"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
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lunedì 10 febbraio 2020
martedì 19 gennaio 2016
The Best of Handel
Lodate a Dio con arte
Recensione del volume Lodate a Dio con arte, Marcianum Press, Venezia 2010.
di Lorenzo Fornasieri
Sul tavolo un libro d’arte aperto sulle immagini degli angeli in concerto, nel Paradiso: è la celebre cupola del Santuario della Beata Vergine dei Miracoli in Saronno. Nella volta interna Gaudenzio Ferrari raffigurò la gloria degli angeli che cantano a Dio Padre nella festa dell’assunzione al Paradiso di Maria Santissima.
Circa duecento angeli con strumenti musicali conosciuti (e non conosciuti) nel sec. XVI. Alcuni di questi strumenti, da sempre studiati dai musicologi, forse esistono solo “in mente Dei”, sono “possibili”, cioè atti a quel canto-parola-spirito-corpo che è la realtà divenuta nuova e perciò cantata, anzi coralmente celebrata.
Il canto è liturgia e sempre nuovamente si ricrea nella memoria e nel fatto della storia della salvezza che riaccade nel culmine della celebrazione dei divini misteri.
Ma dove siamo? Di che parliamo? Di più: quali suoni armonie e melodie intrecciate ci stanno chiamando?
Sì, perché la musica è come un ri-chiamo ; pro-viene da molto lontano, un “molto lontano” che si è fatto vicinissimo. Viene da “musa” o da Mosè: il cantico di Mosè dopo l’impresa del Mare dei Giunchi, e rivive in un “pezzetto di creazione” che è oggi e sempre il pane che si consacra al cospetto della Chiesa Celeste la quale si curva su di noi: l ‘ assemblea, l’“ecclesìa , i con-vocati .E tutto ciò avviene per la somma libertà dell’Amore che si presenta nel frammento: tutto nel frammento dell’Inacarnazione-Eucaristia.
Difficile tutto ciò? Sì, ma “cantabile”…
“…delle cose di cui non si può parlare, si può, anzi , si deve, cantare e fare musica, se non si può tacere”
Questa citazione da Ph. Harnoncourt viene presentata da J.Ratzinger richiamandosi a quella più famosa di Wittgenstein ( “..di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”) per dire che la musica è un fatto che eccede la parola, anche se è sempre nascente dalla parola. Parola assolutamente speciale sono i Salmi dell’A.T. e gli inni cristologici del N.T.
Il libro che parla di tutte queste cose è una preziosa raccolta di saggi del card. Joseph Ratzinger sulla musica, la riforma liturgica del Concilio Vat. II, con richiami al Motu proprio di Pio X, con accenni alla Riforma di Ratisbona del sec. XIX. Vi si parla poi della genesi del fatto musicale nell’umanità, segnatamente nella storia di Israele fino a quella autentica ri-creazione della musica che avviene nel Cristianesimo.
I saggi qui raccolti sono compresi in un volume dal titolo “ In Augesicht der Engel “, Herder, 2008, dal 2010 disponibile in Italiano per i tipi della Marcianum Press di Venezia, con il titolo di “Lodate Dio con arte”; con introduzione di Riccardo Muti.
* * *
L’incontro con questo libro è stato, per chi scrive, un caso fortunato e un po’burlone.
Durante l’ultimo Meeting per l ‘Amicizia tra i popoli tenutosi a Rimini nell’agosto 2011 mi trovavo impiegato come guida presso la mostra su San Carlo Borromeo, la quale era sita a pochi metri dallo stand delle edizioni Marcianum Press di Venezia. Tutte le volte che vi passavo accanto una gentile, o un gentile rappresentante della casa editrice mi accostava mostrandomi le ultime pubblicazioni… Io ribattevo che conoscevo la Casa ed era già abbonato a Oasis.. alla fine, visto lo sconto promozionale, mi lasciai persuadere ad acquistare il volume “Lodate Dio con arte”, che mi aveva attratto per l’immagine molto bella di un organo: quello nuovo donato alla Altekapelle di Ratisbona, dedicato a Benedetto XVI e dallo stesso . ..benedetto con un bella preghiera dedicatoria, nel famoso settembre 2006: ricordate il discorso di Ratisbona? Regalai quasi subito il volume a mio fratello, direttore d’orchestra, pregandolo di riferirmi eventuali scoperte. Anch’io, come Benedetto XVI suono pianoforte e sono organista nelle chiese (Ho un video in cui il card. Ratzinger suona un famoso e facile preludio in do minore): ma per uno strano caso non sono il papa che ha appunto un fratello direttore d’orchestra: il maestro Georg per trent’anni direttore dei piccoli cantori di Ratisbona, i…”passerotti della cattedrale” come sono da sempre affettuosamente chiamati ( in tedesco: Domspatzen).
