San Filippo Neri, Sacerdote
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Firenze, 1515 - Roma, 26 maggio 1595
L'uomo che sarebbe stato chiamato "l'Apostolo della città di Roma" era figlio di un notaio fiorentino di buona famiglia. Ricevette una buona istruzione e poi fece pratica dell'attività di suo padre; ma aveva subito l'influenza dei domenicani di san Marco, dove Savonarola era stato frate non molto tempo prima, e dei benedettini di Montecassino, e all'età di diciott'anni abbandonò gli affari e andò a Roma. Là visse come laico per diciassette anni e inizialmente si guadagnò da vivere facendo il precettore, scrisse poesie e studiò filosofia e teologia. A quel tempo la città era in uno stato di grande corruzione, e nel 1538 Filippo Neri cominciò a lavorare fra ? g?ovam della città e fondò una confraternita di laici che si incontravano per adorare Dio e per dare aiuto ai pellegrini e ai convalescenti, e che gradualmente diedero vita al grande ospizio della Trinità. Filippo passava molto tempo in preghiera, specialmente di notte e nella catacomba di san Sebastiano, dove nel 1544 sperimentò un'estasi di amore divino che si crede abbia lasciato un effetto fisico permanente sul suo cuore. Nel 1551 Filippo Neri fu ordinato prete e andò a vivere nel convitto ecclesiastico di san Girolamo, dove presto si fece un nome come confessore; gli fu attribuito il dono di saper leggere nei cuori. Ma la sua occupazione principale era ancora il lavoro tra i giovani.
Sopra la chiesa fu costruito un oratorio in cui si tenevano conferenze religiose e discussioni e si organizzavano iniziative per il soccorso dei malati e dei bisognosi; là, inoltre, furono celebrate per la prima volta funzioni consistenti in composizioni musicali su temi biblici e religiosi cantate da solisti e da un coro (da qui il nome "oratorio"). San Filippo era assistito da altri giovani chierici, e nel 1575 li aveva organizzati nella Congregazione dell'Oratorio; per la sua società (i cui membri non emettono i voti che vincolano gli ordini religiosi e le congregazioni), costruì una nuova chiesa, la Chiesa Nuova, a santa Maria "in Vallicella". Diventò famoso in tutta la città e la sua influenza sui romani del tempo, a qualunque ceto appartenessero, fu incalcolabile.
Ma san Filippo non sfuggì alle critiche e all'opposizione: alcuni furono scandalizzati dall'anticonvenzionalità dei suo discorsi, delle sue azioni e dei suoi metodi missionari. Egli cercava di restituire salute e vigore alla vita dei cristiani di Roma in modo tranquillo, agendo dall'interno; non aveva una mentalità clericale, e pensava che il sentiero della perfezione fosse aperto tanto ai laici quanto al clero, ai monaci e alle monache. Nelle sue prediche insisteva più sull'amore e sull'integrità spirituale che sulle austerità fisiche, e le virtù che risplendevano in lui venivano trasmesse agli altri: amore per Dio e per l'uomo, umiltà e senso delle proporzioni, gentilezza e gaiezza - "riso" è una parola che compare spesso quando si tratta di san Filippo Neri.
Patronato: Giovani
Etimologia: Filippo = che ama i cavalli, dal greco
Martirologio Romano: Memoria di san Filippo Neri, sacerdote, che, adoperandosi per allontanare i giovani dal male, fondò a Roma un oratorio, nel quale si eseguivano letture spirituali, canti e opere di carità; rifulse per il suo amore verso il prossimo, la semplicità evangelica, la letizia d’animo, lo zelo esemplare e il fervore nel servire Dio.
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San Filippo Neri nasce a Firenze il 21 luglio 1515, e riceve il battesimo nel "bel san Giovanni" dei Fiorentini il giorno seguente, festa di S. Maria Maddalena.
