sabato 14 febbraio 2015

Domenica 15 Febbraio 2015, VI Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta




Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,40-45.

Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». 

Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. 

E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». 
Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.

Traduzione liturgica della Bibbia



Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" 
di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 63 pagina 386.

Con una precisione da fotografia perfetta ho davanti alla vista spirituale, da stamane prima ancora che fosse l’alba, un povero lebbroso. 

Questo è veramente un rudere di uomo. Non saprei dire che età ha, tanto è devastato dal male. Scheletrito, seminudo, mostra il suo corpo ridotto ad uno stato da mummia corrosa, dalle mani e dai piedi contorti e mancanti di parti, di modo che quelle povere estremità non paiono più neppur di uomo. Le mani, artigliate e contorte, hanno della zampa di qualche mostro alato, i piedi paiono quasi zoccoli di bove, tanto sono mozzi e sfigurati. 

La testa poi!... Io credo che uno rimasto insepolto, e che divenga mummificato dal sole e dal vento, sia simile nel capo a questo capo. Pochi superstiti ciuffetti di capelli, sparsi qua e là, appiccicati alla cute giallastra e crostosa come per polvere seccata su un teschio, occhi appena socchiusi e incavatissimi, labbra e naso sbocconcellati dal male mostrano già le cartilagini e le gengive, le orecchie sono due embrionali ruderi di padiglione, e su tutto è stesa una pelle incartapecorita, gialla come certi caolini, sotto la quale sbucano le ossa. Pare abbia ufficio di tenere radunate queste povere ossa entro il suo lurido sacco, tutto frinzelli di cicatrici o lacerazioni di piaghe putride. 

Una rovina! Penso proprio ad una Morte che sia vagante per la terra e ricoperta da una pelle incartapecorita sullo scheletro, avvolta in un lurido manto tutto a brandelli, e avente in mano non la falce, ma un nodoso bastone, certo strappato a qualche albero. E’ sulla soglia di una spelonca fuori mano, una vera spelonca, tanto diruta che non posso dire se in origine era un sepolcro, o un capanno per boscaioli, o l’avanzo di qualche casa distrutta. 

Guarda verso la via, lontana un cento e più metri dal suo antro, una via maestra, polverosa e ancora piena di sole. Nessuno è sulla via. A perdita d’occhio, sole, polvere e solitudine sulla via. Molto più su, a nord-ovest, vi deve essere un paese o città. Vedo le prime case. Sarà lontana almeno un chilometro. Il lebbroso guarda e sospira. Poi prende una ciotola sbocconcellata e la riempie ad un rigagnolo. Beve. Si addentra in un groviglio di rovi, dietro all’antro, si curva, strappa al suolo dei radicchi selvatici. Torna al rigagnolo, li monda dalla polvere più grossa con l’acqua scarsa del rio e se li mangia piano, portandoli a fatica alla bocca con le mani rovinate. Devono esser duri come stecchi. Tenta a masticarli e molti li sputa senza poterli inghiottire, nonostante cerchi di aiutarsi bevendo sorsi d’acqua. 

“Dove sei, Abele?” grida una voce. Il lebbroso si scuote, ha un che sulle labbra che potrebbe essere un sorriso. Ma sono così mal ridotte, quelle labbra, che è informe anche questa larva di sorriso. Risponde con una voce stana, stridula (mi fa pensare al grido di certi pennuti di cui ignoro l’esatto nome): “Qui sono! Non credevo più che tu venissi. Pensavo ti fosse accaduto del male, ero triste... Se mi manchi anche tu, cosa resta al povero Abele?”. Nel dire così cammina verso la via, finché può secondo la Legge, si vede, perché a mezza distanza si ferma. 

Sulla via viene avanti un uomo che quasi corre, tanto va lesto. “Ma sei proprio tu, Samuele? Oh! se non sei tu che attendo, chiunque tu sia, non farmi del male!” “Sono io, Abele, proprio io. E sano. Guarda come corro. Sono in ritardo, lo so. E ne avevo pena per te. Ma quando saprai... oh! tu sarai felice. E qui ho non solo i soliti tozzi di pane. Ma una intera pagnotta fresca e buona, tutta per te, e ho anche del buon pesce e un formaggio. Tutto per te. Voglio tu faccia festa, mio povero amico, per prepararti alla festa più grande.” 

“Ma come sei tanto ricco? Io non capisco..” “Ora ti dirò.” “E sano. Non sembri più tu.” “Senti, dunque. Ho saputo che a Cafarnao era quel Rabbi che è santo, e sono andato...” “Fermati, fermati! Sono infetto!” “Oh! non importa! Non ho più paura di niente.” L’uomo, che non è altro che il povero rattratto guarito e beneficato da Gesù nell'orto di Pietro, è infatti giunto col suo passo veloce a pochi passi dal lebbroso. Ha parlato camminando e ridendo felice. Ma il lebbroso dice ancora: “Fermati, in nome di Dio. Se ti vede qualcuno...” “Mi fermo. Guarda: metto qui le provviste. Mangia mentre io parlo.” Pone su un grosso sasso un fagottello e lo apre. Poi si ritrae di qualche passo, mentre il lebbroso si avanza e si getta sul cibo inusitato. “Oh! quanto è che non mangiavo così! Come è buono! E pensare che sarei andato al riposo a stomaco vuoto. Non un pietoso, oggi... e tu neppure... Mi ero masticato dei radicchi....” 

