venerdì 22 agosto 2014

I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (V) : 41. Maria è mediatrice. 42. Maria è riparatrice. 43. Maria è nostra madre. 44. Necessità della devozione a Maria. 45. Il culto dovuto a Maria. 46. Bisogna invocare Maria. 47. Maria ottiene insigni vittorie a quelli che la invocano. 48. La devozione a Maria è segno di predestinazione. 49. Felicità dei servi di Maria. 50. Dio punisce i nemici di Maria.

S. Giovanni Damasceno scrive che «il più perfetto dei doni celesti è Maria, perché essa sola è degna del suo Creatore; essa è un cielo vivente più grande dei cieli medesimi (Orat. de Nativ. Virgin.)».
I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (V)


41. Maria è mediatrice.  
42. Maria è riparatrice.  
43. Maria è nostra madre.  
44. Necessità della devozione a Maria.  
45. Il culto dovuto a Maria.  
46. Bisogna invocare Maria.  
47. Maria ottiene insigni vittorie a quelli che la invocano.  
48. La devozione a Maria è segno di predestinazione.  
49. Felicità dei servi di Maria.  
50. Dio punisce i nemici di Maria.




41. MARIA È MEDIATRICE. - 

«Noi abbiamo bisogno, scrive S. Bernardo (Serm. in illud. AposSignum magnum) di avere un mediatore presso il nostro avvocato Gesù Cristo e non ve n'è altro più utile di Maria». Essa fu costituita da Gesù Cristo mediatrice tra Dio e l'uomo e per ciò arricchita con grazie speciali non solamente per sé, ma anche a vantaggio di tutti i fedeli, in qualità di loro capo. Possiamo ripetere qui con S. Anselmo: «Chi mai, riflettendo a queste cose, può giudicare di quanta lode sia degna colei, che sola fra tutte le creature, fu scelta ad essere la mediatrice di tanti favori? (De excell. Virg. c. IX)».

Eva fu lo strumento della perdita di Adamo; perché fu lei che porse al primo nostro padre il frutto vietato (Gen. III, 13). Maria fu lo strumento del perdono, della redenzione e della risurrezione dell'uomo: perché da lei nacque il frutto di vita, Gesù Cristo; ed essa lo presentò al mondo. Consentendo a divenire madre del Salvatore, essa divenne in realtà la mediatrice della nostra salute. La stirpe umana cadde per colpa di Eva; fu rialzata per merito di Maria. Senza Maria che cosa sarebbe avvenuto del mondo? Vi era bisogno di un redentore; sarebbe venuto senza di lei? 

Da tutta l'eternità Dio aveva disposto di salvare il mondo per mezzo del Verbo fatto carne; ma da tutta l'eternità aveva anche determinato di prendere Maria per madre al Verbo incarnato, e per conseguenza di servirsene a nostra salute. Tanta parte ebbe Maria alla redenzione, quanta Eva ne ebbe alla caduta... Da Maria il serpente infernale ebbe schiacciata la testa (Gen. III, 15).

«La morte ci è venuta da Adamo, scrive il Crisostomo, e la vita da Gesù Cristo: il serpente sedusse Eva, Maria diede il suo consenso all'angelo Gabriele; ma la seduzione di Eva cagionò la morte al mondo, mentre il consenso di Maria gli ha dato un salvatore. Quello che era perito per colpa di Eva, venne ristorato per mezzo di Maria; il Cristo ha riscattato il genere umano che Adamo aveva ridotto a schiavitù; l'angelo Gabriele venne a promettere il ritorno di quei beni, che il demonio ci aveva rubato senza speranza di poterli ricuperare (Serm. de Incarn. Verb.)».

Dopo il diluvio, Dio fece comparire nel cielo l'arco baleno, come segno di alleanza con l'uomo: «Io porrò, disse, il mio arco nelle nubi, come segno di alleanza tra me e la terra. Mi ricorderò del patto con voi conchiuso e non verrà più altro diluvio a distruggere la terra» (Gen. IX, 12, 13, 15). L'iride è figura di Maria che Dio ha collocato tra il cielo e la terra, come indizio e pegno della sua amicizia con gli uomini, ecc... E come potrebbe Iddio negare alcuna grazia a Maria, se volle che tutto ci venisse da Maria?...

S. Bernardo dà alla Beata Vergine i nomi di scala di Giacobbe, di roveto ardente, di arca dell'alleanza, di stella del mattino, di verga di Aronne, di vello di Gedeone, di letto nuziale, di porta del cielo, di orto assiepato, di aurora di salute (Serm. In Assumpt.).

Maria ha riconciliato Dio con l'uomo. In grazia della sua umiltà e purità, ha chiamato Gesù Cristo dal cielo su la terra; con le sue parole, i suoi esempi, la sua protezione, ci ha aperto la porta del cielo e ce ne ha additato il cammino. Ecco perché Gesù Cristo l'ha innalzata al di sopra di tutti gli eletti e non vuole che nessuno si salvi e giunga al cielo se non col consenso, l'aiuto e la direzione di Maria. Dunque chi vuole salvarsi, deve mantenersi fedele e costante servo di Maria e cercare di progredire sempre più nell'amore e nella divozione a questa Vergine potente.

Maria è nostra madre: ora le braccia e il cuore di una madre sono sempre aperti per ricevere, scusare, difendere, abbracciare, accarezzare e benedire i suoi figli... I meriti di Maria intercedono sempre per noi presso Dio, e ci ottengono ogni grazia... Essendo ella stata la madre di Dio e avendo cooperato in modo attivo all'incarnazione e per conseguenza alla redenzione, S. Anselmo e gli altri santi padri la chiamano la mediatrice di tutta la Chiesa e dei fedeli...

Per mezzo di Maria, madre della grande famiglia umana e mediatrice tra noi e Gesù Cristo, Dio dà ai martiri la forza, alle vergini la castità, lo zelo agli apostoli, la pazienza ai confessori, l'austerità agli anacoreti; la povertà, l'obbedienza, l'umiltà ai religiosi; ai vedovi la continenza, agli sposi la fedeltà coniugale, a tutti i fedeli i doni, le virtù, le grazie convenienti al loro stato e condizione...

Né gli angeli, né gli uomini avrebbero potuto, ancorché tuttiinsieme uniti, meritare ed ottenere la riabilitazione del mondo. Ci fu bisogno di Gesù Cristo e, dopo lui e per lui, della Beata Vergine; per conseguenza ha maggior potere e autorità presso Dio Maria sola, che tutti gli uomini e gli angeli insieme. 

Questo fece dire a S. Anselmo, che l'universo è debitore a Maria, se uscì dalle sue rovine, se si rialzò e fu rinnovato. «O donna, esclama S. Bonaventura, che avete ricevuto la pienezza e la sovrabbondanza della grazia! abbondanza che si è riversata sopra ogni creatura e le ha ridato vita! (Specul. c. VII)».

