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mercoledì 20 febbraio 2019

Rimproverare


Evitare gli eccessi

 In materia di educazione bisogna evitare due eccessi: il primo consiste nell’assenteismo completo; il secondo nella pignoleria. * I bambini, per definizione, mancano dì esperienza; è compito dei genitori avvisarli dei pericoli che possono incontrare. Ma le grida continue e sproporzionate di allarme finiscono con distogliere l’attenzione e la sensibilità; e quando ci sarà un vero pericolo da prevenire, l’intervento dei genitori non sarà preso sul serio.

* In materia di educazione bisogna evitare due eccessi: 
il primo consiste nell’assenteismo completo: “lasciar fare, lasciar passare“, o politica degli occhi chiusi: “fa’ ciò che vuoi, purché mi lasci in pace“, politica di rinuncia che può portare a conseguenze catastrofiche. 
Il secondo consiste nella pignoleria; essere sopra al ragazzo per ogni sciocchezza. Come sempre, il giusto sta nel mezzo: il fanciullo ha bisogno dell’aiuto dell’adulto, aiuto che a volte può anche consistere in una specie di continuo addestramento: il ricordo, per esempio, di un dolore (uno scapaccione o sgridata) in seguito ad un gesto o a un atteggiamento biasimevoli.

* I buoni esempi e gli incoraggiamenti al bene non sono sempre sufficienti nell’educazione. Il fanciullo non nasce perfetto. Ha tendenze anarchiche e, a volte, quando meno ci si pensa, può manifestare un carattere geloso, autoritario, indipendente, solitario, ecc… È dunque normale che babbo e mamma debbano incanalare e orientare nel senso giusto le giovani forze vive, con un rimprovero che, se ben proporzionato e dato a tempo e luogo, contribuirà a fargli toccare con mano i limiti del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto; in una parola, a formare il suo criterio morale.

* Perché un’ammonizione sia efficace bisogna che sia rara e breve. Se assume un atteggiamento teatrale, con strida convulse e acute, perde ogni effetto. Il bambino, dapprima impaurito, poi indifferente, lascerà passare la burrasca a scapito della vostra autorità e, ciò che è peggio, a danno della formazione della sua coscienza, poichè una coscienza non si forma da sola.

* I vostri interventi saranno più fruttuosi se avranno un carattere di pace e serenità, Allora, siatene certi, saranno uditi; e se lì per lì troveranno l’opposizione istintiva del bambino, lo aiuteranno però col tempo a padroneggiarla. 

* La maggior parte dei genitori non sospettano fino a qual punto usino della loro autorità per fare continue ed inutili osservazioni, ripetute raccomandazioni accessorie, sollecitudini esagerate contrarie al bene che si vorrebbe ottenere.
Per poco che si osservi su un treno, in un giardino o in una casa una madre col figlio, si rimane sbalorditi per la quantità di avvisi a volte contraddittori e di rimproveri spesso irragionevoli e ingiustificati che piovono sui poveri piccoli: “Enrico, non correre, ti riscalderai troppo…“, qualche istante dopo: “Non rimanere piantato come un albero, va’ a giocare… Non avvicinarti tanto all’acqua; cadrai… Attento alle scarpe; non sporcarle!.., Sarai ancora disubbidiente come sempre… Enrico, cosa ti ho detto?… È insopportabile un fanciullo così.,.! Sei un buono a nulla; non so che fare con te“. E va ancor bene quando la mamma, non considerando il valore delle parole, non aggiunge: “Mi accorgo che hai il carattere di tuo padre!“.

* La premura materna deve entrare in opera quando è veramente richiesta. Facendo rimproveri senza capo nè coda, si rischia di falsare la coscienza del bambino, che non impara a stimare nel loro giusto valore ordini e proibizioni, di impedirgli di svilupparsi nel suo stile e di fare la sua esperienza personale subendo le conseguenze delle sue sciocchezze o delle sue imprudenze. Naturalmente ciò lo dobbiamo permettere là dove il bambino non corre rischio grave.

* Tra i vantaggi che offre il sistema delle reazioni naturali, noi costatiamo che, in primo luogo, dà allo spirito, in fatto di condotta, l’esatta nozione del bene e del male che deriva dall’esperienza degli effetti buoni e cattivi, secondo, che il fanciullo, provando le conseguenze delle sue cattive azioni, deve riconoscere più o meno chiaramente la giustizia della punizione; terzo, che essendo riconosciuta la giustizia della punizione e questa punizione essendo applicata direttamente dalla natura e non da un individuo, il fanciullo non si irrita, mentre il padre, compiendo il suo dovere passivamente, e cioè lasciando che la natura compia il suo corso, conserva una calma relativa; quarto, che essendo così stornata la mutua esasperazione, tra padri e figli vengono a crearsi legami più dolci e fecondi di buone influenze.

* Quando un bambino cade o urta contro un tavolo, fa un’esperienza di dolore che lo rende più attento per l’avvenire. Se tocca la sbarra di ferro del camino, se passa con la mano sulla fiamma d’una candela o lascia cadere una goccia d’acqua bollente sulla pelle, la scottatura che ne prova è una lezione che non sarà facilmente dimenticata. Un bambino mai puntuale non lo si lascerà andare a passeggio; un bambino negligente, che trascura o rompe gli oggetti di suo uso, subisce dai genitori il rifiuto di sostituire gli oggetti perduti o rotti. Più tardi un bambino che trascura i suoi vestiti sarà privato d’una gita o duna visita agli amici con la famiglia. Infine un giovane spensierato e ozioso non ottiene un posto piacevole; questi sono i castighi delle reazioni naturali che seguono i falli commessi.

* Perchè il bambino diventi cosciente della sua responsabilità e comprenda in modo concreto il valore di ciò che ha detto o commesso, uno dei mezzi più efficaci consiste nell’indurlo a riparare – quando è possibile – materialmente o moralmente il male fatto.

* Meglio rimproverare un fanciullo a tu per tu e a voce bassa (a meno che lo sbaglio non sia stato pubblico).

