lunedì 29 settembre 2014

Così parlano i Santi


 IL CELIBATO SACERDOTALE SEGNO DELLA CARITA’ DI CRISTO.
della Beata Teresa di Calcutta

Leggiamo nelle Scritture come Gesù venne a proclamare la Buona Novella che Dio ci ama. Oggi lui vuole che noi siamo quell'Amore. Gesù ha detto: “L'avete fatto a me ” (Mt 25,40). Ero affamato, nudo, forestiero e abbandonato e mi avete fatto queste cose. Io lo chiamo vangelo sulle cinque dita.
Tutti sono chiamati ad amare Dio con tutto il cuore, l'anima, l'intelligenza e le forze e, per amore di Dio, ad amare il proprio prossimo. La notte prima della sua morte Gesù ci ha dato due grandi doni: il dono di se stesso nell'Eucaristia e il dono del sacerdozio per continuare  la sua presenza viva nell'Eucaristia.
Senza sacerdoti non abbiamo Gesù.
Senza sacerdoti non abbiamo l'assoluzione.
Senza sacerdoti non possiamo ricevere la Santa Comunione.




Come il Padre ha preparato per suo Figlio una degna dimora nel Seno Innamorato di una Vergine, cosi è opportuno che un sacerdote si prepari a prendere il posto di Gesù, il Figlio di Dio, scegliendo liberamente il celibato sacerdotale.

Il matrimonio e la procreazione sono miracoli dell'amore di Dio per mezzo dei quali uomini e donne diventano suoi collaboratori nel portare una nuova vita al mondo. Gesù ha parlato però chiaramente di qualcosa persino più grande di questo quando ha detto che in cielo le persone non si sposano né vengono date in matrimonio, ma vivono come gli angeli nei cieli, e che ci sono alcuni che hanno rinunciato al matrimonio per amore del Regno di Dio.

Il celibato sacerdotale è il dono che prepara alla vita nei cieli. Gesù chiama i suoi sacerdoti a essere suoi collaboratori nella Chiesa, a riempire il cielo di figli di Dio.

“ Un giorno due giovani si presentarono alla nostra casa  e mi diedero una grande somma di denaro per nutrire il Popolo, perché a Calcutta, come sapete, noi sfamiamo ogni giorno molti poveri. Chiesi loro dove avessero preso tutto quel denaro, ed essi risposero: "Due giorni fa ci siamo sposati e prima del matrimonio abbiamo deciso che non avremmo acquistato gli abiti nuziali, che non avremmo dato un ricevimento di nozze, ma che invece vi avremmo dato quel denaro per sfamare i poveri". Era un gesto straordinario per degli Indù di ceto sociale elevato. Domandai allora: "Perché lo avete fatto?. Ed essi risposero:"Ci amavamo talmente che volevamo dividere la gioia di questo amore con le persone che voi servite" ”.

Per me questa bellissima storia di due persone che si amano rappresenta un segno vivo dell'unione di Gesù con i suoi sacerdoti. Qui il sacrificio non consiste nel denaro o in cose materiali, ma in un dono più alto e migliore, quello del celibato sacerdotale. Il dono più grande che una persona può offrire a Gesù il giorno in cui diventa sacerdote è un cuore verginale, un corpo verginale. Noi lo chiamiamo celibato sacerdotale. E’ come l'amore verginale di Cristo per la sua Chiesa, che i sacerdoti rappresentano. La Chiesa è il corpo di Cristo, è la sposa di Cristo.

Il celibato non è soltanto la nostra capacità di dare, ma ancor più la nostra capacità di accogliere il dono di Dio, la scelta di Dio. Meditate devotamente sul fatto che Lui, il Creatore dell'Universo, ha tempo per voi, Sue piccole creature.

Il celibato sacerdotale crea un vuoto che ci permette di ricevere l'altro dono meravigliosoche soltanto Gesù può offrire e regalare, il dono dell'amore divino. In primo luogo Gesù offre il prezioso dono di se stesso per un'amicizia con lui personale e fedele che dura tutta la vita, nella tenerezza e nell'amore. Nulla farà venire meno la sua fedeltà. Lui rimane fedele.

Cari collaboratori di Cristo, voi avete detto “Si” a Gesù e lui vi ha presi in parola. La parola di Dio è divenuta Gesù, il povero. Il vostro celibato sacerdotale è il terribile vuoto che sperimentate. Dio non può riempire ciò che è pieno. Può colmare soltanto il vuoto; la grande povertà e il vostro “ si ” segnano l'inizio dell'essere o del divenire vuoti. Non si tratta tanto di quanto effettivamente “ abbiamo ” da dare, ma di quanto siamo vuoti, in modo da poter ricevere pienamente nella nostra vita e di far si che Lui viva la sua vita in noi. Oggi lui vuole rivivere in voi la sua completa sottomissione al Padre; consentitegli di farlo. Non importa quello che provate, ma ciò che egli sente in voi. Distogliete lo sguardo da voi stessi e rallegratevi di non avere nulla, di non essere nulla, di non poter far nulla. Ogni qualvolta questa vostra nullità vi spaventa, fate un gran sorriso a Gesù. Questa è la povertà di Gesù. Voi e io dobbiamo far si che lui viva in noi e, attraverso di noi, nel mondo. Stringetevi alla Nostra Signora, perché anche lei, prima di diventare piena di grazia, piena di Gesù, ha dovuto attraversare questo buio. “ Com'è possibile? ”, ha chiesto. Ma nel momento in cui ha detto “ si ” ha sentito il bisogno di affrettarsi e di portare Gesù a Giovanni e alla sua famiglia. 

