martedì 11 settembre 2012

P. Marco d'Aviano: Fu suo grande merito l'aver contribuito in prima persona e in maniera determinante alla liberazione di Vienna dall'assedio turco il 12 settembre 1683.

back up
riga
Marco D'Aviano (1631-1699)

Marco d'Aviano, predicatore cappuccino della Provincia Veneta, è una delle principali personalità religiose del secolo XVII: riconosciuto annunziatore di conversione e di perdono, animatore di una rinnovata pratica della vita cristiana, apostolo dell'atto di dolore perfetto, percorse le strade dell'Europa annunziando la parola di Dio e invitando gli uomini del suo tempo alla fede e alla penitenza, mentre il suo messaggio veniva garantito e rafforzato con il dono delle conversioni e delle guarigioni.
Nato ad Aviano il 17 novembre 1631 da Marco Pasquale Cristofori e Rosa Zanoni, appartenenti alla ricca borghesia del paese e dal cui matrimonio nacquero altri dieci figli, fu battezzato nello stesso giorno con il nome di Carlo Domenico. Ricevette nel suo paese di origine la prima formazione spirituale e culturale, che fu perfezionata negli anni 1643-1647 nel collegio dei gesuiti a Gorizia: qui il giovane Cristofori ebbe modo di ampliare le basi della sua cultura classica e scientifica, e di approfondire la sua vita di pietà, resa piú incisiva dalla appartenenza alle congregazioni mariane.
Il clima epico determinato dalla guerra di Candia, combattuta in quegli anni tra la Repubblica di Venezia e l'Impero Ottomano, ebbe un influsso decisivo nella vita del giovane avianese. Animato dal desiderio di raggiungere il luogo delle operazioni belliche, disposto a dare anche il suo sangue per la difesa della fede, lasciò il collegio di Gorizia e giunse giorni dopo a Capodistria, dove, stremato dalla fame e dalle fatiche del viaggio, bussò alla porta dei cappuccini. Dal superiore del convento, oltre a cibo e ricovero, ricevette anche il saggio consiglio di far ritorno a casa presso i suoi genitori.
Durante la breve permanenza presso i cappuccini di Capodistria, illuminato dalla grazia, l'avianese ebbe modo di intravedere la possibilità di seguire in modo diverso la sua vocazione all'apostolato e al martirio. Il tutto sfociò nella ferma decisione di abbandonare il mondo e di abbracciare l'austera vita cappuccina. Nel mese di settembre del 1648 fu ricevuto nel noviziato di Conegliano e un anno dopo, il 21 novembre 1649, emetteva i voti religiosi con il nome di Marco d'Aviano. Compì in seguito il corso regolare degli studi, fissato tra i cappuccini in un triennio di filosofia e un quadriennio di teologia, durante il quale, il 18 settembre 1655, fu ordinato sacerdote a Chioggia.
La sua vita fu caratterizzata da un forte impegno nella preghiera e nella vita comune, vissuta nell'umiltà e nel nascondimento e animata da zelo e osservanza della regola e delle costituzioni dell'Ordine. Dal settembre 1664, anno in cui ottenne la “patente di predicazione”, padre Marco profuse le sue migliori energie nell'apostolato della parola, annunziata in tutta Italia, soprattutto nei tempi forti della Quaresima e dell'Avvento. Non mancarono impegni di responsabilità e di governo: nel 1672 infatti fu eletto superiore del convento di Belluno, e nel 1674 fu chiamato a dirigere la fraternità di Oderzo.
L'evento che tolse la persona del frate avianese dall'umile nascondimento della cella conventuale e la impose all'attenzione universale si verificò l'8 settembre 1676: inviato a predicare nel monastero padovano di San Prosdocimo, tramite la sua preghiera e la sua benedizione fu istantaneamente guarita la monaca Vincenza Francesconi, ammalata e costretta a letto da circa 13 anni. Eventi straordinari simili si verificarono un mese dopo a Venezia, creando intorno alla sua persona un notevole afflusso di popolo e dando cosí un credito particolare alla sua attività apostolica.
Non turbato dalla fama, che sempre piú si diffondeva intorno a lui e che presto fece richiedere la sua presenza anche fuori d'Italia, il Servo di Dio continuava il suo ministero apostolico e specialmente l'attività della predicazione, sempre incisiva ed essenziale. In modo particolare esortava i suoi uditori all'incremento della vita di fede e della pratica cristiana, al pentimento dei propri peccati e alla necessità della penitenza: a tutti faceva recitare l'atto di dolore perfetto e impartiva in seguito la sua benedizione, sempre apportatrice di copiosi frutti spirituali e spesso anche di eventi prodigiosi e guarigioni straordinarie.
Furono proprio questi eventi taumaturgici a far richiedere ovunque la presenza del Servo di Dio e a fargli intraprendere negli ultimi venti anni della sua vita faticosi viaggi apostolici in tutta Europa. Questi venivano effettuati sempre dietro precetto obbedienziale dei superiori dell'Ordine o comandati direttamente dalla Santa Sede, che spesso concedeva anche la facoltà — soprattutto in seguito agli acciacchi dell'età — di poter usare convenienti mezzi di trasporto. Continuamente richiesto dai sovrani e governanti e dalle autorità pubbliche, veniva accolto con grande entusiasmo da numerosa folla, desiderosa di ascoltare la sua parola e ricevere la sua benedizione.