* Si facciano poche parole col bambino colpevole, non si discuta. Meglio tagliar corto senza ulteriori spiegazioni, col sorriso di chi ha buone ragioni, ma non crede opportuno per il momento manifestarle. Allora il colpevole offeso si sforzerà di indovinare quanto gli nascondete. Le ragioni che ha così spontaneamente trovate gli gioveranno più delle vostre, avendole attinte dalla sua coscienza.

* Non si pretenda sempre che i bambini riconoscano immediatamente il loro torto, poiché è veramente assai difficile che riconoscano subito di aver sbagliato. È già molto quando cessano di dichiararsi innocenti; vuol dire che hanno già coscienza della loro colpevolezza e si arrenderanno alle vostre ragioni. 

* Rimproverando, bisogna evitare assolutamente di paragonare il fanciullo ad un altro: “Guarda come è delicato tuo fratello... — Ah! fossi sempre come il piccolo Giacomo !“, ecc. Ciò servirebbe solo a creare gelosie e inimicizie inconciliabili tra il fanciullo e il modello, 

* Cosa perdonata, cosa passata: non riandate per una sciocchezza da nulla a falli antichi. Ritornarci sopra vuol dire non aver dimenticato e tenere sempre in serbo un episodio umiliante, pronti a propalarlo. C’è da scoraggiare per sempre un bambino, impedendogli così ogni sforzo per correggersi.

* Una lite tra fratelli e sorelle richiama comunemente l’intervento energico dei genitori, Ordinariamente dopo quattro o cinque minuti uno dei figli cede o perché più debole, o perché più ragionevole dell’altro. Perché dunque intervenire quando la cosa si può risolvere da sé in modo soddisfacente?
Non sciupiamo l’autorità per dei nonnulla, a meno che non ci sia qualche prepotenza da parte d’un despota a cui bisogna dare una più esatta nozione della giustizia distributiva e della carità fraterna.

* Conosco due bambini che dormono nella stessa stanza. Naturalmente a volte vengono a lite e quando è ora di andare a dormire giocano. Si è loro raccomandato, ma inutilmente, che quando si va a letto bisogna far silenzio: quando la luce è spenta e la mamma è partita, incomincia la baldoria. Una sera la mamma ritorna per sgridare i disubbidienti. Mezzo conscia della necessità d’infliggere una punizione e semi-intenerita dal sorriso che legge ancora sui piccoli musini, dice: “È dunque così difficile ubbidire? Le mamme sono ben da compatire; devono fare degli uomini buoni e retti con dei fanciulli disubbidienti. Come ci riuscirò con voi? Oh! ve l’assicuro, non è bello”. Era una semplice osservazione e la mamma non prevedeva risposta; ma subito il più giovane dei futuri “uomini buoni e retti” scrolla il capo e dice in tono impacciato: “Sì, Credo che deve essere triste per te quando non siamo buoni“. E la madre si ritira contenta e riconoscente.

5 Marzo 2006 calogeroVita cattolica: Matrimonio, laicato...

AMDG et DVM

mercoledì 25 ottobre 2017

Mensajes De Dios A Su Iglesia Remanente: LA MEJOR EDUCACIÓN DEL MUNDO: FINLANDIA, SU SECR...

Mensajes De Dios A Su Iglesia Remanente: LA MEJOR EDUCACIÓN DEL MUNDO: FINLANDIA, SU SECR...: Finlandia es un país que considera la educación  como uno de sus pilares básicos  y así lo ha demostrado obteniendo los mejores resu...

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Mensajes De Dios A Su Iglesia Remanente: 03 02 2017 ALMA ESCOGIDA: “OS REVELO Y OS DOY PARA...: “BENEDICT O XVI SE MANIFIESTA EN MI ALMA” Mensajes De Dios A su Iglesia Remanente   A Través De Un Alma Esco...


giovedì 29 maggio 2014

Educhiamo: La vita è fatta per essere vinta. - I genitori devono dare esempio di coraggio ai fanciulli. Quando siete colpiti dallo scoraggiamento e dalla tristezza, nascondetevi fino a quando sarete tornati normali. - Ho conosciuto una madre ammirevole.


Vita -  EDUCARE LA VOLONTÀ
Un Curato che ha esercitato molta influenza nella sua parrocchia, don Marco, Curato di S. Nicola di Troyes, in una lettera aperta ai padri e alle madri diceva: " Vedo molti genitori... Essi mi supplicano di fare qualcosa dei loro bimbi. Vedo anche molti fanciulli... li conosco, ma una cosa manca a tutti: l'abitudine allo sforzo. Non sono stati formati su questo punto non si esige abbastanza da essi... si lascia passare... si capitola. Sono buoni, forniti di immense risorse, si potrebbe ottener molto dalla loro buona natura. Malauguratamente si lasciano vivere... Non hanno molta buona volontà... E il male dell'epoca. Bisogna assolutamente rimediare..sviluppare in essi l'energia. È urgente: essi portano in sé l'avvenire ".


* Un Curato che ha esercitato molta influenza nella sua parrocchia, don Marco, Curato di S. Nicola di Troyes, in una lettera aperta ai padri e alle madri diceva: " Vedo molti genitori... Essi mi supplicano di fare qualcosa dei loro bimbi. Vedo anche molti fanciulli... li conosco, ma una cosa manca a tutti: l’abitudine allo sforzo. Non sono stati formati su questo punto: non si esige abbastanza da essi... si lascia passare... si capitola. Sono buoni, forniti di immense risorse, si potrebbe ottener molto dalla loro buona natura. Malauguratamente si lasciano vivere... Non hanno molta buona volontà... E il male dell’epoca. Bisogna assolutamente rimediare... sviluppare in essi l’energia. È urgente: essi portano in sé l’avvenire ".

* È un fatto che in molte famiglie, per leggerezza, si ha paura di chiedere sforzi ai propri figli; si ha paura di contrariarli, di addolorarli, di vedere far storie o di tenere il broncio. È un’educazione nulla, alla rovescia; perché questi fanciulli indisciplinati, immortificati, non sapranno donarsi per gli altri nel modo almeno possibile alla loro età, saranno in seguito dei vinti della vita, se non addirittura i tiranni di coloro che hanno loro insegnato a divenire tali. 