Continuate a donare Gesù alla gente non con le parole, ma col vostro esempio, con il vostro amore per lui, irradiando la sua santità e diffondendo la sua fragranza di amore ovunque andate. Fate si che la gioia di Gesù sia la vostra forza. Siate lieti e in pace, accettate tutto ciò che lui vi dona, e accogliete tutto ciò che lui prende con un gran sorriso. Voi appartenete a lui; diteglielo: “lo sono tuo ”, e se fossi tagliato a pezzi, ciascun pezzo non sarà altro che tuo. Fate si che Gesù sia in voi vittima e sacerdote.

Scegliendo liberamente il celibato sacerdotale, il sacerdote rinuncia alla paternità terrena per accogliere la partecipazione alla paternità di Dio.
Invece di diventare padre di uno o più figli sulla terra, egli adesso è in grado di amare tutti in Cristo. SI, Gesù chiama il suo sacerdote a portare l'amore tenero del Padre a tutti e a ciascun uomo. Per questo motivo la gente lo chiama “ Padre ”.

Il celibato sacerdotale non significa semplicemente non sposarsi. non avere una famiglia. Rappresenta l’amore indiviso per Cristo nella castità; nulla e nessuno mi separerà dall'amore di Cristo. Non si tratta soltanto di una lista di no, si tratta di amore. E’ libertà di amare e di essere tutto per tutti gli uomini. Per questo abbiamo bisogno della libertà, della povertà e della semplicità di vita. Gesù avrebbe potuto avere tutto, ma scelse di non avere nulla. Anche noi dobbiamo scegliere di non avere e di non godere di certi lussi. Perché meno abbiamo per noi stessi, più Gesù può donarci, e più abbiamo per noi stessi, meno Gesù può donarci. Quali sacerdoti, dovete essere capaci di provare la gioia di questa libertà, di non aver nulla, di non avere nessuno; allora potrete amare Cristo con amore indiviso nella castità. Ecco perché quando un sacerdote è completamente libero di amare Cristo, l'opera che compie nell'obbedienza è il suo amore per Cristo in azione. Il preziosissimo Sangue è nelle sue mani, può spezzare il Pane di Vita e darlo a quanti hanno fame di Dio.

Tutti coloro che sono chiamati a seguire Gesù nel celibato sacerdotale e a condividere il suo sacerdozio, preghino e chiedano il coraggio di donare... “ di donare fino al dolore”. Questa donazione rappresenta il vero amore in azione e possiamo operarla soltanto quando siamo una cosa sola con Lui, perché soltanto in lui, con lui e attraverso di lui, Gesù potrà fare grandi cose, ancora più grandi di quelle che ha già fatto.

Non ci sono paragoni per la vocazione del sacerdote. E’ come un sostituire Gesù sull'altare, nel confessionale e in tutti gli altri sacramenti in cui egli usa il pronome “ Io ”, come Gesù. Pensate come il sacerdote deve essere una sola cosa con Gesù perché Lui lo usi al suo posto, nel suo nome, per pronunciare le sue parole, per compiere le sue azioni, per cancellare i peccati, per trasformare il semplice pane e vino nel Pane di Vita del suo Corpo e nel suo Sangue. Solo nel silenzio del suo cuore egli può ascoltare la parola di Dio e dalla pienezza del suo cuore può pronunciare queste parole: “Io ti assolvo” e “Questo è il mio Corpo”. 

Come deve essere pura la bocca del sacerdote e come deve essere puro il suo cuore perché egli possa pronunciare le parole: “ Questo è il mio Corpo” e trasformare il pane nel Gesù vivente. Come devono essere pure le mani del sacerdote, come deve essere completa l'identificazione con le mani di Gesù, se in esse, quando egli alza quelle mani, c'è il Preziosissimo Sangue di Gesù. Un peccatore si viene a confessare oppresso dal peccato, e quando lascia il confessionale è un peccatore senza peccato. Quanto deve essere puro e sacro un sacerdote per rimettere i peccati e pronunciare le parole: “ lo ti assolvo ”! Per me il sacerdozio è la sacralità, la santità per cui Cristo è venuto sulla terra e si è fatto uomo per vivere l'amore e la compassione di suo Padre, e per cancellare il peccato.

 Abbiamo un meraviglioso esempio di questo nell'esperienza della nostra gente.

“ La suora trovò un uomo e fece per lui tutto ciò che l'amore può fare per un uomo chiuso in se stesso per tanti anni. Per due giorni lui non parlò. Il secondo giorno disse: “Lei ha portato Dio nella mia vita, mi porti anche un Padre". Così la suora gli portò un sacerdote e lui si confessò dopo sessant'anni. Il giorno successivo mori ”.

