mercoledì 11 settembre 2013

CUORE AMMIRABILE DI MARIA SS.MA / 2



Solo Gesù conosce Maria


- O madre mia divina, è il vostro Gesù che vi fece oceano!
Lui solo conosce i tesori infiniti che ha nascosto in voi. Lui solo è capace di calcolare le perfezioni immense di cui vi ha arricchita, quale capolavoro della sua onnipotente bontà!

Risolvi -anima bella- di studiare quest'ammirabile capolavoro di Dio per più degnamente onorarlo e più intensamente amarlo.



2 - Meraviglie del Cuore fisico di Maria

Prerogative del Cuore di Maria. 


- Come non v'è nulla in Gesù che non sia grande ed ammirevole, così non c'è niente nella madre di Dio che non sia grandezza e meraviglia.
Tutto ciò che è umanità sacra di Gesù è deificato ed elevato ad una dignità infinita per l'unione con la sua divinità. 

- Tutto ciò che è in Maria è nobilitato, santificato a un punto inconcepibile, a causa della sua divina maternità.

Non v'è parte del sacro corpo di Gesù che non sia degno dell'ammirazione eterna degli uomini e degli Angeli. - Non c'è nulla nel corpo verginale di Maria che non sia meritevole delle lodi immortali di tutte le creature. Ma il suo cuore ha diritto ad un
particolare onore per le sue meravigliose prerogative:

1) Esso è il principio della vita di questa Divina Madre e di tutte le funzioni della sua vita corporale e sensibile: origine della vita di colei che ha dato vita al Figlio di Dio;

2) Altra prerogativa di questo Cuore è d'aver preparato e donato il sangue verginale di cui fu formato il corpo santissimo dell'Uomo-Dio;

3) La terza è d'essere stato il principio della vita umana di Gesù Bambino, durante la dimora nascosta ch'Egli fece nel seno della madre sua. Come di ogni madre, si può dire che la vita e il cuore di Maria era la vita e il cuore di Gesù.

PREGHIERA. 

O Cuore incomparabile della madre d'amore, da cui il Re dei vivi e dei morti ha voluto far dipendere la sua vita per ben nove mesi! 
O Cuore regale che non avevi che una stessa
vita con colui che è la vita dell'Eterno Padre e la sorgente d'ogni vita! 
O Cuore ammirabile, principio delle due vite più nobili e preziose; della vita santissima della madre di Dio e della vita umanamente divina, divinamente umana d'un Uomo-Dio; chi mai ti venererà, ti amerà, ti loderà abbastanza?


4) La quarta prerogativa è indicata da queste parole della Cantica:
«Il nostro letto è tutto ricoperto di fiori profumati» (Ct I, 15). 
Qual è questo letto, se non il cuore purissimo di Maria, sul quale il Bambino Gesù ebbe a riposare dolcemente?

Fu privilegio grande del discepolo prediletto l'aver riposato una volta sola sul petto adorabile del maestro.
Ma nasconde quante volte il Divin Salvatore non ha preso riposo sul cuore verginale della sua mamma! 
Quale abbondanza di lumi, di grazie, di benedizioni non ha riversato Gesù su quel cuore sempre perfettamente disposto a ricevere le divine influenze, in quel cuore ch'Egli amò più di tutti gli altri cuori, e dal quale fu riamato più che dagli stessi Serafini!

O mio Salvatore, io sento la tua voce ripetere ad ogni anima fedele di metterti come sigillo sul proprio cuore (Ct VIII, 6). È quello che la tua santa madre ha fatto eccellentemente, portando stampata sul suo cuore l'immagine viva della tua vita e di tutte le tue virtù.
E non contento di ciò, tu stesso hai voluto metterti come suggello sul cuore suo per chiuderlo a tutto quello che non è Gesù, per rendertene unico e sovrano padrone. Tu ti sei impresso da te sul suo Cuore materno, in modo degno di Te e di Lei.


5) Quinta prerogativa: esso fu l'altare su cui s'è compiuto il grande e continuo sacrificio di tutte le passioni naturali aventi radice nel Cuore.