Gesù Cristo che ha scelto Maria per vestire la nostra natura, vuole anche riceverci per mezzo di Maria. Com'egli si è incarnato e si è fatto, secondo S. Paolo, nostra sapienza e giustizia, santificazione e redenzione (I Cor I, 30); così ha concesso alla madre sua di essere, per sua cooperazione, nostra sapienza, e giustizia, e santificazione, la redenzione di cui esso è il principio... Essendo madre di Gesù Cristo, la Beata Vergine è necessariamente il mezzo e lo strumento della nostra redenzione e di tutto l'ordine della grazia istituito da Gesù Cristo...

Dio ci ha data Maria per madre, affinché nelle tentazioni, nei dubbi, negli scoraggiamenti, nelle difficoltà, noi ricorriamo a lei, come alla migliore delle madri; affinché riceviamo dalle sue mani ogni bene e per conseguenza in lei e per lei, noi rendiamo continuamente grazia al Signore Dio nostro... 
Fortunata Vergine, esclama S. Pier Crisologo, fortunata vergine che sola nell'universo ha meritato di udire queste parole: Voi avete trovato grazia agli occhi del Signore! E quale grazia? quella che l'angelo le annunziò salutandola, grazia completa e sovrabbondante: - Ave, gratia plena: - Si, veramente abbondante, perché la spandete su tutta la terra. Avete incontrato grazia presso Dio; e dopo di aver casi parlato, l'angelo ammira egli medesimo che una donna sia dotata di tanta grandezza e che gli uomini vadano debitori della vita a una donna (Serm. CXLI).

«Maria, dice S. Bernardo, domanda questa sovrabbondanza, per la salute dell'universo. Lo Spirito Santo verrà in voi, o Maria, e vi colmerà di tanta grazia, che riboccherà da ogni lato; sarà piena e perfetta per voi, sovrabbondante per noi. - Il Dio di ogni bontà ha dato. la pienezza e la sovrabbondanza della grazia a Maria, affinché noi mettiamo in lei la nostra speranza; questa sovrabbondanza, quest'inondazione di grazia si riversa su noi» (Serm. de Aquaeductu).

Maria è una nuvola gravida delle acque incorruttibili della grazia, una nuvola che bagna, vivifica e feconda le anime, tempra l'ardore del fuoco delle vendette celesti, estingue le fiamme della concupiscenza... Maria somiglia alla colonna che precedeva Israele nel deserto: ella porta Dio nel suo cuore e guida il popolo cristiano per il deserto di questo mondo... Maria è la madre del bell'amore, della scienza e della santa speranza (Eccli. XXIV, 24).
«Figli miei, predicava S. Bernardo ai suoi religiosi, Maria è la scala dei peccatori, essa è la più salda fiducia, è il fondamento di tutta la mia speranza (Serm. de Aquaed.)». 

E in altro luogo la chiama la lunghezza, la larghezza, l'altezza, la profondità senza misura della misericordia. La lunghezza di questa misericordia si estende fino all'ultimo giorno, per soccorrere tutti quelli che la invocano; la sua larghezza empie il mondo; la sua altezza giunse fino alla riedificazione della città celeste; la sua profondità si spinse fino ad ottenere la salute di quelli che giacevano sepolti nelle tenebre e nelle ombre di morte (Serm. IV de Assumpt.).

Anche S. Fulgenzio vede in Maria la scala celeste per la quale Dio discese su la terra, affinché gli uomini fossero resi meritevoli di ascendere per mezzo di essa al cielo (De Laud. Mar.). Amo dolcissimo è Maria, che pesca tutte le anime rette... 
S. Efrem, dopo di averla chiamata speranza dei disperati, aiuto dei peccatori, consolazione del mondo, porta dei cieli (De Laud. B. V.), così continua: Per voi, o Maria, noi siamo riconciliati con Gesù Cristo nostro Dio e vostro figlio, voi siete l'avvocata dei peccatori e dei derelitti, voi il rifugio e sostegno; voi porto sicurissimo per i naufraghi, consolazione dei mondo, famosissima liberatrice di quei che gemono tra i ferri. Voi raccogliete gli orfani, riscattate gli schiavi, guarite gli infermi; voi siete la salvezza di tutti gli uomini, la stabilità dei monaci e dei solitari, la speranza dei secolari, la gloria dei vergini, la felicità della terra; voi siete, o pia Ausiliatrice, il nostro pilota e il nostro scampo. Io vi saluto, sostegno dei deboli, dolce libertà, sorgente di grazia e di consolazione: Io vi saluto, asilo aperto ai peccatori; vi saluto, riposo di quei che lavorano; vi saluto, chiave del regno celeste; vi saluto, o protettrice e gloria del mondo universo (Ut sup.).
Diciamo dunque anche noi con S. Bernardo: «Fate, o Maria che per mezzo vostro noi troviamo adito al vostro figlio. O Vergine benedetta che avete trovato grazia, che avete partorito la vita, o madre di salute! deh! per voi ci riceva Colui che ci fu dato per mezzo vostro (Serm. de Assumpt.)».



42. MARIA È RIPARATRICE.

Per la sublimità delle sue virtù, Maria ha meritato di essere la degnissima riparatrice del genere umano. E' questa la sentenza di S. Anselmo e del Damasceno; S. Bonaventura aggiunge che non solamente Maria ha rialzato il mondo caduto, ma con la sua protezione lo mantiene perché non ricada (Specul.). Né può essere altrimenti se in lei si trovano tutte le ricchezze, la gloria, e la giustizia (Prov. VIII, 18). Dio ha creato tutto; il serpente ha infettato e rovinato tutto; Maria ha riparato tutto per mezzo di Gesù Cristo.

La vera vita è venuta al mondo per mezzo di Maria, dice S. Epifanio, affinché generando essa la vita, sia la madre dei viventi. Eva è la madre dei morti; Maria è la madre dei vivi. Il demonio si è servito di una donna per trarre a rovina il genere umano; e di una donna si è servito Iddio per ristorarlo (Serm. de Nativ.). 
La stessa cosa ripete S. Agostino nel suo Sermone XXXV de Sanctis: «Voi siete benedetta fra tutte le donne, o Maria; voi che avete partorito colui che è nostra vita. La madre del genere umano ha cagionato la morte del mondo, la madre del nostro Signore gli ha ridonato la vita. Causa del peccato è Eva, causa del merito è Maria; Eva ferisce, Maria guarisce; Eva uccide, Maria risuscita. L'obbedienza di Maria ha riparato i danni recati dalla disobbedienza di Eva». E di nuovo nel Sermone XVIII: «Maria è riempita di grazia e la colpa di Eva rimane cancellata; di modo che la maledizione di questa si converte in benedizione per quella (Serm. XVIII de Sanct.)».

