Preghiera allo Sposo Divino
S. Teresa di Gesù Bambino la scrisse per sé in
occasione della Sua professione religiosa e ne portò l'autografo sul cuore per
tutto quel giorno.
8 settembre 1890
O Gesù, mio Sposo divino! che io non perda mai la seconda
veste del mio battesimo! prendimi prima che commetta la più leggera colpa
volontaria. Che io non cerchi e non trovi mai se non te solo, che le creature
siano un niente per me e che io sia un niente per loro, ma tu, Gesù, sii
tutto!
Che le cose della terra non possano mai turbare la mia
anima, che niente turbi la mia pace. Gesù, non ti domando che la pace, ed anche
l'amore, l'amore infinito senza altro limite che te, l'amore per cui non sia più
io, ma te, o Gesù! Gesù, che per te io muoia martire, il martirio del cuore o
del corpo, o piuttosto tutti e due! Concedimi di adempiere ai miei voti in tutta
la loro perfezione e fammi comprendere ciò che dev'essere una sposa per te. Fa
che io non sia mai di peso alla comunità, ma che nessuno si occupi di me, che io
sia considerata come qualcosa da calpestare, dimenticata come un granellino di
sabbia tuo, o Gesù! Che la tua volontà si compia in me perfettamente, che io
raggiunga il posto che tu sei andato avanti a me a prepararmi.
Gesù, fa che io salvi molte anime, che oggi neppure una
sia dannata e che tutte le anime del purgatorio siano liberate. Gesù, perdonami
se dico scuse che non si devono dire: io non voglio che rallegrarti e
consolarti.
|
|
Consacrazioneal Volto Santo
Composta dalla Santa per se stessa e per due sue
novizie.
Volto adorabile di Gesù!
giacché vi siete degnato di scegliere particolarmente le anime nostre per
donarvi ad esse, noi intendiamo consacrarle a voi.
Ci sembra, o Gesù, di sentirvi sussurrare: «Apritemi,
sorelle mie, mie spose dilette, poiché il mio Volto è coperto di rugiada e i
miei capelli dette stille della notte» (Ct 5,2). Le anime nostre comprendono
il vostro linguaggio d'amore; noi vogliamo asciugarvi il Volto soave e
consolarvi della dimenticanza dei cattivi. Ai loro occhi voi siete ancora
«come nascosto... vi considerano come un essere abietto!» (Is
53,3).
Volto più bello delle rose e dei gigli di primavera, voi
non siete nascosto agli occhi nostri! Le lacrime, che velano il vostro sguardo
divino, ci appaiono come diamanti preziosi che vogliamo raccogliere per
acquistare con il loro valore infinito le anime dei nostri fratelli.
Dalle vostre labbra adorate abbiamo inteso il gemito
amoroso. Comprendendo come la sete che vi consuma è sete d'amore, noi vorremmo,
per dissetarvi, possedere un amore infinito!
Sposo prediletto delle anime nostre! se possedessimo
l'amore di tutti i cuori, quest'amore sarebbe per voi. Ebbene, dateci questo
amore, e venite a dissetarvi nelle vostre piccole spose!
Anime, Signore, abbiamo bisogno di anime! specialmente
anime di apostoli e di martiri, affinché, per loro mezzo, possiamo infiammare
del vostro amore la moltitudine dei poveri peccatori.
O Volto adorabile, noi sapremo ottenere questa grazia!
Dimenticando il nostro esilio, sulle sponde dei fiumi di Babilonia canteremo a
voi le più dolci melodie. E giacché voi siete la vera, l'unica patria dei nostri
cuori, i nostri cantici non saranno modulati su terra straniera. Volto amato di
Gesù! in attesa del giorno eterno in cui contempleremo la vostra gloria
infinita, l'unico nostro desiderio è di piacere ai vostri occhi divini,
nascondendo anche noi i volti, affinché in terra nessuno ci possa riconoscere.
Il vostro sguardo velato: ecco il nostro cielo, o Gesù!
T. di Gesù Bambino e del Volto
Santo
G. di S. T., Maria del Volto Santo |
|
Atto d'offerta all'Amore misericordioso di Dio
J. M. J. T.
Offerta di me stessa come vittima
d'olocausto
all'Amore misericordioso del buon Dio.
Mio Dio! Trinità beata, desidero amarvi e farvi
amare, lavorare per la glorificazione della santa Chiesa, salvando le
anime che sono sulla terra e liberando quelle che sono nel purgatorio. Desidero
compiere perfettamente la vostra volontà e arrivare al grado di gloria che
m'avete preparato nel vostro regno. In una parola, desidero essere santa, ma
sento la mia impotenza e vi domando, o mio Dio, di essere voi stesso la mia
santità.