* Una direttrice di colonia estiva scriveva nel suo resoconto:
" Le giovani comandano in molte famiglie e prendono le madri per domestiche. Sono fanciulle apatiche; bisogna ripetere a iosa un comando prima che ubbidiscano e prenderle con le buone, perché lo conducano a termine. Nell’insieme non hanno inciampi; hanno sete: bisogna dar loro da bere prontamente; hanno fame: non importa che manchi poco a cena, mangiano la loro ghiottoneria; sono stanche: è finita, impossibile proseguire, ecc. Per i genitori ciò è naturale e non reagiscono. Alcune madri rispondono: — Io sono stata educata duramente, e non voglio che mia figlia soffra come me; avrà tempo a provarne! ".

* Un’altra direttrice che aveva parlato a una madre sulla educazione della volontà per la sua bimba, ebbe questa risposta: " Per carità, niente di tutto questo! Penserò io a darle dei ricostituenti, ma non posso permettere che le faccia compiere degli sforzi ". 

* La vita è fatta per essere vinta, ha detto R. Bazin. Se un fanciullo, all’età in cui si formano le abitudini, si sforza di vincere una difficoltà invece di scoraggiarsi, arricchisce le sue riserve di energie che più tardi l’aiuteranno a superare l’assillo quotidiano. 

* I genitori dovranno educare la volontà dei figli con l’esempio: è certo che su questo lato il fanciullo diventa, a sua volta, il più esigente educatore dei genitori: i quali devono fare attenzione alla loro condotta fisica e morale. Si sforzino di non lamentarsi mai dinanzi ai figli, di non mostrarsi tristi, cupi, abbattuti, scoraggiati. 

* Non si abbia paura di chiedere cose un po’ ardue ai figli; è opportuno tuttavia prevenirli e incoraggiarli: " Dovrai compiere una cosa un po’ difficile, ma vedrai che vi riuscirai ".

* Si approfitti pure del desiderio istintivo che ha il fanciullo di apparire " qualcuno ". " Se vuoi essere un giovane in gamba, fa’ vedere il tuo coraggio. — Su, tu sei una ragazza energica: e quando uno vuole, non teme un piccolo malessere ".

* All’occasione, bisogna saper rendere il figliolo fiero del suo coraggio. Un omino, lodato dal padre per la resistenza dimostrata durante una passeggiata più lunga del previsto, rispondeva: " Oh, babbo, sono stanco, ma non lo manifesto! ". 

* Si può approfittare anche della tendenza che il fanciullo ha di realizzare l’opinione che si ha di lui: questo, d’altronde, è un ottimo metodo pedagogico. 

* Duhamel in " La Possession du Monde " scrive: " Conobbi un uomo che aveva compiuto molte opere buone, ma anche alcune biasimevoli. Quando lo vedevo indeciso, cominciavo a dirgli presso a poco così: "Tu che sei buono... Che hai compiuto questa e quest’altra azione buona...". Orbene il brav’uomo giunse ad essere veramente ottimo per non mancare alla stima acquistata. Se invece avessi calcato il lato brutto del suo carattere ne avrei fatto un pirata ".

* Si sviluppi il coraggio e lo spirito di sacrificio del fanciullo prima della pubertà, dato che questo periodo è quanto mai prezioso per l’acquisto delle virtù morali. Poiché quanto più ci si abitua alla rinuncia tanto maggiormente si gusteranno le gioie sane e sante della vita. 

* I genitori devono diffidare di quella meticolosa ed assillante sollecitudine che vorrebbe facilitare la vita al bambino appianandogli ogni difficoltà. Sappiano abituarlo, quando ha una certa età, a superare le difficoltà con le proprie forze e a sapersi trarre di impaccio da sé. 

* Educhiamo il fanciullo virilmente. È naturale che subisca " scosse ", incrinature e lesioni leggere: certo, bisogna vigilare perché le piaghe non si incancreniscano, ma in ogni caso, è sempre meglio insegnare al fanciullo a curarsi da sé. Evitare comunque di comportarsi come quei genitori piagnucoloni: " Ah! mio povero cocco, come stai? che cosa brutta!... Sei ferito... che disgrazia! ". Il fanciullo, oggetto d’una esagerata sollecitudine, crederà di essere stato vittima di un terribile accidente e si sforzerà di rendersi più interessante, tanto più che la suggestione aumenta a dismisura il malessere causato da un nonnulla. I genitori rischiano così di fare del loro figliolo un inquieto che si autoausculta, che ingigantisce ogni sofferenza, trasforma in catastrofe il più piccolo malessere, spia il funzionamento del suo organismo e si affanna al minimo turbamento.

* Evitare anche le molte interrogazioni inquietanti, le ansie pietose, le sollecitudini eccessive: " Soffri molto? Dimmi cosa soffri... ". I genitori giungeranno a persuadere il fanciullo di essere fragile e incapace a certi sforzi e a ogni buona riuscita; da ciò goffaggini, timori, fobie o, per contrasto, desiderio sfrenato di evasione. 

* I genitori devono dare esempio di coraggio ai fanciulli. Quando siete colpiti dallo scoraggiamento e dalla tristezza, nascondetevi fino a quando sarete tornati normali. Come pensare diversamente? Devono poggiarsi su voi, e come potrebbero farlo su esseri deboli e cadenti? Allorché siete oppressi dal dolore non cercate conforto nei fanciulli: non è loro compito, e descrivendoglielo farete loro del male. Dovrete essere forti nella prova, e, senza tuttavia dissimularne l’aspetto doloroso, non vi permetterete alcuna debolezza di fronte a loro. Si guardino i genitori dall’educare i fanciulli nella bambagia; potranno certamente dar loro ogni tanto qualche sollievo; è un’esigenza naturale e un po’ di zucchero fa bene. Non bisogna però esagerare, anzi è utile avvezzarli a privarsene volontariamente ogni tanto.

