sabato 17 novembre 2012

Dio ha affidato tutto ad un Magistero...



…] la differenza tra cattolici ed acattolici, per quanto si vogliano fratelli, sta sul piano della fede. Bisogna avere il coraggio di dirlo e di dirlo sempre. Usare tattiche scivolose quanto cortesi, sfumare tutti i contorni in un incerto crepuscolo che abolisca gli aspetti imbarazzanti, non è fare dell'ecumenismo. Esso è tale quando, coll'esercizio di ogni virtù, con tutti i sacrifici personali, con tutta la consistente pazienza, con la più affettuosa delle carità, mette dei termini chiari. Forse che sarebbe un ritorno alla unità piena tra i credenti, quello in cui il cammino venisse percorso lastricato di equivoci e di mezze verità? Ora è chiaro che si deve passare questo ponte - primato romano - e che, se non lo si passa coscientemente, non si raggiunge lo scopo unico e vero dell'ecumenismo. E si delinea il vero pericolo in tale entusiasmante materia. Ecco da chi è rappresentato il pericolo di fare dell'ecumenismo una accozzaglia di dottrine troncate. Ci sono scrittori che, abusando del nome di teologi o della dignità della ricerca, sgranano ad una ad una le verità della fede cattolica, sfaldano, ignorandolo, il Magistero. Essi fanno dubitare di sapere che la verità di Dio è una e perfetta, che negata in un punto - tale è la sua interna logica ed armonia - è giocoforza negare tutto. Non comprendono che Dio ha affidato tutto ad un Magistero, il quale è tanto sicuro e divinamente garantito che si può affermare «quod Ecclesia semel docuit, semper docuit». Forse hanno anche dimenticato che la visibilità della Chiesa e la sua realtà umana non la compromettono affatto, dimostrando la mano di Dio in quello che, affidato a mani umane, non reggerebbe oggi e sarebbe morto da tempo immemorabile. I nostri fratelli ci attendono, ma ci attendono nella luce del giorno, non tra le incerte ombre della notte!

(Cardinale Giuseppe Siri, da «Renovatio», XII (1977), fasc. 1, pp. 3-6)

AVE MARIA!

Il colletto è un necessario complemento della veste talare




Nei vecchi film o nelle vecchie fotografie, l'abito talare indossato dai chierichetti, generalmente era munito del classico colletto romano bianco. Purtroppo, ho notato che nelle Messe tridentine dei nostri giorni, i chierichetti ne sono spesso sprovvisti. Qualcuno si è chiesto se l'uso del colletto romano sia riservato ai soli sacerdoti. Tempo fa, Daniele Di Sorco ha risposto a questo quesito su un forum. Riporto alcuni stralci del suo interessante intervento:

Non esistono documenti della Santa Sede che regolino l'uso del colletto romano. […] Questo abuso [di aver ridotto il colletto ad unico distintivo sacerdotale. n.d.r.] ha probabilmente generato la convinzione che il colletto in particolare, e non la veste talare (o - in via di eccezione - il clergyman) in generale, sia il distintivo del clerico. Di qui le difficoltà per alcuni di ammettere l'uso del colletto da parte dei laici che, nelle funzioni liturgiche, indossano la talare.

Come si può rispondere a tale difficoltà? In tre modi: mettendo in luce la vera funzione del colletto, analizzando la prassi antica della Chiesa ed esaminando i manuali di etichetta ecclesiastica che trattano della questione.

Dobbiamo pensare, innanzi tutto, che il colletto è un necessario complemento della veste talare, da cui è separato unicamente per ragioni di praticità (come i gemelli dalla camicia o le calze dalle scarpe). Senza colletto romano, il collo della talare appare come qualcosa di vistosamente incompleto: troppo basso, troppo largo, inspiegabilmente deformato dall'apertura quadrata che mostra la nuda pelle o il colletto (spesso multicolore) del capo d'abbigliamento sottostante. È proprio la particolare conformazione della talare che ci fa capire come il colletto ne sia parte integrante, e non semplice accessorio (a differenza, per esempio, della fascia: ma nel caso della talare ambrosiana, che senza fascia non potrebbe star chiusa, essa è indispensabile quanto il colletto).