Ecco cos'è il sacerdote; il “vincolo di unione” tra l'uomo e Dio, proprio come Gesù, per cancellare il peccato. Dio entra nella vita dell'uomo, ma il perdono per i suoi peccati deve avvenire attraverso il sacerdote per ristabilire pienamente il rapporto con Dio.

E’ stato un miracolo di grazia quello che è avvenuto nell'uomo che si era allontanato da Gesù per tanti anni, e lui lo ha espresso in modo bellissimo: “ Lei ha portato Dio nella mia vita... mi porti anche un Padre ”. Quella relazione, quella misericordia, quella cancellazione dei suoi peccati, gli sono venute grazie alle mani del sacerdote e alle parole del sacerdote.

Il sacerdote deve anche proclamare Cristo. E non può proclarmarlo se il suo cuore non è pieno di Dio; e Dio è amore. Ecco perché ha bisogno di ascoltare la voce di Dio nel silenzio del suo cuore, perché soltanto allora, dalla pienezza del suo cuore, egli può pronunciare la parola di Dio.

Voi, quali sacerdoti di Dio, siete i suoi strumenti vivi, e quindi dovete sempre consentirgli di fare di voi esattamente ciò che vuole per la gloria del Padre. Lo stesso Spirito vi inviterà a vivere un'unione sempre più stretta con Gesù, nel cuore, nella mente e nell'azione, affinché tutto ciò che farete e direte sia per lui, con lui e verso di lui. Ed egli è tutt'uno col Padre, così voi dovete essere tutt'uno con Gesù. Come voi siete stati sigillati col suo sacerdozio, cosi lui deve essere colui che vive questo sacerdozio dentro di voi. Nulla e nessuno deve separarvi da Gesù, cosi che possiate dire con san Paolo: “ Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me ”.

Cristo si è fatto Pane di Vita per soddisfare la nostra fame per il suo amore, e diventa affamato cosi che noi possiamo soddisfare la sua fame per il nostro amore. Quando san Paolo stava andando a distruggere i cristiani di Damasco, fu gettato a terra e udì la voce: “ Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ”. E Paolo chiese: “ Chi sei tu, Signore? ”. Cristo non ha menzionato i cristiani di Damasco: è la stessa cosa. “ Quello che farai al più piccolo dei miei fratelli l'hai fatto a me ”. 
Se nel mio nome tu offri un bicchier d'acqua, lo hai dato a me. Se nel mio nome ricevi un bambino, ricevi me. E ha fatto anche si che questa fosse una condizione per cui al momento della morte saremo giudicati su quello che siamo stati e su quel che abbiamo fatto. Egli fa di se stesso l'affamato, l'ignudo, il forestiero, l'ammalato, l'abbandonato, il rifiutato, il reietto, e dice: “ Ero affamato e mi avete dato da mangiare ”. Non avevo fame solo di pane, avevo fame di amore. Ero nudo non solo di un capo di vestiario, ma ero nudo dell'umana dignità di un figlio di Dio. Ero un senzatetto bisognoso non solo di una casa fatta di mattoni, ero forestiero, reietto, abbandonato, senza amore, uno scarto della società, e voi mi avete fatto questo. 

Gesù nell'Eucaristia diventa Pane di Vita per soddisfare la nostra fame di Dio, perché tutti siamo stati creati per amare e per essere amati. E quel che Gesù vuole è molto chiaro, perché come facciamo ad amare Dio? Dov'è Dio? Dio è in ogni luogo. Come amiamo Dio? Perciò ci offre la possibilità di fare agli altri quello che vorrebbe noi facessimo a lui. Far diventare il suo amore per lui un’azione viva. 
Per questo quindi ogni vocazione sacerdotale non è semplicemente fare questo o quello; un sacerdote è stato creato per essere totalmente ‑ corpo, mente, cuore, ogni fibra dei suo essere, ogni fibra della sua anima ‑ di Dio, perché Lui lo ha chiamato per nome. 
Un sacerdote per Lui è molto prezioso, un sacerdote è amato teneramente da Dio, da Gesù che lo ha scelto perché sia il “secondo se stesso” ‑ E l'opera che è stata affidata al sacerdote è soltanto un mezzo per mettere in azione viva il suo tenero amore per Dio.

Quindi il lavoro che egli compie è sacro. E questo impegno deve sempre portare a Dio non soltanto se stesso, ma deve essere in grado di condurre le anime a Dio. Ecco perché Gesù ha detto: “Lasciate che vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre”.

Voi dovete essere la radiosità di Gesù stesso. Il vostro sguardo deve essere il suo, le vostre parole le sue. La gente non cerca i vostri talenti, ma Dio in voi. Conducetela a Dio, mai verso voi stessi. Se non la conducete a Dio significa che cercate voi stessi e la gente vi amerà soltanto per voi, non perché le ricorderete Gesù. 
Il vostro desiderio deve essere di “ offrire soltanto Gesù ” nel vostro ministero, piuttosto che voi stessi. Ricordate che soltanto la vostra comunione con Gesù porta alla comunicazione di Gesù. Come Gesù era strettamente unito al Padre tanto da essere il suo splendore e la sua immagine, cosi, con la vostra unione con Gesù, voi diventate la sua radiosità, una trasparenza di Cristo, affinché quelli che vi hanno visto in certo qual modo avranno visto lui.