« La malizia del serpente, nota S. Bernardo, ha trionfato della prima donna divenuta insensata; ma la malizia del serpente che vinse per un tempo, si vide vinta per tutta l'eternità, da Maria. Sfigurati da Eva, abbiamo ripigliato la nostra primiera sembianza per mano di Maria» - (Homil. II, Sup. Missus). Una vergine, dice S. Pier Crisologo, riceve un Dio nel suo seno e procura la pace agli uomini, la salute ai peccatori, la vita ai morti; diventa la madre dei viventi su la terra e nel cielo» (Serm. CXLI). «La grazia di Maria, scrive anche San Lorenzo Giustiniani, è stata così grande e sovrabbondante, che ha dato gloria al cielo, gioia agli angioli, pace al mondo, fede ai popoli, termine ai vizi» (Serm. de Annunt.).

«Dio è nostro re innanzi ai secoli, canta il Salmista, egli ha operato la nostra salute in mezzo alla terra», cioè nel seno di Maria (Psalm. LXXIII, 12)... Per Maria noi diventiamo buoni e generosi, possediamo la gioia... Per Maria raggiungiamo l'eternità beata...

«Siate lodata, o santa madre di Dio, esclamiamo con S. Cirillo, voi siete la gemma, voi la luce del mondo; voi la corona della verginità, lo scettro della fede» (Homil. contro Nestor.). E col Crisostomo: «Io vi saluto, o madre, o cielo, o trono della nostra Chiesa; vi saluto, o decoro, gloria, sostegno del mondo (Serm. de Deip.)».


 43. MARIA È NOSTRA MADRE. - 

Gesù, avendo dalla croce veduto la madre sua che se ne stava accanto ad essa col discepolo prediletto, «a lei disse: Eccoti, o donna, tuo figlio; poi al discepolo: Ecco la madre tua. E da quel punto questi se l'ebbe in madre» (IOANN. XIX, 26-27). Mentre stava per spirare per la salute degli uomini, Gesù Cristo ci diede per madre Maria, essendo noi rappresentati dalla persona di S. Giovanni apostolo ed evangelista.
Maria nostra madre ci ha dato Gesù, suo figliuolo, per nostro riscatto, per rimedio ai nostri mali, per nutrimento e per ricompensa, e con lui ci diede il regno dei cieli ed ogni bene... Maria è la madre di tutti i credenti: quindi i padri la chiamano Madre dei viventi per contrapposto ad Eva da loro chiamata Madre dei morti.

S. Antonino e Alberto Magno portano quattro ragioni per cui Maria è la madre di tutti gli uomini: la 1.a è ch'ella genera spiritualmente tutti i santi...; la 2.a è ch'ella si prende cura di tutti gli uomini...; la 3.a è che nacque prima di ogni creatura ed è la più eccellente di tutte...; la 4.a è che fu predestinata prima ancora che fosse il tempo, ad essere lo strumento di una nuova creazione... .

Commentando Origene le parole del Redentore su la croce, così si esprime: Quando Gesù disse: - Eccoti, o donna, tuo figlio, - fu come se avesse detto, accennando Giovanni: Questi è Gesù Cristo che tu hai partorito. E, infatti, il cristiano perfetto non è più lui che vive, ma è Gesù che vive in lui, perciò di lui fu detto a Maria: Ecco il figliuolo tuo Gesù Cristo (Comment. in Ioann. Praefat.).

Il Vangelo ci dice che Maria partorì il figliuolo suo primogenito (Luc. II, 7). Ora queste parole ci fanno capire, che essendo Gesù Cristo il primogenito di Maria, gli altri figli da lei partoriti sono tutti gli uomini. 

«Dando il consenso all'incarnazione, la Beata Vergine, dice S. Bernardo, domandò con tutto l'ardore dell'anima sua e ottenne la salute di tutti gli eletti; e da quel punto, li ha portati tutti nel suo seno, come la più tenera delle madri porta i propri figli (Tom. III, serm. VI, art. II, c. 2)». 
S. Anselmo osserva che; «riparando la Beata Vergine ogni cosa con i suoi meriti, è la madre di tutti (De Excell. virg c. XI)». Gesù Cristo, facendosi uomo, si è fatto nostro fratello, e S. Paolo ci assicura che noi siamo membri di Gesù Cristo (I Cor XII, 27). Maria è dunque nostra madre, come Dio è nostro padre!...O quanto è mai grande e felice l'uomo!... Avere Maria per madre! o fortuna, vantaggio, tesoro inestimabile!... rendiamocene degni...; siamo altrettanti Cristi...; invochiamola, onoriamola, imitiamola...; diciamo con la Chiesa: Maria madre di grazia, madre di misericordia, difendi ci tu contro i nostri nemici e accoglici nell'ora della nostra morte.


 44. NECESSITÀ DELLA DIVOZIONE A MARIA. -

Quando Gesù dal legno della croce pronunziò quelle dolci parole: «Tutto è compiuto» (IOANN. XIX, 30), ultime parole che uscirono dalla sua bocca divina, il mondo era riscattato e salvo, la collera celeste disarmata, l'inferno chiuso, i demoni prostrati, i nostri ceppi infranti; era terminata la schiavitù del genere umano, cancellato 1'anatema scolpito su la fronte dell'uomo, il cielo era di nuovo aperto e noi avevamo riacquistato il diritto all'eredità celeste. 
Tutto è consumato: - Consummatum est. - Gesù Cristo aveva fatto tutto ciò che richiedeva la giustizia del Padre, l'adempimento delle profezie, la redenzione del mondo. Ma, cosa degna di singolare attenzione e che prova come necessaria sia alla salute la divozione a Maria, solo allora Gesù Cristo annunzia che tutto è compito, quando ha detto a Maria, indicandole Giovanni, e in lui tutta l'umanità cristiana: Ecco tuo figlio e a Giovanni, additandogli Maria: Ecco la madre tua (IOANN. XIX, 26-27).

Il divin Redentore dice che più nulla gli resta a compire, dopo che ci ha dato Maria per madre; egli mette dunque le relazioni materne e filiali tra Maria e gli uomini, tra le cose necessarie alla redenzione ed alla salvezza: la divozione a Maria è dunque necessaria per salvarsi.

Gesù Cristo ci ha dato Maria per madre; ora un figlio deve alla madre sua amore, rispetto ed obbedienza, nel che appunto consiste la devozione. Amiamo dunque, rispettiamo, serviamo Maria ed obbediamole, se vogliamo andare in cielo.

