venerdì 11 maggio 2012

IL PIU' BEL LIBRO USCITO DA MANI D'UOMO






Il libro dell’Imitazione di Cristo è stato certamente il testo di letteratura religiosa più diffuso da secoli nel popolo cristiano in Occidente. 
E' il libro cattolico più editato, dopo la Sacra Scrittura. 3120 edizioni fino al 1999. 

Ha formato schiere di santi (da sant’Ignazio di Loyola a san Carlo Borromeo, da santa Teresa d’Avila a santa Teresa di Lisieux, da san Giuseppe Cottolengo a san Giovanni Bosco e santa Maria Mazzarello) ed è stato raccomandato sempre dai Papi, da san Pio V a san Pio X, da Pio XI al beato Giovanni XXIII. L’hanno apprezzato anche uomini di cultura lontani dalla Chiesa (da Taine a Comte, da Michelet a Carducci e Croce) e letterati e scienziati insigni, da Corneille a Voltaire, da Ampère a Retté, da Papini a Merton. 

San Giovanni Bosco, fondatore dei Padri Salesiani narra nell'autobiografia: "Nella mia gioventù lessi l' "Imitazione di Cristo" e  ne rimasi ammirato dandomi conto che questo libro in una sola pagina contiene più insegnamenti che non i libri mondani in vari volumi. E' merito di questo prezioso libro l'aver preso gusto nella lettura dei libri spirituali lasciando da parte la lettura dei libri del mondo" (Memorie, n. 36). Ai giovani questo gran Santo diceva: "Dopo la Sacra Scrittura, il libro che più vi raccomando da leggere è l'Imitazione di Cristo" 

Ed Egli  stesso testimonia che San Domenico Savio lo leggeva ogni giorno.
Infine nel redigere i regolamenti per le "Figlie di Maria Ausiliatrice" religiose da lui fondate, in uno dei suoi articoli scrisse: "Tra i libri da leggere e meditare avranno l'Imitazione di Cristo"



Anche il grande papa del Concilio Vaticano II si ispirava regolarmente al "De imitatione Christi". Quando fu eletto Papa gli prese uno spavento. Egli cercò conforto aprendo a caso l'Imitazione di Cristo dove incontrò questo pensiero: 'Quando Dio impone una responsabilità e un compito, s'impegna altresì a dare alla persona le forze e le luci per compiere quel dovere che gli affida'. Questo lo riempì di pace e tranquillità e accettò l'incarico.  


Ben pochi avrebbero dissentito dal celebre giudizio di Fontenelle: «L’Imitation est le plus beau livre sorti de la main des hommes puisque l’Evangile n’en vient pas». "Es el màs hermoso libro salido de las manos de los hombres".

Oggi è ancora così? Malgrado le edizioni e traduzioni del libro presenti presso i librai, cattolici e non, a testimonianza di un interesse mai venuto meno del tutto, sembra che oggi la sua lettura sia sconsigliata, in Italia e in Europa, a quanti sono impegnati nella vita spirituale, laici, sacerdoti, seminaristi e religiosi. Vogliamo qui vedere i motivi di questo fenomeno. Sorvoliamo sulla questione storico-paleografica della paternità del libro. Ci basti affermare che esso è nato in ambiente monastico.

Il libro e la dottrina
Il lettore dell’Imitazione avverte fin dalle prime righe che in essa parla un uomo che ha conosciuto la società mondana e ne è rimasto deluso e, postosi nella sequela di Cristo, ha accettato rinunce e sofferenze per configurarsi al Maestro divino secondo la scienza dell’amore. Il testo non contiene una compiuta trattazione dell’ascetica cristiana. È probabile che l’Autore abbia scritto non di getto, cioè con continuità, ma seguendo, a intervalli più o meno lunghi, lo sviluppo intellettuale e affettivo della sua anima. Questo, nell’ipotesi, che sembra la più comune, che unico sia l’Autore del testo, la cui asistematicità sarebbe meglio spiegata se si ammette una pluralità di autori. La dottrina è quella della Chiesa. 

La diffusa ispirazione alla sacra Scrittura (più di mille citazioni bibliche), ai Padri della Chiesa, specialmente Agostino e Gregorio Magno, ai dottori medievali, soprattutto Bernardo, Bonaventura, Ruysbroeck e Groote, ne ha da sempre garantito l’ortodossia.

Relativamente piccolo di mole, il libro è diviso in quattro parti.
La prima («Ammonizioni utili per la vita spirituale») tocca i temi più generali della purificazione del cuore. Caratteristica di questa parte è l’accento sulla vanità sia del mondo sia della scienza umana. L’uomo interiore deve concentrarsi sulle verità della fede e liberarsi della fiducia eccessiva nelle elucubrazioni della ragione riconducibili alla superbia e all’ambizione. La seconda parte («Consigli per la vita interiore») disegna l’inizio della vita interiore con la conversione, la retta intenzione, la conoscenza di sé e la familiare amicizia con Gesù che conduce alla condivisione della sua sofferenza. In queste due parti prevale il tono meditativo, il dettato di un «direttorio spirituale».

La terza parte introduce la forma dialogica tra il discepolo e il Signore («Consolazione interna»): una forma che vuol significare l’amore del cuore umano quando Gesù lo avvolge con la sua tenerezza che dona pace. Sono pagine che condensano un trattato del cuore, le difficoltà e le tentazioni che il cuore sperimenta nella sua ascesa verso l’amore trasformante, l’abbandono e la fiducia in Gesù che neppure la colpa riesce a menomare, perché la stessa corruzione dell’uomo evoca la potenza della grazia, quando si è umili e si ama. L’Autore scrive certamente alla luce della sua esperienza sapienziale e ha qui raggiunto esiti di tale profondità che a ragione e da secoli le sue pagine sono annoverate tra le manifestazioni alte della letteratura spirituale. 