* Si farà ottimo servizio ai fanciulli, assuefacendoli allo sforzo e alla sofferenza senza lamentele. 

* Ho conosciuto una madre ammirevole. Aveva studiato da giovane il problema educativo e aveva imparato il modo di suscitare nei suoi piccoli il gusto e la pratica dello sforzo, il senso del bello, l’abitudine alla sincerità, all’ordine, alla preghiera regolare, al buon umore. Ogni settimana lottava contro un difetto... Domandava ai suoi bimbi di correggersene, indicando un fine alto, pratico, capace di muoverli. Li interessava agli ammalati, ai sacerdoti di campagna, ai moribondi bisognosi di grazia... a un ritiro di cui desiderava il buon esito. Li avvinceva dando loro uno " scopo " poi diceva: " Bisogna che per questa sera facciate qualche sacrificio ". Essi erano trascinati, si sorvegliavano, lottavano. Alla sera, poi, la madre faceva loro costatare quanta gioia si provi compiendo il bene; essi se ne rendevano conto e notavano quanto sia disgustoso fare il male e quanta pura gioia invece apporti il dovere compiuto.
Pagavano personalmente, si consideravano dei conquistatori e ne erano fieri.

* Un sistema molto utile, per irrobustire la volontà del fanciullo, consiste nell’imprimere nella sua mente alcune parole d’ordine, in maniera che, quando si tratterà di far compiere qualche sforzo, sarà sufficiente ripeterle per ottenere quanto si desidera. Ad esempio: " La situazione è dura, ma così mi piace. — Mi costa, ma lo faccio ugualmente. — È difficile, tanto meglio ". È a furia di sforzi che si diventa più forti. 

* Un po’ di vita rude è necessaria alla sanità: sia morale che fisica... Quaggiù nulla di bello e di buono si compie senza sforzo. Si può raggiungere la gioia, però dopo aver lottato lungo il cammino. " Latino senza pianti e greco senza lacrime ", illusione pericolosa. La vita umana ha bisogno di una certa tensione in tutti i campi, di un certo fervore che non si trova soltanto negli eroi e nei santi, ma anche nella semplice virtù dell’uomo onesto e nel lavoro ben fatto dell’artigiano. Un po’ d’eroismo — e, a volte, anche molto — è necessario in ogni ceto. È errore grave allontanare l’eroismo dal proprio ideale, un errore che per noi moderni proviene dalla confusione tra violenza ed eroismo. Bisognerebbe bandire la violenza dalla convivenza umana, non l’eroismo.

* Ogni fanciullo ha in sé un eroismo latente a cui spesso bisogna fare appello se lo si vuole educare. 

* Vi sia realismo cristiano e umano insieme. S’ingannano gravemente i fanciulli facendo loro capire che quaggiù hanno un diritto assoluto e incondizionato alla felicità e alla soddisfazione immediata dei loro capricci e delle loro fantasie. Bisogna che abbiano coscienza che nella vita, senza lotta, senza pazienza e senza sforzo, nulla si ottiene. Bisogna che in qualità di cristiani giungano a cooperare alla redenzione del mondo a cui si arriva soltanto abbracciando la croce. Ma non è necessario affannarli continuamente; a ogni giorno il suo affanno, a ogni affanno la sua grazia. Dio da una croce proporzionata alle nostre spalle, ed Egli stesso si offre ad aiutarci per compiere in noi ciò che manca alla sua passione. 

* L’uomo degno di tale nome trova la gioia più stabile e profonda nella lotta e a volte anche nella sofferenza. Beethoven diceva: La gioia attraverso il dolore! 

* La migliore preparazione a portare questa croce, per ogni cristiano che comprende qualche cosa del battesimo e di Cristo, è questo dominio di sé, che in fondo significa rinuncia e abnegazione.

* Per i genitori il dolore ha un senso che il loro figlio deve comprendere. Non dicano questa mostruosità: che la sofferenza in sé è un bene. No, no, la sofferenza è male perché viene dal peccato e non da Dio; non bisogna compiacersi a considerarla come fine, ma soltanto come uno strumento potente per espiare i nostri peccati e cooperare con il Cristo all’opera sua redentrice. Godo nel dolore, diceva S. Paolo, perché compio nella mia carne ciò che manca alla "Passione di Cristo per il suo Corpo che è la Chiesa ".
L’educatore che ha compreso il senso del dolore e ne conosce il valore lo farà comprendere ai suoi bambini. Sapranno così che la sofferenza è dolorosa, ma non ne avranno orrore; sapranno imporsi delle sofferenze volontarie e troveranno nell’accettazione stessa del dolore una gioia infinitamente superiore, perché frutto d’una carità più profonda.

* E’ naturale che il fanciullo sia pauroso; ma è inutile, anzi pericoloso, creare quel senso di paura con racconti terrificanti, sembianze odiose, storie di fantasmi o di banditi. 

* Non prendere in giro un fanciullo perché ha avuto paura, ma avvicinarlo con confidenza e dargli esempio di sangue freddo, facendogli provare quanto la sua paura sia infondata. 

* È cosa buona che il fanciullo abbia fino a un certo punto il gusto del rischio: il primo passo per agire contro il pericolo è non temerlo. 

* Insegnargli ad accettare ciò che non gli piace per abituarlo ad amare soltanto ciò che si deve. 

* Le grandi vittorie morali non si improvvisano. Esse sono il frutto di molte piccole vittorie ottenute quotidianamente.

* Uno degli scopi dell’educazione è di concorrere a formare il carattere, a far conquistare al fanciullo quello che nel Medio Evo chiamavano la più alta delle signorie: la padronanza di sé.

giovedì 22 maggio 2014

Il mestiere più affascinante e difficile del mondo.

