lunedì 8 settembre 2014

Massaja 3


Arrivato il giorno determinato la mattina verso le otto venne il Signor Costa e ci portò tutti dal governatore, il quale chiamò il Reïs (capitano) della barca e fece la consegna delle nostre persone e di tutto [p. 61] il bagaglio, fatta quindi innalberare la bandiera egiziana, e poscia accanto la francese ci congedò. noi però siamo ritornati un momento in casa per fare un poco di pranzo, mentre gli uomini della barca anche loro recaronsi alle loro case per congedarsi dalle loro famiglie[;] circa le dieci [di] mattina già eravamo tutti in barca, e levata l’ancora salutammo gli amici e la città di Suez. i primi timori... arrivo alla fontana di MosèCome noi non eravamo ancora accostumati a simili barche, appena perduta la vista di Suez e siamo entrati al largo le unde facendosi un poco più vive alcuni di noi tremava[no] a certi colpi di vento, benché ordinarii ed i marinari ridevano dicendo forze in cuor loro[:] vedrete di meglio. Per fortuna Iddio fù provido per noi e pensò ad accostumarci poco per volta, motivo per cui ci diede una bella giornata, e potemmo con sufficiente tranquillità filosofare e discorrere sul passaggio di Mosè [avvenuto] poco presso in quel medesimo luogo supponendo sotto i nostri piedi la carcassa di Faraone [sotto i nostri piedi sepolta] con tutta la sua superba armata sepolta ed impietrita. Abbiamo camminato sino verso le 5. ore di sera e siamo andati ad ancorare nelle vicinanze della fontana di Mosè, dove abbiamo passata [p. 62] la notte. arrivo a Tor
[25.9.1846],
fermata di un giorno;
L’indomani appena abbiamo avuto tempo per prendere un poco di caffè e già si tirava l’ancora, e si spiegava la vela. Tutta la giornata e stata di [navigazione] con un piccolo venticello di terra tanto che bastava per camminare lentamente, e camminando sino a sera dopo le cinque abbiamo gettato l’ancora in un piccolo porto del villaggio chiamato Tor, abitato tutto da greci scismatici soggetti al monte Sinai il quale si trovava in vista, lontano da quanto dicevano circa tre ore di viaggio. Il capitano inclinava a passare la giornata dell’indomani/36/ in Tor per farvi alcune provviste di capre, ova e galline, perché non si sarebbe più trovato altro villaggio sino a Jambo, epperciò abbiamo acconsentito con molto piacere.

L’indomani abbiamo deciso di passare la giornata nel villaggio per passeggiare un poco: Fr: Pasquale doveva portare qualche provvista per fare un poco di pranzo nel villaggio; epperciò, appena preso il caffè siamo discesi, ed arrivati al villaggio, per mettere di buon’umore i nostri barcajuoli abbiamo dato loro qualche piastra per comprarsi un capretto. Così essi di buon’umore hanno fatto il giro del villaggio per comprarsi latte di capra, galline, ova, e formagetti freschi del paese. la guerra dei due preti per causa di moglie.Le notizie del paese dicevano che i due preti del paese avevano fatto questio[ni] frà [di] loro per causa delle loro mogli, le quali avevano fatto baruffa e portata la guerra nella quale vi furono feriti. discesa del procuratore del Sinai, amicizia con lui, e progetto di viaggio al Sinai.Per questa ragione era disceso il Procuratore del famoso monastero del monte Sinai, il quale è [p. 63] considerato cola non solo come ordinario ecclesiastico, ma ancora come plenipotenziario civile. Sarebbe stata per noi una bellissima circostanza per fare una passeggiata al Monte Sinai, per la quale i missionarii non sarebbero stati contrarii, ma tutto considerato, cioè il ritardo del viaggio nostro di tre o quattro giorni ad minus, la spesa che non sarebbe stata indifferente, calcolato il regalo di uso da farsi al monastero, ed altri inconvenienti di minor rilievo, fatto consiglio cogli stessi missionarii si risolvette quasi a pieni voti per la negativa. Io me ne sono rimasto in conversazione col monaco, il quale parlava un’italiano sufficiente da farsi comprendere, mentre i missionarii facevano alcune escursioni sopra quelle aride colline, e Fr: Pasquale preparava il pranzo. Essendo venuto a farci visita il procuratore del monastero l’abbiamo invitato a pranzo, ed acettò con piacere, e diede ordine anche lui per farci preparare qualche cosa: la cucina fu fatta nella casa stessa del Procuratore, dove si recò Pr: Pasquale colle sue piccole provisioni recate dalla barca, e così il pranzo ebbe luogo colà, dove la Chiesa greca e la latina passarono qualche ora in buona armonia fino a tanto che la conversazione si tenne sopra cose mondane e puramente materiali, ma quando il Reverendo greco ebbe gustato qualche bicchiere di vino e qualche chiccara di aquavite, ed ho cercato destramente di toccare certe corde che interessavano troppo la macchina nel più vivo, [p. 64]avendo veduto che incomminciava a tirare [dei] calci, per non guastare la fritata senza aver il tempo materiale di aggiustarla con qualche utilità ho giudicato meglio di conservare le ova per miglior occasione. visita della chiesa di Tor,Dopo il pranzo abbiamo visitato la Chiesa, ancor più miserabile di quella di Suez, ma non abbiamo cercato di visitare il San[c]ta San[c]torum, e sortiti siamo andati a vedere la fontana, dove il villagio prende l’aqua /37/ [prende l’aqua] dolce per gli usi di casa, e dove fanno bere le loro capre. Le barche arabe che venivano da Suez, dove l’aqua dolce era molto cara prima che ci fosse il canale, partivano da Suez con pochissima aqua e venivano a Tor per fare la loro provvista, così ho veduto che facevano i nostri barcajvuoli. ed il supposto luogo del cantemus domino; esaggerazioni dei ciceroni greci.Questi greci di Tor credono che Mosè abbia passato il mare rosso a Tor, e credono che anche quella sia una fonte ottenuta da Mosè miracolosamente, ed alcuni fanno vedete il luogo dove egli compose ilcantemus Domino, ma stando alla comune [ubicazione] del luogo dove entrò il popolo ebbreo secondo i segnali della Scrittura, Mosè avrebbe triplicato il viaggio colla diagonale che avrebbe fatto. Sarei stato molto curioso di discorrere sulla storia del Sinai, ma, parte perché la sua lingua italiana era insufficiente, e parte anche vedendo la gran facilità di esaggerare, incapace poi di distinguere il reale dal fattizio ho giudicato meglio [di] lasciare a parte l’impegno; questi greci in Oriente sono quelli che hanno guastato ed avvilito tutte le tradizioni dei luoghi santi; più tardi poi mi sono convinto [p. 65] the i ciceroni greci dei luoghi santi sono quelli che hanno riempito l’Abissinia di ridicole tradizioni sui medesimi. partenza da Tor, passaggio del golfo dell’arabia petrea, arrivo a Jambo in sei giorniPassata intanto la giornata verso sera siamo entrati sulla barca per partire la mattina seguente sul fare del giorno. Abbiamo camminato tutto il giorno costeggiando sempre il litorale asiatico, e non è che verso sera che abbiamo perduto di vista il monte Sinai, a misura che si avvicinava l’imboccatura del golfo dell’Arabia petrea. Abbiamo camminato tutta la notte e la mattina seguente eravamo ancora avanti l’imboccatura suddetta con un’agitazione di mare non indifferente. Non avendo più le date non posso dire il certo, ma credo che eravamo il giorno della Croce 14. Settembre, perché mi ricordo che abbiamo fatto un poco di festa sotto questo [giorno] in quel luogo. Avendo perduto tutte le memorie, non posso dirlo certo, ma credo che abbiamo ancorato due notti, e da Tor abbiamo [abbiamo] camminato sei giorni e quattro notti per arrivare a Jambo sopra il quale passa il tropico, e dopo il quale si entra nella zona torrida. In Jambo siamo rimasti fermi due giorni per fare provviste di aqua e di altro. Nei due giorni siamo discesi, ma con poca soddisfazione, perché il paese, già fanatico e pieno di pellegrini fanatici era meglio usar prudenza. Una sera vicino a noi si trovava ancorata una barca piena di pellegrini algerini, molti dei quali io aveva conosciuto in Alessandria ed in Cairo andando al Consolato[p. 66] perché questi benedetti algerini di recente conquistati dalla Francia, questa per accaparrarseli dava il passaggio gratis a tutti i pellegrini che andavano alla Meca sopra tutti i vapori del governo andando e venendo; non contento di questo in Alessan[dria], in Cairo, in Suez, ed in Gedda i Consoli avevano delle somme disponi- /38/ bi[li] per soccorsi straordinarii agli Algerini di passaggio. questioni con i pellegrini algerini.
ci obbligarono ad abbassare la bandiera francese
[1.10.1846]
Con tutto questo questi algerini incomminciarono già in Suez a lanciarci qualche parola di poco rispetto, e quella sera essendo vicini a noi non la finivano più; vedendo così ho creduto [di] fare una cosa prudenziale ordinando che si mettesse la bandiera francese. L’avessi mai fatto! perché si alzarono tutti, e con minacie ci obligarono ad abbassarla; il capitano della barca vedendo queste teste esaltate, per assicurarsi nella notte che non arrivasse qualche cosa di sinistro prese il partito di allontanare la barca; non vi è che il timore che avvilisce ed abbatte il mussulmano, le generosità e le cortesie lo fanno più insolente; così in proporzione sono gli abissinesi, e generalmente tutti i popoli che non hanno gustato il Vangelo e temperata la loro natura collo spirito del medesimo. Questa è la ragione che i nostri così detti fratelli popoli dell’istessa Europa, a misura che progrediscono e civilizzano allontanandosi da Cristo diventano ancor più barbari degli stessi mussulmani; ancora temono le masse cattoliche, ma pure incomminciano a dare dei saggi di una barbarie che non si trova altrove; con questa gente non c’è che il bastone che gli avvilisca, e fino a tanto che le masse sono ancora [p. 67] di Cristo resta a vedere se sia più giusto consigliare la pazienza, oppure un’azione energica; tanto più quando un gruppo di mascalzoni con bugie e con patenti ipocrisie si sono impadroniti del governo ed a nome del popolo dopo aver caciato i legittimi governi vogliono ancora caciare Cristo per fare vero macello dei popoli. Del fatto suddetto io ho fatto una fedele relazione al governo francese, ma nulla ha fatto, e ciò in tempo di monarchia.

