ave, Tu mistica terra promessa,
Ave, sorgente di latte e di miele.

Ave, Vergine e Sposa!
 
12. Stava già per lasciare
questo mondo fallace
Simeone, ispirato vegliardo.
Qual pargolo a lui fosti dato,
ma in Te riconobbe il Signore perfetto,
e ammirando stupito
l'eterna sapienza esclamò:

A
lleluia!

PARTE TEMATICA
13. Di natura le leggi
innovò il Creatore,
apparendo tra noi, suoi figlioli:
fiorito da grembo di Vergine,
lo serba qual era da sempre, inviolato:
e noi che ammiriamo il prodigio
cantiamo alla Santa:
Ave, o fiore di vita illibata,
Ave, corona di casto contegno.
Ave, Tu mostri la sorte futura,
Ave, Tu sveli la vita degli Angeli.
Ave, magnifica pianta che nutri i fedeli,
Ave, bell'albero ombroso che tutti ripari.
Ave, Tu in grembo portasti la Guida agli erranti,
Ave, Tu desti alla luce Chi affranca gli schiavi.
Ave, Tu supplica al Giudice giusto,
Ave, perdono per tutti i traviati.
Ave, Tu veste ai nudati di grazia,
Ave, Amore che vinci ogni brama.

Ave, Vergine e Sposa!

 
14. Tale parto ammirando,
ci stacchiamo dal mondo
e al cielo volgiamo la mente.
Apparve per questo fra noi,
in umili umane sembianze l'Altissimo,
per condurre alla vetta
coloro che lieti lo acclamano: 

A
lleluia! 
15. Era tutto qui in terra,
e di sé tutti i cieli
riempiva il Dio Verbo infinito:
non già uno scambio di luoghi,
ma un dolce abbassarsi di Dio verso l'uomo
fu nascer da Vergine,
Madre che tutti acclamiamo:
Ave, Tu sede di Dio, l'Infinito,
Ave, Tu porta di sacro mistero.
Ave, dottrina insicura per gli empi,
Ave, dei pii certissimo vanto.
Ave, o trono più santo del trono cherubico,
Ave, o seggio più bello del seggio serafico.
Ave, o tu che congiungi opposte grandezze,
Ave, Tu che sei in una e Vergine e Madre.
Ave, per Te fu rimessa la colpa,
Ave, per Te il paradiso fu aperto.
Ave, o chiave del regno di Cristo,
Ave, speranza di eterni tesori.

Ave, Vergine e Sposa!
 
16. Si stupirono gli Angeli
per l'evento sublime
della tua Incarnazione divina:
ché il Dio inaccessibile a tutti
vedevano fatto accessibile, uomo,
dimorare fra noi
e da ognuno sentirsi acclamare:
Alleluia! 
17. Gli oratori brillanti
come pesci son muti
per Te, Genitrice di Dio:
del tutto incapaci di dire
il modo in cui Vergine e Madre Tu sei.
Ma noi che ammiriamo il mistero
cantiamo con fede:

Ave, sacrario d'eterna Sapienza,
Ave, tesoro di sua Provvidenza.
Ave, Tu i dotti riveli ignoranti,
Ave, Tu ai retori imponi il silenzio.
Ave, per Te sono stolti sottili dottori,
Ave, per Te vengon meno autori di miti.
Ave, di tutti i sofisti disgreghi le trame,
Ave, Tu dei Pescatori riempi le reti.
Ave, ci innalzi da fonda ignoranza,
Ave, per tutti sei faro di scienza.
Ave, Tu barca di chi ama salvarsi,
Ave, Tu porto a chi salpa alla Vita.

Ave, Vergine e Sposa!
 
18. Per salvare il creato,
il Signore del mondo,
volentieri discese quaggiù.
Qual Dio era nostro Pastore,
ma volle apparire tra noi come Agnello:
con l'umano attraeva gli umani,
qual Dio l'acclamiamo: 

A
lleluia! 
19. Tu difesa di vergini,
Madre Vergine sei,
e di quanti ricorrono a Te:
che tale ti fece il Signore
di tutta la terra e del cielo, o illibata,
abitando il tuo grembo
e invitando noi tutti a cantare:

Ave, colonna di sacra purezza,
Ave, Tu porta d'eterna salvezza.
Ave, inizio di nuova progenie,
Ave, datrice di beni divini.
Ave, Tu vita hai ridato ai nati nell'onta,
Ave, hai reso saggezza ai privi di senno.
Ave, o Tu che annientasti il gran seduttore,
Ave, o Tu che dei casti ci doni l'autore.
Ave, Tu grembo di nozze divine,
Ave, che unisci i fedeli al Signore.
Ave, di vergini alma nutrice,
Ave, che l'anime porti allo Sposo.