Ratisbona vanta mille anni di ininterrotta attività musicale e corale al servizio della musica per e nella liturgia, ed è stata all’origine dell’ultima e forse più importante riforma della musica sacra in epoca contemporanea, risalente alla seconda metà del sec. XIX. Ma mi sapeva male non avere quel volume, per cui il giorno seguente ne acquistai un’altra copia , guadagnandomi un sorriso eloquente della signorina, proponendomi di lavorare in parallelo con mio fratello: avevo proprio bisogno di un confronto autorevole! Infatti la lettura delle prime parti del testo fu ardua.
Il volume è suddiviso in quattro parti di cui le prime tre sono importanti studi sulla musica vista in chiave fenomenologica rigorosa: una disanima che il fatto musicale è all’origine religioso presso tutti i popoli ma che presso un popolo – Israele – viene radicalmente purificato nell’esperienza del cantare a Dio dentro le vicende della storia della salvezza. Si esaminano alcuni termini ebraici come zmr (zamir), “cantare con arte”.
Questa è la fonte del celebrare Dio (Cantico di Mosè) che attinge pienezza nei salmi, i quali sono espressamente anche un codice melodico-ritmico che si informa alle parole ivi declamate, esaltate; quasi che il legame che la parola ha con il canto sia appunto il tendere al canto (accento da ad-cantus…)
L’inno è dunque nel tempio per il tempio a celebrare la gloria di Dio, la “visibilità maestosa” di Dio presso il Suo tempio. Successivamente invece la sinagoga espungerà suoni e strumenti per ritenere la “purezza” dei soli testi. Poi l’incontro con la musica greca - nell’iniziale ellenizzazione dei termini e concetti presso Israele vicino all’era volgare- e il passaggio ale prime comunità cristiane. Nelle loro assemblee si cantano gli inni cristologici presenti nei testi del Nuovo Testamento. Anche il primo Cristianesimo dovette purificare la musica liturgica troppo attratta dalla musica greca sostanziata dal mito e tendente alla gnosi. Ci furono divieti e regole severe (Concilio di Laodicea). Ma Agostino, che pensò la musica in chiave filosofica, diceva sempre : ” Cantare amantis est”….
Fu una lotta fruttuosa che riportò al canto, al gregoriano al ripristino dell’usi degli strumenti, alla lauda delle sacre rappresentazioni, all’Ars Nova (Avignone), alla grande polifonia dei secoli XV e XVI fino alle grandi rivoluzioni del sec. XIX e XX. Ma il cammino cristiano ha concepito sempre la musica come espressione essenziale della liturgia della cattedrale ,della liturgia come sacrificio corale solenne.
Oggi siamo in un momento di confusione; è necessario ritornare al momento genetico della musica. Esso è l’Incarnazione che si compie nella passione-morte-risurrezione di Cristo. Si tratta di unire ferro e legno (i legni, gli oboe,i flauti, gli archi - pezzi di creazione) con il ferro del patibolo chiodato di Cristo. Ciò produce una nuova nascita di tutte le cose: nuovi sono i salmi perché cantati dal nuovo Davide: la chiesa, adottando il salterio come preghiera delle ore di tutta la settimana ha inteso evidenziare il Cristo che già si sente nella voce dolente, angosciata, piuttosto che lieta e certa nella speranza che proprio in questi contrasti richiamano l’unione delle due nature in Cristo e dell’unificazione delle ferite del mondo nel Suo sacrificio.
La preghiera della chiesa ha sempre “cantato un canto nuovo” all’Agnello immolato regnante circondato dai cori celesti e dall’assemblea di coloro che nel sangue dell’Agnello hanno purificato le loro vesti. Le scene dell’Apocalisse sono un canto definitivo e un richiamo sponsale: Maranhatà.
