sabato 25 maggio 2013

Beato Carlo di Gesù (Charles de Foucauld)


Beato Carlo di Gesù 

Beato Carlo di Gesù (Charles de Foucauld) – Religioso (1 dicembre)
Strasburgo, Francia, 15 settembre 1858 - Tamanrasset, Algeria, 1 dicembre 1916
Charles De Foucald, detto fratel Carlo di Gesù (1858 - 1916), fu ucciso durante una razzia nel Sahara, a Tamanrasset.
Aveva scelto di vivere con gli ultimi, nel deserto.
É stato beatificato in San Pietro il 13 novembre 2005 sotto il pontificato di Benedetto XVI.
 
Tenente dell'esercito francese di stanza in Algeria, nel 1885 viene esonerato dal servizio per maldisciplina aggravata da sregolatezza di vita.
Affascinato dall'Africa settentrionale, dalla rudezza dei suoi abitanti e dall'ambiente quasi soprannaturale, dedica una parte della sua vita a carpirne le tradizioni e i costumi e, da esploratore delle cose del mondo, diventa uomo alla ricerca di Dio.
"Per dodici anni, ho vissuto senza alcuna fede: nulla mi pareva sufficientemente provato.
L'identica fede con cui venivano seguite religioni tanto diverse mi appariva come la condanna di ogni fede [...].
Per dodici anni rimasi senza nulla negare e nulla credere, disperando ormai della verità, e non credendo più nemmeno in Dio, sembrandomi ogni prova oltremodo poco evidente".
De Foncauld nasce a Strasburgo il 15 settembre 1858.
Nel 1876 entra nella scuola militare di Saint-Cyr; dopo essere stato esonerato dal servizio, in occasione della rivolta di Orano, chiede di poter essere reintegrato e, terminata la campagna militare, si dimette dall'esercito, dedicandosi a ricerche geografiche e di esplorazione.
Nel 1886 ritorna in Francia e fissa la sua dimora a Parigi.
Con determinazione e insistenza ricerca la fede in Dio anche cercandolo nelle sue opere.
"Nello stesso attimo in cui cominciai a credere che c'era un Dio, compresi che non potevo fare altro che vivere per Lui; la mia vocazione religiosa risale alla stessa ora della mia fede".
Si sente ormai portato a servire Dio e completa cosi la sua conversione riscoprendo una fede semplice, incentrata in Gesù sacramento eterno della Chiesa.
Decide di rimanere fedele a Dio e ai suoi comandamenti. Sceglie una ricerca basata sulla preghiera e sull'umiltà.
Per consiglio del suo direttore spirituale, padre Huvelin, nel 1888 visita i luoghi santi della Palestina e Gerusalemme.
Nel gennaio del 1889 bussa alla trappa di Nostra Signora delle Nevi nella diocesi di Viviers. Diventa monaco trappista e assume il nome di Alberico Maria.
Nel 1901 è ordinato sacerdote.
E il 28 ottobre dello stesso anno quando fissa la sua residenza a Bénis-Abbès, territorio ai confini algero-marocchini. Nel 1905 nel territorio di Tamanrasset costruisce un piccolo romitorio e successivamente nel 1910 un eremo nell'Aschrem, cima centrale dell'Haggar.
Dall'arrivo a Bénis-Abbès, inizia la nuova vita religiosa di fratel Charles de Foucauld.
Le sue meditazioni e i suoi ritiri diventeranno silenzi e scritti per dar modo alle popolazioni del Sahara di conoscere direttamente le verità cristiane: "L'évangile présenté aux pauvres du Sahara" (1903), "Règlement des Petits Frères du Sacré Coeur de Jésus" (1902).
Oltre che elevarli spiritualmente, penserà anche alla loro protezione umana contro le incursioni delle bande dei briganti (rezzau), provenienti dai confini algero-marocchini e soprattutto dalla Tripolitania.
Il suo spirito entra in un rapporto intimo con Dio, in una spiritualità concentrata nell'eucaristia e in Cristo Crocifisso. Perfezionerà gli statuti della fondazione e della congregazione dei Petits Frères de Jésus.
Nel 1968 saranno approvate dalla Santa Sede diverse congregazioni ispirate da padre de Foucauld: le Petites Soeurs du Sacré Coeur de Jésus, la Fraternité des petites Soeurs de Jésus e i Petits Frères de Jésus.
Ci sono anche le Petites Soeurs de l'Evangile, l'Union des Nazaréennes du Père de Foucauld, le Petites Soeurs de Nazareth, i Petits Frères de l'Evangile e i Petits Frères de la Croix.
Gli scritti spirituali di padre de Foucauld vogliono far scoprire a sé e a tutti il rapporto intimo di fede con Cristo; una fede che non può essere alimentata solo dal soffio del momento, ma deve trovare nelle verità cristiane conosciute e indagate la roccia forte e sicura.
"La fede è ciò che ci fa credere dal profondo dell'anima tutti i dogmi della religione, tutte le verità che la religione c'insegna, per conseguenza il contenuto della Sacra Scrittura, e tutti gli insegnamenti del Vangelo: in una parola, tutto ciò che ci vien proposto dalla Chiesa...".
La vita di padre de Foucauld si conclude tragicamente il 1° dicembre 1916: egli viene assassinato durante un attacco di predoni del deserto.
I suoi innumerevoli scritti ci riferiscono il suo pensiero e la sua spiritualità, che vorremmo riassumere con queste sue parole: "Qualunque possa essere la mia tristezza, quando mi metto ai piedi dell'altare e dico a Nostro Signore Gesù: "Signore, Tu sei infinitamente felice e nulla ti manca', non posso fare a meno di aggiungere: "Allora, anch'io son felice e niente mi manca.
La tua felicità mi basta" [...]. É  la verità, deve essere così, se amiamo Nostro Signore". 
Ha detto: 
"Io mi propongo di custodire in me la volontà di lavorare per trasformarmi in Maria, allo scopo di diventare un'altra Maria vivente ed operante".
"Dio costruisce sul nulla.
É con la sua morte che Gesù ha salvato il mondo; è con il niente degli apostoli che ha fondato la Chiesa; è con la santità e nel nulla dei mezzi umani che si conquista il cielo e che la fede viene propagata."
Pregare con Charles De Foucauld: 
Padre mi abbandono a te: Padre, mi abbandono a Te, fa’ di me ciò che ti piace.
Qualsiasi cosa tu faccia di me, ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me, e in tutte le tue creature:
non desidero nient'altro, mio Dio.
Rimetto l'anima mia nelle tua mani, te la dono, mio Dio, con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo.
E per me un'esigenza di amore, il donarmi a Te, l'affidarmi alle tue mani, senza misura, con infinita fiducia: perché Tu sei mio Padre. 
Su tutta la terra: 
Venga il tuo Regno su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini
siano solleciti al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta in ogni anima;
che tu solo agisca in ogni anima
e tutti gli uomini
non vivano che per mezzo di te
e per te, perduti in te... 

Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini che sia così:
è ciò che c'è di più desiderabile per il
prossimo e per me.  (Autore: Giuseppe Gottardo - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria. - Beato Carlo di Gesù, pregate per noi.
Cor Iesu, fragrans amore nostri
inflamma cor nostrum amore Tui


Santa Matilde di Hackeborn (o di Helfta)


S.Matilde di Hockeborn

Santa Matilde di Hackeborn (o di Helfta) - Monaca (19 novembre)
Sec. XIII
Nasce attorno al 1240 nel castello di Helfta, in Sassonia, da una delle più delle più nobili e potenti famiglie della Turingia, i von Hackeborn.
La sorella maggiore, Gertrude, è badessa nel convento di Helfta.
All'età di sette anni Matilde viene accolta come educanda nel monastero benedettino di Rodardsdorf.
Qui la sua vocazione cresce e la giovane decide di indossare il velo.
Nel 1258 raggiunge la sorella maggiore a Helfta dove, tre anni più tardi, le viene affidata la cura di una giovane monaca che resterà nella storia con il nome di santa Gertrude la Grande.
Proprio a quest'ultima Matilde confesserà le proprie visioni mistiche.
Da queste confidenze nascerà poi uno dei libri più noti della mistica medievale: il Libro della grazia speciale.
Matilde, particolarmente dotata nel canto, cura e dirige il coro del monastero e per questa sua qualità sembra che lo stesso Dante si sia ispirato a lei per la figura di Matelda nel Purgatorio.
Muore nel monastero di Helfta nel 1298. 
Etimologia: Matilde = forte in guerra, dal tedesco
Martirologio Romano: Nel monastero di Helfta nella Sassonia in Germania, Santa Mectilde, vergine, che fu donna di squisita dottrina e umiltà, illuminata dal dono divino della contemplazione mistica.
 