Esse sono le 5 passioni dell'appetito irascibile: la speranza, la diffidenza, l'ardire, il timore e la collera, e le 6 della parte concupiscibile: l'amore, l'odio, il desiderio, la fuga, la
gioia, la tristezza.

Dopo che l'uomo s'è fatto ribelle a Dio, le passioni si sono rivoltate contro di Lui, sicché invece di essere totalmente soggette alla volontà, se ne fanno una schiava.

Il cuore di Maria e le passioni. 

- Non così le passioni del Cuore di Maria; esse sono sempre state soggette interamente alla ragione ed alla divina volontà, che di continuo regnò sovrana su tutto il suo essere.

Come queste stesse passioni sono state deificate nel cuore di Gesù, così sono state santificate in eccellentissima maniera nel Cuore della sua SS. Madre.

Tutto l'amore umano del suo cuore è consumato e trasformato in un amore divino che non ha altro oggetto se non Dio.
Tutto l'odio umano e naturale vi è distrutto e trasformato in un odio soprannaturale e divino, che non riguarda altro se non il peccato e tutto ciò che al peccato può condurre.
Tutti i desideri di qualsiasi cosa sono annientati e convertiti in un semplice e purissimo desiderio di compiere in tutto e per tutto la divina volontà.
Tutta l'avversione che l'amor proprio, la sensualità, l'orgoglio umano sentono, ad es., per le umiliazioni, le mortificazioni, le privazioni delle comodità della vita presente, tutto ciò resta annientato e trasformato in una santa avversione ed in un'accurata fuga di tutte le occasioni di spiacere a Dio. 
Lo stesso dicasi degli onori, delle lodi, delle soddisfazioni sensuali e di tutto quello che può contentare l'ambizione, l'amor proprio e la propria volontà.

Tutte le vane gioie di questo mondo, vi sono morte e trasformate in una santa gioia di tutto quello che è secondo il beneplacito di Dio.

Tutta la tristezza procedente da quanto è contrario alla natura e ai sensi vi è soffocata e cambiata in una tristezza salutare, per la sola offesa di Dio.

Tutte le speranze, le pretese di ricchezze, di piaceri, di onori della terra, tutta la confidenza in se stessi e nelle cose create, nel Cuore di Maria, vengono interamente trasformate nella sola speranza del bene eterno e nella confidenza unica nella divina
bontà.

Tutta la diffidenza circa l'onnipotenza di Dio, la sua bontà, la veracità delle sue parole, la fedeltà alle sue promesse, vi è totalmente distrutta e trasformata in una grande diffidenza di sé e di tutto quello che non è Dio. Il che fece sì che la Vergine fedelissima non
s'appoggiasse mai su se stessa, né su alcuna cosa creata, ma sempre sulla sola potenza e misericordia di Dio.

Tutto l'ardire, il coraggio nell'intraprendere cose riguardanti il mondo, anche buone, ma non ispirate da Lui, son convertiti in forza divina che porta la prediletta di Dio a combattere generosamente ed a vincere tutte le difficoltà che si oppongono al compimento di quanto Dio le domanda.

Tutto il timore della povertà, dei dolori, delle umiliazioni, della morte e di tutti gli altri mali che mantengono in apprensione l'uomo materiale, come pure il timore mercenario e servile di Dio, vi è soffocato e cambiato nel solo timore amoroso e filiale di dispiacere, anche solo per poco, a Dio.

Tutta la collera e l'indignazione riguardo a qualche creatura vi è trasformata in una giustissima, divina collera contro ogni sorta di peccato, che lo mantiene nella disposizione di venir sacrificato mille volte pur di distruggere il minimo peccato, se il suo sacrifizio
tornasse gradito a Dio. Così l'amore divino, sacrifica all'adorabile Trinità, sull'altare del Cuore di Maria tutte le sue passioni. E questo sacrifizio si compì fin dal primo momento di sua vita, e continuò sino al suo ultimo respiro, con un continuo crescendo d'amore e di
santità.