Un'ulteriore prova ci viene dal fatto che i documenti ecclesiastici parlano della talare senza mai menzionare il colletto: segno che questo era considerato indispensabile complemento di quella […]. Ma se da questi e da altri documenti si può a ragione dedurre che l'abito habitus ecclesiasticus o clericalis di cui parla il codice di diritto canonico del 1917 (can. 136, § 1) è la talare completa di colletto, ne consegue che anche i laici, nei casi in cui il codice accorda loro di portare il medesimo habitus clericalis (can. 683), possono e devono utilizzarlo. Il testo, infatti, non fa distinzioni di sorta tra le due vesti. Che poi i laici non abbiano il diritto di indossare insegne onorifiche è cosa scontata, essendo queste strettamente riservate al clero. Il nuovo codice di diritto canonico ha lasciato immutata tale disciplina, non restringendo né modificando l'uso del colletto.

Ciò che risulta dall'esame del diritto è confermato dalla prassi vigente prima della riforma liturgica. In molte fotografie d'epoca si vede chiaramente che la talare indossata dai ministranti è munita di colletto esattamente come quella dei chierici. Laddove esso non era utilizzato, ciò dipendeva dalla difficoltà di procurarsi un numero consistente di colletti nelle diverse misure, non dalla convinzione che fosse riservato al clero.

I manuali di etichetta ecclesiastica che ho consultato, di solito molto accurati nel determinare quali categorie di persone possano o non possano usare determinate insegne, non parlano mai del colletto come di un indumento riservato al clero o distintivo dello stato clericale. Se non menzionano esplicitamente la possibilità per i laici di utilizzarlo, è perché anch'essi lo considerano un normale complemento della veste talare. J. A. Nainfa (Custom of Prelates of the Catholich Church, Baltimore 1926), che si preoccupa di specificare che i chierichetti non possono usare la fascia (alla quale, del resto, non hanno diritto neppure tutti i sacerdoti), non fa alcuna distinzione del genere per quanto riguarda il colletto, né nel capitolo ad esso dedicato né altrove. Lo stesso si dica di J. Nabuco (Ius pontificalium, Parisiis-Tornaci-Romae 1956).
 

In definitiva si può dire che il colletto è certamente un'insegna distintiva dello stato clericale, ma non più di quanto lo sia la talare. Quindi se il ministrante, che nelle funzioni liturgiche svolge il ruolo di un chierico (precisamente dell'accolito), può indossare la talare, non si vede perché dovrebbe astenersi dal colletto.

AMDG et BVM


IL PATER NOSTER




S. Pietro Giuliano Eymard - il Padre Nostro davanti all'Eucaristia


IL PATER NOSTER



Quodcumque petieritis Patrem in nomine meo,
hoc faciam, ut glorificetur Pater in Filio (Joan., 14, 13)






1. - Padre nostro che sei nei Cieli - nei cieli eucaristici. A te che siedi
su un trono di amore e di grazia, benedizione, onore e gloria, e potenza nei
secoli dei secoli!


2. - Sia santificato il tuo nome - in noi; nello spirito della tua umiltà,
obbedienza e carità. Affinché, umili e devoti noi stessi, possiamo farti
conoscere, adorare ed amare nella Eucaristia!


3. - Venga il tuo regno - eucaristico. Regna tu solo in eterno, sopra di
noi, coll'impero del tuo amore, col trionfo delle tue virtù, col dono della
grazia, della vocazione eucaristica, per la tua maggior gloria.
Da' a noi la grazia e la missione del tuo santo amore, affinché, capaci di
predicare, di estendere, e di diffondere ovunque il tuo regno eucaristico,
adempiamo il tuo desiderio espresso nelle parole: «Sono venuto a portare il
fuoco sulla terra, e che cosa desidero se non che si accenda?» Oh! se noi
pure fossimo degli incendiari di questo fuoco celeste!