Oggi giunge fino a noi una voce altissima e altamente poetica: la voce di una donna che è, con Santa Geltrude la Grande, gloria dei monachesimo germanico e una delle maggiori scrittrici spirituali e mistiche del Cristianesimo.
Matilde di Hackeborn nacque nel 1241 da una delle più nobili famiglie della Turingia, imparentata con lo stesso imperatore Federico II. Entrò a sette anni in un monastero benedettino, per esservi educata.
Ma nel monastero, dove viveva una sorella maggiore, si risvegliò nella fanciulla la vocazione, e anch'ella prese l'abito per sempre.
Quando la sorella fu eletta Abbadessa del monastero di Helfta, Matilde la seguì. Nella celebre abbazia sassone viveva anche la gran. de Santa Geltrude, di qualche anno più giovane.
Nel monastero, Matilde fu maestra del canto in coro. Ce ne parla ella stessa, seppur con parole velate, nel suo Libro delle Rivelazioni: " Poi quel sommo Cantore, con la sua voce i cui accenti sono superiori a ogni armonia celeste, volle incantare il suo usignolo, che tante volte aveva attirato il divin Cuore per la tenera devozione più che per l'incanto della sua voce ".
Aveva cinquant'anni ed era ammalata, morta da poco la sorella maggiore, quando Matilde rivelò il suo grande segreto: le meraviglie che la grazia divina operava nella sua anima, tutto ciò che Dio le mostrava, i suoi slanci appassionati e le sue profonde angosce.
Due suore raccolsero quelle confidenze, e una sembra che fosse la stessa Santa Geltrude.
Nacque così il Libro della Grazia speciale, una delle opere più belle e più celebri nella letteratura mistica del Medioevo:
"Un giorno - vi si legge - mentre si cantava, il divin Cuore si aprì.
Il Signore vi attirò Matilde e subito ve la rinchiuse dicendo: "Nella parte alta ci troverai la soavità dello Spirito Santo che sempre farà stillare nell'anima tua la rugiada... nella parte inferiore, il tesoro di tutti i tuoi beni, quanti ne puoi desiderare... nella parte orientale, la luce della vera scienza, per conoscere tutta la mia volontà e adempierla perfettamente... Nella parte occidentale, il paradiso delle mie delizie".
In quell'istante le comparve il Signore, seduto al centro di una tavola apparecchiata, coperta da una candidissima tela".
Come Santa Geltrude, Santa Matilde precorse di molti secoli la devozione al Sacro Cuore, fonte dell'amore divino.
Ebbe per quello espressioni di appassionato lirismo.
E lo disse: " Sorgente della grazia - principio e fine di ogni bene - porta dei cielo - scudo d'oro forato - scrigno della virtù - liquore di vita - casa preziosa ~ fiamma ardente - cucina del Signore - casa d'oro - luce ai beati ".
Matilde morì silenziosamente, non vecchia, prima della fine del '200.
Ma le sue opere si diffusero immediatamente, insieme con la fama della monaca di Helfta.
Il Boccaccio ci attesta la celebrità di Santa Matilde fin dal '300, a Firenze, dove il suo Libro della Grazia speciale era noto come Lode di Dama Matilde.
E forse lo stesso Dante, incontrando nel suo Purgatorio " una donna soletta che si già - cantando ed iscegliendo fior da fiore " pensava proprio a lei, Matilde di Hackeborn, cantrice dell'amore divino, che aveva sparso lungo la sua via fiori coloratissimi di poesia e profumati di grazia. (Fonte: Archivio Parrocchia)
Giaculatoria. - Santa Matilde di Hackeborn, pregate per noi.
AVE MATER DIVINAE GRATIAE

