sabato 11 gennaio 2014

Sebbene i Cattolici siano consapevoli del potere dell’Eucaristia, molti non riconoscono l’importanza di questo fondamentale momento con Me, in contemplazione. Essi semplicemente ignorano questo dono. Si annoiano a trascorrere quest’ulteriore tempo con Me.


12 giugno 2011 – L’amore e l’adorazione in abbondanza vi rendono più forti e più calmi

Mia diletta figlia, le grazie ricevute dai Miei figli nell’Adorazione Eucaristica sono potenti. Esse non solo vi daranno le grazie per far fronte alle sofferenze della vita, ma vi rendono più forti nel vostro amore per Me, il vostro devoto e leale Salvatore.
L’amore che si riversa sulle anime durante l’Adorazione è dato in abbondanza. Le anime sentono quest’ondata delle Mie grazie in tanti modi diversi. Il primo dono è la pace nella vostra anima. Sentirete ciò immediatamente dopo aver completato il vostro tempo in stretta unione con Me.
Così molti dei Miei figli si stanno negando i tanti doni che Io offro per l’Adorazione, nella quale trascorrete un’ora del vostro tempo dinanzi alla Mia presenza sull’altare. Sebbene i Cattolici siano consapevoli del potere dell’Eucaristia, molti non riconoscono l’importanza di questo fondamentale momento con Me, in contemplazione. Essi semplicemente ignorano questo dono. Si annoiano a trascorrere quest’ulteriore tempo con Me.
Oh, se solo voi sapeste quanto questo li renderebbe forti. Le loro paure e preoccupazioni sparirebbero se soltanto essi Mi tenessero compagnia in una tranquilla riflessione intima.  Se i Miei figli potessero vedere la luce che avvolge le loro anime durante questa speciale Ora Sacra si stupirebbero.
Bambini, è durante quest’ora che vi avvicinate moltissimo a Me. E’ qui che la vostra voce, le vostre suppliche, le vostre promesse di amore per Me saranno ascoltate. Molte grazie meravigliose sono date a voi bambini in questo momento, quindi per favore non ignorate le Mie richieste di trascorrere questo tempo in Mia compagnia.
La ricompensa vi renderà liberi dalle preoccupazioni.
La ricompensa vi renderà liberi dalle preoccupazioni, leggeri di mente, cuore ed anima e più calmi in voi stessi. Quando Mi ricevete durante l’Eucaristia io riempio la vostra anima. Ma quando venite a Me in adorazione Io vi avvolgerò a tal punto che le chiuse del Mio amore misericordioso satureranno la vostra mente, il corpo e l’anima. Sentirete una forza che produrrà una serena fiducia che non potrete ignorare.
Venite a Me ora, bambini. Ho bisogno della vostra compagnia. Ho bisogno che parliate con Me quando la Mia presenza Divina è più forte. Io vi amo e voglio riversare tutte le Mie grazie su di voi, in modo che voi possiate infondere le vostre anime con il Mio Sacro Cuore.
Il tuo amato Salvatore
Gesù Cristo

Per crescere in un senso cattolico della vita, vogliamo vivere integralmente una vita cristiana, per questo vogliamo vivere con la Messa della Tradizione



Ci preoccupiamo di crescere in un senso cattolico della vita, vogliamo vivere integralmente una vita cristiana, per questo vogliamo vivere con la Messa della Tradizione


Valida non è buona

Se avessimo ritenuto che la Messa com'è celebrata nella quasi totalità delle chiese andasse bene, non avremmo deciso di passare totalmente al rito antico.

Sia ben chiaro: non stiamo dicendo che la Messa nel Novus ordo (la Messa di Paolo VI, riformata dopo il Concilio Vaticano II) non sia valida! Ci mancherebbe! Affermare questo sarebbe non ragionare più in modo cattolico!

Certo che la Messa di Paolo VI è valida, certo che è una vera Messa, solo che è così ridotta nel suo esprimere il senso cattolico del Santo Sacrifico di Cristo, da non educare compiutamente i fedeli ed anche i sacerdoti che la celebrano.

Molti diranno: “Ma se è una vera Messa, se è valida, di che cosa vi preoccupate?”.

Ci preoccupiamo di crescere in un senso cattolico della vita, vogliamo vivere integralmente una vita cristiana, per questo vogliamo vivere con la Messa della Tradizione.

Non c'è niente da fare: la crisi impressionante del Cattolicesimo nel nostro mondo, la confusione dottrinale e spirituale nella quale siamo immersi da troppi anni, l'abbandono imponente della pratica cristiana nei nostri paesi e città, ha la sua causa centrale in una riforma liturgica che ha stravolto il baluardo della fede e della vita cristiana.

Il nuovo rito della Messa, fatto per piacere anche ai fratelli separati delle altre confessioni cristiane (innanzitutto ai Protestanti e agli Anglicani), tacendo sugli aspetti principali della concezione cattolica della Messa, ha fatto sì che la liturgia non sia più la roccia sicura su cui fondare la vita cristiana, personale e sociale.

Il nuovo rito ha indebolito nei fedeli il senso di Dio, l'adorazione di Cristo presente nelle specie eucaristiche, la centralità del sacrificio espiatorio, la regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Non vogliamo fare un elenco dei “vuoti” del nuovo rito della Messa, ci basta sottolinearne gli effetti devastanti.