Gesù Cristo pone la madre sua al di sopra di tutti gli eletti e dispone che nessuno entri in cielo senza il consenso, l'aiuto, la direzione di lei. Dunque, chi desidera di assicurare la propria salvezza, deve essere fervoroso servo di Maria e crescere ogni di più in devozione verso di lei.
Inoltre Maria porta il titolo di mediatrice e di riparatrice del genere umano; potrà dunque sperare di andar salvo senza la devozione alla Beata Vergine, colui che può dire di non essere caduto, di non avere bisogno di mediazione... Tutte le grazie che Dio concede al mondo, passano per le mani di Maria: ora la salute è opera suprema della grazia, la devozione a Maria è dunque necessaria a chi voglia andar salvo...

S. Germano, patriarca di Costantinopoli, asserisce in termini formali, che nessuno si salva, se non per mezzo della beatissima Vergine (Serm. de Zona B. Virg.). S. Bonaventura afferma anch'esso, che «chi serve degnamente e venera Maria, andrà salvo; chi non se ne dà pensiero, morrà nei suoi peccati», e poi rivolto a lei, esclama: «Colui che voi volete salvo, lo sarà; colui dal quale torcete lo sguardo, andrà perduto (In Psalm. Virgin.)». Ecco perché S. Giovanni Damasceno scrive che «il più perfetto dei doni celesti è Maria, perché essa sola è degna del suo Creatore; essa è un cielo vivente più grande dei cieli medesimi (Orat. de Nativ. Virgin.)».
S. Agnese apparve un giorno a S. Brigida e le fece conoscere le grandezze mirabili della madre di Dio, le lodi che le venivano tributate, e soggiunse: Come è propria del sole illuminare e vivificare il cielo e la terra; cosi è proprio della dolcezza di Maria ottenere il dono della pietà a tutti quelli che la servono (Revelat.).




45. IL CULTO DOVUTO A MARIA. - 

Insegna S. Tommaso che la Beata Vergine è onorata di un culto speciale, non prestato né ad angeli né a santi, e che si chiama culto d'iperdulia, cioè culto superiore ad ogni altro, eccetto quello dovuto a Dio. E la ragione è questa, dice il santo dottore, «che Maria per la sua operazione e cooperazione, si è avvicinata più di tutti ai confini della divinità; poiché nell'incarnazione di Gesù Cristo, essa raggiunse il sommo grado al quale può arrivare la forza della natura, e dove questa fece difetto, la divinità intervenne per compire da sola la sostanza dell'opera (2.a 2.ae quaest., CIII, art. 4 ad 2)».

E' concorde insegnamento dei dottori della Chiesa, che la Beata Vergine sopravanza in grazia, in virtù, in perfezione, in dignità, in onore, in potenza, in gloria, tutti gli angeli e i santi. La Chiesa onora i santi col culto di dulìa, ossia con culto ordinario, ma porge alla Beata Vergine il culto d'iperdulia, il più vicino al culto di latrìa, dovuto al solo Dio, perché è un culto di adorazione. Se mettiamo insieme tutti gli onori che sono dovuti e si rendono a ciascun angelo e a ciascun santo e a tutti insieme, questi onori non costituiranno mai altro culto che quello di dulìa né, per grandi che divengano, giungeranno mai a vestire il nome di culto d'iperdulia, culto tutto speciale e proprio di Maria. Questo culto è d'un ordine superiore al merito di tutti gli angeli e di tutti i santi riuniti: esso è tanto superiore al culto dovuto agli angeli e ai santi, quanto Maria è per la sua dignità e per la sua potenza; superiore a tutti i membri della corte celeste.

Maria si esalterà ella stessa, dice la Scrittura, si onorerà in Dio e si glorificherà in mezzo al suo popolo: aprirà la bocca nelle assemblee dell'Altissimo e si glorierà innanzi alle schiere del Signore. Ella sarà sublimata in mezzo al suo popolo, e sarà ammirata nelle assemblee dei santi; sarà encomiata dalla moltitudine degli eletti e benedetta dai benedetti di Dio (Eccli. XXIV, 1-4). La Chiesa ha inserito nell'ufficio della Beata Vergine, ed applica direttamente a Maria queste parole che la Scrittura pone sulle labbra della Sapienza. Per mezzo di Maria, infatti, si è compita l'opera somma della divina sapienza. In quest'opera mirabilissima che è la concezione e la natività di Maria, la generazione umana del Verbo, la santificazione e la glorificazione degli uomini, Dio ha manifestato una sapienza infinita e di gran lunga superiore a quella mostrata nella creazione del cielo e della terra, e anche in quella degli angeli e degli uomini...

Maria è madre, figlia e sposa di Dio; essa ha congiunto la divinità all'umanità, il cielo alla terra, la maternità alla verginità, i peccatori alla santità. Tutti questi titoli le meritano di diritto il culto d'iperdulia.





46. BISOGNA INVOCARE MARIA. - 

Di Maria si può dire, come della Sapienza, che «sfavilla, e il suo splendore non patisce oscuramento; chi l'ama la vede, e chi la cerca, facilmente la trova. Essa precorre coloro che la cercano e si manifesta loro la prima» (Sap. VI, 13-14). Colui che invoca Maria, la desidera, la conosce, l'ama, la trova; e desiderare, conoscere amare e trovare Maria è per il cristiano il massimo dei tesori. «Pensare a lei, dice ancora il Savio, è somma saggezza; vigilare per amor suo, reca pronta sicurezza » (Sap. VI, 16).



Quando soffia il vento delle tentazioni, dice S. Bernardo, quando le spine delle tribolazioni vi lacerano, guardate alla stella, invocate Maria. - Se la collera, l'avarizia e la voluttà minacciano di sommergere la fragile vostra barchetta, volgetevi pronti a guardare Maria. - Se il peso dei vostri misfatti vi accascia, se il misero stato della vostra coscienza vi rattrista, se cominciate a turbarvi e a perdervi di coraggio all'idea del tremendo giudizio di Dio, pensate a Maria. - Nei pericoli, nelle angustie, nelle dubbiezze, pensate a Maria, invocate Maria; non cessi mai di essere nelle vostre labbra, non si parta mai dal vostro cuore (Homil. II sup. Missus).

«Tutte le volte che sospiro e respiro, io aspiro a voi, o Gesù e Maria», diceva un santo. Chi cerca Maria e l'invoca, la trova ben presto e attinge in abbondanza da lei, come da un mare, ogni sorta di aiuto e di beni. Anzi, come disse il concilio di Blois, instituendo la festa della Visitazione della Santa Vergine, Maria non aspetta di essere pregata per esaudire, ma previene, secondo l'uso della sua clemenza, le preghiere di coloro che a lei intendono ricorrere.