San Daniele lo Stilita - Sacerdote


S.Daniele lo Stilita 
San Daniele lo Stilita - Sacerdote (11 dicembre)
Maratha, Samosata, 409 - Siria, 490 circa
Nasce a Maratha, nelle vicinanze di Samosata in Siria nel 409. Daniele a dodici anni chiede di essere accolto in un vicino monastero e davanti alla resistenza dell'abate gli risponde che con la sua fede sopporterà la dura vita del cenobio. Guadagna subito la fiducia dell'abate, a tal punto che lo accompagna ad Antiochia dove conoscono San Simone che, da poco, ha iniziato a vivere da asceta in cima ad una colonna.
Tornato a Maratha, alla morte dell'abate Daniele viene scelto come suo successore, ma rifiuta l'incarico perché vuol tornare a visitare Simone.
A causa delle guerre è costretto a fermarsi a Costantinopoli, quindi si ritira in un tempio abbandonato a Filempora.
Nel 459 muore Simone e il suo mantello viene dato a Daniele che, ormai cinquantenne, decide di seguire l'esempio del maestro e si stabilisce su una colonna. Muore nel 490 e viene sepolto ai piedi della colonna sulla quale aveva vissuto trentatré anni e tre mesi. 
Etimologia: Etimologia: Daniele = Dio è il mio giudice, dall'ebraico
Martirologio Romano: A Costantinopoli, San Daniele, detto Stilita, sacerdote, che, dopo aver condotto vita monastica e superato molte difficoltà, seguendo l’esempio di vita di san Simeone, alloggiò sull’alto di una colonna per trentatré anni e tre mesi fino alla morte, imperterrito davanti all’impeto del freddo, del caldo o dei venti.
 
Testimoni estremi della fede, la cui vita di penitenza era sempre sotto gli occhi di tutti, gli stiliti incarnarono una forma originale di ascetismo cui stenteremmo a credere se non avessimo fonti storiche documentate. Nati nel V secolo in Oriente (si diffusero poi anche in Russia), questi anacoreti vivevano presso un villaggio o un monastero, su una colonna alta dai dieci ai venti metri.