Solo degli ideologizzati del post-concilio o della modernità a tutti i costi possono non vedere
l'esito penoso, drammaticamente penoso, della riforma liturgica.
Esito penoso che coinvolge tutti, sacerdoti e fedeli.

Nel migliore dei casi la nuova Messa, quando è celebrata con rispetto e dignità, lascia i fedeli che vi assistono così come sono: se questi sono già profondamente cattolici, probabilmente lo resteranno, ma se sono deboli nella fede e in uno sguardo cattolico sulla vita, in questa nuova Messa non troveranno una provocazione alla conversione profonda, anche culturale; saranno invece “cullati” nel loro modo ridotto di considerare il Cristianesimo.

La Messa tradizionale no! Non è così! È una Messa “difficile”, non per il latino, ma per le provocazioni che lancia.

Sul subito, per un cristiano “piccino” nella mente e nel cuore, può risultare un pugno nello stomaco, ma un pugno salutare. Ti mette in crisi, mette in crisi le false certezze di un cristianesimo troppo umanizzato che mette l'uomo al centro e dimentica Dio. Mette in crisi un cristianesimo che si è imbevuto della mentalità dominante e che è sempre più una scuola di agnosticismo.

La Messa tradizionale mette in crisi, ma dopo la crisi costruisce, edifica. In chi vi assiste con fedeltà, la Messa di sempre inizia un'opera di educazione alla fede profonda, totale, solida.

Se un fedele non si scandalizza delle difficoltà iniziali, nel tempo scopre tutta la ricchezza della liturgia secondo la Tradizione, e grazie ad essa vede edificare nella santità e nell'intelligenza della fede tutta la propria vita. Per questo abbiamo voluto vivere solo con la Messa tradizionale. Per questo pensiamo che sia il ritorno ad essa il migliore sostegno alla Missione urgente di riportare il Cattolicesimo nella vita normale del popolo.

Chissà che, dopo le polemiche, si possa riaprire una proficua riflessione su questi punti.

tratto da: http://radicatinellafede.blogspot.com/

Maria , Madre dolcissima,
di grazia alma sorgente,
Deh! Tu assisti e libera
dall’infernal serpente.

Essere donne (e uomini) oggi. Interessanti sviluppi del 'caso' spagnolo sul libro della Miriano

Essere donne (e uomini) oggi. Interessanti sviluppi del 'caso' spagnolo sul libro della Miriano

Da blog di Costanza Miriano, riprendo questa intervista per  El Huffington Post, sulle persistenti polemiche  dopo l’uscita in Spagna del libro “Cásate y sé sumisa”. Doppiamente interessante sia per inquadrare l'inquietante fenomeno che si inserisce nelle derive morali e antropologiche della nostra società che per conoscere la ricca e feconda visuale di una donna cristiana che pensa ed esprime le ragioni della sua fede e del suo essere donna credente oggi.

A cosa si deve il successo del suo libro in Italia?

Il libro inizia con me che rispondo a una telefonata di un’amica in crisi, che non si decide a sposarsi. Una telefonata tra amiche sul tema dell’identità femminile, che è, io credo, quello su cui si gioca la partita centrale della nostra culturale. Cosa vuol dire essere uomo e donna oggi. Teorie di genere o antropologia cristiana. Il tutto tradotto in un linguaggio pop, passando dalle calze parigine al Catechismo, dai trucchi per dormire in bagno quando ci sono i figli neonati (appoggiando la testa al rotolo di carta igienica) alla Bibbia.

Una mia amica mi ha chiamata arrabbiata perché nella sua libreria mi ha trovata nel settore umorismo. Invece non mi avrebbero potuto fare un complimento migliore. Ridere parlando di San Paolo! E così è partito un passaparola tra i credenti, che finalmente si sono visti rappresentati in modo non deprimente, molto deciso nei contenuti, molto allegro nella forma. All’inizio sono state stampate 1200 copie. Io telefonavo alla mia famiglia nella speranza che almeno loro ne comprassero una mezza dozzina. Poi il libro ha avuto non so più quante ristampe, ormai oltre venti credo.

In Spagna la Izquierda Unida ha detto che il libro apertamente sostiene la schiavitù delle donne rispetto agli uomini, e il ritenere gli uomini superiori alle donne causa la violenza maschile”. Che ne pensa?

No, mi dispiace, a questo punto la domanda spetta a me. In quale punto esatto io incito, sostengo, scuso, giustifico, o anche minimamente contemplo o nomino la violenza? L’unica violenza che vedo in tutta questa storia è quella che viene fatta a me, che sono pure donna, se è per questo. È questa l’unica violenza sulle donne che vedo in tutta questa storia. Un’aggressione scomposta e veramente assurda. Loro devono rispondere. Non si possono lanciare accuse così a caso. In quale punto? Dove? Con quali parole? Io ho scritto lettere alle mie amiche, amiche reali, vere, che esistono. Se vuole gliele presento. Nessuna di loro ha subito violenza, grazie a Dio. Se qualcuna ne subisse non le direi certo di sopportare in silenzio, ma non è un problema che mi sono posta, perché non mi è capitato. Il mio non è un trattato di sociologia. Io ho guardato la realtà mia e delle mie amiche, e i nostri problemi sono altri. Come essere felici con i nostri mariti. Come amarli meglio, Come prenderci cura di loro e come chiedere loro di prendersi cura di noi. Imparare i linguaggi maschile e femminile, che sono diversissimi. Come tenere insieme tutti i ruoli che una donna moderna – moglie, madre, lavoratrice, donna di fede che coltiva lo spirito ma ama anche curare il suo corpo – riassume in sé. La violenza è roba per magistrati, psichiatri, non per una donna comune come me che si mette a scrivere alle amiche. Chi mai avrebbe pensato che le mie lettere le avrebbero lette cinquantamila persone in Italia e all’estero? Non sono mica un’autorità, una maitre à penser!!!