La quarta parte («Il Sacramento») può essere considerata come il coronamento delle precedenti. L’amore, che ha condotto il discepolo dalla purificazione all’unione, trova la sua realizzazione nell’Eucaristia. Non è facile imbattersi, anche in grandi autori, in pagine pari a queste che educhino il lettore al senso del Sacramento dell’altare e del sacerdozio con un dialogo tra il discepolo e l’Amato semplice e ardente.

Centro e cardine di tutta l’Imitazione è Cristo Dio e maestro. Strumento dell’imitazione di lui è la grazia alla quale l’uomo deve aprirsi se vuole ottenere l’imitazione a cui anela. Cristo, grazia, impegno radicale dell’uomo: i tre elementi che fanno dell’Imitazione un libro impregnato della pura dottrina della Chiesa e quasi un commentario della celebre esortazione benedettina a non preferire nulla all’amore di Cristo. Per questo suo fermo cristocentrismo al quale sono finalizzati tutti gli aspetti dell’ascesi, l’«Imitazione» è stata cara a tutti gli iniziatori delle spiritualità apostoliche.

Gli storici della spiritualità della Compagnia di Gesù sono concordi nell’affermare l’influenza dell’«Imitazione» sulla formazione spirituale di sant’Ignazio di Loyola: «La più importante delle influenze umane che hanno contribuito alla formazione della sua spiritualità. È certo infatti [...] che il santo ha fatto di questo libro la sua lettura abituale sin da Manresa [...], ha continuato per tutta la vita a farne il suo nutrimento preferito, se non esclusivo». La concezione ignaziana della santità personale, non l’idea del servizio apostolico, collima con quella dell’Autore dell’«Imitazione». E non è certo per caso che l’«Imitazione» sia l’unico libro di lettura consigliato, con i testi biblici, a chi fa gli Esercizi ignaziani, secondo una precisa indicazione di sant’Ignazio.

Santi e Pensatori formatisi alla scuola del "De imitatione Christi":


Santa Teresa di Lisieux 
Tra i più illustri allievi dell'autore (Tommaso de Kempis 1380-1471, agostiniano o certosino?) del "De imitatione Christi" va annoverata la mistica carmelitana e dottore della chiesa santa Teresa di Lisieux, di epoca successiva. La composizione letteraria del monaco agostiniano infatti è capitale per riuscire a comprendere a pieno la figura della carmelitana, in quanto è proprio su questo testo di mistica medioevale che si è svolta la sua prima formazione, ancor prima della sua conoscenza e frequentazione assidua dei due giganti dell'ordine carmelitano: santa Teresa d'Avila e san Giovanni della Croce. Ella portava sempre questo libro con sé dovunque andasse durante l'epoca della sua adolescenza e avendolo meditato a lungo era giunta a conoscerne ampi stralci a memoria.
Bossuet 
Bossuet definiva questo libro "Quinto evangelo", tanta era l'importanza che gli accordava rispetto a tanti altri libri che nel loro insieme costituiscono la letteratura cristiana.

Voltaire 
Lo stesso Voltaire, non credente, riconobbe meriti singolari a quest'opera che si è imposta nei secoli come capolavoro ascetico e letterario insieme.

Questo mistico e santo francese seguì quasi alla lettera l'insegnamento del libro. Alla sua morte i suoi unici averi erano un Vangelo, un crocifisso, un breviario per le preghiere quotidiane e appunto una copia "De imitatione Christi".

MOLTI SANTI e moltissimi cristiani ebbero l'abitudine di aprire ogni giorno l'Imitazione di Cristo nella pagina che venisse loro a caso e leggerla. E spessissimo confessarono che ebbero consigli straordinariamente appropriati alle circostanze che stavano vivendo.

...

Le tre cause di un oblio
Il fenomeno della disaffezione verso l’Imitazione può essere ricondotto probabilmente a tre cause principali: sociologica, ecclesiologica, psicologica. L’ambiente socioculturale incide notevolmente sull’eduzazione religiosa. Ora, il nostro ambiente di inizio secolo resta segnato ancora dai processi convergenti che si sono venuti affermando negli ultimi secoli in Occidente. L’individualismo cerca di neutralizzare le comunità di appartenenza. La massificazione impone comportamenti e modi di vita standardizzati. La desacralizzazione lavora a imporre i presunti vantaggi di un’interpretazione soltanto scientifica del mondo. Dalla teoria della ragione strumentale si è passati alla fiducia totale nell’efficienza della tecnica. Nonostante le crisi e i reflussi, l’uomo si sente sostituto di Dio e, in larghi strati, non ne avverte più la presenza. Un tale uomo non riesce a stimare la dimensione contemplativa della vita e confonde «contemplativo» con «monastico», cioè in un’accezione per lui negativa. E allora comincia a discettare su quei pochi luoghi dell’«Imitazione» che parlano dei pericoli che l’amore alle creature comporta, della dispersione conseguente all’effusione incontrollata negli eventi e nella mentalità non evangelica del mondo. E sorvola sui tanti luoghi nei quali il libro parla di gioia e del dovere di pregare per tutti gli uomini amabili con il cuore di Cristo.

La causa ecclesiologica dipende dall’estremismo di alcuni che considerano nella Chiesa soltanto il suo pur importante aspetto missionario e dimenticano che la Chiesa è specialmente, come ha insegnato l’apostolo Paolo, la comunità di coloro che invocano il Risorto e gli rendono testimonianza con uno stile di vita nel quale svolgono un ruolo determinante la preghiera, la lode, la ricerca contemplativa del Signore. L’«Imitazione» educa a questo stile e non vuol creare una setta di «spirituali». Tutta la quarta parte del libro, che è un’adorante professione di fede nell’Eucaristia, mostra che l’Autore, attraverso l’economia sacramentale, guarda alla vita ecclesiale che a quella economia è inscindibilmente connessa e da essa trae significato e valore. La causa ecclesiologica dipende, quindi, da un’interpretazione riduttiva della natura e della missione della Chiesa che evangelizza contemplando e fa apostolato celebrando e pregando.

