domenica 2 agosto 2015

2 AGOSTO SANTA MARIA DEGLI ANGELI ALLA PORZIUNCOLA Solennità Perdono d'Assisi




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SMARIÆ ANGELORUM. DE PORTIUNCOLAIntroitus (Prov8,34-35). Beatus homo qui audit me, et qui vigilat ad fores meas quoti- die, et observat ad postes  ...



Die 2 augusti

Beatae Mariae Virginis Angelorum de Portiuncula

Festum

Ant. ad introitum Gdt 13, 31
Benedícta tu a Dómino
quóniam in omni gente quae audíerit nomen tuum,
magnificábitur super te Deus Israel.

Benedetta sei tu dal Signore:
tutte le generazioni, nell’udire il tuo nome, loderanno l’Altissimo.

Collecta
Sanctíssimae venerántibus Vírginis Maríae
Angelórum Regínae memoriam gloriósam,
ipsíus nobis, quaésumus, Dómine, intercessióne concede,
ut de plenitúdine grátiae tuae
nos quoque mereámur accípere.
Per Dóminum…

Guarda, Signore, il tuo popolo riunito nel ricordo della beata Vergine Maria, Regina degli Angeli, e fa’ che, per sua intercessione, possa partecipare alla pienezza della tua grazia.Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Alleluia Lc 1, 28. 42
R. Allelúia
V. Ave María, grátia plena, Dóminus tecum,
benedícta tu in muliéribus.
R. Allelúia

Super oblata
Laudis tibi, Dómine, hóstias offérimus,
de Genetrícis Fílii tui festivitáte laetántes;
praesta, quaesumus, ut per haec sacrosáncta commercia
ad redemptiónis aetérnae proficiámus augméntum.
Per Christum.

Ti offriamo con gioia, o Signore, il pane e il vino per il sacrificio di lode nella festa della Madre del tuo Figlio; in cambio della nostra umile offerta, donaci una conoscenza sempre più viva del mistero della redenzione. Per Cristo nostro Signore.

Praefatio de beata Maria Virgine (et te in festivitate).

Ant. ad Communionem Cfr Lc 1, 48
Béatam me dicent omnes generations,
quia ancíllam húmilem respéxit Deus.

Tutte le generazioni mi chiameranno beata,
perché Dio ha guardato all'umiltà della sua serva.

Post Communionem
Recoléntibus, Dómine, beátae Maríae Vírginis memoriam
prosit caeléste convívium,
ut dignius imménsam in nos Fílii tui
misericórdiam celebrémus,
et dilectiónem erga eum perpétuam nutriámus.
Per Christum.

Ci giovi, o Signore, il convito a cui abbiamo preso parte, in questa celebrazione della Vergine Maria; ci faccia sperimentare più abbondante la misericordia del tuo Figlio, e ci ottenga di amare per sempre Lui, che è Dio, e vive e regna nei secoli dei secoli.

Le letture della Messa le riporto in Italiano: sono tre per i luoghi dove si festeggia come solennità, altrimenti si sceglie la prima o la seconda come unica lettura prima del Vangelo:

Prima Lettura Sir 24, 1-4. 22-31
Dal libro del Siràcide

La sapienza loda se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, si glorifica davanti alla sua potenza. In mezzo al suo popolo si esalta e nella comunità santa si glorifica. Tra la moltitudine degli eletti si darà lode, e tra i benedetti si benedirà.Come un terebinto ho esteso i rami e i miei rami son rami di maestà e di bellezza. Io come una vite ho prodotto germogli graziosi e i miei fiori, frutti di gloria e ricchezza.Io sono la madre del bell’amore e dei timore, della cogni­zione e della santa speranza. In me è ogni grazia di via e di verità, in me ogni speranza di vita e di virtù.Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei prodotti. Poiché il ricordo di me è più dolce dei miele, il possedermi è più dolce del favo di miele. La mia memoria rimarrà per tutti i secoli.Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me, avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà. Quelli che mi faranno conoscere avranno la vita eterna.

Salmo Responsoriale Lc 1,46-55

R. Grandi cose ha operato il Signore nella Vergine Maria.

«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza dei suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri dei loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.

Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».

Seconda Lettura Gal 4, 3-7
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.E che voi siete figli, ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; se poi figlio, sei anche erede per volontà di Dio.

Canto al Vangelo Lc 1, 28. 42
Alleluia, alleluia.
Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te,
tu sei benedetta fra le donne.
Alleluia.

+ Vangelo Lc 1,26-33
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.L’angelo le disse: « Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo;il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».


Testo preso da: luglio 2008 http://www.cantualeantonianum.com/2008_07_01_archive.html#ixzz3hblfcE56 
http://www.cantualeantonianum.com 


***




 Liturgia Santa Maria degli Angeli alla 

Porziuncola

Commento alle Letture tratto dal MESSALE DELL'ASSEMBLEA CRISTIANA - FESTIVO opera del CENTRO CATECHISTICO SALESIANO Leumann (Torino) Editori ELLE DI CI - ESPERIENZE - EDIZIONI O.R. - QUERINIANA
   
2 AGOSTO
SANTA MARIA DEGLI ANGELI
ALLA PORZIUNCOLA

Solennità
 
Perdono d'Assisi
 
LETTURE: Sir 24, 1-4. 22-31; Lc 1,46-55; Gal 4, 3-7; Lc 1,26-33 
 Il serafico Padre Francesco, per il suo singolare amore verso la Beatissima Vergine, ebbe sempre particolare cura della chiesetta dedicata a Santa Maria degli Angeli, chiamata anche Porziuncola. Qui egli prese stabile dimora con i suoi frati, qui diede inizio con santa Chiara all’Ordine delle Clarisse, qui concluse il corso della sua mirabile vita.
Per questa Cappella il santo Fondatore ottenne da papa Onorio III la storica indulgenza, che i Sommi Pontefici confermarono successivamente ed estesero a numerose altre chiese.
Per questi gloriosi ricordi l’Ordine serafico celebra con gioia la festa di Santa Maria degli Angeli.
 