Queste linee teoriche che sorrengono l’impianto fondativo della musica come tale, ricorrono sempre, anche nell’ultima parte del nostro volume che è segnata dagli interventi di Benedetto XVI ai numerosi concerti dati in suo onore. Lì, alla luce di tanti ricordi personali, il Pontefice ci persuade ad amare la musica, nata- rinata- sotto la volta del Cielo. Ormai cantiamo con gli angeli, davanti agli angeli, che non sono solo più i soli serafini, ma troni dominazioni potestà. Ci dice di rivalutare l’organo come sintesi di tutte le voci del creato perché la musica è sempre cosmica e perciò sinfonica. Sinfonica e cosmica perchè è un inno a Cristo centro del cosmo e della storia: il cosmo è in attesa di compimento e nel genio delle varie forme musicali e dei geni compositori vive la sua nuova creazione sempre fresca e imperitura e così capace di vibrare nelle anime ieri oggi, sempre: nessuna tradizione di musica sacra è interamente lasciata e ogni innovazione è avvertibilmente ricca del passato.
Così ci ri-orientiamo rispetto alle derive dello “spirito del Concilio” che ha prodotto un abbandono della musica sacra nelle liturgie, per preferirvi forme elitarie o rock, quando non pop, accampando criteri come “musica d’uso”, escludendo dalle chiese la musica come arte. In questo l’allora card. Ratzinger è severissimo: queste derive vanno escluse anche perché vogliono essere forme non purificate di culto pagano estatico, sensuale teso allo stordimento quando non satanico.
L’ammonimento è chiaro: non musica standardizzata, di mercato, valutata solo in termini quantitativi.
La vera musica è un’eco dell’atto creativo redentivo: viene dal cuore di Dio che, nuzialmente canta alla sua Chiesa: dove la Chiesa, secondo la teologia orientale, è pensata e voluta come il compimento della creazione. Questa chiesa che risponde allo Sposo ha prodotto i più grandi capolavori dell’arte musicale, come figurativa e letterarie. Anzi, dove la materia fu più dura, più grande fu l’opera.
E noi, poveri artigiani? Si deve tendere alla perfezione, alla massima competenza di esecuzione, anche se sappiamo di avere spesso poche risorse nelle nostre parrocchie e nelle nostre chiese. Anche noi in qualche modo creiamo, generando musica o eseguendo i canti nella liturgia. Abbiamo nelle mani frammenti di creazione. Che cosa non vien fuori, infatti, da un violino, da un oboe, pezzetti di legno, crini di cavallo: ottone dei fiati, argento stagno e peltro delle canne d’organo. Che cosa non uscirà da un cuore ardente che si apre umilmente al Mistero?
Il bambino Joseph Ratzinger, a tredici anni, rimase sconvolto dalla Grande Messa in do minore di Mozart:... nel lontano 1941. Fu toccato – racconta –da Dio stesso sfiorando la magnificenza di Dio stesso.
AVE MARIA!
lunedì 6 luglio 2015
Benedetto XVI riceve due Lauree “honoris causa”
Benedetto XVI riceve due Lauree “honoris causa”: il testo integrale del discorso del Papa Emerito
Parole di ringraziamento di Benedetto XVI, Papa emerito, in occasione del conferimento del dottorato “honoris causa” da parte della Pontificia Università “Giovanni Paolo II” di Cracovia e dell’Accademia di Musica di Cracovia (Polonia), 04.07.2015
Questa mattina a Castel Gandolfo, il Papa emerito Benedetto XVI, ha ricevuto il dottorato honoris causa da parte della Pontificia Università “Giovanni Paolo II” di Cracovia e dell’Accademia di Musica di Cracovia (Polonia). A conferire le due Lauree è stato il Card. Stanisław Dziwisz, Arcivescovo di Cracovia, Gran Cancelliere della Pontificia Università “Giovanni Paolo II”.
Riportiamo di seguito le parole di ringraziamento che Benedetto XVI ha pronunciato nel corso della cerimonia:
Eminenza!
Eccellenze!
Magnificenze!
Illustri Signori Professori!
Signore e Signori!
In questo momento non posso che esprimere il mio più grande e cordiale ringraziamento per l’onore che mi avete riservato conferendomi il doctoratus honoris causa. Ringrazio il Gran Cancelliere la cara Eminenza il Cardinale Stanisław Dziwisz e le autorità Accademiche di tutti e due gli Atenei.
Mi rallegra soprattutto il fatto che in questo modo è divenuto ancor più profondo il mio legame con la Polonia, con Cracovia, con la patria del nostro grande santo Giovanni Paolo II. Perché senza di lui il mio cammino spirituale e teologico non è neanche immaginabile.
Con il suo esempio vivo egli ci ha anche mostrato come possano andare mano nella mano la gioia della grande musica sacra e il compito della partecipazione comune alla sacra liturgia, la gioia solenne e la semplicità dell’umile celebrazione della fede.