Critica al femminismo, elogio della maternità 
di Anna Paola Borrelli*
*teologa moralista perfezionata in bioetica

Il Femminismo nasce nell’800 negli Stati Uniti e in Europa per rivendicare uguale parità giuridica, politica e sociale tra uomo e donna. In Italia, sebbene a quell’epoca non lo si definisse ancora femminismo vero e proprio, si scioperava per i diritti delle lavoratrici riguardo agli stipendi, alle troppe ore di lavoro, ecc. Fu, poi, il 1968 l’anno in cui il femminismo italiano proruppe con tutta la sua forza. Note a tutti negli anni ’70 le battaglie a favore del divorzio, aborto e controllo delle nascite, diverse le iniziative sostenute per l’emanazione di una legge contro la violenza sessuale, non più ritenuta come “offesa al pudore”, bensì come reato contro la persona, per il sorgere dei consultori familiari e degli asili-nido… Pareri favorevoli e critiche hanno scandito da sempre l’operare di questo movimento politico, culturale e sociale.
Oggi, il femminismo, seppure con toni meno accesi, è ancora presente e lo si evince dalle affermazioni della trentatreenne Jessica Valenti, scrittrice e celebre femminista, sul sito da lei fondato che porta il titolo di“Feministing.com”. La Valenti, madre di una bimba di due anni, è autrice del saggio: “Why Have Kids?”. Ellasottolinea che «lungi dall’essere il mestiere più difficile e soddisfacente del mondo, la maternità è un ruolo maledettamente deprimente»«tanto che le donne intelligenti farebbero meglio a non fare figli». Attacca, poi, quelle che definisce  le «menzogne sull’essere genitori propinate quotidianamente dai media e dalla politica»«Statistiche e studi scientifici parlano chiaro. Altro che stagione idilliaca nella vita di ogni uomo e donna, avere figli rende gli individui “meno felici e più depressi”».
La visione prospettata dall’autrice J. Valenti va a collimare con l’esperienza di tanti coniugi che ogni giorno si sacrificano per i propri figli, disposti a dare tutto, anche la propria vita, se si rivelasse necessario per il loro bene. È innegabile che l’esistenza cambi totalmente dopo la nascita di un bimbo, l’equilibrio consolidato costruito con fatica dalla coppia si spezza bruscamente ad ogni nuova gravidanza, quando dall’unità duale si verifica il sorgere di una nuova vita. Essere genitori è al tempo stesso il mestiere più affascinante e difficile del mondo. Non esistono ricette, manuali o istruzioni pronte all’uso. Davanti a sé c’è un figlio o una figlia, con la sua unicità e irripetibilità, col suo carattere, la sua personalità, con dei sogni e delle aspirazioni che non possono essere i nostri.
C’è la responsabilità di una vita da accogliere e custodire. Non basta dargli la vita una volta e per tutte. Procreare un figlio significa anche dargli la vita continuamente, generarlo ogni giorno, attraverso la cura e l’educazione. È un esodo continuo che parte dal nostro “io” e arriva sino alla terra sconosciuta del figlio, perché ciascuno di noi è un mistero, perfino per se stessi. Nella psiche dei genitori pian piano il “bambino immaginario”, alimentato dalle nostre aspettative e speranze deve far posto al “bambino reale”, concreto. Un figlio non lo si sceglie, lo si ama incondizionatamente. Bisogna fare spazio: nei pensieri, nel cuore, nei tempi del quotidiano; è svuotarsi per accogliere, è uscire da se stessi per donarsi. E’ per es. impensabile che un neonato dorma, mangia, pianga o debba essere cambiato quando decide la madre; è lei semmai a dover sottostare ai ritmi e agli orari del bambino e non viceversa. Con la nascita di un figlio la vita cambia radicalmente, niente è più uguale a prima: gli impegni triplicano, la stanchezza aumenta… ma per una donna non c’è carriera, né affermazione sociale che valga quanto la vita di un figlio!
E’ una sorta di rivoluzione copernicana, dove i genitori ruotano intorno alla persona del figlio, dalla quale ricevono fasci d’amore, ma ne inviano pure. Nell’universo della famiglia tutto ha ragione di esistere ed è retto dall’unica legge dell’amore. “Amare un bambino non significa amarsi attraverso di lui: significa amare la sua individualità, la sua globale e totale diversità, la sua persona” (Jean-Pierre Relier). Il figlio impegna tantissimo, risucchia tutte le energie dei genitori, ma quei sorrisi e quegli abbracci regalati ripagano più di tutto l’oro del mondo! Perchè ogni bambino che nasce è sempre un dono preziosissimo, un meraviglioso inno alla vita. E’ gioia, prima di essere preoccupazione; è speranza, prima di essere stanchezza. Non è affatto semplice, essere genitori è un allenarsi di continuo alla virtù della pazienza, è un tenere a freno la propria irruenza in certi momenti, è dosare dolcezza e fermezza insieme, è mettersi spesso in discussione per trovare metodi educativi sempre più consoni, perché un figlio crescendo cambia e con lui le situazioni, ma pure perché modalità educative che possono andar bene per un figlio, devono essere sostituite per un altro (ognuno è un universo a parte), è imparare ad ascoltare e a sintonizzare i passi del cuore, sulla lunghezza d’onda dei suoi bisogni e delle sue richieste, è essere veicolatori di valori, ma soprattutto autentici testimoni e maestri di vita.
Il motivo preponderante per cui la scrittrice e femminista J.Valenti porta avanti la sua teoria risiede in un’espressione che racchiude bene il suo pensiero: «Il vero problema è una società dove, se è il papà a cambiare i pannolini e a portare il figlio dal pediatra è un eroe, se a farlo è la mamma, sta solo compiendo il suo dovere». Oggi sono mutate le condizioni storico-sociali e sempre più mamme lavorano, per cui è naturale ed è giusto che uomo e donna si sentano ugualmente interpellati nella gestione del piccolo, il carico di lavoro non deve pesare esclusivamente sulla madre, pertanto il papà potrebbe contribuire ad es. cambiando il pannolino, dando il biberon o la pastina, portandolo a passeggio o alle giostre, giocando col piccolo, facendogli vedere i compiti, durante l’età scolare….. Dividersi i compiti, a seconda dei propri impegni lavorativi e casalinghi, aiuterebbe entrambi ad organizzarsi meglio e a rendere l’ambiente familiare quanto più sereno possibile per se stessi e per il proprio bambino.