Risolvi: 
Farò un esame accurato se le mie passioni sono in me domate o ribelli. Ad imitazione di Maria moltiplicherò gli atti contrari ad esse per rendermene padrone e poterle quindi sottomettere a Dio.

Madonna della Divina Provvidenza
provvedi Tu



AVE MARIS STELLA




Italiano 

Ave, stella del mare
Eccelsa madre di Dio
E sempre Vergine,
Felice porta del cielo

Accogliendo quell'"Ave"
dalla bocca di Gabriele,
donaci la pace,
mutando la fama di Eva.

Sciogli i vincoli per i rei,
dà luce ai ciechi,
scaccia i nostri mali,
dacci ogni bene.

Mostrati Madre di tutti,
offri la nostra preghiera,
Cristo l'accolga benigno,
lui che si è fatto tuo Figlio.

Vergine santa fra tutte,
dolce regina del cielo,
rendi innocenti i tuoi figli,
umili e puri di cuore.

Donaci giorni di pace,
veglia sul nostro cammino,
fa' che vediamo il tuo Figlio,
pieni di gioia nel cielo.

Sia lode a Dio Padre,
gloria al Cristo Signore,
e allo Spirito Santo
unico onore alla Santa Trinità.
Amen.

Latino 

Ave maris stella,
Dei Mater alma
Atque semper virgo
Felix caeli porta

Sumens illud ave
Gabrielis ore
Funda nos in pace
Mutans Evae nomen

Solve vincla reis
Profer lumen caecis
Mala nostra pelle
Bona cuncta posce

Monstra te esse matrem
Sumat per te preces
Qui pro nobis natus
Tulit esse tuus

Virgo singularis
Inter omnes mitis
Nos culpis solutos
Mites fac et castos

Vitam praesta puram
Iter para tutum
Ut videntes Jesum
Semper collaetemur

Sit laus Deo Patri
Summo Christo decus
Spiritui sancto
Tribus honor unus
Amen.



AVE MARIA, GRATIA PLENA,

DOMINUS TECUM!

Parabola della vite e dell'olmo


Le parabole di Gesù
(018)
Parabola della vite e dell'olmo (252.7 - 252.8)