Quanto all’inferiorità o superiorità maschile, chi fa questa obiezione non parla il linguaggio cristiano. È legittimo non parlarlo, come io non so di che parlino buddisti o musulmani, ma non mi immischio nelle loro faccende. Nella logica cristiana il capo, che è il marito secondo san Paolo, è un capo come Cristo, che muore per la sua sposa, la Chiesa. Un capo che ha come trono la croce. L’uomo che fa il marito come Cristo comanda è un uomo pronto a morire per la moglie. La sposa secondo la Chiesa è quindi una sposa docile nei confronti di un uomo nobile, generoso. La sposa con la sua dolcezza risveglia i migliori sentimenti nell’uomo, come nell’amore cortese. Evita che si metta in moto quella sorta Mister Hyde che è dentro ogni uomo, la sua parte animale. Questa è la logica cristiana. Fare a gara nello stimarsi a vicenda, avere un pregiudizio positivo nei confronti dell’altro, dirgli: io sto dalla tua parte, mettiamo insieme la nostra siderale diversità, e cerchiamo di donarci la nostra reciproca povertà. Gridare i propri diritti non serve a niente, riconoscere che siamo peccatori, poveri, limitati, fa funzionare l’amore.

Associazioni di donne credono che il libro inciti alla violenza di genere. Qual è la sua opinione?

Credo che non abbiano letto il libro. Torno a chiedere: in quale punto esatto? Con quali parole? Dove? Perché se a disturbare è la parola sottomessa, allora bruciate tutte le copie della Bibbia. In quel caso sarà per me un onore andare al rogo.

Il libro può piacere o no, è ovvio. Ma che ci sia un’incitazione alla violenza di genere è una pura follia. Non so da voi, ma in Italia il solo pensare che qualcuno possa mettere in dubbio la uguale dignità tra uomo e donna è ridicolo. Tutta questa storia è ridicola.

A parte il fatto che io, come la Chiesa, rifiuto la parola genere – io credo che esistano due sessi e non i generi – a parte questo, dicevo, io rifiuto la violenza. Mi basta il quinto comandamento, non uccidere. Non uccidere i bambini, neppure nel grembo materno, che è la violenza più grande per l’evidente sproporzione tra la vittima e il carnefice, non uccidere le donne, non uccidere gli uomini. Non uccidere. Punto.

 Secondo te qual è il ruolo della donna nel matrimonio?

Credo che ogni coppia abbia un suo equilibrio quanto alle cose pratiche. Dipende dai gusti, dalle inclinazioni. Ci sono uomini che amano cucinare, altri che si divertono a giocare con i figli. Io non sopporto quando mi chiedono “chi lava i piatti in casa tua?” Credo che il discorso della sottomissione e del morire (ricordo sommessamente che io ho scritto anche un secondo libro, per gli uomini, che si chiama “Sposala e muori per lei”, che in Spagna uscirà alla fine dell’anno) si giochi su un piano molto più profondo, spirituale. Ho conosciuto donne che facevano le casalinghe, ma comandavano il marito a bacchetta. E donne dirigenti, medici, magistrati, che sapevano però essere accoglienti e dolci e femminili.

Credo che il ruolo della donna sia mostrare all’uomo il bene e il bello possibili. Fargli da specchio positivo, dirgli quanto è importante che lui ci sia, e che metta il meglio di sé nell’impresa di costruire una famiglia, educare dei figli. L’uomo tende all’egoismo, e la donna può vincere questa inclinazione negativa dell’uomo non rivendicando, gridando, battendo i pugni, ma mostrandogli la bellezza di un amore totale, del sacrificio del proprio egoismo. La donna può essere come Beatrice per Dante, un anticipo di paradiso, e la casa diventa un luogo bellissimo in cui stare.

Questa idea farà sghignazzare in molti, ma sfido chiunque a trovarci una traccia di incitazione alla violenza. In più mi pare tutt’altro che offensiva per le donne. Anzi, al contrario.

Che significa per lei essere sottomessa?

Me lo sono chiesta a lungo, meditando su quel brano di san Paolo. Penso che significhi rinunciare al mio desiderio di voler formattare le persone, di voler imporre la mia visione del mondo a tutti quelli che mi sono intorno. Questa è sempre la tentazione femminile. Questo, fra parentesi, è quello che stanno facendo le donne spagnole con me.

 A che servizio è chiamata la donna nel matrimonio?

Al servizio più bello, gratificante, emozionante, divertente e trasgressivo che c’è. Perdere se stessa per far vivere le persone a cui vuole bene. Ma secondo lei quando una donna ospita un figlio nella pancia è sfruttata da lui? O piuttosto è benedetta da una fortuna, una grazia, una felicità, un potere anche, infiniti? Quando una donna allatta è schiavizzata dal suo bambino? Io ho allattato tantissimo tutti e quattro i figli, uno fino a tre anni e mezzo. Secondo lei sono stata sfruttata? Ero e sono felicissima di perdere il mio tempo, i miei progetti, i miei impegni per mettere prima quelli delle persone a cui voglio bene. La donna è chiamata a fare spazio, ma non perché un uomo la costringa. Perché questo è quello che amiamo fare. Anche le donne che ritengono che l’aborto sia un diritto, se sono madri e se chiedi loro quale sia stato il giorno più bello della loro vita, forse non ti diranno “quando sono diventata madre”?

