mercoledì 23 ottobre 2013

Santi






I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: 
Santi
1. I Santi paragonati all'olivo


2. I Santi paragonati all'aquila.

3, I Santi assomigliati alla luce. 

4. I Santi paragonati al cielo. 
5. Forza, eroismo, ricchezza dei Santi. 
6. Onore dei Santi. 
7. Vantaggi e ricompense dei Santi. 
8. In qual modo i Santi giungono a questo felice stato. 
9. Utilità di trattare spesso con i Santi.
10. Bisogna imitare i Santi.







1. I SANTI PARAGONATI ALL'OLIVO. - «Olivo ferace, bello, verdeggiante, è il nome che Dio ti ha dato», dice Geremia parlando dell'uomo giusto (IEREM. XI, 16). I Santi sono paragonati all'olivo: 
1° A cagione della sua robustezza e .vigoria, per cui né marcisce, né teme tempesta od età, dimodochè presso gli antichi era il simbolo dell'eternità. 
2° Per riguardo alla sua fertilità la quale faceva dire al Salmista: «Per me, sono come olivo fruttifero nella casa di Dio» (Psalm. LI, 10). 
3° A cagione dell'unzione spirituale della grazia, della divozione, della carità che dà valore alle buone opere. 
4° A cagione della pace di cui godono i Santi, perché l'olivo è simbolo della pace: così la colomba portando a Noè, ch'era ancora nell'arca, un ramoscello d'ulivo, indicava la fine del diluvio e la riconciliazione della terra e degli uomini con Dio. I Santi sono pacifici con tutti. 
5° Come l'olivo non si spoglia mai delle sue foglie, ma rimane sempre verde; così la bellezza delle virtù e delle opere buone dei Santi non appassisce mai, ma si mantiene sempre splendida, sempre ricca, sempre florida. 
6° L'olivo è il segno della misericordia, è la figura della dolcezza: bel simbolo dei Santi! i quali pieni di dolcezza e di mansuetudine, hanno come caratteristica la misericordia. 
7° Il frutto dell'olivo impedisce la ruggine, rende morbidi e lucidi i corpi; così i Santi tolgono da sé e dagli altri la ruggine del peccato, sono atti alle più ardue imprese e vi preparano ancora gli altri. 
8° Il succo dell'olivo, ossia l'olio, si adopera nelle unzioni, nelle consacrazioni dei vescovi, dei preti, delle chiese; i Santi sono gli unti e i templi del Signore. 
9° L'ulivo coperto di foglie piccole, ma carico di frutti eccellenti, indica che i Santi fuggono l'ostentazione e gli onori ma sono ricchi di opere buone in se stesse ed utili a tutti.




2. I SANTI PARAGONATI ALL'AQUILA. - I Santi sono paragonati, nelle Scritture sante, all'aquila, per le seguenti, ragioni: L'aquila è il re degli uccelli; i Santi sono, fra tutti gli altri uomini, veri re, perché se è vero che Dia ha impegnato la sua parola che farebbe la volontà di coloro che lo temono (Psalm. CXLIV, 19), ne risulta che i Santi, comandando in certo qual modo a Dio medesimo, regnano su la terra, su l'inferno, sul mondo, sopra se stessi, e perfino in cielo. Avviene nell'aquila un non so quale ringiovanire di vita, seconda la frase del Salmista: « La tua gioventù si rinnoverà come quella dell'aquila» (Psalm. CII, 5). I Santi si rinnovano ogni giorno nel fervore, nell'amore, nella fedeltà a Dio, nell'umiltà, ecc.; si preparano una gioventù eterna in cielo... L'aquila ha un non so che di celeste; così i Santi mostrano in sé certi segni di grandezza e di nobiltà che inspirano rispetto, ecc... I Santi sono aquile divine che ascendono e discendono. Ascendono verso Dio per pregarlo, adorarlo, amarlo, ricevere i suoi doni, godere di lui; discendono per combattere il demonio e il vizio; per soccorrere il prossimo e metterlo a parte dei favori che andarono a cercare nel cielo. L'aquila ha l'occhio vivo, fermo, penetrante o lo tiene fisso nel sole in pieno mezzogiorno; così pure i Santi hanno lo sguardo fermo e acuto della fede, della sapienza, della prudenza, della rettitudine, della semplicità; contemplano in tutto e in ogni tempo Dio medesimo; lo vedono, lo seguono fino negli abissi dell'eternità. La dimora dell'aquila è su la vetta dei più alti picchi; i Santi stanno continuamente occupati in pensieri sublimi, in opere celestiali, ecc...







3. I SANTI ASSOMIGLIATI ALLA LUCE.



1° Il sole, gli astri, le stelle stanno nel cielo del firmamento; i Santi stanno nel cielo medesimo di Dio. 

2° Gli astri, benché molto più grandi della terra, appaiono tuttavia piccoli per la lontananza e l'enorme loro distanza dalla terra; i Santi, benché altissimi e grandissimi in perfezione, si mostrano tuttavia piccoli e bassi per la umiltà loro profondissima. 

3° Le stelle sono insensibili ad ogni cosa, così alle ingiurie, come alle lodi; le folgori e la tempesta non possono nulla su di loro; esse stanno collocate al di sopra di tutto questo terreno sconvolgimento; così è dei Santi nella regione che abitano. 

4° Gli astri e le stelle splendono ed illuminano; così pure i santi splendono di virtù, e, come era Gesù «luce vera che rischiara ogni uomo che viene in questo mondo» (IOANN. I, 9), così anch'essi sono faro di luce agli altri uomini in mezzo all'ignoranza ed all'iniquità del secolo; con questa differenza, che Gesù splendeva ed illuminava da se stesso, essendo la luce increata, mentre i Santi splendono e illuminano per Gesù Cristo e in Gesù Cristo, ricevendo da lui la luce che poi riflettono e diffondono sugli altri. Di tutti i Santi si può dire quello che dice il Vangelo di S. Giovanni Battista: «Egli era lucerna ardente e lucente» (IOANN. V, 35). La loro parola è tuono, la loro vita lampo continuo di luce, come diceva del Nazianzeno, S. Basilio (Orat. de S. Gregor.). 

5° La luce è purissima ed attivissima, veloce come il pensiero; tali sono i Santi, purissimi nei costumi ed attivissimi nelle opere buone. 

6° La luce è quanto vi è di più immateriale fra le creature di Dio; i Santi sono tutto spirituali, nulla si trova in loro di materiale e di terreno, perché di ciò che è terra e materia non si curano, ma attendono unicamente a ciò che è spirito occupandosi anzitutto e soprattutto di Dio. 

7° La luce penetra nelle fogne, senza macchiarsi; così i Santi, benché vivano in mezzo ai peccatori, si tengono puri dalle loro brutture. 

8° La luce riscalda; per il fuoco dell'amor divino che li accende, i Santi riscaldano anche i cuori più freddi. 

9° Le stelle nascondono la loro sostanza e la loro estensione, mostrando solo la luce ed il calore; così pure i Santi tengono celate agli uomini le virtù, le grazie e la gloria loro, e più le celano, più splendono e più riscaldano. Essi non vogliono essere veduti, affinché gli uomini, scorgendo le opere senza vederne gli autori, riferiscano ogni cosa a Dio, e a lui solo ne diano lode. 

10° Una pioggia benefica discende a fecondare il suolo, quando gli astri sono coperti da densi strati di nubi; così, quando la calunnia oscura i Santi, allora questi fanno maggior bene ai loro nemici. Ah sì, diciamo pure col Savio: «I vostri Santi, o Signore, sono in una grandissima luce, e sono luce essi medesimi» (Sap. XVIII, 1) : ed in essi come luce che viene da Dio, noi possiamo vedere la luce eterna che è Dio (Psalm. XXXV).




4. I SANTI PARAGONATI AL CIELO. - I Santi possono paragonarsi al cielo: 

1° perché nel cielo tengono il cuore e l'anima loro. 

2° Sono nel cielo in virtù della grazia di Dio che è in essi e per tutte le virtù che risplendono in loro. 