Questo luogo è veramente santo e abitato da Dio
Dagli scritti di Fra Tommaso da Celano  (Le due Vite, Ed. A. Signorelli, Roma 1954, L. Macali o.f.m. conv., pp. 207-208; 137)
Il  servo di Dio Francesco, di statura piccola, di mente umile, di professione minore, nel tempo che visse quaggiù, per sé e per la sua fraternità scelse una particella di mondo, per il solo fatto che non gli fu assolutamente possibile servire Cristo altrimenti, che avendo qualche cosa dal mondo.
E non senza una rivelazione e predisposizione divina, già in antico, fu chiamato Porziuncola quel luogo che doveva toccare in sorte a coloro che desideravano di non avere nulla di proprio in questo mondo.
Vi sorgeva una chiesetta dedicata alla Vergine Madre, la quale per la sua singolare umiltà meritò di essere elevata, dopo il Figlio, alla dignità di capo di tutti gli eletti.
In essa ebbe inizio l’Ordine dei Minori, e come sopra un saldo fondamento, crebbe e si moltiplicò il loro nobile edificio. Il Santo amava questo luogo più di ogni altro, comandò ai frati di venerarlo con rispetto speciale e volle che lo custodissero sempre come specchio di vita religiosa, in umiltà e altissima povertà, riservandone però la proprietà agli altri, e ritenendone per sé e per i suoi soltanto l’uso.
Vi si osservava una rigidissima disciplina in tutto, nel silenzio e ne lavoro e in tutte le altre prescrizioni della regola. Senza tregua, giorno e notte, la fraternità dei Minori di quel luogo era occupata nel lodare Dio e, tutti soffusi di una mirabile fragranza, vi conducevano una vita veramente angelica.
Frate Francesco infatti, pur sapendo che il regno del cielo si può raggiungere ovunque e che la grazia divina non trova difficoltà a scendere sugli eletti ovunque si trovino, tuttavia si era accorto per propria esperienza che il luogo della chiesa di S. Maria della Porziuncola godeva di una maggiore abbondanza di grazia, ed era frequentemente visitato da spiriti celesti.
Spesso quindi diceva ai frati: «Guardatevi, figli, dall’abbandonare mai questo luogo. Se ve ne cacciassero fuori da una parte, rientratevi dall’altra. Questo luogo infatti è veramente santo e abitato da Dio. Qui il Signore moltiplicò il nostro piccolo numero; qui illuminò i cuori dei suoi poveri con la luce della sua divina sapienza; qui accese le nostre volontà con il fuoco del suo amore; qui, chi avrà pregato con devozione, otterrà quello che chiederà, e chi mancherà sarà punito più gravemente. Perciò, figli, ritenete degno di ogni onore il luogo della dimora di Dio, e con tutto il trasporto del vostro cuore rendete in esso lode al Signore». 
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Gdt 13, 31
Benedetta sei tu dal Signore:
tutte le generazioni, nell’udire il tuo nome, 

loderanno l’Altissimo.


Colletta

Guarda, Signore, il tuo popolo
riunito nel ricordo della beata Vergine Maria,
Regina degli Angeli,
e fa’ che, per sua intercessione,
possa partecipare alla pienezza della tua grazia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, 

per tutti i secoli dei secoli.


LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  Sir 24, 1-4. 22-31
Quelli che mi faranno conoscere, avranno la vita eterna.
 

Dal libro del Siràcide
La sapienza loda se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, si glorifica davanti alla sua potenza. In mezzo al suo popolo si esalta e nella comunità santa si glorifica. Tra la moltitudine degli eletti si darà lode, e tra i benedetti si benedirà.
Come un terebinto ho esteso i rami e i miei rami son rami di maestà e di bellezza. Io come una vite ho prodotto germogli graziosi e i miei fiori, frutti di gloria e ricchezza.
Io sono la madre del bell’amore e dei timore, della cogni­zione e della santa speranza. In me è ogni grazia di via e di verità, in me ogni speranza di vita e di virtù.
Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei prodotti. Poiché il ricordo di me è più dolce dei miele, il possedermi è più dolce del favo di miele. La mia memoria rimarrà per tutti i secoli.
Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me, avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà. Quelli che mi faranno conoscere avranno la vita eterna.
Salmo Responsoriale  Lc 1,46-55
Grandi cose ha operato il Signore nella Vergine Maria.
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza dei suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri dei loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.

Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza, 

per sempre ».


Seconda Lettura   
Gal 4, 3-7

Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.

E che voi siete figli, ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; se poi figlio, sei anche erede per volontà di Dio.


Canto al Vangelo   
 
 Lc 1, 28. 42
Alleluia, alleluia.

Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te, 

tu sei benedetta fra le donne.
  Alleluia.
  
  
Vangelo 
 
Lc 1,26-33

Hai trovato grazia presso Dio.
 

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
L’angelo le disse: « Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo;

il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Sulle Offerte
Ti offriamo con gioia, o Signore, il pane e il vino per il sacrificio di lode nella festa della Madre del tuo Figlio; in cambio della nostra umile offerta, donaci una conoscenza sempre più viva del mistero della redenzione. Per Cristo nostro Signore.


Prefazio della Beata Vergine Maria II
La maternità della beata Vergine Maria.

E' veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo,
nella solennità della beata sempre Vergine Maria.
Per opera dello Spirito Santo,
ha concepito il tuo unico Figlio;
e sempre intatta nella sua gloria verginale,
ha irradiato sul mondo la luce eterna,
Gesù Cristo nostro Signore.

Per mezzo di lui si allietano gli angeli
e nell'eternità adorano la gloria del tuo volto.
Al loro canto concedi, o Signore,
che si uniscano le nostre umili voci nell'inno della lode:

Santo, Santo, Santo ...
Antifona alla Comunione   Cfr Lc 1, 48
Tutte le generazioni mi chiameranno beata,
perché Dio ha guardato all'umiltà della sua serva.


Dopo la Comunione

Ci giovi, o Signore, il convito a cui abbiamo preso parte, in questa celebrazione della Vergine Maria; ci faccia sperimentare più abbondante la misericordia del tuo Figlio, e ci ottenga di amare per sempre Lui, che è Dio, e vive e regna nei secoli dei secoli.



PAX ET BONUM




sabato 1 agosto 2015

Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore (Fil 2,12)



Lettera spirituale


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Carissimo/a Amico/a,

Il 22 settembre 1774: papa Clemente XIV è morente. Dopo aver soppresso l'ordine dei Gesuiti (impegolati con le banche del tempo), pare non riuscisse a ritrovare la pace del cuore. Dio, nella sua misericordia, gli invia per assisterlo nei suoi ultimi istanti un santo, Alfonso de' Liguori, allora vescovo di Sant'Agata dei Goti. Ora, nel momento in cui egli assiste il Papa a Roma, il santo vescovo è presente nel suo vescovado a 200 km di distanza. Si tratta di un fenomeno di bilocazione, miracolo veramente straordinario, ma chiaramente attestato dai testimoni oculari.

Alfonso Maria de' Liguori nasce a Napoli, il 27 settembre 1696, primogenito di una famiglia che conterà sette figli. Sua madre li istruisce sulle verità della fede fin dalla più tenera età e insegna loro a pregare. Questo ragazzo è dotato di un'intelligenza vivace, di una memoria pronta, di una ragione retta, di un cuore aperto a tutti i nobili sentimenti, di una volontà ferma ed energica. Suo padre vuole fare di lui un avvocato. I suoi progressi sono così rapidi nello studio della giurisprudenza che, all'età di sedici anni, supera con successo l'esame del dottorato in diritto civile ed ecclesiastico. I giudici sono stupiti della saggezza delle sue risposte e della precisione delle sue repliche.