Crede che l’uomo debba dominare la donna?

No, credo che dovrebbe morire per lei.

 Perché pensi che le donne dovrebbero sposarsi?

Non ho mai detto che le donne dovrebbero sposarsi, in generale. Ho detto che alcune donne, le mie amiche, proprio quelle, dovrebbero sposarsi (anzi, ormai la maggioranza lo hanno fatto). Perché le conosco e so che per loro quella è la via della felicità. E comunque non solo le donne, anche gli uomini, evidentemente. Le donne e gli uomini insieme.

Io credo che al fondo dell’essere umano ci sia un senso di vuoto che si colma solo donandosi totalmente a qualcuno. Questa è la via della felicità.

Una donna può essere felice di essere sottomessa al marito?

Certo. Sottomessa nel senso di fare spazio, di accogliere, di essere messa sotto come le colonne di una cattedrale, come il fondamento. Certo che può essere felice. Perché l’uomo è sedotto dalla bellezza di una donna così, capace di sostenere, di essere madre di quelli che incontra. E allora può vincere il suo enorme egoismo, che è il difetto maschile.

Quando una donna dovrebbe dire basta al marito?

Molto prima che il marito arrivi anche solo a pensare minimamente di toccarla con un dito. Deve essere capace di correggerlo con dolcezza ma con fermezza, quando vede che lui si approfitta della sua dolcezza. Lo deve fare principalmente per lui, san Paolo la chiama correzione fraterna: quando si vede un fratello, e il marito è il nostro primo fratello, che sbaglia lo si deve prendere da parte, ma non nel momento della rabbia, e bisogna dirgli che sta sbagliando. Con calma. Non per gridare i nostri diritti ma perché lo amiamo, e vogliamo per lui il bene. E il bene non è mai comportarsi in modo violento, egoista, menefreghista. Il punto è che un matrimonio dovrebbe essere principalmente un luogo di conversione reciproca, un luogo in cui tutti e due si sforzano di offrire all’altro la parte migliore di sé, e in questo bisogna aiutarsi a vicenda, essendo, come dice san Paolo nello stesso brano “reciprocamente sottomessi”.

 Perché pensa che il suo libro abbia suscitato tante polemiche in Spagna?

Ah, questo proprio non lo so. Me lo deve dire lei. Conosco troppo poco del vostro paese e davvero non me lo spiego. In Italia non è successo niente del genere. Una sua collega mi ha spiegato che il problema non sono io, ma l’arcivescovo che è vicino alla casa editrice spagnola. Quindi è un problema che riguarda la Chiesa. Ricordo però che i libri si possono non comprare. Li si può trovare stupidi, scritti male, disonesti, ma perché vietarli?

Io sono allibita innanzitutto dal fatto che si possa pensare di censurare un libro, che ovviamente non incita a nessun reato ma ripropone le idee che la Chiesa proclama al mondo da sempre. Impedire alle persone di parlare è una cosa molto molto preoccupante. Poi sono allibita anche dal fatto che si possano esprimere opinioni su un libro che non si è letto, e questo non è segno di grande serietà. Tra i giornalisti che mi hanno chiamata solo uno si era dato la pena di informarsi. Infine vorrei dire una cosa anche se lei non me l’ha chiesta. Ho lavorato per molti anni al tg3, che è tradizionalmente il tg più orientato a sinistra, da noi. (Per inciso, sono una giornalista di un tg nazionale, una maratoneta da tre ore e quindici, e a questo ci tengo proprio, sono una che viaggia, che ama le borse, anche se le ho sempre piene di briciole e fumetti dei figli: le sembro una repressa che per fare un’intervista deve chiedere il permesso al marito, come hanno detto con scarsissima professionalità dei suoi colleghi in tv, inventandosi tutto? Sono una sposa e una mamma di quattro ragazzi, felicissima e per niente depressa!)

Lavorando ho incontrato e intervistato tantissime persone, e per un periodo mi sono occupata di tematiche femminili. Ho incontrato molte delle femministe più significative del mio paese, e le posso dire che off the records, come si dice, a telecamera spenta, magari davanti a un caffè, ho parlato con loro e ho sempre trovato che fossero molte di più le cose che ci univano, che non quelle che ci dividevano. Credo che purtroppo l’ideologia sia qualcosa di molto potente che impedisce alle persone di incontrarsi davvero. Credo che tutte le donne abbiano in sé una grande capacità di maternità (anche quando non sono madri biologicamente), di accogliere, di fare relazione. E spesso molte di loro erano donne che erano state ferite, interiormente, dall’egoismo degli uomini, magari di un padre o di un compagno. Capisco quindi che quando una persona è stata ferita o oppressa possa per reazione diventare intollerante o aggressiva. Posso capire benissimo che a certe orecchie la parola sottomissione possa suonare sgradevole, offensiva quasi. Io sono nata quando già certi diritti, votare, studiare, la possibilità di lavorare, erano acquisiti. Chi invece ha un’altra storia, è stata costretta ad essere sottomessa, non per sua scelta, non per amore, non per una bellezza più grande, questa parola non la può tollerare. Capisco tutto, ma non è colpa mia. Quello di cui parla san Paolo è un’altra cosa: è “perché la gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena”.