S. Anselmo, per incoraggiare i fedeli ad invocare spesso e con fiducia Maria, non dubita di asserire che si ottiene talora più presto il desiderato soccorso invocando il nome di Maria, che non quello di Gesù; non perché ella sia più grande e più potente di lui, poiché non Gesù da Maria, ma Maria da Gesù trae la sua grandezza e potenza, ma perché Gesù è il Signore ed il giudice di tutti, egli discerne e pesa i meriti di ciascuno. Quando pertanto non esaudisce chi invoca il suo nome, egli fa da giudice e tratta secondo giustizia; al contrario quando uno invoca il nome di Maria, ancorché non meriti di essere esaudito, i meriti di Maria intercedono per lui. Ella si diporta da madre, non da giudice (De excell. Virg. 1. 1).



47. MARIA OTTIENE INSIGNI VITTORIE A QUELLI CHE LA INVOCANO. ­ 

Maria ascolta le suppliche di coloro che ne implorano il patrocinio.

Nel 552 Narsete, generale dell'imperatore Giustiniano, vedendosi ridotto in durissima e disperata condizione dai Goti e non soccorrendogli aiuto umano, si volge al divino, invoca di tutto cuore Maria, poi si slancia alla testa di un pugno di armati contro le numerosissime schiere di quei barbari, ne fa macello e libera l'Italia dall'oppressione in cui gemeva (EVAGR. Stor. eccles. p. I).

Aveva Cosroe, re di Persia, invaso gran parte dei paesi appartenenti all'impero romano e minacciava di avanzarsi più oltre. L'imperatore Eraclio allora, non contento delle previdenze umane, che pure non aveva dimenticato, pose la sua confidenza in Maria, l'invocò con fede, e poi, misuratosi a battaglia con l'esercito nemico, lo sbaragliò più volte finché Cosroe medesimo vi lasciò la vita, e fu dal cristiano imperatore ricuperata la vera croce nel 626 (PAOLO DIACONO, Storia Longob. lib. XVIII, e THEOPHAN. Chronogr.).

Pelagio, re delle Asturie, implora il soccorso della Beata Vergine e riconquista, nel 718, dopo una terribilissima zuffa in cui passa a fil di spada ottanta mila infedeli insieme al re loro, il suo principato occupatogli dai Mori (Luc. TUD. MARIAN. et alior. Histor. Hisp.).

L'anno 867 Basilio I, imperatore di Costantinopoli, sconfisse, con l'aiuto di Maria, i Saraceni che avevano insultato Gesù Cristo e la Vergine Santissima, e loro ritolse quasi tutte le conquiste fatte.
Alla protezione di Maria si deve ancora la conquista che fecero di Gerusalemme nel 1099 i crociati guidati da Goffredo di Buglione. Infatti insieme al maneggio delle armi, dovevano unire, quelli che ne fossero capaci, la recita quotidiana del piccolo Uffizio della Beata Vergine (GULIELM. TYR. Belli sac. hist. - BARON. et alii).

L'anno 1212 Alfonso VIII, re di Castiglia, presa con sé una mano di soldati e preceduto dalla croce e da uno stendardo sul quale campeggiava l'immagine di Maria e del suo divin Figlio, penetrò nel campo dei Mori e ne trucidò un duecento mila circa, senza perdere dei suoi più che un venticinque o trenta uomini. Celebrano tuttavia gli Spagnuoli ciascun anno questa insigne vittoria, con una festa che ha luogo il dì 16 luglio, e si chiama la festa del Trionfo della croce.

Finalmente, all'intercessione ed all'aiuto della Beata Vergine le armi cristiane vanno debitrici della segnalatissima vittoria navale da loro riportata sui Turchi, nel golfo di Lepanto, addì 7 ottobre 1571, sotto il pontificato di San Pio V, il quale in Roma ne ebbe notizia per divina rivelazione, nel punto stesso in cui avveniva la rotta dei musulmani e il trionfo dei cristiani. Per ringraziare Maria di questo pegno di sua protezione e perpetuarne la memoria, fu stabilita la festa della Madonna delle Vittorie, altrimenti detta del Rosario, perché la battaglia fu combattuta e vinta mentre per ordine del Sommo Pontefice tutte le Confraternite di Roma attendevano a recitare la preghiera del Rosario.

Essendo Maria la donna che secondo la promessa di Dio, doveva schiacciare il capo al serpente infernale, noi possiamo sempre essere sicuri di mandare a monte i disegni e rendere vani gli sforzi dell'inferno... Per mezzo di Maria si trionfa in ogni incontro del mondo, della concupiscenza della carne, di tutte le passioni e tentazioni. Niente a lei resiste, neppure Gesù Cristo, suo divin figliuolo...



48. LA DEVOZIONE A MARIA È SEGNO DI PREDESTINAZIONE. - 

Il culto e la divozione verso la madre di Dio sono un segno sicuro di predestinazione; come la noncuranza, la disobbedienza, il disprezzo di Maria sono causa e segnale di riprovazione. Nestorio, Elvedio, Costantino Copronimo, Giuliano l'Apostata e mille altri, l'hanno provato e ne furono terribile esempio al mondo intero.

Chi serve, onora, prega Maria, prega, onora, serve Gesù Cristo. Chi invece disprezza ed oltraggia Maria, misconosce e calpesta il suo divin figliuolo. 
Nella Chiesa, Gesù è come il padre di famiglia in mezzo ai suoi figli, e similmente Maria per dono e speciale volontà di Gesù Cristo, nella Chiesa sia militante, sia purgante, sia trionfante, tiene il luogo di madre di famiglia e ne veste la dignità e il potere. 

Perciò S. Germano di Costantinopoli predicava che siccome il respiro è non solamente un segnale, ma di più una causa di vita; così la frequente invocazione di Maria, non solamente dimostra che si vive della vera vita, ma dà ancora questa vita e la conserva (Serm, de Zona B. Virg.).

La Beata Vergine è la guida, la regina, la madre, la custode degli eletti... Buona parte dei teologi danno come nota caratteristica e infallibile di elezione divina e di eterna salvezza, la sincera devozione alla Santissima Vergine... Nessuno, disse la Vergine a S. Brigida, per quanto scapestrato e nemico di Dio, se già non si è assolutamente maledetto, m'invocherà senza che ritorni a Dio e ottenga misericordia (Revelat.)... Tanto buona e potente è Maria, che non ricusa nulla ai suoi fedeli servi; e Gesù Cristo per parte sua tanto ama la divina sua madre, che ne esaudisce tutte le preghiere. Del resto, la quotidiana esperienza ci mostra che il vero servo di Maria aborre dal peccato e cammina fedelmente nella via della virtù; ora l'eterna salute è posta a questo prezzo.