Per poter essere veramente sacerdoti secondo il Cuore di Gesù avete bisogno di pregare molto e di tanta penitenza. Un sacerdote ha bisogno di unire il proprio sacrificio al sacrificio di Cristo se vuole veramente essere una cosa sola con lui sull'altare.
Quando Sua Santità Paolo VI è morto ho ricevuto una telefonata da Londra nella quale mi si chiedeva cosa pensavo della morte del Santo Padre e io ho detto: “ Era santo, era un padre amorevole. Amava molto i bambini e i poveri e aveva un amore speciale per i Missionari della Carità. E’ tornato alla casa di Dio e adesso noi possiamo pregarlo ”. Ciò che ho detto del Santo Padre era vero perché, quando stava per morire, il Segretario celebrò la Messa accanto al suo letto.
Lui ebbe un attacco di cuore proprio al momento della consacrazione. Collegate questo fatto a quanto egli aveva detto l'anno precedente, quando qualcuno gli disse che stava soffrendo troppo, che stava continuando la Passione di Cristo, che stava soffrendo soprattutto per quello che accadeva all'interno della Chiesa, a causa di vescovi, sacerdoti e religiosi che lasciavano la Chiesa. Il Santo Padre non si mise a discutere o a spiegare, ma disse una frase breve e chiara: “Sto soltanto vivendo la mia Messa”.

Con la vostra vita impregnata di Eucaristia, l'amore di Dio in Gesù", nascosto dietro le umili sembianze del pane e del vino, può essere vissuto in tutta la sua grandezza e bellezza nei più piccoli eventi della vita quotidiana. Dovete continuare la vostra Messa oltre la sua celebrazione quotidiana durante la liturgia, con la vostra fedeltà alle piccole cose che momento per momento segnano la vostra vita. Come le gocce d'olio che alimentano la lampada che brucia continuamente accanto a Gesù vivo nel tabernacolo, la vostra vita deve proseguire come un’estensione viva dell'Eucaristia che offrite. Con questo Pane voi dovete essere spezzati per molti, con questo calice la vostra vita deve essere versata. La carità è amore in azione.
Oggi molti sacerdoti sono sempre più impegnati in opere sociali e nello sviluppo sociale trascurando le opere del loro sacerdozio. Ma ci sono molte persone che si potrebbero impegnare al loro posto in tanti settori.

In un sacerdote, la gente ha bisogno di trovare un autentico uomo del sacro che la conduca a Dio, che le porti Gesù.
Non ha bisogno di un sacerdote che compia opere sociali. Molte brave persone possono farlo mille volte meglio e non è affatto giusto che noi ci appropriamo di attività che altri possono svolgere in modo più efficace.

Nessuno può compiere quell'opera sacerdotale che siete chiamati ad assolvere; soltanto voi in quanto Suoi sacerdoti potete farlo. Perciò non sostituite altri impegni, per quanto belli possano essere, a quello del vostro sacerdozio. I preti devono essere esclusivamente tali!

I Padri Missionari della Carità, fondati nell'ottobre del 1984, uniscono la grandezza e il potere del sacerdozio al carisma loro proprio, e in tal modo la testimonianza della verità del vangelo viene predicata ai poveri.
Penso che molti, moltissimi sacerdoti siano chiamati, anche senza comprenderlo, a donarsi totalmente al Signore. Si, il mondo ha una grande necessità di Sacerdoti, Sacerdoti Santi,del celibato sacerdotale, perché il mondo ha bisogno di Cristo. Dubitare del valore dei sacerdozio di una persona e del celibato sacerdotale di una persona nel mondo d'oggi significa dubitare dell'autentico valore di Cristo e della sua missione, perché essi sono una cosa sola. La missione di Cristo è la nostra missione.

E’ inconcepibile che noi possiamo allontanarci da Dio Onnipotente per chinarci verso una creatura per quanto buona possa essere. Gesù non è l'unico che può colmarvi fino all'orlo dell'amore di Dio? Non sorprende quindi che le coppie sposate interpellino la Chiesa. Nella Chiesa cattolica il divorzio non esiste e mai potrà esistere.
Perché la Chiesa non può concedere il divorzio a due coniugi e invece un prete può lasciare il suo sacerdozio? Un sacerdote può ottenere una dispensa, ma nessuno potrà mai privarlo del suo sacerdozio. Una volta sacerdote, resta sacerdote per sempre. Anche all'inferno egli rimane un sacerdote. La Chiesa tuttavia può legittimamente e opportunamente privarlo dell'esercizio dei suoi poteri sacerdotali.

Maria Madre dei Sacerdoti

Contemplate la nostra Beata Signora, la Madre di Gesù che sta ai piedi della Croce di suo Figlio, nostro unico Sommo Sacerdote e accanto a Lei san Giovanni l'apostolo e sacerdote prediletto. Gesù ha detto a Lei: “Donna, ecco tuo figlio ” e a lui: “ Figlio, ecco tua madre ”.