Negli anni del post-concilio, su questo punto si era manifestato con rinnovata passione un antichissimo contrasto.
Io stesso sono cresciuto nel Salisburghese segnato dalla grande tradizione di questa città. Qui andava da sé che le messe festive accompagnate dal coro e dall’orchestra fossero parte integrante della nostra esperienza della fede nella celebrazione della liturgia.
Rimane indelebilmente impresso nella mia memoria come, ad esempio, non appena risuonavano le prime note della Messa dell’incoronazione di Mozart, il cielo quasi si aprisse e si sperimentasse molto profondamente la presenza del Signore. - E grazie anche a voi, che mi avete fatto sentire Mozart, e anche al Coro: dei grandi canti! - Accanto a questo, tuttavia, era comunque già presente anche la nuova realtà del Movimento liturgico, soprattutto tramite uno dei nostri cappellani che più tardi divenne vice-reggente e poi rettore del Seminario maggiore di Frisinga. Durante i miei studi a Monaco di Baviera, poi, molto concretamente sono sempre più entrato all’interno del Movimento liturgico attraverso le lezioni del professor Pascher, uno dei più significativi esperti del Concilio in materia liturgica, e soprattutto attraverso la vita liturgica nella comunità del seminario.
Così a poco a poco divenne percepibile la tensione fra la participatio actuosa conforme alla liturgia e la musica solenne che avvolgeva l’azione sacra, anche se non la avvertii ancora così forte.
Nella Costituzione sulla liturgia del Concilio Vaticano II è scritto molto chiaramente: «Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra» (114).
D’altro canto il testo evidenzia, quale categoria liturgica fondamentale, la participatio actuosa di tutti i fedeli all’azione sacra. Quel che nella Costituzione sta ancora pacificamente insieme, successivamente, nella recezione del Concilio, è stato sovente in un rapporto di drammatica tensione.
Ambienti significativi del Movimento liturgico ritenevano che, per le grandi opere corali e financo per le messe per orchestra, in futuro ci sarebbe stato spazio solo nelle sale da concerto, non nella liturgia. Qui ci sarebbe potuto esser posto solo per il canto e la preghiera comune dei fedeli.
D’altra parte c’era sgomento per l’impoverimento culturale della Chiesa che da questo sarebbe necessariamente scaturito.
In che modo conciliare le due cose? Come attuare il Concilio nella sua interezza? Queste erano le domande che si imponevano a me e a molti altri fedeli, a gente semplice non meno che a persone in possesso di una formazione teologica.
A questo punto forse è giusto porre la domanda di fondo: Che cos’è in realtà la musica? Da dove viene e a cosa tende?
Penso si possano localizzare tre “luoghi” da cui scaturisce la musica.
Una sua prima scaturigine è l’esperienza dell’amore. Quando gli uomini furono afferrati dall’amore, si schiuse loro un’altra dimensione dell’essere, una nuova grandezza e ampiezza della realtà. Ed essa spinse anche a esprimersi in modo nuovo. La poesia, il canto e la musica in genere sono nati da questo essere colpiti, da questo schiudersi di una nuova dimensione della vita.
Una seconda origine della musica è l’esperienza della tristezza, l’essere toccati dalla morte, dal dolore e dagli abissi dell’esistenza. Anche in questo caso si schiudono, in direzione opposta, nuove dimensioni della realtà che non possono più trovare risposta nei soli discorsi.
Infine, il terzo luogo d’origine della musica è l’incontro con il divino, che sin dall’inizio è parte di ciò che definisce l’umano. A maggior ragione è qui che è presente il totalmente altro e il totalmente grande che suscita nell’uomo nuovi modi di esprimersi.
Forse è possibile affermare che in realtà anche negli altri due ambiti – l’amore e la morte – il mistero divino ci tocca e, in questo senso, è l’essere toccati da Dio che complessivamente costituisce l’origine della musica. Trovo commovente osservare come ad esempio nei Salmi agli uomini non basti più neanche il canto, e si fa appello a tutti gli strumenti: viene risvegliata la musica nascosta della creazione, il suo linguaggio misterioso. Con il Salterio, nel quale operano anche i due motivi dell’amore e della morte, ci troviamo direttamente all’origine della musica sacra della Chiesa di Dio. Si può dire che la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell’incontro con il divino, con l’esperienza dell’amore e del dolore. Quanto più pura e vera è quest’esperienza, tanto più pura e grande sarà anche la musica che da essa nasce e si sviluppa.