Dopo due giorni passati in Jambo la mattina del terzo giorno prima del giorno abbiamo levato l’ancora e spiegata la vela; so che abbiamo messo sette giorni per arrivare al porto di Rabbo; in questi sette giorni abbiamo riposato la notte due o tre volte in qualche ancoraggio isolato nell’littorale dell’Arabia Petrea che abbiamo sempre seguito fedelmente, ma non avendo oggi le mie memorie non posso dire il nome di detti luoghi. tropico, passaggio alla zona torrida.
minaccia di naufragio; nostri timori
[30.9.1846-1.10.1846]
Lasciando Jambo sotto il tropico abbiamo avuto una forte agitazione del mare; una notte camminando la barca tutto all’improvviso fece un gran colpo in modo che ci spaventò, e tanto che temendo, ci siamo confessati tutti a vicenda; come era oscuro non si poteva vedere cosa fosse; i marinari [si] calarono nell’aqua e con grandi sforzi la tirarono fuori. La povera barca era entrata sopra un banco coperto di circa un metro di aqua, ed ogni momento alzata da un’ [p. 68] undata, passata questa abbassandosi batteva sul banco di corallo e faceva un colpo che ci spaventava: fortunatamente la barca non essendo molto /39/ carica i colpi erano tali da poter resistere senza rompersi; appena sortito dal banco col lume la visitarono, e non facendo aqua fummo tranquilli, e continuammo il nostro viaggio con un vento in poppa che si camminava quasi come [su] un vapore. arrivo a Rabbo dopo Jambo nel settimo giorno
[5.10.1846].
La mattina del settimo giorno dalla partenza da Jambo verso le dieci siamo entrati nel porto di Rabbo.