Avvocato, Alfonso riporta un successo dopo l'altro, il che non manca di dargli il gusto della riuscita e della gloria del mondo. Tuttavia, è tentato di abbandonare questa strada: l'inganno e la menzogna troppo spesso snaturano le cause più giuste, e questo spettacolo rivolta la sua natura retta. Assiduo nella preghiera e in varie opere di carità, mantiene pura la sua anima. Una volta all'anno, si reca in una casa religiosa per dedicarsi agli esercizi spirituali. Riconoscerà in seguito che questi ritiri avevano significativamente contribuito a distaccarlo dai beni temporali per orientarlo verso Dio. Durante la Quaresima 1722, in particolare, il predicatore ricorda i motivi che devono portare l'anima a darsi interamente a Dio; ritrae in modo vivido la caducità delle cose di questo mondo, e non teme di mettere sotto gli occhi dei partecipanti al ritiro i tormenti eterni dell'inferno, così come li ha rivelati Gesù. Si fa allora luce nello spirito del giovane Alfonso: le vanità del mondo si dileguano come altrettante nuvole! Egli si consacra senza riserve alla volontà divina e, qualche tempo dopo, decide di rimanere celibe.

Nel 1723, si parla molto a Napoli di un importante processo intentato dal duca Orsini contro il granduca di Toscana. Molti sono gli avvocati che ambiscono a questo caso, ma Orsini affida la sua difesa ad Alfonso che, fino ad allora, non ha perso nessuna causa. Nel giorno previsto, quest'ultimo si presenta in tribunale e sostiene con chiarezza le rivendicazioni del suo cliente. Tutti i presenti sono ammirati. Ma il suo avversario produce allora un documento che Alfonso aveva avuto tra le mani, e che invalida in modo decisivo la sua argomentazione. Questi è sgomento: come ha potuto trascurare questo testo? Perso il processo, Alfonso si sente schiacciato sotto il peso dell'umiliazione. Tuttavia, tre giorni dopo, un'improvvisa chiarezza gli fa scoprire il motivo della sua distrazione: Dio non l'aveva accecato se non per strapparlo alle vanità della terra. Sotto l'impulso della grazia divina, egli ripete ora le parole che, in un accesso di stizza, aveva mormorato uscendo dall'udienza: «Tribunali, non mi vedrete più!» Dopo un periodo di preghiera e di penitenza, avverte che Dio lo chiama allo stato ecclesiastico. Terminata la sua formazione, viene ordinato prete il 21 dicembre 1726.

La tentazione del sacerdote

Illuminato dallo Spirito Santo, Don Alfonso capisce che l'azione deve nascere dalla contemplazione, l'amore del prossimo dall'amore per Dio, lo zelo apostolico dalla vita interiore, e che la più grande tentazione del sacerdote è quella di voler infiammare le anime senza alimentare in se stesso il fuoco divino. Egli si assoggetta quindi, fin dall'inizio della sua vita sacerdotale, agli esercizi quotidiani senza i quali la vita interiore si spegne: orazione, santa Messa, Ufficio divino, lettura, devozione mariana – soprattutto il rosario. Sapendo di aver bisogno di essere guidato, sottomette volentieri la sua vita spirituale ai consigli di un altro.

Il giovane sacerdote predica il Vangelo a tutti, ma più volentieri ai poveri. Pieno dalla sacra scienza, lontano da ogni affettazione, appare sul pulpito con l'autorità di un uomo di Dio che comunica alla gente non la sua propria dottrina, ma quella del Maestro che lo ha inviato. Toccato dalla compassione di fronte all'ignoranza religiosa delle popolazioni rurali, don Alfonso fonda con diversi compagni, nel novembre 1732, un nuovo Istituto religioso che prenderà il nome di «Congregazione del Santissimo Redentore». Pieni di fervore nel contemplare la sovrabbondanza della redenzione acquistata da Cristo sulla Croce, i Redentoristi si dedicano alla predicazione di missioni ai poveri, al fine di istruirli sulle verità fondamentali della fede, e di illuminarli per quanto riguarda il grande «negozio» e l'«affare».

Don Alfonso scriverà in effetti: «Il negozio della nostra eterna salute è il negozio, che importa tutto: importa o la nostra fortuna o la nostra rovina eterna. Egli va a terminare all'eternità, viene a dire a salvarci o a perderci per sempre: ad acquistarci un'eternità di contenti o un'eternità di tormenti: a vivere una vita o sempre felice o sempre infelice» (Via della Salute [VS], 1a Meditazione). La salvezza delle anime è al centro delle preoccupazioni della Chiesa, come lo ha ricordato papa Benedetto XVI rivolgendosi ai vescovi dell'America Latina: «Il nostro Salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità (1Tm 2,4-6). Questa, e non altra, è la finalità della Chiesa: la salvezza delle anime, una ad una» (11 maggio 2007). «Gran cosa! scrive ancora don Alfonso. Ognuno si vergogna d'esser chiamato negligente ne' negozi del mondo; e poi tanti non si vergognano di trascurare il negozio dell'eternità, che importa tutto!« Negozio «importante», negozio «unico», negozio «irreparabile»« Non v'è errore simile all'errore di trascurare la salute eterna. A tutti gli altri errori vi è rimedio: se uno perde una roba, può acquistarla per altra via; se perde un posto, può esservi il rimedio a ricuperarlo; ancorché taluno perdesse la vita, se si salva, è rimediato a tutto. Ma per chi si danna, non vi è più rimedio. Una volta si muore; perduta l'anima una volta, è perduta per sempre« » (Apparecchio alla morte [AM], 12Considerazione). Non vi è quindi sventura più grande che mancare la propria salvezza.

Senza attendere

Dobbiamo quindi prepararci alla morte che può sopraggiungere in qualsiasi momento. «Bisogna persuaderci che il tempo della morte non è proprio per aggiustare i conti, affin di assicurare il gran negozio dell'eterna salute. I prudenti del mondo negli affari di terra prendono a tempo opportuno tutte le misure per ottenere quel guadagno, quel posto, quel matrimonio; per la sanità del corpo non differiscono punto i rimedi necessari. Che diresti di taluno, che dovesse andare a qualche duello o concorso di cattedra, se volesse attendere ad istruirsi, quando è già arrivato il tempo?« Tale appunto è quel cristiano, che si riduce ad aggiustar la coscienza, quando è arrivata la morte» (AM, 10a Considerazione). Commentando queste parole di san Paolo: Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore (Fil 2,12), don Alfonso scriverà ancora: «Per salvarci bisogna che tremiamo di dannarci, e tremiamo non tanto dell'inferno, quanto del peccato, che solo può condurci all'inferno. Chi trema del peccato, fugge le occasioni pericolose, spesso si raccomanda a Dio, piglia i mezzi per conservarsi in grazia. Chi fa così, si salva; e chi non fa così, è moralmente impossibile che si salvi» (VS, 6a Meditazione).

La gente della campagna che beneficia delle missioni riceve con avidità queste sante verità, e si prepara al sacramento della Penitenza. I missionari, fedeli ministri della riconciliazione, trascorrono lunghe ore in confessionale. Qui, da veri medici delle anime, sanno consolare gli afflitti. «Quanto più un'anima è sprofondata nel male, dice don Alfonso, tanto più bisogna accoglierla bene, al fine di strapparla agli artigli del nemico». L'ascolto del penitente con pazienza e dolcezza contribuisce a disporlo all'assoluzione, o immediatamente o dopo un tempo di prova. Come penitenza sacramentale, don Alfonso impone esercizi di pietà molto semplici, ma di natura tale da allontanare dal peccato e ravvivare il fervore. Sollevate dai loro peccati, queste persone ricevono in seguito la santa Comunione, e se ne vanno a raccontare la loro felicità agli abitanti dei borghi più remoti, glorificando così la misericordia di Dio. «Iddio non sa voltar la faccia a chi ritorna a' piedi suoi; no, poiché Egli stesso l'invita e gli promette di riceverlo subito che viene. Revertere ad me, et suscipiam te (Ger 3,1). Convertimini ad me, convertar ad vos, ait Dominus (Zac 1,3). Oh l'amore e la tenerezza con cui abbraccia Dio un peccatore che a Lui ritorna!« Si gloria il Signore di usar pietà e di perdonare i peccatori» (AM, 16a Considerazione).