“Povero Abele! Lo pensavo. Ma dicevo: ‘Bene. Ora sarà triste. Ma poi sarà felice!” “Felice, sì, per questo buon cibo. Ma poi...” “No! Sarai felice per sempre.” Il lebbroso scuote il capo. “Senti, Abele. Se tu puoi avere fede, sarai felice.” “Ma fede in chi?” “Nel Rabbi. Nel Rabbi che ha guarito me.” “Ma io sono lebbroso e all’ultimo punto! Come può guarirmi?” “Oh! lo può. E’ santo.” “Sì, anche Eliseo guarì Naaman il lebbroso... Lo so... Ma io... Io non posso andare al Giordano.” “Tu sarai guarito senza bisogno d’acqua. Ascolta: questo Rabbi è il Messia, capisci? Il Messia! Il Figlio di Dio, è. E guarisce tutti quelli che hanno fede. Dice: ‘Voglio’ e i demoni scappano, e le membra si raddrizzano, e gli occhi ciechi vedono.” 

“Oh! se avrei fede io! Ma come posso vedere il Messia?” “Ecco... sono venuto per questo. Egli è là, in quel paese. So dove è questa sera. Se vuoi... Io ho detto: ‘Lo dico ad Abele, e se Abele sente di aver fede lo conduco al Maestro’.” “Sei pazzo, Samuele? Se mi avvicino alle case sarò lapidato”. “Non nelle case. La sera sta per scendere. Ti condurrò sino a quel boschetto, e poi andrò a chiamare il Maestro. Te lo condurrò...” “Va’, va’ subito! Vengo da me sino a quel punto. Camminerò nel fossato, fra la siepe, ma tu va’, va’!... Oh!, amico buono! Se sapessi cosa è avere questo male. E cosa è sperare di guarire!...” 

 Il lebbroso non si cura neppur più del cibo. Piange e gestisce implorando l’amico. “Vado, e tu vieni.” L’ex rattratto va via di corsa. Abele scende a fatica nel fosso che costeggia la via, tutto pieno di cespugli cresciuti nel fondo asciutto. Vi è appena al centro un filo d’acqua. La sera scende mentre l’infelice scivola fra le macchie dei cespugli, sempre all’erta se ode un passo. Due volte si appiatta sul fondo: la prima per un cavaliere che percorre al trotto la via, la seconda per tre uomini, carichi di fieno, diretti al paese. Poi prosegue. 

Ma prima di lui giunge al boschetto Gesù con Samuele. “Fra poco sarà qui. Va lento per le piaghe. Abbi pazienza.” “Non ho fretta.” “Lo guarirai?” “Ha fede?” “Oh! moriva di fame, vedeva quel cibo dopo anni di astinenza, eppure ha lasciato tutto dopo pochi bocconi per correre qui.” “Come lo hai conosciuto?” “Sai... vivevo di elemosina dopo la mia sventura e percorrevo le vie per andare da un luogo all’altro. Di qui passavo ogni sette giorni e avevo conosciuto quel poverello... un giorno in cui, costretto dalla fame, si era spinto, sotto un temporale da mettere in fuga i lupi, sin sulla via del paese, in cerca di qualcosa. Frugava fra le immondizie come un cane. Io avevo del pane secco nella bisaccia, obolo di persone buone, e ho fatto a mezzo con lui. Da allora siamo amici e ogni settimana lo rifornisco. Con quel che ho... Se ho molto, molto; se poco, poco. Faccio quel che posso come mi fosse un fratello. E’ dalla sera che mi hai guarito, benedetto Tu sia, che penso a lui... e a Te.” “Sei buono, Samuele, per questo la grazia ti ha visitato. Chi ama merita tutto da Dio. Ma ecco là qualcosa fra le frasche...” 

“Sei tu, Abele?”“Sono io.” “Vieni. Il Maestro ti attende qui, sotto il noce.” Il lebbroso emerge dal fossato e monta sulla sponda, la valica, si addentra nel prato. Gesù, col dorso addossato ad un altissimo noce, lo attende. “Maestro. Messia, Santo, pietà di me!” e si butta tutto fra l’erba, ai piedi di Gesù. Col volto al suolo dice ancora: “O Signore mio! Se Tu vuoi, Tu puoi mondarmi!” E osa poi alzarsi sui ginocchi e tende le braccia scheletrite, dalle mani contorte, e tende il volto ossuto, devastato... Le lacrime scendono dalle orbite malate alle labbra corrose. Gesù lo guarda con tanta pietà. Guarda questa larva d’uomo che il male orrendo divora, e che solo una vera carità può sopportare tanto vicino, tanto è ripugnante e maleodorante. 

Eppure ecco che Gesù tende una mano, la sua bella, sana mano destra, come per carezzare quel poveretto. Questo, senza alzarsi, si butta però indietro, sui calcagni, e grida: ‘Non mi toccare! Pietà di Te!” Ma Gesù fa un passo avanti. Solenne, buono, soave, posa le sue dita sulla testa mangiata dalla lebbra e dice, con voce piana, tutta amore eppure piena di imperio: “Lo voglio! Sii mondato!” 

La mano rimane ancora per qualche minuto sulla povera testa. “Alzati. Vai dal sacerdote. Compi quanto la Legge prescrive. E non dire quanto ti ho fatto. Ma solo sii buono. Non peccare mai più. Ti benedico.” “Oh! Signore! Abele! Ma tu sei tutto sano!”. Samuele, che vede la metamorfosi dell’amico, grida di gioia. “Sì. E' sano. La ha meritato per la sua fede. Addio. La pace sia con te.” “Maestro! Maestro! Maestro! Io non ti lascio! Io non ti posso più lasciare!” “Fai quanto vuole la Legge. Poi ci vedremo ancora. Per la seconda volta sia su di te la mia benedizione.” Gesù si avvia facendo cenno a Samuele di restare. E i due amici piangono di gioia, mentre alla luce di un quarto di luna tornano alla spelonca per l’ultima sosta in quella tana di sventura. La visione cessa così.