Poiché mi avete amata fino a darmi il vostro unico Figlio
perché fosse il mio salvatore e il mio sposo, i tesori dei suoi meriti
appartengono a me ed io ve li offro con gioia, supplicandovi di non guardare a
me se non attraverso il volto di Gesù e nel suo cuore bruciante
d'amore.
Vi offro inoltre tutti i meriti dei Santi (che sono in
cielo e sulla terra), i loro atti d'amore e quelli dei santi Angeli; vi offro
infine, o beata Trinità, l'amore e i meriti della santa
Vergine, mia madre diletta. A lei abbandono la mia offerta e la prego di
presentarvela. Il suo Figlio divino, mio sposo diletto, nei giorni della
sua vita mortale, ci ha detto: «Tutto ciò che domanderete al Padre in nome
mio, ve lo darà!».
Sono dunque certa che esaudirete i miei desideri; lo so,
mio Dio, più volete dare, più fate desiderare. Sento nel mio cuore
desideri immensi e vi chiedo con tanta fiducia di venire a prendere possesso
della mia anima. Ah! non posso ricevere la santa comunione così spesso come
vorrei, ma, Signore, non siete l'onnipotente?... Restate in me come nel
tabernacolo, non allontanatevi mai dalla vostra piccola ostia...
Vorrei consolarvi dell'ingratitudine dei cattivi e vi
supplico di togliermi la libertà di dispiacervi. Se qualche volta cado per mia
debolezza, il vostro sguardo divino purifichi subito la mia anima
consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma ogni cosa in
se stesso...
Vi ringrazio, o mio Dio, di tutte le grazie che m'avete
accordate, in particolare di avermi fatta passare attraverso il crogiolo della
sofferenza. Sarò felice di vedervi comparire, nel giorno finale, con lo scettro
della croce. Poiché vi siete degnato di darmi come eredità questa croce tanto
preziosa, spero di rassomigliare a voi nel cielo e di veder brillare sul mio
corpo glorificato le sacre stimmate della vostra passione.
Dopo l'esilio della terra, spero di venire a godervi
nella patria, ma non voglio ammassare dei meriti per il cielo, voglio
lavorare solo per vostro amore, con l'unico scopo di farvi piacere, di
consolare il vostro Sacro Cuore e di salvare anime che vi ameranno
eternamente.
Alla sera di questa vita, comparirò davanti a voi a mani
vuote, perché non vi chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre
giustizie hanno macchie ai vostri occhi (Is 64,6). Voglio perciò
Ai vostri occhi il tempo è nulla. Un giorno solo è come
mille anni (Sal 89,4) e perciò potete prepararmi in un istante a comparire
davanti a voi...
Per vivere in un atto di perfetto amore, mi offro come
vittima d'olocausto ai vostro amore misericordioso, supplicandovi di
consumarmi senza posa, lasciando traboccare nella mia anima i flutti
d'infinita tenerezza che sono racchiusi in voi, e così possa diventare
martire del vostro amore, o mio Dio!...
Che questo martirio, dopo avermi preparata a comparire
davanti a voi, mi faccia infine morire e la mia anima si slanci senza alcuna
sosta verso l'eterno abbraccio del vostro amore
misericordioso...
Voglio, o mio Diletto, ad ogni battito del cuore
rinnovarvi questa offerta un numero infinito di volte, fino a che, svanite le
ombre, possa ridirvi il mio amore in un faccia a faccia eterno!
...
Maria Francesca Teresa del Bambino Gesù e del
Volto Santo
Gesù!
rel. carm. ind.
Festa delta Santissima
Trinità,
il 9 giugno dell'anno di grazia 1895
CUORE
IMMACOLATO DI MARIA
FIDUCIA
SALVEZZA SPERANZA GIOIA MIA!
|
"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
lunedì 1 ottobre 2012
Pregando con Santa TERESA DI GESU' BAMBINO e DEL VOLTO SANTO
“Catholicorum magister”, “Mundi magister”, “Sacrae legis peritissimus”, “espertissimo della Legge Sacra” (cioè la Bibbia) ; “Il dottore sommo nell’esegesi scritturistica” .
SAN GIROLAMO:
AL SERVIZIO DELLA PAROLA DI DIO
È stato uno dei grandi personaggi
del mondo occidentale. Uno di quegli uomini che hanno lasciato un’impronta su
questa terra: hanno fatto cultura, sono stati punti di riferimento nei secoli
per tante persone. Hanno fatto storia. Il loro lavoro vince l’usura del tempo
che tutto divora e spesso tutto dimentica.