L'abbondanza della redenzione

Di fronte al rigorismo giansenista che faceva di Dio un giudice severo senza misericordia, padre Alfonso, che aveva scelto per motto «Copiosa apud Eum redemptio: grande presso di Lui la redenzione» (Sal 129 [130]), insiste sulla bontà di Gesù e sul suo amore per tutti gli uomini. Nello stesso tempo, egli mette in guardia contro coloro che, allontanando il pensiero della giustizia divina, predicano solo l'amore. L'amore divino, per essere solido e duraturo, deve fondarsi su una fede integrale: Dio è infinitamente buono, ma anche infinitamente giusto. «La misericordia di Dio è infinita, egli scrive, ma gli atti di questa misericordia (che sono le misurazioni) son finiti. Dio è misericordioso ma è ancora giusto« La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa. Et misericordia eius timentibus eum (Lc 1,50), come cantò la divina Madre. Agli ostinati sta minacciata la giustizia; e siccome (dice S. Agostino) Dio non mentisce nelle promesse; così non mentisce ancora nelle minacce: «Qui verus est in promittendo, verus est in minando». Guardati, dice S. Gio. Grisostomo, quando il demonio (ma non Dio) ti promette la divina misericordia, affinché pecchi... » (AM, 17a Considerazione).

La cosa più importante

Ma come imprimere questa giusta rappresentazione di Dio, nello stesso tempo misericordioso e giusto, nelle anime? Eco fedele della tradizione, Alfonso de' Liguori risponde: con la preghiera quotidiana. Nel suo pensiero, l'arte di amare Dio s'identifica con l'arte di meditare o di fare orazione, perché è nella meditazione che l'anima acquisisce la conoscenza di Dio e s'innamora di Lui. Così, il suo libro più importante, come riconosce egli stesso, è Del gran mezzo della preghiera. In questa opera, Alfonso spiega: l'uomo, a causa delle conseguenze del peccato originale, è attratto verso il male, e non può con i propri mezzi resistervi in ogni momento; in effetti, solo la grazia di Dio rende possibile l'osservanza di tutti i comandamenti, che è necessaria per la salvezza. «Poiché enunciano i doveri fondamentali dell'uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi« Quanto Dio comanda, lo rende possibile con la sua grazia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, [CEC] 2072, 2082). Oppure, come dice sant'Agostino, «Dio vuole donare le sue grazie, ma le dona solo a chi le chiede». Contrariamente a coloro che affermano che l'osservanza dei comandamenti non è possibile in certi casi concreti, lo stesso Dottore risponde: «Che l'uomo che vuole e non può riconosca che non vuole ancora pienamente, e che preghi al fine di avere una volontà abbastanza grande per compiere i comandamenti». Questo è il motivo per cui sant'Alfonso scrive: «Dio non nega ad alcuno la grazia della preghiera, colla quale si ottiene da Dio l'aiuto a vincere ogni concupiscenza, ed ogni tentazione« E dico, e replico, e replicherò sempre sino che ho vita, che tutta la nostra salute sta nel pregare». Di qui il famoso assioma, ripreso dal Catechismo: «Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna » (CEC 2744).

Alcuni autori di quell'epoca [e della nostra no?], sotto l'influenza del protestantesimo e del giansenismo, tendevano a distogliere i fedeli dalla devozione alla Vergine santissima. Don Alfonso pubblica quindi nel 1750 Le Glorie di Maria [GM], che è un commento della Salve Regina; vi enuncia le prerogative della Madre di Dio: tutte le grazie passano attraverso le mani di Maria, e di conseguenza Maria è la nostra mediatrice necessaria (cfr. GM, cap. 5). 
In effetti, così come Maria è la Madre di Gesù, Dio vuole che sia la Madre di ogni uomo redento da Gesù. Così come ha portato Gesù nel suo grembo, ella ci porta nel suo cuore finché Cristo sia formato in noi. «Non si dubita che per li meriti di Gesù è stata conceduta tanta autorità a Maria di essere la mediatrice della nostra salute: non già mediatrice di giustizia, ma di grazia e d'intercessione» (ibid.). 
Don Alfonso vuole che si predichi sempre, nelle missioni, un sermone sulla Vergine Maria, Madre di Misericordia, e sulla necessità, per chi vuole perseverare e salvarsi, di ricorrere spesso alla sua intercessione. Egli scrive: «Così rivelò la stessa beata Vergine a S. Brigida (Rev. lib. I, cap. 6). «Io sono, le disse, la regina del cielo e la madre della misericordia; io sono l'allegrezza de' giusti e la porta per introdurre i peccatori a Dio. Né vi è nella terra peccatore che viva e sia così maledetto, che sia privato della misericordia mia« niuno, disse, è così discacciato da Dio, che, se m'abbia invocata in suo aiuto, non ritorni a Dio e goda della sua misericordia»« Maria a tal fine è stata fatta regina della misericordia, per salvare colla sua protezione i peccatori più grandi e più perduti che a lei si raccomandano» (GM, cap. 1).

Vivere con Gesù

Posto come principio che tutti i cristiani sono chiamati alla santità, che «consiste nell'amare Gesù Cristo nostro Dio, nostro sommo bene, nostro Salvatore», Alfonso pubblica diverse opere che aiutano a contemplare la sua vita: Novena del Santo NataleRiflessioni sulla Passione«Visite al Santissimo Sacramento«, e soprattutto Pratica di amar Gesù Cristo. Quest'arte vuole che si distacchi il proprio cuore da ogni creatura per unirlo alla volontà di Gesù, in modo che, così trasformato, ognuno possa esclamare con san Paolo: Vivo, ma non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me (Gal 2,20). Nelle sue opere Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio e Uniformità alla volontà di Dio, Alfonso dà preziosi consigli per aiutare l'anima a vivere alla presenza del Signore, a parlargli da cuore a cuore e ad accettare dalla sua Mano amorevole tutto ciò che ci accade. Il santo pubblica anche altri scritti al fine di suscitare il desiderio di sacrificare tutto per seguire Gesù più da vicino: la Selva«, sui doveri dell'anima sacerdotale, e La vera sposa«, sui doveri degli uomini e delle donne che fanno professione dei consigli evangelici. 
Nella formazione delle giovani vocazioni, sant'Alfonso insiste perché si segua l'insegnamento di san Tommaso d'Aquino. 
Di fronte alla diversità delle opinioni, si adopera a rivedere la teologia morale con una saggezza tale che nel 1950 papa Pio XII gli conferirà il titolo di «celeste Patrono di tutti i confessori e moralisti». Di fronte al rigorismo, egli afferma che il sacerdote non deve negare l'assoluzione al penitente ben disposto, cioè veramente contrito e che ha il fermo proposito di non peccare più; di fronte al lassismo, non permette che si ammettano ai sacramenti le anime che non sono decise, con la grazia di Dio, a evitare ogni peccato grave.
Le prove non mancano nella giovane Congregazione dei Redentoristi. Nel 1752, il re delle Due Sicilie, Carlo III, decreta la spoliazione dei beni dell'istituto, facendoli passare nelle mani dei vescovi. 
In seguito, lo stesso Alfonso è costretto, dagli intrighi di alcuni dei suoi figli, ad abbandonare il suo posto e ad allontanarsi. Senza turbarsi, predica ai suoi la sottomissione alla volontà divina: «Il Signore, dice, vuol tirare avanti la Congregazione, non con applausi, e protezioni di Principi, e di Monarchi, ma con disprezzi, povertà, miserie, e persecuzioni; quando mai si è veduto, che le opere di Dio si sono cominciate con applauso? S. Ignazio all'ora era contento quando aveva nuove di persecuzioni, e travagli».