Nessuno avrebbe potuto essere miglior sacerdote della Vergine Madre di Dio, perché lei potrebbe veramente dire senza difficoltà: “ Questo è il mio Corpo... questo è il mio Sangue ”, in quanto è stato realmente il suo corpo e il suo sangue che lei ha donato a Gesù. Eppure resta soltanto la Serva del Signore, cosicché voi e io possiamo sempre guardare a lei come nostra Madre. E lei è una di noi, ‑ cosicché possiamo sempre chiedere a lei, rivolgerci a lei ed essere una cosa sola con lei.

Naturalmente questo è il motivo per cui è stata lasciata sulla terra, per fondare la Chiesa, per confermare il sacerdozio degli Apostoli, per far loro da Madre finché la Chiesa, la giovane Chiesa non fosse formata. Lei era lì. Perché, come aveva aiutato Gesù a crescere, così potesse aiutare a crescere anche la Chiesa degli inizi. E’ stata lasciata sulla terra per molti anni dopo che Gesù era asceso al cielo, perché fosse lei a contribuire a plasmare la Chiesa. E’ lei che aiuta a formare ogni sacerdote. Nessuno può rivolgersi a Nostra Signora meglio di un sacerdote. Posso immaginare che lei abbia avuto, e abbia ancora, un amore molto tenero e anche una protezione speciale per ogni sacerdote, se solo egli Le si rivolge.

Com'è bello quindi vedere questa somiglianza con Maria! Noi abbiamo bisogno di Lei! Preghiamola, affinché possa ottenere per noi quel grande e splendido dono che è il celibato sacerdotale, il segno della carità di Cristo. A questo Dio vi chiama quando vi chiama per nome, se Lui vi ha scelti per essere suoi veri sacerdoti, se ha deciso di abbracciarvi con tenerezza e amore. Non abbiate paura, seguitelo.

Lei vi aiuterà, vi guiderà, vi amerà, affinché voi come sacerdoti possiate rendere la presenza di Gesù sempre più reale nel mondo di oggi.

Mettete la vostra mano in quella di Maria e chiedetele di condurvi a Gesù. Quando Gesù è venuto nella sua vita, lei si è affrettata a portarlo agli altri. 
Voi, suoi sacerdoti, affrettatevi con lei a portare Gesù agli altri. Ma ricordatevi: non potete dare ciò che non avete. Per poter donare, avete bisogno di vivere l'unione con Cristo, e lui è li, nel tabernacolo dove lo avete posto. Fate il proposito, appena iniziate la giornata, di fare di Gesù il centro della vostra vita. Durante il giorno imparate a fare del vostro lavoro una preghiera: lavoro con Gesù, lavoro per Gesù. State sempre vicini a Maria.

Chiedetele di donarvi il suo cuore così bello, cosi puro, così immacolato, il suo cuore tanto pieno di amore e di umiltà, affinché possiate ricevere Gesù e donarlo agli altri nel Pane della Vita. Amate Gesù come lei lo ha amato e servitelo nei dolorosi panni dei poveri, perché leggiamo nella Bibbia che uno dei segni che Gesù era il salvatore atteso era che il vangelo veniva predicato ai poveri.


AVE AVE AVE MARIA!

Sua Santità Giovanni Paolo II. Breve Biografia

 
Sua Santità Giovanni Paolo II
Breve Biografia
[Aggiornamento: 30.06.2005]


Karol Józef Wojtyła, divenuto Giovanni Paolo II con la sua elezione alla Sede Apostolica il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Kraków (Polonia), il 18 maggio 1920. Era l’ultimo dei tre figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. La sorella, Olga, era morta prima che lui nascesse.

Fu battezzato il 20 giugno 1920 nella Chiesa parrocchiale di Wadowice dal sacerdote Franciszek Zak; a 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università Jagellónica di Cracovia.

Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania.

A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch’esso clandestino.

Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale avvenuta a Cracovia il 1̊ novembre 1946, per le mani dell’Arcivescovo Sapieha.

Successivamente fu inviato a Roma, dove , sotto la guida del domenicano francese P. Garrigou-Lagrange, conseguì nel 1948 il dottorato in teologia, con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce (Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce). In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda.

Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università cattolica di Lublino la tesi: "Valutazione della possibilità di fondare un'etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler". Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.

Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak.

Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Papa Paolo VI, che lo creò e pubblicò Cardinale nel Concistoro del 26 giugno 1967, del Titolo di S. Cesareo in Palatio, Diaconia elevata pro illa vice a Titolo Presbiterale.

Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-1965) con un contributo importante nell’elaborazione della costituzione Gaudium et spes. Il Cardinale Wojtyła prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi anteriori al suo Pontificato.

I Cardinali, riuniti in Conclave, lo elessero Papa il 16 ottobre 1978. Prese il nome di Giovanni Paolo II e il 22 ottobre iniziò solennemente il ministero Petrino, quale 263° successore dell’Apostolo. Il suo pontificato è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa ed è durato quasi 27 anni.