Su di essa predicavano, guarivano malati e celebravano l’Eucaristia, trasformando così un simbolo pagano (solitamente sulle colonne si innalzavano gli idoli) in luogo di elevazione cristiana. La piattaforma garantiva la sopravvivenza grazie ad una tettoia, mentre dal balcone vi era il contatto con i fedeli. Alcuni seguaci provvedevano al sostentamento dello stilita innalzando il cibo con una carrucola o una scala. Alla sommità accedevano quanti necessitavano di conforto spirituale o cercavano soluzioni a controversie. Il primo e il più celebre stilita fu S. Simeone detto “il vecchio” (390-459) che visse in Siria a Qal’At Sem’An, nei pressi di Antiochia, e fu famoso per i miracoli e per aver convertito anche alcuni arabi.
Daniele fu un suo discepolo, come apprendiamo dalla dettagliata biografia scritta, con diversi particolari storici, da un giovane seguace.
Daniele nacque a Maratha (vicino a Samosata) nel 409 da pii genitori che lo consacrarono subito al Signore. Crebbe buono e a soli dodici anni chiese di essere accolto in un vicino monastero. Alle resistenze dell’abate rispose che era sì giovane ma, con la sua grande fede, avrebbe sopportato la dura vita del cenobio. Pochi anni dopo godeva già della sua fiducia, tanto da accompagnarlo in un viaggio ad Antiochia. Ospiti del monastero di Telanissos (Dair Sem’an), conobbero S. Simeone che aveva da poco iniziato a vivere da asceta in cima ad una colonna, incompreso dai compagni e accusato di vanagloria. Nonostante la grande calura, il santo li accolse e li benedisse facendo breccia nel cuore del giovane, cui però predisse molte sofferenze.
Qualche tempo dopo l’abate morì e Daniele venne scelto come suo successore. Egli però, rifiutato l’incarico, tornò a far visita a Simeone con l’intento di raggiungere successivamente la Terra Santa. Ripiegò su Costantinopoli a causa delle guerre, per poi ritirarsi a Filempora, in un tempio abbandonato, sotto la protezione del patriarca S. Anatolio. Nel 459 Simeone morì e il suo mantello, destinato inizialmente all’Imperatore Sergio I, venne dato a Daniele che, ormai cinquantenne, decise di seguire l’esempio del maestro.
Alcuni compagni lo aiutarono a stabilirsi su una colonna dove iniziò la sua vita di meditazione e preghiera. All’ordine iniziale dell’Imperatore Leone di lasciare il luogo, la guarigione di un ragazzo posseduto dal demonio convinse il messo imperiale a tornare dall’imperatore per raccontare l’accaduto. Questi chiese a Daniele di pregare affinché l’imperatrice Verena concepisse un figlio. A grazia ottenuta l’imperatore andò di persona a ringraziarlo, salendo sulla colonna e toccandogli i piedi. Fece poi costruire un’altra colonna collegata con un ponte alla precedente, mentre il luogo era ormai meta di pellegrinaggi. Durante una tempesta la struttura corse il pericolo di crollare, ma Daniele non l’abbandonò e, a pericolo scampato, fece graziare il costruttore condannato dall’imperatore per la sua imperizia.
Il santo stilita era continuamente esposto alle intemperie e durante un inverno particolarmente rigido fu salvato in extremis dall’assideramento. L’imperatore fece allora costruire una stanza in cui fosse maggiormente riparato. Purtroppo a Daniele non mancarono gli attriti col Patriarca di Costantinopoli Gennadio e solo dietro ordine imperiale questi andò a trovarlo. All’incontro, nonostante la giornata caldissima, assistette una grande folla e il presule, dopo aver celebrato le preghiere d’ordinazione, salì sulla colonna dove si diedero vicendevolmente la comunione.
Daniele era ormai famoso in tutto l’impero. Si narra che predisse un incendio nella capitale (465) e che davanti alla sua colonna furono siglati patti di alleanza tra principi. Le visite più gradite erano però quelle dei malati che, dopo aver ascoltato la sua sapiente parola, ricevevano i sacramenti. Scese dalla colonna solo quando, morto l’imperatore, gli eretici monofisiti usurpavano il trono. Portato a spalle dalla folla ottenne il riconoscimento del nuovo Imperatore Zenone che, da lì a poco, con gratitudine, andò a onorarlo sulla colonna.
Lo stesso successivamente promulgò il decreto detto Henoticon, diretto a vescovi, chierici e monaci della chiesa orientale, relativo all’approvazione del Simbolo Niceno. Daniele morì ultraottantenne nel 490 (o 493) dopo aver incontrato il Patriarca Eufemio e aver celebrato la Messa. Fu sepolto in un oratorio ai piedi di quella colonna su cui era vissuto trentatré  anni e tre mesi. (Autore: Daniele Bolognini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria. - San Daniele lo Stilita, pregate per noi.
AVE GRATIA PLENA!

Beata Maria degli Angeli


B.Maria degli Angeli 

Beata Maria degli Angeli (Marianna Fontanella) - Religiosa (16 dicembre)
Torino, 7 gennaio 1661 - Torino, 16 dicembre 1717
La Beata Maria degli Angeli, al secolo Marianna Fontanella, è stata la prima carmelitana italiana a salire all'onore degli altari: a proclamarla beata fu Pio IX nel 1865. Nata il 7 gennaio 1661 da una famiglia nobile piemontese, superata l'opposizione dei genitori, entrò poco più che quindicenne nel Carmelo di Santa Cristina a Torino.
Distintasi subito per la sua piena maturità umana e spirituale, divenne presto maestra delle novizie. 
A soli 33 anni fu eletta priora.
Sostegno per chiunque avesse bisogno di un aiuto nella vista spirituale, la sua fama varcò presto le mura del convento: dalla stessa casa reale spesso giungevano in visita le principesse. Volle con forza l'apertura di un nuovo Carmelo a Moncalieri, per accogliere le giovani che non potevano essere accolte a Torino per mancanza di posti: la struttura poté essere aperta nel 1703.
Morì il 16 dicembre 1717.
«La bontà del Signore - si legge nei suoi scritti - è maggiore di quanti mali e peccati possiamo commettere, e prima ci stanchiamo noi di offenderlo che egli di perdonarci». (Avvenire)
Martirologio Romano: A Torino, Beata Maria degli Angeli (Marianna) Fontanella, Vergine dell’Ordine dei Carmelitani, insigne per le sue volontarie penitenze e per la virtù dell’obbedienza.  
 