Tra gli autorevoli personaggi che richiesero insistentemente la sua presenza e gli offrirono la loro amicizia vanno annoverati il governatore del Tirolo Carlo V di Lorena e sua moglie Eleonora, il duca di Neuburg Filippo Guglielmo e suo figlio Giovanni Guglielmo, l'elettore di Baviera Massimiliano Emanuele e lo zio Massimiliano Filippo, la principessa di Vaudemont Anna Elisabetta, la delfina di Francia Maria Anna Cristina Vittoria, il re di Spagna Carlo II e la sua seconda moglie Marianna di Neuburg, e in modo particolare il re di Polonia Giovanni Sobieski, l'imperatore Leopoldo I e vari esponenti della corte imperiale. Mete dei suoi viaggi furono in questi anni la Germania, la Francia, il Belgio, l'Olanda, la Svizzera, la Boemia e l'Austria.
Con speciale evidenza vanno ricordate le relazioni tra padre Marco e l'imperatore Leopoldo I. Dal primo incontro, che ebbe luogo a Linz nel settembre 1680, fino alla morte, il Servo di Dio fu per Leopoldo amico, consigliere, padre spirituale e confidente in ogni occasione e per ogni problema, tanto di ordine familiare che politico, economico, militare e religioso. Tra i due esisteva in effetti una profonda complementarietà di carattere: l'insicuro e indeciso Leopoldo incontrò provvidenzialmente sulla sua strada la forte e decisa personalità di padre Marco che, oltre alla sincera amicizia, offrì al suo augusto contemporaneo coraggio, forza, decisione, sicurezza di giudizio e di azione, aiuto e direzione nelle necessità spirituali, confidenza e consiglio nei suoi problemi di coscienza e in tutti i suoi impegni di governo.
Proprio in base alle pressanti insistenze imperiali e agli ordini provenienti da Roma, Marco d'Aviano dovette recarsi alla corte imperiale, prevalentemente nei mesi estivi, ben quattordici volte, e partecipare attivamente alla crociata antiturca: ad essa il Servo di Dio prese parte in qualità di legato pontificio e di missionario apostolico. Fu suo grande merito l'aver contribuito in prima persona e in maniera determinante alla liberazione di Vienna dall'assedio turco il 12 settembre 1683. Dal 1683 al 1689 partecipò personalmente alle campagne militari di difesa e di liberazione: suo scopo era instaurare e favorire reciproche relazioni amichevoli all'interno dell'esercito imperiale, esortare tutti a una vera condotta cristiana e assistere spiritualmente i soldati. Non mancarono grandi successi militari, come la liberazione di Buda il 2 settembre 1686, e quella di Belgrado il 6 settembre 1688. Negli anni seguenti fu molto viva la sua azione per riportare la pace in Europa, soprattutto tra Francia e Impero, e nel promuovere l'unità delle potenze cattoliche in difesa della fede, sempre minacciata dalla potenza ottomana.
Nel maggio 1699 Marco d'Aviano intraprese il suo ultimo viaggio verso la capitale dell'Impero. La sua salute, già cagionevole, subí un progressivo peggioramento, tanto che dovette interrompere ogni attività. Il 2 agosto ricevette in convento la visita della famiglia imperiale e poi man mano quella dei piú illustri personaggi di Vienna. Il 12 dello stesso mese il Nunzio Apostolico Andrea Santa Croce portò personalmente la benedizione apostolica del Papa Innocenzo XII all'ammalato, che ricevette gli ultimi sacramenti e rinnovò la professione religiosa. Il 13 agosto 1699, assistito dal suo augusto amico l'imperatore Leopoldo e dall'imperatrice Eleonora, stringendo tra le mani il crocifisso, padre Marco spirava dolcemente. Per permettere alla numerosa popolazione, accorsa da ogni dove, di vedere e venerare per l'ultima volta le spoglie mortali del cappuccino avianese, l'imperatore ordinò che i funerali si celebrassero il giorno 17, e dispose infine che fosse seppellito nel cimitero dei frati, ma in una tomba a parte, non lontana dai sepolcri imperiali. Pensava già di promuoverne la causa di Beatificazione, e a questo proposito quattro anni dopo disponeva la traslazione dei resti mortali del frate di Aviano in una cappella della chiesa dei cappuccini di Vienna, ove tuttora riposano.
Se il messaggio di Marco d'Aviano, a livello personale, è costituito da un vigoroso invito, rivolto a ogni cristiano, a percorrere un costante itinerario di conversione e di fede, a livello più ampio esso richiama e sottolinea l'identità cristiana dell'Europa, che va salvaguardata e perseguita con l'apostolato e la preghiera: in questa prospettiva egli stesso si attribuiva l'appellativo, che fu il programma della sua vita ed è tuttora attuale, di “medico spirituale dell'Europa”.