Nel 1762, padre Alfonso viene nominato vescovo di Sant'Agata dei Goti, piccola diocesi non lontano da Napoli. Malgrado l'esempio di molti prelati del suo tempo, per cui l'episcopato esige lusso e sfarzo, egli continua a condurre una vita povera e mortificata. Grazie alle sue predicazioni, in breve tempo tutta la città episcopale ha cambiato volto: confessioni e comunioni diventano più frequenti, le chiese si riempiono, la devozione alla Santa Vergine cresce in tutti i cuori. 
Preoccupato per il futuro della diocesi, egli esamina con cura i candidati al sacerdozio prima di imporre loro le mani. In un'epoca in cui le cariche ecclesiastiche remunerate attirano molte persone poco adatte a esercitare il ministero, il suo zelo lo porta a respingere i candidati indegni. 
Il lassismo più o meno generale dell'epoca ha provocato la rovina del fervore, anche all'altare. Uno dei principali oggetti della sollecitudine di mons. de' Liguori è il ripristino ovunque dell'esatta osservanza dei riti sacri

Infatti, allora come oggi, la gloria di Dio esige la dignità nel servizio dei divini misteri: «Troppo grande è il Mistero dell'Eucaristia perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale« Tutti i fedeli, invece, godono del diritto di avere una liturgia vera e in particolar modo una celebrazione della santa Messa che sia così come la Chiesa ha voluto e stabilito» (Istruzione Redemptionis Sacra–mentum della Congre–gazione per il Culto Divino, 25 marzo 2004, nn. 11 e 12).

Immobilizzato per diciannove anni

A partire dal 1768, mons. de' Liguori viene colpito da una malattia che si estende a tutte le articolazioni del corpo. Ben presto le vertebre del collo si ripiegano su se stesse, costringendo il mento a premere fortemente sul petto, il che provoca una piaga viva e rende difficile la respirazione. Il santo rimarrà immobilizzato durante i diciannove anni che gli restano da vivere. Nonostante questa tortura, non lo si sente mai emettere un lamento. Rivolgendosi al grande crocifisso posto davanti a lui, egli esclama: «Signore vi ringrazio che mi date un saggio de' dolori che soffriste nei nervi quando vi conficcarono sulla croce. Voglio patire, Gesù mio, come, e quanto vuoi tu: dammi solo pazienza. Hic ure, hic feca, hic non parcas ut in æternum parcas (Brucia, taglia, non risparmiarmi quaggiù, ma risparmiami nell'eternità) ». Nel luglio 1775, Pio VI accetta le sue dimissioni dall'episcopato. Gli ultimi anni della sua vita sono occupati a scrivere e a difendere i suoi religiosi. Nel luglio 1787, mons. de' Liguori è prossimo alla morte. Nel momento in cui gli viene portato il santo Viatico, esclama: « Gesù mio, Gesù mio, non lasciarmi!» 

Il 1° agosto, tenendo sul cuore il crocifisso e l'immagine di Maria, si addormenta dolcemente nel Signore nel momento in cui la campana del convento suona l'Angelus. È stato dichiarato «Dottore della Chiesa» dal beato Pio IX nel 1871.
In occasione del secondo centenario della sua morte, il 1° agosto 1987, papa Giovanni Paolo II scriveva: «La popolarità del Santo deve il suo fascino alla brevità, alla chiarezza, alla semplicità, all'ottimismo, all'affabilità che arriva fino alla tenerezza. Alla radice di questo suo senso del popolo sta l'ansia della salvezza: salvarsi e salvare. Una salvezza che va fino alla perfezione, alla santità. Il quadro di riferimento della sua azione pastorale non esclude nessuno: egli scrive a tutti, scrive per tutti».
Sant'Alfonso Maria de' Liguori, ottienici la grazia di camminare risolutamente nella via della salvezza eterna e di trascinarvi il maggior numero di anime possibile!

Dom Antoine Marie osb

venerdì 31 luglio 2015

1 AGOSTO SAN ALFONSO MARIA de' LIGUORI vescovo e dottore della Chiesa (1696-1787) Memoria

Liturgia di San Alfonso Maria de' Liguori

 
   
1 AGOSTO
SAN ALFONSO MARIA de' LIGUORI
vescovo e dottore della Chiesa 
(1696-1787)  Memoria
 
LETTURE: Rm 8, 1-4Sal 88; Gv 15, 9-17
 
Giovanissimo, fu brillante avvocato del foro di Napoli. Fallita una causa di grido, persegue una causa più alta: si fece sacerdote per evangelizzare la povera gente delle campagne e fondò per questo la Congregazione del SS. Redentore, i Redentoristi. Incontrò prove e ostacoli, che superò con invitta pazienza. Fatto vescovo di Sant’Agata dei Goti (Benevento), dopo un’intensa e bersagliata attività, si ritirò a Pagani, dove scrisse fino alla morte, fedele al suo voto di non perdere mai tempo. Al pessimismo religioso e al rigorismo puritano e giansenista oppose un’immensa fiducia nella misericordia redentrice di Dio. La santità è la meta dell’esistenza umana: « Dio vuol tutti santi e ognuno nello stato suo: il religioso da religioso, il secolare da secolare, il mercante da mercante, il soldato da soldato » (Pratica di amar Gesù Cristo, VIII, 10). La preghiera è un’immensa potenza per l’uomo. Alfonso fu un grande maestro di morale e di pietà, caldeggiando in particolare la devozione all’Eucaristia e a Maria Vergine, il più bel frutto della Redenzione. Dichiarato dottore della Chiesa, è patrono dei confessori e dei moralisti. 