3° Sono nel cielo, perché sono il tempio, il trono, il tabernacolo, la dimora di Dio. Questo faceva dire a S. Agostino: «Dio abita nel cielo, e il cielo di Dio sono tutte le anime giuste e sante. Infatti quantunque gli Apostoli fossero quaggiù in terra di carne, erano tuttavia cielo, perché Dio, risiedendo in essi, andava con loro per tutto il mondo, e Gesù abitava nei loro corpi per la fede (In Psalm. CXXII)».
4° I Santi somigliano al cielo, perché versano la pioggia delle grazie, tuonano contro i vizi, mandano lampi che squarciano le ombre delle iniquità umane... «Sotto il nome di cielo noi comprendiamo i Santi di Dio, osserva S. Agostino, in questo senso che, Dio dimorando in loro, tuona con i suoi precetti, lampeggia con i suoi miracoli, innaffia la terra con la sapienza del vero. I cieli proclamano la gloria di Dio; ora i Santi sono questi cieli che cantano la gloria perché sollevati al disopra della terra e portando Iddio in sé, tuonano con la predicazione, splendono come lampi per la loro sapienza (In Psalm. CI, serm. II)». I Santi sono il termine e il fine di tutte le cose; perché per i Santi e per gli eletti Dio ha creato il mondo, come per collocarvi gli astri ha creato il firmamento.

5° Scrive il medesimo Padre: «Noi che abbiamo il corpo dalla terra e l'anima dal cielo, siamo terra e cielo, e nell'uno e nell'altra, cioè nel corpo e nell'anima, preghiamo che si faccia la volontà di Dio, su la terra, come in cielo. Voi tutti, o cristiani, potete essere cielo, purché lo vogliate: purgate il vostro cuore, staccandolo dalla terra. Quando. non vi legano le passioni, di modo che possiate rispondere, in verità che avete il cuore in alto, voi siete cielo: vestite corpo di carne, ma già siete cielo per l'anima (Contra Iulian. lib. II)». 

6° Nel cielo del firmamento vi sono il sole, la luna, le stelle, dice S. Bernardo, e così nell'anima del giusto vi è il sole dell'intelligenza, la luna della fede, le stelle della virtù. - «Ed a quel modo, continua il santo Dottore, che le stelle splendono la notte e stanno nascoste di giorno, così la vera virtù, che non di rado nelle prosperità poco o nulla si lascia; scorgere, nelle avversità splende in tutto il suo fulgore. La virtù è dunque un astro e l'uomo virtuoso un cielo. La Chiesa ha i suoi cieli, e sono gli uomini spirituali ragguardevoli per vita e per credito, puri nella fede, saldi nella speranza, grandi per la carità, alti per la contemplazione, i quali, fecondando la terra con una pioggia salutare di benedizioni e di grazie, tuonano con i loro avvertimenti e con le loro minacce, splendono e illuminano con i loro prodigi (Serm. XXVII in Cant.)».

I Santi sono chiamati cielo, perché i loro celesti costumi cominciano la beatitudine celeste e quindi cominciano il loro cielo... Facciamo, dice il Crisostomo, dell'anima nostra un cielo. 

1) Il cielo è sempre chiaro e splendido, non mai triste e melanconico, neppure nella tetra stagione d'inverno; perché, allora, non esso cambia di aspetto, ma lo tengono a noi invisibile le nere nubi che gli fanno velo: così l'uomo santo si mantiene in ogni tempo calmo, sereno, imperturbabile. 

2) Il cielo ha il sole; anche noi abbiamo il sole di giustizia; ed io vedo che possiamo divenire migliori del cielo: in qual modo? possedendo il padrone del cielo. 

3) Il cielo s'innalza a grande distanza dalla terra; facciamo noi lo stesso, separiamoci dalla terra ed alziamoci verso Dio. 

4) Il cielo pare che talvolta si oscuri e si corrucci, ma in realtà non prova nessun detrimento; così sembra talora che noi soffriamo, ma intanto nel nostro interno la gioia e la serenità vincono le pene tutte, se ci troviamo elevati con Paolo e coi Santi i quali, più alti del cielo, giunsero fin verso il Signore. Chi verrà a strapparci dall'amore di Cristo? esclamava questo grande Apostolo; forse la tribolazione, lo sconforto, la fame, la nudità, i pericoli, le persecuzioni, la spada? Ma noi siamo superiori a tutto questo per virtù di Colui che ci ha amati. Perché io sono certo che né la morte, né la vita, né gli Angeli, né i principati, né le potestà, né le cose presenti, né le future, né la forza, né l'altezza, né la profondità, né creatura alcuna basterà a dividerci dall'amore di Dio, che è in Gesù Cristo Signor nostro (Homil. XVI in Epl. ad Hebr.). 

E S. Agostino su quelle parole del Salmista: «Il cielo è la mia dimora» - dice: «Chi sono i cieli, se non i giusti? Dio abita in loro, vi sta assiso come sul proprio trono, e di là egli giudica. Come il peccatore cui fu detto: sei terra ed in terra ritornerai, divenne veramente terra; così i Santi sono diventati cielo (In Psalm. CXXI)».




5. FORZA, EROISMO, RICCHEZZA DEI SANTI. - «I Santi sono forti, scrive S. Gregorio Papa: domano la carne, splendono di virtù, rinvigoriscono lo spirito, calpestano le cose terrene, aspirano a quelle celesti; possono essere uccisi, ma non vinti; non sostengono mai il falso per timore, né lasciano mai, per minacce o per torture, di sostenere e difendere il vero (Moral. lib. V)». Questa è forza, è energia, è eroismo!... Forse che fu mai veduto l'empio, l'incredulo, fare altrettanto, spiegare un simile coraggio? Tutto in lui è viltà, è codardia, perché egli è solo, perché Dio ed ogni vera virtù sono a lui affatto stranieri.



Chi mai dimostrò maggiore energia ed eroismo di Giuseppe, di Mosè, di Giosuè, dei Profeti, dei Maccabei; di Eleazaro, di Giuditta, dei tre fanciulli nella fornace, di Giobbe, di Tobia, di Daniele, di Giovanni Battista? Chi spiegò più eroico zelo degli Apostoli i quali non impaurirono né di pene, né di travagli, né d'insulti, né di minacce, né di flagelli, né di combattimenti, né di catene, né di prigioni, né di fuoco; né di spada, né di croce, né di morte? Questi Apostoli, soli, senz'armi, senza denaro, senza aderenze, senza eserciti, sono più forti del mondo intero. Infatti l'universo pagano si solleva contro di loro come un sol uomo ed essi vedono questo universo cadere loro ai piedi; il mondo è vinto, essi corrono trionfanti di tutto e dappertutto; e non una goccia di sangue è fatta versare da loro, per mietere tanti e così gloriosi trionfi! questi dodici agnelli atterrano milioni di tigri, di leoni. Ecco la forza, l'energico valore dei Santi!...

Dove si trova un eroismo come quello dei martiri? Né minacce, né ferro, né fiamme, né bestie feroci ebbero potere di farli, non dico tremare, ma impallidire. 
Un'Agnese di tredici anni, una Cecilia, una Felicita, una Perpetua, un'Emerenziana, sono più forti di tutti i loro giudici iniqui, dei loro carnefici... Ecco la forza, il coraggio, l'eroismo dei Santi!... Chi innalzò quei magnifici templi alla gloria dell'Altissimo, dei quali vanno superbe le più illustri terre? Furono dei Santi... Chi ideò e costruì quei grandi monumenti di carità e di umanità, destinati a ricoverare ciò che il mondo disprezza e aborre, ad albergare l'indigente, l'infermo, l'orfano, il vecchio? Furono dei Santi... Chi, in tempo di carestia e di pestilenza, stette al capezzale dell'appestato, recò pane all'affamato? I Santi... Chi sono quelli che mettendo in pericolo la propria vita, valicano monti, passano i mari, si spingono tra vergini foreste ed in barbare ignote contrade, con la sola intenzione di strappare alla barbarie ed all'inferno orde selvagge, popoli antropofagi? I Santi... 

Presso chi potremo trovare la purità, la scienza, la vera prudenza, il santo amore, i buoni costumi? Presso i Santi... In tutte queste ed altre simili opere di eroica abnegazione e di carità illimitata, trovate voi qualche incredulo, qualche empio, qualche filosofo razionalista, qualche mondano? Non mai!... Tali uomini non compaiono che per abbattere, rovesciare, distruggere le opere della carità e della misericordia.