Ecco alcuni titoli che hanno dato a
Girolamo i suoi contemporanei e i posteri:
“Catholicorum magister” (Cassiano);
maestro non solo dei cattolici ma “Mundi magister” così Prospero d’Aquitania.
“Sacrae legis peritissimus”, “espertissimo della Legge Sacra” (cioè la Bibbia) è
la definizione di Sulpicio Severo. Erasmo da Rotterdam lo salutò come: “Principe
dei teologi”.
Nel nostro secolo poi papa Benedetto
XV, nel 1920, lo ha indicato come “il dottore sommo nell’esegesi scritturistica”
proprio perché egli aveva messo ogni istante della sua vita al servizio della
Sacra Scrittura “per raggiungere più compiutamente il senso della Parola di
Dio”.
La festa liturgica di Girolamo santo
viene celebrata il 30 settembre. Un particolare curioso e forse unico. È
ricordato come un santo che vale per tutta la chiesa (non è un “locale”
insomma), ma non fu mai dichiarato tale dalla Chiesa. Il motivo? Semplice. Aveva
un caratteraccio poco... santo. Era impetuoso, collerico, incline alla polemica,
poco paziente e tagliente nei giudizi. Concediamogli però un’attenuante: ha
condotto una vita ascetica rigorosa, soffrendo non poco per numerose malattie.
Girolamo riconosceva questo suo carattere poco conciliante e socievole. L’arte
lo ha rappresentato magro mentre si batte il petto con una pietra, dicendo, come
riferisce la tradizione: “Perdonami, Signore, perché sono Dalmata”. Era tuttavia
molto stimato dagli uomini di cultura del suo tempo ed il popolo lo ha venerato
come santo fin dal primo Medio Evo.
È di Girolamo la famosa frase:
“Ignoratio Scripturarum,
ignoratio Christi est”.
Non conoscere la Scrittura equivale
a non conoscere Gesù Cristo. Non possiamo dire che c’è molta conoscenza della
Scrittura tra i Cattolici, anche se, dopo il Vaticano II, è più avvertita
l’importanza di questa conoscenza e c’è più impegno per studiarla.
Alla vigilia dell’anno giubilare del
2000, preparato dalla riflessione sui temi “teologici” del Figlio (1997), dello
Spirito (1998), del Padre (1999), ricordando san Girolamo riproponiamo il
problema della conoscenza della Parola di Dio, del suo studio, del “perdere
tempo” su di essa, per essere in grado di conoscere il Cristo, centro della
Scrittura. Non c’è vero amore per ciò che la nostra intelligenza ignora. L’amore
cresce se cresce la conoscenza. Questo vale per l’esperienza umana ma anche per
quella spirituale. Non c’è conoscenza e quindi amore di Cristo senza lo studio
di lui nella Bibbia. È questo il suo profondo messaggio.
Girolamo nacque nel 342 a Stridone
in Dalmazia. I genitori cattolici lo fecero studiare prima a Roma, poi andò a
Treviri, infine ad Aquileia. Qui aderì ad una comunità di asceti, che si
chiamava “Coro dei Beati”.
Presto risuonò forte in lui il richiamo
dell’Oriente. Girolamo partì carico dei suoi amati autori classici. Vi rimase
dal 373 al 381. Fece grandi amicizie, come quella con Evagrio e con Gregorio di
Nazianzio che lo avviò alla conoscenza e traduzione di Origene e di altri
autori.
Nel 382 iniziò per Girolamo il
periodo romano: sarà breve ma decisivo per il resto della sua vita. A Roma
infatti conobbe il papa Damaso e ne divenne segretario. Questi lo indirizzò con
decisione e intelligenza all’attività biblica. Da quel momento Girolamo visse
per la Scrittura, per la sua traduzione, per il commento di essa, per la
predicazione e per l’iniziazione di altri alla sua comprensione e
personalizzazione. La Parola di Dio sarà il punto di riferimento costante in
tutta la sua attività. Nel 384 iniziò infatti a rivedere le antiche versioni dei
vangeli e quindi dei salmi.
Per capire la Scrittura la chiave ermeneutica è Cristo
Questo suo lavoro aveva l’appoggio e
l’incoraggiamento di Damaso. Ma questi morì nel dicembre di quell’anno. Le lotte
di potere non sono state mai completamente assenti anche in àmbito ecclesiale.
