domenica 4 maggio 2014

La fede adulta s’oppone ai venti della moda.

Esto tutrix et adiutrix christiani populi:
Pacem praesta, ne molesta nos perturbent saeculi.

Piace riportare questa efficacissima puntualizzazione:

A talune, perniciose " aperture " paventate da qualche dirigente episcopale nei confronti dei cosiddetti " cattolici adulti " -  corresponsabili dello sfascio  della morale cattolica e conseguentemente della società , risponde il luminoso Magistero della Chiesa : 

"Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede “matura”, una “fede adulta”. 

La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. 
Ma lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi. 

E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. 
È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”. 
È la fede che egli vuole. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. 

 Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. 
Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. 

La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. 
Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo". 
Benedetto XVI, 28 giugno 2009.

La gioia dei vostri cuori, la luce dei vostri pensieri, il desiderio ardente della vo­stra volontà, l'anello che vi unisce al Cielo.


"II Rosario deve essere la gioia dei vostri cuori, la luce dei vostri pensieri, il desiderio ardente della vo­stra volontà, l'anello che vi unisce al Cielo.
È la fonte inesauribile dei tesori che Io vi offro con le mie mani immacolate. Dipende solo da voi accoglierlo e recitarlo.

Offrite semplicemente il vostro tempo, la vostra disposizio­ne umile e devota, un minimo di sforzo per raccogliervi recitandolo. Non siate avari del tempo che gli consacrate. Non lasciatelo per l'ultimo quarto d'ora della giornata, pensando che ci sarà abbastan­za tempo per recitarlo.

Con il Rosario si ha la grazia, l'azione dello Spirito Santo, che ci dona la conoscenza del Salvatore nei suoi misteri, ci dona l'amore del Padre mediante il quale le nostre anime diventano capaci di immergersi in Dio. Si realizzano così le parole del Figlio di Dio: "II regno di Dio è in voi; il regno eterno, universale, il regno della verità, della santità e della grazia, il regno della giusti­zia, dell'amore e della pace".

AMDG et BVM

Attenti al rock-musica


La musica,
dal punto di vista Ortodosso

       La musica è un'attività della vita umana da sempre, come il parlare. Ed è anche un tipo di arte. E' in grado di esprimere le emozioni, i pensieri ed i processi volontari delle persone. Inoltre è un mezzo di dialogo nonchè di influenza e di soggezione e persino sottomissione. Come esistono i suoni melodici e disarmonici, piacevoli e dispiacevoli, così anche la musica può essere "buona" o "cattiva", influenzando positivamente o negativamente non solo sulle emozioni delle persone, ma anche sulla loro salute, l'educazione e la maniera di comportarsi, il che influisce senz'altro anche sull'andamento della vita stessa delle persone e, letteralmente, alla fine dei conti, sul loro destino nell'Eternità. Per questo la musica non va assolutamente sottovalutata, come avviene dappertutto nei nostri giorni.

       Per illustrare le nostre parole faremo qui di seguito una citazione dal libro di Arcimandrita Lazar "IL PECCATO ED IL PENTIMENTO DEGLI ULTIMI TEMPI. Dei malanni nascosti dell’anima"

Dal Capitolo 5.
Un breve esame delle più comuni passioni peccaminose dei nostri tempi.
Passione di rock-musica.

       L’influenza sull’anima di un cristiano di jazz musica, rock musica, punk musica, disco musica ecc. è estremamente dannosa. Tutte queste forme ed avvenimenti della moderna cultura musicale popolare non solo non si limita nel campo artistico, ma intacca anche tutte le parti, tutti i più piccoli particolari di vita della gioventù moderna. Questa cultura muta costantemente, come un camaleonte, adattandosi a tutte le sfumature d’umore delle nuove generazioni, cambiando i nomi dei suoi "nuovi” stili, persino apparentemente rifiutando il passato si ribella contro se stessa per rianimare l’interesse ed il gusto verso le stesse cose, perché la sua sostanza è sempre la stessa. Questo fenomeno è estremamente ripugnante e offensivo persino per una persona più o meno credente, tanto più è inaccettabile per un vero cristiano. Continua a leggere

Moderazione


MODERAZIONE

Data: Domenica, 01 ottobre @ 08:29:05 CEST
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...