Il Mondo, la Carne, il Diavolo


  1. A commento dell'articolo Il fumo di Satana nella Chiesa 
    di Mario Palmaro e Riccardo Cascioli, 
    pubblicato qui.
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    ENE ha fatto Palmaro a denunciare il silenzio assordante dei Pastori nell'attuale crisi della società e della Chiesa, dicendosene scandalizzato ed invitando i Cattolici a gridare dai tetti la loro indignazione.


    Perché mai ti scrivo tutte queste cose? Perché questa notte non ci ho dormito. E perché io voglio capire – e lo chiedo ai lettori della Bussola – che cosa deve ancora accadere in questa Chiesa perché i cattolici si alzino, una buona volta, in piedi. Si alzino in piedi e si mettano a gridare dai tetti tutta la loro indignazione. [...] Qui io faccio appello alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro fede, alla loro virilità. Prima che sia troppo tardi.
    Ed è partendo da questo magistrale e appassionato articolo che ci sentiamo spronati a cercare le cause di questa situazione, il momento in cui queste cause si sono attivate e il motore di queste cause. Più semplicemente: cosa, quando, da parte di chi.


    Le cause

    Sentire il Prefetto del Sant'Uffizio che nega la Sacra Verginità della Madonna o mette in dubbio la Presenza Reale; leggere interventi di Prelati che legittimano ed auspicano tolleranza per i gay; ascoltare le uscite di Bergoglio sulla divorziata che ha abortito e merita misericordia, o il Chi sono io per giudicare? ci permette di riconoscere in questi episodi la dissonanza con l'insegnamento dottrinale e morale della Chiesa, ma non ci spiega come sia possibile che, in cinquant'anni di postconcilio, i Vescovi siano giunti ad insegnare eresie, la Gerarchia a diffondere errori dottrinali, il Papa a sconfessare i suoi Predecessori. 

    Il Principe di questo mondo ha un proprio modus operandi, collaudato e sperimentato nei millenni di storia, dalla creazione di Adamo ad oggi. Non ha mai cambiato una virgola alla strategia con cui trascina all'Inferno le anime. Il Mondo, la Carne, il Diavolo: ecco i nemici, i responsabili della distruzione e della dissoluzione di questa infelice società ribelle a Dio. 

    E se il metodo di Satana è sempre il medesimo, bisogna riconoscere tuttavia che, dalla costituzione della Chiesa sul Golgota, esso si è sempre dovuto scontrare con i Sacri Pastori, vigili custodi della Verità e coraggiosi annunziatori del messaggio salvifico di Nostro Signore. Per quante rivoluzioni egli abbia scatenato nella società, Lucifero non è mai riuscito a distruggere la Cittadella Santa. Tutte le eresie, gli scismi, le ribellioni contro la Chiesa si sono schiantati miseramente contro i saldi bastioni della dottrina, della morale e della spiritualità di Papi, Vescovi, sacerdoti, religiosi e pensatori cattolici. Molti di essi hanno meritato di essere elevati agli onori degli altari proprio per la strenua difesa della Verità rivelata, e per la testimonianza eroica della fedeltà a Cristo e alla Sua Sposa. 

    Il Mondo, la Carne, il Diavolo


    Per demolire l'opera mirabile della Creazione e vanificare quella divina della Redenzione, era quindi necessario entrare nel Sacro Recinto, corromperlo dall'interno e poter così distruggere la Chiesa nella propria essenza. L'opera di corruzione doveva colpire i singoli, prima di potersi allargare all'intero corpo ecclesiale. Ecco allora entrare in gioco, in seno alla Gerarchia, il Mondo, la Carne e il Diavolo. 

    Il Mondo, dinanzi al quale molti Vescovi e fin troppi chierici si sentono inferiori, esclusi e disprezzati, tenta le anime consacrate con l'arma dei rispetti umani, o promettendo successo ed applausi a chi è disposto a mostrarsi conciliante, meno integralista, più aperto al dialogo. In cambio chiede la rinuncia alla predicazione della Verità, nuovo incenso da bruciare dinanzi a nuovi idoli. Per contrastare lo spirito del mondo nel Clero, serve un'opera di formazione teologica e morale senza cedimenti, un'attività di educazione costante all'esercizio delle virtù, dalla Fortezza alla vera Obbedienza, dall'Umiltà alla Giustizia. E serve lo spirito di preghiera e di raccoglimento, la frequenza della Confessione, della Comunione, l'abitudine alla meditazione, allo studio, al silenzio. Occorre bandire dai Seminari la profanità, la promiscuità con i laici, la dissipazione. 