visita del Comandante.Rabbo è il porto di Medina, dove Maometto, cacciato dalla Meca sua patria, si refugiò, e dove incomminciò il suo regno; quindi dopo aver regnato in Meca molti anni verso il suo fine volle ritirarsi in Medina, e colà essendo morto avvi colà il suo sepolcro, motivo per cui dopo Meca, dove esiste il gran tempio di Kàba (1a) Medina è il secondo santuario dei mussulmani. Rabbo porto di Medina, paese fanatico; conversazione col comandante albanese.Rabbo è luntano una buona giornata da Medina, ed il commercio di quest’ultima per tutte le asportazioni ed importazioni si fanno per Rabbo, città forte con un governatore, ed una dogana. Come il paese è molto fanatico mussulmano, già eravamo avvertiti in Suez che non potevamo sbarcare senza esporsi a pericolo. Però venne a trovarci il Governatore stesso, uomo di circa 60. anni, un’albanese, il quale ha fatto il soldato più di 30. anni fedelmente ed era arrivato sino al grado[p. 69] di Capitano, ma di quelli che non avendo fatto studii sufficienti non avrebbe potuto sperare un grado superiore nell’armata attiva, ha ottenuto in premio un governo di una posizione forte di secondo ordine. Come era nativo di un paese misto di cristiani e di mussulmani non era un fanatico seguace di Maometto, anzi aveva una simpatia per i cristiani, e se non erro, aveva anche dei parenti cristiani; sgraziatamente non poteva esternare questa sua simpatia per i cristiani ed anche per gli europei, perché [abitava] in un paese fanatico mussulmano, dove sarebbe certamente stato accusato come cristiano. Avendo inteso che erano venuti europei, era venuto egli a trovarci per impedire la nostra discesa, e si presentò anzi con regali, perché conosceva benissimo che noi avevamo del vino e del[l’]aquavite sperando di bere, cosa che non avrebbe potuto fare in Rabbo, dove il vino e tutti gli spiriti non possono entrare sotto gran pena. Parlava l’arabo, il turco, e suffi- /40/ cientemente l’italiano; epperciò potevamo conferire insieme senza pericolo di essere compresi. Noi eravamo fortunati di aver trovato una persona di quel carattere in un paese, dove non potevamo sperare di parlare liberamente, ed il desiderio [p. 70] che avevamo d’informarsi degli usi di quei paesi impenetrabili per noi, ci rendeva la conversazione sua molto cara. Eravamo fissi di passare solamente un giorno in Rabbo, ma egli tanto fece che restammo due giorni. Io aveva scritto molti detagli sulla Mecca e sopra Medina, ma restarono perduti con molti altri documenti. Nei due giorni che passammo colà veniva sempre il pranzo fatto da casa sua, ed egli ha mangiato anche qualche volta con noi. carattere e sentenze di questo comandante;Questo uomo è stato caratterizzato da noi per un vero incredulo mussulmano, e nel suo cuore forze più cristiano che mussulmano, perché diceva certe sentenze da crederlo tale: quando beveva era solito dire[:] turco fino mangiar porco e bever vino; quando si parlava di Maometto diceva: i Santi Cristiani o hanno una sola moglie oppure nessuna, ma il nostro Profeta ne aveva 14 e tutte rubate, anzi le mogli degli altri erano tutte sue. Potrei rapportare qui molte altre confessioni sortite dalla bocca di questo uomo, le quali potrebbero anche essere utili per far conoscere cosa è l’islamismo, eresia che ha perduto e perde ancora tante anime, eresia che presenta l’estrema libertà alle passioni del[l’]uomo, unita ad un’estremo dispotismo monarchico, ma sarei troppo lungo e sortirei dal mio scopo.

p[a]rtenza da Rabbo. arrivo a Gedda, Capitale del mare rosso, e porto del pellegrinaggio;
ricevuti dal cancelliere Serkis
[8.10.1846]
Passati due giorni in Rabbo la mattima del terzo giorno siamo partiti di là e la mattina del terzo giorno poco dopo [p. 71] la levata del sole già eravamo avanti [a] Gedda, città la più grande di tutta la costa asiatica del mare rosso, città importante sia come capitale e sede del governo di tutta l’Arabia, situata sui confini dell’Arabia petrea, e dell’Arabia felice; importante ancora come emporio di tutto il commercio del mare rosso; importante poi sopratutto come porta d’ingresso e di sortita del tanto famoso pellegrinagio dei mussulmani. Gedda veduta dal mare è bellissima per le sue case, benché mal fabricate, sono però tutte bianche epperciò visibilissime, e bella ancor più per i suoi alti minaretti (1b) e Moschee (2a). Appena ancorati nel porto, come allora non si parlava /41/ ancora di quarantina in tutto il mare rosso abbiamo spedito subito un biglietto al Console, perché noi non abbiamo osato sbarcare senza di lui. Il Console Flesnel non essendovi venne subito il suo canceliere Signor Serkis armeno cattolico con una barca per noi, ed un’altra per il bagaglio.

Così abbiamo avuto tutta la commodità di sbarcare senza altro pensiere, restando Fr: Pasquale a custodire il bagaglio nello sbarco e trasporto alla dogana e sino alla casa del suddetto Cancelliere Serkis, dove noi siamo entrati, accompagnati da lui. Come il nostro contratto colla barca era solamente per Gedda fu di natura sua congedata restando a noi l’impegno di cercar[ne] un’altra[p. 72] barca direttamente per Massawah, in quel tempo, via, quasi unica per l’Abissinia.


Il cangiamento della barca ci ha necessitati a restare in Gedda quasi due intiere settimane. Messa a cui intervennero anche i scismatici ed eretici; battesimo di molti bimbi eterodossiCome in Gedda arriva raramente un Prete all’arrivo di qualche Prete si dice la Messa in casa del Console Francese, alla quale in quel tempo intervenivano tutti i cristiani, anche scismatici ed eretici; i cristiani colà sotto la pressione dell’islamismo, si trovano come obligati a restare uniti. Si trovavano in Geddà da cinque a sei famiglie di Greci Scismatici, i quali avevano da cinque a sei pargoletti dei due sessi non ancora battezzati, (1c) pregato dai parenti ho dovuto battezzarli sulla promessa di educarli nel cattolicismo, benché si sappia che poi queste promesse non sono osservate. Come già dissi, mancando il Console Signor Flesnel scrittore orientalista e Console di Gedda, ne faceva le veci il suo Cancelliere Serkis armeno Cattolico, e noi eravamo in casa sua lautamente trattati. storia dolorosa della moglie di Serkis.Questi, venuto da giovane in Gedda come negoziante, ed avendo fatto una più che mediocre fortuna, volendo maritarsi, e non trovando una giovane in paese si era risoluto di comprarsi una /42/ schiava Galla, ed istruitala la fece battezzare da un prete di passaggio, e sposatala gli diede un figlio, che al nostro arrivo aveva già circa otto anni. La moglie, benché trattata in quella casa come una regina, pure mancando [di] una coltura religiosa, e per altra parte continuamente tentata da altre compagne Galla che si trovavano in paese, divenute mussulmane, non era [p. 73] contenta del suo stato: sentendo che noi eravamo destinati per i paesi Galla, avrebbe voluto ritornare ai suoi paesi, cosa impossibile, ma mi accorsi che ciò non era una realtà, ma che di sotto vi era qualche altra cosa. Tre anni dopo seppi che fù rapita dal Pascià Governatore, cosa che sollevò una questione diplomatica colla Sublime Porta; costò a quel Pascià la perdita della sua posizione. Il Signor Serkis fù tanto afflitto che nell’anno morì in Cairo, e dopo di lui morì anche il suo figlio. Ho veduto alcuni altri di questi matrimonii di europei fatti con schiavi [che] senza una precedente solida educazione raramente riescono. In Gedda si fa il commercio del balzamo, ed io avendone bisogno pel mio ministero ho incaricato Serkis di cercarmene, e di farmi venire un branco con foglie, e di farmelo aggiustare in un vaso. Così fece[;] ho comprato quattro oncie di balzamo, e mi portarono un branco dell’arbusto da cui lo cavano, e chiusolo in un vaso di vettro ermeticamente, ho voluto portarlo con me pel confronto in caso di trovarlo in Abissinia.