«L’unico scoglio siamo noi donne. Siamo state allevate a credere di essere il più capace e competente dei due genitori e abbiamo difficoltà a cedere questo potere» afferma, inoltre, l’autrice del saggio: “Why Have Kids?” Contrariamente alla sua posizione attualmente in America si elogia sempre più spesso la maternità, anche pubblicamente, a tal punto che qualcuno la definisce “un’ossessione”. Durante il 2012 una sessantenne in attesa di un figlio è stata ritratta sulla copertina del “New York Magazine” e la foto di una giovane ventenne californiana  mentre allatta il figlio di quattro anni sul “Time” non è passata di certo inosservata. In entrambi i casi la figura del padre era assente. Nel 1915 la femminista Charlotte PerkinsGilman, nel suo romanzo Herland, prospettava un mondo senza uomini e in America quest’idea è presente in molte coscienze. In base ad uno studio del Pew Research Center è emerso che nel 1970 le mogli collaboravano all’economia familiare con una percentuale molto bassa, tra il 2 e il 6%, nel 2007 la percentuale si attestava al 36% e in tempi ancor più recenti sta per sfiorare il 50%. Dal 2008 ad oggi, invece, i licenziamenti di uomini avutisi nel Paese costituiscono il 75%. Questi dati mostrano come i ruoliappaiono ormai invertiti. Ma ovviamente un mondo senza uomini, come annunciato dalla femminista Gilman, è un mondo a metà, perché uomo e donna costituiscono due polarità, due modelli diversi che si completano a vicenda. Sono immagine perfetta del Dio invisibile che nell’amore si incontrano e si relazionano, completandosi a vicenda. Sono corde della stessa chitarra, ma che solo insieme possono produrre all’unisono l’armonia dei suoni.
Uguaglianza e parità di diritti, oltre che di doveri, fra uomo e donna, in determinati contesti è ancora un’utopia.  E’ di un mese fa la notizia che in Arabia Saudita le donne non appaiono neppure nella copertina del catalogo IKEA. Normalmente distribuito in tutto il mondo, rispetto all’originale svedese, dove compare la foto di un padre col figlio, e più in là di una donna e un bambino, nell’azione congiunta di specchiarsi, nel catalogo arabo è stata rimossa l’immagine della donna. E’ l’ennesima sconfitta, lì dove il ruolo e la condizione femminile sono costantemente offuscati e i diritti delle donne perennemente calpestati. In Arabia una donna non può guidare l’auto, se è iscritta a Facebook deve cancellare tutti i contatti maschili dal profilo, è obbligata a indossare, ogni qualvolta esce di casa, la tunica nera che copre l’intero corpo, tranne la testa, i piedi e le mani (abaya) e il velo sul capo (niqāb), con la finalità di “proteggere il loro pudore”, insieme a molte altre discriminazioni.
L’IKEA, in merito al catalogo, ha successivamente inviato le sue scuse. Ma l’onorevole Souad Sbaicommenta duramente: «Le scuse, oltre ad essere tardive, sono totalmente inutili. Non si può cancellare la donna dalla realtà e poi chiedere scusa, rendendo tutto ancor più grottesco di quanto già non sia. Ma la cosa ancor più grave è che le paladine “piazzaiole” dei diritti delle donne non abbiano battuto un colpo sulla vicenda Ikea in Arabia Saudita. L’ennesima vergogna del silenzio assenso dei diritti venduti al dio denaro». Episodi come questi invitano ognuno di noi alla riflessione, perché in tutto il mondo tanto è stato fatto per il riconoscimento dei pari diritti tra uomo e donna, ma molto ancora resta da fare.
In tempi antichi in cui il ruolo della donna era subalterno, rispetto all’uomo  diversamente dai maestri e dai dottori della legge dell’epoca, Gesù manifesta una propensione positiva. Parla in pubblico con le donne, anche a coloro che non godono di buona nomea, come l’adultera (Gv 8,1-11), la prostituta nella casa di Simone (Lc 7,37-47) o la samaritana (Gv 4,7 ss); sono presenti donne tra i suoi seguaci, cosa abbastanza insolita per un rabbì; ha tra le sue discepole donne come le due sorelle di Lazzaro: Marta e Maria; ai piedi della croce, solo Giovanni è rimasto dei  12 ed è in compagnia della Madre di Gesù, della«sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala» (Gv 19, 25), ma anche «molte donne che stavano ad osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo» (Mt 27, 55). Il giorno della Risurrezione sono ancora una volta le donne a udire: «Non è qui. E risorto, come aveva detto» (Mt 28, 6) e sempre una donna, Maria di Magdala, colei alla quale Gesù appare per primo e invita a portare agli altri il Suo annuncio di gioia e di speranza. Nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem nei nn.12-16 è interessante notare il rapporto che Gesù aveva instaurato con le donne.
Ben consapevole della strada tracciata da Cristo e per il grande amore verso Maria, la “Donna per eccellenza”, la Chiesa continua a farsi sostenitrice del riconoscimento del ruolo femminile. Bellissime le parole di Giovanni Paolo IIin cui esprime l’importanza e la ricchezza di ciascuna donna: «Grazie a te,donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita. Grazie a tedonna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita. Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza. Grazie a tedonna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del “mistero”, alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità. Grazie a te,donna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta “sponsale”, che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura. Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani» (Lettera alle famiglie, 2).