Disponete con ordine gli sforzi richiesti al bambino, poiché il suo punto di saturazione è presto raggiunto: non oltrepassatelo. Bisogna saper dargli respiro. l’attenzione del bambino ha una piccola imboccatura: non bisogna riempirlo di troppe cose insieme. 


* Evitate al bambino la tensione nervosa e il soverchio affaticamento fisico e morale. Il bambino, per assimilare tutto ciò che gli si dice o gli s’insegna, ha bisogno di periodi di tranquillità. Occorre che possa vivere un po’ a modo suo.

* Vegliate, sì, sui vostri bambini, ma non siate pedanti ne' soffocanti.

* Stare continuamente "alle calcagna" del bambino è stancarlo inutilmente e impedirgli di essere sé stesso.

* Disponete con ordine gli sforzi richiesti al bambino, poiché il suo punto di saturazione è presto raggiunto: non oltrepassatelo. Bisogna saper dargli respiro. L’attenzione del bambino ha una piccola imboccatura: non bisogna riempirlo di troppe cose insieme.

* Evitate ogni esagerazione coi bimbi, perché prendono alla lettera tutto ciò che si dice loro. Troppi elogi possono diventare altrettanto nocivi di un eccessivo biasimo.

* Evitate di incutere paura ad un fanciullo; il suo organismo è ancor fragile, e non si sa quindi quali ripercussioni profonde possa avere uno spavento irragionevole. Risparmiategli le storie di banditi, fantasmi e lupi marinari e ancor meno vi appellerete al diavolo e all’inferno per una colpa leggera. Non usate minacce ridicole: "Se non stai buono, verrà l’orco e ti mangerà!". E soprattutto non prendete il vezzo di quella povera donna che vedendo passare un prete, onde far cessare il pianto del suo monello, diceva: " Se tu non smetti di piangere, lo dirò al signor Curato, l’uomo nero, che ti porta via...". È il metodo migliore per alienare per sempre il fanciullo dal prete e dalla religione.

* Quale grave errore psicologico presentare Dio come aguzzino: "Vedi, ti sta bene! Hai disobbedito e Dio ti ha castigato..."! Il fanciullo non tarderà ad accorgersi che Dio non punisce sempre i nostri sbagli immediatamente. D’altra parte, quale cosa più falsa e più pericolosa per la sua fede, di presentare il Dio d’amore come un despota sempre pronto a vendicarsi?

* Proporzioniamo sempre lo sforzo con l’effetto che vogliamo ottenere. A forza di incollerirsi, di far scenate per un nonnulla, di investire il fanciullo con urla, rimproveri, lacrime e con lunghi sermoni, l’educatore perde ogni influenza. Si è bruciato... pace alle sue ceneri! Il fanciullo ne trae subito il suo partito e finisce con opporre l’indifferenza della forza d’inerzia se non addirittura il disprezzo interiore.

* Lo schiamazzo temerario e ordinario passa in usanza e suscita il disprezzo

* È nocivo affogare l’attenzione del ragazzo in discorsi interminabili. Terminando una mamma la sua filippica veemente e lunga contro suo figlio, questi con impertinenza, ma con simpatia quasi spaventata, le dice: " Povera mamma mia, quanta sete devi avere!".

* Non esigete cose irragionevoli dai bambini; o, se chiedete uno sforzo eccezionale, create prima un clima favorevole, mostratevi molto incoraggianti e fate attenzione a non calcare molto la mano. Per esempio, non obbligate continuamente un bambino a restare silenzioso e immobile. Ecco: una sera il babbo rientra dal lavoro con una forte emicrania; la mamma prenderà in disparte il bambino e gli dirà affettuosamente: "Vedi, babbo ha tanto male di testa. Stasera ti chiedo un grande sforzo (so che ora sei capace perché sei già un ragazzo grande): cerca di fare meno rumore possibile; siedi in quell’angolo e sfoglia questo libro di figure...". E ogni tanto un bacio ricompensi la saggezza del bravo ometto.