partenza da Gedda
[15.10.1846]
arrivo a Confuda
[20.10.1846]
ultimo porto del continente asiatico;
Intanto, dopo aver fatto un poco di apostolato in Gedda, forze senza frutto, dopo dodeci giorni, sopra un’altra barca noleggiata per noi siamo partiti per Massawah verso la metà di Ottobre. Colla partenza da Gedda abbiamo proseguito due giorni la costa asiatica [p. 74] dell’Arabia Felice sino a Confuda porto e città secondaria, dove il nostro Capitano della barca si era riservato di approdare e fermarsi un giorno per qualche suo affare particolare.

partenza per il continente africano
[22.10.1846];
arrivo a Dalac.
Rimasti a Confuda un giorno siamo partiti per Massawah camminando all’ovest per attraversare il mare rosso e portarci verso il littorale affricano. Dopo due giorni di alto mare siamo arrivati al piccolo arcipelago di Dalac, un gruppo di isolette abitate da una popolazione di circa 300. anime al più, le quali vivono di pascoli, e di piccolo commercio con Massawah. Qui si trova la pesca delle perle. I Veneziani avevano qui uno stabilimento per la pesca delle perle, ed ancora vi sono le cisterne fatte da essi; dopo di loro si sono stabiliti i Bagnani che la fanno con utile, perché ne conoscono il modo; sono venuti più volte europei, ma hanno fatto fiasco, perché non hanno saputo il modo di maneggiare gli indigeni conoscitori, oppure perché sono stati soppiantati dai Bagnani; mancomale si trova colle perle anche la madre perla di ottima qualità.

(1aKaba, luogo santo musulmano, è il punto, verso il quale tutti i musulmani del mondo, nelle loro preghiere, devono diriggersi, e verso il quale devono fare le loro adorazioni. Maometto, prima che conquistasse la città della Meca, aveva ordinato che il punto di direzione suddetto fosse il tempio di Gerusalemme, dove si suppone esistere la pietra sopra la quale Abramo ha fatto il [suo] sacrifizio del suo figlio Isacco. Dopo conquistata la città della Meca, ha ordinato che il punto di direzione suddetto fosse il tempio della Kàba, dove si suppone esistere la così detta pietra nera, sopra la quale Ismaele era solito sacrificare. Per i musulmani Ismaele, benché figlio di schiava, pure è considerato primogenito di Abramo; per loro Sara legittima moglie di Abramo, non è un’argomento di precedenza sopra la schiava Agar.[Torna al testo ]
(1b) Minaretti sono certe specie di torri vicine alle moschee, simili ai campanili vicini alle nostre Chiese, dai quali credo io che abbiano preso l’idea. L’architettura dei minaretti è tutta araba, diversa dai nostri campanili. Quasi in cima del minaretto esiste una specie di poggiolo o balcone in circolo, di dove il così detto santone pronunzia ad alta voce la cognita specie di formola di fede musulmana[:] Allà illalà... in tutte le ore della preghiera determinate dal corano sì di giorno che di notte. Nelle piccole moschee dei paesi si dice ad alta voce, ma in Gedda la formola è cantata.[Torna al testo ]
(2aMoschea nome dato dagli europei, ma il vero nome è Mesghid, cioè luogo di adorazione, /41/ derivato dal verbo sagada che significa adorare. Le moschee di Gedda, di Meca, e di Medina sono lo più ricche, perché i pellegrini danno molto; le moschee di Caïro sono più numerose e più grandiose; le moschee di Costantinopoli sono le più meschine, fuori di S. Soffia, benché in architettura più regolari, essendo la più parte chiese profanate.[Torna al testo ]
(1c) Debbo quì riferire il criterio che mi sono fatto nel battesimo di questi bimbi figli di eretici. L’eresia può essere un titolo civile di separazione dalla vera Chiesa di Cristo, ma mai un titolo the possa derogare la legge divina che da alla Chiesa il diritto materno sopra tutta questa società rebelle, e che la dispensi dall’amministrare i sacramenti quando nulla osta per parte dell’individuo. Se nei nostri paesi non si battezzano, è solo per mancanza del consenso paterno, assistito dalla legge civile. Simili bimbi, come figli di battezzati, naturalmente nascono alla Chiesa di Dio, e non all’eresia. La stessa scomunica della [della] Chiesa, come pena medicinale colpisce gli adulti colpevoli, ma non gli altri in buona fede, e tanto meno i bimbi. L’educazione futura incerta può essere un motivo, ma non è sufficiente, massime trà gli infedeli, dove può arrivare la morte. Fra le vittime di Gedda nel massacro del 1857. [15.6.1858]io aveva là più di 25. battezzati; per compimento vedasi ciò che ho scritto altrove a questo proposito. (anno 1864. mio viaggio)[Torna al testo ]

O tu



di S. Bernardo.
Guarda la Stella, invoca Maria

O tu che nell’instabilità continua della vita presente
t’accorgi di essere sballottato tra le tempeste
senza punto sicuro dove appoggiarti,
tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella
se non vuoi essere travolto dalla bufera.

Se insorgono i venti delle tentazioni
e se vai a sbattere contro gli scogli delle tribolazioni,
guarda la stella, invoca Maria!

Se i flutti dell’orgoglio, dell’ambizione,
della calunnia e dell’invidia
ti spingono di qua e di là. Guarda la stella, invoca Maria!

Se l’ira, l’avarizia, l’edonismo
squassano la navicella della tua anima,
volgi il pensiero a Maria!

Se turbato per l’enormità dei tuoi peccati,
confuso per le brutture della tua coscienza,
spaventato al terribile pensiero del giudizio,
stai per precipitare nel baratro della tristezza,
e nell’abisso della disperazione, pensa a Maria!
nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità,
pensa a Maria, invoca Maria!

Maria sia sempre sulla tua bocca e nel tuo cuore.
E per ottenere la sua intercessione, segui i suoi esempi.

Se la segui non ti smarrirai,
se la preghi non perderai la speranza,
se pensi a lei non sbaglierai..

Sostenuto da lei non cadrai,
difeso da lei non temerai,
con la sua guida non ti stancherai,
con la sua benevolenza giungerai a destinazione.
S. Bernardo
CUORE IMMACOLATO DI MARIA
 fiducia, salvezza, vittoria
e gioia mia!
Dacci il Tuo Cuore Mamma
per amare Gesù come L'ami Tu!"
AMDG et BVM

domenica 7 settembre 2014

Guglielmo Massaja (2)

Memorie Vol. 1° Cap. 4.
Settembre 1846
Suez
1. Partenza per Suez. — 2. Ricevimento ed alloggio in Suez. — 3. La locanda delTransito. — 4. Carattere dei servi greci, armeni e copti. — 5. Il Popo greco di Suez e la sua cappella. — 6. Visita alla sua casa. — 7. Il successore del Popo greco. — 8. La fontana di Mosè. — 9. Ostacoli per la partenza. — 10. Una donna che inghiotte monete. — 11. Il passaggio degli Ebrei pel Mar Rosso. — 12. Arrivo di pellegrini musulmani. — 13. Lettere d’Alessandria ed apparecchi per la partenza.