49. FELICITÀ DEI SERVI DI MARIA. - 

«Felici quelli che vi amano, o Maria, esclamava in spirito profetico Tobia, beati quelli che si allietano nella vostra pace» (TOB. XIII, 18)

Maria è l'albero della vita per coloro che si stringono a lei; felice chi vi si tiene abbracciato! Ella ne sarà la vita dell’anima e l'ornamento del cuore (Prov. III, 18-22).

«Beato colui che ascolta le mie parole, dice Maria per bocca del Savio, felice chi passa i suoi giorni vegliando all'entrata dei miei padiglioni, su la soglia della mia stanza! Chi trova me, trova la vita, e avrà per mezzo mio salute dal Signore» (Prov. VIII, 34-35). 

S. Bernardo dice che Maria è tutta soavità ed offre a tutti il latte e la lana; poi esclama: «Il sommo della felicità e della gloria consiste, dopo la vista di Dio, nel vedere voi, o Maria! (Sup. Cantic.)». 
S. Ambrogio volendo dare un'idea della dolcezza della beatissima Vergine e delle soavi delizie di cui ricolma i suoi servi, la paragona alla manna (De B. Virg.).

Per un bambino non vi è felicità più ambita né più cara, che quella di trovarsi tra le braccia della sua tenera madre. Ora qual madre uguaglierà in tenerezza Maria? A lei applica la Chiesa quelle parole dell'Ecclesiastico: «Io sono la madre del bell'amore e delle santa speranza. In me è la grazia dell'onestà, la speranza della virtù e della vita. Venite a me, voi tutti che mi desiderate e saziatevi dei miei frutti; perché più dolce del miele è il mio spirito, e la mia porzione è meglio che il favo di miele. Chi mangia di me avrà sempre fame, e chi beve alle mie acque, sarà sempre assetato di me. Chi mi ascolta non rimarrà confuso e chi opera dietro mio impulso non cadrà in peccato. Chi vorrà farmi conoscere, giungerà alla vita eterna» (Eccli. XXIV, 24-31).

Nessun servo fedele di Maria non andò mai perduto; ora non è dunque felicità inestimabile onorare, pregare, amare, imitare Maria? Inoltre il vero figlio, il devoto cliente di Maria, riceve da lei mille grazie e aiuti e conforti ad assicurare la propria salute; felice dunque e infinitamente beato chi si abbraccia a lei e la venera con fervoroso culto!


50. DIO PUNISCE I NEMICI DI MARIA. - 

Maria è la vera arca dell'alleanza che tenne custodito nel suo seno, e poi diede al mondo Gesù Cristo, autore del Nuovo Testamento. 

Ora se tanto severamente fu punita l'impudenza di Oza, come non sarà punita l'impudenza di chi assale irriverente l'arca santa del Cristianesimo? 

Ah! per costui sta proferita quella sentenza di Tobia: «Maledetti saranno quelli che ti disprezzeranno; condannati quelli che ti motteggeranno» (TOB. XIII, 16).

L'empio Nestorio che osò negare la maternità divina di Maria, fu colpito dalla giustizia di Dio; la sua lingua bestemmiatrice, rosa dai vermi, gli s'infracidì in bocca (Stor. eccles.). 
Costantino Copronimo, per avere fatto oltraggio alle immagini di Maria, si sentì divampare le viscere da così ardente calore, che non cessava dal gridare, che egli era stato gettato vivo nell'inferno, per causa dei suoi insulti alla madre di Dio; vinto dal male, si studiò di far ristabilire il culto verso Maria (Stor. eccles.). 
E quanti altri spaventosi esempi si potrebbero citare di divini castighi toccati ai nemici di Maria, a coloro che con sarcasmi e beffe ne canzonano il culto, le immagini, i templi, gli altari, la verginità, la maternità divina, ecc.!...

Chiunque affronta la madre, affronta anche il figlio... Le glorie di Maria sono le glorie di Gesù il quale fu, è, e sarà sempre vendicatore severo. dei diritti e dell'onore della santa sua madre... «Chi mi offende, dice Maria nei Proverbi, danneggia l'anima sua; e quelli che odiano me, amano la morte» (VIII, 36).

Voi dite, Vergine Santa, per bocca del Savio, che chi studia di conoscervi e di farvi conoscere, avrà in premio la vita eterna (Eccli. XXIV, 31). Io farò dunque tutto il possibile per conoscervi, onorarvi, pregarvi, amarvi ed imitarvi; non la perdonerò a fatiche, e studi per mettere in luce le vostre virtù, i vostri meriti, le perfezioni e le prerogative vostre, la vostra misericordia, la vostra gloria, le grazie di cui il mondo vi è debitore. 

Mi adoprerò a propagare il vostro culto e a farvi conoscere, onorare, amare, invocare, ed imitare. Oh, mi fosse data di condurvi ai piedi il mondo intero!... Voglio vivere e morire nelle vostre braccia, sul vostro cuore di Madre... Deh! valgano le mie fatiche sostenute per gloria vostra, a ricondurre al vostro seno i peccatori, a mantenere nella perseveranza tutti quelli che vi servono, e ad ottenere a me la grazia preziosa di servirvi con fervore fino all'ultimo di mia vita. L'ultima parola che pronunzierò nell'uscire da questa vita, sia l'amabilissimo vostro nome, o Maria!


NOS CUM PROLE PIA
BENEDICAT VIRGO MARIA
pgerardomaria@libero.it 


Questo Articolo proviene da Pagine cattoliche


ROSA 35 e 36



ROSA TRENTACINQUESIMA

[108] Il beato Alano riferisce che un cardinale di nome Pietro, del titolo di santa Maria in Trastevere, iniziato alla pratica del Rosario da san Domenico, suo intimo amico, coltivò questa devozione e ne divenne acceso apostolo. Inviato come delegato in Terra Santa presso i crociati allora in guerra contro i Saraceni, egli parlò loro dell'efficacia, del Rosario e tutti ne furono convinti. 

Lo recitarono per implorare l'aiuto del cielo in un imminente combattimento; trionfarono sui nemici pur essendo tremila contro centomila.

Abbiamo già visto come i demoni temono in modo incredibile il Rosario. San Bernardo afferma che il saluto angelico dà loro la caccia e per esso tutto l'inferno freme. Il beato Alano assicura d'aver incontrato parecchie persone che, essendosi date al demonio corpo e anima, rinunciando al battesimo e a Gesù Cristo, furono poi liberate dalla infernale tirannia dopo aver accettato la pratica del santo Rosario.