Dopo tutto la chiesa è fatta di uomini con le loro virtù e ahimè anche i loro
difetti. Girolamo aveva fatto un pensierino alla cattedra di Pietro, ritenendosi
non proprio indegno. Dal lato culturale certamente lo era: fu uno degli uomini
più eruditi del suo tempo (insieme ad Agostino, che ammirava e col quale ebbe
un’amicizia “dialettica”). Conosceva bene sei lingue, aveva una profonda
conoscenza dei classici.
Gli mancavano, ahimè, gli appoggi
politici che pesano, le conoscenze che contano, le frequentazioni giuste e
mirate. Per la successione a Damaso ci furono forti tensioni tra il clero
romano, anche contro “quel dalmata” considerato un outsider. Girolamo ne rimase
deluso, e captato il vento contrario alla sua santa ambizione, decise per il
secondo e definitivo ritorno in Oriente. Vi rimarrà fino alla morte
(420).
Si stabilì a Betlemme fondandovi due
monasteri, uno maschile e l’altro femminile. Tra i suoi meriti c’è anche quello
di aver dato un impulso decisivo alla diffusione del monachesimo occidentale. Il
suo lavoro principale ormai era la traduzione della Scrittura, iniziata per
incarico del suo amico Damaso. Quest’opera verrà conosciuta come la Vulgata:
questa avrà un influsso enorme sulla vita della Chiesa e sul clima culturale del
tempo e anche dopo.
Sarà proprio la sua Vulgata il primo
libro della storia ad essere stampato da Johannes Gutenberg l’inventore della
stampa. Girolamo era convinto che il messaggio biblico ha come finalità tutto il
genere umano e non solo “le sfaccendate scuole di filosofi”. Il filo unificatore
di un serio studio della Scrittura o ascesi biblica è dato dalla chiave centrale
di interpretazione che è Cristo: lo studio impegnato porterà ad una conoscenza
amorosa di Cristo e alla sua sequela. Per Girolamo leggere il Libro non è come
leggere un libro. Il lettore biblico deve avere cinque qualità: essere prudente,
diligente, interessato, zelante, informato.
“La Bibbia è una mediazione tra Dio
che rivolge la Parola e l’uomo che legge, a guisa di una lettera che gli è stata
inviata: Girolamo risulta in questo il Padre della Chiesa che più spinge a
leggerla... Il dialogo del lettore con le pagine bibliche si concretizza poi in
un dialogo con Cristo, perché tutte le Scritture parlano di Lui. La Bibbia
perciò è il luogo privilegiato di incontro con Cristo, è il grande sacramentum
del Salvatore...” (V. Grossi).
Che eredità spirituale ci lascia
Girolamo? Certamente il suo amore totale per la Parola di Dio. L’itinerario
esistenziale e spirituale che egli visse, trovò nello studio alla Bibbia il filo
unificante, la fonte e le radici stesse della sua santità. La sua immensa fatica
nella traduzione della Bibbia non era altro che la prova concreta, quotidiana
del suo immenso amore a Cristo: ogni fatica affrontata per Lui gli sembrava
leggera. In questo suo lavoro non era certamente sorretto dalle prospettive di
carriera o di guadagno. Solo Cristo e solo per Cristo.
Lo studio della Scrittura era
pensato da Girolamo come una vera ascesi, cioè come autentico, serio, quotidiano
impegno e sacrificio per Cristo e la sua causa. Così scriveva Girolamo del suo
amico Nepoziano:
“Con l’assidua lettura della
Scrittura e la quotidiana meditazione egli aveva reso il suo cuore una
biblioteca di Cristo”.
Ai cristiani che talvolta si
lamentano del “silenzio di Dio” nella loro vita, San Girolamo ricorda una verità
fondamentale:
Dipende da noi lasciarlo parlare.“Quando preghi tu parli allo sposo. Quando leggi la Scrittura è Lui che ti parla”.
MARIO SCUDU sdb ***
*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice ELLEDICI, 2011
“Ignoratio Scripturarum,
ignoratio Christi est”.
“L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo” : San Girolamo .