Similmente, la causa psicologica si regge su un equivoco anch’esso riduttivo. Lo sostengono coloro che hanno introdotto il modello freudiano nell’analisi della vita spirituale. Il bambino vive nel caldo ambiente familiare, protetto, e gli è facile, istintivo, il transfert dal papà a Dio. Divenuto adolescente, scopre il lato orizzontale della vita nel contatto con gli altri e, superate le crisi dell’età, conosce il senso dell’unione con Cristo. Divenuto infine adulto, può accedere al mistero pasquale liberamente e viverne i gravosi impegni. L’Imitazione, che insegna l’intimità con Cristo e la sicurezza nella fuga dal mondo, sarebbe, in questa prospettiva, un libro per persone ancora infantili o spiritualmente adolescenziali in via verso l’età e la sensibilità religiosa dell’uomo adulto. Ci si dimentica con troppa leggerezza che l’Imitazione, proprio perché educa all’imitazione di Cristo, chiede al lettore di mettersi sulla «via regale della croce», sa bene che ciò «non è un gioco di bambini» e soltanto chi ama il Signore può capire e camminare su quella via.
Insomma, si può essere d’accordo con quelli che dicono che l’Imitazione non contiene ogni aspetto della vita cristiana e ascetica. Ma di questa ha gli elementi essenziali: la presenza e l’azione di Cristo sui cuori, l’intimità salvifica con lui, la carità, la comunione eucaristica. Questa solida pedagogia ha educato intere generazioni cristiane verso il Signore, la sua Parola, la sua croce, il suo Sacramento. Questi elementi non sono cosa del passato. Tutto ciò che in passato ha parlato la lingua del Vangelo è un valore per sempre. In questo senso, il passato non esiste perché Cristo è l’eterno presente della Chiesa. Altri aspetti, quelli derivanti dall’esperienza spirituale ed ecclesiale contemporanea, potranno, e forse dovranno, completare i temi dell’Imitazione. Lo dirà il tempo. L’Imitazione non è certo un libro insuperabile, ma finora, nel suo genere, non è stato superato.
E c’è un’altra ragione che ce ne fa raccomandare la lettura e la meditazione. I mali che abbiamo brevemente descritto sopra a proposito della causa sociologica che induce a disistimare l’Imitazione sono profondamente radicati nell’uomo d’oggi che Christian Bobin ha definito «colui che non dorme mai». Un uomo così, lo notava già anni fa Sergio Zavoli, è tentato di costruirsi e di fingersi un «Cristo imborghesito». Quale migliore antidoto dell’uomo e di Gesù che dialogano nell’Imitazione?

(ZENIT.org).- Un articolo scritto da padre Giandomenico Mucci, S.I., e apparso sulla rivista “La Civiltà Cattolica” del 2 maggio 2009.

© La Civiltà Cattolica 2009 II 139-144   quaderno 3812


Catecismo para niños
“Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria ,
tua amatissima Sposa”


mercoledì 9 maggio 2012

Umiltà, verginità, povertà della Sacra Famiglia di Nazareth

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L’umiltà del Figlio di Dio e della Vergine


Parla la Madre di Dio e dice: «Grande è l'umiltà di mio Figlio che nella potenza della sua divinità, giaceva nella mangiatoia, fra due animali e benché sapesse ogni cosa secondo la natura divina, parlava secondo quella umana. 

Allo stesso modo, ora, seduto alla destra del Padre, sente tutti coloro che gli parlano con amore, e risponde loro attraverso lo Spirito Santo. Come lui, anch'io che sono Madre di Dio, sono umile nel mio corpo, che è superiore a tutte le creature, proprio come lo ero quando mi sposò Giuseppe. 

Sappi che lo Spirito Santo informò Giuseppe che avevo fatto voto di verginità a Dio, e che ero pura nelle parole, nei pensieri e nelle intenzioni; ed egli mi sposò non come moglie ma per trattarmi come la sua padrona e servirmi. 

Lo Spirito Santo mi fece sapere, inoltre, che la mia verginità si sarebbe conservata in eterno, sebbene, per una segreta disposizione divina, fossi sposata; ma dopo che ebbi dato il mio consenso all'ambasciatore di Dio, vedendo che il ventre cresceva in virtù dello Spirito Santo, Giuseppe si spaventò molto - non che meditasse qualcosa contro di me - ma si ricordò di quello che avevano annunciato i profeti, ossia che il Figlio sarebbe nato da una Vergine; egli si ritenne indegno di servire una Madre come me, finché l'angelo non gli apparve in sogno ordinandogli di non avere timore e di servirmi con carità. 

Giuseppe ed io non accumulammo nessuna ricchezza, se non il necessario per vivere in onore di Dio; lasciammo il resto per l'amore divino. 
Ora, poiché si avvicinava il tempo della nascita di mio Figlio, che avevo previsto con precisione, mi recai a Betlemme, secondo la prescienza divina, portando con me un abito purissimo e dei panni per mio Figlio, nessuno dei quali era stato usato e avvolsi colui che nacque da me con ogni purezza. 

E sebbene ignorassi che da sempre Dio aveva deciso che mi sarei seduta sui sublimi scanni, al di sopra di tutte le creature e di tutti gli uomini, quando ne fui informata, non disdegnai di preparare e di servire per San Giuseppe e per me tutto ciò di cui avevamo bisogno; e poiché ero umile, conosciuta solo da Dio e da San Giuseppe, mi sono mantenuta umile, seduta sullo scanno più sublime, pronta a presentare a Dio tutte le orazioni e le domande assennate. Ad alcuni rispondo con ispirazioni divine, ad altri con parole più intime come piace a Dio». Rivelaz. di S. Brigida, Libro VII, 25.



LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!




13 Maggio 2012, VI Domenica di Pasqua - «Tacete. Non dico quel nome. Uso misericordia e voi fate ugualmente».




Domenica 13 Maggio 2012, VI Domenica di Pasqua - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 15,9-17.

"Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri."