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

AMDG et BVM

Sessualità e castità prematrimoniale

Laetifica nos dulcifluo sono oris tui,

Et liquore tuo roseo perfunde corda nostra.
Allietaci con il dolce suono della tua voce,

E con la tua rosea limpidezza colma i nostri cuori.

La purezza


Per capire cosa è la purezza partiamo da un brano paolino (Colossesi 3)

“Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria. Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi.” 

La purezza è “cercare le cose di lassù”. La purezza è ciò che rende l’uomo davvero uomo, è il segno che il suo essere non è solo il suo corpo, bensì che questo (il corpo) ha avuto il grande dono di accogliere lo spirito e di essere governato dallo spirito. L’uomo è uno “spirito incarnato”. 

La grandezza del corpo (che il Cristianesimo tiene a sottolineare) è proprio nel suo essere “tempio dello Spirito Santo”: altra espressione paolina, precisamente è nella Prima Lettera ai Corinti. 
A riguardo va detto che l’attenzione al corpo che ha sempre contraddistinto la civiltà occidentale non si deve solo al fatto che il corpo è dall’antropologia cristiana considerato come elemento costitutivo della persona umana, ma anche perché questo è chiamato ad essere “tempio dello Spirito Santo”.
Ebbene, la purezza è l’unica possibilità affinché il corpo umano possa essere se stesso, possa essere grande … appunto: “tempio dello Spirito Santo”! 

La purezza è il segno distintivo, ontologico (perché interiore ed essenziale) e formale (perché riscontrabile esteriormente), dell’uomo come creatura che è stata chiamata alla vita soprannaturale della Grazia, che è stata chiamata a rendersi “capace di Dio”, cioè a contenere Colui che nemmeno l’universo intero può contenere.    

La concezione errata della sessualità
C’è una grande questione che è la diffusione della sessualità pre ed extra coniugale. Questione su cui i cattolici non sempre sanno argomentare. 
Prima di affrontare il discorso in merito alla sessualità prematrimoniale, è necessario spiegare cosa è la sessualità secondo il Cristianesimo. Per il Cristianesimo la sessualità è un valore, perché creata e quindi voluta da Dio. Per il Cristianesimo non è valore ciò che è conseguito dal peccato, ma ciò che Dio ha iscritto nella natura, in questo caso nella natura dell’uomo. 

L’essere umano non è stato voluto da Dio come una sorta di angelo, cioè con una natura esclusivamente spirituale, bensì come unione di spirito e di corpo. Ora, la sessualità altro non è che la dimensione corporea della reciproca donazione di quell’uomo verso quella donna e di quella donna verso quell’uomo, che si sono uniti nel vincolo indissolubile del matrimonio-sacramento. 

Da ciò si capisce l’illegittimità della sessualità prematrimoniale (e ovviamente anche di quella extra-coniugale). Infatti, tale sessualità non può essere vissuta nella dinamica della donazione. La donazione, infatti, ha bisogno della definitività. Non è definitivo ciò che è ancora temporaneo e provvisorio. Nessuno può negare il fatto che il fidanzamento non sia definitivo … se è fidanzamento è proprio perché non c’è alcuna definitività.

 Né ha senso fare un’obiezione di questo tipo: Ma chi ci dice che il matrimonio sarà definitivo? Obiezione che non regge: ci sarebbe contraddizione in ciò che afferma la Chiesa se essa ammettesse la solubilità del matrimonio, cosa che invece non è. 

La castità prematrimoniale è la capacità di rimaner fedeli al proprio marito e alla propria moglie ancor prima di conoscerli. Chi si sente di negare quanto sia importante rimaner fedele al proprio marito e alla propria moglie, al proprio fidanzato e alla propria fidanzata? E allora perché negare quanto sia importante la fedeltà anche nella prospettiva del futuro? Perché ritenere che la fedeltà sia un valore solo nella contemporaneità –conoscendo il marito o la moglie- e non anche nella prospettiva del futuro, cioè quando ancora non si sa chi sarà il compagno di vita che la Provvidenza vorrà? 


In merito alla questione dei rapporti prematrimoniali un’altra obiezione che solitamente vien fuori è questa: Ma perché privarsi del piacere della sessualità? Non è Dio stesso che l’ha inserita nella natura umana? La risposta non è difficile. Certamente Dio ha inscritto il piacere nella sessualità così come ha iscritto il piacere in ogni bisogno importante della natura umana. Ha iscritto il piacere anche nel mangiare. Si immagini cosa accadrebbe se non provassimo piacere a mangiare. Faremmo questo ragionamento: Adesso devo muovere le mandibole … chi me lo fa fare. Mangerò stasera … e poi anche la sera posticiperemmo al giorno dopo e così via … e intanto moriremmo di inedia. E così anche per la sessualità: se non ci fosse la dimensione del piacere, l’umanità si sarebbe già estinta. 

Ma –e qui sta il punto- un conto è apprezzare la dimensione del piacere, altro è fare del piacere la componente e il criterio fondamentali. Per ritornare all’esempio del mangiare: se devo mangiare per alimentarmi, va bene apprezzare il piacere del mangiare; ma se in quel momento non è bene che mangi per non danneggiare l’organismo, non posso e non devo mangiare solo per soddisfare un piacere che poi si trasformerà in un danno per la mia salute. 