Un agricoltore aveva molti alberi nei suoi campi e viti che davano molto frutto, fra le quali una di qualità pregiata di cui era molto orgoglioso.
Un anno questa vite fece molte fronde e pochi grappoli. Un amico disse all'agricoltore: "E' perchè l'hai troppo poco potata".
L'anno di poi l'uomo la potò molto. La vite fece pochi tralci, ancor meno grappoli. Un altro amico disse:" E' perchè l'hai troppo potata." Il terzo anno l'uomo la lasciò stare. La vite non fece neppure un grappolo e mise ben poche foglie, magre, accartocciate e sparse di ruggine. Un terzo amico sentenziò. "Muore perchè il terreno non è buono. Bruciala". "Ma perchè, se è lo stesso terreno che hanno le altre e se la curo come le altre? Prima faceva bene!" L'amico si strinse nelle spalle e se ne andò.
Passò un ignoto viandante e si fermò ad osservare l'agricoltore tristemente appoggiato al tronco della vite.
"Che hai?" gli chiese "Morti in casa?"
"No. Ma mi muore questa vite che amavo tanto. Non ha più succo per fare frutto. Un anno poco, l'altro meno, questo niente. Ho fatto quanto mi hanno detto, ma non è giovato."
L'ignoto viandante entrò nel campo e si accostò alla vite. Toccò le foglie, prese in mano una zolla di terra, l'annusò, la sbriciolò fra le dita, alzò lo sguardo al tronco di un albero che sorreggeva la vite.
"Devi levare quel tronco. Questa è sterilita da quello."
"Ma se è il suo appoggio da anni?!"
"Rispondimi, uomo: quando tu mettesti questa vite a dimora come era essa, e come era esso?"
"Oh! essa era un bel magliolo di tre anni. L'avevo ricavato da un'altra mia pianta, e per portarlo qui avevo fatto una profonda buca, onde non offendere le radici nel levarlo dalla zolla natia. Anche qui avevo fatto una buca uguale, anzi ancor più vasta perchè fosse subito a suo agio, e prima avevo zappettato tutta la terra intorno perchè fosse morbida per le radici, che potessero espandersi subito, senza fatica. Con ogni cura l'ho sistemata, mettendo sul fondo alletante concime. Le radici, tu lo sai, si fanno forti se trovano subito ciò che le nutre. Meno mi occupai dell'olmo. Era un alberello destinato solo a sorreggere il magliolo. Perciò lo misi quasi superficialmente presso il magliolo, lo rincalzai e me ne andai. Attecchirono tutti e due, perchè la terra è buona. Ma la vite cresceva di anno in anno, amata, potata, sarchiata. L'olmo invece stentava. Ma per quello che valeva!... Poi si è fatto robusto. Lo vedi ora come è bello? Quando torno da lontano ne vedo la cima svettare alta come una torre, e mi pare l'insegna del mio piccolo regno. Prima la vite lo ricopriva, e non si vedeva la sua bella fronda. Ma ora guarda come è bella là in alto, nel sole! E che tronco! Diritto, forte. Poteva sorreggere questa vite per anni ed anni, anche fosse divenuta uguale a quelle prese sul Torrente del Grappolo dagli esploratori d'Israele. Invece..."
"Invece te l'ha uccisa. L'ha soverchiata. Tutto era buono per il suo vivere: il terreno, la posizione, la luce, il sole, le cure che le davi. Ma questo l'ha uccisa. E' divenuto troppo forte. Le ha legate le radici fino a strozzarle, le ha levato ogni succo del suolo, le ha messo un bavaglio al suo respiro, al suo bisogno di luce. Sega subito questa inutile e poderosa pianta, e la tua vite risorgerà. E meglio ancora risorgerà se tu, con pazienza scaverai il suolo per mettere a nudo le radici dell'olmo e per segarle, onde essere sicuro che non gettino polloni. Marciranno nel suolo colle loro ultime ramificazioni, e da morte diventeranno vita perchè diverranno concime, degno castigo al loro egoismo. Il tronco lo brucerai, e ti darà utile così. Non serve che al fuoco una pianta inutile e nociva, e va levata perchè ogni bene vada alla pianta buona e utile. Abbi fede in ciò che io ti dico e sarai contento".
"Ma tu chi sei? Dimmelo perchè io possa avere fede".
"Io sono il Sapiente. Chi crede in Me sarà sicuro" e se ne andò.
L'uomo stette un poco in forse. Poi si decise e mise mano alla sega. Anzi chiamò gli amici per esserne aiutato.
"Ma sei stolto?" "Perderai l'olmo oltre che la vite". "Io mi limiterei a potarne la cima per dare aria alla vite. Non di più".
"Dovrà pure avere un sostegno. Fai un lavoro inutile". "Chissà chi era! Forse uno che ti odia a tua insaputa". "Oppure un pazzo" e via e via.
"Io faccio ciò che mi ha detto. Ho fede in lui. "E segò l'olmo presso la radice, e, non contento, per un largo raggio mise a nudo le radici delle due piante, con pazienza segò quelle dell'olmo, badando di non ferire quelle della vite, ricoprì la gran buca e alla vite, rimasta senza sostegno, mise accosto un robusto paletto di ferro con la parola: <Fede> scritta sopra una tavola legata in cima al palo.
Gli altri se ne andarono crollando il capo. Passò l'autunno e l'inverno. Venne la primavera. I tralci attorcigliati alla penzana si ornarono di gemme e gemme, prima serrate come in un astuccio di velluto argentato e poi socchiuse sullo smeraldo delle nascenti fogliette, e poi aperte, e poi allunganti dal tronco nuovi tralci robusti, tutti un fiorettar di fioretti e poi tutto un legar di acinelli.
Più grappoli che foglie, e queste ampie, verdi, robuste al pari dei penzoli di due, tre e più grappoli ancora. E ogni grappolo un fitto di acini carnosi, succosi, splendidi.
"Ed ora che dite? Era o non era l'albero la ragione per cui la mia vite moriva? Aveva o non aveva detto bene il Sapiente? Ho avuto o non ho avuto ragione a scrivere su quella tavola la parola: <Fede>?" disse l'uomo agli amici increduli.
"Hai avuto ragione. Te beato che hai saputo aver fede ed essere capace di distruggere il passato e ciò che ti fu detto nocivo".