Giovanni Paolo II ha esercitato il suo ministero con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e dalla carità aperta all’umanità intera. I suoi viaggi apostolici nel mondo sono stati 104. In Italia ha compiuto 146 visite pastorali. Come Vescovo di Roma, ha visitato 317 parrocchie (su un totale di 333).

Più di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle Nazioni: alle Udienze Generali del mercoledì (1166 nel corso del Pontificato) hanno partecipato più di 17 milioni e 600 mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose [più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000], nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.

Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare, nel 1985, le Giornate Mondiali della Gioventù. Le 19 edizioni della GMG che si sono tenute nel corso del suo Pontificato hanno visto riuniti milioni di giovani in varie parti del mondo. Allo stesso modo la sua attenzione per la famiglia si è espressa con gli Incontri mondiali delle Famiglie da lui iniziati a partire dal 1994.

Giovanni Paolo II ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentati delle altre religioni, convocandoli in diversi Incontri di Preghiera per la Pace, specialmente in Assisi.

Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il Grande Giubileo del 2000, secondo le linee indicate con la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente. Essa poi si è affacciata al nuovo evo, ricevendone indicazioni nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nella quale si mostrava ai fedeli il cammino del tempo futuro.

Con l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia, Giovanni Paolo II ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa.

Ha dato un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo: ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione - nelle quali ha proclamato 1338 beati - e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha proclamato Dottore della Chiesa santa Teresa di Gesù Bambino.

Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali, creandone 231 in 9 Concistori (più 1 in pectore, che però non è stato pubblicato prima della sua morte). Ha convocato anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio.

Ha presieduto 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990; 1994 e 2001), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 [2] e 1999).

Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Lettere encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche.

Ha promulgato il Catechismo della Chiesa cattolica, alla luce della Tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha riformato i Codici di diritto Canonico Occidentale e Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana.

A Papa Giovanni Paolo II, come privato Dottore, si ascrivono anche 5 libri: “Varcare la soglia della speranza” (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (novembre 1996); “Trittico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); “Alzatevi, andiamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005).

Giovanni Paolo II è morto in Vaticano il 2 aprile 2005, alle ore 21.37, mentre volgeva al termine il sabato e si era già entrati nel giorno del Signore, Ottava di Pasqua e Domenica della Divina Misericordia.

Da quella sera e fino all’8 aprile, quando hanno avuto luogo le Esequie del defunto Pontefice, più di tre milioni di pellegrini sono confluiti a Roma per rendere omaggio alla salma del Papa, attendendo in fila anche fino a 24 ore per poter accedere alla Basilica di San Pietro.

Il 28 aprile successivo, il Santo Padre Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte, per l’inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. La Causa è stata aperta ufficialmente il 28 giugno 2005 dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la diocesi di Roma.


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Verità e bontà della coniugalità




Carlo Card. Caffarra - Arcivescovo di Bologna

Lectio Magistralis Verità e bontà

 della coniugalità nell'ambito 

dell'incontro 

La Famiglia grembo 

dell'io


al Teatro Auditorium Manzoni - 12 settembre 2013


Vorrei intrattenermi con voi su una questione che spero il corso della riflessione dimostrerà essere una questione importante.


            Sullo sfondo del nostro discorso dimora una domanda alla quale non risponderò direttamente, ma che ci accompagnerà. La domanda è la seguente: il matrimonio è una realtà a totale disposizione degli uomini oppure ha in sé uno "zoccolo duro" indisponibile? Poiché sappiamo, senza essere studiosi di logica, che la definizione e.g. di A è la risposta alla domanda "che cosa è A?", potremmo riformulare la domanda di fondo  nel modo seguente: la definizione del matrimonio  - ciò che il matrimonio è - è esclusivamente dipendente dal consenso sociale? E' il consenso sociale che decide che cosa è il matrimonio?



            Se io ora comincio a parlarvi della verità della coniugalità, lo posso fare in quanto penso che la definizione del matrimonio, la sua intima natura, non è esclusivamente frutto del consenso sociale. Non avrebbe altrimenti senso tutta la riflessione che stiamo facendo. Alla domanda "che cosa è la coniugalità?" tutto si risolverebbe, alla fine, nel rispondere: ciò che il consenso sociale decide che sia.
           
1.         La verità della coniugalità


            Partiamo pure dal fatto attuale: è stata introdotta in molti ordinamenti statuali il riconoscimento di una "coniugalità omosessuale". Cioè: la differenziazione sessuale è irrilevante in ordine alla definizione della coniugalità. I coniugi che stabiliscono il patto coniugale possono essere anche dello stesso sesso.
            Nello stesso tempo, tuttavia, l'amicizia coniugale è pur sempre un'affezione che ha una dimensione sessuale. E' questo che distingue l'amicizia coniugale da ogni altra forma di amicizia.



            Oggettivamente – cioè: lo si pensi o non lo si pensi; lo si voglia o non lo si voglia – la definizione di coniugalità, implicata nel riconoscimento della coppia omosessuale, sconnette totalmente la medesima coniugalità dall'origine della persona umana. La coniugalità omosessuale è incapace di porre le condizioni del sorgere di una nuova vita umana. Pertanto delle due l'una: o non possiamo pensare la coniugalità nelle forma omosessuale o l'origine di nuove persone umane non ha nulla a che fare colla coniugalità.