L'amore di Cristo
Dalla «Pratica di amare Gesù Cristo» di sant'Alfonso Maria de' Liguori, vescovo  (Cap. 1, 1-5)
Tutta la santità e la perfezione di un'anima consiste nell'amar Gesù Cristo nostro Dio, nostro sommo bene e nostro Salvatore. La carità è quella che unisce e conserva tutte le virtù che rendono l'uomo perfetto.
Forse Iddio non si merita tutto il nostro amore? Egli ci ha amati sin dall'eternità. «Uomo, dice il Signore, considera ch'io sono stato il primo ad amarti. Tu non eri ancora al mondo, il mondo neppure v'era ed io già t'amavo. Da che sono Dio, io t'amo». Vedendo Iddio che gli uomini si fan tirare dà benefici, volle per mezzo de' suoi doni cattivarli al suo amore. Disse pertanto: «Voglio tirare gli uomini ad amarmi con quei lacci con cui gli uomini si fanno tirare, cioè coi legami dell'amore». Tali appunto sono stati i doni fatti da Dio all'uomo. Egli dopo di averlo dotato di anima colle potenze a sua immagine, di memoria, intelletto e volontà, e di corpo fornito dei sensi, ha creato per lui il cielo e la terra e tante altre cose tute per amor dell'uomo; acciocché servano all'uomo, e l'uomo l'ami per gratitudine di tanti doni.
Ma Iddio non è stato contento di donarci tutte queste belle creature. Egli per cattivarsi tutto il nostro amore è giunto a donarci tutto se stesso. L'Eterno Padre è giunto a darci il suo medesimo ed unico Figlio. Vedendo che noi eravamo tutti morti e privi della sua grazia per causa del peccato, che fece? Per l'amor immenso, anzi, come scrive l'Apostolo, per il troppo amore che ci portava, mandò il Figlio diletto a soddisfare per noi, e così renderci quella vita che il peccato ci aveva tolta.
E dandoci il Figlio (non perdonando al Figlio per perdonare a noi), insieme col Figlio ci ha donato ogni bene: la sua grazia, il suo amore e il paradiso; poiché tutti questi beni sono certamente minori del Figlio: «Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8, 32).
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Dan 12,3
I saggi rifulgeranno
come lo splendore del firmamento;
coloro che insegneranno a molti la giustizia
brilleranno come stelle per sempre
.

Ez 34,11 Ez 45,23-24
Visitábo oves meas, dicit Dóminus, et suscitábo pastórem qui pascat eas: ego autem Dóminus ero eis in Deum
 
Colletta

O Dio, che proponi alla tua Chiesa modelli sempre nuovi di vita cristiana, fa' che imitiamo l'ardore apostolico del santo vescovo Alfonso Maria de' Liguori nel servizio dei fratelli, per ricevere con lui il premio riservato ai tuoi servi fedeli. Per il nostro Signore
...
 
Deus, qui in Ecclésia tua nova semper instáuras exémpla virtútum, da nobis in zelo animárum beáti Alfónsi Maríæ epíscopi ita vestígiis adhærére, ut eius in cælis assequámur et præmia. Per Dóminum.

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura 
 Rm 8, 1-4
La legge dello Spirito che dà vita in Cristo mi ha liberato dalla legge del peccato e dalla morte.
 

Da
lla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, non c'è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Poiché la legge dello Spirito che dá  vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte.
Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito. 


Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 88
Canterò senza fine la bontà del Signore.


Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto:
«La mia grazia rimane per sempre» ;
la tua fedeltà è fondata nei cieli.

Dice il Signore:
«Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli».

Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.

La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza».
Canto al Vangelo   Gv 15,15
Alleluia, alleluia.

Vi ho chiamati amici, dice il Signore,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre, ve l'ho fatto conoscere.

Alleluia.

  
  
Vangelo   
Gv 15, 9-17

Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
 

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».
 
Sulle Offerte
Padre misericordioso, che hai dato a sant'Alfonso Maria de' Liguori la grazia di celebrare questi misteri offrendo se stesso come vittima santa in unione al sacerdozio di Cristo, infiamma e santifica i nostri cuori con il fuoco del tuo Spirito. Per Cristo nostro Signore.
 
Cælésti, Dómine, Spíritus igne corda nostra cleménter exúre, qui beáto Alfónso Maríæ tribuísti et hæc mystéria celebráre, et per éadem hóstiam tibi sanctam seípsum exhibére. Per Christum.

Antifona alla Comunione 
 Lc 12,42
Questo è il servo saggio e fedele,
che il Signore ha posto a capo della sua famiglia,
per distribuire a tempo debito la razione del cibo.

Jn 15,16
Non vos me elegístis, dicit Dóminus; sed ego elégi vos, et pósui vos ut eátis et fructum afferátis, et fructus vester máneat
Dopo la Comunione
O Dio, che nel vescovo sant'Alfonso Maria de' Liguori hai dato alla tua Chiesa un fedele ministro e apostolo dell'Eucaristia, concedi al tuo popolo di partecipare assiduamente a questo mistero, per cantare in eterno la tua lode. Per Cristo nostro Signore. 

Deus, qui beátum Alfónsum Maríam fidélem dispensatórem et præcónem tanti mystérii providísti, concéde, ut fidéles tui illud frequénter percípiant, et, percipiéndo, te sine fine colláudent. Per Christum.


Sant' Ignazio di Loyola Sacerdote



Sant' Ignazio di Loyola Sacerdote
Azpeitia, Spagna, c. 1491 - Roma, 31 luglio 1556
Il grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia, un paese basco, nel 1491. Era avviato alla vita del cavaliere, la conversione avvenne durante una convalescenza, quando si trovò a leggere dei libri cristiani. All'abbazia benedettina di Monserrat fece una confessione generale, si spogliò degli abiti cavallereschi e fece voto di castità perpetua. Nella cittadina di Manresa per più di un anno condusse vita di preghiera e di penitenza; fu qui che vivendo presso il fiume Cardoner decise di fondare una Compagnia di consacrati. Da solo in una grotta prese a scrivere una serie di meditazioni e di norme, che successivamente rielaborate formarono i celebri Esercizi Spirituali. L'attività dei Preti pellegrini, quelli che in seguito saranno i Gesuiti, si sviluppa un po'in tutto il mondo. Il 27 settembre 1540 papa Paolo III approvò la Compagnia di Gesù. Il 31 luglio 1556 Ignazio di Loyola morì. Fu proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV.
Etimologia: Ignazio = di fuoco, igneo, dal latino
Emblema: IHS (monogramma di Cristo)
Martirologio Romano: Memoria di sant’Ignazio di Loyola, sacerdote, che, nato nella Guascogna in Spagna, visse alla corte del re e nell’esercito, finché, gravemente ferito, si convertì a Dio; compiuti gli studi teologici a Parigi, unì a sé i primi compagni, che poi costituì nella Compagnia di Gesù a Roma, dove svolse un fruttuoso ministero, dedicandosi alla stesura di opere e alla formazione dei discepoli, a maggior gloria di Dio.



   


Il primo scritto che racconta la vita, la vocazione e la missione di s. Ignazio, è stato redatto proprio da lui, in Italia è conosciuto come “Autobiografia”, ed egli racconta la sua chiamata e la sua missione, presentandosi in terza persona, per lo più designato con il nome di “pellegrino”; apparentemente è la descrizione di lunghi viaggi o di esperienze curiose e aneddotiche, ma in realtà è la descrizione di un pellegrinaggio spirituale ed interiore.