4 - Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. - Rendici lieti
di volere te solo, di desiderare te solo, di pensare te solamente. Noi
vogliamo rinnegare noi stessi sempre e in tutto, affinché l'esempio della
tua santa obbedienza, beneplacente e perfetta, sia per noi luce e vita. -
Quanto poi allo stato e al progresso della nostra società, io voglio ciò che
tu vuoi, come tu lo vuoi, nei limiti che tu vuoi. Periscano i nostri
pensieri e i nostri desideri, se non vengono da te, verso di te, in te.


5. - Dacci oggi il nostro pane quotidiano. O Signore Gesù, che con la manna
nutristi quotidianamente il tuo Popolo, tu che volesti essere la sola e
totale eredità dei Leviti, ed affidasti agli Apostoli il legato della tua
povertà divina, noi eleggiamo, e vogliamo te per unico ed universale nostro
provveditore ed economo. Tu solo sei cibo e vestimento, tesoro e gloria,
farmaco nella malattia, difesa contro i nostri nemici.
Promettiamo di non accettare e non desiderare affatto l'amicizia del mondo;
tu sarai il nostro tutto, e gli uomini per noi saranno un nulla, da essi ci
aspettiamo soltanto l'oblio e la croce.


6. - E rimetti a noi i nostri debiti. - Perdona, o Signore Gesù, i peccati
della mia gioventù; perdonami i peccati commessi in una vocazione così santa
affinchè mi possa avvicinare con cuore puro e coscienza tranquilla al tuo
sacro altare, possa servirti nella santità e meriti di lodarti con gli
Angeli e coi Santi. - Perdona i delitti commessi contro di noi, non fare
vendetta di quei che ci combattono, ci calunniano e ci perseguitano;
ricambia loro bene per male, grazia per delitto, amore per odio.


Come noi li rimettiamo ai nostri debitori. - Di tutto cuore, con carità
vera: con tutta la mente, con infantile semplicità; con tutta la volontà;
noi desideriamo e nel tuo amore auguriamo loro ogni bene, come lo
desideriamo per noi stessi.


7. - E non ci indurre in tentazione. - Allontana dalla tua famiglia
eucaristica le vocazioni false, le fraudolenti, le non rette. Che nessun
superbo o ambizioso, nessun tipo duro o iracondo sia giammai a capo di
questa umile e povera famiglia. Non lasciare che cada in preda a bestie
immonde e perverse l'anima di chi confida in te. Conserva la tua società
immune da qualsiasi scandalo, vergine da ogni vizio; libera da legami
servili col secolo, e che goda di servirti nella santità, nella libertà, in
pace e senza inquietudini.


8. - Ma liberaci dal male. - Liberaci dal demonio della superbia, della
impurità e della discordia, dalle cure e sollecitudini di questa vita,
affinchè gioiosi possiamo dedicarci completamente, noi e le nostre cose, al
tuo servizio eucaristico con cuore puro e con mente libera. Liberaci dai
falsi fratelli affinchè non opprimano la tua società ancora in fasce; dai
sapienti di questo secolo, che non abbiano ad inquinare il tuo spirito che è
in noi; liberaci dagli uomini dotti e superbi, affinché non provochino su di
noi la tua ira e il tuo abbandono; dagli effeminati, che non smorzino
l'ardore della virtù e il vigore della santa disciplina; dagli uomini doppi
e incostanti, che non turbino la nostra semplicità.


9. Amen. - Io spero in te, o Signore; non sarò confuso. Tu solo sei il
buono, il Potente, l'eterno. A te solo sia onore e gloria, amore e
ringrazianiento nei secoli dei secoli.