La famiglia dei Neri, che aveva conosciuto in passato una certa importanza, risentiva allora delle mutate condizioni politiche e viveva in modesto stato economico. Il padre, ser Francesco, era notaio, ma l'esercizio della sua professione era ristretto ad una piccola cerchia di clienti; la madre, Lucrezia da Mosciano, proveniva da una modesta famiglia del contado, e moriva poco dopo aver dato alla luce il quarto figlio.
La famiglia si trovò affidata alle cure della nuova sposa di ser Francesco, Alessandra di Michele Lenzi, che instaurò con tutti un affettuoso rapporto, soprattutto con Filippo, il secondogenito, dotato di un bellissimo carattere, pio e gentile, vivace e lieto, il "Pippo buono" che suscitava affetto ed ammirazione tra tutti i conoscenti.
Dal padre, probabilmente, Filippo ricevette la prima istruzione, che lasciò in lui soprattutto il gusto dei libri e della lettura, una passione che lo accompagnò per tutta la vita, testimoniata dall'inventario della sua biblioteca privata, lasciata in morte alla Congregazione romana, e costituita di un notevole numero di volumi. La formazione religiosa del ragazzo ebbe nel convento dei Domenicani di San Marco un centro forte e fecondo. Si respirava, in quell'ambiente, il clima spirituale del movimento savonaroliano, e per fra Girolamo Savonarola Filippo nutrì devozione lungo tutto l'arco della vita, pur nella evidente distanza dai metodi e dalle scelte del focoso predicatore apocalittico.
Intorno ai diciotto anni, su consiglio del padre, desideroso di offrire a quel figlio delle possibilità che egli non poteva garantire, Filippo si recò da un parente, avviato commerciante e senza prole, a San Germano, l'attuale Cassino. Ma l'esperienza della mercatura durò pochissimo tempo: erano altre le aspirazioni del cuore, e non riuscirono a trattenerlo l'affetto della nuova famiglia e le prospettive di un'agiata situazione economica.
Lo troviamo infatti a Roma, a partire dal 1534. Vi si recò, probabilmente, senza un progetto preciso. Roma, la città santa delle memorie cristiane, la terra benedetta dal sangue dei martiri, ma anche allettatrice di tanti uomini desiderio di carriera e di successo, attrasse il suo desiderio di intensa vita spirituale: Filippo vi giunse come pellegrino, e con l'animo del pellegrino penitente, del "monaco della città" per usare un'espressione oggi di moda, visse gli anni della sua giovinezza, austero e lieto al tempo stesso, tutto dedito a coltivare lo spirito.
La casa del fiorentino Galeotto Caccia, capo della Dogana, gli offrì una modesta ospitalità - una piccola camera ed un ridottissimo vitto - ricambiata da Filippo con l'incarico di precettore dei figli del Caccia. Lo studio lo attira - frequenta le lezioni di filosofia e di teologia dagli Agostiniani ed alla Sapienza - ma ben maggiore è l'attrazione della vita contemplativa che impedisce talora a Filippo persino di concentrarsi sugli argomenti delle lezioni.
La vita contemplativa che egli attua è vissuta nella libertà del laico che poteva scegliere, fuori dai recinti di un chiostro, i modi ed i luoghi della sua preghiera: Filippo predilesse le chiese solitarie, i luoghi sacri delle catacombe, memoria dei primi tempi della Chiesa apostolica, il sagrato delle chiese durante le notti silenziose. Coltivò per tutta la vita questo spirito di contemplazione, alimentato anche da fenomeni straordinari, come quello della Pentecoste del 1544, quando Filippo, nelle catacombe si san Sebastiano, durante una notte di intensa preghiera, ricevette in forma sensibile il dono dello Spirito Santo che gli dilatò il cuore infiammandolo di un fuoco che arderà nel petto del santo fino al termine dei suoi giorni.