Ave, Vergine e Sposa!
 
 
20. Cede invero ogni canto
che presuma eguagliare
le tue innumerevoli grazie.
Se pure ti offrissimo inni
per quanti granelli di sabbia, Signore,
mai pari saremmo ai tuoi doni
che desti a chi canta: 

A
lleluia! 
21. Come fiaccola ardente
per che giace nell'ombre
contempliamo la Vergine santa,
che accese la luce divina
e guida alla scienza di Dio tutti,
splendendo alle menti
e da ognuno è lodata col canto:
Ave, o raggio di Sole divino,
Ave, o fascio di Luce perenne.
Ave, rischiari qual lampo le menti,
Ave, qual tuono i nemici spaventi.
Ave, per noi sei la fonte dei sacri Misteri,
Ave, Tu sei la sorgente dell'Acque abbondanti.
Ave, in Te raffiguri l'antica piscina,
Ave, le macchie detergi dei nostri peccati.
Ave, o fonte che l'anime mondi,
Ave, o coppa che versi letizia.
Ave, o fragranza del crisma di Cristo,
Ave, Tu vita del sacro banchetto.

Ave, Vergine e Sposa!
 
22. Condonare volendo
ogni debito antico,
fra noi, il Redentore dell'uomo
discese e abitò di persona:
fra noi che avevamo perduto la grazia.
Distrusse lo scritto del debito,
e tutti l'acclamano:

A
lleluia! 
23. Inneggiando al tuo parto
l'universo ti canta
qual tempio vivente, o Regina!
Ponendo in tuo grembo dimora
Chi tutto in sua mano contiene, il Signore,
tutta santa ti fece e gloriosa
e ci insegna a lodarti:

Ave, o «tenda» del Verbo di Dio,
Ave, più grande del «Santo dei Santi».
Ave, Tu «Arca» da Spirito aurata,
Ave, «tesoro» inesausto di vita.
Ave, diadema prezioso dei santi sovrani,
Ave, dei pii sacerdoti Tu nobile vanto.
Ave, Tu sei per la Chiesa qual torre possente,
Ave, Tu sei per l'Impero qual forte muraglia.
Ave, per Te innalziamo trofei,
Ave, per Te cadon vinti i nemici.
Ave, Tu farmaco delle mie membra,
Ave, salvezza dell'anima mia.

Ave, Vergine e Sposa!
 
24. Grande ed inclita Madre,
Genitrice del sommo fra i Santi,
Santissimo Verbo,
or degnati accogliere il canto!
Preservaci da ogni sventura, tutti!
Dal castigo che incombe
Tu libera noi che gridiamo:

A
lleluia!

"Ave candidum lilium
fulgidae semperque tranquillae Trinitatis,
Rosaque praefulgida coelicae amoenitatis,
de qua nasci et de cuius lacte pasci
Rex Coelorum voluit: divinis influxionibus 
animas nostras pasce"

"AVE, GIGLIO BIANCO DELLA TRINITA',
 Rosa splendente che abbellisci il Cielo, Ave! Da Te ha voluto nascere, da Te ha voluto prendere il latte Colui che governa il Cielo e la Terra. Deh! nutri le nostre anime con i Tuoi divini influssi, o Maria!"


Una santa madre, presa dall'amore di Gesù, offre alla Chiesa il figlio delle sue lacrime, un Dottore, un Pontefice, uno dei santi più illustri che siano stati generati dalla nuova legge.