30 SETTEMBRESAN GIROLAMO, SACERDOTE CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESAL'eremita."Non conosco Vitale, non voglio Melezio e ignoro Paolino (Lett. XV, al. LVII), mio è soltanto chi aderisce alla cattedra di Pietro" (Lett. XV, al. LVIII). Così, verso il 376, dalle solitudini della Siria, turbate da rivalità episcopali, che da Antiochia agitavano tutto l'Oriente, scriveva a Papa Damaso un monaco sconosciuto, implorando luce per la sua anima redenta dal sangue del Signore (ibidem).Girolamo era originario della Dalmazia. Lontano da Stridone, terra semibarbara in cui era nato, ne conservava l'asprezza come linfa vigorosa. Lontano da Roma, dove gli studi di belle lettere e filosofia non avevano saputo preservarlo dalle più tristi cadute. Il timore del giudizio di Dio l'aveva condotto al deserto della Calcide. Sotto un cielo di fuoco, per quattro anni macerò il suo corpo con spaventevoli penitenze e cominciò a sacrificare i suoi gusti ciceroniani allo studio della lingua primitiva dei Libri santi. Era questa, per la sua anima appassionata di classiche bellezze, una migliore e più meritevole penitenza. Il lavoro intrapreso era allora ben più duro che ai nostri giorni, perché oggi lessici, grammatiche e lavori di ogni genere hanno resa più facile la ricerca. Quante volte, scoraggiato, disperò del successo! Però egli aveva già sperimentata la verità della sentenza, che avrebbe formulato più tardi: "Amate la scienza delle Scritture e non amerete i vizi della carne" (Lett. CXXV, al. IV, a Rustico). Partendo perciò dall'alfabeto ebraico, andava compitando continuamente sillabe sibilanti e aspirate (ibidem), l'eroica conquista delle quali gli ricordò sempre quanto gli erano costate, per la durezza da allora impressa - è affermazione sua - alla pronunzia del latino (Lett. XXIX, al. CXXX, a Marcella). Egli impegnò nel lavoro tutta l'energia della sua natura focosa, vi si consacrò per tutta la vita [1].Dio riconobbe in modo magnifico l'omaggio reso in quel modo alla sua parola e, invece del solo risanamento morale, che aveva sperato, Girolamo raggiunse la santità eccezionale, che oggi noi in lui onoriamo e dalle lotte del deserto, per altri in apparenza sterili, usciva uno di quegli uomini dei quali è stato detto: Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo (Mt 5,13-14). Dio metteva a tempo giusto sul candeliere questa luce, per rischiarare tutti quelli che sono nella casa (ivi 15).Il segretario del Papa.Roma rivedeva molto trasformato il brillante studente di altri tempi, proclamato ormai degno del sacerdozio, per la santità, la scienza e l'umiltà (Lett. XLV, al. XCIX, ad Asella). Damaso, dottore vergine della Chiesa vergine (Lett. XLVIII, al. L, a Pammachio), lo incaricava di rispondere a suo nome alle consultazioni dell'Oriente e dell'Occidente (Lett. CXXIII, al. XI, ad Ageruchia), e otteneva che cominciasse i grandi lavori scritturali, che dovevano rendere il suo nome immortale e assicurarlo alla riconoscenza del popolo cristiano, con la revisione del Nuovo Testamento latino sul testo originale greco.Il vendicatore di Maria.Intanto Girolamo si rivelava polemista incomparabile con la confutazione di Elvidio, che osava mettere in dubbio la perpetua verginità di Maria, Madre di Dio. In seguito, Gioviniano, Vigilanzio, Pelagio ed altri ancora dovevano provarne il vigore. E Maria, ricompensando il suo onore così vendicato, gli conduceva tutte le anime nobili, perché le guidasse nella via della virtù, che sono l'onore della terra e perché, con il sale delle Scritture, le preservasse dalla corruzione di cui l'impero stava ormai morendo.Il direttore di anime.Ecco un fenomeno strano per lo storico che non ha fede: attorno a questo Dalmata, mentre la Roma dei Cesari agonizza, brillano i nomi più belli di Roma antica. Creduti estinti, quando la gloria della città regina si era offuscata nelle mani dei plebei arricchiti; nel momento critico in cui, purificata dalle fiamme appiccate dai Barbari, la capitale da essi data al mondo sta per riprendere il suo destino, essi ricompaiono, come per diritto di nascita, a fondare Roma un'altra volta per la sua vera eternità. La lotta ormai è un'altra, ma il loro posto rimane in testa all'armata che salverà il mondo. Sono rari fra noi i saggi, i potenti, i nobili, diceva