È ricco colui che non desidera nulla, dice S. Agostino; ora chi più ricco dei Santi i quali soli fra tutti gli uomini non desiderano nulla di quella terra, che tanto fa gola agli altri (De coelesti Vita)? Essi che desiderano una sola cosa: Dio, e lo posseggono; e quando si possiede Iddio, manca forse ancora qualche cosa? si ha bisogno di altro? non vi sono in lui tutti i tesori immaginabili?... O come l'oro impallidisce e mette schifo in paragone di Dio! Perciò, ad esempio del divin Maestro il quale di tutte le ricchezze della terra non volle per sé che un presepio e una croce, i Santi tutti disprezzano l'oro, l'argento e tutti i beni terreni, come fango ed immondizia. 

Con tutto l'oro dell'universo Gesù non avrebbe riscattato neppure un solo uomo, con la sua croce salvò il mondo intero. Ecco perché i Santi hanno sempre guardato la croce come il più prezioso dei tesori e vi si sono sempre tenuti abbracciati. Ah! diciamo anche noi con S. Teresa: Avvenga che può, il più grande affare è tenersi bene stretta al petto la croce (In Vita). I Santi possono venire spogliati di tutto, non mai di Dio; e quando si tiene Iddio, si può facilmente far senza di tutto il resto. Come al contrario senza Dio, ancorché si avesse il mondo intero non si avrebbe nulla. I beati del cielo, nessuno vorrà negare che siano infinitamente ricchi e felici, eppure non posseggono altro che Dio...


E come mai non saranno felici! Santi, mentre in loro è la pace, la tranquillità della coscienza; l'innocenza, la serenità, il candore dell'anima, la virtù, la grazia, il sangue di Gesù Cristo? Essi sono il tempio di Dio, suo tabernacolo, sue membra, suoi eredi, suoi coeredi; lo Spirito Santo abita in loro con tutti i suoi doni e i frutti suoi; hanno il cielo, hanno Dio!... Che cosa desiderare, che cosa domandare di più?... Chi manca di tutte queste vere ricchezze, ancorché avesse ogni altra cosa, potrebbe forse chiamarsi ricco?.. Ah, i soli veri ricchi sono i Santi!... I soli veri poveri sono i peccatori e soprattutto i peccatori abituali, gli ostinati nel male... Alla morte, al giudizio di Dio, nell'eternità, si vedranno al chiaro queste verità; ma sarà troppo tardi per l'empio che al presente di proprio volere si acceca...




6. ONORE DEI SANTI. - «La memoria del giusto, leggiamo nei Proverbi, è un profumo di lodi; ma il nome dell'empio andrà in corruzione. Come tempesta che in breve si dilegua, è l'empio; come pietra fondamentale che non viene smossa, è il giusto. Egli sta al sicuro da ogni turbamento, ma l'empio non possederà la terra» (Prov. X, 7, 25, 30).



«O quanto mirabile è Dio nei suoi Santi!» 
esclama il Salmista (Psalm. LXVII, 36). S. Giovanni poi ci riferisce di avere veduto sotto l'altare di Dio le anime di coloro che avevano sostenuto la morte per la parola divina e per la testimonianza resa da loro. Candide vesti furono date a ciascuna di esse, e loro fu detto che riposassero (Apoc. VI, 9-11).

Infatti, i nomi di Noè, di Abramo, di Giacobbe, d'Isacco, di Mosè, dei patriarchi, insomma, e dei profeti passano venerati di secolo in secolo; i nomi degli Apostoli, dei Martiri, dei Dottori, dei Confessori, delle Vergini, dei Santi tutti di ogni età e di ogni luogo riscuotono gli applausi, e sono pronunciati con rispetto da tutte le bocche dei fedeli e fanno palpitare di amore i cuori di milioni di credenti... Guardate le tombe dei Santi... Osservate i templi, i monumenti, gli altari innalzati alla loro memoria... Ciascuna diocesi, ciascun regno, ciascuna parrocchia ha il suo titolare, il suo Patrono al quale si porgono preghiere, invocazioni, onori; del quale si sollecita l'intercessione; le cui reliquie sono portate in trionfo; la cui memoria si celebra con solenni pompe e feste... 

Per quanto corrotto sia il mondo, la sua impudenza non giunse ancora al punto da scegliersi per patrono un Caino, un Antioco, un Nerone, un Giuda... La memoria di un incredulo è oggetto di ribrezzo, di abominio, di maledizione, ed è giustizia; Dio rende a ciascuno secondo le opere sue... Che più? perfino i malvagi sono costretti a rispettare i Santi e a rendere loro omaggio. I Santi hanno questo segreto, loro tutto proprio, di obbligare gli increduli stessi a credere alla virtù. Il loro nome e la loro memoria sono in venerazione di età in età, dinanzi a Dio e agli uomini, come narra di Tobia e della famiglia di lui la Sacra Scrittura: «Tutta la sua discendenza e parentela perseverò con tanta fedeltà nella retta via e nel buon costume, che furono amati da Dio e dagli uomini e da tutti gli abitanti» (TOB. XIV, 17).




7. VANTAGGI E RICOMPENSE DEI SANTI.



I vantaggi che dalla loro santità ritraggono quaggiù in terra i Santi, sono quelli che portano con sé la grazia, la virtù, le buone opere, i meriti, la pace, la gioia interiore, una buona vita, una santa morte.
I vantaggi poi e le ricompense che li aspettano nell'eternità, sono accennate enfaticamente dall'Apostolo in ,quelle parole: «Né occhio mai vide, né orecchio mai udì, né pensiero d'uomo mai immaginò quello che Dio tiene preparato a chi lo ama» (I Cor. II, 9). Vedere Dio, qual è, a faccia a faccia, conoscerlo, amarlo, possederlo per sempre, senza timore di perderlo, è tale cosa che ad esprimerla non bastano i linguaggi umani. 
Valga a darne una sbiadita idea questo tratto di S. Cipriano: «Come una goccia d'acqua mescolata a una grande quantità di generoso vino, vi si perde interamente e prende il gusto ed il colore del vino; come il ferro perde nel fuoco il suo primo aspetto e diviene tutto simile al fuoco; come l'aria penetrata dai raggi solari prende la chiarezza del sole; come lo specchio in cui batte il sole diventa un altro sole; cosi i Santi, penetrati totalmente e intimamente dall'amor di Dio, vestiti di Dio, sono deificati, trasformati nella simiglianza di Dio (De singul. Clericor.)».

In una sua magnifica visione, S. Giovanni vide i Santi, moltitudine innumerevole ed immensa di ogni nazione e tribù e popolo e lingua, starsene, in bianche vesti e con palme in mano, dinanzi al trono ed all'Agnello, ed a gridare ad alta voce: Salute al nostro Dio che siede sul trono ed all'Agnello. Ed avendo l'Apostolo domandato: Chi sono costoro vestiti di bianco, e donde vengono? gli fu risposto: Sono coloro che vennero dalla grande tribolazione, e lavarono ed imbianchirono le loro vesti nel sangue dell'Agnello. Quindi stanno dinanzi al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio, e colui che sta assiso sul trono li coprirà come tenda. Non avranno più né fame né sete, non saranno più molestati né dal sole né da altro ardore, perché l'Agnello che è in mezzo al trono sarà loro pastore, e li condurrà alle sorgenti dell'acqua di vita; e Dio tergerà dagli occhi loro ogni lagrima (Apoc. VII, 9, 17)... Che gloria, che felicità aspetta i Santi alla risurrezione! Essa non sarà gloriosa per altri fuorché per loro. Essi soli risusciteranno gloriosi e trionfanti i loro corpi, che ebbero parte ai loro travagli, ai loro meriti, devono altre si partecipare della ricompensa.




8. IN QUAL MODO I SANTI GIUNGONO A QUESTO FELICE STATO. – 



Così S. Gregorio descrive il cammino dei Santi: I Santi guardano con disprezzo tutto quello che il mondo ha in maggior pregio. Non occupandosi che del loro interiore, hanno lo sguardo fisso su tutt'altra cosa che non è il mondo con i suoi beni; tengono come estraneo a sé tutto ciò che soffrono in questa vita. 

Lavorando del continuo a distaccare l'anima loro dal corpo, giungono quasi ad ignorare quello che soffrono corporalmente. Per loro è un nulla quello che il secolo conta di più grande perché collocati su la vetta dell'alto monte della santità, gli oggetti terreni a loro sembrano un granello di arena. 