Una storia affascinante quella delle Apparizioni di Nostra Signora de Coromoto




Festa di Nostra Signora di Coromoto
11 settembre




Da Caracas sono 360 chilometri verso sud ovest: destinazione Guanare, dove il caldo appiccicoso della foresta tropicale non concede scampo. In questo luogo lontano e alquanto isolato è apparsa la Madonna nel 1652 a un capo indio di nome Coromoto. Qui sorge da diversi anni un grandioso santuario, dedicato alla “Madonna della giungla”, dove si raccolgono testimonianze di guarigioni prodigiose e miracoli legati al culto di quella che per i cattolici del Sudamerica è considerata un po’ come la “Lourdes del Venezuela”. 



E’ una storia affascinante, la sua, che parte da molto lontano, e che pone il Santuario di Coromoto fra le mete più interessanti del turismo religioso internazionale, anche se la sua fama non è così diffusa come avviene invece per Lourdes o Fatima o il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico. 
Guanare fu fondata nel 1591 da un capitano spagnolo, ai margini della Sierra Nevada de Merida. Bisognava però convincere gli indios, abituati a vivere in libertà, ad uscire dalla foresta e a coltivare la terra. Impresa ardua. C’era una tribù, i Cospes, che dell’uomo bianco non ne voleva proprio sapere e preferì nascondersi tra le montagne. Di essi per vari decenni non si sentì più parlare, finchè al principio del 1652 accadde qualcosa.




Il capo tribù, il cacicco chiamato Coromoto, un giorno camminava lungo il rio Guanare con la moglie, quando sulle acque apparve una bellissima signora, che teneva in braccio un bambino radioso di luce. Coromoto e la moglie rimasero come paralizzati dalla visione, ma la signora sorridendo li rassicurò rivolgendosi a essi nella loro stessa lingua. “Esci dal bosco”, disse a Coromoto, “e va nel posto dove abitano i bianchi per ricevere l’acqua sulla testa e poter così andare in cielo”.
Queste parole furono pronunciate da Maria con tanta soavità e dolcezza che Coromoto si convinse immediatamente. Quando poi l’estate seguente passò da quelle parti un coltivatore spagnolo, tale Juan Sanchez, l’indio gli si parò davanti per raccontargli quanto la bella Signora gli aveva ordinato un anno prima, aggiungendo che tutta la sua tribù desiderava ricevere l’acqua sulla testa.




Dopo alcune lezioni di catechismo, gli indios furono battezzati, tutti tranne il cacicco, che rimpiangeva la vita della foresta e per amor di libertà non voleva legacci di sorta. A un capo indio, pensava, non si addiceva l’obbedienza all’uomo bianco, neanche davanti all’evidenza dell’apparizione cui aveva assistito. 




La sera dell’8 settembre 1652, era un sabato, gli indios neoconvertiti erano tutti riuniti per pregare la S. Vergine. Lo spagnolo Juan Sanchez aveva invitato pure Coromoto, ma il capo indio, sdegnato, era andato a chiudersi nella sua capanna di paglia.




Qui lo raggiunsero la moglie, la cognata e il figlioletto di quest’ultima, un piccolo indio di dodici anni. Erano passati solo pochi minuti quando l’umile capanna fu illuminata a giorno: all’ingresso c’era ancora quella Signora bellissima, che appariva luminosa come i raggi del sole a mezzogiorno.
Coromoto credette che lei fosse venuta per impedirgli di tornare nella sua amata foresta e dentro di sé sentì crescere il disappunto. “Fino a quando mi perseguiterai?”, gridò. “Te ne puoi anche andare”, aggiunse, “perché io non farò mai quello che mi ordini!”.