Traduzione liturgica della Bibbia

Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 600 pagina 477.
[Stesso testo di quello di domenica scorsa]

[27...]«Perché, Signore, Tu ti manifesti a noi e non al mondo?», chiede Giuda Taddeo.
«Perché mi amate e osservate le mie parole. Chi così farà, sarà amato dal Padre e Noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui, in lui. Mentre chi non mi ama non osserva le mie parole e fa secondo la carne e il mondo. Ora sappiate che ciò che Io vi ho detto non è parola di Gesù Nazareno ma parola del Padre, perché Io sono il Verbo del Padre che mi ha mandato. Io vi ho detto queste cose parlando così, con voi, perché voglio Io stesso prepararvi al possesso completo della Verità e Sapienza. Ma ancora non potete capire né ricordare. Però, quando verrà a voi il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà in mio Nome, allora voi potrete capire, ed Egli tutto vi insegnerà, e vi ricorderà quanto Io vi ho detto.

28Io vi lascio la mia pace. Io vi do la mia pace. Ve la do non come la dà il mondo. E neppure come fino ad ora ve l’ho data: saluto benedetto del Benedetto ai benedetti. Più profonda è la pace che ora vi do. In questo addio. Io vi comunico Me stesso, il mio Spirito di pace, così come vi ho comunicato il mio Corpo e il mio Sangue, perché in voi resti una forza nella imminente battaglia. Satana e il mondo sferrano guerra al vostro Gesù. È la loro ora. Abbiate in voi la Pace, il mio Spirito che è spirito di pace, perché Io sono il Re della pace. Abbiatela per non essere troppo derelitti. Chi soffre con la pace di Dio in sé soffre, ma non bestemmia e dispera.

Non piangete. Avete pure sentito che ho detto: “Vado al Padre e poi tornerò”. Se mi amaste sopra la carne, vi rallegrereste, perché Io vado dal Padre dopo tanto esilio... Vado da Colui che è maggiore di Me e che mi ama. Io ve l’ho detto ora, prima che ciò si compia, così come vi ho detto tutte le sofferenze del Redentore prima di andare ad esse, affinché, quando tutto si compia, voi crediate sempre più in Me. Non turbatevi così! Non sgomentatevi. Il vostro cuore ha bisogno di equilibrio...


29Poco più ho da parlarvi... e ancora tanto ho da dire! Giunto al termine di questa mia evangelizzazione, mi pare di non avere ancora nulla detto e che tanto, tanto, tanto ancora resti da fare. Il vostro stato aumenta questa mia sensazione. E che dirò allora? Che Io ho mancato al mio ufficio? O che voi siete così duri di cuore che a nulla esso è valso? Dubiterò? No. Mi affido a Dio, e a Lui affido voi, miei diletti. Egli compirà l’opera del suo Verbo. Non sono come un padre che muore e non ha altra luce che l’umana. Io spero in Dio. E pure sentendo in Me urgere tutti i consigli di cui vi vedo bisognosi e sentendo fuggire il tempo, vado tranquillo alla mia sorte. So che sui semi caduti in voi sta per scendere una rugiada che li farà tutti germogliare, e poi verrà il sole del Paraclito, ed essi diverranno albero potente. Sta per venire il principe di questo mondo, colui col quale Io non ho nulla a che fare. E, se non fosse per fine di redenzione, non avrebbe potuto nulla su Me. Ma ciò avviene affinché il mondo conosca che Io amo il Padre e lo amo fino alla ubbidienza di morte, e perciò faccio ciò che mi ha ordinato.

30È l’ora di andare. Alzatevi. E udite le ultime parole.
Io sono la vera Vite. Il Padre ne è il Coltivatore. Ogni tralcio che non porta frutto Egli lo recide e quello che porta frutto lo pota perché ne porti più ancora. Voi siete già purificati per la mia parola. Rimanete in Me ed Io in voi per continuare ad essere tali. Il tralcio staccato dalla vite non può fare frutto. Così voi se non rimanete in Me. Io sono la Vite e voi i tralci. Colui che resta unito a Me porta abbondanti frutti. Ma se uno si stacca diviene ramo secco e viene buttato nel fuoco e là brucia. Perché, senza l’unione con Me, voi nulla potete fare. Rimanete dunque in Me e le mie parole restino in voi, poi domandate quanto volete e vi sarà fatto. Il Padre mio sarà sempre più glorificato quanto più voi porterete frutto e sarete miei discepoli.

31Come il Padre mi ha amato, così Io con voi. Rimanete nel mio amore che salva. Amandomi sarete ubbidienti, e l’ubbidienza aumenta il reciproco amore. Non dite che Io mi ripeto. So la vostra debolezza. E voglio che vi salviate. Io vi dico queste cose perché la gioia che vi ho voluto dare sia in voi e sia completa. Amatevi, amatevi! Questo è il mio comandamento nuovo. Amatevi scambievolmente più di quanto ognuno ami se stesso. Non vi è maggior amore di quello di colui che dà la sua vita per i suoi amici. Voi siete i miei amici ed Io do la vita per voi. Fate ciò che Io vi insegno e comando.
Non vi chiamo più servi. Perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone, mentre voi sapete ciò che Io faccio. Tutto di Me sapete. Vi ho manifestato non solo Me stesso, ma anche il Padre ed il Paraclito e tutto quanto ho sentito da Dio.
Non siete stati voi che vi siete scelti. Ma Io vi ho scelti e vi ho eletti, perché andiate fra i popoli, e facciate frutto in voi e nei cuori degli evangelizzati, e il vostro frutto rimanga e il Padre vi dia tutto ciò che gli chiederete in mio Nome.

32Non dite: “E allora, se Tu ci hai scelti, perché hai scelto un traditore? Se tutto Tu sai, perché hai fatto questo?”. Non chiedetevi neppure chi è costui. Non è un uomo. È Satana. L’ho detto all’amico fedele e l’ho lasciato dire dal figlio diletto. È Satana. Se Satana non si fosse incarnato, l’eterno scimmiottatore di Dio, in una carne mortale, questo posseduto non avrebbe potuto sfuggire al mio potere di Gesù. Ho detto: “posseduto”. No. È molto di più: è un annullato in Satana».