            Proviamo a riflettere su questa sconnessione. 

Essa sembra contraddetta dal fatto che gli stessi ordinamenti giuridici che hanno riconosciuto la coniugalità omosessuale, hanno riconosciuto alla medesima il diritto all'adozione o al ricorso alla procreazione artificiale. Pertanto delle due l'una. O questo diritto riconosciuto fa sì che ciò che è stato cacciato dalla porta, entri dalla finestra. Cioè: esiste una percezione indistruttibile, un'evidenza del legame procreazione-coniugalità. Oppure è ritenuto eticamente neutrale il modo con cui la nuova persona umana viene introdotta nella vita. E' cioè indifferente che essa sia generata o prodotta.


            Fermiamoci un momento, per riflettere sul cammino fatto. La nostra riflessione ha fatto il seguente percorso. Mentre fino a pochi anni orsono, il termine "coniugalità" era univoco, aveva solo un significato, e veicolava la rappresentazione di una sola realtà, l'affezione sessuale fra uomo e donna, oggi il termine è diventato ambiguo, perché può significare anche una coniugalità omosessuale. Da questa ambiguità deriva una totale ed oggettiva sconnessione dell'inizio di una nuova vita umana dalla coniugalità. Questo è il percorso fatto dunque finora: (a) il termine coniugalità è stato reso ambiguo; (b) l'origine di una nuova persona umana è stata sconnessa dalla coniugalità. Riflettiamo ora un momento su questa sconnessione.



            Essa è un vero e proprio sisma nelle categorie della genealogia della persona. E' una cosa molto seria. Sono costretto dal tempo ad essere breve.
            Scompare la categoria della paternità-maternità, sostituita dalla generica categoria della genitorialità. Scompare la dimensione biologica come elemento [non unico!] costitutivo della genealogia, mentre la genealogia della persona è inscritta nella biologia della persona. Il concepimento – l'evento che ti costituisce in relazione ontologica con padre e madre – può essere un fatto puramente artificiale. La categoria della generazione diventa opzionale nel "racconto della genealogia".
            Che ne è allora della persona umana che entra nel mondo? E' una persona intimamente sola, perché privata delle relazioni che la fanno essere.
           
            L'avere percorso il cammino che molte società occidentali stanno percorrendo, ci conduce ad una conclusione. La seguente: ritenere che la coniugalità sia un termine vuoto di senso, al quale il consenso sociale può dare il significato che decide, è la devastazione del tessuto fondamentale del sociale umano: la genealogia della persona.
            E' in questo contesto culturale che dobbiamo interrogarci sulla vera natura della coniugalità; scoprire la verità della coniugalità.
            La mascolinità e la femminilità sono diversificazioni espressive della persona umana. Non è che esista una persona umana che ha un sesso maschile o femminile, ma esiste una persona umana che èuomo o donna.
            Non possiamo dimenticare neppure per un momento che il corpo non è semplicemente qualcosa di posseduto, un possesso della persona. La persona umana è il suo corpo: è una persona-corpo. Ed il corpo è la persona: è un corpo-persona.



            La femminilità/mascolinità non sono meri dati biologici. Esse configurano il volto della persona; ne sono la "forma". La persona è "formata", edificata femminilmente o mascolinamente.
            Perché esistono due "forme" di umanità, la forma maschile e la forma femminile? La S. Scrittura, che trova per altro conferma nella nostra esperienza più profonda, risponde nel modo seguente: perché ciascuno dei due possa uscire dalla sua "solitudine originaria", e realizzarsi nella comunione con l'altro [cfr. Gen 2].
            Essendo radicati nella stessa umanità, uomo e donna sono capaci al contempo di costituire una comunione di persone e di trovare in questa comunione la pienezza di sé stessi in quanto persone umane.



            Questa capacità, caratteristica dell'uomo in quanto persona, la capacità del dono di sé, ha una dimensione spirituale e corporea assieme. E' anche attraverso il corpo che l'uomo e la donna sono predisposti a formare quella comunione di persone, nella quale consiste la coniugalità. E' il corpo maschile/femminile il linguaggio non solo espressivo, ma  anche performativo della coniugalità.



            Nella coniugalità così intesa è radicata, inscritta la paternità e la maternità. E' solo nel contesto della coniugalità che la nuova persona umana può essere introdotta nell'universo dell'essere in modo adeguato alla sua dignità. Non è prodotta, ma generata. E' attesa come dono, non esigita come un diritto.
            Prima di terminare la nostra riflessione sulla verità della coniugalità, vorrei sottoporre alla vostra attenzione tre conclusioni. Esse meriterebbero di essere lungamente riflettute. Le enuncio solamente.



            La prima. Solo una tale visione della coniugalità rispetta tutta la realtà della nostra umanità; essa cioè ci introduce in una vera antropologia adeguata. Non riduce il corpo ad una realtà priva senso, che non sia quello liberamente attribuitogli dal singolo. Ma vede la persona umana come persona-corpo ed il corpo come corpo-persona, e quindi come persona-uomo e come persona-donna.