La Beata Maria degli Angeli, autentica figlia di Santa Teresa e la prima Carmelitana italiana beatificata, svolse un ruolo singolare nella società del suo tempo e diede inizio a quella lunga schiera di Santi che sono la gloria più fulgida di Torino, sua città natale.
Maria Anna Fontanella - questo è il suo nome da secolare - nacque il 7 gennaio 1661 in una famiglia nobile, numerosa e benestante. Natura vivacissima e volitiva, dimostrò subito una forte propensione per la preghiera, ma anche una precoce femminilità e un forte senso dell’onore.
Combattuta tra il desiderio di Dio e le vanità mondane, soffriva un profondo disagio interiore, finché non si arrese completamente ai richiami dello Spirito, scegliendo per sempre il “suo” Crocifisso, l’interlocutore preferito dei suoi appassionati colloqui interiori.
Dopo una breve esperienza di educanda presso le Monache Cistercensi di Saluzzo, si dedicò con maggiore impegno alla vita di pietà e intensificò il suo rapporto con Dio nell’orazione, che la attirava in modo irresistibile.
Ma dovette lottare ancora duramente con se stessa per sfuggire alle lusinghe della vanità e al falso scintillio del mondo vuoto e frivolo che la circondava e dal quale veniva un po’ condizionata sia volontà della mamma, sia per la sua naturale inclinazione verso il bello, l’eleganza e soprattutto la danza, una vera passione.
Ma - come lei stessa dichiara - alla fine “voltai le spalle al mondo e ai suoi detti” e non tornò più indietro dalle sue risoluzioni. Il Signore non si lasciava vincere “in cortesia, facendomi molte grazie e favori”, e le fece sentire forte e chiaro il richiamo alla vita religiosa. Per l’incontro fortuito con un carmelitano scalzo durante una ostensione della Sindone a Torino, optò decisamente per il Carmelo.
Superata l’opposizione della famiglia, poco più che quindicenne, il 19 novembre 1676 entrò nel Carmelo di S. Cristina a Torino.
Dotata di una forte personalità, di temperamento equilibrato e riflessivo, di spiccate doti di intelligenza, ma soprattutto per la sua eccezionale statura spirituale, ancora giovanissima fu incaricata della formazione delle novizie, dopo aver attraversato un durissimo periodo di prove interiori, di cui esiste una narrazione particolareggiata nella corrispondenza col suo direttore spirituale, il padre Lorenzo Maria di San Michele, e in una relazione scritta per ordine dei Superiori.
Nel 1694, a soli trentatré anni, con dispensa della S. Sede, fu eletta priora.
È il periodo della sua piena maturità umana e spirituale: il Signore la favorisce di grazie mistiche straordinarie, cui ella corrisponde con una generosità senza riserve, facendosi davvero “tutta a tutti”, con umiltà, dedizione, spirito di servizio, attenzione delicata ai bisogni delle sorelle, sollecitudine amorosa per la loro crescita spirituale, fedeltà piena al carisma dell’Ordine, con una particolare predilezione per la Santa Madre Teresa, per la quale nutre una singolare devozione e dalla quale è ricambiata con eccezionali favori.
Ma la sua santità brillò soprattutto nell’amore ardente per le anime.
Alimentato dall’esperienza forte della preghiera, sostenuto dalla penitenza generosa e da una carità ardente, il suo zelo si concretizzò “in opere ed opere” a favore di chiunque avesse avuto bisogno del suo aiuto o della sua preghiera.
La fama della sua santità varcò presto le soglie della clausura, soprattutto per le frequenti visite al monastero da parte delle principesse reali e del loro seguito. Persone di ogni ceto e categoria ricorrevano a lei per consiglio o per interporre la sua intercessione presso il Signore.
Tra questi si distinguevano Madama Reale, la Duchessa e lo stesso Vittorio Amedeo II.
Desiderosa di sfuggire a tale notorietà e spinta dal desiderio di fondare un nuovo carmelo che potesse accogliere le giovani che non potevano essere ricevute a Santa Cristina per mancanza di posti, avviò allo scopo trattative con i Superiori e con la Corte.
Superate innumerevoli difficoltà, il 16 settembre 1703 ebbe la gioia di vedere inaugurato il Carmelo di Moncalieri, senza però potervisi trasferire per l’opposizione dei Savoia che avevano esercitato forti pressioni sui Superiori per impedire che la Madre si allontanasse da Torino.
Di qui continuò a provvedere le monache di Moncalieri del necessario, occupandosi della loro formazione spirituale e vigilando con cuore di madre sul buon andamento della comunità.
Questo fino alla morte, avvenuta a Torino il 16 dicembre 1717.
Fu beatificata da Pio IX il 25 aprile 1865.
Le sue spoglie si venerano nella chiesa delle carmelitane scalze a Moncalieri (Torino) in Piazza beata Maria degli Angeli (già Vicolo Savonarola,1).  Tel 011/641888Dagli scritti:
“Quante volte sono stata ladra, Dio mio, del tempo che mi avete lasciato per amarvi, e io l’ ho speso per
offendervi, ma col cuore del buon ladrone dirò: Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo Regno ! “