«Perché, Tu che hai cacciato i demoni, non lo hai liberato?», chiede Giacomo d’Alfeo.

«Lo chiedi per amore di te, temendo essere tu quello? Non lo temere».
«Io, allora?».
«Io?».
«Io?».
«Tacete. Non dico quel nome. Uso misericordia e voi fate ugualmente».
«Ma perché non lo hai vinto? Non potevi?».
«Potevo. Ma, per impedire a Satana di incarnarsi per uccidermi, avrei dovuto sterminare la razza dell’uomo avanti la Redenzione. Che avrei allora redento?».
«Dimmelo, Signore, dimmelo!». Pietro è scivolato in ginocchio e scuote freneticamente Gesù come fosse in preda a delirio. «Sono io? Sono io? Mi esamino? Non mi pare. Ma Tu... Tu hai detto che ti rinnegherò... Ed io tremo... Oh! che orrore essere io!…».
«No, Simone di Giona. Non tu».
«Perché mi hai levato il mio nome di “Pietra”? Sono dunque tornato Simone? Lo vedi? Tu lo dici!... Sono io! Ma come ho potuto? Ditelo... ditelo voi... Quando è che ho potuto divenire traditore?… Simone?… Giovanni?… Ma parlate!…».
«Pietro, Pietro, Pietro! Ti chiamo Simone perché penso al primo incontro, quando eri Simone. E penso come sei sempre stato leale dal primo momento. Non sei tu. Lo dico Io: Verità».
«Chi, allora?».
«Ma è Giuda di Keriot! Non lo hai ancora capito?», urla il Taddeo che non riesce più a contenersi.
«Perché non me lo hai detto prima? Perché?», urla anche Pietro.
«Silenzio. È Satana. Non ha altro nome. Dove vai, Pietro?».
«A cercarlo» .
«Posa subito quel mantello e quell’arma. O ti devo scacciare e maledire?».
«No, no! Oh! Signor mio! Ma io... ma io... Sono forse malato di delirio, io? Oh! Oh!». Pietro piange, gettato per terra ai piedi di Gesù.

33«Io vi do comando di amarvi. E di perdonare. Avete capito? Se anche nel mondo è l’odio, in voi sia solo l’amore. Per tutti. Quanti traditori troverete sulla vostra via! Ma non li dovete odiare e rendere loro male per male. Altrimenti il Padre odierà voi. Prima di voi fui odiato e tradito Io. Eppure, voi lo vedete, Io non odio. Il mondo non può amare ciò che non è come esso. Perciò non vi amerà. Se foste suoi, vi amerebbe; ma non siete del mondo, avendovi Io presi da mezzo al mondo. E per questo siete odiati.

Vi ho detto: il servo non è da più del padrone. Se hanno perseguitato Me, perseguiteranno voi pure. Se avranno ascoltato Me, ascolteranno pure voi. Ma tutto faranno per causa del mio Nome, perché non conoscono, non vogliono conoscere Colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato, non sarebbero colpevoli. Ma ora il loro peccato è senza scusa. Hanno visto le mie opere, udito le mie parole, eppure mi hanno odiato, e con Me il Padre. Perché Io e il Padre siamo una sola Unità con l’Amore. Ma era scritto*: “Mi odiasti senza ragione”. Però, quando sarà venuto il Consolatore, lo Spirito di verità che dal Padre procede, sarà da Lui resa testimonianza di Me, e voi pure mi testimonierete, perché dal principio foste con Me.

Questo vi dico perché, quando sarà l’ora, non rimaniate accasciati e scandalizzati. Sta per venire il tempo in cui vi cacceranno dalle sinagoghe e in cui chi vi ucciderà penserà di fare culto a Dio con ciò. Non hanno conosciuto né il Padre né Me. In ciò è la loro scusante. Non ve le ho dette così ampie prima di ora, queste cose, perché eravate come bambini pur mo’ nati. Ma ora la madre vi lascia. Io vado. Dovete assuefarvi ad altro cibo. Voglio lo conosciate.

34Nessuno più mi chiede: “Dove vai?”. La tristezza vi fa muti. Eppure è bene anche per voi che Io me ne vada. Altrimenti non verrà il Consolatore. Io ve lo manderò. E quando sarà venuto, attraverso la sapienza e la parola, le opere e l’eroismo che infonderà in voi, convincerà il mondo del suo peccato deicida e di giustizia sulla mia santità. E il mondo sarà nettamente diviso nei reprobi, nemici di Dio, e nei credenti. Questi saranno più o meno santi, a seconda del loro volere. Ma il giudizio del principe del mondo e dei suoi servi sarà fatto. Di più non posso dirvi, perché ancora non potete intendere. Ma Egli, il divino Paraclito, vi darà la Verità intera, perché non parlerà di Se stesso. Ma dirà tutto quello che avrà udito dalla Mente di Dio e vi annunzierà il futuro. Prenderà ciò che da Me viene, ossia ciò che ancora è del Padre, e ve lo dirà.
Ancora un poco da vedersi. Poi non mi vedrete più. E poi ancora un poco, e poi mi vedrete.