            La seconda. Una tale visione della coniugalità afferma al contempo la più alta autonomia dell'Io nel dono di sé, e l'intrinseca relazione al "diverso", nel senso più profondo del termine. La "coniugalità" [si fa per dire] omosessuale in fondo trasmette oggettivamente questo messaggio: "di metà dell'umanità non so che farne; in ordine alla più intima realizzazione di me stesso è superflua".



            La terza. Una tale visione della coniugalità radica la socialità umana nella natura stessa della persona umana: prima societas in coniugo. Prima, non in senso cronologico, ma ontologico ed assiologico. Ed impedisce la riduzione del sociale umano al contratto.





2.         Il bene della coniugalità


            Visto che cosa è la coniugalità, ora ci chiediamo quale è il suo valore, la sua propria e specifica preziosità. In una parola: la sua bontà
            Prima di addentrarci nella seconda parte della nostra riflessione, devo fare una premessa assai importante. Esiste una verità sul bene della persona, che è condivisibile da ogni persona ragionevole. Che sa cosa significa "verità sul bene"? Non significa in primo luogo ciò che devi/non devi fare. E' la percezione del valore proprio di una realtà [nel nostro caso la coniugalità].



            Faccio un esempio. Vedendo la Pietà di Michelangelo, noi "vediamo" una bellezza sublime, la quale fa sì che quel pezzo di marmo sia unico: ha in sé un suo proprio valore. In questo caso: un valore estetico.
            Alla domanda che cosa è il bene/che cosa è il male, la risposta non è semplicisticamente: ciò che ciascuno pensa sia bene/sia male, senza possibilità di una condivisione ragionevole di una stessa risposta da parte di più persone. Esiste invece una verità sul bene, che può essere scoperta e condivisa da ogni persona ragionevole. Noi ci chiediamo quale è il valore proprio della coniugalità, la sua preziosità specifica, la sua bellezza inconfondibile. Il bene che è la coniugalità ha due aspetti fondamentali.



            Il primo. La coniugalità è una communio personarum (una comunione di persone). La bontà propria della coniugalità è una bontà comunionale. Vorrei ora farvi notare alcune dimensioni.



            (a) Una tale relazione può darsi solo tra persone, e la base è la percezione della bontà, della preziosità propria della persona. I coniugi sono l'uno per l'altro persone.



            (b) La comunione di persone che costituisce il bene della coniugalità non è basata su emozioni, su mera attrazione psico-fisica: di legami basati su questi fatti sono capaci anche gli animali. Solo le persone sono capaci della seguente promessa: «prometto di esserti fedele sempre, … tutti i giorni della mia vita». Solo le persone sono capaci di vivere in comunione, perché sono capaci di scegliersi in modo libero e consapevole.



            (c) Solo la persona è capace di fare dono di se stessa e solo la persona è capace di accogliere il dono. La persona – e solo la persona – è capace di autodonazione, perché è capace di auto-possesso, in forza della sua libertà. E' evidente che non puoi donare ciò che non possiedi, e la persona può possedere se stessa in forza della sua libertà. Ma la persona può anche rinunciare alla sua libertà, e mantenersi al livello di chi ultimamente si lascia condurre o dal mainstream sociale o dalle proprie pulsioni. La coniugalità è particolarmente esposta a questa insidia.



            (d) La comunione di persone coniugale – autodonazione ed accoglienza reciproca – scende fino all'intimità della persona: al proprio Io. E' la persona come tale che viene donata/accolta. Si ha qui forse il mistero più profondo della coniugalità. Voi sapete bene che la S. Scrittura indica il rapporto sessuale uomo-donna col verbo "conoscere". Si vive una rivelazione di uno all'altro nella loro intima identità.



            E' in questo evento che può introdursi una sorta di indolenza, di pigrizia spirituale che impedisce ai coniugi di compiere quell'atto che può nascere solo dal loro centro spirituale e libero. A questo punto la comunione della persona si intorpidisce.
            Il secondo aspetto della preziosità etica che è propria della coniugalità, è la capacità intrinseca ad essa di dare origine ad una nuova persona umana.
            La possibilità di dare inizio alla vita di una nuova persona è inscritta nella natura stessa della coniugalità. E' questa, nell'universo creato, la più alta capacità e responsabilità che l'uomo e la donna hanno. E' uno dei "punti" dove l'azione creatrice di Dio entra nel nostro universo creato. Il tempo a disposizione non mi consente di prolungare la riflessione su questo tema sublime.


Conclusione


            Due semplici riflessioni conclusive. La prima. Avete notato che mi sono ben guardato dall'usare la parola amore. Come mai? Perché è avvenuto come… uno scippo. Una delle parole chiavi della proposta cristiana, appunto amore, è stata presa dalla cultura moderna ed è diventata un termine vuoto, una specie di recipiente dove ciascuno vi mette ciò che sente. La verità dell'amore è oggi difficilmente condivisibile. «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. E' il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità» [Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate 3].
            La seconda. I testimoni della verità della coniugalità avranno vita difficile, come non raramente accade ai testimoni della verità. Ma questo è il più urgente compito dell'educatore.


           + Carlo Caffarra




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