“Siamo nelle sue mani, siamo nelle braccia della sua Misericordia, che vi è da temere ? ”

“La voce di Dio è delicata e non si può udire ove vi sono grandi e molti rumori, e perciò procurate di tenere il cuore libero da ogni cosa affinché possa godere del Signore ”

“L’anima nello stato dell’ aridità è senza dolcezze di Dio, ma non senza Dio … Dio le è vicino, Dio è nel suo cuore, sebbene paia che dorma come dormiva appunto Cristo, ben nostro, sulla barchetta con i suoi Apostoli ”

“Quando commettete qualche infedeltà, non vi angustiate, ma con umiltà e confidenza ricorrete subito al Signore: non fuggite dall’Offeso, ma abbracciatelo come amante e domandate perdono “

“La bontà del Signore è maggiore di quanti mali e peccati possiamo commettere, e prima ci stanchiamo noi di offenderlo, che egli di perdonarci”
Preghiera a San Giuseppe composta dalla Beata Maria degli Angeli
Gesù, Maria, Giuseppe,

beatissima trinità terrena,
io vi venero e adoro col più profondo affetto.
Quando sarà che l’anima mia
Viva tutta di Gesù,
tutta per Gesù,
tutta con Gesù !
Voi, o Maria, vera madre di Gesù,
Voi, o Giuseppe, prediletto padre di Gesù,
ottenetemi che io,
non abbia cuore che per Gesù.
Vivere senza Gesù
Mi sia più duro che il morire.
Morire con Gesù
Mi sia più dolce di ogni vita.
Santissimo mio padre Giuseppe,
vero sposo di Maria, degno padre di Gesù,
ottenetemi che io viva sempre
come vera serva di Gesù, vera figlia di Maria.
Nelle mani vostre
Raccomando il povero mio spirito
E la desolata anima mia,
affinché nell’ora che uscirà da questo corpo,
la riceviate nelle vostre santissime braccia
e la riponiate eternamente in quelle di Gesù e di Maria. Amen.
(Autore: Suore Carmelitane di Moncalieri - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria. - Beata Maria degli Angeli, pregate per noi.

AVE AVE AVE MARIA!

San Felice da Nicosia


S.Felice da Nicosia 

San Felice da Nicosia - Religioso Cappuccino (31 maggio)
Nicosia, 5 novembre 1715 - Nicosia, 31 maggio 1787
San Felice Da Nicosia (al secolo Giacomo Amoroso), italiano, laico dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini (1715-1787). Per oltre quarant'anni ha offerto il suo servizio di mendicante svolgendo un apostolato itinerante. Analfabeta, ha avuto la scienza della carità e dell'umiltà.
Martirologio Romano: A Nicosia in Sicilia, Beato Felice (Giacomo) Amoroso, religioso, che, dopo essere stato rifiutato per dieci anni, entrò infine nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, dove svolse i più umili servizi in semplicità e purezza di cuore.
 