    La Carne - perfida seduttrice, nemico che ciascuno di noi si porta accanto - corrompe l'anima e profana i corpi dei chierici, che pure dovrebbero essere tabernacolo vivente della Ss.ma Trinità, e per i quali la sola idea di essere degli alter Christus dovrebbe infondere orrore per l'impudicizia, la lussuria, l'abbandono ai sensi. Lasciati a se stessi da una chiesa che pensa solo a piacere al secolo, i sacerdoti hanno smesso di pregare, di celebrare quotidianamente la Santa Messa e di recitare il Breviario, di indossare l'abito che li separa dal mondo: scendendo ogni giorno più in basso hanno ceduto ai piaceri della tavola, al vino, e infine hanno spezzato il cristallo della Santa Purezza che li rendeva più simili al Salvatore. Il prevosto con l'amante in canonica, il Monsignore col giovanetto del coro, il Porporato con la Guardia Svizzera: la cronaca svela aberrazioni che sono la conseguenza necessaria di una vita sacerdotale fallimentare, lontana dalla Grazia e dal timor di Dio, in cui lo spirito di penitenza e di sacrificio è visto come un odioso retaggio del Medioevo. A poco valgono le grida e le commissioni cardinalizie: per sanare lo sfascio morale del Clero occorre un'opera di disciplina, di vita comune, di rieducazione allo spirito di sacrificio, alla vera povertà e alla mortificazione; un'opera da iniziare nei Seminari e nei Conventi, anzitutto, con direttori spirituali esperti e che siano essi per primi esempio delle virtù che pretendono dai giovani loro affidati. E sarebbe da ridiscutere l'opportunità di ammettere agli Ordini le cosiddette vocazioni adulte, che ormai provengono da un mondo secolarizzato e non possono quindi essere formate nel carattere.

    Il Diavolo infine: una volta sparsi copiosi i semi della corruzione in un terreno che non è arato dalla preghiera e dal digiuno, è ormai semplice prendere possesso totale dell'anima peccatrice, accecata nell'intelletto, indebolita nella volontà e schiava dei vizi. E se questo dominio satanico è disastroso per un laico, immaginiamo quale danno incommensurabile può causare in un ecclesiastico corrotto, che viva in uno stato di peccato mortale abituale e di sacrilegio ripetuto. Un danno che non si limita a sé - come non si limita a nessun membro della Chiesa, in virtù della Comunione dei Santi - ma che si espande, si comunica ai Confratelli, ai Superiori, ai sudditi. Come potrà un sacerdote ammonire il fedele adultero, o la ragazza che convive col fidanzato, o l'amministratore disonesto, quando colpe ben peggiori allignano nel suo petto? Come potrà egli predicare dal pulpito la castità coniugale, l'umiltà vera, la vera obbedienza, la santa povertà, quando egli per primo non pratica le virtù? Quando sfoggia l'ultimo modello di cellulare e di occhiali da sole, mentre la sua chiesa è spoglia come un garage? Ecco allora i discorsi da sindacalista, le petizioni ambientaliste, la solidarietà sostituita alla Carità. E l'insensibilità dinanzi alla menzogna eretta a verità, dinanzi alla Verità relativizzata, alla bestemmia legalizzata. Forse dovrebbe essere proprio l'assenza di un moto di ribellione di certi Prelati davanti al vilipendio di Dio e dei Santi a farci capire a cosa tengano veramente costoro. Indicativamente, lo sdegno che suscita in questi Eccellentissimi un prete che osa criticare la Dignitatis humanae o il pantheon di Assisi fa il pari con il silenzio pavido dinanzi agli spettacoli blasfemi della Biennale o alla profanazione delle chiese. Ma per sanare questa piaga purulenta, serve l'Autorità: e parliamo della vera Autorità, quella del padre che punisce severamente il figlio ribelle, del padrone della vigna che chiede conto ai vignaioli, non di chi abusa del potere che ha per colpire l'innocente. Serve un repulisti nei Sacri Palazzi, nelle Curie, nei Seminari, nei Conventi, nelle Università, nelle parrocchie. Chi ha profanato la veste che (non) indossa dev'essere allontanato, in modo che non possa più arrecare danno alla Chiesa e ai fedeli, e perché possa ritrovarsi a tu per tu con se stesso e meditare sulle proprie gravissime colpe. Usare misericordia in questi casi è un gesto improvvido, perché è in questione l'onore di Dio e la salvezza delle anime, che sono il fine stesso della Chiesa.


    Il momento


    Una volta corrotti i singoli e dopo averli stretti con le catene del vizio, farne delle quinte colonne del Maligno è cosa semplice. Ecco allora aperte le porte al fumo di Satana, entrato col Concilio e fatto respirare ai semplici fedeli, costringendoli a credere, in nome dell'obbedienza, che si tratti di aria pura, mentre essi ne soffocano. 

    Sappiamo quindi che lo stato di dissoluzione della società e della Chiesa trova in Satana il proprio artefice primo e nelle anime perdute i suoi cooperatori. Nihil sub sole novi. Rimane da individuare quando quest'opera di perversione del Clero abbia avuto inizio, e come si sia sviluppata in seno alla Chiesa sino a sfigurarla. 

    Per comprendere il momento in cui ha avuto inizio l'attacco alla Chiesa sarebbe sufficiente leggere i numerosi scritti di eminenti studiosi sui piani della Massoneria, dai quali si ha prova che i nemici hanno saputo organizzarsi, individuando i tempi e i modi del loro infame disegno. Sin dal Settecento, e maggiormente nell'Ottocento la setta si è adoperata per infiltrarsi nella Chiesa, trovandosi di fronte l'opposizione fermissima dei Papi e del Clero. Il modernismo, frutto teologico della rivoluzione, fu condannato senza appello da San Pio X; i suoi seguaci furono snidati, scomunicati e allontanati. Ma nei decenni successivi alcuni riuscirono a non farsi notare, e fecero carriera. Già sotto Pio XII vi erano molti Prelati e chierici, dissimulati in uffici marginali, che si sarebbero poi resi protagonisti degli esiti del Concilio e del postconcilio. Mons. Bugnini, la cui appartenenza alla Massoneria non è un mistero, partecipò alla riforma della Settimana Santa negli anni Cinquanta, e già in quel rito, pur perfettamente ortodosso, si scorgono le prove generali della Riforma liturgica postconciliare. Mons. Montini, allora in Segreteria di Stato, mandava già dispacci oltre cortina per informare i servizi segreti sovietici delle attività del Vaticano. Il Nunzio Roncalli frequentava già la Loggia a Parigi. 