35Voi mormorate fra voi ed in cuor vostro. Udite una parabola. L’ultima del vostro Maestro.
Quando una donna ha concepito e giunge all’ora del parto, è in grande afflizione perché soffre e geme. Ma quando il piccolo figlio è dato alla luce ed ella lo stringe sul cuore, ogni pena cessa e la tristezza si muta in gioia, perché un uomo è venuto al mondo.Così voi. Voi piangerete e il mondo riderà di voi. Ma poi la vostra tristezza si muterà in gioia. Una gioia che il mondo mai conoscerà. Voi ora siete tristi. Ma, quando mi rivedrete, il vostro cuore diverrà pieno di un gaudio che nessuno avrà più potere di rapirvi. Una gioia così piena che vi offuscherà ogni bisogno di chiedere e per la mente e per il cuore e per la carne. Solo vi pascerete di rivedermi, dimenticando ogni altra cosa. Ma proprio da allora potrete tutto chiedere in mio Nome, e vi sarà dato dal Padre perché abbiate sempre più gioia. Domandate, domandate. E riceverete.
Viene l’ora in cui potrò parlarvi apertamente del Padre. Sarà perché sarete stati fedeli nella prova e tutto sarà superato. Perfetto quindi il vostro amore, perché vi avrà dato forza nella prova. E quanto a voi mancherà Io ve lo aggiungerò prendendolo dal mio immenso tesoro e dicendo: “Padre, lo vedi. Essi mi hanno amato credendo che Io venni da Te”. Sceso nel mondo, ora lo lascio e vado al Padre, e pregherò per voi».

36«Oh! ora Tu ti spieghi. Ora sappiamo ciò che vuoi dire e che Tu sai tutto e rispondi senza che nessuno ti interroghi. Veramente Tu vieni da Dio!».
«Adesso credete? All’ultima ora? È tre anni che vi parlo! Ma già in voi opera il Pane che è Dio e il Vino che è Sangue non venuto da uomo, e vi dà il primo brivido di deificazione. Voi diverrete dèi se sarete perseveranti nel mio amore e nel mio possesso. Non come lo disse Satana ad Adamo ed Eva, ma come Io ve lo dico. È il vero frutto dell’albero del Bene e della Vita. Il Male è vinto in chi se ne pasce, ed è morta la Morte. Chi ne mangia vivrà in eterno e diverrà “dio” nel Regno di Dio. Voi sarete dèi se permarrete in Me. Eppure ecco... pur avendo in voi questo Pane e questo Sangue, poiché sta venendo l’ora in cui sarete dispersi, voi ve ne andrete per vostro conto e mi lascerete solo... Ma non sono solo. Ho il Padre con Me. Padre, Padre! Non mi abbandonare! Tutto vi ho detto... Per darvi pace. La mia pace. Ancora sarete oppressi. Ma abbiate fede. Io ho vinto il mondo».

37Gesù si alza, apre le braccia in croce e dice con volto luminoso la sublime preghiera al Padre. Giovanni la riporta integralmente.*
Gli apostoli lacrimano più o meno palesemente e rumorosamente. Per ultimo cantano un inno.

38Gesù li benedice. Poi ordina: «Mettiamoci i mantelli, ora. E andiamo. Andrea, di’ al capo di casa di lasciare tutto così, per mio volere. Domani... vi farà piacere rivedere questo luogo». Gesù lo guarda. Pare benedire le pareti, i mobili, tutto. Poi si ammantella e si avvia, seguito dai discepoli.

Al suo fianco è Giovanni, al quale si appoggia. «Non saluti la Madre?», gli chiede il figlio di Zebedeo.

«No. È tutto già fatto. Fate, anzi, piano».
Simone, che ha acceso una torcia alla lumiera, illumina l’ampio corridoio che va alla porta. Pietro apre cauto il portone ed escono tutti nella via e poi, facendo giocare un ordigno, chiudono dal di fuori. E si pongono in cammino.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/


Catecismo para niños
Dignare, dulcis Maria, 
nunc, et semper: 
 * nos sine delicto conservare.

martedì 8 maggio 2012

Maria SS.ma intercede ogni istante per ognuno di noi

Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa



B. Vergine Maria,
Mediatrice
di tutte le grazie.

“Mediante la comunione di dolori e di volontà tra il Cristo e Maria – dice San Pio X  - questa ha meritato di diventare la dispensatrice di tutti i benefici, che Gesù ci ha acquistati col suo Sangue” (Enciclica “Ad diem illum laetissimum, 2 feb. 1904).

Maria SS.ma intercede ogni istante per ognuno di noi, appoggiando la sua richiesta sul Sangue del Cristo, per il quale Ella stessa fu salvata e che solo ci salva. Quest’intervento attuale di Maria è importante per la salvezza del mondo.

E’ necessario che ci rendiamo conto di questo; ed ecco lo scopo della festa di Maria Mediatrice di tutte le grazie.
“Per mezzo di Maria – dice San Bernardino da Siena – dal capo   che è Cristo, le grazie vitali sono sparse nel suo mistico corpo”. 

“Per opera di Maria – aggiunge Sant’Antonino – vengono dal cielo sino a noi tutte le grazie, che Dio fa agli uomini”.  “Ciò che tutti i Santi uniti a Maria possono ottenere con la loro intercessione – scrive Sant’Anselmo – la sua sola intercessione può ottenerlo senza l’aiuto delle loro preghiere”.

La sollecitudine materna di Maria per tutta l’umanità è di ogni momento ed Ella la continua sempre. “Si può affermare – dice Leone XIII – che secondo la volontà di Dio, niente ci è dato senza passare da Maria, di modo che, come nessuno può avvicinarsi al Padre Onnipotente se non attraverso il Figlio, così nessuno, per così dire, può avvicinarsi a Cristo se non attraverso sua Madre”  (Encicl.: “Octobri mense” 22 sett. 
1891).