domenica 4 maggio 2014

Moderazione


MODERAZIONE

Data: Domenica, 01 ottobre @ 08:29:05 CEST
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...


Disponete con ordine gli sforzi richiesti al bambino, poiché il suo punto di saturazione è presto raggiunto: non oltrepassatelo. Bisogna saper dargli respiro. l’attenzione del bambino ha una piccola imboccatura: non bisogna riempirlo di troppe cose insieme. 


* Evitate al bambino la tensione nervosa e il soverchio affaticamento fisico e morale. Il bambino, per assimilare tutto ciò che gli si dice o gli s’insegna, ha bisogno di periodi di tranquillità. Occorre che possa vivere un po’ a modo suo.

* Vegliate, sì, sui vostri bambini, ma non siate pedanti ne' soffocanti.

* Stare continuamente "alle calcagna" del bambino è stancarlo inutilmente e impedirgli di essere sé stesso.

* Disponete con ordine gli sforzi richiesti al bambino, poiché il suo punto di saturazione è presto raggiunto: non oltrepassatelo. Bisogna saper dargli respiro. L’attenzione del bambino ha una piccola imboccatura: non bisogna riempirlo di troppe cose insieme.

* Evitate ogni esagerazione coi bimbi, perché prendono alla lettera tutto ciò che si dice loro. Troppi elogi possono diventare altrettanto nocivi di un eccessivo biasimo.

* Evitate di incutere paura ad un fanciullo; il suo organismo è ancor fragile, e non si sa quindi quali ripercussioni profonde possa avere uno spavento irragionevole. Risparmiategli le storie di banditi, fantasmi e lupi marinari e ancor meno vi appellerete al diavolo e all’inferno per una colpa leggera. Non usate minacce ridicole: "Se non stai buono, verrà l’orco e ti mangerà!". E soprattutto non prendete il vezzo di quella povera donna che vedendo passare un prete, onde far cessare il pianto del suo monello, diceva: " Se tu non smetti di piangere, lo dirò al signor Curato, l’uomo nero, che ti porta via...". È il metodo migliore per alienare per sempre il fanciullo dal prete e dalla religione.

* Quale grave errore psicologico presentare Dio come aguzzino: "Vedi, ti sta bene! Hai disobbedito e Dio ti ha castigato..."! Il fanciullo non tarderà ad accorgersi che Dio non punisce sempre i nostri sbagli immediatamente. D’altra parte, quale cosa più falsa e più pericolosa per la sua fede, di presentare il Dio d’amore come un despota sempre pronto a vendicarsi?

* Proporzioniamo sempre lo sforzo con l’effetto che vogliamo ottenere. A forza di incollerirsi, di far scenate per un nonnulla, di investire il fanciullo con urla, rimproveri, lacrime e con lunghi sermoni, l’educatore perde ogni influenza. Si è bruciato... pace alle sue ceneri! Il fanciullo ne trae subito il suo partito e finisce con opporre l’indifferenza della forza d’inerzia se non addirittura il disprezzo interiore.

* Lo schiamazzo temerario e ordinario passa in usanza e suscita il disprezzo

* È nocivo affogare l’attenzione del ragazzo in discorsi interminabili. Terminando una mamma la sua filippica veemente e lunga contro suo figlio, questi con impertinenza, ma con simpatia quasi spaventata, le dice: " Povera mamma mia, quanta sete devi avere!".

* Non esigete cose irragionevoli dai bambini; o, se chiedete uno sforzo eccezionale, create prima un clima favorevole, mostratevi molto incoraggianti e fate attenzione a non calcare molto la mano. Per esempio, non obbligate continuamente un bambino a restare silenzioso e immobile. Ecco: una sera il babbo rientra dal lavoro con una forte emicrania; la mamma prenderà in disparte il bambino e gli dirà affettuosamente: "Vedi, babbo ha tanto male di testa. Stasera ti chiedo un grande sforzo (so che ora sei capace perché sei già un ragazzo grande): cerca di fare meno rumore possibile; siedi in quell’angolo e sfoglia questo libro di figure...". E ogni tanto un bacio ricompensi la saggezza del bravo ometto.

* Non abusate di alcune parole come, per esempio, di "cattivo". "Quanto sei cattivo, Pietro, a mettere sempre le dita nel naso!" — "Giovanna, cattiva, non va bene toccare le tendine!". In presenza di Renato una mamma dice a una amica: "Oh, signora, se sapeste quanto è cattivo! Ha strappato di nuovo i calzoni". L’aggettivo "cattivo" è usato a iosa per le più futili occasioni e per i più piccoli sbagli. Come volete che Pietro, Giovanna e Renato, che si sentono decretare l’appellativo di "cattivo" a ogni pie' sospinto per sciocchezze, che non hanno riferimento a mancanze morali o vizi di carattere, possano farsi una giusta idea della vera cattiveria?

* II fanciullo da alle cose l’importanza e il valore che i genitori danno ad esse. È quindi necessario che i genitori abbiano il senso della proporzione onde non attribuire l’importanza del principale all’accessorio.

* Alcune approvazioni troppo vive possono falsare interiormente la prospettiva morale di esseri troppo giovani per stabilire essi stessi la scala dei valori. Per esempio: non date mai maggiore importanza a un piatto rotto, a un paio di calzoni strappati, a una porta mal chiusa, che a un disordine morale come la menzogna, l’ostinazione, la crudeltà.

* I bambini, fin da piccolissimi, hanno il senso della loro dignità. Bisogna rispettarla. Certe umiliazioni pubbliche possono causare dei complessi di inibizione e di misantropia che seguiranno il ragazzo per tutta l’esistenza. Vi sono madri che dicono abitualmente ai loro bambini: "Vedi, tutti ti guardano! Dovresti vergognarti!". Ne può risultare una timidezza esasperata, un timore di arrossire, un’apprensione per l’opinione pubblica, dannosa certamente al bambino quando sarà cresciuto.

* Due complessi sono ugualmente pericolosi; il sentimento della superiorità ed il sentimento della inferiorità e dell’insufficienza. Il seme generatore di questi due complessi che occupano un posto importante nell’origine delle perturbazioni psichiche viene gettato fin dall’infanzia. Se il bambino sente continuamente ripetere che ha un’intelligenza eccezionale, che è divinamente bello, che ha disposizioni meravigliose, che è sviluppato oltre la sua età, diventerà d’una sufficienza insopportabile, si crederà un essere straordinario e più tardi cozzerà dolorosamente contro la dura realtà della vita. Quando invece si rimprovera continuamente un bambino di essere troppo goffo e stupido, si sviluppa in lui un sentimento di inferiorità, che ne fa anticipatamente un vinto e un disperato.