Il grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia un paese basco, nell’estate del 1491, il suo nome era Iñigo Lopez de Loyola, settimo ed ultimo figlio maschio di Beltran Ibañez de Oñaz e di Marina Sanchez de Licona, genitori appartenenti al casato dei Loyola, uno dei più potenti della provincia di Guipúzcoa, che possedevano una fortezza padronale con vasti campi, prati e ferriere.

Iñigo perse la madre subito dopo la nascita, ed era destinato alla carriera sacerdotale secondo il modo di pensare dell’epoca, nell’infanzia ricevé per questo anche la tonsura.

Ma egli ben presto dimostrò di preferire la vita del cavaliere come già per due suoi fratelli; il padre prima di morire, nel 1506 lo mandò ad Arévalo in Castiglia, da don Juan Velázquez de Cuellar, ministro dei Beni del re Ferdinando il Cattolico, affinché ricevesse un’educazione adeguata; accompagnò don Juan come paggio, nelle cittadine dove si trasferiva la corte allora itinerante, acquisendo buone maniere che tanto influiranno sulla sua futura opera. 

Nel 1515 Iñigo venne accusato di eccessi d’esuberanza e di misfatti accaduti durante il carnevale ad Azpeitia e insieme al fratello don Piero, subì un processo che non sfociò in sentenza, forse per l’intervento di alti personaggi; questo per comprendere che era di temperamento focoso, corteggiava le dame, si divertiva come i cavalieri dell’epoca.

Morto nel 1517 don Velázquez, il giovane Iñigo si trasferì presso don Antonio Manrique, duca di Najera e viceré di Navarra, al cui servizio si trovò a combattere varie volte, fra cui nell’assedio del castello di Pamplona ad opera dei francesi; era il 20 maggio 1521, quando una palla di cannone degli assedianti lo ferì ad una gamba.

Trasportato nella sua casa di Loyola, subì due dolorose operazioni alla gamba, che comunque rimase più corta dell’altra, costringendolo a zoppicare per tutta la vita.

Ma il Signore stava operando nel plasmare l’anima di quell’irrequieto giovane; durante la lunga convalescenza, non trovando in casa libri cavallereschi e poemi a lui graditi, prese a leggere, prima svogliatamente e poi con attenzione, due libri ingialliti fornitagli dalla cognata.

Si trattava della “Vita di Cristo” di Lodolfo Cartusiano e la “Leggenda Aurea” (vita di santi) di Jacopo da Varagine (1230-1298), dalla meditazione di queste letture, si convinse che l’unico vero Signore al quale si poteva dedicare la fedeltà di cavaliere era Gesù stesso.

Per iniziare questa sua conversione di vita, decise appena ristabilito, di andare pellegrino a Gerusalemme dove era certo, sarebbe stato illuminato sul suo futuro; partì nel febbraio 1522 da Loyola diretto a Barcellona, fermandosi all’abbazia benedettina di Monserrat dove fece una confessione generale, si spogliò degli abiti cavallereschi vestendo quelli di un povero e fece il primo passo verso una vita religiosa con il voto di castità perpetua.

Un’epidemia di peste, cosa ricorrente in quei tempi, gl’impedì di raggiungere Barcellona che ne era colpita, per cui si fermò nella cittadina di Manresa e per più di un anno condusse vita di preghiera e di penitenza; fu qui che vivendo poveramente presso il fiume Cardoner “ricevé una grande illuminazione”, sulla possibilità di fondare una Compagnia di consacrati e che lo trasformò completamente.

In una grotta dei dintorni, in piena solitudine prese a scrivere una serie di meditazioni e di norme, che successivamente rielaborate formarono i celebri “Esercizi Spirituali”, i quali costituiscono ancora oggi, la vera fonte di energia dei Gesuiti e dei loro allievi.

Arrivato nel 1523 a Barcellona, Iñigo di Loyola, invece di imbarcarsi per Gerusalemme s’imbarcò per Gaeta e da qui arrivò a Roma la Domenica delle Palme, fu ricevuto e benedetto dall’olandese Adriano VI, ultimo papa non italiano fino a Giovanni Paolo II.

Imbarcatosi a Venezia arrivò in Terrasanta visitando tutti i luoghi santificati dalla presenza di Gesù; avrebbe voluto rimanere lì ma il Superiore dei Francescani, responsabile apostolico dei Luoghi Santi, glielo proibì e quindi ritornò nel 1524 in Spagna.

Intuì che per svolgere adeguatamente l’apostolato, occorreva approfondire le sue scarse conoscenze teologiche, cominciando dalla base e a 33 anni prese a studiare grammatica latina a Barcellona e poi gli studi universitari ad Alcalà e a Salamanca.

Per delle incomprensioni ed equivoci, non poté completare gli studi in Spagna, per cui nel 1528 si trasferì a Parigi rimanendovi fino al 1535, ottenendo il dottorato in filosofia.

Ma già nel 1534 con i primi compagni, i giovani maestri Pietro Favre, Francesco Xavier, Lainez, Salmerón, Rodrigues, Bobadilla, fecero voto nella Cappella di Montmartre di vivere in povertà e castità, era il 15 agosto, inoltre promisero di recarsi a Gerusalemme e se ciò non fosse stato possibile, si sarebbero messi a disposizione del papa, che avrebbe deciso il loro genere di vita apostolica e il luogo dove esercitarla; nel contempo Iñigo latinizzò il suo nome in Ignazio, ricordando il santo vescovo martire s. Ignazio d’Antiochia.

A causa della guerra fra Venezia e i Turchi, il viaggio in Terrasanta sfumò, per cui si presentarono dal papa Paolo III (1534-1549), il quale disse: “Perché desiderate tanto andare a Gerusalemme? Per portare frutto nella Chiesa di Dio l’Italia è una buona Gerusalemme”; e tre anni dopo si cominciò ad inviare in tutta Europa e poi in Asia e altri Continenti, quelli che inizialmente furono chiamati “Preti Pellegrini” o “Preti Riformati” in seguito chiamati Gesuiti.

Ignazio di Loyola nel 1537 si trasferì in Italia prima a Bologna e poi a Venezia, dove fu ordinato sacerdote; insieme a due compagni si avvicinò a Roma e a 14 km a nord della città, in località ‘La Storta’ ebbe una visione che lo confermò nell’idea di fondare una “Compagnia” che portasse il nome di Gesù.

Il 27 settembre 1540 papa Polo III approvò la Compagnia di Gesù con la bolla “Regimini militantis Ecclesiae”.

L’8 aprile 1541 Ignazio fu eletto all’unanimità Preposito Generale e il 22 aprile fece con i suoi sei compagni, la professione nella Basilica di S. Paolo; nel 1544 padre Ignazio, divenuto l’apostolo di Roma, prese a redigere le “Costituzioni” del suo Ordine, completate nel 1550, mentre i suoi figli si sparpagliavano per il mondo.

Rimasto a Roma per volere del papa, coordinava l’attività dell’Ordine, nonostante soffrisse dolori lancinanti allo stomaco, dovuti ad una calcolosi biliare e a una cirrosi epatica mal curate, limitava a quattro ore il sonno per adempiere a tutti i suoi impegni e per dedicarsi alla preghiera e alla celebrazione della Messa.