La moglie, vergognandosi di tanta mancanza di rispetto, lo ammonì: “Non parlare in questo modo alla bella Signora!”. Ma il cacicco, ormai in preda alla rabbia, afferrò il suo arco urlando: “Lascia che ti ammazzi!”.
A questo punto la bella Signora, che finora era rimasta sulla soglia, entrò nella capanna. Il capo indio allora le si lanciò addosso, cercando di afferrarle il collo per strozzarla. Ma in quello stesso istante la visione celeste sparì e la capanna ripiombò nell’oscurità. 



L’apparizione era svanita, eppure Coromoto era sicuro di stringere qualcosa dentro il pugno. “L’ho presa!”, gridò alle due donne attonite. “La tengo qui nella mano!”. 

“Faccela vedere”, dissero queste. Il capo indio aprì allora le dita e la capanna fu di nuovo illuminata a giorno. La luce proveniva da un piccolo pezzo di pergamena su cui era impressa una immagine della Madonna col Bambino. Era grande non più di una moneta. 




Coromoto l’avvolse in una foglia e la nascose fra la paglia del letto. Il bambino indio, suo nipote, ebbe paura che lo zio volesse distruggere quella piccola pergamena e corse fuori della capanna fino alla casa di Juan Sanchez per raccontargli l’accaduto. Così lo spagnolo salvò l’immagine miracolosa.
Intanto però il cacicco aveva deciso di prendere la via dei monti, lontano dai bianchi e al sicuro, lui pensava, dalla bella Signora. Ma non riuscì ad allontanarsi dal villaggio: appena entrato nella foresta venne morso da un serpente velenoso. 
Era un castigo del cielo? Il capo indio lo interpretò come tale, e vedendosi ferito a morte decise finalmente di battezzarsi. 
Passava di lì per caso un creolo di Barinas, che – come è consentito a ogni cristiano in casi di estrema necessità – gli amministrò il battesimo. Coromoto entrò in agonia e morì di lì a poco, dopo aver raccomandato a tutti i suoi indios di rimanere con i bianchi.




L’immagine miracolosa della Vergine restò per più di un anno in casa di Juan Sanchez, finchè il primo febbraio 1654 fu trasferita con una solenne processione a Guanare.
Lì è rimasta fino al 1949, quando è stata riportata sul luogo dell’apparizione, e dal 1985 si trova nella base di legno della statua della Madonna destinata al nuovo Santuario. È una pergamena in miniatura, grande 27 millimetri per 22, racchiusa dentro un ovale d’oro, e non dipinta da mani umane. 




Vent’anni di duro lavoro e due miliardi di bolivar, oltre venti miliardi di vecchie lire. Tanti ce ne sono voluti per mettere in piedi il modernissimo Santuario di Nostra Signora di Coromoto, a Guanare, che ora svetta maestoso verso il cielo con le sue linee armoniose, assolutamente magnifiche. 




L’edificio, che può accogliere fino a seimila fedeli ed è grande come un campo di calcio, è stato progettato dall’architetto Erasmo Calvani. L’interno, una navata unica e senza colonne, prende luce da una immensa vetrata di 330 metri quadri, costruita a Monaco di Baviera. L’altare maggiore è collocato nel luogo preciso dell’apparizione della Madonna. 

Una cattedrale spettacolare e grandiosa, destinata a contendere alla messicana Guadalupe il primato del culto mariano nel Centro-Sud America. La sua grande spianata, all’esterno, può arrivare ad accogliere fino a mezzo milione di fedeli.




I venezuelani sono molto legati a questo luogo sacro. Coromoto è un santuario dove si intrecciano storie di speranze, guarigioni e miracoli prodigiosi. Sono molte centinaia infatti i prodigi che si attribuiscono a questa straordinaria “Lourdes dell’America Latina”.



Autore: Maria Di Lorenzo

Ave Maria Purissima!