Capolettera F

Finalmente giunse il giorno di lasciare il Cairo. Consegnato il bagaglio al Transito inglese, e preso commiato dagli amici, salimmo in vettura, pagando per ciascuno tre ghinee, equivalenti a circa 16 franchi. Vettura e strada erano tanto comode, che sovente ci facevano fare salti poco piacevoli! Ma pure meglio così che in groppa a cammelli, i quali ci avrebbero impiegato tre lunghe giornate, laddove con la vettura A Suez: 4.9.1846 A.Rossogiungemmo a Suez in meno di trent’ore. Dopo il taglio dell’istmo, Suez è divenuta una bella città, quasi tutta europea, piccola sì, ma gaja; provveduta di un canale di acqua dolce, si è vestita di vegetazione, si è adornata di giardini, sicchè ha mutato intieramente di aspetto. Ma nel 1846 che brutto paese! Non una pianta, non un filo d’erba, ma sale da per tutto, nella terra, nelle acque e nell’aria. Allora non era che un piccolo villaggio, quasi tutto arabo e mussulmano fanatico, con una ventina al più di famiglie greco-scismatiche, peggiori dei mussulmani medesimi. Il mezzo principale di loro sussistenza era il commercio marittimo ed il passaggio dei pellegrini, che andavano e venivano dalla Mecca.
Un primo canale navigabile fu avviato dal faraone Neco II e portato a termine dall’imperatore persiano Dario; esso partiva dall’antica Bubasti, presso l’attuale città di Zagazig, passava per Heliopolis e arrivava ai Laghi Amari, a quell’epoca collegati con il Mar Rosso. In età romana era già inutilizzabile. In età moderna furono fatti diversi progetti di taglio dell’istmo, ma si temeva che fra il Mediterraneo e il Mar Rosso vi fosse un dislivello tale da rendere necessario l’uso di chiuse. Nel 1846 fu costituita a Parigi una Société d’étude pour le canal de Suez che fece un rilievo topografico preciso e dimostrò che il dislivello era trascurabile. Solo nella seconda metà del secolo la diffusione della navigazione a vapore rese l’impresa interessante dal punto di vista economico. Il progetto definitivo fu elaborato dall’ingeniere trentino Luigi Negrelli. I lavori, guidati dal francese Ferdinand de Lesseps, durarono dal 1859 al 1869. “Si stima che un milione e mezzo di egiziani lavorarono al canale, e che 125.000 di essi morirono, principalmente a causa del colera.” (Wikipedia). Nel 1875 Ismail Pascià, a causa dell’esorbitante debito pubblico egiziano, dovette cedere la sua quota di azioni del canale all’Inghilterra. Nel 1882 truppe britanniche giunsero a Suez, e “Il 29 ottobre 1888, la convenzione di Costantinopoli confermò la neutralità del canale (sotto protezione britannica), dichiarato «libero e aperto, in tempo di guerra come in tempo di pace, a qualsiasi nave civile o militare, senza distinzione di bandiera».” (Wikipedia)
La città di Suez ( السويس Al-Sūwais) si trova al bordo settentrionale del mar Rosso. Al tempo del primo viaggio del Massaia al nord si estendeva la vasta depressione dei Laghi Amari, separata dal mare in età antica, ed occupata da una vasta palude salmastra. Come nota il Massaja più avanti, il flusso della marea penetrava nella palude; ed a volte era così improvviso da travolgere coloro che si erano avventurati a piedi o a cavallo nelle acque basse. In seguito al taglio del canale l’acqua del mare vi fluisce liberamente.
/34/ 2. Al nostro arrivo cercammo l’Agente Consolare, certo signor Costa, ricco mercante greco-scismatico, al quale eravamo stati raccomandati. Questi ci ricevette gentilmente ed al modo arabo ed orientale, presentandoci la pipa ed il caffè senza zucchero. Dopo breve conversazione ci condusse in una vecchia casa di sua proprietà, poco distante da quella ch’egli abitava, e ci assegnò il suo figlio maggiore, affinchè ci servisse di guida, e pensasse a provvederci di ciò che avevamo di bisogno. Era un giovane di circa venti anni, e parlava e scriveva sufficientemente l’italiano. Il primo giorno ci fece portare un modesto pranzetto all’araba; ma poi, arrivata la carovana, assestammo la nostra casa, e Fra Pasquale cominciò a fare la cucina. E poichè la casa era abbastanza grande, potemmo adattare una camera ad uso di cappella, e celebrarvi la santa Messa.
In tutto Suez non si trovava che un solo cattolico, ed era un Maltese, il quale teneva spaccio di vini, liquori e commestibili. Come d’ordinario tutti i Maltesi, egli si regolava da buon cristiano frammezzo a mussulmani e scismatici. Appena seppe del nostro arrivo, fu subito da noi, esibendosi in tutto ciò che avrebbe potuto giovarci. La mattina non mancava mai alla Messa, e dopo si tratteneva un po’ con noi in conversazione.
3. Vi era in Suez anche una locanda, che apparteneva all’impresa delTransito, e tenuta da un protestante inglese. Per esservi ricevuto, bisognava spender molto, circa tre scudi al giorno, e non sempre vi si trovava alloggio; poichè, destinata al Transito, doveva principalmente servire per gli Inglesi ed altri forestieri, che viaggiavano direttamente dall’Europa alle Indie, e viceversa. Laonde nei giorni di passaggio, le stanze erano tutte piene. Il servizio era egiziano; che vuol dire misto di cristiani e mussulmani. L’umile servizio colà vien prestato da mussulmani, perché essi mal si adattano a servire in una casa cristiana, né i padroni li ammettono facilmente; il servizio nobile poi vien prestato da Greci, da Armeni, e raramente da Copti.
4. E qui voglio accennare di passaggio il carattere che distingue queste tre sorta di servi in Oriente. Il Greco è molto furbo, trafficante ed economo, ma per sè, non pel padrone, a spese del quale anzi largheggia volentieri. La sua moralità va invigilata, tanto nel maneggio della roba, quanto nelle attinenze con le persone, che sono in famiglia; poichè egli è molto inclinato al brutto vizio. È superbo e pieno di amor proprio, e difficilmente si lascia prendere in fallo. Dove il Greco è lontano dai suoi Popi o preti, trovandosi a servire un cattolico, sarà religioso quanto si vuole; ma non si speri ch’egli riformi il suo interno, e molto meno le sue basse inclinazioni.
L’Armeno è trafficante e dominato dalle passioni non meno del Greco; /35/ma è di un’indole più dolce, più religiosa, e possiam dire più tendente al cattolicismo. Quando nel suo cuore vi è sentimento di religione, lo trovate esatto nelle pratiche della morale cristiana, e sarà anche spirituale e mistico; ma se si aliena dalla religione, allora nelle sue passioni diventa più grossolano del Greco. Questo è astuto e molto cauto nel sedurre, laddove quello, se non manca di furberia, ha poca riserbatezza. In tutto il resto l’Armeno è un buon servitore.
L’armeno poi è anche speculista, ma è di una natura più dolce, più religioso, e possiamo dire più tendente al cattolicismo. Quando nel fondo del cuore è ben dominato dalla religione, prende bene la morale cristiana, e sarà anche mistico e spirituale; ma guai se non è dominato nel cuore dalla religione, perché allora te sue passioni materiali sono più grossolane del greco, perché quest’ultimo non suol gettare la sua rete, se non è sicuro del suo colpo, mentre quello è meno polito e civile nelle sue passioni. In tutto il resto l’armeno è mercante fino, ma più cristiano del greco, cercando questi il lucro ad ogni costo come l’ebbreo.Memorie Vol. 1° Cap. 4 nota a p.29.