SIA BENEDETTO IL NOME DI MARIA VERGINE E MADRE






AVE MARIA!



<<O Maria, nella nostra vita a chi ricorrere se non a Te, invocando il Tuo santissimo Nome?

Per Te si dispersero le eresie, e dalle battaglie più pericolose la santa Chiesa uscì trionfante.

Per Te le persone, le famiglie, le popolazioni furono non solo liberate, ma tante volte preservate dalle più grandi avversità.

O Maria, 
sia sempre viva la nostra fiducia in Te, così in ogni nostra necessità possiamo sperimentarTi per quella che sempre Ti mostri: 
il soccorso degli indigenti, 
la difesa dei perseguitati, 
la salute degli infermi, 
la consolazione degli afflitti, 
il rifugio dei peccatori, 
la perseveranza dei giusti, 
la misericordia di tutti. Amen.>>

Salve Regina.

Benedetto sempre sia il santo Nome di Maria.
Lodato, onorato e invocato sempre sia, 
l'amabile e potente Nome di Maria.
O santo, soave e potente Nome di Maria, 
possa sempre invocarti durante la vita e nell'agonia.
*
-------------
Orazione
(nel triduo dal 9 all'11 settembre)
    "Oh Maria, il tuo Nome è dolcissima armonia che risuona nelle angustie della vita come unico conforto, perché tu ci doni Gesù Cristo, ci riconcili con Lui, ci soccorri con le tue grazie, ci apri le porte dell'eternità beata.
    "Sei veramente l'astro che illumina le tenebre della nostra notte, sei la nobile stella sorta da Giacobbe, il cui raggio rifulge nei cieli e penetra negli abissi, riscalda la terra e vi fa crescere i germogli santi delle virtù; sei l'astro splendente, che scintilla sul nostro mare tempestoso per guidarci al porto.
    "Invocando il tuo Nome soavissimo, l'anima si sente inondare di dolcezza, perché si rinnova in lei il ricordo della tua grandezza, e le si effonde come rugiada la soavità della benedizione materna.
    "Oh Maria, oh Mamma mia, non mi stanco mai di invocarti, non mi stanco mai di lodarti!"
(Servo di Dio: Don Dolindo Ruotolo)

   Ave Maria.
   Benedetto sempre sia il santo Nome di Maria.
   Lodato, onorato e invocato sempre sia, 
l'amabile e potente Nome di Maria.
   O santo, soave e potente Nome di Maria, 
possa sempre invocarti durante la vita e nell'agonia.