Delle gioie della vita presente non fanno caso e sopravanzando se stessi, con la loro elevazione spirituale, soggiogano in sé tutto ciò che è cagione di turbamento e di agitazione agli uomini carnali. Sanno vincere le minacce, se si tratta di sostenere la verità, e frenano e abbassano con l'autorità dello spirito quello che in essi cercasse d'innalzarsi per orgoglio (Moral. lib. XXXI, c. XIX).


Né meno nobilmente parla S. Ambrogio: Che meraviglia, se tanti aiuti dal cielo merita e riceve colui la cui anima è sempre nel cielo? La sua vita è quella della città dei cieli: - Nostra conversatio in coelis est. - E perché la vita dei giusti è la vita dei cieli, gli Angeli sono continuamente con loro; essendo Angeli essi medesimi, vivendo della vita degli Angeli, meritano la società degli Angeli. 

Esiste dunque tra coloro che vivono santamente un'intima relazione, una società, un'unione tale col cielo, che poco loro importa di essere in cielo o su la terra: che cosa importa che essi siano Angeli, in qualità di Angeli o in qualità di uomini, se in essi vi è la medesima vita, la santità medesima degli Angeli? Infatti il commercio i trattenimenti, l'unione alla quale fanno ostacolo gli elementi e i corpi, non li impedisce di essere uniti per i medesimi pensieri, sentimenti ed atti. E casi avviene che i Santi, uniti insieme agli Angeli, non se ne separano punto: gli Angeli discendono a loro, essi ascendono verso gli Angeli; è una vita di familiarità, d'intima comunione fra di loro... Ecco la vita dei Santi (Offic. lib. II, c. III).

«I Santi non si rallegrano e non si gloriano in altro se non nelle ricchezze della virtù, scrive S. Tommaso; e la virtù si trova principalmente in tre cose: 1° nelle prove e nelle tribolazioni; 2° nella conversione dei peccatori; 3° nella purità della coscienza. Si gloriano della cognizione di Dio, dell'amore di Dio, della imitazione di Dio (p. 4, q. a. 8)». 
Il medesimo Dottore dice ancora: I Santi, seguendo Gesù Cristo, meritano per sé e per il mondo intero, 1° per la purità dei loro atti; 2° per l'intenzione dell'animo; 3° per l'osservanza dei comandamenti; 4° per il ricevimento della gloria secondo quel detto dell'Ecclesiastico: «Alta gloria è seguire il Signore» (XXIII, 38).

L'uomo santo regola il suo interiore, veglia sul suo esteriore; si astiene da ogni cosa che abbia sembianza di male, ama i trattenimenti buoni ed utili; non si abbandona mai a risa smodate; non grida, non schiamazza. 

Cammina modesto; non è curioso di fatti altrui; riceve gli avvisi e le ammonizioni con viso sereno e lieto; è facile a perdonare gli errori altrui, si mostra con tutti umile, dolce, buono, caritatevole; compatisce le miserie altrui di tutto cuore; le lodi non lo gonfiano, del resto le fugge per quanto può; la maldicenza e la calunnia non lo gettano nell'abbattimento e nella tristezza; risponde con prontezza, benevolenza e dolcezza a chi l'interroga, cede di buon grado nelle discussioni, non si ostina nel suo parere; ascolta gli altri con pazienza, parla poco, sempre con gravità e prudenza; si adopera quanto può per edificare chi l'osserva, e per condurre gli altri su la strada del bene. 

È parco nel cibo, sobrio nel bere, modesto nello sguardo, semplice nel vestire, regolato nell'espressione del suo volto, nel contegno, nelle parole; aborre la menzogna, le sciocchezze, le ciarle; è docile figlio della verità, risplende di candore, purezza e ingenuità. 

È pronto nell'obbedienza, perfetto nella pazienza, assiduo nella preghiera, fermo nella fede, attivo nelle buone opere, rigido nell'astinenza, esemplare nei costumi, affabile nella conversazione, liberale nei doni; ha confidenza con gli amici, bontà coi nemici; è rassegnato alla volontà di Dio, morto a se stesso, crocefisso al mondo; si fa, come il grande Apostolo, tutto a tutti per guadagnare tutti a Cristo; imita colui che diceva: Mentre ero sciolto da tutti, mi sono fatto schiavo di tutti, per guadagnarne molti: mi sono fatto Giudeo coi Giudei, per guadagnare i Giudei; mi diportai come se fossi soggetto alla legge, per guadagnare quelli ch'erano sotto la legge. Debole coi deboli, mi sono fatto tutto a tutti per salvare tutti (I Cor IX, 19-22). Arde di zelo per l'onore, il culto, la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Così dipinge i Santi S. Gregorio Magno: I Santi disprezzano gli agi e le felicità del secolo, perché sono superiori, per la grandezza dell'animo e per l'elevatezza della mente, alle prosperità non meno che alle avversità del mondo; calpestando i beni e i mali della terra, dicono: Le tenebre e la luce del mondo hanno lo stesso valore (cioè sono un niente) (Psalm. CXXXVIII, 12). 

Niente li colpisce, li stupisce, li agita, li conturba, li abbatte, li prostra; né minacce, né carezze, né promesse, possono corromperli. I Santi sanno bene che è impossibile all'uomo trovare e gustare quaggiù il vero riposo, perciò si attaccano al cielo, e respingendo la folla dei terreni desideri, cercano d'innalzare l'anima e spingerla fin lassù per ogni modo (Moral. lib. V). 

Mutabili per natura, come tutti gli altri uomini, i Santi si applicano senza posa ad afferrare l'immutabile virtù; e tenendosi a lei abbracciati, lavorano ad essere immutabili. Il Signore aiuta i suoi Santi venendo a loro; li prova abbandonandoli; li rinforza con i suoi doni, li cimenta con le tribolazioni (Moral. Lib. XXVI, c. XXI).

I Santi non si rallegrano di soverchiare gli altri, ma di essere loro utili. Dànno orecchio agli impulsi divini e più avanzano in perfezione, più disprezzano se medesimi, avendosi per un nulla... Ecco in qual modo si arriva alla santità; quello che si fa nella santità; come si persevera nella santità; come si vive da santo; come si muore da santo; come si arriva a raccogliere tesori di meriti, a guadagnare una corona immensa di gloria per l'eternità.




9. UTILITÀ DI TRATTARE SPESSO CON I SANTI. - Non vi è cosa tanto utile e vantaggiosa, quanto il frequentare la compagnia delle anime virtuose, morigerate, caste e sante; perché, come dice Papa S. Gregorio, riboccando esse di carità, bruciando di amore divino, chi parla spesso con loro e si trattiene con loro familiarmente si sente a poco a poco scaldato il cuore e spinto ad amare anch'egli Iddio. I Santi sono Serafini, e la società dei Serafini forma degli Angeli (Moral. lib. XXI, C. XV). «Coi Santi sarai santo, dice il Salmista, e con gli innocenti diventerai innocente» (Psalm. XVII, 26).



Ne volete un esempio? L'immacolata Vergine Maria, divenuta madre di Dio per opera dello Spirito Santo, andò a visitare la sua cugina Elisabetta che portava nel seno S. Giovanni Battista. Nell'entrare in casa di Zaccaria la Vergine salutò Elisabetta, ed ecco che al suono di quel saluto Elisabetta, sentì tripudiarle nel seno il pargoletto, ed essa fu riempita di Spirito Santo (Luc. I, 40-41). Vedete com'è efficace la visita, il saluto, il conversare dei Santi, Giovanni, per soprannaturale effetto tripudia nell'utero di Elisabetta alla parola di Maria. Per il tripudio di Giovanni, la madre conosce che Maria aveva concepito il Verbo, il figlio riceve su l’istante l’uso della ragione. Per un altro prodigio di grazia, Elisabetta fu riempita di Spirito Santo.

L'autore dell'Imitazione dice che tutte le volte che trattò con gli uomini, ne uscì meno uomo; noi possiamo dire in senso inverso, che quanto più si frequenta la Società dei Santi, tanto più si riesce uomo saggio, virtuoso, puro e perfetto... Ma se ciò è della compagnia dei Santi, che dire poi della compagnia del Santo dei Santi, dell'intimo e frequente conversare con Cristo per mezzo della santissima Eucaristia? Ah sì, è in quel punto che l'anima tripudia di gioia e tutta interiormente si rinnova e si rallegra... Se è raro trovare su la terra un santo con cui vivere e conversare, si può sempre e dovunque trovare Gesù Cristo, Maria, gli Angeli, i Santi già beati in cielo, abitare, vivere con loro, consultarli, e domandare loro il bisognevole.