Ma oltre a tale motivo, i rapporti prematrimoniali sono illeciti anche perché sono sempre irresponsabili. Il ragionamento è molto facile: il metodo contraccettivo più sicuro è la pillola antifecondativa, la quale ha una percentuale di “successo” (rattrista utilizzare questa terminologia, ma lo facciamo per farci capire) non superiore al 90%. Il che significa che i metodi anticoncezionali occasionali (quelli che solitamente si usano tra i giovani) hanno una percentuale di “successo” ben al di sotto del 90%. Ciò vuol dire che la sessualità fuori del matrimonio è sempre comunque irresponsabile: si “gioca” con una terza vita che non solo ha il diritto di nascere qualora venisse concepita, ma che ha anche il diritto di trovare un nucleo familiare stabile, un papà e una mamma. 

Dunque, la sessualità pre ed extra matrimoniale è, oltre ad un grave peccato (e già questo dovrebbe bastare per capire), un atto sempre e comunque irresponsabile. 

Un errore diffuso tra i cattolici: trascurare il valore della purezza 

Anche negli ambienti cattolici si incontra una diffidenza verso una reazione a questo problema. Tant’è che per coloro che insistono sull’importanza del rispetto integrale della Legge di Dio è stata coniata la definizione di “cattolici eticisti”. Una definizione, questa, che ovviamente non ha senso. 
Chiediamoci: che cosa è la morale nell’ambito della teologia cattolica? Il Dio Logos è un Dio che non è al di là del bene e del male, ma che è costitutivamente buono; per cui la legge morale non è una decisione arbitraria di Dio ma la sua stessa natura.
I Comandamenti, per esempio, altro non sono che la natura stessa di Dio codificata per la vita quotidiana dell’uomo. Dunque, rispettare la legge di Dio vuol dire aderire alla Sua natura, abbracciare Dio; per cui, di converso, non è possibile scegliere e convivere con Dio se non si rispetta la Sua Legge. 
In questo non c’è nulla di moralistico, perché il moralismo è un’accettazione senza motivi persuasivi della legge morale, convincendosi tutto sommato che la morale è una pura astrazione e decisione intellettuale che è in un modo, ma poteva anche essere in tutt’altro modo. 

I Santi invece hanno capito che non c’è Dio senza Legge morale e non c’è Legge morale senza Dio. Definire eticista il comportamento di chi è attento alla Legge morale e invita tutti a fare altrettanto significa contraddire il comportamento dei Santi. Che dire, per esempio, di un San Pio da Pietrelcina (1887-1968) e della sua risaputa intransigenza. Gesù parla chiaro: Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. (Matteo 5,19)

Ecco perché Benedetto XVI insiste molto sui cosiddetti principi non-negoziabili, perché dal giudizio concreto sulla vita, da come ci si rapporta a quelle grandi questioni che danno il tono del tempo attuale (per esempio Benedetto XVI definì l’ideologia del gender come la più grave sfida a cui la Chiesa di oggi deve fare fronte) si esprime la testimonianza e l’amore del cristiano a Colui che è l’unica Via, l’unica Verità, l’unica Vita. 

Bisogna proclamare la Verità tutt’intera; in questo caso proclamare la gravità dei peccati della carne. La Madonna alla piccola Giacinta di Fatima lo disse chiaramente: I peccati che fanno andare più all’inferno sono i peccati della carne. 

Certamente i peccati della carne, tra i peccati mortali, non sono quelli più gravi; ma sono quelli che non solo possono essere commessi più facilmente, ma anche quelli che più pervertono il pensiero. Bestializzando il comportamento, bestializzano anche il ragionamento. Si può dire: Non si agisce come si pensa, ma si finisce sempre col pensare come si agisce, parafrasando la famosa frase con cui Paul Bouget conclude il suo romanzo Il demone meridiano: “Bisogna vivere come si pensa, se non si vuole finire col pensare come si vive.” Insomma, una volta fatta fuori la Legge di Dio dal comportamento, si farà fuori Dio stesso dalle proprie convinzioni e dal proprio giudizio di vita. 

Bisogna combattere per la Verità e testimoniare la verità costi quel che costi. A riguardo non deve esserci alcuna moderazione. Non c’è sequela di Cristo senza dimensione eroica; e l’eroismo non è legato alla singola disposizione al coraggio o alla singola capacità di essere naturalmente forti. Se così fosse, solo gli adulti potrebbero essere martiri. No. L’eroismo è legato alla volontà che corrisponde alla Grazia. Ed ecco perché anche i bambini possono essere martiri.

Santa Faustina Kowalska ebbe questa visione che testimonia quanto sia importante la conservazione della purezza nei bambini: “(…) all’improvviso ho visto un gruppo di bambini, la cui età si aggirava dai cinque agli undici anni. Appena mi videro, mi circondarono e cominciarono a gridare ad alta voce: ‘Difendici dal male’ e mi fecero entrare nella cappella che c’era in quel convento. Quando entrai nella cappella, vidi Gesù martoriato. Gesù guardò benevolmente verso di me e mi disse che veniva ‘offeso gravemente dai fanciulli, Tu difendili dal male!’” (Santa Faustina Kowalska, Diario, 765)

E un’altra volta Gesù disse a santa Faustina Kowalska: “Ho una sofferenza ancora maggiore di quella che vedi.” 
Poi racconta la Santa: “E Gesù mi fece conoscere per quali peccati si sottopose alla flagellazione: sono i peccati impuri. Oh, che tremende sofferenze morali patì Gesù, quando si sottomise alla flagellazione! Improvvisamente Gesù mi disse: ‘Guarda e osserva il genere umano nella situazione attuale’. E in un attimo vidi cose tremende: i carnefici si allontanarono da Gesù, e si avvicinarono per flagellarLo altri uomini, che presero la sferza e sferzarono il Signore senza misericordia. Erano sacerdoti, religiosi e religiose ed i massimi dignitari della Chiesa, cosa che mi stupì molto; laici di diversa età e condizione; tutti scaricarono il loro veleno sull’innocente Gesù. Vedendo ciò il mio cuore precipitò in una specie di agonia. Quando lo flagellarono le anime che ho menzionato sopra, Gesù chiuse gli occhi e dal Suo Cuore uscì un gemito represso, ma tremendamente doloroso. Ed il Signore mi fece conoscere nei particolari l’enorme malvagità di quelle anime ingrate: ‘Vedi, questo è un supplizio peggiore della morte.’” (Santa Faustina Kowalska, Diario, 445).