Il male fu progressivo limitandolo man mano nelle attività, finché il 31 luglio 1556, il soldato di Cristo, morì in una modestissima camera della Casa situata vicina alla Cappella di Santa Maria della Strada a Roma.

Fu proclamato beato il 27 luglio 1609 da papa Paolo V e proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV. 

Si completa la scheda sul Santo Fondatore, colonna della Chiesa e iniziatore di quella riforma coronata dal Concilio di Trento, con una panoramica di notizie sul suo Ordine, la “Compagnia di Gesù”.

Le “Costituzioni” redatte da s. Ignazio fissano lo spirito della Compagnia, essa è un Ordine di “chierici regolari” analogo a quelli sorti nello stesso periodo, ma accentuante anche nella denominazione scelta dal suo Fondatore, l’aspetto dell’azione militante al servizio della Chiesa.

La Compagnia adattò lo spirito del monachesimo, al necessario dinamismo di un apostolato da svolgersi in un mondo in rapida trasformazione spirituale e sociale, com’era quello del XVI secolo; alla stabilità della vita monastica sostituì una grande mobilità dei suoi membri, legati però a particolari obblighi di obbedienza ai superiori e al papa; alle preghiere del coro sostituì l’orazione mentale.

Considerò inoltre essenziale la preparazione e l’aggiornamento culturale dei suoi membri. È governata da un “Preposito generale”.

I gradi della formazione dei sacerdoti gesuiti, comprendono due anni di noviziato, gli aspiranti sono detti ‘scolastici’, gli studi approfonditi sono inframezzati dall’ordinazione sacerdotale (solitamente dopo il terzo anno di filosofia), il giovane gesuita verso i 30 anni diventa professo ed emette i tre voti solenni di povertà, castità e obbedienza, più in quarto voto di obbedienza speciale al papa; accanto ai ‘professi’ vi sono i “coadiutori spirituali” che emettono soltanto i tre voti semplici.

Non c’è un ramo femminile né un Terz’Ordine. La spiritualità della Compagnia si basa sugli ‘Esercizi Spirituali’ di s. Ignazio e si contraddistingue per l’abbandono alla volontà di Dio espresso nell’assoluta obbedienza ai superiori; in una profonda vita interiore alimentata da costanti pratiche spirituali, nella mortificazione dell’egoismo e dell’orgoglio; nello zelo apostolico; nella totale fedeltà alla Santa Sede.

I Gesuiti non possono possedere personalmente rendite fisse, consentite solo ai Collegi e alle Case di formazione; i professi fanno anche il voto speciale di non aspirare a cariche e dignità ecclesiastiche.

Come attività, in origine la Compagnia si presentava come un gruppo missionario a disposizione del pontefice e pronto a svolgere qualsiasi compito questi volesse affidargli per la “maggior gloria di Dio”.

Quindi svolsero attività prevalentemente itinerante, facendo fronte alle più urgenti necessità di predicazione, di catechesi, di cura di anime, di missioni speciali, di riforma del clero, operante nella Controriforma e nell’evangelizzazione dei nuovi Paesi (Oriente, Africa, America).

Nel 1547, s. Ignazio affidò alla sua Compagnia, un ministero inizialmente non previsto, quello dell’insegnamento, che diventò una delle attività principali dell’Ordine e uno dei principali strumenti della sua diffusione e della sua forza, lo testimoniano i prestigiosi Collegi sparsi per il mondo.

Alla morte di s. Ignazio, avvenuta come già detto nel 1556, la Compagnia contava già mille membri e nel 1615, con la guida dei vari Generali succedutisi era a 13.000 membri, diffondendosi in tutta Europa, subendo anche i primi martiri (Campion, Ogilvie, in Inghilterra).

Ma soprattutto ebbe un’attività missionaria di rilievo iniziata nel 1541 con s. Francesco Xavier, inviato in India e nel Giappone, dove i successivi gesuiti subirono come gli altri missionari, sanguinose persecuzioni.

Più duratura fu la loro opera in Cina con padre Matteo Ricci (1552-1610) e in America Meridionale, specie in Brasile, con le famose ‘riduzioni’. Più sfortunata fu l’opera dei Gesuiti in America Settentrionale, in cui furono martiri i santi Giovanni de Brebeuf, Isacco Jogues, Carlo Garnier e altri cinque missionari.

Col passare del tempo, nei secoli XVII e XVIII i Gesuiti con la loro accresciuta potenza furono al centro di dispute dottrinarie e di violenti conflitti politico-ecclesiatici, troppo lunghi e numerosi da descrivere in questa sede; che alimentarono l’odio di tanti movimenti antireligiosi e l’astio dei Domenicani, dei sovrani dell’epoca e dei parlamentari e governi di vari Stati.

Si arrivò così allo scioglimento prima negli Stati di Portogallo, Spagna, Napoli, Parma e Piacenza e infine sotto la pressione dei sovrani europei, anche allo scioglimento totale della Compagnia di Gesù nel 1773, da parte di papa Clemente XIV.

I Gesuiti però sopravvissero in Russia sotto la protezione dell’imperatrice Caterina II; nel 1814 papa Pio VII diede il via alla restaurazione della Compagnia.

Da allora i suoi membri sono stati sempre presenti nelle dispute morali, dottrinarie, filosofiche, teologiche e ideologiche, che hanno interessato la vita morale e istituzionale della società non solo cattolica.

Nel 1850 sorse la  rivista “La Civiltà Cattolica”, voce autorevole del pensiero della Compagnia; altre espulsioni si ebbero nel 1880 e 1901 interessanti molti Stati europei e sud americani.

Nell’annuario del 1966 i Gesuiti erano 36.000, divisi in 79 province nel mondo e 77 territori di missione. In una statistica aggiornata al 2002, la Compagnia di Gesù annovera tra i suoi figli 49 Santi di cui 34 martiri e 147 Beati di cui 139 martiri; a loro si aggiungono centinaia di Servi di Dio e Venerabili, avviati sulla strada di un riconoscimento ufficiale della loro santità o del loro martirio. 

L’alto numero di martiri, testimonia la vocazione missionaria dei Gesuiti, votati all’affermazione della ‘maggior gloria di Dio’, nonostante i pericoli e le persecuzioni a cui sono andati incontro, sin dalla loro fondazione.




Autore: Antonio Borrelli





Spunti bibliografici su Sant'Ignazio di Loyola a cura di LibreriadelSanto.it

AMDG et BVM
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martedì 28 luglio 2015

Tenere l’ingannatore a distanza.



… Figli miei, sarete sempre tentati dal peccato. La perfezione delle vostre anime è molto difficile da raggiungere ed esige una grande disciplina e determinazione da parte vostra. Se e quando voi siete vittime della seduzione del maligno e avete commesso il peccato, dovete immediatamente pregare con tutto il vostro cuore e chiedere perdono.

La confessione regolare è un sacramento molto frainteso. Solamente con una confessione settimanale nel confessionale la vostra anima può rimanere in uno stato di grazia. Quando la vostra anima è santificata in questo modo e per mezzo della preghiera quotidiana, solo allora potete tenere l’ingannatore a distanza.