ROSA TRENTASEIESIMA

[109] Nel 1578 una donna di Anversa si era venduta al demonio con regolare contratto firmato col proprio sangue. Qualche tempo dopo ne sentì acuto rimorso e, desiderando riparare al male commesso, cercò un confessore prudente e caritatevole per sapere in qual modo avrebbe potuto affrancarsi dalla schiavitù di satana; trovò un sacerdote saggio e pio che le consigliò di recarsi da un certo padre Enrico, del Convento di san Domenico, direttore della confraternita del Rosario.

Ella vi andò ma, purtroppo, invece del padre Enrico trovò il demonio travestito da frate, il quale naturalmente la rimbrottò acerbamente e le significò che per lei non c'era più alcuna speranza di ottenere grazia da Dio né possibilità di revocare l'atto di vendita firmato. Desolata ma sempre fiduciosa nella misericordia divina, la povera donna ritornò dal padre ma vi trovò nuovamente il diavolo che la respinse come la prima volta. 

Persistendo nei buoni propositi, ella si presentò al Convento una terza volta e finalmente, per volere di Dio, poté incontrarsi col vero padre Enrico che l'accolse con carità, la esortò a confidare nella bontà del Signore e la invitò a fare una buone confessione. 
Le ordinò poi di recitare con molta frequenza il santo Rosario e la iscrisse nella confraternita. Ella fece quanto le era stato prescritto, ed ecco che una mattina, mentre il padre Enrico celebrava la Messa per lei, la Vergine obbligò il demonio a restituire alla donna la famigerata carta e d'un tratto essa si trovò libera dal maligno per l'autorità di Maria e grazie alla pratica del Rosario.

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>

giovedì 21 agosto 2014

S. Bernardo: Lettera 18

S. Bernardo: Lettera 18

E-mail Stampa PDF


INTRODUZIONE

Questa lettera di Bernardo di Clairvaux la diciottesima fu scritta nell'estate del 1126 e venne poi inserita, dallo stesso Bernardo, nel "registro" autentico delle lettere che egli, a partire dal 1145, curò con l'aiuto dei suoi segretari.
La lettera è indirizzata al cardinale Pietro di Santa Maria in via Lata. Egli si trovava a Troyes (non lontano da Clairvaux) in qualità di inviato del papa Onorio II, per risolvere alcuni problemi creatisi a Cluny.
Durante quel soggiorno, il cardinale Pietro sentì parlar bene del giovane abate di Clairvaux, Bernardo. Gli scrisse una lettera - oggi andata perduta - nella quale esprimeva il desiderio di incontrarlo personalmente e di leggere qualcuna delle sue opere. Bernardo gli rispose con questa lettera . Oltre a sottoporre alla scelta del cardinale l'elenco delle opere sino ad allora scritte - un prezioso punto di riferimento per la loro datazione: l'In laudibus Virginis Matris (1118-25), l'Apologia (1121-25), il De gradibus humilitatis et superbiae (1124-25) e una prima raccolta di circa 77 lettere - vi espose alcune delle linee portanti della sua teologia. Temeva, infatti, che il cardinale Pietro potesse essere tratto in inganno dalle illusioni e dagli errori della gente comune che, come osserva Bernardo, a volte si inganna sia nel biasimo che nella lode. Volle, allora, offrirgli la possibilità di farsi un'opinione personale e presentò, in sintesi, il propio pensiero.
La lettera prende l'avvio proprio da qui: dal desiderio che Bernardo ha di essere conosciuto e amato per quello che effettivamente è. Così come - prosegue Bernardo - dovremmo conoscere e amare Dio: per quello che è.
La lettera prosegue affermando quanto è importante la conoscenza di Dio: è grazie ad essa che l'uomo è "qualcosa". Per questo Dio consente all'uomo di conoscerlo nella fede e di amarlo nel desiderio.
Al di là di quanto talvolta la storiografia nei secoli successivi ha riconosciuto, egli interpreta con equilibrio l'esperienza dell'uomo: è un'esperienza di intelligenza e di amore. Importante il ruolo riconosciuto al desiderio: integra la fede e prepara la pienezza dell'amore. Il centro di questa esperienza è l'incontro personale e totale con Cristo. Bernardo lo presenta, qui, in maniera suggestiva e coerente, come un abbraccio nell'intelligenza e nell'amore: abbracciare con tutto se stesso la totalità che è Cristo. La vita cristiana, per Bernardo, non può essere meno di questo.
.Questa presentazione della comunione con Cristo costituisce uno degli elementi della forza e del fascino del suo pensiero. E forse questo è uno dei motivi del suo grande successo nel XII secolo.



Conoscere e amare Dio

Penso che in me sia stimato o amato non ciò che sono ma ciò che si ritiene che io sia. Allora non sono amato, quando sono amato così; ma non so cosa ci sia in me , a mio favore, che però io non sono. Anzi a dire la verità non è che non lo sappia: perché so con assoluta certezza che non c'è nulla. Infatti non è nulla, senza dubbio, ciò che si crede ci sia e invece non c'è. Perciò, quando si ama quello che non c'è, ma che si crede ci sia, non è che siano nulla l'amore o la persona che ama, ma è nulla ciò che è amato. C'è da meravigliarsi, anzi c'è più da dolersi che da meravigliarsi, che ciò che non è nulla possa essere amato.
Da ciò possiamo facilmente comprendere da dove veniamo, dove andiamo, cosa abbiamo perso, cosa abbiamo trovato. Aderendo a Colui che sempre esiste e nella beatitudine, anche noi avremmo potuto esistere sempre e nella beatitudine. Aderendo però, intendo dire, non solo nella conoscenza, ma anche nell'amore. Infatti, alcuni tra i figli dl Adamo, "pur avendo conosciuto Dio, non lo glorificarono né gli resero grazie come Dio, ma vaneggiarono nei loro ragionamentI" (Rom 1,21). Perciò, comprensibilmente,"si è ottenebrato il loro cuore insensato" (Rom 1,21), poiché, avendo conosciuto la verità e avendola disprezzata, ricevettero giustamente come punizione di non conoscerla più.
Ahimè, aderendo alla verità nella conoscenza, ma allontanandosene nell'amore, cioè amando al suo posto la vanità,"l'uomo è divenuto simile alla vanità" (Sal 143,4).
E cosa e più vano che amare la vanità, cosa più iniquo che disprezzare la verità? Cosa, allora, è più giusto che sottrarre la conoscenza stessa a coloro che la disprezzano?
Cosa, dico, è più giusto che non sia in grado di gloriarsi della conoscenza di Lui chi, pur avendola avuta non l'ha glorificato? Perciò la brama della vanità è il disprezzo della verità, e il disprezzo della verità è la causa della nostra cecità. "E poiché non hanno apprezzato - dice l'apostolo -la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata" (Rom 1,28) (Ep 18,1).