*

Benedetta sei Tu fra le donne 
* per la fede e l’umiltà del tuo Cuore.




'Sulla mia tomba - aveva detto il Ratisbonne -, metterete soltan­to queste due parole: Padre Maria'

Verso il cielo dalla terra di Gesù

Gli ultimi anni del buon Padre Maria furono segnati dalla sofferenza, ma egli non perdette mai il brio del suo temperamento e della sua conversazione.
La Croce e Maria erano i suoi due grandi amori.
'Dal Calvario al cielo - soleva ripetere -, non vi è che un passo!". Era divenuto quasi cieco e pareva consumato più dalle fatiche che dagli anni. Sapendolo così sfinito e in uno stato di debolezza generale, i suoi religiosi di Parigi facevano pressione, perché lascias­se la Palestina e raggiungesse la Francia. Ed egli rispondeva: 'Lasciate il povero Alfonso Maria nel suo cantuccio... E' divenuto qua­si cieco e domanda una cosa sola: morire in pace sulla Via Dolorosa!': Non avrebbe lasciato Gerusalemme se non per salire al cielo. Intanto, il 10 gennaio 1884, moriva a Parigi il fratello Teodoro, a 84 anni di età. Alfonso ne ebbe notizia il 20 gennaio e pianse il fratello con molte lacrime. Era lui che gli aveva aperto la strada alla conversione col suo esempio.
Il l ° maggio anche il P. Maria si ammalò di polmonite, nella sua povera residenza di Ain Karem. La sua cella a pian terreno non misurava che m. 4 per 5. L'arredamento si limitava ad uno scrit­toio, un pagliericcio, un guanciale di crine ed una catinella.
Il 6 maggio le sue condizioni si aggravarono. La Vergine Santa era sempre presente al suo spirito ed egli sembrava impaziente di raggiungerla.

Al P. Estrade aveva confidato: 'Io non sono che un peccatore, eppure non ho paura della morte, anzi la desidero!... Vorrei morire recitando il 'Ricordati, o Maria':

A quanti lo assistevano raccomandava: "Quando sarò alla fine, non suggeritemi le invocazioni per i moribondi; ditemi solo: Maria! Questa parola scenderà nel mio cuore!".

Poco prima di morire supplicò: 'Perché mi torturate con le vostre cure? La Santissima Vergine mi chiama e io ho bisogno di Lei. Deside­ro solo Maria; per me è tutto!".

Prima di spirare, parve rapito in estasi per qualche minuto. Ai presenti sembrò che contemplasse la SS. Vergine, come quando gli era apparsa a Roma il 20 gennaio del 1842.
Aveva 70 anni.

Gerusalemme pianse sinceramente il Padre di tanti orfani.
Alla Messa funebre nella basilica dell' "Ecce Homo", presenzia­rono più di 200 sacerdoti e il corteo che accompagnò la salma ad Ain Karem, era composto da una folla di persone di ogni religione e di ogni ceto sociale.
Forse con un po' di esagerazione retorica del momento, il Card. Simeoni, Prefetto di Propaganda, dichiarò: 'In pochi anni P. Maria ha fatto per il bene di Gerusalemme piu di tutti gli altri in due secoli!':
'Sulla mia tomba - aveva detto il Ratisbonne -, metterete soltan­to queste due parole: Padre Maria':
I suoi protetti vollero però aggiungere, sotto la statua di marmo dell'Immacolata della Medaglia Miracolosa con le braccia aperte, quest'altra invocazione: "0 Maria, ricordati del figlio tuo, che è la dolce e gloriosa conquista del tuo amore!".

Per il P. Alfonso Maria Ratisbonne non si può parlare di nume­rose conquiste, come delle centinaia di conversioni operate dalla Grazia Divina, per mezzo del fratello Teodoro. Tuttavia il suo esempio e, ancor più la sua carità, ebbero un'efficacia vasta e profonda. Alla sua morte si poterono contare ben 28 membri della famiglia Ratisbonne, che si erano convertiti al cattolicesimo.