l'Apostolo quattro secoli prima (1Cor 1,26) e Girolamo protesta; nei nostri tempi sono numerosi, numerosi in mezzo ai monaci (Lett. LXVI, al. XXVI, a Pammachio).La falange patrizia costituisce la parte migliore dell'armata monastica, al suo sorgere in occidente, e le comunica per sempre il suo carattere di antica grandezza, ma nei suoi ranghi, con titolo eguale a quello dei padri e dei fratelli, si vedono le vergini e le vedove, talvolta le spose, insieme e lo sposo. È Marcella la prima ad ottenere la direzione di Girolamo e sarà Marcella che, scomparso il maestro, diventerà, nonostante la sua umiltà, l'oracolo consultato da tutti nelle difficoltà relative alle Scritture [2]. Seguono Marcella: Furia, Fabiola, Paola, nomi che ricordano i grandi avi, i Camilli, i Fabii, gli Scipioni.Per il principe del mondo, Satana (Gv 14,30), che credeva ormai sue per sempre le glorie dell'antica città, è troppo e le ore del Santo nella città sono contate. Figlia di Paola, Eustochio aveva meritato di vedersi indirizzato il manifesto sublime, ma pieno di tempesta, in cui Gerolamo, esaltando la verginità, non ha paura di sollevare contro di sé con verve mordente la congiura di falsi monaci, di vergini folli e di chierici indegni (Lett. XXII, a Eustochio, sulla custodia della verginità). Invano la prudente Marcella prevede l'uragano, Girolamo non l'ascolta e osa dire ciò che altri osano fare (Lett. XXVII, al. CXX, a Marcella), ma ha fatto i conti senza la morte di Damaso, che sopravviene in quel momento.A Betlemme.Trascinato dal turbine, il giustiziere ritorna al deserto: non più Calcide, ma la quieta Betlemme, dove i ricordi dell'infanzia del Signore attirano questo forte tra i forti, dove Paola e la figlia vengono a stabilirsi, per non perdere i suoi insegnamenti, che preferiscono a tutto, per addolcire la sua amarezza, per medicare le ferite del leone dalla voce possente, che continua a destare echi in Occidente. Onore a queste valorose! La loro fedeltà, la loro sete di sapere, le loro pie importunità procureranno al mondo un tesoro che non ha prezzo: la traduzione autentica dei Libri santi (Conc. Trid. Sess. IV) che l'imperfezione dell'antica versione Italica e le sue varianti, diventate senza numero, hanno resa necessaria davanti ai Giudei, che accusano la Chiesa di aver falsato la Scrittura.Ogni nuova traduzione destava nuove critiche, non sempre mosse dall'odio: riserve di paurosi, allarmati per l'autorità dei Settanta, grandissima nella sinagoga e nella Chiesa, rifiuti interessati di possessori di manoscritti dalle pagine di porpora, dalle splendide unciali, dalle lettere miniate in argento e oro, che sarebbero stati deprezzati. "Si tengano la loro metallurgia e ci lascino i nostri poveri quaderni - grida san Girolamo esasperato". "Siete proprio voi che mi costringete a subire tante sciocchezze e tante ingiurie, dice alle ispiratrici del suo lavoro, ma, per tagliar alla radice il male, sarebbe meglio impormi il silenzio". Ma la madre e la figlia non la pensavano a quel modo e Girolamo si adattava. "Quia vos cogitis... cogor... cogitis... " (passim).Tutte le sante amicizie di un tempo facevano parte, da lontano, di questa attività studiosa e Girolamo a nessuno rifiutava il concorso della sua scienza e si scusava amabilmente del fatto che una metà del genere umano gli sembrava più privilegiata: "Principia, figlia mia in Gesù Cristo, io so che molti trovano cosa non buona che io qualche volta scriva a donne; mi si lasci dire ai miei detrattori: Non risponderei a donne, se mi interrogassero sulle Scritture gli uomini" (Lett. LXV, al. CXL, a Principia).Un messaggio desta esultanza nei monasteri fondati in Efrata: da un fratello di Eustochio e da Leta, figlia cristiana di Albino, sacerdote pagano, è nata a Roma un'altra Paola. Consacrata allo Sposo prima ancora della nascita, balbetta in braccio al sacerdote di Giove l'Alleluia dei cristiani e sa che, oltre i monti e oltre il mare, ha un altro nonno e una zia totalmente consacrata a Dio e vuol partire. Girolamo scrive alla madre gioiosa: "Mandatela e io le sarò maestro e balio, la porterò sulle mie vecchie spalle, aiuterò la sua bocca balbettante a formare le parole, fiero più ancora di Aristotele, perché egli allevava soltanto un re di Macedonia e io invece preparerò al