Questa intensissima vita contemplativa si sposava nel giovane Filippo ad un altrettanto intensa, quanto discreta nelle forme e libera nei metodi, attività di apostolato nei confronti di coloro che egli incontrava nelle piazze e per le vie di Roma, nel servizio della carità presso gli Ospedali degli incurabili, nella partecipazione alla vita di alcune confraternite, tra le quali, in modo speciale, quella della Trinità dei Pellegrini, di cui Filippo, se non il fondatore, fu sicuramente il principale artefice insieme al suo confessore P. Persiano Rosa.
A questo degnissimo sacerdote, che viveva a san Girolamo della Carità, e con il quale Filippo aveva profonde sintonie di temperamento lieto e di impostazione spirituale, il giovane, che ormai si avviava all'età adulta, aveva affidato la cura della sua anima. Ed è sotto la direzione spirituale di P. Persiano che maturò lentamente la chiamata alla vita sacerdotale. Filippo se ne sentiva indegno, ma sapeva il valore dell'obbedienza fiduciosa ad un padre spirituale che gli dava tanti esempi di santità. A trentasei anni, il 23 maggio del 1551, dopo aver ricevuto gli ordini minori, il suddiaconato ed il diaconato, nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso in Parione, il vicegerente di Roma, Mons. Sebastiano Lunel, lo ordinava sacerdote.
Messer Filippo Neri continuò da sacerdote l'intensa vita apostolica che già lo aveva caratterizzato da laico. Andò ad abitare nella Casa di san Girolamo, sede della Confraternita della Carità, che ospitava a pigione un certo numero di sacerdoti secolari, dotati di ottimo spirito evangelico, i quali attendevano alla annessa chiesa. Qui il suo principale ministero divenne l'esercizio del confessionale, ed è proprio con i suoi penitenti che Filippo iniziò, nella semplicità della sua piccola camera, quegli incontri di meditazione, di dialogo spirituale, di preghiera, che costituiscono l'anima ed il metodo dell'Oratorio. Ben presto quella cameretta non bastò al numero crescente di amici spirituali, e Filippo ottenne da "quelli della Carità" di poterli radunare in un locale, situato sopra una nave della chiesa, prima destinato a conservare il grano che i confratelli distribuivano ai poveri.
Tra i discepoli del santo, alcuni - ricordiamo tra tutti Cesare Baronio e Francesco Maria Tarugi, i futuri cardinali - maturarono la vocazione sacerdotale, innamorati del metodo e dell'azione pastorale di P. Filippo. Nacque così, senza un progetto preordinato, la "Congregazione dell'Oratorio": la comunità dei preti che nell'Oratorio avevano non solo il centro della loro vita spirituale, ma anche il più fecondo campo di apostolato. Insieme ad altri discepoli di Filippo, nel frattempo divenuti sacerdoti, questi andarono ad abitare a San Giovanni dei Fiorentini, di cui P. Filippo aveva dovuto accettare la Rettoria per le pressioni dei suoi connazionali sostenuti dal Papa. E qui iniziò tra i discepoli di Filippo quella semplice vita famigliare, retta da poche regole essenziali, che fu la culla della futura Congregazione.
Nel 1575 Papa Gregorio XIII affidò a Filippo ed ai suoi preti la piccola e fatiscente chiesa di S. Maria in Vallicella, a due passi da S. Girolamo e da S. Giovanni dei Fiorentini, erigendo al tempo stesso con la Bolla "Copiosus in misericordia Deus" la "Congregatio presbyterorm saecularium de Oratorio nuncupanda". Filippo, che continuò a vivere nell'amata cameretta di San Girolamo fino al 1583, e che si trasferì, solo per obbedienza al Papa, nella nuova residenza dei suoi preti, si diede con tutto l'impegno a ricostruire in dimensioni grandiose ed in bellezza la piccola chiesa della Vallicella.