Monsignor Massaja ed il Popo di Suez
Monsignor Massaja ed il Popo di Suez

Quanto al Copto bisogna distinguere. Il contadino, che è la parte più sana di questa razza, difficilmente abbandona la sua campagna e si mette a servizio. Il Copto poi delle città, dell’uno e dell’altro sesso, si pone a preferenza al servizio di ricchi mussulmani, e si adatta facilmente a tutti i loro usi e brutali consuetudini. Nelle sue passioni il Copto è più grossolano dei mussulmani medesimi. Ho avuto agio di conoscerli bene nei viaggi, che con essi ho fatto per mare e per terra: e mi sono accorto che i Greci e gli Armeni hanno un po’ di riserbatezza, la quale li trattiene dal commettere certe bassezze, laddove i Copti non hanno affatto ritegno o pudore. La loro religione poi è più mussulmana che cristiana. Studiano con premura la letteratura araba, e la storia di quei popoli e ne conoscono i pregiudizi, e forse per questo sono cercati per iscrivani tanto dai Governi, quanto dai particolari.
...il Copto delle città poi dei due sessi entra a preferenza al servizio dei ricchi mussulmani e si addatta facilissimamente a tutti i loro usi e passioni, come nazione particolarmente dominata; impara la letteratura araba e fa lo scrivano, sia dei particolari che del governo, per poco che abbia studiato conosce tutte le storie arabe coi pregiudizii che vengono di seguito. Questi nelle sue passioni materiali è grossolano più dei mussulmani stessi: io stesso gli ho veduti in detaglio nei viaggi, e sulle barche; la loro religione esterna è quasi più mussulmana che cristiana. I greci ed armeni professano una tal quale civiltà che gli trattiene da certe bassezze, mentre i giovani copti hanno perduto affatto questo sentimento di civiltà.Memorie Vol. 1° nota a p. 29.
/36/ 5. La colonia greco-scismatica di circa venti famiglie, che dimorava in Suez, aveva una piccola chiesa, ufficiata da un prete (colà chiamato Popo), s’intende scismatico esso pure. Questi non avendo grandi occupazioni pel suo gregge, passava quasi tutta la giornata sulla porta della bottega del nostro buon Maltese. Avendo più volte manifestato il desiderio di avvicinarci, il Maltese ce ne parlò, e, nel tempo stesso ci avvertì che quel povero Popo era un uomo molto semplice, ma molto inclinato a bere. Per istudiare più davvicino gli Orientali, risposi che lo avrei veduto ben volentieri. Non tardò di fatto a presentarsi col nostro Maltese; e tanto io, quanto i miei compagni, i quali più volte lo avevano veduto uscendo a passeggio, lo ricevemmo con segni di affezione, e lo invitammo a pranzo con noi.
Dopo di aver pranzato e meglio bevuto, ci invitò a vedere la sua chiesa, e lo seguimmo. La chiesa era piccola e secondo il gusto greco: benchè povera, nella navata che serviva pel popolo, era alquanto decente, e nel frontone, che chiude ilSancta Sanctorum, vi erano le immagini dei dodici Apostoli in istile semplice e bisantino, e niente altro di particolare. Indi schiuse una porta e c’introdusse nelSancta Sanctorum. Che luogo di pietà e di pulitezza! Una vecchia tavola, nuda e con qualche rozzo candeliere di sopra serviva di altare; in un angolo, un incensiere di rame tutto annerito; altrove, alcuni piatti di rame arrugginiti e sporchi, e dentro una cassa, pochi poveri paramenti sacri gettati là disordinatamente. Ma il buon Popo non ci avca ancora fatto vedere il meglio. Aprì un armadietto, le cui tavole tarlate facevano polvere da per tutto, e ci presentò dentro un piatto alcuni pezzetti di pane mezzo muffito, dicendoci: — È questa l’Eucaristia conservata per gli infermi. — Al sentire nominare l’Eucaristia (in verità supponevamo che fosse valida la sua Ordinazione, e quindi la consacrazione), ci venne spontaneo di metterci in ginocchio, se non altro per edificare quel poveretto, il quale è da dubitarsi se comprendeva che cosa fosse Eucaristia! Allora egli vedendo noi in quell’atteggiamento, e non sapendo darsi ragione di quell’atto, montò in collera, e prorompendo in esclamazioni ed in gesti di disprezzo, che gli fecero cadere per terra la sua Eucaristia, sembrava un ossesso; sicchè noi ci alzammo ed uscimmo presto di là, donde anche una nauseante afa calda ed un nugolo di grosse mosche ci cacciavano via.
6. Rabbonacciatosi dopo pochi minuti, ci raggiunse, e ci condusse a casa sua, dove trovammo in sulla porta una giovane, che ci stava ad aspettare. Ella era sua moglie, vestita come a nozze, con ghirlande di oro, pietre preziose ed altri ornamenti all’uso orientale. Con affettate cerimonie e molto contenta dell’onore che loro facevamo, e introdusse in casa, e ci /37/ presentò una merenda sontuosa e pulita, almeno per quei luoghi. Quella Popessa in verità mi fece un’impressione spiacevole, principalmente in vederla così azzimata, piena di vanagloria, e tenere un contegno tutt’altro che modesto, come si converrebbe alla moglie di un Popo. Ma il P. Giusto, che sul conto suo aveva sentito varie dicerie dal Maltese nostro amico, non ne fu meravigliato: anzi dirigendole parole di lode, le diede motivo a sciogliere la lingua, e mostrarsi realmente qual’ella era.
7. Quel giovane che il signor Costa ci aveva dato per guida, finchè dimoravamo in Suez, faceva anche da diacono nella parrocchia del nostro Popo, e frequentava spesso con questa scusa anche la sua casa; il che dava motivo a dicerie nel paese. Veramente questo giovane non sembravami pasta d’Agnus Dei. Io ebbi varie conferenze con lui, e mi sforzai di gettare qualche buon seme nel suo cuore; ma trovai un cuore di sasso, e non solo indisposto a ricevere il bene, ma bollente di odio settario contro di noi. — I Latini, diceva, vogliono dominarci; ma noi non ci lasceremo vincere. Siete pur degni di compassione. Il Papa vi proibisce le donne ma noi abbiamo acquistato la nostra libertà e ce ne gloriamo. —
Queste e simili sentenze mostravano abbastanza la perversità e corruzione del suo cuore. Faceva un po’ di scuola greca ed araba a giovani d’ambo i sessi, e sulla sua moralità, principalmente in iscuola, si dicevano brutte cose; ma suo padre, persone autorevole in paese, imponeva silenzio a tutti. Egli vedeva con pena l’erezione della nostra cappella, e guardava di mal occhio il Maltese che la frequentava. Era insomma un brutto soggetto.