* Evitare tutto ciò che può nuocere al "naturale" del bambino. La sua anima è pianta troppo delicata perché non la si preservi da ammirazioni esagerate che rischiano di offuscarla o anche di falsarla. Che dire poi di certi inviti a farla da buffone, come: "Mostra al signore quanto sei bravo a fare le smorfie"?

* Regola d’oro: Non parlate mai dei vostri bambini in loro presenza! Se ne dite bene rischiate di renderli vanitosi; se ne dite male li umiliate pericolosamente.




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giovedì 10 aprile 2014

L’educazione esige continuità.






ESSERE COSTANTI

Data: Domenica, 10 settembre @ 19:41:24 CEST
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...


L’educazione esige continuità. Se cambiate parere e umore continuamente, sconcerterete il bambino. Se poi per eguali mancanze ora siete indulgente, ora severo, il bambino, che è d’una logica rigorosa, si disorienta e presto farà di testa sua.




* L’educazione esige continuità. Se cambiate parere e umore continuamente, sconcerterete il bambino. Se poi per eguali mancanze ora siete indulgente, ora severo, il bambino, che è d’una logica rigorosa, si disorienta e presto farà di testa sua.

* È soprattutto nei primi anni che si acquistano le abitudini. Qualunque sia il temperamento del fanciullo, qualunque siano i suoi atavismi, è facile orientare bene la " tenera pianta ", Per acquistare il senso dell’ordine, del rispetto, della pulizia, della cortesia, della lealtà, dell’accettazione gioiosa nelle piccole difficoltà della vita, dei riflessi della carità, nessuna cosa vale quanto la costanza che crea le abitudini, le quali, divenendo vere pieghe psico-fisiologiche, renderanno facile ogni cosa. Ma non bisogna desistere finché l’abitudine non si sia formata.

* Tale costanza e continuità domandano all’educatore durissimi sforzi. Non è forse necessario prendere tutto in una volta, ma è con continui sforzi, ripetuti nello stesso senso, con dolcezza e fermezza, che si libera il bambino dalla sua innata tendenza alla pigrizia e all’egoismo.

* Agire, punire o premiare a capriccio, senza un motivo sufficiente, da' al fanciullo l’idea più o meno vaga di mancanza di serietà. Di qui alla trascuratezza non c’è che un passo. "Se mamma ha i nervi e fa i capricci, perché non dovrei aver anch’io il diritto di fare altrettanto?". Il meno che si possa esigere dall’autorità è la coerenza. Non vi è nulla che possa gettare il bambino nell’incertezza di quello che ha il diritto di fare o il dovere di non fare, come gli ordini contraddittori e la mancanza di logica nell’apprezzamento d’uno stesso atto.

* Quando non si è dato un comando o una punizione in un momento di agitazione, è probabile che si sia restati nella giusta misura, e quindi non v’è bisogno di ritornare sulla decisione presa, senza un nuovo motivo sufficiente. L’educatore incostante perde man mano la sua autorità morale, con grave danno della formazione del bambino, che ha tanto bisogno di appoggiare la sua debolezza e le sue incertezze su una solida base.

* Vi sono a volte indulgenze che sono tradimenti.

* Ecco una mamma che ha creduto suo dovere privare della frutta il suo ragazzo di otto anni. Ma si commuove dinanzi agli occhi lacrimosi del piccolo delinquente e dice: "Andiamo, per questa volta ti perdono. Prendi la tua parte e non ricominciare più!". Questo è un vero sbaglio per le conseguenze: se il ragazzo non meritava la punizione, non bisognava infliggerla; se la meritava, deve subirla, perché se gli si perdona "per questa volta" non comprenderà come non gli si debba perdonare ogni volta.

* Anche se avete avuto la mano troppo pesante, se cioè la sanzione applicata è eccessiva, sarà meglio mantenere, nell’interesse di vostro figlio, la sentenza pronunciata, salvo ad essere più attenti un’altra volta. Diversamente il vostro bimbo non prenderà più sul serio le vostre minacce o i vostri rimproveri.

* II segreto dell’ascendente morale dei genitori sui bambini è la stabilità nella serenità.

* Se gli ordini che darete ai bambini e i rimproveri che farete loro procedono dagli impulsi del momento, da scatti d’impazienza, d’immaginazione o da sentimenti ciechi e male ponderati, come si può pretendere che essi non appaiano, sovente, arbitrari, incoerenti, forse anche ingiusti e inopportuni? Un giorno siete di un’esigenza irragionevole e d’una severità inesorabile con questi poveri piccoli; l’indomani lasciate correre tutto. Cominciate rifiutando una piccola cosa che, un istante dopo, stanchi dei lamenti e del broncio che vi fanno, accorderete con dimostrazioni di tenerezza, desiderosi che la finiscano una buona volta con una scena che v’innervosisce. Perché dunque non sapete dominare i movimenti del vostro umore e frenare la fantasia quando vi dedicate all’educazione dei vostri figli? Se in alcuni momenti vi accorgete di non essere del tutto padroni di voi stessi, rimandate a più tardi la punizione che volete infliggere o il rimprovero che volete dare; nella calma ferma dello spirito, la parola e il castigo avranno un’altra efficacia, una potenza più educativa e più autorevole che non gli scatti provocati da una passione mal repressa. Non dimenticate che i bambini, anche piccoli, sono tutt’occhi nell’osservare e nel registrare; si accorgono subito dei vostri cambiamenti d’umore. Sin dalla culla, appena giunti a distinguere la loro madre dalle altre donne, capiranno subito il potere che ha sui loro genitori un capriccio o uno strillo, e, nella loro innocente malizia, non si priveranno di abusarne. Guardatevi dunque da tutto quello che potrebbe diminuire la vostra autorità su di loro. Guardatevi dall’indebolire tale autorità con l’uso continuato e con l’insistenza noiosa delle raccomandazioni e delle osservazioni. Le loro orecchie finiranno per assuefarvisi e non ci faranno più caso.






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