Nel brano con cui abbiamo aperto questo articolo, San Paolo afferma che l’impurità, insieme ad altro, attira l’ira di Dio: “Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono.”

La bellezza della purezza

Il XX secolo, il secolo che sarebbe stato segnato fortemente dalla degradazione morale, si apre con due bambini-giganti: due bambini-eroi. Due martiri della purezza. Quasi contemporaneamente (a due anni di stanza) due bambine, una nell’emisfero boreale, l’altra in quello australe, offriranno alla loro vita per la purezza.   

Nell’emisfero boreale santa Maria Goretti (1890-1902), assassinata da colui che voleva farla cadere in peccato. 

Nell’emisfero australe la beata Laura Vicuna (1891-1904), che offrirà la sua vita per ottenere dal Signore la grazia di poter rivedere sua madre, ch’era vedova ed era andata a convivere con uomo, riaccostarsi all’Eucaristia. 

Nella bellissima Chiesa di San Paolo Maggiore a Napoli, tenuta dai Padri Teatini, vi è un dipinto dello spagnolo Louis de Morales (1509-1586), chiamato Madonna della Purità. Il dipinto fu donato all’Ordine dei Teatini nel 1641 da padre Diego di Bernardo y Mendoza. Attualmente nella Cappella che ospitava la tela (Cappella chiamata ovviamente “della Madonna della Purità”) è esposta una copia mentre l’originale è custodito nel convento. 


L’immagine non mostra alcun particolare che possa ricondurre direttamente alla virtù della purezza, se non lo sguardo umile e rivolto in basso della Vergine. Ci sono però tre particolari che indirettamente riconducono alla bellezza di questa virtù:
La mela che Gesù Bambino ha nella mano sinistra
Lo sguardo di Gesù Bambino
La simmetria del disegno

Iniziamo con la mela che Gesù Bambino ha nella mano sinistra. Ovviamente si tratta del frutto che ricorda simbolicamente il peccato originale. Sappiamo che questo peccato è il Peccato in quanto tale; ebbene, il Divino Bambino sembra porre il frutto proibito nel Cuore della Sua Santissima Madre per far capire come ogni peccato trovi la sua soluzione e la sua purificazione nel Cuore Immacolato di Maria, cioè nell’Immacolatezza in quanto tale.

Il secondo elemento è lo sguardo di Gesù Bambino. Se si fa attenzione, si nota che è uno sguardo fiero, uno sguardo che non è tanto di stupore e meraviglia come solitamente sono gli sguardi dei piccoli, bensì uno sguardo che indica e che spiega. Indica la Madre e spiega quanto Ella sia quella “soluzione” di cui abbiamo parlato prima, la soluzione di ogni peccato nel Cuore Immacolato della Vergine. Il tutto nella santa fierezza del Bambino che sembra dire: quanto sono felice di avere una Madre così!

Il terzo elemento è la simmetria del disegno. La purezza è ordine, è il Logos che produce il kosmos. Il peccato è disordine, è la disobbedienza che produce il khaos. Il dipinto, al di là della cornice esterna, presenta una cornice nel dipinto stesso. Tutto è simmetrico e tutto è ordinato anche nei più piccoli particolari; ai quattro angoli tutto si ripete simmetricamente.

Il dipinto del de Morales ci parla chiaramente della bellezza della purezza … anzi ci dice che non può esserci Bellezza senza il Bene, perché il Bello è sempre estetica del Vero e del Bene.  

La purezza si traduce in bellezza. Scrive santa Faustina Kowalska: “Ora comprendo, tutte le vergini si distinguono per una bellezza particolare; da loro irradia una bellezza speciale.” (Santa Faustina Kowalska, Diario, 1251).


Corrado Gnerre



LODI ALLA VERGINE DIVINA. Sabato

Inno
Salve, Virgo florens,
Mater illibata,
Regina clementiae,
Stellis coronata.
Supra omnes Angelos
Pura, Immaculata,
Atque ad Regis déxteram
Stans veste deaurata.
Per te Mater gratiae,
Dulcis spes reorum,
Fulgens stella maris,
Portus naufragorum,
Patens Coeli janua,
Salus infirmorum,
Videamus Regem
In aula Sanctorum.
Salve, Vergine fiorente,
Madre inviolata,
Regina di clemenza,
Di stelle coronata.
Sopra tutti gli Angeli
Pura, Immacolata,
Posta alla destra del Re
Con una veste intessuta d’oro.
Grazie a te, Madre di grazia,
dolce speranza dei rei,
Stella del mare splendente,
Porto dei naufraghi,
Aperta Porta del Cielo,
Salute degli infermi,
Possiamo vedere il Re
Nell’assemblea dei Santi.