Qui trascorse gli ultimi dodici anni della sua vita, nell'esercizio del suo prediletto apostolato di sempre: l'incontro paterno e dolcissimo, ma al tempo stesso forte ed impegnativo, con ogni categoria di persone, nell'intento di condurre a Dio ogni anima non attraverso difficili sentieri, ma nella semplicità evangelica, nella fiduciosa certezza dell'infallibile amore divino, nella letizia dello spirito che sgorga dall'unione con Dio. Si spense nelle prime ore del 26 maggio 1595, all'età di ottant'anni, amato dai suoi e da tutta Roma di un amore carico di stima e di affezione.
La sua vita è chiaramente suddivisa in due periodi di pressoché identica durata: trentasei anni di vita laicale, quarantaquattro di vita sacerdotale. Ma Filippo Neri, fiorentino di nascita - e quanto amava ricordarlo! - e romano di adozione - tanto egli aveva adottato Roma, quanto Roma aveva adottato lui! - fu sempre quel prodigio di carità apostolica vissuta in una mirabile unione con Dio, che la Grazia divina operò in un uomo originalissimo ed affascinante.
"Apostolo di Roma" lo definirono immediatamente i Pontefici ed il popolo Romano, attribuendogli il titolo riservato a Pietro e Paolo, titolo che Roma non diede a nessun altro dei pur grandissimi santi che, contemporaneamente a Filippo, aveva vissuto ed operato tra le mura della Città Eterna. Il cuore di Padre Filippo, ardente del fuoco dello Spirito, cessava di battere in terra in quella bella notte estiva, ma lasciava in eredità alla sua Congregazione ed alla Chiesa intera il dono di una vita a cui la Chiesa non cessa di guardare con gioioso stupore. Ne è forte testimonianza anche il Magistero del Santo Padre Giovanni Paolo II che in varie occasioni ha lumeggiato la figura di san Filippo Neri e lo ha citato, unico dei santi che compaiano esplicitamente con il loro nome, nella Bolla di indizione del Grande Giubileo del 2000.
Cor Mariae Immaculatum intercede pro nobis
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"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
lunedì 27 maggio 2013
San Filippo Neri
Simbolo di Sant'Atanasio
Santissima Trinità: symbolum Athanasii "Quicumque vult"
| Quicumque vult (Simbolo di Sant'Atanasio) (Breviarium Romanum: ad Primam, in Festo Sanctíssimae Trinitátis, Breviario Romano: Ufficio di Prima nella Festa della SS. Trinità) (Nel rito Ambrosiano è inno dell'Ufficio delle Letture, al posto del Te Deum la Domenica della Trinità) elaborazione grafica tratta dal sito UnaVox) |
| Quicúmque vult salvus esse, * ante ómnia opus est, ut téneat cathólicam fidem: Quam nisi quisque íntegram inviolatámque serváverit, absque dúbio in aetérnum períbit. Fides autem cathólica haec est: * ut unum Deum in Trinitáte, et Trinitátem in unitáte venerémur. Neque confundéntes persónas, * neque substántiam seperántes. Alia est enim persóna Patris, alia Fílii, * alia Spíritus Sancti: Sed Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti una est divínitas, aequális glória, coaetérna maiéstas. Qualis Pater, talis Fílius, * talis Spíritus Sanctus. Increátus Pater, increátus Fílius, * increátus Spíritus Sanctus. Immènsus Pater, imménsus Fílius, * imménsus Spíritus Sanctus. Aetérnus Pater, aetérnus Fílius, * aetérnus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres aetérni, * sed unus aetérnus. Sicut non tres increáti, nec tres imménsi, * sed unus increátus, et unus imménsus. Simíliter omnípotens Pater, omnípotens Fílius, * omnípotens Spíritus Sanctus. Et tamen non tres omnipoténtes, * sed unus omnípotens. Ita Deus Pater, Deus Fílius, * Deus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres dii, * sed unus est Deus. Ita Dóminus Pater, Dóminus Fílius, * Dóminus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres Dómini, * sed unus est Dóminus. Quia, sicut singillátim unamquámque persónam Deum ac Dóminum confitéri christiána veritáte compéllimur: * ita tres Deos aut Dóminos dícere cathólica religióne prohibémur. Pater a nullo est factus: * nec creátus, nec génitus. Fílius a Patre solo est:* non factus, nec creátus, sed génitus. Spíritus Sanctus a Patre et Fílio: * non factus, nec creátus, nec génitus, sed procédens. Unus ergo Pater, non tres Patres: unus Fílius, non tres Fílii: * unus Spíritus Sanctus, non tres Spíritus Sancti. Et in hac Trinitáte nihil prius aut postérius, nihil maius aut minus: * sed totae tres persónae coaetèrnae sibi sunt et coaequáles. Ita ut per ómnia, sicut iam supra dictum est, * et únitas in Trinitáte, et Trínitas in unitáte veneránda sit. Qui vult ergo salvus esse, * ita de Trinitáte séntiat. Sed necessárium est ad aetérnam salútem, * ut incarnatiónem quoque Dómini nostri Iesu Christi fidéliter credat. Est ergo fides recta ut credámus et confiteámur, * quia Dóminus noster Iesus Christus, Dei Fílius, Deus et homo est. Deus est ex substántia Patris ante saécula génitus: * et homo est ex substántia matris in saéculo natus. Perféctus Deus, perféctus homo: * ex ánima rationáli et humána carne subsístens. Aequális Patri secúndum divinitátem: * minor Patre secúndum humanitátem. Qui, licet Deus sit et homo, * non duo tamen, sed unus est Christus. . Unus autem non conversióne divinitátis in carnem, * sed assumptióne humanitátis in Deum. Unus omníno, non confusióne substántiae, * sed unitáte persónae. Nam sicut ánima rationális et caro unus est homo: ita Deus et homo unus est Christus. Qui passus est pro salúte nostra: descéndit ad ínferos: * tértia die resurréxit a mórtuis. Ascéndit ad coélos, sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis: * inde ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos. Ad cuius advéntum omnes hómines resúrgere habent cum corpóribus suis: * et redditúri sunt de factis própriis ratiónem. Et qui bona egérunt, ibunt in vitam aetérnam: * qui vero mala, in ígnem aetérnum. Haec est fides cathólica, * quam nisi quisque fidéliter firmitérque credíderit, salvus esse non póterit. Amen. | Chiunque voglia salvarsi, * deve anzitutto possedere la fede cattolica:Colui che non la conserva integra ed inviolata * perirà senza dubbio in eterno. La fede cattolica è questa: * che veneriamo un unico Dio nella Trinità e la Trinità nell'unità. Senza confondere le persone, * e senza separare la sostanza. Una è infatti la persona del Padre, altra quella del Figlio, * ed altra quella dello Spirito Santo. Ma Padre, Figlio e Spirito Santo sono una sola divinità, * con uguale gloria e coeterna maestà. Quale è il Padre, tale è il Figlio, * tale lo Spirito Santo. Increato il Padre, increato il Figlio, * increato lo Spirito Santo. Immenso il Padre, immenso il Figlio, * immenso lo Spirito Santo. Eterno il Padre, eterno il Figlio, * eterno lo Spirito Santo E tuttavia non vi sono tre eterni, * ma un solo eterno. Come pure non vi sono tre increati, né tre immensi, * ma un solo increato e un solo immenso. Similmente è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, * onnipotente lo Spirito Santo. E tuttavia non vi sono tre onnipotenti, * ma un solo onnipotente. Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, * lo Spirito Santo è Dio. E tuttavia non vi sono tre dei, * ma un solo Dio. Signore è il Padre, Signore è il Figlio, * Signore è lo Spirito Santo. E tuttavia non vi sono tre Signori, * ma un solo Signore. Poiché come la verità cristiana ci obbliga a confessare che ciascuna persona è singolarmente Dio e Signore: * così la religione cattolica ci proibisce di parlare di tre Dei o Signori. Il Padre non è stato fatto da alcuno: * né creato, né generato. Il Figlio è dal solo Padre: * non fatto, né creato, ma generato. Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figlio: * non fatto, né creato, né generato, ma da essi procedente. Vi è dunque un solo Padre, non tre Padri: un solo Figlio, non tre Figli: * un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi. E in questa Trinità non v'è nulla che sia prima o dopo, nulla di maggiore o minore: * ma tutte e tre le persone sono l'una all'altra coeterne e coeguali. Cosicché in tutto, come già detto prima, * va venerata l'unità nella Trinità e la Trinità nell'unità. Chi dunque vuole salvarsi, * pensi in tal modo della Trinità. Ma per l'eterna salvezza è necessario, * credere fedelmente anche all'Incarnazione del Signore nostro Gesù Cristo. La retta fede vuole, infatti, che crediamo e confessiamo, * che il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo. È Dio, perché generato dalla sostanza del Padre fin dall'eternità: * è uomo, perché nato nel tempo dalla sostanza della madre. Perfetto Dio, perfetto uomo: * sussistente dall'anima razionale e dalla carne umana. Uguale al Padre secondo la divinità:* inferiore al Padre secondo l'umanità. E tuttavia, benché sia Dio e uomo, * non è duplice ma è un solo Cristo. Uno solo, non per conversione della divinità in carne, ma per assunzione dell'umanità in Dio. Totalmente uno, non per confusione di sostanze, * ma per l'unità della persona. Come infatti anima razionale e carne sono un solo uomo, * così Dio e uomo sono un solo Cristo. Che patì per la nostra salvezza: discese agli inferi: * il terzo giorno è risuscitato dai morti. É salito al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: * e di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti. Alla sua venuta tutti gli uomini dovranno risorgere con i loro corpi: * e dovranno rendere conto delle proprie azioni. Coloro che avranno fatto il bene andranno alla vita eterna: * coloro, invece, che avranno fatto il male, nel fuoco eterno. Questa è la fede cattolica, * e non potrà essere salvo se non colui che l'abbraccerà fedelmente e fermamente. Amen. |
Sulla Santissima Trinità, nel vangelo di San Giovanni, si veda qui
AVE GIGLIO BIANCO DELLA TRINITA'
domenica 26 maggio 2013
Nel negozio dell'orafo
SAGRARIO
(060)
Nel negozio dell'orafo
(Quaderni '44 -25/11/44)
Da un orafo sono diversi calici d’argento, lavorati a sbalzo taluni, e con arte e intarsi d’oro e anche gemme, altri unicamente belli per il metallo e la forma liscia e svasata come calice di giglio su stelo sottile.
Vengono dei compratori e guardano. Molti, ricchi signori, comprano dei calici per la loro sontuosa dimora. Prendono i più belli, tutto intarsi, sbalzi e gemme. E se li portano via. Per ultimo, un umile prete acquista, con l’obolo dei suoi parrocchiani, un calice di solo argento. Il più semplice, umile come lo è quel prete e come lo è la chiesa che egli regge. Umile come ne permette l’acquisto la poca somma delle offerte, ammucchiate soldo a soldo.
Il povero prete porta via il suo tesoro. E’ felice di pensare che Gesù scenderà col suo Sangue e il suo Corpo, con la sua Anima e Divinità, in quel nuovo calice, più degno di Lui, Santissimo, che non nell’altro, ormai ridotto da decenni d’uso in proprio cattivo stato. E non vede l’ora che sia la mattina di domenica per poterlo usare, porre sulla pietra sacra, su esso pronunciare le sante parole: “Questo è il Calice del mio Sangue ….”. Oh! Come quel calice è santo agli occhi suoi e di quelli che credono dal momento che in esso la fede vede il Sangue di Gesù Cristo, Salvatore, Verbo di Dio, Figlio dell’Eterno Padre! Splende non per il lucente e nuovo argento ma per tutta la Luce che in sé rinchiude!