Chi era il P. Maria come uomo e come sacerdote

Come uomo aveva sortito da natura un carattere gioviale, aper­to, ottimista. Gli piaceva scherzare e ridere. 'Il mio temperamento allegro - soleva dire -, è una vera grazia di stato':
A una suora che gli chiedeva: - Come fate a cambiare la sofe­renzà in gioia? - rispondeva: - Dico tutto alla Vergine Santa, le confi­dò tutto ciò che mi può tormentare, addolorare e inquietare e poi la lascio fare. Come posso allora essere triste?".
Benché avesse conservato la sua vivacità anche da anziano come a vent'anni e fosse capace di adirarsi, era pronto a riconoscere il suo torto e a chiederne scusa.
Del resto questa allegria e vivacità si accompagnava ad una squisita bontà. Circondava di affetto e sollecitudine chi gli stava vicino, specialmente i più umili e indifesi. Fraternizzava con i domestici di Ain Karem, fino a farli mangiare alla sua stessa tavola, quando sapeva che non avevano il necessario. Vegliava i bambini gravemente malati durante la notte e invitava per turno i più pic­coli a fare colazione con lui, in onore di Gesù-Bambino.
Con grande spirito ecumenico ripeteva fin d'allora: 'Bisogna allargare il cuore; non bisogna fare alcuna distinzione tra il latino, il greco, il maomettano e l'ebreo, ma occorre abbracciar tutti con amo­re.!"

Come sacerdote si distinse per una fiducia illimitata in Maria, e non poteva essere diversamente. Con umiltà semplice e sincera riconosceva i suoi limiti, ma più si umiliava, più grande si faceva la sua fiducia in Maria. 'La mia confidenza in Maria - confessò -, rasenta la temerità!".

Eccezionalmente un 20 gennaio, anniversario della apparizione di Roma, il P. Maria accettò di parlare alla sua Comunità della Madonna: "Voi desiderate che io vi parli della Vergine... Era bella, tanto bella, una luce nella luce.!..."
Dette queste parole, scoppiò in lacrime e si alzò scongiurando: 'Non chiedetemi più di parlarne!':


*

Benedetto sempre sia il santo Nome di Maria.
Lodato, onorato e invocato sempre sia, l'amabile e potente Nome di Maria.
O santo, soave e potente Nome di Maria, possa sempre invocarti durante la vita e nell'agonia.


CORAZON INMACULADO DE MARIA, Madre de nuestro silencio, tesoro de calma y serenidad, de luz y ternura divina: confianza, salud, vitoria y alegria mia!


 María, madre del silencio 
J. M. Márquez
  
Madre de nuestro silencio,
tesoro de calma y serenidad,
te amamos por tu rostro lleno de luz,
por tu mirada llena de ternura,
por lo profundo de tus palabras silenciosas, 

por tu transparente disponibilidad.
Que en nuestras tareas cotidianas
nos abras a lo profundo de las cosas que no se ven, 

nos ilumines con tu luz transparente, 
nos ensanches el corazón con el amor 
y la verdad de lo que es importante, 
nos contagies tu disponibilidad 
ante las sorpresas de Dios.
Madre del silencio,
enséñanos a callar...

para buscar leyendo y meditando
orando y contemplando.

AVE MARIA PURISSIMA!

Il pellegrinaggio "Summorum Pontificum" di Ognissanti 2012, all’inizio dell’Anno della fede, che culminerà in una messa nella Basilica Vaticana, ha un quadruplice scopo: Il pellegrinaggio Summorum Pontificum di Ognissanti 2012, all’inizio dell’Anno della fede, che culminerà in una messa nella Basilica Vaticana, ha un quadruplice scopo:Il pellegrinaggio Summorum Pontificum di Ognissanti 2012, all’inizio dell’Anno della fede, che culminerà in una messa nella Basilica Vaticana, ha un quadruplice scopo: rendimento di grazie, dimostrazione di fedeltà a Pietro, un’offerta e una supplica, nonché un’espressione di partecipazione alla missione della Chiesa.