10. BISOGNA IMITARE I SANTI. - S. Paolo dice: «Noi che siamo sotto gli sguardi di tanta moltitudine di testimoni (i Santi), liberiamoci da ogni peso e dal peccato che ci circonda, e percorriamo, per mezzo della pazienza, la carriera che ci sta aperta dinanzi» 

(Hebr. XII, 1). 


Ecco l'esortazione di S. Paolo: figuriamoci di essere sempre sotto gli occhi dell'immensa schiera dei Santi, leggiamo le loro gesta, meditiamo i loro esempi: sono tanti astri splendidi e ardenti che illuminano e infiammano il nostro cuore... Non vi è lettura più atta a innamorarci delle virtù, che la lettura della vita dei Santi

Queste vite sono un arsenale dove possiamo trovare ogni sorta di armi per conquidere qualunque nemico; sono una farmacia spirituale, fornita di ogni rimedio atto a guarire tutte le malattie dell'anima.

Del resto, non vi è che una strada per andare al cielo, ed è quella per cui camminano i Santi... Pretendere di arrivare al paradiso tenendo un'altra strada che necessariamente mette all'inferno, è la cecità più deplorevole e più fune sta. Voler partecipare alla gloria dei Santi senza parteciparne le virtù e la vita, è un volere l'impossibile: è un volere che Dio non sia Dio, poiché si vorrebbe che non fosse giusto e che ricompensasse il male.

DECIDITI!

Gesù : nostra forza, autore di tutte le grazie, re pacifico, causa e centro dell'unità. Dobbiamo lodarLo e gioire in Lui!




I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: 


Gesù Cristo (VII)


Data: Domenica, 27 giugno @ 06:52:56 CEST
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...



 54. Gesù Cristo è nostra forza. 
 55. Gesù Cristo ci rende la libertà. 
 56. Gesù Cristo è l'autore di tutte le grazie. 
 57. Gesù Cristo è re pacifico. 
 58. Gesù Cristo è  causa e centro dell'unità
 59. Qualità di Gesù Cristo. 
 60. Ricchezze di Gesù Cristo. 
 61. In Gesù Cristo si trovano tutti i vantaggi. 
 62. Gesù Cristo dà la felicità. 
 63. Dobbiamo lodare Gesù Cristo e gioire in Lui. 
 64. Gesù Cristo facilita le virtù.





54. GESÙ CRISTO È NOSTRA FORZA. - «Nessuna cosa prova più apertamente l'onnipotenza del Verbo, scrive S. Bernardo, quanto la potenza che egli comunica a chi si affida in lui. Chi così si appoggia al Verbo ed è vestito di virtù dall'alto, non può essere atterrato o vinto, né da forza, né da frode, né da lusinga alcuna, ma riesce in ogni incontro vincitore (Serm. in Cantic.)». Poiché « quel Gesù che ha vinto il mondo, soggiunge S. Cipriano, ha promesso la vittoria anche ai suoi soldati (Epistola ad Martin)». 

«Al nome di Gesù, dice S. Paolo, ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra, e nell'inferno» (Philipp. II, 10). Con Gesù noi assaltiamo intrepidi l'antico nemico, perché ritroviamo in Gesù Cristo la forza da noi perduta in Adamo; per mezzo di lui riusciamo vittoriosi del mondo, del demonio e di noi medesimi. Gesù Cristo è nostro scudo, nostro elmo, nostra spada, nostra corazza, nostro trionfo. Poiché appunto per questo, ci assicura S. Giovanni, Gesù è venuto al mondo, cioè per distruggere le opere del demonio (I, III, 8). L'incarnazione del Verbo schiacciò il capo al serpente infernale, la sua croce gliela recide. Non appena il Verbo cominciò a parlare in Gesù Cristo, si adempì la parola d'Isaia: «Belo è caduto in pezzi, Nabo fu rovesciato » (ISAI. XLVI, 1), perché tutti i pretesi dèi delle nazioni, cioè i demoni, furono ridotti al silenzio... 


(Vedi sopra, n, 34). 


55. GESÙ CRISTO CI RENDE LA LIBERTÀ. - «La verità vi libererà» (IOANN. VIII, 32), disse il Redentore divino. Ora essendo Gesù la verità per essenza (Id. XIV, 6), ebbe ragione di dire a Giudei, e a noi: «Se il Figlio vi libererà, voi sarete veramente liberi» (Id. VIII, 36). 
Similmente S. Paolo così argomentava: «Iddio è spirito; ma dove è lo spirito del Signore ivi è libertà» (II Cor. III, 17). Ma siccome Gesù nella sua qualità di Verbo è per natura il soffio, lo spirito di Dio, quindi egli ci ha liberati (Gal. IV, 31). Gesù Cristo ci ha fatti liberi della schiavitù del peccato..., del demonio..., della carne..., della maledizione di Dio..., della morte..., dell'inferno.. . 



Vedi: LIBERTÀ. 


56. GESÙ CRISTO È L'AUTORE DI TUTIE LE GRAZIE. - «Il Verbo si è fatto carne, scrive l'Evangelista, ed abitò in mezzo a noi, e ne abbiamo veduto la gloria, gloria conveniente all'Unigenito di Dio, pieno di grazia» (IOANN. I, 14). «La grazia di Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo», scriveva S. Paolo ai Romani (VII, 25); infatti per mezzo di lui l'abbiamo avuta e ne siamo ripieni (Id I, 5). (Coloss. II, 10). Sì, Gesù Cristo è l'autore di tutte le grazie... Tutti i meriti sono uniti alla grazia di Gesù Cristo... 





57. GESÙ CRISTO È RE PACIFICO. - Isaia chiama Gesù Cristo col nome di Principe della pace (ISAI. IX, 6). Principe della pace, ecco il nome di Gesù Cristo; perciò Salomone, simbolo del Cristo, fu re della pace, e per ciò ancora al nascere del Messia una pace generale e profonda regnava nel mondo. 
La ragione di questo titolo sta in ciò, 1° Gesù Cristo diede la pace al mondo e la pace lasciò per testamento alla Chiesa; egli, prima di morire, disse; «Vi lascio la pace, vi dò la mia pace; la mia pace non è però come ve la dà il mondo» (IOANN. XIV, 27). 2° Gesù Cristo distrusse, con la sua morte, il muro di separazione che esisteva tra Dio e l'uomo; riconcilia l'uomo con Dio, ristabilisce la concordia fra il cielo e la terra... Quindi egregiamente dice S. Leone: «La natività del Signore è la nascita della pace; offra dunque ogni fedele al Padre della pace la concordia che vi dev'essere tra i figli (Serm. in Nativ. Domini)». 3° Gesù Cristo è il re dei cuori pacifici... 


Per tre ragioni conviene a Gesù Cristo il nome di re: Per la sua unione ipostatica e per eredità. Per la redenzione; dal momento che ci ha riscattati col suo sangue, egli acquistò su di noi diritto di re assoluto, più che non il padrone sullo schiavo comperato. Il merito... 

Gesù Cristo è «il Re dei re, il Signore dei monarchi» (Apoc. XIX, 16). «Il regno suo è il regno di tutti i secoli e la sua dominazione si estende di generazione in generazione» (Psalm. CXLIV, 13). «Benedetto è in eterno il nome della sua gloria, e, tutta la terra è piena della sua maestà» (Psalm. LXXI, 19). Il nome di Gesù Cristo è l'avveramento della profezia di Daniele, il quale vaticinava che Dio avrebbe stabilito un impero che non sarebbe mai più stato distrutto, né passato di popolo in popolo, ma sarebbe durato eternamente (DAN. II, 44). Impero che si sarebbe esteso, secondo il vaticinio di Davide, da un mare all'altro, e da un'estremità all'altra della terra; impero al quale tutti i re avrebbero prestato vassallaggio, e tutte le nazioni pagato tributo (Psalm. LXXI, 8-11).
Non solamente Gesù Cristo è il re della pace, ma è egli medesimo la pace, dice Michea (V, 5). Ed è per ciò, dice S. Paolo, «che piacque al Padre riconciliare a sé ogni cosa per mezzo di lui, pacificando per il sangue della sua croce ciò che vi è nella terra e nei cieli» (Coloss. I, 19-20). Gesù Cristo è il re della pace; egli dà la pace alla Chiesa, al cielo e alla terra... Gesù Cristo ci dà la pace con Dio, col prossimo, con noi medesimi... Volete voi questa pace molteplice e desiderabile? Andate a Gesù Cristo re della pace; dimandatela alla pace increata; collocate Gesù nella vostr'anima, e voi avrete la vera pace. Come il sole non può esistere senza luce, il fuoco senza calore, così Gesù Cristo, re della pace, non può essere in nessun luogo senza la pace; perché, come dice Davide, la sua dimora è nella pace (Psalm. LXXV, 2). Dice perciò S. Paolo: «La pace di Cristo allieti i vostri cuori» (Coloss. III, 15). 