L'uomo è conoscenza di Dio

Da questa cecità deriva, quindi, che, il più delle volte, invece di ciò che è, amiamo o apprezziamo ciò che non è, perché "finché abitiamo in questo corpo, siamo in esilio lontano" (2 Cor 5,6) da Colui che è sommo. "E che cosa è l'uomo", o Dio, se non "ciò che hai reso noto a lui?" (Sal 143 ,3) . E così, se la conoscenza di Dio è causa che l'uomo sia qualcosa, la sua ignoranza fa sì che egli non sia nulla. Ma Colui che "chiama le cose che non sono al pari di quelle che sono" (Rom 4,17), avendo in certo modo pietà di quelli ridotti a nulla, poiché non possiamo ancora contemplare direttamente ne abbracciare nell'amore quella manna nascosta - della quale l'apostolo dice: "E la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3) -, ci concesse intanto di conoscerlo nella fede e di cercarlo col desiderio, cosicché, ricondotti, grazie a queste due esperienze, dal non essere all'essere, cominciamo a divenire "come una primizia delle sue creature" (Gc 1,18), per poi passare ad essere finalmente "allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ef 4,13). E ciò accadrà, indubbiamente, quando la giustizia sarà convertita in giudizio, cioè la fede in intelligenza, vale a dire la giustizia, che deriva dalla fede, nel giudizio che viene dalla piena conoscenza e, allo stesso modo, il desiderio che ci accompagna nel pellegrinaggio sarà trasformato nella pienezza dell'amore. Se, infatti, quelli che sono ancora lontani vengono iniziati dalla fede e dal desiderio, quelli che arrivano vengono certamente portati alla perfezione dall'intelligenza e dall'amore.
Come la fede conduce alla piena conoscenza, così il desiderio conduce al perfetto amore. E come è detto: "Se non avrete creduto, non comprenderete" (Is 7,9), così si può dire anche, non senza ragione: "Se non avrete desiderato, non amerete alla perfezione". L'intelligenza, infatti, è frutto della fede, la perfetta carità lo è del desiderio.
Per il momento "il giusto vive mediante la fede" (Rom 1,17), mentre il beato vive mediante l'intelligenza. Per il momento il giusto desidera Dio "come la cerva anela alle fonti delle acque" (Sal 41,2), mentre il beato beve già, nella gioia, alle fonti del Salvatore, cioè gode nella pienezza della carità (Ep 18,2).


Abbracciare Cristo con l'intelligenza e l'amore
Quindi, per mezzo di queste che sono, per così dire, le due braccia dell'anima, l'intelligenza e l'amore, cioè la conoscenza e l'amore della verità, vengono abbracciate e comprese, con tutti i santi, la lunghezza, la larghezza,la sublimità e la profondità, cioè l' eternità, la carità, la virtù e la sapienza. E tutto ciò e CristO. Egli è l'eternità, poichè "questa è la vita eterna: che conoscano te, il vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17,3). E' la carità, poiché è Dio: "Dio infatti è carità" (1 Gv 4,16). E' anche la virtù di Dio e la sapienza di Dio. Ma questo quando sarà? Quando "lo vedremo così come egli è" (1 Gv 3,2), quando lo ameremo così come egli è (Ep 18,3).

mercoledì 20 agosto 2014

San Bernardo di Chiaravalle - Sermoni sul Cantico dei Cantici

Opere. Sermoni sul Cantico dei Cantici
san Bernardo di Chiaravalle

Copertina di 'Opere. Sermoni sul Cantico dei Cantici'
Descrizione
Quando san Bernardo muore, il 20 agosto 1153, lascia incompiuti i sermoni dedicati al Cantico dei Cantici; in realtà, non a tutto il testo sacro, poiché gli 86 discorsi del Dottor Mellifluo si fermano appena al capitolo 3, 1 super Cantica. E così come sono fluiti dalla penna del Santo, i sermoni non vantano neppure un titolo d'autore.

Quello che conosciamo ora, ormai accreditato dalla maggioranza dei manoscritti del XII secolo - Sermones super Cantica Canticorum -, lo dobbiamo al segretario di san Bernardo, Goffredo di Auxerre. Scritti tra il 1135 e il 1155, i Sermones sono il frutto e la testimonianza di un'esperienza mistica genuina e sempre più pura ed intensa, che l'Autore sente il bisogno di comunicare agli altri, aiutato in questo da un grande talento letterario.

L'opera dopo la morte di san Bernardo ha avuto una vita lunga e travagliata: in mano a copisti e correttori, ha continuato ad evolversi. L'edizione critica qui pubblicata è frutto di un accuratissimo lavoro che ha ricostruito il testo dopo aver appurato e pesato ben tre versioni meritevoli di fiducia. Il secondo volume completa la pubblicazione.



I quattro gradi dell'amore

L'amore di se stessi per sé:
« [...] bisogna che il nostro amore cominci dalla carne. Se poi è diretto secondo un giusto ordine, [...] sotto l'ispirazione della Grazia, sarà infine perfezionato dallo spirito. Infatti non viene prima lo spirituale, ma ciò che è animale precede ciò che è spirituale. [...] Perciò prima l'uomo ama se stesso per sé [...]. Vedendo poi che da solo non può sussistere, comincia a cercare Dio per mezzo della fede, come un essere necessario e Lo ama. »
L'amore di Dio per sé:
« Nel secondo grado, quindi, ama Dio, ma per sé, non per Lui. Cominciando però a frequentare Dio e ad onorarlo in rapporto alle proprie necessità, viene a conoscerlo a poco a poco con la lettura, con la riflessione, con la preghiera, con l'obbedienza; così gli si avvicina quasi insensibilmente attraverso una certa familiarità e gusta pura quanto sia soave. »
L'amore di Dio per Dio:
« Dopo aver assaporato questa soavità l'anima passa al terzo grado, amando Dio non per sé, ma per Lui. In questo grado ci si ferma a lungo, anzi, non so se in questa vita sia possibile raggiungere il quarto grado. »
L'amore di sé per Dio:
« Quello cioè in cui l'uomo ama se stesso solo per Dio. [...] Allora, sarà mirabilmente quasi dimentico di sé, quasi abbandonerà se stesso per tendere tutto a Dio, tanto da essere uno spirito solo con Lui. Io credo che provasse questo il profeta, quando diceva: "-Entrerò nella potenza del Signore e mi ricorderò solo della Tua giustizia-". [...] »
(San Bernardo di Chiaravalle, De diligendo Deo, cap. XV)

Si ricordi anche la visione di Maria contenuta nella Divina Commedia, dove Dante riporta la straordinaria preghiera del doctor marianus Bernardo Di  Chiaravalle
« Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se' a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ' mortali,
se' di speranza fontana vivace.

Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz'ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate. »

(Paradiso XXXIII,1-21)