AVE MARIA PURISSIMA!

"La missione è un Fatto che posso incontrare adesso mentre scrivo: Gesù di Nazareth!"



INTERVISTA A PADRE ALDO TRENTO
Paraguay, si riparte dalle «riduzioni»



​Tempo fa Piero Gheddo, decano dei missionari-giornalisti, dedicò ad Augusto Gianola, prete del PIME di stanza in Brasile capace di avvincere un cronista di lungo corso come Enzo Biagi, un’appassionante biografia, In missione per cercare Dio. Per padre Aldo Trento, missionario da diversi anni in Paraguay, membro della Fraternità San Carlo Borromeo fondata da monsignor Massimo Camisasca, si potrebbe vergare una biografia dal titolo assonante, In missione per trovare Dio. Perché stato proprio nella terra dei guaranì, immortalati nel celebre film Mission di Roland Joffé, che il sacerdote bellunese ha scoperto e "incocciato" il volto di Dio. Oggi ad Asunciòn padre Trento guida la clinica San Riccardo Pampuri al cui interno si trova il primo hospice di tutto il territorio paraguagio. Alle vicende dei suoi malati padre Trento ha dedicato il suo recente libro Rio sole. Cronache di "santi" dal Paraguay (Ares, pp. 256, euro 15), curato dal giornalista di “Famiglia cristiana” Alfredo Tradigo e impreziosito dalle fotografie di Nino Leto. Padre Trento si trova in Italia in questi giorni per alcuni incontri: domani alle 21 all’auditorium di Casatenovo presenta il suo libro insieme a Camillo Candia, di Gruppo Zurich Italia; giovedì 22 novembre parlerà a Seregno.

Padre Trento, nel suo raccontare traspare il dettato evangelico "l’avete fatto a me…"
«Negli ultimi otto anni abbiamo accompagnato a morire più di mille persone indigenti e molto ammalate. Accompagnare significa vedere nel paziente non un "malato" ma Cristo stesso. È così chiara per me questa verità che non distinguo più il Cristo che soffre dal Cristo che "domina" la clinica e che è Gesù Eucaristia. Il fatto che nessun paziente muoia disperato e che invece affronti la morte con una fortezza unica costituisce il frutto stesso dell’Eucaristia che incontro nel Cristo che soffre di cancro o di Aids».

Lei racconta di come i guaranì le abbiano insegnato a "trattare" la morte. Cosa le hanno trasmesso?



«Per loro la vita come la morte fanno parte dell’unico ciclo che è la vita tutta intera. Quando chiedo  ad un ammalato grave  come sta, lui mi risponde "muy bien": e molto spesso è in fin di vita! Una cosa che mi commuove è  vedere, quando celebro la Messa per la persona appena defunta, gli altri ammalati gravi; se appena possono muoversi, assistono alla funzione, coscienti che il giorno dopo potrebbe benissimo toccare a loro morire. La cultura paraguaiana ancora viva nei paesi di campagna guarda al dolore e alla morte come parte integrante della vita. Per questo è bello e sorprendente notare che, mentre portiamo la bara in chiesa, passando di fianco alla pizzeria (dove c’è gente che mangia o bambini che giocano), nessuno si intimorisce. Anzi, tutti si alzano in piedi e i bambini si fermano dai loro giochi e schiamazzi e guardano».

Il suo impegno missionario si rifà esplicitamente all’esperienza delle reducciones dei gesuiti dei secoli. Perché? 