Nel 1850, ritornando io a Roma per affari della Missione e passando per Suez, seppi che, morto quel buon uomo del Popo, il giovane Costa, pagando non so quanti scudi al suo Vescovo, era divenuto erede della parrocchia e della Popessa, licenziando con bel modo un’altra giovane sposa che si aveva! Oh la moralità dello scisma greco e dei greci scismatici!...
8. Non molto lontano da Suez eravi una fonte di acqua salmastra, la quale poteva solamente servire per lavare e per altri umili usi; ma per bere e per servizio di cucina si faceva venire per mare altra acqua in una barca. Il Governatore la faceva portare e poi distribuire agli amici ed alle persone particolarmente raccomandate. Quest’acqua veniva dalla fontana di Mosè, così chiamata, perché credesi che sia appunto quella, che il gran condottiero del popolo di Dio fece miracolosamente scaturire per dissetare il popolo ebreo dopo il passaggio del Mar Rosso. Per alcuni giorni l’Agente Consolare Costa ce la diede, ma poi, o il facesse con intento di guadagnare, o per un malanimo verso di noi Latini, eccitato in lui da /38/ mussulmani e consettarj, fatto sta che cessò di passarcela. Il Maltese ci consigliò di fare una visita al Governatore e parlargliene. Di fallo vi andammo, e fummo ricevuti nella sala del Divano, dov’egli soleva dare udienza e tenere giudizio. Gli movemmo discorso dell’acqua e del bisogno che ne avevamo; e subito diede ordine che ci fosse portata, raccomandandoci di dare qualche piccola retribuzione al solo portatore.
Il termine di origine persiana diwan ﺩﻳﻮﺍﻥ indicava originariamente registri amministrativi; passò poi ad indicare il locale in cui questi erano tenuti, infine i cuscini su cui sedevano gli scrivani.
9. Questo Governatore, che tanto gentilmente ci avea provveduti di acqua, poco dopo, forse sobillato da quei fanatici mussulmani, mise fuori ostacoli sul nostro viaggio in Abissinia; e diceva che, trattandosi di un Vescovo, il solo Vicerè poteva mandarlo colà, dopo aver pagati alcuni tributi, e compite altre formalità; perché l’Abissinia era un paese appartenente al Sultano, e quindi dipendente anche dal Vicerè. Risposi che non essendo io un Vescovo copto mandato in Abissinia, ma un Vescovo Missionario latino, destinato dai miei Superiori ai paesi galla, non poteva essere obbligato né a tributi, né ad altro; in Abissinia poi io non avrei fatto altro che passare, non fermare la mia residenza. Tuttavia il Governatore mi consigliò di scrivere al Governo per ottenere documenti più espliciti. Ne scrissi subito al Console Generale francese ed a Monsignor Delegato, il che fece ritardare di quindici giorni la nostra partenza.
10. Uscendo dalla casa del Governatore vidi sotto il portone una povera donna, vecchia, quasi nuda e legata ad un grosso anello di ferro. Domandai al nostro Maltese il perché di quel castigo; ed egli, che ben conosceva il paese, ci raccontò che nell’Egitto si percepiva un piccolo tributo personale anche dai poveri, quando poteva provarsi che possedessero qualche cosa. La donna suddetta faceva il mestiere di girare pel paese con un paniere al braccio, raccogliendo stracci, ossa ed altre miserie. Erano più anni che essa non pagava il suo tributo; ed essendo stata denunziata da una sua compagna come posseditrice di alcune monete d’oro, le quali teneva nascoste tra i suoi stracci, un giorno fu sorpresa dagli agenti del Governo ed intimata a pagare. Vedendosi scoperta, prima che la frugassero, inghiotti in un attimo le sue monete. Ma non valse quest’astuzia a salvarla; poichè gli esattori, che erano avvezzi a vedere simili scene, la legarono e la tenevano là, finchè non avesse messo fuori per altra via quel miserabile tesoro a beneficio del Governo. Così son trattati i poveri dai figli di Maometto!
11. Nel tempo della nostra dimora in Suez, verso sera, in cui erano diminuiti i calori cocenti, facevamo una passeggiata in riva al mare; e lì il nostro discorso cadeva spesso sul passaggio del popolo ebreo pel Mar Rosso, e sulla strada che dovette tenere, venendo dalla terra di Gessen. Erano da /39/ noi riferite le diverse opinioni, ed anche le eterodosse si discutevano; facevamo inoltre riscontri locali, e ciascuno diceva il suo parere su questo gran fatto scritturale. Suez è situato sulle riva del Mar Rosso, e propriamente in fondo al golfo, che da esso prende il nome; ed è probabile, e molti indizj ci portano a credere che in quel lontano tempo il mare si estendesse oltre il sito della presente città. Il flusso e riflusso, che scende quasi a due metri dalla sua totale elevazione al suo totale abbassamento, ha dato motivo a molte difficoltà ed obbiezioni sul racconto mosaico. Ma le prove son palpabili, ed i luoghi, le misure, i segni e le circostanze, così chiaramente descritti nella Sacra Scrittura, e che ancora si riscontrano in quelle spiagge dell’Oriente, sciolgono ogni difficoltà ed obbiezione. Il luogo del passaggio accennato dalla Bibbia è là designato ancora dalla costante tradizione a mezza giornata di cammino da Suez verso Austro. Là il deserto, la strada tenuta dagli Ebrei nella loro fuga dall’Egitto, il mare, le montagne vicino alla spiaggia, la distanza di una notte di viaggio dall’una all’altra sponda, la fontana di Mosè, e là tutti i nomi biblici ancora conservati, o di poco alterati nei posteriori dialetti. Dunque per queste ragioni, e per tante altre che si potrebbero addurre, siamo costretti ad ammettere che gli Ebrei non potevano tenere altra via che quella indicata dai cattolici espositori, e non mai molto più basso, cioè quasi alla sponda, come pretendono varj miscredenti e nemici della Bibbia.
I moderni commentatori individuano il passaggio del “mare di Giunchi” (che la versione dei Settanta identifica nel Mar Rosso) nelle lagune salmastre più a nord di Suez, e non a sud (“austro”) dove lo pone il Massaja.