Adoramus Te
sabato 25 maggio 2013
Senza il Padre non avreste avuto il Figlio, e senza il Figlio non potreste avere avuto lo Spirito.
Preghiera all'Immacolata
tratta dalle Rivelazioni di Santa Gertrude, vergine.
“Ave, Giglio bianco, nel cui profumo trova le sue compiacenze l’Augusta Trinità;
Ave, Rosa bellissima, delizia incomparabile degli Angeli del Cielo;
Ave, Vergine Purissima da cui volle nascere ed al cui seno verginale alimentarsi il Re della Gloria:
Colma le nostre anime con i divini influssi della grazia,
e prega per noi, poveri peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.”
+
- Non temete di accostarvi a Noi che vi amiamo. Non scindete la nostra Unità amando Uno e non gli Altri. Noi ci amiamo e siamo uniti dall’amore. Fate il somigliante.
Il Figlio non deve farvi trascurare il Padre. Egli non lo fa. Egli v'insegna ad amarmi e dalle sue labbra sante ho fatto prorompere la preghiera perfetta al Padre dei Cieli. Il Figlio non deve farvi trascurare lo Spirito Santo. Egli non lo fa. Come sulle soglie della predicazione v'insegna a pregare Me, Padre Santo, così sulle soglie della Passione v'insegna ad amare il Paraclito che sarà l’illuminatore della Verità insegnata.
Senza il Padre non avreste avuto il Figlio, e senza il Figlio non potreste avere avuto lo Spirito. Senza lo Spirito non potreste comprendere la Parola e senza comprendere la Parola seguire da giusti i suoi dettami e conquistare il possesso del Padre. 24-11-43
Trinità Santissima
- Dentro il cerchio eternale del Padre è un secondo cerchio, generato dal Padre, diversamente operante eppure non contrariamente operante , perché l’Essenza è una. Esso è il Figlio. La sua luce, più vibrante, non dà soltanto la vita ai corpi, ma dà la Vita alle anime che l’avevano perduta, mediante il suo Sacrificio. E’ un dilagare di raggi potenti e soavi che nutrono la vostra umanità e ammaestrano la vostra mente.
All’interno del secondo cerchio, prodotto dai due operare dei primi cerchi, è un terzo cerchio dalla luce ancora più vibrante e accesa. E’ lo Spirito Santo. E’ l’Amore prodotto dai rapporti del Padre col Figlio, tramite fra i Due, e conseguenza dei Due, meraviglia delle meraviglie.
Il Pensiero creò la Parola e il Pensiero e la Parola si amano. L’Amore è il Paraclito. Esso opera sullo spirito vostro, sulla vostra anima, sulla vostra carne, poiché consacra tutto il tempio, creato dal Padre e redento dal Figlio, della vostra persona, creata a immagine e somiglianza di Dio Uno e Trino. Lo Spirito Santo è crisma sulla creazione, fatta dal Padre, della vostra persona, è grazia per fruire del Sacrificio del Figlio, è Scienza e Luce per comprendere la Parola di Dio. Luce più ristretta, non perché sia limitata rispetto agli altri, ma perché è lo Spirito dello Spirito di Dio, e perché, nella sua condensazione, è potentissima come è potentissima nei suoi effetti.
Per questo Io dissi: “Quando verrà il Paraclito vi istruirà”. Neppure Io che sono il Pensiero del Padre divenuto Parola, posso farvi capire quanto può, con un solo balenare, farvi capire lo Spirito Santo.
Se davanti al Figlio ogni ginocchio si deve curvare, davanti al Paraclito si deve inchinare ogni spirito, perché lo Spirito dà vita allo spirito. E’ l’Amore che ha creato l’Universo, che ha istruito i primi servi di Dio, che ha spinto il Padre a dare i comandamenti, che ha illuminato i Profeti, che ha concepito con Maria il Redentore, che ha messo Me sulla Croce, che ha sostenuto i Martiri, che ha retto la Chiesa, che opera i prodigi della grazia. 1-7-43
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