«Egli stenderà sempre di più in più il suo impero, e stabilirà la pace eterna» (ISAI. IX, 7). Questo regno di pace, profetato da Isaia come caratteristico del Cristo, deve intendersi principalmente nel senso spirituale: esso consiste nella tranquillità dell'anima e nelle consolazioni interiori. Perciò S. Paolo dice: «Il regno di Dio non sta nel mangiare e nel bere, ma è giustizia, pace, gioia nello Spirito Santo» (Rom. X, 17). Questo regno noi domandiamo tutti i giorni nel Pater. - Non chiediamo già di essere innalzati a un tratto al regno celeste, ma chiediamo la distruzione del regno di Satana e del peccato; chiediamo che, invece di questo regno tenebroso e crudele, venga e si stabilisca in noi il regno splendido e pacifico di Gesù Cristo; chiediamo che il divin Salvatore regni con la sua grazia e col suo spirito, nelle menti e nei cuori nostri: perché Gesù ci assicura che il regno di Dio è dentro di noi (Luc. XVII, 21). E il regno di questa pace nei cuori non ha fine, dicono i padri. 

S. Giovanni Crisostomo, per esempio, spiega questo regno di pace, dicendo che esso si avvera in quattro modi: 1° Gesù Cristo c'insegna come si soggioga la carne allo spirito e ottenuta questa vittoria, cessano le guerre nell'anima ed essa riposa nella pace... 2° Quando noi eravamo nemici del suo Padre, egli ci ha riconciliati con lui... 3° Egli ha unito col vincolo della pace i Giudei alle nazioni... 4° Dà a quelli che egli unisce, la grazia della perseveranza, affinché godano d'inalterabile pace. E questo regno, questa pace non avranno fine, perché Gesù Cristo, carne affermò egli medesimo, opera oggidì non meno che nei secoli passati e nei futuri (IOANN. V, 17). Gesù Cristo è dunque il vero re; re del cielo e della terra, re del tempo e dell'eternità. Quindi all'interrogazione di Pilato: Sei tu re? Rispose di sì e aggiunse che re era nato, e che appunto per regnare era venuto nel mondo, ma il regno suo non era di questa mondo, cioè non gli veniva dal mando e non durava col tempo, ma gli veniva dall'eternità e durava con questa (IOANN. XVIII, 37-36). Il mio regno, è la fede, la speranza, la carità, la grazia; io regno di questo modo nelle anime e nei cuori, e regnerò su le anime e sui cuori per l'eternità nel regno della mia gloria... 

Ma, direte voi, perché sotto Gesù Cristo re della Chiesa, i fedeli devono sostenere la guerra contro gli infedeli, gli eretici, gli empi, i demoni, il mondo, la carne? Chi si lagna di questa condizione, consideri che non è questa terra il luogo del riposo e che la pace della Chiesa e dell'anima fedele non consiste nella distruzione dei nemici, ma nel combatterli senza posa e nel portarne trionfo; e questo sta il più delle volte nella pazienza, nella rassegnazione, in mezzo alle croci ed alle avversità, nel sopportare le tentazioni; qui consiste la vittoria e la pace, anziché nell’esclusione delle prove, nella distruzione dei nemici, nella cessazione della lotta, come già osservavano Cipriano e Tertulliano... E poi, qui si tratta della pace interiore dell'anima, del regno spirituale di Gesù Cristo. Ora, in mezzo alle più dure prove, alle più terribili persecuzioni, ai più accaniti combattimenti, una profonda pace si gode nell’anima, quando Gesù Cristo, re della pace, regna in fondo al cuore; tutti gli uragani esteriori si cangiano in leggero venticello, se l'anima è in buona armonia con Gesù Cristo; aumentano anzi la pace e la grazia, e la corona immortale...




58. GESÙ CRISTO È CAUSA E CENTRO DELL'UNITA. - «Tutte le nazioni della terra saranno benedette in lui», diceva Davide accennando a Gesù Cristo (Psalm. LXXI, 17); e la sua parola trova il compimento in quella di S. Paolo: «Dio Padre ha stabilito Gesù Cristo capo di tutta la Chiesa» (Eph. I, 22). Tutto è da Gesù Cristo, in Gesù Cristo, per Gesù Cristo. Egli congiunge il cielo alla terra; è il centro dell'unità nella fede, nel dogma, nella morale. E il centro dell'unità della Chiesa la quale è una in lui e per lui. 


«Gesù Cristo, scriveva S. Paolo agli Efesini, altri istituì apostoli, altri profeti, altri evangelisti, altri pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per il ministero, per l'edificazione del corpo di Cristo; fino a tanto che ci riuniamo per l'unità della fede e della cognizione del Figliuolo di Dio in un uomo perfetto, alla misura dell'età piena di Cristo. Perciò non siamo più ragazzi barcollanti e trabalzati qua e là da ogni vento di dottrina per i raggiri degli uomini, per le astuzie, con cui l'errore seduce; ma seguendo la verità nella carità, andiamo crescendo per ogni parte in lui, che è il capo, (cioè) Cristo. Da cui tutto il corpo compaginato, e commesso per via di tutte le giunture di comunicazione, in virtù della proporzionata operazione sopra di ciascun membro, prende l'aumento suo proprio e diventa perfetto mediante la carità» (Eph. IV, 11-16). Lo stesso apostolo esortava i Colossesi a spogliarsi dell'uomo vecchio e di tutte le opere di lui, ed a rivestirsi del nuovo, di quello che si rinnovella per la conoscenza, secondo l'immagine di colui che lo creò; presso il quale non vi è distinzione di Greco o di Giudeo, di circonciso o incirconciso, di barbaro o di Scita, di servo o di libero; ma Cristo (è) ogni cosa ed in tutti. E con chiude: «La pace di Dio trionfi nei vostri cuori, alla quale siete anche stati chiamati (per fare) un sol corpo» (Coloss. III, 9-11-15). 



59. QUALITÀ DI GESÙ CRISTO. - «Gesù Cristo, dice S. Bernardo, è ammirabile nella sua natività, consigliere nella sua predicazione, Dio nelle sue azioni, forte nella sua passione; è il padre del futuro secolo nella sua risurrezione, il principe della pace nella sua perpetua beatitudine» (Serm. XXII). 
In lui stanno riposti i più splendidi e preziosi tesori. La sua incarnazione, la sua natività, la sua maestà, la sua eternità, tutto è meraviglioso, tutto ineffabile ed incomprensibile. Prodigiose sono le opere della sua potenza, miracolosa è la creazione ed il governo del mondo. Il suo concepimento nel seno di una vergine, per opera della Spirito Santo, la sua vita privata e pubblica, la sua dottrina, la sua morale, la sua passione, la sua morte, la risurrezione, l'ascensione, ecc., tutto è sovrumano. Ammirabile è la sua grazia nei suoi martiri, nei suoi confessori, nelle sue vergini; più ammirabile sarà ancora nella gloria che riserva ai suoi eletti... Chi non ammirerà la sua carità, la sua bontà, la sua misericordia, la sua pazienza, la sua umiltà, la sua obbedienza?.. 