 

4 MAGGIO
SANTA  MONICA,  VEDOVA

Maria e Salome.
Nel gruppo di persone che fu vicino a Gesù risorto, due donne, due mamme, attireranno oggi la nostra attenzione: Maria, madre di Giacomo il Minore e Taddeo; e Salome, madre di Giacomo il Maggiore e di Giovanni, il prediletto del Signore. Si sono recate al sepolcro con la Maddalena, al mattino della Risurrezione, portando gli aromi; hanno ascoltato la parola degli Angeli e, mentre tornano, Gesù si è improvvisamente presentato ad esse, le ha salutate, e si è degnato dar loro a baciare i suoi sacri piedi. Adesso ricompensa il loro amore, manifestandosi ad esse frequentemente fino a che venga quel giorno, e sarà presto, in cui dovrà dar il suo addio sul monte degli Ulivi, ove si troveranno insieme con Maria e con gli Apostoli.
Onoriamo queste due fedeli compagne della Maddalena, modelli d'amore verso il divino Risuscitato, e glorifichiamole per aver dato alla Santa Chiesa quattro Apostoli.
Santa Monica.
Ecco che ora, a fianco di Maria e di Salome, ci viene presentata un'altra donna, un'altra madre, pure presa dall'amore di Gesù, che offre alla Chiesa il figlio delle sue lacrime, un Dottore, un Pontefice, uno dei santi più illustri che siano stati generati dalla nuova legge. Questa donna, questa madre, è Monica, due volte mamma di Agostino. La grazia ha largito questo capolavoro alla terra d'Africa; e gli uomini l'avrebbero ignorata fino all'ultimo dei giorni, se la penna del grande Vescovo d'Ippona, guidata dal suo cuore santamente filiale, non avesse rivelato ai secoli futuri questa donna, la cui vita non fu che umiltà ed amore, e che, d'ora in avanti, immortale anche quaggiù, sarà proclamata il modello e la protettrice delle madri cristiane.
Le lacrime di Monica.
Una delle attrattive principali del libro delleConfessioni è quella che sorge dall'effusione di Agostino sulle virtù e la dedizione di Monica. Durante tutto lo sviluppo dello scritto, con quale tenera riconoscenza egli esalta la costanza di questa madre che, testimone dei traviamenti del figlio, "lo piangeva, più che non piangono le altre madri la morte corporale dei loro figliuoli" (Confess. l. iii, c. 91).
Il Signore che, di tanto in tanto, lascia splendere un raggio di speranza nelle anime che prova, mostrò a Monica con una visione la riunione futura del figlio con la madre; e sant'Ambrogio aveva autorevolmente affermato alla medesima che il figlio di tante lacrime non poteva perire. Ma le tristi realtà del presente opprimevano il suo cuore, e l'amore materno si univa alla fede per turbarla nei riguardi di quel figliolo che la sfuggiva, e che vedeva allontanarsi, infedele tanto a Dio quanto alla sua tenerezza. Nondimeno le amarezze di questo cuore così devoto formavano una base di espiazione che doveva più tardi essere applicata al colpevole; la preghiera ardente e continua, unita alla sofferenza, preparava la seconda nascita di Agostino. Egli stesso ci dice "con quanto più affanno lo partorisse allo spirito che non aveva fatto alla carne "(Confess. l. v, c. 9).
Dopo lunghi anni d'angoscia, la madre ha potuto finalmente ritrovare a Milano quel figlio che l'aveva così duramente ingannata nel giorno in cui era fuggito lontano da lei per andarsene a Roma, alla ventura. Essa lo trova tuttora nell'incertezza sulla fede del cristianesimo, ma già disgustato degli errori che l'avevano sedotto. Agostino aveva fatto un passo verso la verità, pur non riconoscendola ancora. "Da allora - egli ci dice - l'anima di mia madre non portava più il lutto per un figlio perduto senza speranza; ma il suo pianto seguitava a sgorgare per ottenere da Dio la sua Risurrezione. Se non avevo ancora trovato il vero, mi ero almeno liberato dal falso. Anzi, o mio Dio, perché era certa che le avresti compiuto la grazia che le avevi promessa intera, dolcissimamente e con tutta fidanza mi rispose: "Credo in Cristo che prima ch'io chiuda quest'occhi, ti veda fedele cattolico" (Confess. l. vi, c. 1).
La conversione di Agostino.
Monica aveva incontrato a Milano sant'Ambrogio, del quale Dio voleva servirsi per completare il ritorno del figlio. "Ella voleva bene al Santo Vescovo - ci dice ancora Agostino - per l'obbligo che egli aveva della mia salute; ed egli pure le aveva posto affetto nel vederla di vita sì pia, sì assidua alle buone opere e alla Chiesa: e così quando mi vedeva, usciva a dirne gran bene, rallegrandosi con me di tal madre" (Confess. l. vi, c. 2). Finalmente giunse l'ora della grazia: Agostino, ispirato dalla luce della fede, pensò ad arruolarsi nella Chiesa cristiana; però lo stimolo dei sensi, al quale aveva ceduto per tanto tempo, lo tratteneva ancora sulle sponde del fonte battesimale. Le preghiere e le lacrime di Monica ottennero dalla divina misericordia quest'ultimo tocco che abbatté le ultime resistenze del figlio.
Dio non lasciava tuttavia imperfetta la sua opera. Trafitto da quel dardo vittorioso, Agostino si risollevava, aspirando non più soltanto alla professione della fede cristiana, ma alla virtù della continenza. Il mondo con le sue attrattive non contava più nulla per quell'anima oggetto di un intervento così potente. Nei giorni passati, Monica si occupava ancora con sollecitudine a preparare una sposa per il suo figliolo, sperando, così, evitarne l'incostanza; e invece, improvvisamente, questo figlio si presenta a lei, accompagnato dal suo amico Alipio, per dichiararle che, nel suo slancio verso il supremo bene, egli si vota, d'ora in poi, alla ricerca di ciò che è più perfetto. Ma ascoltiamo ancora lo stesso Agostino: "Andiamo di filato a dire il fatto a mia madre, che ne prende allegrezza; le raccontiamo come la cosa era andata; n'esulta e trionfa; ed esce in benedizioni a Te che sei potente ad esaudire oltre le nostre domande, oltre i nostri pensieri! Poiché nel fatto mio Tu le avevi conceduto più che non osava chiedere nei suoi gemiti e pietosi lamenti, e cambiasti il pianto di lei in allegrezza assai più abbondante che non aveva sperato e molto più cara e più casta che non si riprometteva dai figlioli della mia carne" (Confess. l. viii, c. 12). Trascorsero pochi giorni, e ben presto uno spettacolo sublime si offrì all'ammirazione degli Angeli e degli uomini nella Chiesa di Milano: Ambrogio battezzava Agostino sotto gli occhi di Monica.