Conferenza Stampa del Coetus Internationalis Summorum Pontificum

Roma, 10 settembre 2012, Ss.ma Trinità dei Pellegrini

Intervento di don Claude Barthe, cappellano del Pellegrinaggio

Il pellegrinaggio Summorum Pontificum di Ognissanti 2012, all’inizio dell’Anno della fede, che culminerà in una messa nella Basilica Vaticana, ha un quadruplice scopo:

1°. Sarà un rendimento di grazie. I pellegrini offriranno innanzi tutto una messa nella forma straordinaria di ringraziamento e di sostegno filiale al Santo Padre in occasione del 5° anniversario del Motu Proprio Summorum Pontificum, che, come è noto, è entrato in vigore il 14 settembre 2007. Per moltissimi sacerdoti, diocesani e
religiosi, che ormai celebrano la loro messa quotidiana nella forma straordinaria, è un beneficio spirituale davvero immenso, come pure per i fedeli di quelle parrocchie – sfortunatamente ancora troppo rare – che possono così godere di questa liturgia e della sua mistica. Si può dire che questo atto di Benedetto XVI ha fatto nascere un
vero popolo Summorum Pontificum. Questo popolo vuole ringraziarlo di tutto ciò.

2°. Sarà una dimostrazione di fedeltà a Pietro. Il secondo scopo è manifestare in questo modo il nostro amore per la Chiesa e la nostra fedeltà alla Sede di Pietro, particolarmente nell’attuale amara e difficile congiuntura. Siamo ben consapevoli che le fatiche che oggi affronta il Santo Padre sono pesanti. La messa romana tradizionale, in particolare nel Canone, è sempre stata considerata di per sé stessa una
magnifica professione di fede della Chiesa Mater et Magistra: è questo credo liturgico che vorremmo esprimere sulla Tomba degli Apostoli, presso il Successore di Pietro.

3°. Sarà un’offerta e una supplica. Vogliamo fare questo particolare dono al Signore soprattutto per domandarGli le grazie necessarie al Sovrano Pontefice per proseguire nell’opera meravigliosa che egli compie sin dall’inizio del suo pontificato, e, specialmente oggi, in mezzo a croci e  prove.

4°. Infine, sarà un’espressione di partecipazione alla missione della Chiesa.
Vorremmo apportare alla nuova evangelizzazione che il Santo Padre intende promuovere con l’Anno della Fede il contributo della sempre giovane liturgia tradizionale. È ben chiaro che essa è il sostegno di un gran  numero di famiglie cosi come di tante organizzazioni e iniziative cattoliche, specialmente rivolte ai giovani (oratori, scuole, corsi di catechismo) e che è fonte di vocazioni religiose e sacerdotali
in costante crescita, cosa che oggi, nel mondo occidentale, si rivela estremamente preziosa.

Mi sembra che occorra insistere su quest’ultimo punto. Per grazia di Dio, in certi paesi come la Francia e gli Stati Uniti – ma il fenomeno potrebbe estendersi – la liturgia tradizionale, purtroppo senza colmare tutti i vuoti, conserva una crescita vocazionale importante. In Francia, per esempio, a fronte di 710 seminaristi diocesani, ci sono 140 seminaristi francesi (di cui 50 della FSSPX) in seminari dedicati alla forma straordinaria, vale a dire il 16%. Questo rapporto si ritrova nel numero delle ordinazioni: quest’anno 21 novelli sacerdoti straordinari contro 97 diocesani. Inoltre, la configurazione spirituale di questo nuovo clero diocesano è in
piena mutazione: i giovani preti delle diocesi e i seminaristi diocesani sono attratti dalla celebrazione delle due forme del rito e lo dicono espressamente (in Francia, non è esagerato sostenere che almeno un terzo dei candidati al sacerdozio diocesano possa essere considerato come Summorum Pontificum).

È proprio questo che vorremmo esprimere religiosamente con il pellegrinaggio e la messa a San Pietro del 3 novembre: quello che si può chiamare il popolo Summorum Pontificum, il popolino (le petit peuple) come si dice in francese per indicare la gente comune, è oggi a disposizione del Santo Padre per la missione della Chiesa.



AVE MARIA!
S P E C U L U M 
DIVINARUM PERFECTIONUM!