Gesù Cristo è simboleggiata in un fiore, per la sua vaghezza e per i soavi olezzi che spande, a motivo della sua vita santa, della sua fama, ecc... Gesù Cristo fiorente di virtù e di grazia e crescente in magnifico ed immenso albero, dà al cielo e alla terra abbondanti, squisitissimi frutti... 
In Gesù Cristo spiccano soprattutto sei cose da lui meritate: 1° la risurrezione; essendo stato obbediente fino alla morte, meritò di risorgere il primo; e trionfatore della morte, in sé ed in noi, la distrugge... 2° Le qualità dei corpi gloriosi; avendo dato la propria carne ad essere lacerata nella passione, si meritò in ricompensa, nella sua risurrezione, un corpo gloriosissimo, immortale, impassibile, splendente, agile, sottile... 3° Meritò di essere innalzato al di sopra degli angeli e dei santi... 4° Di sedere alla destra del Padre... 5° Di giudicare i vivi ed i morti... 6° Di regnare sul cielo e sulla terra, di comandare agli angeli, agli uomini, alle creature tutte... 


Gesù Cristo nel Vangelo è paragonato a un re, a un capo, a un padrone, a un padre di famiglia, ad un coltivatore, ad un pastore, ad un medico, ad un pescatore, ad un negoziante e simili. Tutti questi titoli e similitudini ci dànno un'idea delle sue qualità divine. 




60. RICCHEZZE DI GESÙ CRISTO. - «Voi ben conoscete, diceva S. Paolo ai Corinzi, la tenerezza di Gesù Cristo, il quale essendo ricchissimo, per voi si è ridotto all'indigenza, affinché della sua povertà voi diveniste ricchi» (II Cor VIII, 9). E infatti, perché si è egli fatto uomo? domanda S. Agostino, e risponde: «Per fare di me mortale un Dio (Serm. de Nativ.)». 
«Come il Signore, dice S. Atanasio, si è fatto uomo prendendo un corpo, così noi uomini siamo deificati per mezzo del Verbo di Dio, perché il Verbo è stato ricevuto nella carne (Serm. IV. contra Arian.)». Noi tutti possiamo ripetere con S: Gregorio Nazianzeno: «Ho ricevuto in me l'immagine divina e non l'ho conservata; Gesù Cristo si fa partecipe della mia carne, per recare salute a quell'immagine e immortalità alla carne (In Distich)». 


Noi siamo debitori a Dio, per l'incarnazione, di un nuovo e più intenso amore, sia in riguardo della più stretta unione avvenuta per ciò tra noi e lui, sia per ragione dei nuovi e segnalati benefizi recatici dalla sua incarnazione. In virtù dell'incarnazione del Verbo, una nuova relazione si è stretta tra noi e il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo; abbiamo inoltre contratto una nuova relazione tra di noi, molto più intima e stretta che non per l'innanzi; e di qui ci deriva un nuovo e più stringente motivo di amare Dio e di amarci noi vicendevolmente. Per l'incarnazione, il Verbo è divenuto nostra carne, nostro fratello; e quindi il Padre è divenuto padre nostro in una più meravigliosa maniera e lo Spirito Santo tutto in noi si spande. Ecco perché Gesù Cristo diceva di averci dato un nuovo precetto di amore; è suo volere che gli uomini si amino tra di loro non solamente come prossimo, ma come fratelli; che si amino in suo riguardo e come formanti un solo corpo con lui. 

«Gesù Cristo, dice S. Gregorio papa, si è fatto carne per farci spirituali; si è abbassato per innalzarci; è uscito perché noi entrassimo; si è mostrato visibile, perché noi vedessimo le cose invisibili; ha sopportato i flagelli per guarirci; ha tollerato gli obbrobri per liberarci dall'obbrobrio eterno; è morto per restituire a noi la vita (Serm. de Nativ)». «Dio è disceso, dice S. Ambrogio, e l'uomo è asceso: il Verbo si è fatto carne, affinché la carne potesse salire al trono del Verbo alla destra del Padre. Mentre gli si apriva il corpo con crudeli ferite, scaturiva dalle medesime un balsamo ristoratore (De Passione)». E S. Bernardo: «Cristo è divenuto nostra sapienza nella predicazione, nostra giustizia nel perdono dei peccati, nostra santificazione nel suo trattare coi peccatori, nostra redenzione nella sua passione (Serm. XXII, in Cantic.)». «Rendiamo dunque, dice il Nazianzeno, all'immagine l'onore che si merita; riconosciamo la nostra dignità. Siamo simili a Cristo, perché Cristo si è fatto simile a noi. Diveniamo dèi per lui, perché egli si è fatto uomo per noi (Orat. VI, de Deo)». 

«La legge dello spirito di vita in Gesù Cristo, scriveva l'Apostolo delle genti, mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte» (Rom. VIII, 2). «E siccome in lui stanno riposti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Coloss. II, 3); perciò voi vi siete per ogni modo arricchiti in lui, in ogni parola ed in ogni scienza (I Cor. I, 5). E in quanto a sé teneva in conto di altissimo onore e di segnalatissima grazia che Dio lo avesse eletto al ministero di far conoscere al mondo le inestimabili ed incomprensibili ricchezze di Gesù Cristo, per illuminare le nazioni e versare sul mondo intero torrenti di grazie e di benedizioni (Eph. III, 8-9). 

«Tutto ciò che appartiene alla potenza divina, riguardo alla vita ed alla pietà, dice S. Pietro, ci è stato dato insieme con la conoscenza di colui che ci ha chiamati per la gloria e virtù sua propria; e per mezzo dei suoi doni egli ha compito le magnifiche e preziose promesse che ci aveva fatto affinché per esse noi divenissimo partecipi della natura divina» (II, I, 3-4). Quindi il Nazianzeno esclama: «Felice chi compra Cristo a prezzo di tutti i suoi averi! (In Distich.)».
«L'origine di Gesù Cristo è dal principio, dai giorni dell'eternità», dice il profeta Michea (V, 2). Ora egli nacque e visse nel tempo. per comunicarci la sua eternità; uscì dai giorni dell'eternità e venne nei giorni del tempo, affinché dai giorni del tempo noi andiamo e entriamo nei giorni dell'eternità beata; egli si fece uomo per comunicarci la sua divinità. Questa trasformazione ed elevazione sublime dell'uomo in Dio, già accennava Davide con quelle parole (Psalm. LXXXI, 6). 




61. IN GESÙ CRISTO SI TROVANO TUTTI I VANTAGGI. - «Venite, o Signore Gesù, sospirava S. Bernardo, togliete gli scandali dal vostro regno che è l'anima mia, affinché, dovendo regnare in me, veramente vi regniate; poiché l'avarizia vuole entrare nell'anima mia; l'orgoglio vuole dominarmi; la vanità vuole allacciarmi; la lussuria vuole invischiarmi; l'ambizione vuole comandarmi; l'invidia vuole imporsi; la detrazione, la collera, la golosità dentro di me si combattono per tiranneggiarmi. Ma io dico: Non ho altro re che il Signore Gesù. Venite dunque, o mio Signore, sbaragliate, sgominate, atterrate nella vostra potenza tutti questi nemici: voi regnerete in me, perché voi solo siete il mio re e il mio Dio» (Homil. IV, super Missus est). 

«La beata Vergine, dice S. Atanasio, ha partorito un agnello, della cui preziosa lana ci fu tessuta la veste dell'immortalità, e, coperti di questa, non possiamo essere divorati dal fuoco, né ingoiati dalle onde, né vinti da altra cosa qualunque; che anzi passiamo illesi in mezzo a ogni tormento, e ce ne voliamo al cielo. (Tract. de Virg.)».
«Tutto è stato dato a me dal Padre mio», disse Gesù Cristo (Luc. X, 22). Ora se tutto fu dato a Gesù Cristo, essendosi egli fatto uomo, tutto è stato in lui corretto e ristorato; e la terra, divenuta perfetta, ha ottenuto la benedizione invece della maledizione; il paradiso è stato aperto e l'inferno si chiuse; si spalancarono le tombe e i morti risorsero. Perché, come dice S. Paolo, per un uomo venne la morte, ma per un uomo ancora venne la risurrezione da morte. E come tutti muoiono in Adamo così tutti saranno vivificati in Cristo (I Cor. XV, 21-22). 

Gesù Cristo dice di se stesso, per mezzo d’Isaia: «Lo spirito del Signore riposa in me: egli mi ha dato l'unzione divina, e mi ha mandato a predicare il Vangelo ai poveri, affinché ristori il coraggio nei cuori afflitti, porti luce ai ciechi, libertà ai prigionieri, conforti i mesti, proclami la riconciliazione, asciughi le lagrime ai piangenti, converta in corona la cenere del loro capo, in riso il loro pianto, in abiti di gioia le vesti di lutto» (ISAI. LXI, 1-5). 