    Il colpo da maestro di Satana si ebbe con il Concilio: è da questo momento che la Chiesa è messa a tacere, narcotizzata, mentre inizia a farsi strada il verbo della nuova chiesa conciliare, aperta alle istanze della contemporaneità (il Mondo), disponibile a discutere i temi morali (la Carne) e a cambiare la propria dottrina e la propria liturgia (il Diavolo). Non prendiamoci in giro: fingere che esista un'entità astratta Concilio estranea alle manovre di quanti cooperarono alla redazione dei suoi documenti ed alla invenzione delle sue equivoche dottrine è da irresponsabili. 


    In nome di che cosa, infatti, fu proibita la Messa cattolica per sostituirla con un culto riformato, fatto preparare da un'accolita di eretici? In nome del Concilio e del dialogo ecumenico.


    In nome di cosa, la Chiesa rinunciò ad essere Madre e Maestra, riducendosi a matrigna e serva, tacendo la Verità dell'immutabile Magistero ed insegnando dottrine in aperto contrasto con i solenni pronunciamenti dei Papi preconciliari? In nome del Concilio e della Gaudium et spes.


    In nome di cosa Giovanni Paolo II ha potuto celebrare il pantheon di Assisi, con gl'idoli sui tabernacoli e gli sgozzamenti di polli nel tempio di Dio? In nome di cosa egli si è fatto segnare la fronte col marchio di Shiva e ha baciato il Corano? In nome del Concilio, naturalmente. 


    In nome di cosa si racconta agli Ebrei la menzogna dell'Alleanza mai revocata loro, quando la Sacra Scrittura e il Magistero insegnano che il nuovo Israele è la Chiesa Cattolica? In nome del Concilio e della Nostra Aetate.


    In nome di che cosa i Papi degli ultimi quarant'anni vanno affermando che i Maomettani adorano il nostro stesso Dio? In nome del Concilio e della Dignitatis humanae.


    In nome di cosa la Segreteria di Stato si è adoperata perché moltissime Nazioni rinunciassero a riconoscere nel Cattolicesimo la Religione di Stato? In nome del Concilio e della laicità dello stato da esso auspicata.


    Si noti che, nella desolazione di questo secolo schiavo dei vizi, e nella più colpevole corruzione del Clero, le armi spirituali che servirebbero per combattere il Mondo, la Carne e il Diavolo sono stati abbandonati, disprezzati e dimenticati contestualmente a quando con il Concilio è stato sferrato l'attacco più tremendo contro la Chiesa. E sono stati dimenticati non solo dai laici, povere vittime degli experimenta conciliari, ma dagli stessi preti, che oggi ne ridono. 



    La mancanza di armi spirituali


    Quale segregazione dal mondo per il chierico che si sente ripetere dal suo stesso Vescovo che egli è solo uno come gli altri, e che come tale deve vestirsi e comportarsi? Quale spirito di preghiera e di raccoglimento, se la stessa liturgia è tutta un alzarsi e sedersi, prendere il libretto dei canti, darsi la mano, Ascoltaci Signore, e mai un solo momento di silenzio, in ginocchio, dinanzi alla Divina Maestà? Quale penitenza e sacrificio, se ormai si digiuna sì e no il Venerdì Santo, e la disciplina è derisa dall'Autorità medesima o convertita ipocritamente in astinenza dalla televisione? Quale profondità di studi, se nei Seminari non si insegna praticamente più Dogmatica, se si hanno docenti eretici e professori di Sacra Scrittura modernisti? Quale esercizio di povertà, quando le case di certi parroci hanno il televisore al plasma, l'impianto a circuito chiuso e l'aria condizionata? Quale virtù della purezza e della castità, se si inizia dal Noviziato a chiamarsi al femminile tra confratelli e si può entrare e uscire dal Convento, in borghese, senza render conto di dove si va e di chi si incontra? 




    Il motore della crisi

    Chi ha dato la stura alla dissipazione nei Seminari? Chi ha spogliato i chierici della loro veste? Chi ha brutalizzato la liturgia? Chi ha svuotato le chiese, se non il Concilio? Nessun evento fu mai tanto tragico e devastante, ed il postconcilio rappresenta solo l'attuazione coerente e necessaria delle sue premesse. I farneticamenti di Presuli che si prostrano dinanzi alle istanze del mondo sono la dimostrazione che essi hanno ormai lasciato cadere la maschera e si ritengono liberi di poter affermare cose che in altri tempi sarebbero loro valse la degradazione. 


    Non ci si stupisca se gli artefici di questa guerra a Cristo vogliono ora canonizzare i Papi del Vaticano II: essi cercano di canonizzare questo con quelli, renderlo intoccabile, unico vero superdogma della setta conciliare. E quando quest'ultimo Papa avrà dato il colpo di grazia al fatiscente edificio della Chiesa, lo si giubilerà senza tanti complimenti, per instaurare un ennesimo organo collegiale che governi al posto del Vicario di Cristo. Senza volto, senza nome, senza responsabilità. 