* Non abusate di alcune parole come, per esempio, di "cattivo". "Quanto sei cattivo, Pietro, a mettere sempre le dita nel naso!" — "Giovanna, cattiva, non va bene toccare le tendine!". In presenza di Renato una mamma dice a una amica: "Oh, signora, se sapeste quanto è cattivo! Ha strappato di nuovo i calzoni". L’aggettivo "cattivo" è usato a iosa per le più futili occasioni e per i più piccoli sbagli. Come volete che Pietro, Giovanna e Renato, che si sentono decretare l’appellativo di "cattivo" a ogni pie' sospinto per sciocchezze, che non hanno riferimento a mancanze morali o vizi di carattere, possano farsi una giusta idea della vera cattiveria?

* II fanciullo da alle cose l’importanza e il valore che i genitori danno ad esse. È quindi necessario che i genitori abbiano il senso della proporzione onde non attribuire l’importanza del principale all’accessorio.

* Alcune approvazioni troppo vive possono falsare interiormente la prospettiva morale di esseri troppo giovani per stabilire essi stessi la scala dei valori. Per esempio: non date mai maggiore importanza a un piatto rotto, a un paio di calzoni strappati, a una porta mal chiusa, che a un disordine morale come la menzogna, l’ostinazione, la crudeltà.

* I bambini, fin da piccolissimi, hanno il senso della loro dignità. Bisogna rispettarla. Certe umiliazioni pubbliche possono causare dei complessi di inibizione e di misantropia che seguiranno il ragazzo per tutta l’esistenza. Vi sono madri che dicono abitualmente ai loro bambini: "Vedi, tutti ti guardano! Dovresti vergognarti!". Ne può risultare una timidezza esasperata, un timore di arrossire, un’apprensione per l’opinione pubblica, dannosa certamente al bambino quando sarà cresciuto.

* Due complessi sono ugualmente pericolosi; il sentimento della superiorità ed il sentimento della inferiorità e dell’insufficienza. Il seme generatore di questi due complessi che occupano un posto importante nell’origine delle perturbazioni psichiche viene gettato fin dall’infanzia. Se il bambino sente continuamente ripetere che ha un’intelligenza eccezionale, che è divinamente bello, che ha disposizioni meravigliose, che è sviluppato oltre la sua età, diventerà d’una sufficienza insopportabile, si crederà un essere straordinario e più tardi cozzerà dolorosamente contro la dura realtà della vita. Quando invece si rimprovera continuamente un bambino di essere troppo goffo e stupido, si sviluppa in lui un sentimento di inferiorità, che ne fa anticipatamente un vinto e un disperato.

* Evitare tutto ciò che può nuocere al "naturale" del bambino. La sua anima è pianta troppo delicata perché non la si preservi da ammirazioni esagerate che rischiano di offuscarla o anche di falsarla. Che dire poi di certi inviti a farla da buffone, come: "Mostra al signore quanto sei bravo a fare le smorfie"?

* Regola d’oro: Non parlate mai dei vostri bambini in loro presenza! Se ne dite bene rischiate di renderli vanitosi; se ne dite male li umiliate pericolosamente.




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Benedetto XVI e il latino


Benedetto XVI e il latino

Piace richiamare l'attenzione sul Latino, lingua sacra da preservare. Per chi dovesse affacciarsi solo ora al blog aggiungo il link a questo testo.