Ant. Sicut lìlium inter spinas, sic amica mea inter filias Adae.
Ant. Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le figlie di Adamo.
Cantico 1
Audite, Coeli, quae loquar de Maria,
Audiat terra verba oris mei.
Udite, o Cieli, perché parlerò di Maria,
Ascolti la terra le parole della mia bocca.
Magnificate ipsam mecum semper,
Et exaltemus nomen ejus in saeculum saeculi.
Magnificatela con me sempre,
Ed esaltiamo il suo nome in eterno.
Generatio prava atque perversa,
Agnosce Dominam nostram salvatricem tuam.
Generazione malvagia e perversa,
Riconosci nostra Signora che ci porta a salvezza.
Numquid non ipsa est mater tua,
Quae possedit te, et in fide generavit te?
Non è lei forse la madre tua,
Che ti possiede e ti ha generato alla fede?
Si hanc dimittis non es amicus summi Caesaris,
Quoniam Ipse sine ea non salvabit te.
Se ti volgi da lei non sei amico del sommo Cesare,
Perché Egli stesso non ti salverà senza di lei.
Ùtinam sàperes, et intellìgeres,
Ac novissima providéres!
O se sapessi, e comprendessi,
Per provvedere al tuo ultimo giorno!
Quemàdmodum infans sine nutrice non potest vivere,
Ita nec sine Domina nostra potest habére salutem.
Allo stesso modo che un bambino non può vivere senza una nutrice,
Così non puoi, senza Nostra Signora, avere la salvezza.
Sìtiat ergo anima tua ad ipsam,
Tene eam, nec dimitte, donec benedìxerit tibi.
Abbia sete di lei dunque la tua anima,
Stringiti a lei e non lasciarla finché non ti avrà benedetto.
Repleatur os tuum laude sua,
Decanta tota die magnificentiam ejus.
Sia ripiena la tua bocca delle sue lodi,
Celebra ogni giorno la sua magnificenza.

Gloria Patri…
Gloria al Padre…

 "Benedica ogni creatura
Maria, nostra Signora"

Cantico 2
Benedìcite omnia opera Dominae gloriosae,
Laudate et superexaltate eam in saecula.
Benedite, opere tutte, la Vergine gloriosa,
Lodatela ed esaltatela nei secoli.
Benedìcite Angeli Dominae nostrae,
benedìcite coeli Dominae nostrae.
Benedite, Angeli, la nostra Signora,
Benedite, cieli, la nostra Regina.
Benedicat omnis creatura Dominam nostram,
Quam Rex sic voluit benedici.
Benedica ogni creatura Maria, nostra Signora,
Come il Re ha voluto sia benedetta.
Benedicta sis, o summi Regis Filia,
Quae odore praeis cuncta lilia.
Sii benedetta, o Figlia del sommo Re,
Il tuo profumo supera quello di ogni giglio.
Benedicta sis corona dominarum omnium,
Benedicta sis gloria Jerusalem.
Sii benedetta, o corona di tutte le Sante,
Sii benedetta, gloria di Gerusalemme.
Odor tuus sicut agri pleni, cui benedixit Dominus,
Qui in benedicentes te redundat irrìgans omnia intima eorum.
La tua fragranza è come quella di un campo fiorito benedetto dal Signore,
Tu la spandi nell’intimo di quanti ti benedicono.
Qui benedixerit tibi, o Virgo, sit ille jugiter benedictus.
Qui maledixerit tibi, rosa candidissima, sit ille maledictus.
Chi ti avrà benedetto, o Vergine, sia per questo benedetto.
Chi ti avrà maledetto, o rosa candidissima, sia egli stesso maledetto.
Non recédat de domo servorum tuorum
Vini et òlei abundantia.
Non venga meno nella casa dei tuoi servi
L’abbondanza dell'olio e del vino.
In nomine tuo omne genuflectatur,
Coelestium, terrestrium et infernorum.
Nel tuo nome si genufletta ognuno
Che vive tra le creature celesti, terrestri, ed anche nell’inferno.
Benedicamus Deum, qui te creavit,
Benedictus uterque parens, qui te generavit.
Benediciamo il Signore che ti ha creata,
Siano benedetti i genitori che ti procrearono.
Benedicta sis Domina in Coelo,
Et laudabilis, et gloriosa, et superexaltata in saecula.
Sii benedetta, Regina del Cielo,
Degna di lode e gloriosa, e proclamata beata nei secoli.