A questo punto vorrei esprimere un pensiero che negli ultimi tempi mi ha preso sempre più, tanto più quanto le diverse culture e religioni entrano in relazione fra loro. Nell’ambito delle diverse culture e religioni è presente una grande letteratura, una grande architettura, una grande pittura e grandi sculture. E ovunque c’è anche la musica. E tuttavia in nessun’altro ambito culturale c’è una musica di grandezza pari a quella nata nell’ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Händel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture. E questo - mi sembra - ci deve far pensare.
Certo, la musica occidentale supera di molto l’ambito religioso ed ecclesiale. E tuttavia essa trova comunque la sua origine più profonda nella liturgia nell’incontro con Dio.
In Bach, per il quale la gloria di Dio rappresenta ultimamente il fine di tutta la musica, questo è del tutto evidente. La risposta grande e pura della musica occidentale si è sviluppata nell’incontro con quel Dio che, nella liturgia, si rende presente a noi in Cristo Gesù. Quella musica, per me, è una dimostrazione della verità del cristianesimo. Laddove si sviluppa una risposta così, è avvenuto un incontro con la verità, con il vero creatore del mondo. Per questo la grande musica sacra è una realtà di rango teologico e di significato permanente per la fede dell’intera cristianità, anche se non è affatto necessario che essa venga eseguita sempre e ovunque. D’altro canto è chiaro però anche che essa non può scomparire dalla liturgia e che la sua presenza può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra, al mistero della fede.
Se pensiamo alla liturgia celebrata da san Giovanni Paolo II in ogni continente, vediamo tutta l’ampiezza delle possibilità espressive della fede nell’evento liturgico; e vediamo anche come la grande musica della tradizione occidentale non sia estranea alla liturgia, ma sia nata e cresciuta da essa e in questo modo contribuisca sempre di nuovo a darle forma. Non conosciamo il futuro della nostra cultura e della musica sacra. Ma una cosa è mi sembra chiara: dove realmente avviene l’incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi, lì nasce e cresce nuovamente anche la risposta, la cui bellezza viene dalla verità stessa.
L’attività delle due università che mi conferiscono – mi hanno conferito - questo dottorato honoris causa – per il quale posso ancora dire grazie di tutto cuore - rappresenta un contributo essenziale affinché il grande dono della musica che proviene dalla tradizione della fede cristiana resti vivo e sia di aiuto perché la forza creativa della fede anche in futuro non si estingua.
Per questo ringrazio di cuore tutti voi, non solo per l’onore che mi avete riservato, ma anche per tutto il lavoro che svolgete a servizio della bellezza della fede. Il Signore vi benedica tutti.
domenica 4 maggio 2014
Attenti al rock-musica
La musica,
dal punto di vista Ortodosso
La musica è un'attività della vita umana da sempre, come il parlare. Ed è anche un tipo di arte. E' in grado di esprimere le emozioni, i pensieri ed i processi volontari delle persone. Inoltre è un mezzo di dialogo nonchè di influenza e di soggezione e persino sottomissione. Come esistono i suoni melodici e disarmonici, piacevoli e dispiacevoli, così anche la musica può essere "buona" o "cattiva", influenzando positivamente o negativamente non solo sulle emozioni delle persone, ma anche sulla loro salute, l'educazione e la maniera di comportarsi, il che influisce senz'altro anche sull'andamento della vita stessa delle persone e, letteralmente, alla fine dei conti, sul loro destino nell'Eternità. Per questo la musica non va assolutamente sottovalutata, come avviene dappertutto nei nostri giorni.
Per illustrare le nostre parole faremo qui di seguito una citazione dal libro di Arcimandrita Lazar "IL PECCATO ED IL PENTIMENTO DEGLI ULTIMI TEMPI. Dei malanni nascosti dell’anima"
Dal Capitolo 5.
Un breve esame delle più comuni passioni peccaminose dei nostri tempi.
Passione di rock-musica.