Intervista a Ivano Dionigi, magnifico rettore dell'Università di Bologna
Nello scrigno dei tesori che il pontificato di Benedetto XVI lascia in eredità alla Chiesa c’è anche una rinnovata attenzione al latino. Un amore, quello per la classicità, coltivato a lungo dal teologo Joseph Ratzinger e culminato nell’istituzione della Pontificia Accademia di latinità. Secondo il presidente del nuovo organo, Ivano Dionigi, rettore dell’Università di Bologna, quella auspicata dal Pontefice tedesco non è un’attività da archeologi ma un’opera «di cultura» in grado di dare solide fondamenta a tutta la Chiesa e di rispondere alle domande del tempo attuale.

Professore, da dove nasce questa premura per il latino da parte di Ratzinger?
Da uomo colto quale è, nasce di certo dalla sua sensibilità, dal suo gusto estetico letterario. Ma a questo si aggiunge la consapevolezza che il latino nella storia è stato la lingua dell’«imperium», dello «studium» e dell’«ecclesia». Inoltre questa lingua ha in sé tre proprietà che trovano corrispondenza nelle caratteristiche della fede: l’eredità, l’universalità e l’immutabilità. Innanzitutto, infatti, essa è stata la lingua dei Padri della Chiesa, la lingua dei teologi, la lingua del diritto canonico, la lingua dei Concili, la lingua della liturgia. Poi è la lingua con cui la Chiesa si è rivolta a tutti i popoli. Infine, nella fissità di quella che tutti considerano una lingua morta si rispecchia l’immutabilità del nucleo della fede. È chiaro quindi che alcune letture della scelta di Ratzinger di rilanciare il latino sono limitate e banali. A spingere Benedetto XVI in questa direzione non è stata, come qualcuno ha detto, la volontà di ricomporre la frattura con i lefebvriani o un semplice ritorno al passato, ma qualcosa di più grande e complesso, qualcosa che viene da lontano. D’altra parte l’attenzione alla lingua e alla cultura latine – che andrebbero accompagnate anche con quelle greche classiche – è un’eredità che Benedetto XVI ha raccolto dai Pontefici suoi predecessori. E forse l’allarme è partito anche dal fatto che oggi pure tra il clero il latino è poco conosciuto.

Ma a cosa può servire il latino oggi alla Chiesa?
Negli ultimi tre lustri a forza di chiederci cosa serve e cosa non serve, in realtà, ci siamo tutti impoveriti. A forza di ragionare in questo modo ci siamo creati un deficit di pensiero e di attenzione all’anima, come ha ben compreso Benedetto XVI. Certo si potrebbe obiettare che oggi la Chiesa ha ben altre priorità, come l’evangelizzazione. Ma con il "benaltrismo" si fa poco, anche perché io credo che oggi la riscoperta del latino non abbia solo un valore fondativo, di ritorno alle radici. In realtà questo rilancio può offrire un contraltare alla modernità, può essere sanamente e positivamente antagonistico al presente.

E in che modo questo sarebbe costruttivo?
Il latino è una lingua tutta imperniata sulla temporalità, sul verbo, è una lingua «sub specie temporis». Questo è il «di più» della riscoperta della lingua e della cultura latina oggi, in un momento in cui tutto è sincronico e c’è la dittatura del presente. In latino anche l’«ordo verborum», l’ordine delle parole, ti fa riscoprire la dimensione del tempo e la vita dell’uomo è tempo. Noi oggi abbiamo bisogno della storia. Inoltre il latino insegna la complessità.

Lei auspica, insomma, che tutti studino il latino?
No, non penso che tutti obbligatoriamente debbano sapere il latino. Ma credo che, come ha saputo ben cogliere anche Ratzinger, il latino sia una ricchezza da spendere. Per questo sono convinto della necessità che nella Chiesa e nelle università ci sia ancora chi capisce il latino, lo insegna e lo sa scrivere. È necessario per permetterci di continuare oggi a essere mediatori culturali: per tradurre i padri, gli autori classici e tutto il patrimonio della Chiesa bisogna sottoporre i testi alle sollecitazioni del tempo attuale e allora a domande nuove bisogna dare risposte nuove. È falsa, insomma, la contrapposizione tra i «progressisti» che sono per l’inglese e internet e i «conservatori» che sono per il latino.     Continua a leggere...