Catecismo para niños
“Adeamus cum fiducia 
ad thronum gratiae,
ut misericordiam consequamur,
et gratiam inveniamus
in auxilio opportuno. Alleluia, alleluia”

La France est en danger / LA FRANCIA E' IN PERICOLO! Preghiamo per la Francia, terra di Maria IMMACOLATA








Santa Giovanna d'Arco Vergine
2a Domenica di maggio e 30 maggio
Domrémy, Francia, 1412 circa - Rouen, Francia, 30 maggio 1431

Figlia di contadini, analfabeta, lasciò giovanissima la casa paterna per seguire il volere di Dio, rivelatole da voci misteriose, secondo il quale avrebbe dovuto liberare la Francia dagli Inglesi. Presentatasi alla corte di Carlo VII, ottenne dal re di poter cavalcare alla testa di un'armata e, incoraggiando le truppe con la sua ispirata presenza, riuscì a liberare Orleans e a riportare la vittoria di Patay. Lasciata sola per la diffidenza della corte e del re, Giovanna non potè condurre a termine, secondo il suo progetto, la lotta contro gli Anglo-Borgognoni; fu dapprima ferita alle porte di Parigi e nel 1430, mentre marciava verso Compiegne, fatta prigioniera dai Borgognoni, che la cedettero agli Inglesi. Tradotta a Rouen davanti a un tribunale di ecclesiastici, dopo estenuanti interrogatori fu condannata per eresia ed arsa viva. Fu riabilitata nel 1456. Nel 1920 Benedetto XV la proclamava santa.
Patronato: Francia, Radiofonisti, Telegrafisti

Etimologia: Giovanna = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Emblema: Corona d’oro, Gigli, Spada

Martirologio Romano: A Rouen in Normandia, in Francia, santa Giovanna d’Arco, vergine, detta la pulsella d’Orléans, che, dopo aver combattuto coraggiosamente in difesa della patria, fu infine consegnata nelle mani dei nemici, condannata con iniquo processo e bruciata sul rogo.


Tutti hanno sentito pronunciare il suo nome, ma pochi ne conoscono seriamente la vita. (Il nome di Jeanne d’Arc (Giovanna d’Arco) è più legato alla leggenda che alla santità, al mito epico che al martirio). Quest’anno si celebrano 600 anni dalla sua nascita. Fin da quando aveva tredici anni fu eletta ed investita da Dio per una missione religiosa e politica di altissima responsabilità: liberare la Francia dalla prepotenza inglese in nome di Dio.



La Chiesa, in quel periodo, viveva la profonda crisi del grande scisma d’Occidente, durato quasi 40 anni. Quando Caterina da Siena (1347-1380) morì c’erano un Papa e un antipapa; quando Giovanna nacque, nel gennaio del 1412 (si dice il giorno dell’Epifania, ma la cronologia è incerta), c’erano un Papa e due antipapa. Insieme a questa lacerazione all’interno della Chiesa, vi erano continue lotte fratricide fra i popoli europei, la più drammatica delle quali fu la «Guerra dei cent’anni» tra Francia e Inghilterra, iniziata nel 1337 e conclusasi, con pause intermedie, nel 1453.

Guerre, carestie, pestilenze, eresie prostrarono l’Europa. Era il tempo degli incubi, dove nell’immaginario collettivo le autentiche manifestazioni mistiche si intrecciavano con le magie e le stregonerie, il mondo reale della sofferenza e della morte cruenta si sovrapponeva alle fantasie demoniache popolate di mostri e di balli macabri.

In questo clima di sopraffazione, di congiure e di usurpatori, di confusione nella Chiesa e nelle nazioni, l’analfabeta Jeanne, nata a Domrémy (oggi Domrémy-la-Pucelle), nei Vosgi, nella regione della Lorena, scrive una lettera di fuoco e di grazia il 22 marzo 1429, martedì della Settimana Santa:




«Gesù, Maria! Re d’Inghilterra e voi duca di Bedford che vi dite reggente del regno di Francia, voi Guglielmo di La Poule, conte di Suffolk, Giovanni sire di Talbot, e voi Tommaso sire di Scales, che vi dite luogotenenti del duca di Bedford, rendete giustizia al Re del cielo. Restituite alla Pulzella che qui è stata inviata da Dio, il Re del cielo, le chiavi di tutte le buone città da voi prese e violate in Francia. Ella è venuta qui da parte di Dio per implorare il sangue reale. Ella è pronta a far pace, se volete renderle giustizia, a patto che le restituiate la Francia e paghiate per averla tenuta. E fra voi, arcieri compagni di guerra e voi altri che siete sotto la città di Orléans, andatevene nel vostro paese in nome di Dio; e se non lo fate attendete notizie della Pulzella che ben presto vi vedrà in grandissime disgrazie. Re d’Inghilterra, se così non fate, io sono condottiero e in qualunque luogo attenderò in Francia le vostre genti, volenti o nolenti le caccerò via. E se non vogliono obbedire, tutte le farò uccidere; sono qui inviata da parte di Dio, Re del cielo, corpo a corpo, per espellervi da tutta quanta Francia. E se vogliono obbedire saranno nelle mie grazie. E non pensate altrimenti, perché non otterrete il regno di Francia da Dio, il Re del cielo, figlio di Santa Maria, ma l’avrà re Carlo, il vero erede, perché Dio, il Re del cielo, lo vuole […]».




Jeanne, la cui vita, consumatasi in 19 anni, fu un mistero di ineffabile gioia e di inesplicabile dolore, era la minore dei cinque figli di Jacques d’Arc e di Isabelle Romée, agiati contadini. Nell’estate del 1425, all’età di 13 anni, nel giardino di casa, sente una voce… è quella di san Michele Arcangelo, che le dice di far sua la causa della Francia. Udrà la voce ancora molte volte e ad essa si uniranno quelle delle vergini e martiri santa Margherita D’Antiochia (275- 290) e di santa Caterina d’Alessandria (287-305). L’incalzante invito era accompagnato a quello di far consacrare Carlo di Valois (1403-1461) quale re di Francia. Giovanna fece resistenza: come poteva un’adolescente diventare un condottiero? Ma il Signore rende possibile l’umanamente impossibile.

Domrémy si trovava ai confini del regno, nella valle della Mosa che divideva la Francia dall’Impero Romano-Germanico. Gli Anglo-Borgognoni nel 1428 si impadronirono di tutte le piazze della Mosa rimaste fedeli al Delfino di Francia: Domrémy fu devastata; ciò decise il capitano di Vaucouleurs, Robert de Baudricourt (ca. 1400-1454), che in un primo tempo aveva considerato Jeanne d’Arc una pazza, di inviarla alla missione da lei richiesta: salvare Orléans; far consacrare il Re; cacciare gli Inglesi dalla Francia; liberare il duca d’Orléans.