Da Gesù Cristo in poi, è sempre stato e sempre sarà tempo di giubileo per tutti i fedeli che obbediscono a Gesù Cristo e che desiderano ricevere le sue larghezze. Per loro sono sempre giorni di misericordia, di perdono, di pace, di salvezza, di liberalità, di libertà, di gioia, di festa, di grazia, di felicità. Tutto questo tempo è dato, dopo quattro mila anni della collera di Dio, per rientrare in grazia con lui, ricevere i suoi doni, la sua persona, la sua eredità, la sua gloria, e tutti gli antichi beni che avevamo nel paradiso terrestre, nello stato d'innocenza. Dopo Gesù Cristo, venne un'ora di grazia, di giubileo perpetuo per i cristiani; ma è un tempo di collera per i demoni, loro perpetui nemici, perché Gesù Cristo ha vendicato il genere umano da costoro cacciandoli dal mezzo degli uomini, e schiacciandoli con la sua croce, col suo impero, con la sua potenza... 

Gesù ammansa la collera del suo Padre contro gli uomini, e con lui li riconcilia. «Quando voi eravate morti nel peccato, scrive S. Paolo, Gesù Cristo vi ha fatti rivivere con sé, perdonandovi tutti i vostri misfatti; stracciando la sentenza di condanna contro di noi portata, l'ha abolita e affissa alla croce; e spogliando i principati e le potestà (infernali) le ha condotte prigioniere, riportando nella sua persona uno splendido trionfo di loro» (Coloss. II, 13-15). Gesù Cristo sciolse l'alleanza fatta per mezzo di Mosè e una nuova ne stabilì tra Dio e l'uomo: alleanza con la quale Dio si obbliga a dare ai cristiani la grazia e la gloria eterna, ed i cristiani si obbligano, rispetto a Dio, a credere in Gesù Cristo suo figlio, ad obbedirgli, a seguirne la legge, la dottrina, la morale, la vita... Gesù Cristo è disceso dal cielo in terra; affinché, vestendo la carne, unisse più strettamente il fango al Verbo, la terra al cielo, l'uomo a Dio, col legame dell'unione ipostatica... Gesù Cristo nell'ultima cena, la vigilia della sua morte, fece il suo testamento, e lo, sancì con l'istituzione della divina Eucaristia, dicendo: Ecco il sangue della nuova alleanza» (MATTH. XXVI, 28). Gesù Cristo porta dal cielo quest'alleanza e questo testamento agli uomini, lo promulga su la terra per il corso di trentatré anni, lavorando, predicando, facendo miracoli, viaggiando per le città e per i borghi, sfidando le fatiche e i sudori, provando la fame, la sete, il freddo, il caldo, evangelizzando tutto il paese di Giuda. Finalmente sanziona quest'alleanza con la sua morte, la suggella col suo sangue, e tutto ciò per tutto il mondo, per il tempo e per l'eternità... 



62. GESÙ CRISTO DÀ LA FELICITÀ. - «Noi mettiamo la gloria e la felicità nostra in Gesù Cristo», scriveva l'Apostolo (Philipp. III, 3). E ben giustamente, perché Gesù Cristo dà la pace, la grazia, la luce, la forza, la salute, la vittoria, il cielo, la corona della gloria eterna. Ora non consiste in tutto questo la vera felicità? Dove vi sono mezzi più acconci a procurarla che questi? Ah! già l’aveva predetto il Salmista: «Egli discenderà come minuta pioggia sul prato di fresco falciato come benefiche gocce di rugiada sui fiori sboccianti. Ai suoi giorni sorgerà la giustizia e con lei l'abbondanza e la pace, e la loro durata sarà quella degli astri in cielo» (Psalm. LXXI, 6-7). 


63. DOBBIAMO LODARE GESÙ CRISTO E GIOIRE IN LUI. - Così c'insegna S. Gregorio Nazianzeno: «Gesù Cristo è concepito, lodatelo; Gesù discende dal cielo, andategli incontro giubilanti; Gesù è su la terra, esultate. Canti la terra inni di gioia, menino festive carole gli astri del cielo! Gesù si è fatto uomo, gioite e rallegratevi, o uomini; Gesù è nato da una vergine, siate monde e caste, o, donne, affinché diveniate madri di Gesù Cristo» (In Nativ.). 

«Quanto più Gesù Cristo si è fatto piccolo nella sua umanità, dice S. Bernardo, tanto più grande si è mostrato nella sua bontà; più egli s'è annientato per me, e più egli mi è caro. O soavità, o grazia, o forza dell'amore! il più grande di tutti si è fatto il più piccolo di tutti!» (Sermin Cant.). Ah sì, la venuta di Gesù Cristo su la terra è un perenne soggetto di gioia per Iddio Padre, per Gesù Cristo, per lo Spirito Santo, per gli angeli, per gli uomini... L'inferno chiuso, il cielo aperto, le tenebre fugate, la luce apportata, ecc. quanti argomenti di lode, di gioia, di letizia, di pace!... Per noi cristiani, ogni giorno è un giorno fatto apposta dal Signore, perciò degno che noi facciamo festa ed esultiamo (Psalm. CXVII, 23). Ogni momento si possono ripetere a noi le parole di Zaccaria: «Gioisci ed esulta, o figlia di Sion, perché il tuo re viene a te, giusto e salvatore» (IX, 9). 





64. GESÙ CRISTO FACILITA LE VIRTÙ. - «Io ti ho già eletto, disse Dio Padre a Gesù Cristo, che rinnovi la terra, e riunisca le eredità disperse» (ISAI. XLIX, 8). Queste eredità disperse erano le virtù trasandate, disprezzate prima di Gesù Cristo. Le mortificazioni, i digiuni, l'amore della povertà, dell'umiltà, l'innocenza, la castità, il perdono delle ingiurie, la mansuetudine, ogni sorta di virtù erano sconosciute o travisate o calpestate; Gesù Cristo le ha rialzate, ha dato loro il pregio, l'onore, la gloria che loro si conviene. Queste virtù erano poderi abbandonati e deserti, Gesù Cristo vi ha ricondotto l'uomo e gli ha fatto trovare in esse immensi tesori, i soli veri tesori; di maniera che da oggetto di disprezzo, divennero il desiderio ardentissimo dei cristiani; esse li fanno volgere al cielo, e li rendono felici per il tempo e per l'eternità. 

Ma non erano solo dimenticate o derise, prima della venuta di Gesù le virtù che ora abbelliscono la Chiesa e fioriscono nel mondo cristiano; parevano anzi cose impossibili all'uomo, e sembravano a quei pochi che ne avevano qualche conoscenza, quasi monti inaccessibili; e Gesù le ha rese facili, dilettevoli e gradite. Perciò Gesù ci ha aperto una nuova strada, ci ha spianato la via al cielo. 

Qui si adatta assai bene quel bel testo di S. Agostino da noi già sopra riportato e che amiamo ripetere: «Gesù Cristo nacque da una vergine, per fare che noi nascessimo dal seno verginale della Chiesa; è stato tentato, per armare e tendere noi invincibili alle tentazioni; è stato legato e battuto, per sciogliere noi dai legami della maledizione e ripararci dai colpi dei demoni; è stato deriso, per evitare a noi le derisioni di Satana. E stato venduto per riscattarci, umiliato per innalzarci, catturato, per farci liberi, spogliato per coprire la nudità del primo uomo, coronato di spine, per strappare da noi le spine del peccato; abbeverato di aceto, per inebriarci della dolcezza dei celesti desideri; immolato su l'altare della croce, per distruggere i peccati del mondo; morì per annientare l'impero della morte; fu sepolto per benedire i sepolcri dei santi e seppellire i nostri vizi e le nostre concupiscenze» (Serm. CLXXX, de Temp. c. VI). Quindi Gesù ha tolto per sé tutto quello che vi era di duro, di penoso; di amaro, nell'esercizio delle virtù, lasciandone a noi tutte le dolcezze... La sua grazia fa superare ogni ostacolo... Con Gesù Cristo tutto è possibile...


Miserere nostri, Domine,
miserere nostri