L’influenza sull’anima di un cristiano di jazz musica, rock musica, punk musica, disco musica ecc. è estremamente dannosa. Tutte queste forme ed avvenimenti della moderna cultura musicale popolare non solo non si limita nel campo artistico, ma intacca anche tutte le parti, tutti i più piccoli particolari di vita della gioventù moderna. Questa cultura muta costantemente, come un camaleonte, adattandosi a tutte le sfumature d’umore delle nuove generazioni, cambiando i nomi dei suoi "nuovi” stili, persino apparentemente rifiutando il passato si ribella contro se stessa per rianimare l’interesse ed il gusto verso le stesse cose, perché la sua sostanza è sempre la stessa. Questo fenomeno è estremamente ripugnante e offensivo persino per una persona più o meno credente, tanto più è inaccettabile per un vero cristiano. Continua a leggere
sabato 18 gennaio 2014
Bellezza della musica
La Bellezza della Musica
L’universo è armonia e l’armonia è bellezza: chi, ascoltando la sua musica preferita, non prova un senso di benessere? La musica ti riconcilia con il mondo e attraverso la musica si può raggiungere la parte più profonda dell’anima: quella che ognuno di noi tiene nascosta per la maggior parte del tempo.
Anticamente più di oggi si dava una grande importanza alla musica perché basata sulle giuste proporzioni e sull’armonia. La musica, in epoca Medievale, faceva parte delle sette arti liberali perché rappresentava una disciplina che permetteva la conoscenza del mondo e dunque anche di avvicinarsi a Dio.
Le arti liberali erano quelle discipline puramente intellettuali che preparavano alla conoscenza e rappresentavano il percorso di studi dei giovani che vissero in quel periodo. Un tempo, ancora più di oggi, l’estetica musicale era considerata una forma fondamentale di sapere; un modo per arrivare ad impadronirsi delle leggi segrete che governano l’universo.
Da questa immensa eredità che ci ha lasciato il passato è nata la musica classica che rappresenta una forma alta di cultura e un modo per crescere, per esprimere liberamente le proprie passioni ed i propri stati d’animo.
- Emozioni
- passione
- stati d’animo
- sensazioni
Schopenhauer ritiene la musica un linguaggio universale ed uno dei suoi pregi è proprio quello di poter “parlare” a tutti perché utilizza i suoni e si basa sull’armonia. Non c’è bisogno di conoscere la lingua per amare una melodia o una combinazione di suoni. Basta molto poco per interiorizzare un brano musicale.
Per il filosofo tedesco è l’unica arte che è in grado di superare la materia; è dunque capace di raggiungere l’essenza delle cose. E’ questo il motivo per cui riesce a toccare la parte più profonda dell’animo umano. Il grande Osho la ritiene come una delle poche arti che offre la possibilità di poter esprimere l’inesprimibile perché è capace di arrivare all’essenza delle cose.
La musica è possibilità creativa, libertà di espressione, opportunità di comunicare le proprie sensazioni per questo ha una grande valenza formativa: riempie il cuore ed il cervello.
Fare musica, ascoltare musica, studiare la musica significa avvicinarsi alla conoscenza vera; significa elevarsi culturalmente ed iniziare un lungo cammino di conoscenza.
Lo stesso Socrate era convinto del grande valore della musica e la riteneva una delle forme più elevate di filosofia. Grandi filosofi, illustri poeti, celebri artisti, rinomati scrittori e registi hanno apprezzato la musica e ne hanno riconosciuto il grande valore.
T. Tasso la considera come una delle strade attraverso le quali l’anima può ritornare al cielo.
Il Novalis la ritiene l’arte attraverso la quale il musicista riesce a tirare fuori l’essenza da sé stesso perché ode dal di dentro.
Creare, esprimersi, emozionarsi, provare sensazioni fortissime: tutto è possibile con la musica. E che dire di quelli che ne hanno fatto uno strumento di protesta? La musica diventa dunque anche un modo per contestare; per esprimere liberamente le proprie idee e “cantare” le contraddizioni del mondo.
Il legame tra musica e politica è stato sempre molto forte, specie alla fine degli anni Sessanta, quando la contestazione giovanile divenne sempre più forte. La musica non è solo un modo per evadere dalla realtà ma uno strumento attivo per agire su di essa e cambiarla. Non è solo arte ma è anche tecnica e sacrificio.
Godere della bellezza della musica è enorme opportunità che ci è offerta in quanto essere umani. Il grande Platone diceva: “La musica può illuminare l’anima di una luce eterna e mettere le ali ai vostri pensieri”.
Non è forse un’esperienza comune a tutti? La musica avvicina, unisce, accomuna perché parla un linguaggio universalissimo. E’ spirito, è afflato mistico, è possibilità di avvicinarsi al divino o di combattere per cambiare la realtà. Essa è in grado di suscitare i sentimenti fraterni e di accomunare nell’amore tutti gli uomini. Tutto dipende ovviamente da chi ascolta.
Chi sa apprezzare la buona musica molto spesso sa leggere anche la realtà. E' importante amare la musica, perché ci aiuta ad amare.
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