Cristo un'ancella, una sposa, una regina, destinata ad aver posto nei cieli" (Lett. CVII, al. VII, a Leta).Gli ultimi giorni.E Betlemme vide la dolce bambina. Giovanissima ancora, assumeva la responsabilità di continuarvi l'opera dei suoi e, presso il vegliardo morente, fu l'angelo del passaggio da questo mondo alla eternità.L'ora dei profondi distacchi aveva preceduto il momento supremo. La prima Paola partì cantando: Ho preferito vivere umile nella casa di Dio che abitare nelle tende dei peccatori (Sal 83,11. Lett. CVIII, al. XXVII, a Eustochio). Di fronte alla prostrazione mortale, che parve annientare per sempre Girolamo (Lett. XCIX, al. XXXI, a Teofilo) Eustochio, affranta, respinse le sue lacrime e, per le pressioni della figlia, riprese a vivere, per mantenere le promesse fatte alla madre. La vediamo completare le traduzioni, riprendere i commenti del testo, passare da Isaia al Profeta Ezechiele quando sul mondo e su di essa cade il dolore inesprimibile del tempo: "Roma è caduta, si è spenta la luce della terra, in una città sola si è accasciato il mondo. Che cosa fare, se non tacere e pensare ai morti?".Bisognava però pensare più ancora ai moltissimi fuggitivi, che, spogliati di tutto, giungevano ai Luoghi santi e Girolamo, l'implacabile lottatore, non sapeva risparmiare il suo cuore e le sue lacrime ad alcuno degli sventurati. Più ancora che insegnare la Scrittura, desiderando praticarla, dedicava il suo tempo all'ospitalità e per lo studio restava solo la notte ai suoi occhi quasi ciechi. Ma gli studi gli erano tuttavia carissimi, dimenticava in essi le miserie del giorno e si riempiva di gioia nel rispondere ai desideri della figlia che Dio gli aveva dato. Si leggano le prefazioni ai quattordici libri di Ezechiele e si vedrà quale parte ebbe la vergine di Cristo nell'opera strappata alle angosce del tempo, alle infermità di Girolamo e alle sue ultime lotte contro l'eresia. Si è detto che l'eresia profittava dello scompiglio del mondo per manifestare nuove audacie. Forti dell'appoggio del vescovo di Gerusalemme, i Pelagiani si armarono una notte di torcia e di spada e si gettarono all'assassinio e all'incendio sul monastero di Girolamo e sulle vergini, che dopo la morte di Paola riconoscevano per madre Eustochio. Virilmente affiancata dalla nipote, Paola la giovane, la santa raccolse le sue figliuole e riuscì ad aprirsi un passaggio in mezzo alle fiamme. Ma l'ansietà della terribile notte aveva consumate le sue forze e Girolamo la seppellì presso la mangiatoia del Dio Bambino, come la madre e, lasciando incompiuto il suo commento a Geremia, si dispose egli pure a morire.VITA. - San Girolamo nacque a Stridone in Dalmazia tra il 340 e il 345 da genitori che lo inviarono poi a Roma a studiarvi grammatica e retorica. Preso per qualche tempo dai piaceri e dal desiderio di successi, presto ne fu stanco e chiese il battesimo a Papa Liberio. Dopo un soggiorno alla corte imperiale di Treviri, si ritirò ad Aquileia, e, poco appresso, partì per l'Oriente. Dimorò ad Antiochia nella Quaresima del 374 o 375 e, caduto gravemente infermo, promise di non leggere più libri profani. Guarito, parti per il deserto di Calcide, a sud-est di Antiochia, dove visse in romitaggio e imparò l'Ebraico. Tornato ad Antiochia, fu ordinato sacerdote e si portò a Costantinopoli, dove incontrò san Gregorio di Nazianzo. Nel 382 era a Roma e Papa Damaso lo scelse per segretario, gli consigliò di studiare la Sacra Scrittura e di rivedere la traduzione dei Vangeli e del Salterio. Allo studio unì la predicazione e la direzione spirituale. Dopo la morte del Papa, avvenuta nel 384, lasciò Roma e con Paola ed Eustochio, visitò la Palestina, l'Egitto e si stabilì a Betlemme nel 386. Paola costruì un monastero per lui e per i suoi compagni e un altro per sé e per le sue figlie. La sua vita fu da allora tutta conservata allo studio della Scrittura, alla traduzione dei Libri santi, alla direzione spirituale con Conferenze e Lettere. Morì nel 419 o nel 420, a 92 anni e il suo corpo è venerato a Roma, nella Chiesa di S. Maria Maggiore.Il Santo.Tu completi, o santo illustre, la brillante costellazione dei Dottori nel cielo della santa Chiesa. Già si annunzia l'aurora del giorno eterno e il Sole di giustizia apparirà presto sulla valle del