Gloria Patri…
Gloria al Padre…
Cantico 3
Benedicta sis, Domina et Mater Dei mei Ìsrael,
Qui per te visitavit et fecit redemptionem plebis suae.
Sii benedetta, Signora e Madre del mio Dio di Israele,
Che attraverso te ha visitato e redento il suo popolo.
Et erexit unicornu salutaris castitatis tuae
In domo David pùeri sui.
E ha spiegato lo stendardo della tua castità
Nella casa di Davide suo figlio.
Sicut locutus est per os Isaiae
Aliorùmque sanctorum Prophetarum ejus.
Come ha detto attraverso Isaia
E i suoi altri santi Profeti.
Salutem ex inimìcis praesta Virgo vìrginum,
Et de manu omnium, qui nos odérunt, pacem nobis trìbue.
Dona, o Vergine delle vergini, salvezza dai nemici
E dalla mano di quanti ci odiano, e accordaci la pace.
Et fac misericordiam pro parentibus, et nobis,
Ut memor sit testamenti omnipotèntis Dei.
Abbi misericordia verso i nostri congiunti, e verso di noi,
Perché sia manifesta l’alleanza di Dio onnipotente.
Quod juravit ad patres nostros,
Abraham, et sémini ejus in saecula.
Come giurò ai nostri padri,
Ad Abramo ed alla sua discendenza per sempre.
Sic sine timore de manu inimicorum nostrorum liberati,
Quiéte serviamus Illi
Così, senza timore liberati dalle mani dei nemici,
Possiamo servirlo nella pace
In sanctitate et justitia coram te,
Omnibus diébus nostris.
In santità e giustizia davanti a Te
In tutti i nostri giorni.
Et tu, Maria, Prophetissa Dei vocàberis,
Quoniam novisti quo respexit humilitatem ancillae suae.
E tu, Maria, sarai chiamata Profetessa di Dio,
Perché hai riconosciuto chi ha guardato all’umiltà della sua serva.
Per quam dedit scientiam salutis plebi ejus,
In remissionem peccatorum.
Attraverso te ha dato la conoscenza della salvezza del suo popolo,
Per la remissione dei peccati.
Per viscera multitudinis misericordiae tuae,
Visita nos, Stella matutina òriens ex alto.
Per le viscere della tua molteplice misericordia,
Vieni a visitarci, Stella del mattino che sorgi dall’alto.
Illumina tenebras sedentium in umbra mortis,
Et eas luce dilectissimi Filii tui dignéris instillare.
Illumina le tenebre di quanti siedono nell’ombra della morte,
E degnati di donar loro la luce del tuo dilettissimo Figlio.
Miserere, misericordiae Mater, nobis miseris peccatoribus,
Quia post retroacta peccata poenitére neglìgimus, ac multa quotidie poenitenda committamus.
Abbi pietà, Madre di misericordia, di noi miseri peccatori,
Perché non ci siamo scossi dopo tanti peccati commessi, e possiamo dedicarci ogni giorno ad atti di penitenza.

Gloria Patri…
Gloria al Padre…

Ant. Sicut lìlium inter spinas, sic amica mea inter filias Adae.
Ant. Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le figlie di Adamo.

V. Oleum effusum, Maria, Nomen tuum.
V. Come unguento diffuso, o Maria, è il tuo Nome.
R. Servi tui dilexérunt te nimis.
R. I tuoi servi ti hanno grandemente amato.