L'estasi di Ostia.
La pia donna aveva compiuto la sua missione; il suo figliolo era rinato alla società ed alla santità, ed ella aveva arricchito la Chiesa del più illustre dei suoi Dottori. Si avvicinava il momento in cui, dopo il lavoro di una lunga giornata, doveva essere chiamata a godere del riposo eterno in colui, per l'amore del quale si era tanto affaticata ed aveva tanto sofferto. Il figlio e la madre, prossimi ad imbarcarsi per l'Africa, si trovavano ad Ostia, aspettando la nave che doveva trasportare entrambi. "Noi eravamo soli, lei e me - dice Agostino - appoggiati ad una finestra, che godeva la vista del giardino della casa, parlavamo con ineffabile dolcezza, nell'oblio del passato, tuffandoci negli orizzonti dell'avvenire, e cercavamo, tra noi due di capire, quale sarà per i santi questa vita eterna che l'occhio non ha mai visto, che l'orecchio non ha mai udito, e dove non giunge il cuore dell'uomo. E parlando cosi, nel nostro slancio verso quella vita, noi la toccammo un istante, con un balzo del nostro cuore; ma ben presto sospirammo, lasciandovi incatenate le primizie dello spirito e ridiscendemmo nel brusio della voce, nella parola che comincia e che finisce. Allora ella mi disse: 'Figliolo mio, per me nessuna cosa più ormai mi diletta quaggiù! Che cosa mi faccia io qui e perché io ci sia non so. Non ho più nulla a sperare nel mondo. Una sola cosa era che mi faceva desiderare di vivere ancora un poco, vederti cristiano cattolico prima di morire. Dio m'ha fatto più e meglio, dacché ti vedo disprezzare la felicità terrena e servire a lui. Che faccio io qui?'" (Confess. l. ix, c. 10). Il richiamo di un'anima così santa non doveva tardare; essa esalò l'ultimo respiro, quale celeste profumo, pochi giorni dopo, lasciando un ricordo incancellabile nel cuore del figlio, una cara memoria nella Chiesa, un modello perfetto dell'amore materno, in ciò che vi ha di più puro, alle madri cristiane.