Jeanne, che aveva fatto voto di verginità, indossati abiti maschili e tagliati i capelli, venne armata di tutto punto e sul suo stendardo venne dipinto Cristo Re, affiancato da due angeli, con le parole «Jesus-Maria». Il nome di Gesù comparirà sempre nell’intestazione delle sue lettere, sul suo anello e morirà pronunciandolo più volte a gran voce. 


 Nell’Udienza generale del 26 gennaio 2011, incentrata proprio sulla patrona di Francia, Benedetto XVI ha così spiegato: «il Nome di Gesù, invocato dalla nostra Santa fin negli ultimi istanti della sua vita terrena, era come il continuo respiro della sua anima, come il battito del suo cuore, il centro di tutta la sua vita. Il “Mistero della carità di Giovanna d’Arco”, che aveva tanto affascinato il poeta Charles Péguy, è questo totale amore di Gesù, e del prossimo in Gesù e per Gesù. Questa Santa aveva compreso che l’Amore abbraccia tutta la realtà di Dio e dell'uomo, del cielo e della terra, della Chiesa e del mondo. Gesù è sempre al primo posto nella sua vita, secondo la sua bella espressione: “Nostro Signore servito per primo”. Amarlo significa obbedire sempre alla sua volontà».



La Pulzella si unì ad un esercito d’appoggio che proteggeva un convoglio di approvvigionamento e riuscì ad arrivare ad Orléans dalla riva sinistra. L’8 maggio 1429 gli Inglesi assedianti furono sconfitti. Da qui si susseguirono una battaglia dopo l’altra e qui il coraggio soprannaturale della giovane ricorda la tempra dei condottieri dell’antico Testamento, garantiti dal Signore degli eserciti. Il 17 luglio dello stesso anno, Carlo VII venne incoronato a Reims alla sua presenza. Il successo la consacrò eroina inviata dal Cielo: la gente voleva toccare i suoi abiti, il suo cavallo, l’avvicinavano per conoscere il futuro, per richiedere grazie e guarigioni… 




Jeanne d’Arc vinse il dominio straniero per volontà di Dio e riuscì ad infondere audacia e speranza nell’esercito regio; ma gli storici concordano anche nel riconoscerle il merito di aver allontanato con il nemico anche il Protestantesimo, che altrimenti si sarebbe innestato in Francia. Tuttavia le truppe inglesi la fecero prigioniera a Compiègne il 23 maggio 1430. Dopo due giorni dalla cattura, l’Università di Parigi chiese che l’Inquisizione la giudicasse come una strega. Questa soluzione piacque molto al duca di Bedford in quanto gli consentiva di screditare Carlo VII, che sarebbe apparso come colui che doveva la conquista del trono alle potenze infernali. 




Il 9 gennaio 1431 il vescovo Pierre Cauchon (1371-1442) aprì il processo presso Rouen nel castello di Le Bouvreuil, fortezza di Richard Beauchamp (1382-1439) che, conte di Warwich e governatore della città dal 1427, aveva precise consegne dal sovrano Enrico VI (1421-1471). Fra gli assessori convocati, sei provenivano dall’Università di Parigi, inoltre erano presenti circa sessanta prelati ed avvocati ecclesiastici, fra cui il Vescovo di Norwich e, al di sopra del Collegio Giudicante, il Cardinale di Winchester, Henry Beaufort (ca. 1374-1447), prozio e cancelliere di Enrico VI. 




L’iniquo processo durò dal 20 febbraio al 24 marzo 1431. L’imputata era colpevole d’idolatria, di scisma e d’apostasia. Durante il processo le era stato chiesto se era in grazia di Dio ed ella rispose: «Se non ci sono, voglia Dio mettermici, e se ci sono voglia Dio tenermici». Fu abbandonata al braccio secolare. Il 30 maggio 1431 Giovanna venne arsa viva sulla piazza del Vieux-Marché di Rouen. Morì contemplando una grande croce astile che frate Isembard de la Pierre aveva portato per lei. 




Nel 1456 fu solennemente proclamata la sua riabilitazione; sarà beatificata da san Pio X (1835-1914) nel 1910 e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV (1854-1922). Una sua statua è stata posta nella cattedrale di Winchester, dinnanzi alla tomba del Cardinale Beaufort, colui che ebbe un ruolo decisivo nel tragico e infausto processo.

La martire francese resta personalità unica e straordinaria e rivela tangibilmente la potente presenza di Dio nella storia; così come la sua limpida testimonianza dimostra gli errori che gli uomini di Chiesa possono commettere, ma come la verità della Sposa di Cristo emerga comunque e sempre. 




Jeanne d’Arc tese all’Imitatio Christi attraverso la fede salda, la carità immensa, la volontà indefettibile, l’umiltà, la purezza, l’oblio di sé, accettando la sofferenza e la morte come sacrificio supremo per amore. Da bambina saliva al romitorio di Notre-Dame di Bermont e nel mese mariano offriva alla Vergine Santissima corone di fiori. Nel maggio del 1431 dona la palma del martirio a «Jesus-Maria»: come per la clarissa santa Colette di Corbie (1381-1447), che probabilmente aveva incontrato a Moulins nel 1430, anche per Jeannette, come era amabilmente chiamata, la Regina del Cielo e Cristo Re sono inscindibili.


In questa sezione trovate riproduzioni artistiche, immagini d'arte, quadri e sculture d'arte, vetrate artistiche, immaginette devozionali, reliquie e santini, opere di architettura e di scultura. E' un archivio di immagini delle opere d'arte di tutti i tempi e, con il solo mouse, potrete vedere dipinti, affreschi, contenuti in musei, pinacoteche, chiese, templi, catacombe, ecc. in Italia e nei paesi del mondo senza muoversi da casa.


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Autore: Cristina Siccardi

Vis Evangelii dæmones fugat, 
atria cœli pandet,
Virtutes confert reparatque salutem.