Giacomo Amoroso nacque a Nicosia nel 1715, il padre Filippo era calzolaio e la madre Carmela Pirro badava alla numerosa famiglia. Il padre decise di far lavorare il figlio nella calzoleria più importante del paese affinché si specializzasse in questo mestiere.
Giacomo presto imparò il mestiere e nello stesso tempo si era avvicinato alla congregazione dei Cappuccinelli presso il convento di Nicosia. Era per tutto esempio in quanto la sua spiritualità la testimoniava in tutte le cose di ogni giorno. Nel 1733 decise di chiedere di entrare come fratello laico nell'ordine dei Cappuccini, ma non fu accolto, anche a causa delle condizioni economiche precarie della sua famiglia alla quale era fondamentale il suo apporto. Una volta morti i genitori nel 1743 riprovò a chiedere di essere ammesso tra i Cappuccini direttamente al provinciale che era in visita a Nicosia, e, finalmente, dieci anni dopo la sua prima richiesta venne ammesso al noviziato nel convento di Ristretta con il nome di fra Felice.
L'anno seguente fece la professione e fu inviato nello stesso suo paese di origine dove per 43 anni esercitò il compito di questuante. Nel convento esercitò vari lavori, portinaio, ortolano, calzolaio e infermiere, fuori era il questuante non solo a Nicosia ma anche nei paesi vicini, Capizzi, Cerami, Mistretta e Gagliano.
Si definiva "u sciccareddu", l'asinello che carico portava quanto raccolto al convento.
Aveva una particolare predilezione per i bambini, dalle sue tasche tirava fuori una noce, delle nocciole o delle face le regalava ai fanciulli ed in base al numero di queste cose ricordava loro le piaghe di Gesù, la santissima Trinità, i dieci comandamenti, piccoli regali che però davano l'opportunità a fra Felice di fare una breve e semplice lezione di catechismo.
Se per strada incontrava poveri con carichi particolarmente pesanti dava loro una mano per aiutarli, aiutava gli ammalati e cercava di fare qualcosa per i più bisognosi. Tutte le domeniche era solito andare a trovare i carcerati.
Il superiore nonché padre spirituale spesso lo trattava duramente, lo umiliava appioppandogli nomignoli quali poltrone, ipocrita, gabbatore della gente, santo della Mecca, fra Felice rispondeva a ciò dicendo "sia per l'amor di Dio". Ancora il superiore spesso lo obbligò ad esibirsi nel refettorio del convento con abiti carnevaleschi, distribuendo una massa di cenere impastata come fosse ricotta fresca, che miracolosamente lo diventò veramente.
Fra Felice distribuiva delle striscioline di carta sulle quali erano scritte delle invocazioni alla Beata Vergine e le utilizzava come rimedio infallibile per tutti i mali, appendendole alle porte delle abitazioni dove vi erano sofferenti ammalati o poveri, contrastava il fuoco che aveva attaccato i covoni da trebbiare, oppure appendendole nelle cisterne prive di acqua. Spesso avvenivano grazie ed eventi miracolosi che non facevano altro che accrescere la fama di fra Felice.
Una volta alleggerito da tutti i servizi data l'avanzata età e la malferma salute si dedicò alla preghiera.
Verso la fine del mese di maggio 1787 mentre era nel suo orto si accasciò senza più forze e dopo alcuni giorni nel suo letto raccomandandosi a S. Francesco e alla Madonna chiese al superiore il l'obbedienza di morire.
Morì il 31 maggio del 1787. Fu dichiarato Beato da papa Leone XIII il 12 febbraio 1888.
Papa Benedetto XVI, nella sua prima cerimonia di canonizzazione, lo ha proclamato Santo il 23 ottobre 2005 in piazza San Pietro.

I poveri sono la persona di Gesù Cristo, e si devono rispettare. Riguardiamo nei poverelli e negli infermi lo stesso Dio, e soccorriamoli con tutto l'affetto del nostro cuore e secondo le proprie nostre forze. Consoliamo con dolci parole i poveri ammalati e prontamente rechiamo loro soccorso. Non cessiamo mai dal correggere i traviati con maniere prudenti e caritative.
(Beato Felice da Nicosia)
  - (Autore: Carmelo Randello – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria. - San Felice da Nicosia, pregate per noi.  


Cor Mariae Immaculatum 
intercede pro nobis