giudizio. Modello di penitenza, insegnaci il timore, che preserva o ripara, guidaci nelle vie austere dell'espiazione. Monaco, storico di grandi monaci, padre di solitari, come te attirati a Betlemme dal profumo dell'Infanzia divina, mantieni lo spirito di lavoro e di preghiera nell'Ordine monastico in cui parecchie famiglie hanno preso da te il nome. Flagello degli eretici, stringici alla fede romana, zelatore del gregge, preservaci dai lupi e dai mercenari, vendicatore di Maria, ottieni che fiorisca sempre sulla terra la verginità.Il Dottore.La tua gloria o Girolamo, partecipa della gloria dell'Agnello. La chiave di Davide (Ap 3,7) ti fu data per aprire i sigilli molteplici delle Scritture e, sotto il velo delle parole, mostrarci Gesù. Oggi la Chiesa della terra canta le tue lodi per questo e per questo ti presenta ai suoi figli come l'interprete ufficiale del Libro ispirato, che la guida al suo destino. Gradisci, col suo omaggio, la nostra personale gratitudine. Per le tue preghiere, possa il Signore ridarci il rispetto e l'amore che la sua divina parola merita e, per i tuoi meriti, si moltiplichino attorno al sacro deposito i dotti e le loro sapienti ricerche. Ma tutti sappiano che, se si vuole capire Dio, lo si ascolta in ginocchio. Dio si accetta, non si discute anche se, nella interpretazione diversa che possono avere i suoi messaggi, è lecita la ricerca, sotto il controllo della Chiesa, per scoprire il vero; anche se è cosa lodevole scrutarne senza fine la profondità augusta. Beato chi ti segue in questo studio santo! L'hai detto tu: "Vivere in mezzo a tanti tesori, sprofondarsi in essi, non saper altro, non cercar altro, non è forse questo abitare già in cielo, mentre siamo ancora sulla terra? Impariamo nel tempo ciò che dovremo conoscere per l'eternità" (Lett. LIV, a Paolino).
[1] Hebraeam linguam, quam ego ab adolescentia multo labore ac sudore ex parte didici, et infatigabili meditatione non desero, ne ipse ab ea deserar (Lett. CVIII, l. XXVII, a Eustochio).
[2] Lett. CXXVII, l. XVI, a Principia. Et quia valde prudens erat, sic ad interrogata respondebat, ut etiam sua non sua diceret .... ne virili sexui, et interdum sacerdotibus de obscuris et ambiguis sciscitantibus, tacere videretur iniuriam.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1118-1124
“Quando preghi tu parli allo sposo.
Quando leggi la Scrittura è Lui che ti parla”.
“Ignoratio Scripturarum,
ignoratio Christi est”.
NOVE INVOCAZIONI ALL'ARCANGELO MICHELE
1. O Beato Michele, Preposto del Paradiso, la cui voce levò nei Cieli la prima lode di Dio, insegnateci la vera orazione, che è lode perenne della gloria di Dio.
2. O Beato Michele, Messaggero della Santissima Trinità, insegnateci a seguirne con prontezza e abbandono le adorabili ispirazioni.
3. O Beato Michele, Principe delle Milizie Celesti, che nel presagio della Incarnazione apriste la lunga battaglia tra il Cielo e l'Inferno, insegnateci a condurre sulla terra quella stessa battaglia, per i meriti di Colui che s'incarnò per noi.
4. O Beato Michele, latore al sublime altare del Padre della Divina Vittima dei nostri altari, insegnatesi l'adorazione perfetta della Santissima Eucaristia.
5. O Beato Michele, Cavaliere della Santissima Vergine, insegnateci a portare sempre in cuore il nome e l'immagine della vostra Celeste Signora.
6. O Beato Michele, Patrono della Chiesa Cattolica, insegnateci a professarne con assoluta purezza l'irreformabile dottrina.
7. O Beato Michele, Diacono delle Liturgie Celesti, insegnateci a custodire e tramandare con fedelissimo amore le nostre sante liturgie terrestri, che ne sono lo specchio e la figura.
8. O Beato Michele, Custode delle anime dei Giusti, otteneteci dal Signore di addormentarci nel segno della fede confessata dai nostri padri e di essere suffragati con i riti della nostra mirabile tradizione.
9. O Beato Michele, Corifeo dei Nove Cori Angelici, consentiteci di unire sino da questa vita il nostro gaudio al loro gaudio senza fine, dicendo ad una voce: Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dominus Deus Sabaoth, pleni sunt cæli et terra majestatis gloriæ tuæ, hosanna in excelsis.
REGINA ANGELORUM ORA PRO NOBIS
¡San Francisco de Asís: pídele a Jesús que lo amemos tan intensamente como lo lograste amar tú!
|
Iscriviti a:
Post (Atom)