«Come per loro, anche per me l’unica ragione della missione è quella di vivere per annunciare Gesù. La grande opera e ragion d’essere di quegli uomini è stata solo di vivere  "ad maiorem Dei gloriam". Così, umilmente, lo è anche per me. Tutto il resto è la conseguenza di questa passione per Cristo che si esprime poi in passione per l’umanità di ogni persona che incontro. La storia delle reducciones è solo l’evidenza di cosa accade quando uno vive e vibra solo per Gesù; è lui che "ha fatto" e continua a fare, tenendo in piedi quest’opera che vive solo grazie alla Sua Divina Provvidenza. Ieri come oggi, il ricco come il povero hanno solo bisogno di sperimentare la convenienza della fede per la propria vita. Quindi il problema di cui gli antichi gesuiti son testimoni si può riassumere così: "La missione è un Fatto che posso incontrare adesso mentre scrivo: Gesù di Nazareth!". Senza questa certezza che nasce dalla propria carne afferrata da Gesù, diventiamo costruttori di rovine».

Nel suo libro si trova una bellissima definizione del cristianesimo: "La vita eterna, fin da ora". Cosa significa questo in un contesto come quello della sua missione?



«In Paraguay, in questi ultimi anni, il potere politico è stato occupato e permeato da una corrente della teologia della liberazione, guidata da un vescovo poi diventato presidente della Repubblica. La gente lo ha votato perché lo ha percepito come un nuovo Messia. Ma questo mi fa capire che l’unica cosa urgente è che esistano uomini, donne, pastori innamorati di Gesù. Constato tristemente che per tanti di noi questa coscienza è ancora lontana, con l’esito che in molti hanno abbandonato la Chiesa e sono passati alle sètte. Invece il cristianesimo autentico non nasce né dalla politica né dall’economia, ma solo da Gesù, che nel mio caso ha preso totalmente la mia vita, mi ha fatto Suo, usandomi come uno strumento per mostrare al mondo la sua misericordia, in particolare per quanti vivono abbandonati, soli o sui marciapiedi. La nostra clinica è come un porto di mare dove approda "ciò" che per il mondo è solo spazzatura».

Lorenzo Fazzini
AMDG et BVM

Frammenti


Credi che ogni frammento di Ostia Consacrata è il Corpo, il Sangue, lo Spirito e la Divinità di Gesù Cristo, Vero Dio e Vero Uomo? Ricevi la Comunione sulle mani?

Un lettore ci ha inviato due fotografie.

Foto 1
Foto 1: Il Guanto nero con l'ostia NON consacrata

Foto 2
Foto 2: Il Guanto con i frammenti
La prima (foto 1)raffigura una ostia NON consacrata appoggiata sul palmo di una mano ricoperta con un guanto nero.

La seconda fotografia (foto 2) mostra i frammenti lasciati dall’ostia sul guanto dopo che è stata rimossa.

Alcuni di voi forse, ora, stanno dicendo: “Ma questo è un guanto, non una mano! Noi non sappiamo se questo accada anche con le ostie messe nelle mani della gente al momento della Comunione! Questo test non prova nulla!”
Ammetto che non abbiamo certezza che accada la stessa cosa.
Ammetto che le mani non sono i guanti. Ammetto che ci siano differenze.
Ma …

Occorre considerare la mancanza di attenzione con cui molti ricevono, maneggiano, muovono le Ostie quando le ricevono alla Comunione.

Considerate che spesso vi è un più o meno adeguatamente preparato Ministro della Comunione (che probabilmente non ha le mani pulite, essendo stato tra le panche ed avendo toccato libretti dei canti, foglietti della Messa, stretto mani allo scambio della pace, comunque toccato cose non pulite) a distribuire la Comunione.

Considerate quindi anche le condizioni di pulizia della pelle del palmo della mano (chi di voi quando torna a casa da Messa si lava le mani prima di sedersi a tavola a mangiare?).

Considerate i pochi secondi dopo che una persona ha trasferito l’Ostia nella propria bocca dalla mano, Cosa si tocca? Se quei frammenti ci sono che fine fanno?
E’ evidente che l’Ostia è stata in contatto non solo con il palmo della mano, ma anche con le dita dell’altra mano.
Prendete in considerazione tutte queste cose.
Voglio esser chiaro: non penso che la gente intenda essere irriverente quando riceve la Santa Comunione in mano.
Ma sapendo che la maggior parte cattolici orientali hanno un modo diverso di ricevere la comunione, pongo una domanda per i cattolici romani.