VITA. - Monica nacque nel 332 nell'Africa del Nord. Data in matrimonio ad un pagano di Tagaste, lo convertì al cristianesimo con la sua dolcezza e le sue virtù. Morto il marito nel 371, si consacrò all'educazione della figliuola e dei due figli, soprattutto del preferito, Agostino. Ma questo, fin dall'età di quindici anni, si era sviato negli errori del manicheismo e nella bassezza delle passioni. Per evitare i consigli della madre, partì segretamente per Roma e Milano. Monica ve lo raggiunse e, dopo molte sofferenze, preghiere e lacrime, ebbe la gioia, nella Pasqua del 387, di assistere al suo Battesimo. Mentre si preparava a ritornare con lui in Africa, morì ad Ostia, qualche mese dopo. Il suo corpo vi restò fino al 1162. Un canonico regolare di Arouaise, nel passo di Calais, lo trafugò, e poi, lo trasportò nel suo monastero. Siccome non si conosceva la data del trapasso di Monica, i canonici di Arouaise, che festeggiavano il 5 maggio la conversione di Agostino, celebrarono nella vigilia la festa di colei di cui avevano avuto le reliquie.
La missione di una madre.
O madre illustre tra tutte le altre, la cristianità onora in te uno dei tipi più perfetti dell'umanità rigenerata da Cristo. Prima del Vangelo, durante i lunghi secoli in cui la donna fu tenuta nell'avvilimento, la maternità non poté avere che un'azione timida, e assai spesso volgare, sull'uomo: la sua missione ordinariamente si limitava alle cure fisiche; e se il nome di qualche madre ha trionfato dall'oblio, è unicamente perché esse avevano saputo preparare i loro figli per la gloria passeggera di questo mondo. Non s'incontrano, in quegli antichi tempi profani, mamme che si siano assunto il compito d'indirizzare al bene i figlioli; che li abbiano seguiti nei loro passi, per sostenerli nella lotta contro l'errore e le passioni, per risollevarsi dalle cadute; non se ne trovano che si siano votate alla preghiera e alle lacrime continue, per ottenere il loro ritorno alla verità e alla virtù. Solamente il cristianesimo ha rivelato alla madre e la sua missione e il suo potere.
Le lacrime.
Come hai saputo dimenticar te stessa, o Monica, in questa ricerca incessante della salvezza di un figlio! È per lui che vivi, dopo Dio; vivere in quel modo per il tuo figliuolo, non è vivere anche per il Signore, che si è degnato volere il tuo aiuto per salvarlo? Che t'importa la gloria e il successo di Agostino nel mondo, quando pensi ai pericoli eterni che egli corre, quando tremi di vederlo eternamente separato da Dio e da te? Allora non c'è sacrificio, non c'è dedizione di cui non sia capace questo cuore di madre, verso la rigorosa giustizia di cui la tua generosità non intende frustrare i diritti. Durante lunghi giorni e lunghe notti, aspetti pazientemente l'ora del Signore; l'ardore della tua preghiera si raddoppia; sperando contro ogni speranza, arrivi a sentire, nel fondo del cuore, l'umile e solida fiducia che il figlio di tante lacrime, non perirà. Ed è allora che il Signore "preso da compassione" per te, come lo fu per l'addolorata Madre di Naim, fa sentir la sua voce, alla quale nulla resiste. "Giovinetto, te lo dico io, alzati!" (Lc 7,13), e rende, pieno di vita, a sua madre quello di cui essa piangeva il trapasso, ma dal quale non aveva voluto separarsi.