Arrivo a Suez di pellegrini mussulmani
Arrivo a Suez di pellegrini mussulmani

/40/ 12. Mentre fra noi si parlava dell’imbarco, tutti i giorni arrivavano dal Cairo carovane di pellegrini, diretti alla Mecca; e quindi di giorno in giorno crescevano le ricerche di barche ed aumentavano i prezzi: ed intanto le lettere che aspettavamo da Alessandria per ordinare al Governatore di lasciarci partire in pace, ancora non arrivavano. In questo tempo noi facevamo provviste pel viaggio, che, sino a Gedda, ci avrebbe forse tenuti sul mare più di quanto temevamo, anche un mese; giacché esso doveva dipendere dal mare e dal vento più o meno favorevole. Nel nostro passaggio dall’Europa all’Egitto venivamo portati da piroscafi che resistono alle furie dei venti e del mare, e sui quali si può passeggiare, conversare e dormire a piacimento; ma sulle barche arabe il viaggiatore affida la sua vita a piccoli legni, che uno sbuffo di vento, od una falsa manovra dei marinari possono capovolgere. Più, si sta stipati tra persone rozze e sudicie, piene di pregiudizi contro di noi, ed anche nemici. Tutti questi pensieri si presentavano sovente alla nostra immaginazione, ed accrescevano i nostri timori. Fra di noi non si pensava, non si parlava d’altro, e financo dormendo si sognava questo. — Ma, in conclusione, dicevamo sorridendo, siamo in ballo, e bisogna ballare; e poi il mare ha anch’esso il suo padrone, che e Dio, e noi in lui dobbiamo affidarci e sperare. —
13. In mezzo a queste nostre preoccupazioni, ecco giungere da Alessandria le aspettate lettere. Con esse si ordinava al Governatore ed all’Agente Consolare di procurarci un sicuro imbarco, assisterci e proteggerci: più s’ingiungeva loro di accompagnarci con lettere al Governatore di Gedda, il quale poi doveva notificare al Governo il nostro arrivo col primo corriere. Ci fu mandata anche la bandiera francese con facoltà di inalberarla sulla barca, per far conoscere a tutti che noi viaggiavamo sotto la protezione della Francia; la quale avrebbe domandato rigoroso conto delle nostre persone e di ogni mancanza di riguardo che ci fosse stata usata per via. Al ricevere ordini così precisi dal Governo e dal Console Generale, il Governatore e tutti gli altri ufficiali si scossero, e con l’Agente Consolare andarono al porto, e scelsero la più solida e miglior barca, e la noleggiarono per noi, non ostante i richiami di altri, che già l’avevano accaparrata. Per renderla più sicura la dichiararono barca della posta del Governo con facoltà d’inalberarvi la bandiera francese e l’egiziana. Ciò fatto, il Governatore prese alcuni giorni di tempo per apparecchiare la posta. Fra Pasquale ed il Maltese allestirono le provviste per mangiare e dormire in tutto il viaggio; Partenza da Suez: 22.9.1846 A.Rossoe noi ci affrettammo a scrivere le lettere da spedirsi in Egitto ed in Europa, con le quali annunziavamo la nostra partenza da Suez.

“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: In che cosa consiste, però, questa partecipazione ...

“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: In che cosa consiste, però, questa partecipazione ...: AVE MARIA PURISSIMA! Cardinale Ratzinger:  il vero significato della partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia «Partecip...








...La comparsa quasi teatrale di attori diversi, cui oggi è dato assistere soprattutto nella preparazione delle offerte, passa molto semplicemente a lato dell'essenziale. 

Padre J.B.Chautard - La vita interiore.



II. L’azione deve essere soltanto  il traboccamento della vita interiore

«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli» (Mt. 5, 48). 
Fatte le debite proporzioni, il modo di agire divino dev’essere il criterio
la Regola della nostra vita interiore ed esterna. Già sappiamo che è proprio della 
natura divina il donare, ed è un fatto sperimentato ch’Egli versa a profusione 
i suoi benefici su tutti gli esseri, ma in particolare modo sulla creatura umana.

Così – da migliaia, se non da milioni, di secoli – l’universo intero è oggetto di questa inesauribile prodigalità che spande i suoi benefici senza sosta
 Eppure Dio non si impoverisce mai e la sua inesauribile munificenza 
non può, in nessun modo, diminuire le sue infinite ricchezze.

Dio non si contenta di concedere all’uomo beni esteriori; gli manda 
il suo Verbo. Eppure, nemmeno in questo atto di suprema generosità
che non è altro che il dono di sé, Dio abbandona né può abbandonare 
qualcosa dell’integrità della sua natura. Pur donandoci suo Figlio, lo 
conserva sempre in se stesso. «Prendi esempio dal sommo Creatore 
dell’universo, il quale manda il suo Verbo ma, contemporaneamente
 lo mantiene con sé»4.

Per mezzo dei Sacramenti e particolarmente per mezzo dell’Eucaristia
Gesù Cristo ci arricchisce con le sue grazie; ce le versa senza misura
 perché anch’Egli è un oceano sconfinato la cui sovrabbondanza si 
riversa su noi senza mai esaurirsi: «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo 
ricevuto» (Gv. 1, 16).

Così, in un certo modo, noi dobbiamo essere uomini apostolici che ci assumiamo il nobile còmpito della santificazione altrui: «Il tuo Verbo 
è la tua considerazione: pur procedendo da Te, tuttavia non te ne separi»5 ; 
 il nostro verbo è lo spirito interiore che la grazia ha formato nelle nostre 
animeVivifichi dunque questo spirito le manifestazioni del nostro zelo
ma mentre lo spendiamo continuamente a vantaggio del prossimo
pure continuamente con i mezzi che Gesù ci offre. La nostra vita 
interiore sia come un tronco pieno di densa linfa che fiorisca nelle 
 nostre opere.

Un’anima di apostolo! Essa dev’essere per prima inondata di luce 
infiammata di amore, affinché, riflettendo questa luce e questo calore
possa poi illuminare e riscaldare le altre anime.

 «Essi annunzieranno agli uomini quel che hanno veduto con i loro occhi
 quel che hanno contemplato e che le loro mani hanno toccato» (1 Gv. 1, 1). 
Come dice S. Gregorio, la loro bocca verserà nei cuori l’abbondanza delle 

Possiamo intanto stabilire questo principio: la vita attiva deve procedere dalla vita contemplativatradurla e continuarla al di fuori, staccandosene il meno possibile.






4 S. BernardoDe considerationelib. II, cap. III.

5 S. BernardoDe considerationelib. II, cap. III.