Se quei frammenti sono realmente il Corpo ed il Sangue di Cristo, come ci ha sempre insegnato la Santa Chiesa nel Catechismo, nella teologia e  nella prassi liturgica, siamo così sicuri che un atteggiamento così carente di attenzione verso le Specie Eucaristiche  non sia il segnale che, in fondo, sotto sotto, ci sia una mentalità in cui non c’è più la vera fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucarestia e che, in fondo in fondo, -con la scusa di non cadere in quello che molti preti chiamano devozionismo formalista o archeologismo eucaristico, -stiamo credendo soltanto che Cristo è presente solo nelle Ostie intere e non nei frammenti (contro quello che la Chiesa ha sempre detto) o peggio ancora che Cristo  è presente solo e perché c’è il suo popolo che nella Messa fa la comunione, e quindi essendo le persone riunite nel suo nome lui è lì presente?

Per fugare ogni dubbio sul test, un altro lettore, un seminarista, ha preso la questione in mano e con questo esperimento ha dato una ulteriore prova.
   Utilizzando un guanto non più in velluto, ma di pelle nera e osservando i seguenti punti:
1.L’esperimento è stato effettuato tre volte.
2. Prima di ogni prova ho assicurato che il guanto fosse esente da qualsiasi contaminazione polvere, fili, forfora o altre particelle chiare
3. Con la gestualità di una normale comunione in Chiesa, è stata messa gentilmente una ostia NON consacrata (ogni volta una ostia nuova) nel palmo del guanto. Si è cercato di riprodurre la distribuzione della comunione nella mano che si vede generalmente sia nel porre l’ ostia in mano, e la rimozione alcuni secondi dopo. Senza un uso eccessivo della forza, e senza strofinamenti dell’ ostia contro il guanto.
4. I risultati di tutte e tre le prove sono stati molto simili, da quattro a dieci particelle di pane ben visibili ad occhio nudo.

Ecco le foto di questo secondo test:
Foto 3 - Il Guanto perfettamente pulito
Foto 3: Il guanto di pelle nera pulito
Foto 4, ingrandimento del guanto Pulito
Foto 4, ingrandimento del guanto Pulito

Foto 5: L'ostia NON consacrata sul guanto di pelle neraFoto 5: L’ostia NON consacrata sul guanto di pelle nera

Foto 6: I frammenti sparsi sul guanto
Foto 6: I frammenti sparsi sul guanto
Al di là del fatto che non è affatto opportuno verificare l’esperimento con l’uso di una Ostia Consacrata, per rispetto verso il Santissimo Sacramento, si può però ragionare che la forma, le caratteristiche organolettiche, le caratteristiche “fisiche” dell’Ostia non variano con la consacrazione (ne è prova il fatto che quando i parroci usano sempre la stessa pisside senza frequentemente purificarla, sul fondo si depositano anche grandi quantità di frammenti), e che quindi tutto ciò accada anche con le Ostie consacrate.

Credo che il segnale di Sua Santità Benedetto XVI, che con forza e determinazione dal giugno 20o8 ha scelto di amministrare la Santa Comunione solo direttamente in bocca, non possa e non debba passare inosservato, ma vada emulato e imitato fedelissimamente, al di là delle concessioni  (=indulti) delle Conferenze Episcopali; appunto perché concessioni, esse sono deroghe alla prassi normale.

Intanto noi seguiremo la santa tradizione ultra millenaria e continueremo a riceverLa in bocca senza mai toccarlLa con le mani. Dio non vuole essere preso, ma vuole solo donarsi.
Qui vult (potest) capere capiat.

AVE MARIA!