Te Matrem Dei laudamus

Te Matrem Dei laudamus, Te Mariam Virginem profitemur.
Ti lodiamo o Madre di Dio, ti proclamiamo come la sempre Vergine Maria.
Te aeterni Patris Sponsam, omnis terra veneratur.
Tutta la terra ti venera come la Sposa dell'eterno Padre.
Tibi omnes Angeli, et Archangeli, tibi Throni, et Principatus fideliter deserviunt.
Te tutti gli Angeli e gli Arcangeli, i Troni e i Principati, servono fedelmente.
Tibi omnes Potestates, omnes Virtutes Coeli coelorum, et universae Dominationes obediunt.
A te obbediscono le Potestà, tutte le Virtù nel più alto dei Cieli e tutte le Dominazioni.
Tibi omnes Chori, tibi Chérubim et Séraphim exultantes adsistunt.
A te tutti i Cori, i Cherubini e i Serafini, fanno corona in esultanza.
Tibi omnis angelica creatura incessabili voce proclamant:
Te ogni creatura angelica proclama con voce incessante:
Sancta, sancta, sancta Maria, Dei Génitrix, Mater et Virgo.
Santa, santa santa è Maria, Madre di Dio, Madre e Vergine.
Pleni sunt Coeli et terra majestatis gloriae fructus ventris tui.
Pieni sono i Cieli e la terra della maestà e gloria del frutto del tuo seno.
Te gloriosus Apostolorum chorus, sui Creatoris Matrem collàudat.
Te il glorioso coro degli Apostoli esalta come Madre del Creatore.
Te beatorum Martyrum coetus candidatus, Christi Genitricem glorificat.
Te la candida schiera dei beati Martiri glorifica come Madre di Cristo.
Te gloriosus Confessorum exércitus, Trinitatis Templum appellat.
Te il glorioso esercito dei Confessori chiama come Tempio della Trinità.
Te sanctarum Virginum choréa amabilis, virginitatis et humilitatis exemplum praedicat.
Te celebra l'amabile schiera delle sante Vergini, come esempio di verginità ed umiltà.
Te tota coelestis curia, Regina honorat.
Te tutta la corte celeste onora come Regina.
Te per universum orbem Ecclesia, invocando concélebrat Matrem divinae majestatis.
Te la Chiesa acclama in tutto il mondo, invocandoti come Madre della divina Maestà.
Venerandam te veram Regis coelestis Puerperam, sanctam quoque, dulcem et pia.
Venerando te come vera Genitrice del Re del Cielo, santa, dolce e pia.
Tu Angelorum Domina, tu Paradisi jànua.
Tu Regina degli Angeli, tu Porta del Paradiso.
Tu scala Regni coelestis et gloria, tu thàlamus, tu arca pietatis et gratiae.
Tu scala al Regno dei Cieli e gloria, tu stanza nuziale, arca di pietà e grazia.
Tu vena misericordiae, tu sponsa et mater Regis aeterni.
Tu sorgente di misericordia, tu sposa e Madre del Re eterno.
Tu templum et sacrarium Spiritus Sancti, totius beatissimae Trinitatis nobili triclìnium.
Tu tempio sacro dello Spirito Santo, tu nobile dimora della santissima Trinità.
Tu mediàtrix Dei et hominum amàtrix.
Tu mediatrice di Dio e che ami ogni uomo.
Tu agonizàtrix pugnàntium, advocata pauperum, miseràtrix et refugium peccatorum.
Tu combattente accanto a quanti lottano, avvocata dei poveri, misericordia e rifugio dei peccatori.
Tu erogàtrix munerum, superàtrix ac terror daemonum et superborum.
Tu dispensatrice di doni, dominatrice e terrore dei demoni e dei superbi.
Tu mundi Domina, Coeli Regina: post Deum sola spes nostra.
Tu Signora del mondo, Regina del Cielo: dopo Dio nostra sola speranza.
Tu salus te invocantium, miserorum solàtium, pereùntium refugium.
Tu salvezza di chi ti invoca, sollievo dei miseri, rifugio di quanti stanno nel pericolo.
Tu mater omnium Beatorum, gaudium plenum post Deum, omnium Supernorum civium solàtium.
Tu madre di tutti i Beati, gaudio pieno dopo Dio, consolazione di tutti i cittadini del Cielo.
Tu promòtrix justorum, congregàtrix errantium, promissio Patriarcharum.
Tu sostegno dei giusti, tu riunisci gli erranti, sei la promessa dei Patriarchi.
Tu véritas Prophetarum, praecònium et doctrix Apostolorum, magistra Evangelistarum.
Tu la verità dei Profeti, lode e maestra degli Apostoli, maestra degli Evangelisti.
Tu fortitùdo Martyrum, exémplar Confessorum, honor et festìvitas Virginum.
Tu fortezza dei Martiri, modello dei Confessori, onore e gioia dei Vergini.
Tu ad liberandum éxulem hominem, Filium Dei suscepisti in uterum.
Tu per liberare l'uomo esule, hai portato in seno il Figlio di Dio.
Per te, expugnàto hoste antiquo, sunt aperta fidelibus Regna Coelorum.
Grazie a te, vinto l'antico nemico, sono aperte per i fedeli i Regni del Cielo.
Tu cum Filio tuo sedes ad déxteram Patris.
Tu con il tuo Figlio siedi alla destra del Padre.
Tu ipsum pro nobis roga, Virgo Maria, quem nos ad judicandum crédimus esse venturum.
Tu pregalo per noi, Vergine Maria, Lui che crediamo verrà a giudicarci.
Te ergo poscimus, nobis tuis fàmulis sùbveni, qui pretioso sanguine Filii tui redempti sumus.
Ti preghiamo dunque di venire in aiuto a noi tuoi servi, redenti dal prezioso sangue del tuo Figlio.
Aeterna fac, pia Virgo, cum Sanctis tuis nos in gloria numerari.
Ottienici, o Vergine pia, di essere accolti nell'eterna gloria insieme ai tuoi Santi.
Salvum fac populum tuum, Domina, ut simus participes haereditatis Filii tui.
Fa' salvo il tuo popolo, o Signora, perché siamo partecipi dell'eredità del Figlio tuo.
Et rege nos, et custòdi nos in aeternum.
E regna su di noi e custodiscici in eterno.
Per singulos dies, o Pia, te salutamus,
In ogni nostro giorno, o Pia, ti salutiamo,
Et laudare te cùpimus in aeternum, mente et voce.
E te desideriamo lodare in eterno, con la voce e con la mente.
Dignare, dulcis Maria, nunc et semper sine delicto nos conservare.
Degnati, dolce Maria, di conservarci oggi e sempre senza peccato.
Miserere, Pia, nobis, miserere nobis.
Abbi pietà di noi, o Pia, abbi pietà.
Fiat misercordia magna nobiscum, quia in te, Virgo Maria, confìdimus.
Sia grande la misericordia su di noi, perché in te confidiamo, Vergine Maria.
In te, dulcis Maria, speramus, nos defendas in aeternum.
In te speriamo, dolce Maria, perché tu ci difenda in eterno.
Te decet laus, te decet imperium, tibi virtus et gloria, in saecula saeculorum.
A te appartiene la lode, il potere, a te il valore e la gloria, nei secoli dei secoli.
Felix es, sacra Virgo Maria, et omni laude dignissima, quia ex te ortus est Sol justitiae Christus Deus noster.
Beata tu sei, sacra Vergine Maria, e veramente degna di ogni lode, perché da te è nato il Sole di giustizia, Cristo nostro Dio.
Ora pro populo, intérveni pro clero, intercéde pro devoto foemineo sexu.
Prega per il popolo, aiuta il clero, intercedi per ogni donna fedele.
Sentiant omnes tuum juvàmen, quicùmque
célebrant tuam sanctam Conceptionem.
Sperimentino tutti il tuo aiuto, tutti coloro che celebrano la tua santa Concezione.

Ant. Haec est Virgo, in qua nec nodus originalis, nec cortex actualis culpae fuit.
Ant. Questa è la Vergine nella quale mai fu il peccato originale, né nodo di colpa attuale.

V. In Conceptione tua Virgo Immaculata fuisti.
V. Nella tua Concezione sei stata creata Immacolata.
R. Ora pro nobis Patrem cujus Filium peperìsti.
R. Prega per noi il Padre, il cui Figlio hai partorito

Oremus. - Deus, qui per Immaculatam Virginis Conceptionem dignum Filio tuo habitaculum praeparasti, quaesumus, ut qui ex morte ejusdem Filii tui praevìsa, eam ab omni labe praeservasti, nos quoque mundos, ejus intercessione, ad te pervenire concedas.
Preghiamo. - Dio, che nell'Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, ti preghiamo perché, come dalla morte dello stesso tuo Figlio l'hai preservata da ogni macchia, così concedi che anche noi giungiamo puri a te, per la sua intercessione.
Per eúmdem Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia saecula saeculórum. Amen.
Per lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, Figlio tuo, che con te vive e regna, Dio in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Deo gratias, et Mariae Immaculatae.
Siano rese grazie a Dio, ed a Maria Immacolata.


Deo gratias,
 
et Mariae Immaculatae.