La ricompensa.
Quale ricompensa per il tuo cuore materno, o Monica! Il Signore non si è accontentato di renderti Agostino pieno di vita; dal fondo degli abissi degli errori e delle passioni, ecco che lo eleva, senza vie intermedie, fino al bene più perfetto. La tua richiesta era che divenisse cristiano e cattolico, che spezzasse finalmente i vincoli umilianti e funesti; ed ora la grazia l'ha condotto fino alla serena regione dei consigli evangelici. La tua missione è oltremodo compiuta, Madre felice! Sali adesso al cielo: è là che, attendendo la riunione eterna, d'ora in poi contemplerai la santità e l'azione di questo figlio la cui salvezza è opera tua e la cui gloria, così radiosa e così pura, circonda fin da quaggiù il tuo nome di una dolce aureola.
Preghiera.
Dalla felicità di cui godi, insieme con quel figlio che ti deve la vita del tempo e dell'eternità, volgi uno sguardo, o Monica, su tante madri cristiane che stanno compiendo in questo momento, sulla terra, la dura e nobile missione che tu stessa assolvesti. Anche i loro figlioli sono morti, della morte che porta il peccato, ed esse vorrebbero, a forza d'amore, rendere loro la sola vera vita. Dopo la Madre della misericordia, è a te che si rivolgono, o Monica; a te, le cui preghiere e lacrime furono così potenti e feconde. Prendi la loro causa tra le tue mani; un cuore così tenero e pieno di dedizione, non può mancare di compatire quelle angoscio di cui esso stesso provò per tanto tempo tutto il rigore. Degnati aggiungere la tua intercessione ai loro voti; adotta questi nuovi figli che esse ti presentano, e saranno rassicurate.
Sostieni il loro coraggio, insegna loro a sperare; fortificale nei sacrifici a prezzo dei quali Dio concede il ritorno di quelle anime care. Esse, allora, capiranno che la conversione di un'anima è un miracolo di ordine più elevato di quello della risurrezione di un morto; esse sentiranno che la divina giustizia, per rinunziare ai suoi diritti, esige un compenso, e che questo sta a loro di fornirglielo. Il cuore si spoglierà di quel segreto egoismo che si nasconde, così spesso, anche nei sentimenti in apparenza più puri. Che esse domandino a se stesse, se si rallegrerebbero quanto te, o Monica, vedendo i figli tornati al bene, sfuggir ancora una volta per darsi al Signore. Se così fosse, che esse non abbiano timore, poiché sono potenti davanti al cuore di Dio: presto o tardi la grazia tanto desiderata discenderà dal cielo sul figliol prodigo, ed egli ritornerà a Dio ed alla madre sua.


da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 616-619

Cfr http://www.paginecattoliche.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2122

AMDG et BVM

martedì 3 maggio 2016

ConoscerLo di più per amarLo di più


QUANTE PERLE
IN QUESTO CAPITOLO 43 
CHE TRATTA DELLA VITA NASCOSTA 
DI GESU' INSIEME A MARIA E GIUSEPPE!


Vierge, arbre de vie

AVE, GRATIA PLENA!




PREMIÈRE PARTIE.

1. Salut, ô Vierge, arbre de vie, qui , toujours fidèle au voeu de votre coeur, avez donné au monde un fruit digne de louanges éternelles!

Salut, vous que les rois et les reines de la terre vénèrent en tout temps, vous la Reine des siècles, la dominatrice des royaumes et des rois !

Salut, fille de David, fille pleine de justice! Rendez le ciel propice à nos vœux, afin que nous puissions goûter les biens vivifiants du Seigneur.

Salut, Vierge digne de Dieu! veillez sur ceux qui vous servent; gravez sur eux la lumière de votre front et la splendeur de la face de Dieu.

Salut, Mère unique entre les mères! Ombragée du bouclier de Dieu , vous avez conçu le Rédempteur du monde, et sa naissance vous laissa pure et sans tache.

Salut, ô Vierge dont la beauté changea en amour l'indignation du Créateur, et dont les voeux mirent un terme à sa colère!

Salut, ô Vierge que le Sauveur a trouvée en tout digne de louange, lui que la nuit de l’erreur ne saurait égarer, lui qui sonde nos coeurs et scrute le secret de nos pensées!

Salut, ô Vierge comblée de biens, riche des dons de la grâce, ouvrage ineffable et glorieux de la main du Seigneur!

Salut, Vierge avant et après avoir conçu ! Combattez en tout temps pour ma défense; que mon ennemi prenne la fuite et qu'il se tienne toujours loin de moi.

Et Benedictus fructus ventris tui
"Iesus, qui nobis augeat fidem rectam, spem firmam, caritatem perpetuam"