    Concilio e postconcilio


    Molti ingenui si sono lasciati sedurre dalla favola secondo la quale il postconcilio rappresenterebbe un momento di distorsione e travisamento del Concilio: si dovrebbe quindi accettare il Concilio e respingere il postconcilio. Accettiamo per assurdo che questa proposizione sia vera. Ciò implica che la Sacra Gerarchia del periodo conciliare e postconciliare era ancora sana e che al suo interno non erano da tempo infeudati i nemici della Chiesa. Accettiamo anche questa proposizione. Quindi non era cambiato nulla tra il pre e il post, a livello di Papa, Cardinali e Vescovi, e quanti erano lodati ed incoraggiati per il loro zelo pastorale prima del Concilio lo furono anche dopo, giusto? E che chi era condannato e scomunicato prima del Concilio ebbe egual sorte anche dopo, no? 


    Qui si infrangono i tentativi di deresponsabilizzare il Concilio e di addossare la responsabilità dello sfacelo attuale ad una serie di eventi che nulla ha a che vedere con l'augusta assise. Ci piacerebbe chiedere a questi ingenui come mai, guarda caso, i buoni di ieri oggi vengono perseguitati, sospesi, scomunicati; mentre gli eretici di ieri, appena iniziato il Concilio, furono chiamati a prendervi parte attiva, ed ora insegnano in prestigiosi Atenei pontifici e sono Consultori in qualche Congregazione romana, se non ricevono addirittura la berretta cardinalizia. Chi è che ha loro conferito la Porpora? Chi ha approvato la loro nomina in Dicasteri strategici o li ha promossi a capo di una importante Diocesi? Chi li ha invitati ad esprimere le loro opinioni in materie, per le quali sino al 1960 essi erano viceversa scacciati e i loro libri messi all'Indice? Fu il postconcilio, o piuttosto furono i Papi del Concilio, a dare inizio alla caccia alle streghe per allontanare la parte del Clero non ancora infettata? Chi fu che firmò quel decreto, quella nomina, quella promozione? Il postconcilio o Giovnni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II?


    Abbiamo quindi dimostrato che tra Concilio e postconcilio non vi è sostanziale differenza, in quanto il primo è premessa necessaria del secondo, e il secondo è necessaria conseguenza del primo. Si potrebbe dire che il postconcilio fu semplicemente la parte esecutiva del Concilio. 



    Lo scrupolo: dentro o fuori la Chiesa?


    Alcuni fedeli si interrogano se, a causa della disobbedienza ai Sacri Pastori, essi non si pongano de facto fuori dalla Chiesa. Vi è chi insinua che anche il semplice dissenso verso il Sacrosancto Concilio Ecumenico Vaticano II basti ad allontanarsi da Pietro, senza il quale non vi è la vera Chiesa.


    Si potrebbe osservare che l'obbedienza è ordinata, come tutte le virtù, al bene, e che occorre quindi obbedire solo a comandi buoni, e solo limitatamente alla specifica autorità di chi comanda. Per esempio, si ha l'obbligo di obbedire al Vescovo quando, per il bene delle anime della sua Diocesi impone un digiuno tutti i mercoledì dell'anno. L'ordine è orientato al bene, il Vescovo ha autorità sui propri sudditi e la sua autorità ha competenza nel comandare un digiuno. Ma se il Vescovo, per impedire la diffusione della Messa tridentina nella propria Diocesi, disobbedisce al Papa e vieta ai fedeli che lo chiedono legittimamente di avere la celebrazione domenicale, in questo caso l'ordine ha un fine cattivo, e il Vescovo non può legiferare contro un ordine superiore del Papa, e la sua autorità è nulla. 


    Ma a parte questo aspetto, occorre sfatare il mito secondo cui il Cattolico che, con retta intenzione e ponderazione, osa criticare aspetti negativi della Chiesa si metta ipso facto al di fuori di essa, mentre chi si macchia di gravi colpe dottrinali o morali abbia pieno titolo per rivendicare il proprio ruolo e considerarsi a tutti gli effetti Cattolico. Questa è una solenne sciocchezza, non ha senso! (secondo la battuta di un comico famoso). Non ha senso perché la dottrina insegna che un Pastore ha ricevuto il proprio ufficio per custodire intatto e predicare fedelmente il depositum Fidei. Se egli abusa della mitria o della tiara pur metaforica che indossa, per modificare e distorcere il depositum Fidei la sua autorità viene meno, dal momento che la sua finalità è pervertita e che il Signore non lo ha costituito in autorità per disobbedirGli. Quindi è l'eretico che si mette fuori dalla Chiesa, anche se è un Vescovo o il Prefetto di una Congregazione. E chi ne denuncia gli errori o le colpe si comporta da vero Cattolico Apostolico Romano: il sigillo impresso alla Cresima ci ha resi atleti e soldati di Cristo, ed è in nome di quell'unzione che un laico o un semplice chierico ha pieno diritto di chiedere e pretendere dai suoi Superiori di conformarsi ai principi dai quali deriva la loro autorità: non possono governare la Chiesa e le Diocesi in nome di Cristo, e poi affermare ciò che Cristo stesso ha condannato. Non ne hanno il diritto, e dovranno rispondere dinanzi al Trono di Dio dei danni spirituali causati alle anime loro affidate. 


    Baronio